Unpredictable duet, Privata

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view post Posted on 15/12/2017, 18:53
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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Do you remember what Darwin says about music? He claims that the power of producing and appreciating it existed among the human race long before the power of speech was arrived at. Perhaps that is why we are so subtly influenced by it. There are vague memories in our souls of those misty centuries when the world was in its childhood. — Arthur Conan Doyle

• • •


Lingue di fuoco danzavano sui ciocchi ardenti e gli scoppiettii quasi coprivano l'ipnotizzante vocio della Sala Comune.
Con le palpebre socchiuse e la testa docilmente abbandonata contro lo schienale della poltrona, Niahndra apprezzava il sapore agrodolce che quella sorta di vulnerabilità le procurava; coi sensi impigriti dal calore del caminetto e dalla morbidezza dei cuscini, spostò lo sguardo molle sulla calza a strisce gialle e nere che già penzolava in attesa di essere depredata.
Un primo pensiero incrinò quella bolla d'oziosità, un pungolo testardo contro la svogliatezza del vivere che la riscosse poco a poco dal torpore.
La Tassorosso si sistemò meglio, riacquisendo una parvenza di compostezza man mano che il ricordo si faceva più concreto rispetto alla vaga sensazione che l'aveva strappata alle dolci lusinghe d'un dopopranzo indolente.
Precisamente un anno addietro, in una calza simile a quella appesa, aveva trovato l'inaspettato dono di Sekhmeth.
Con un vago senso di colpa ricordò di non aver neanche mai tentato di suonare lo strampalato strumento musicale, sprovvista di qualsiasi abilità com'era; al tempo, dopo aver portato le labbra ad un soffio dal flauto, si era fermata di scatto come percependo che in qualche modo non fosse ancora il momento opportuno. Alla fine l'aveva riposto con cura in maniera che non rischiasse di rompersi ed aveva finito col dimenticarsene.

• • •

Soffiò gentilmente in una delle canne, un movimento goffo e l'angolatura decisamente errata vanificarono il tentativo di produrre un suono qualunque.
Con la fronte aggrottata, la ragazza si rigirò flauto tra le mani, soffermandosi appena sulla superficie irregolare del bambù. Un leggero brivido le scosse le dita mentre il desiderio feroce di suonare si impossessava di lei; un bisogno, più che un desiderio: l'urgenza di svuotare i polmoni e lasciare che lo strumento cantasse. Aveva atteso abbastanza.
Mossa da chissà quale istinto, aggiustò la posizione e riprovò. Il mento sfiorava il legno e la bocca si schiuse in un sospiro leggero che produsse un'unica nota morbida e continua.
Insoddisfatta, Niahndra si mosse da sinistra a destra, verso le note più basse, ripetendo il movimento; stavolta il suono tremò un poco perturbando l'aria, causando un micro-cambiamento nella sua densità.
Se lo stava immaginando?
Dopo un attimo di esitazione lasciò scivolare via docilmente il fiato dai polmoni, ancora una volta; no, era reale, ed era come essere in grado di vedere il calore tremolare e levarsi dal marciapiede in una giornata torrida: si poteva apprezzarne solamente gli effetti.
Prima che potesse anche solo pensarci razionalmente, la Alistine spinse. Tese all'estremo i sensi al solo scopo di inserirsi in quello spiraglio che si era aperto nel tessuto della realtà, lasciando scorgere appena l'ombra di quel che si celava al di là della percezione cosciente.
Un'operazione faticosa, ma necessaria; qualcosa la spronava a forzare l'apertura, insinuarvici di prepotenza.


L'immagine tremò non appena il suono scese d'un altro semitono e la polvere le riempì i polmoni. La Tassina si piegò su se stessa, scossa dagli spasmi della tosse.
Il pertugio si era chiuso definitivamente.

• • •

Fu la metropolitana a condurla fino a Tottenham Court Road. Pioveva, tanto per cambiare. Niahndra aveva aperto l'ampio ombrello con uno sbuffo, stringendo il braccio al corpo per non disperdere troppo calore. Facendo attenzione ad evitare le pozzanghere che chiazzavano il marciapiede qui e là, si incamminò a passo svelto lungo la via senza indugiare con lo sguardo sulle vetrine e gli edifici troppo a lungo. Gli addobbi natalizi già decoravano le facciate dei negozi ed i portoni degli appartamenti ed in circostanze differenti le avrebbero probabilmente messo il buon umore; quel pomeriggio, tuttavia, aveva ben altro per la testa.
Arrestò la marcia solo quando individuò l'insegna di "Evviva lo zufolo!"; senza perdere altro tempo, s'infilò all'interno, strusciando i piedi sul tappeto e riponendo l'ombrello nel contenitore apposito. Nel frattempo gli occhi scansionarono l'ambiente in cerca di un commesso.
«C'è nessuno?»

