Elijah Sullivan
Serpeverde | Studente 3° Anno | 14 Anni | Angry| Outfit | ♪ "Sono e sarò sempre un Cavaliere Nero"
E
ra inutile, era perfettamente inutile. Stava ricominciato con un film già visto e che su di lui non aveva più alcun effetto.
- Come Lei saprà, di sera il galateo impone l’abito scuro, quindi direi scuro – fece due passi verso il ministeriale per guardare l’abito che aveva in mano – troppo anonimo, questo vestito non ha anima.
Si voltò e si avvicinò all’espositore delle scarpe, ne prese un paio e si accomodò su uno dei piccoli divanetti per poterle provare. Non erano male, ma forse quelle un po' meno lucide sarebbero state perfette su un vestito che avesse una piccola nota che lo facesse spiccare. Ma visto che si trovavano lì, perché non mettere le carte in tavola nel modo come sarebbe dovuto essere fatto fin dall’inizio?
- Appena tornerò al Dormitorio sarà mia premura rispedirle la penna che mi ha inviato. Una penna così mi è stata regalata da mio padre appena sono entrato a Hogwarts ed è l’unica che utilizzo. Ha le mie iniziali sopra, lo stemma di Serpeverde, ed è di gradissimo valore in tutti i sensi. Mi scuso se non l’ho rimandata indietro prima, ma gli esami di fine anno mi hanno assorbito completamente e in seguito l’ho completamente dimenticato. E questa credo sia l’unica cosa di cui debba scusarmi io. Riguardo al resto avrei davvero molte cose da dire, Signor Remar e, per quel che mi riguarda, gradirei essere chiamato Signor Sullivan, almeno fino a nuovo ordine. Non mi sembra che tra noi esista un tale grado di confidenza che l’autorizzi a darmi del Tu.
Si tolse le scarpe che stava provando, infilò di nuovo le sue, quindi si avvicinò di nuovo all’uomo con il bastone.
- Dopo aver ricevuto la Sua lettera mi sono fatto parecchie domande e non solo per la lettera. Lei ha sempre parlato di fierezza, della grandezza dei Serpeverde, di come i modi definiscano l’uomo. Tante belle parole, ma che non trovano riscontro nei fatti. Ora, mi definisca un uomo che non ha il coraggio di scusarsi davanti ad un ragazzino di undici anni guardandolo negli occhi? Un uomo che gli scrive una lettera pensando che possa cancellare l’amor proprio di una persona e che, anche peggio, cerchi di comprare il perdono con un regalo. Avrebbe potuto scrivermi, Sì, un gufo, ma per chiedermi di incontrarmi. Quando poi eravamo l’uno di fronte all’altro, solo in quel momento avrebbe dovuto dirmi quello che aveva in mente. Io sono solito affrontare le situazioni faccia a faccia, se devo dire ad una persona quello che penso, nel bene o nel male, lo faccio sempre guardandola negli occhi e mai per lettera. La trovo una mancanza di rispetto non guardare le persone negli occhi, soprattutto se hai qualcosa di cui farti perdonare. Anche il regalo era completamente fuori luogo, inviarmelo è stata un’imposizione perché non mi ha permesso di rifiutarlo, non mi ha dato la possibilità di scegliere. E’ ricaduto negli stessi errori, sia mancandomi di rispetto cullandosi nell’illusione che due parole ben assestate potessero cancellare tutto, e sia non lasciandomi la possibilità di scegliere. Copione diverso, ma stessi errori. L’ho visto tanto fiero e tronfio di se stesso mentre faceva lo scivoloso con Sophie, con una ragazza che Le avevo fatto capire chiaramente mi piaceva da morire, una ragazza molto più piccola di Lei. E non mi mascheri con l'educazione quello che ho visto, perchè gli occhi mi funzionano piuttosto bene. Voleva solo dimostrare che Lei era migliore di me, ma non lo è mai stato, soprattutto dopo quel gufo squallido. Ha fatto di tutto per sminuirmi ai suoi occhi, e Lei davvero pensa che io possa dimenticare una cosa del genere con una lettera e una penna? Io non sono come lei che ama stare davanti ad uno di undici anni solo per vantarsi, ma non ha il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli che ha sbagliato. Io mi prendo sempre le mie responsabilità, anche se poi devo pagarne le conseguenze. Non ho paura di guardare una persona dritta negli occhi, mai! Io sono un Serpeverde, Signor Remar… io sono un Montague! - non alzò la voce e nemmeno un attimo , ma sibilò le sue parole tra i denti, assicurandosi però che fossero udite bene dal suo interlocutore.
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