Non fare caso alle parole evidenziate, si tratta di un gioco scemo di casata :ihih:
 
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view post Posted on 16/12/2017, 22:34
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La Terra tratteneva il Veggente con tutta l'energia di cui poteva vantare. Radici spesse, simili a funi, si erano attorcigliate alle sue caviglie da più di quanto la vittima fosse in grado di ricordare; e più tentava di liberarsene, più la presa diveniva ferrea. Boccheggiò alla ricerca di aria, la respirazione difficile da tenere sotto controllo, il cuore in eterna palpitazione, mentre le mani tremavano come scosse da brividi di freddo, di gelo, di paura. Camminò in avanti, ma tutto quello che riuscì a completare come ordine personale si risolse in un mero vacillare su se stesso; di lì a poco avrebbe perso l'equilibrio e nessuno si sarebbe accorto della sua presenza, non quel giorno. Nei dintorni non c'erano volti familiari: né colleghi di lavoro né clienti conosciuti, quasi sembrava che il Fato avesse considerato un periodo di pausa e di solitudine, affinché quello di stasi potesse dirsi ancor più concreto di quanto già non fosse. Oliver si ritrovò a sussurrare involontariamente, la vista compromessa e spenta, la Vista attiva. Era cieco, tuttavia, perché impossibilitato a comprendere quanto stesse prendendo vita attorno a sé. Tastò con le dita di ambe le mani il vuoto che gli solleticava il corpo, accentuandone i sensi a più non posso, senza permettere al ragazzo di essere acciuffato. Non c'erano confini, non c'era distanza, tutto era in discesa e Oliver faceva fatica a tenerne il conto, ad essere ancora concentrato come avrebbe desiderato. Un altro passo avanti, ondeggiando come in preda ad una vertigine. Vedeva un volto, era stato sufficientemente abile da metterlo a fuoco. Poi vedeva altro, percepiva l'Aria tremare, la Terra sfidare l'ordine delle cose, senza fretta e senza ordine alcuno. Cosa sarebbe successo? Cosa stava succedendo?

» » »

«Oliver, devi riposare.»
Era sera, la Sala Comune Grifondoro era stranamente vuota. La voce del suo migliore amico lo raggiunse da lontano. Dove era finito, dove si era cacciato Fred? Un altro scherzo dei suoi, magari era nascosto dietro l'ampio Specchio Magico che da tempo era stato inserito nel loro bagno comune? Oliver abbozzò una scusa e un ringraziamento per l'interesse, affermando di stare bene, confermando che tutto fosse sotto controllo. Lo era davvero? Neanche lui poteva dirsi convinto al cento per cento. Vacillò su se stesso, le occhiaie talmente profonde da risultare scure. «Sto-» Trattenne un conato di vomito, il gusto dolce della cannella divenuto improvvisamente acido e aspro, scottando la gola del Caposcuola, quasi graffiandola con il disgusto che ne conseguiva. Oliver non fu in grado di aggiungere altro: era troppo stanco, era troppo affaticato. In quel momento, aveva bisogno di riposo. Invece tremò, capitolando verso destra, appena in tempo da essere sorretto dalle braccia di Fred. Lo guardò, febbricitante, provato più di qualsiasi altro giorno da quando quel mese invernale, Dicembre, aveva bussato alle porte del castello. «Si avvicina, Fred. Si avvicina.»

« « «

Le Ombre lo divorarono, preda ghiotta tra tante, fin quando il respiro gli mancò totalmente. Il Presente si infranse in tanti giochi di colore ed il Futuro si cristallizzò attraverso quel Dono a tratti maledetto. La gola bruciava, i polmoni pure, tutto il sistema respiratorio era compromesso vertiginosamente. Ancora un volto, ancora confusione. Poi delle voci concitate, il sapore della cannella che tornava alla bocca, la salivazione in perenne crescita. Oliver rigettò un attimo dopo, il corpo tremante, piegatosi in due verso gli scatoloni che aveva aperto e che stava cercando di sistemare tra gli scaffali del pianoterra. Prima di sentire l'aria comprimere e infine piacevolmente invaderlo totalmente, il ragazzo la vide e tutto divenne ancor più confuso del previsto. Lei non rientrava nelle sue Visioni, lei era innocente, non era stata macchiata dal Tempo. Quale incrocio stava per essere percorso? E perché tutto sembrava... sbagliato? Sentì la Visione concretizzarsi l'istante successivo, come una radio dalla frequenza ripetuta.
«A-arrivo.» Batté le mani due volte, evocando a sé la magia della musica che lo accompagnava. Conosceva ogni angolo dello store in cui lavorava da un paio di anni, avrebbe potuto elencare ogni etichetta nei paraggi, descrivere ogni strumento di cui da molto si prendeva cura. Non rimase sorpreso, infatti, quando al suo richiamo un paio di Tamburi Elementali giunsero, volteggianti, in suo soccorso. Oliver si rimise in piedi, vacillando un'ultima volta, prima di ottenere controllo ed equilibrio all'unisono. Sfiorò l'alabastro di entrambi gli strumenti, distanziandosi subito dopo. Un basso suono si propagò nell'aria, accompagnato da un secondo ancor più profondo; l'Acqua zampillò dal nulla, ripulendo il pavimento, mentre l'Aria spazzò via ogni misfatto, lasciando quel tratto del tutto immacolato. Un ultimo respiro, quindi si pulì la bocca con un fazzoletto ripescato dalla tasca destra, ingoiando al volo due Rospi alla Menta ritrovati insieme. Anche se breve, quel ritardo risultava inaccettabile per la sua padronanza del galateo; finalmente pronto, Oliver si diresse a passo fermo, controllato, al di fuori del bancone. Attore del Tempo, accolse la nuova cliente con un sorriso che cancellò per poco le occhiaie stanche sul suo volto. «Niahndra, che piacere!»


I don't want to hear all about.
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Fred ha acconsentito al passaggio in cui lo cito.
(Il giochino mi incuriosisce!)
 
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view post Posted on 17/12/2017, 15:16
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Già i primi dubbi affioravano mentre strusciava la suole delle scarpe sul tappetino d'ingresso per evitare di lasciare impronte bagnate. Non c'era assolutamente niente in quel locale che risultasse fuori posto; pareva un negozio qualunque, babbano al cento per cento, e per un attimo Niahndra si sentì oltremodo stupida. Che avesse preso un granciporro?
Non sapeva assolutamente nulla di quel negozio, eppure aveva dato per scontato che...
*Gran bel piano, bimba.* Ecco cosa succedeva quando agiva con spontaneità invece che riflettere quarant'anni sulle cose per essere certa di aver vagliato qualsiasi possibilità. Mica poteva pretendere di entrare lì dentro e iniziare a fare domande strane, cercando di girarci intorno per evitare di infrangere lo statuto di segretezza.
Forse era ancora in tempo per andarsene. Fece per riprendere l'ombrello, ma una voce ovattata la raggiunse. Il commesso doveva essere da qualche parte nel retro, forse in magazzino, forse... si nascondeva qualcos'altro dietro a quella facciata? Doveva essere così, doveva per forza. O almeno era quello che sperava.
*E anche se fosse?* Quale sarebbe stato il piano? "Ciao scusa, tra gli effetti collaterali della cornamusa rientrano anche le allucinazioni? Così, per ipotesi, eh".
*Tutto molto bello, peccato sia un flauto.* Un gran bell'inizio.
Con fare seccato, aprì la mantella per la pioggia e la appese insieme all'ombrello, decidendosi finalmente a scostarsi dall'ingresso. La temperatura all'interno era confortevole e l'ambiente tutto sommato accogliente; cercò di indovinare il brano musicale in onda in quel frangente, ma non riuscì a riconoscerlo.
Fu allora che il mago spuntò da chissà dove, sorprendendo Niahndra di spalle. Riconoscendo la voce, lei si voltò, incapace di celare lo stupore sul volto.
«Oliver?» Non si sarebbe mai aspettata, tra tutte le persone, di imbattersi proprio nel Caposcuola di Grifondoro. Se non altro, in quel modo, non avrebbe avuto problemi a parlare schiettamente. Più o meno.
Dopo la disavventura in Mexico e le sue dimissioni da prefetto, non aveva avuto più modo di incrociare lo studente ad Hogwarts. Non che avessero sviluppato chissà che rapporto, però non si poteva negare che avessero condiviso dei momenti piuttosto... adrenalinici, per così dire. Il ricordo del baratro sotto i loro piedi dopo la smaterializzazione ed il tuffo folle in quel fiume di latte le causarono un moto nauseante (non aveva più toccato latticini da allora), ma lei lo scacciò indietro con forza.
«Cosa...Lavori qui.» Ed ecco anche spiegato il motivo per cui non era adatta ad intrattenere conversazioni da salotto: di solito si opta per i dialoghi e non per i monologhi, ma lei riscopriva un piacere sfuggente nell'interpretare entrambe le parti e nello schivare accuratamente qualunque aggancio per protrarre la discussione.
Gli si avvicinò, scostando al contempo dal fianco la borsa a tracolla.
«Uh, come stai?» No, non aveva all'improvviso acquisito skills sociali. Si trattava di una domanda che le era sfuggita senza controllo, dettata da un istinto che troppo spesso cercava di soffocare.
Benché normalmente avrebbe forse fatto finta di nulla, quella volta non si era potuta trattenere, complice anche la stupida speranza di rimandare quanto più possibile il motivo della sua visita.
Ora che l'ombra del sorriso si era dissolta, sul volto del Grifondoro permanevano i segni della stanchezza; un dettaglio che in qualche modo cozzava con l'espressione sempre gioviali di lui, un dettaglio che – per quanto assurdo – contribuì a sentirlo più vicino, più
umano.
 
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view post Posted on 17/12/2017, 15:38
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Per qualche incomprensibile assurdo motivo, Oliver sentì uno strano formicolio alle dita di entrambe le mani e la cosa non gli piacque per nulla. Si augurò con tutto se stesso di non essersi beccato un'influenza di stagione, non avrebbe avuto né tempo né modo per rimettersi in sesto, non in quel periodo di impegni gli uni dietro gli altri. Se solo si fosse fermato a riflettere su quanti clavicembali ancora attendevano il suo soccorso, così da essere sistemati nelle rispettive cristalliere del pianoterra, la sensazione di disagio sarebbe cresciuta quasi vertiginosamente. Talvolta, gli sarebbe piaciuto tramutarsi in uno di quei personaggi divertenti, del tutto fantasiosi, di uno dei tanti racconti che suo zio Albert gli leggeva da bambino prima di andare a dormire. Si trattenne dallo sfregare le mani le une contro le altre, chiudendole rapidamente a pugno per scacciare quel solletico insensato. Non avrebbe potuto negarlo neanche a se stesso, consapevole per davvero di quanto gli stesse accadendo. Il suo corpo era diventato da molto uno scrigno per accogliere un'eredità di cui non aveva fatto richiesta, non di persona; come reazione alle Visioni che frantumavano, giorno dopo giorno, la sua attenzione, la sua vivacità e il suo consueto modo di essere, lo stesso organismo rispondeva con febbre, emicranie da far paura e formicolii ingiustificati sulle punta delle dita delle mani. Avrebbe tanto desiderato tirare a botte contro la sua mente, sfibrando la memoria fino all'essenzialità di cui era costituita, al fine di scoprire una volta e per tutte quali e quanti segreti il suo Dono stesse evocando, plasmando e soprattutto tacendo. Invece, si impegnò a sorridere, ricambiando in quel modo gentile la sorpresa percepita dall'espressione e le parole della Tassorosso appena incontrata. «Da più tempo di quanto io stesso possa ricordare.» Annuì con un leggero cenno del capo, rispondendo alla prima domanda indiretta con sincerità. Fu immediatamente sicuro di non poter fare altrettanto con la seconda, più concreta richiesta. Stava bene? Le sue occhiaie profonde, il volto emaciato, cornice in contrasto acceso tra la luce mai spenta dei suoi occhi, forte dell'allegria e della vivacità della sua persona, e l'ombra che sfigurava quell'espressione così bella, parlavano da sé. «Da membro del The Wizard Voice a chitarrista per passione, non avrei potuto scegliere posto migliore. Non sei mai stata da Evviva Lo Zufolo? Il pianoterra non è nulla di eccezionale, ma aspetta di visitare i piani superiori. Lì si cela tutta la magia e la bellezza di questo posto!» Tante parole, nessun contenuto significativo. Avrebbe potuto descrivere fin nel suo ultimo dettaglio lo store musicale che tanto aveva a cuore da fin troppo tempo, avrebbe potuto chiedere a Niahndra cosa la spingesse a varcare la soglia del negozio, se un acquisto o una richiesta più particolare, ma una cosa restava certa: Oliver Brior aveva ignorato la domanda. Per la prima volta in assoluto, aveva lasciato intendere di aver peccato di attenzione. «Dimmi tutto! Cosa posso fare per te?»


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Granciporro vince tutto.
10 Punti a Tassorosso!
 
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view post Posted on 17/12/2017, 17:24
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Non avrebbe saputo dire cosa si fosse aspettata. Una risposta di cortesia? Una rivelazione? Un sonoro "fatti i boccini tuoi"?
Eppure, lei tra tutti, avrebbe dovuto capire l'importanza di non oltrepassare i limiti. Arricciò le dita dei piedi nelle scarpe, come sempre faceva quando si sentiva in imbarazzo; si vergognava di quel suo exploit, si era esposta solo per un attimo, ma era stato sufficiente perché se ne pentisse.
Se non altro Brior aveva avuto l'accortezza di non rifilarle una fandonia, anche se realizzare che stesse ignorando completamente la domanda la fece sentire come se avesse appena ricevuto uno schiaffo.
Era quello che si provava ad essere dall'altra parte? C'era qualcosa di sbagliato, e non perché per una volta tanto Niahndra aveva modo di assaggiato la sua stessa medicina.
Tuttavia non batté un colpo.
A parti invertite avrebbe fatto lo stesso, e pure di peggio, dunque non aveva alcun diritto di offendersi.
*Non è quello il problema.* No, non lo era mai.Ad un passo dal punto di svolta, Niahndra scelse di fare quello che faceva meglio: ritrattare, ritirarsi, nascondere la polvere sotto al tappeto.
«Ah sì, il club di musica.» In effetti non era così strano, ben pensandoci. Adesso ricordava di aver assistito a qualche concerto; Leah stessa faceva parte del gruppo ed ogni tanto le raccontava qualcosa. «Questa è la prima volta che vengo qui, diciamo che sono una... profana, ecco.» Si sentiva un'ipocrita a chiacchierare del più e del meno, vestendo panni che non erano suoi; o forse, ancora meglio, si sentiva un'ipocrita per quell'assurda volontà di apparire più gentile del solito, come se in generale le persone non meritassero cordialità se non come conseguenza della compassione.
O ipocriti erano gli altri, che più di una volta avevano voluto farla sentire sbagliata per la sua assoluta devozione alla riservatezza, quando sembrava invece essere un modus operandi diffuso?
*Smetti di torturarti e torna a rintanarti dietro i "non me ne frega niente", grz.*
«Cosa posso fare per te?» Le ci volle qualche secondo per comprendere la domanda e ricordarsi del motivo che l'aveva condotta fuori dal castello in una giornata come quella.
Improvvisamente non le pareva più una buona idea, improvvisamente la prospettiva di confrontarsi con qualcuno che tutto sommato conosceva la riempiva di imbarazzo di disagio.
E se Oliver l'avesse presa in giro? Se l'avesse derisa una volta saputo degli stupidi dubbi che le vorticavano in quella testolina? Se, peggio ancora, li avesse usati contro di lei? Cosa avrebbe fatto a quel punto, Niah?
*Tic toc tic toc, hai esaurito il tempo delle scuse.*
Inclinò leggermente il capo per incrociare un attimo gli occhi di Oliver.
«Sembra una cosa stupida adesso, ma un annetto fa ho ricevuto... questo.» Nel frattempo aveva slacciato il bottone della tracolla, indugiando un istante di troppo prima di chiudere le dita sul flauto di Pan e mostrarlo al ragazzo. «Credo sia uno dei vostri.» Lasciò all'altro il tempo di studiare lo strumento e riconoscerlo; se avesse voluto prenderlo, glielo avrebbe lasciato fare.
«Non l'ho mai usato, cioè non fino ad oggi, e comunque non so suonarlo...» Una manciata di secondi di silenzio prima di riprendere «Non ho potuto fare a meno di notare le sue peculiarità.» Vaga, forse volutamente, forse no. «Speravo di scoprire qualcosa in più su questo strumento, se fosse possibile.» Alla fine aveva scelto una via di mezzo. Non aveva mentito, eppure non aveva neanche raccontato tutta la verità, temendo di essere fraintesa e presa per pazza.

Pff purtroppo ho esaurito le paroline da usare :fru:
 
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view post Posted on 24/12/2017, 20:25
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Si accorse di aver esagerato, superando i limiti che da tempo si era autoimposto, non appena l'ultima domanda lasciò le sue labbra. Articolare quella richiesta fasulla soltanto per eludere un interrogativo un po' ostico, in effetti, non rientrava affatto nelle corde del ragazzo. E se il danno poté dirsi fatto per davvero, l'imbarazzo crescente parve l'unica giusta punizione per il mancato rispetto del galateo in quel preciso momento. Oliver non aveva grandi legami con la ragazza che ora sostava di fronte; aveva conosciuto Niahndra in circostanze poco piacevoli, la prima volta, e anche se quell'incontro fuorilegge era stato cancellato dal disagio legato dalla presenza dell'ex Prefetto, sulla scia di stima e di rispetto, per il Caposcuola restava chiaro il fatto di non essere un vero e proprio amico per l'altra. Non perché non volesse, ma perché con ogni probabilità non aveva avuto le precise occasioni per guadagnare quel titolo a lui tanto caro. L'esperienza nell'Antico Messico di tempo addietro, però, aveva complicato le cose: in qualche modo, Oliver si sentiva più trasportato, emotivamente, verso la Tassorosso; ripagare il suo aiuto tra le lande desolate di spazio e tempo, letteralmente, con alcuna gentilezza nel presente, ecco, gli faceva venire l'orticaria. Si concesse un attimo di sorpresa alle parole della ragazza, promettendo a se stesso di farsi perdonare in qualche modo in seguito Non avrebbe ripetuto lo stesso errore, non avrebbe potuto, perché a dispetto dello stato psichico in cui verteva da giorni, nessun altro avrebbe dovuto esserne intaccato per colpa sua. Concentrazione, dedizione, attenzione: le tre norme che sua nonna Adeline ripeteva di continuo, durante l'apprendimento del bon ton in passato, apparvero come messaggi fiammeggianti nella memoria del Caposcuola. Annuì, dunque, riallacciandosi alla conversazione con rinnovato interesse. Non aveva idea di come potesse apparire, in quel momento, allo sguardo di Niahndra, anche se Oliver era consapevole di non essere al meglio delle sue aspettative; le occhiaie profonde che si erano stanziate sotto gli occhi quasi davano i nervi e lo Specchio Incantato del suo dormitorio non faceva che puntualizzare l'orribile look senza alcuna gentilezza. «È il Flauto di Pan.» Il tono era così convinto da non lasciar adito a dubbi; la descrizione, la rifinitura lucida, la struttura dello strumento musicale che Niahndra aveva mostrato andavano a cristallizzare una forma ben precisa tra i pensieri dello studente. Anche se coperto da strati di polvere, da terriccio, inchiostro o chissà cos'altro, Oliver l'avrebbe riconosciuto senza alcun dubbio. Non guastava il fatto che quel particolare oggetto magico rientrava tra i suoi preferiti. E lo disse, perché gli parve essere una cosa positiva per stemperare la situazione. «Non possiamo parlarne qui, scusami.» Indicò con un sorriso mesto intorno a sé, le mani che ondeggiavano su se stesse come ad abbracciare l'ambiente circostante. Abbassò leggermente il tono di voce prima di continuare. «Lo store musicale ha diversi piani, ma soltanto il pianoterra è accessibile da Babbani, perché vendiamo anche strumenti non magici. Hai abbastanza tempo per un breve tour? Posso spiegarti tutto quello che desideri, sono certo troveremo risposte anche ai tuoi dubbi. Andiamo direttamente al secondo piano, lì ci sono diversi strumenti a fiato, tra cui i flauti di Pan. Seguimi, ti piacerà.»

A quel punto, Oliver avrebbe atteso il tempo necessario per ricevere una qualche risposta, affermativa o meno che fosse, da parte della ragazza. Se avesse acconsentito, la strada da percorrere non sarebbe stata chissà quanto distante. Assicuratosi di essere disponibile per quel piccolo cambio di programma - che tra l'altro incontrava il favore del commesso, senza dubbio - Oliver si sarebbe indirizzato a destra, seguendo una scia di violini racchiusi in teche di cristallo, le une accanto le altre in perfetto ordine. Tra un sorriso di circostanza a qualche signora di mezza età tra i dintorni e cordiali saluti ad altri clienti sempre nei paraggi, Oliver avrebbe affidato tutti loro alle cure di James, l'altro commesso; raggiunto quello che appariva in tutto e per tutto come un ascensore comune, avrebbe invitato Niahndra a precederlo. «Il nostro ascensore magico. Se sale un Babbano, arriverà semplicemente alla toilette. Se saliamo noi...» le fece un occhiolino, riacquistando istante dopo istante controllo sulla sensazione di disagio e di difficoltà che aveva provato all'inizio, dopo aver rimesso. Avrebbe fatto entrare prima la studentessa, accedendo a sua volta. A porte chiuse, l'emozione di esibire quel sistema di trasporto che aveva in passato fantasiosamente contribuito a realizzare, Oliver si sarebbe schiarito la voce per intonare un'unica citazione musicale.«It feels like loosing, what you're trying to keep»; non avrebbe aggiunto molto, perché tanto sarebbe bastato per far partire l'abitacolo incantato, salendo rapidamente con un sottofondo musicale di una canzone conosciuta di Celestina. Raggiunto il secondo piano del negozio, spalancate le porte, la magia di Evviva Lo Zufolo si sarebbe finalmente rivelata, realizzando la differenza sostanziale per un Mago e una Strega tra lo spoglio statico pianoterra e il vivace colorato reparto superiore. Ovunque si sentiva una musica dolce, infinitamente rilassante, che di tanto in tanto aumentava d'intensità non appena Flauti di ogni misura e forma danzavano elegantemente nei dintorni. Camminando avanti, invitando ancora una volta Niahndra a seguirlo, Oliver riprese parola. «Benvenuta ufficialmente da Evviva Lo Zufolo! Siamo al secondo piano, come ti dicevo è il reparto dedicato agli strumenti a fiato. I Flauti di Pan sono da quella parte.» Una curva a destra, una a sinistra, un flauto spericolato che in quel momento sfrecciava sulle loro teste, finalmente la sezione degli strumenti citati apparve alla loro vista. Tanti flauti da colori e materiali diversi descrivevano una cornice piuttosto singolare: alcuni racchiusi in custodie, altri in teche sospese da sole per magia, altri ancora volteggianti su se stessi. Di tanto in tanto, ologrammi di animali si aggiravano nei paraggi. Oliver si spostò di lato per lasciar passare un coniglio spettrale, perlaceo, e sorrise alla ragazza accanto. Adorava quel posto. «Perdona l'attesa, ci siamo. Sono a tua completa disposizione, chiedimi qualsiasi cosa.» Peculiarità magiche? Effetti dello strumento? Funzioni del flauto, conseguenze di un'errata composizione, cosa chiedeva la Tassorosso per davvero? La domanda di poco prima incompleta, Oliver avrebbe tentato di rimediare al suo precedente errore di mancata eleganza, non avendo risposto in modo diretto, ponendosi come tramite ed aiuto concreti. «Suonarlo non è complicato, posso consigliarti anche manuali per questo. La vera difficoltà sta nell'intenzione che dai alla musica. Quanto sei disposta a lasciarti coinvolgere dalla magia di Pan?»


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Perdona il lungo post, era per non bloccarci troppo con il passaggio iniziale. Ovviamente è tutto in ipotesi, in condizionale, lasciando libera scelta; ma spero davvero che Niah acconsenta ad andare al secondo piano :ihih: E fu così che Oliver riscrisse tutto il post.
 
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view post Posted on 5/1/2018, 16:58
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L'ultima cosa che voleva era far pesare a Oliver quella risposta, per questo Niahndra indugiò sui suoi lineamenti un istante in più del dovuto, forzando il tono leggero; smaniava per passare oltre più rapidamente possibile, non sapeva perché ma inciampare nelle debolezze di qualcun altro le procurava sempre un certo disagio. *Almeno finché non ti senti minacciata.*
In ogni caso sembrava essere riuscita nel suo intento dato che la conversazione aveva ripreso normalmente. Rilasciò parte della tensione muscolare quando Brior riconobbe lo strumento, ma subito scattò sull'attenti quando lui le fece segno di stare in guardia.
«Oh, certo...» Sussisteva il pericolo che venissero interrotti proprio sul più bello nonostante stessero confabulando tra loro, e non era proprio il caso di rischiare per via dell'ingenuità.
Si affrettò ad annuire.
«Ovviamente, fai pure gli onori di casa.» Con la sommaria occhiata che aveva dato entrando non aveva avuto modo di rendersi conto che il negozio si sviluppasse su più piani d'altezza sebbene le fosse parso strano non ritrovare tra gli oggetti esposti alcuno strumento magico simile a quello che le era stato regalato. Covava una genuina curiosità, più per il brillio fugace nell'espressione del Caposcuola che per innato interesse, e – dopotutto – non aveva sfidato il diluvio universale per tornarsene a mani vuote.
Seguendo i passi del giovane, la Alistine si guardò intorno incrociando gli sguardi di alcuni clienti; nel frattempo cercava di farsi un'idea della pianta del luogo e di orientarsi nell'eventualità in cui avesse dovuto tornare indietro da sola.
Scoccò all'altro solo una breve occhiata interrogativa prima di intrufolarsi nell'ascensore che si era aperto davanti a loro, aspettando che Oliver completasse la frase. Acconsentire a quel tour era stata una buona idea visto il cambio radicale nel comportamento del ragazzo; si era illuminato totalmente, segno che quel sistema ingegnoso era considerato motivo di orgoglio per lui.
*Pure l'occhiolino, pensa un po'--aspè ma che fa? Abort, abort!.*
Niahndra spalancò le palpebre, sinceramente spiazzata da quell'exploit inaspettato e dal repentino cambio d'umore del rosso-oro. Non si aspettava che cantasse pure lei, vero? Perché avrebbe preferito rifarsi la strada di ritorno senza ombrello sotto il temporale, piuttosto.
Con uno sbuffo meccanico l'ascensore si mise in moto, iniziando la sua lenta ascesa. Erano stati quei brevi versi a farlo partire? Dunque Brior non era impazzito di colpo.
«Ingegnoso.»
Nel momento stesso in cui mise piede fuori, la Tassina si accorse della differenza tra i due piani; se quello inferiore le era parso assolutamente banale ed ordinario – persino un po' noioso forse – il secondo dava spettacolo con quell'accozzaglia di colori, suoni e movimento.
Tenne dietro al ragazzo, i sensi allerta per la frenetica danza in cui erano coinvolti gli strumenti musicali. Abbassò istintivamente la testa, riparandosi al contempo con le braccia, quando un flauto particolarmente selvaggio arrivò a pochi centimetri dalle loro chiome.
*Tanto nel caso, colpisce prima Oliver.* Era in occasioni come queste che la sua statura le veniva in soccorso. In quello stesso momento quello che pareva un coniglietto tagliò la strada al commesso, per nulla sorpreso.
La Alistine tentò allora di dissimulare il suo sconcerto. Avrebbe tanto voluto poter dire che quella fosse la cosa più stramba che avesse mai visto, ma aveva ormai rinunciato ad aspettarsi qualcosa di
normale nel mondo magico. *E poi il reparto babbano ti era sembrato troppo ordinario, no?* Segno che ormai, almeno inconsciamente, ci aveva fatto il callo.
Piuttosto cercò di riordinare nuovamente i pensieri, in modo da formulare una domanda sensata. La verità era che si era fiondata in negozio senza avere le idee chiare e tutto le pareva oltremodo sciocco adesso; le parole dell'adepto di Godric tuttavia le vennero in qualche modo d'aiuto.
«Il problema è proprio il...farsi coinvolgere. » Si sistemò meglio il colletto perché non le solleticasse il collo, rifuggendo lo sguardo dell'interlocutore. «Sono riuscita a suonare una sola nota, ma il flauto si è come animato. Non so se sia possibile, ma ad un certo punto non era più solo una nota.» Non era mai stata brava a verbalizzare i pensieri, a mettere insieme le parole, per questo dubitava di essere riuscita a spiegare chiaramente ad Oliver cosa diamine intendesse, specie perché non lo sapeva neppure lei. «Credo che dei manuali potrebbero sicuramente farmi comodo, ma volevo anche capire qualcosa di più della magia di Pan di cui parli.» Aveva una vaga idea di chi fosse il satiro del mito greco, ma ignorava completamente quali potessero essere le implicazioni in quel caso.
Possibile che lo strumento nascondesse qualcosa di più, o se lo era immaginato? Si era forse lasciata condizionare dai recenti eventi?
Un modo per scoprirlo c'era, e dipendeva dalla risposta del Grifondoro.
 
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view post Posted on 28/2/2018, 16:38
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Lo sguardo del ragazzo soppesò i dintorni del reparto raggiunto come per la prima volta: avido di dettagli, di scoperte e di segreti da svelare, il commesso quasi sembrava alla frenetica ricerca di qualcosa ancora sfuggente, ancora in arrivo. In un intreccio di parole e visioni, non aveva tuttavia smesso neanche un istante di prestare attenzione alla Tassorosso da poco incontrata. E di tanto in tanto, come dettato dalle regole più antiche, così come classiche del galateo, le rivolgeva occhiate sinceramente partecipi, a dare prova di essere presente a sua volta in quel dialogo. Quando un ologramma dalle fattezze vere e proprie di un coniglio, pari ad un piccolo spettro di passaggio, ondeggiò pigramente a loro fianco, zampettando verso un Flauto sospeso in aria, Oliver finalmente scoccò un'occhiata all'animale più d'intesa che di nervosismo. La creatura diede l'impressione di aver colto al volo e prima di saltellare via, così com'era apparsa, drizzò le lunghe orecchie in quel momento perlacee. Soltanto a quel punto, rimasto solo, Oliver poté rispondere con tranquillità alla ragazza. Non si trattava di un mistero né di un desiderio di restare in disparte, in tutta tranquillità: contrariamente a quanto potesse aver fatto intendere, il commesso dello store non aveva cacciato il coniglio. Niente affatto. «Può capitare, è frutto della magia dello strumento.» Cominciò così la sua spiegazione, premurandosi di non essere di lì in poi né troppo prolisso né troppo noioso. Avrebbe impiegato le sue conoscenze per un riassunto più o meno interessante e sufficientemente esaustivo, perché convinto che soltanto la pratica avrebbe dato giusta conferma. «Pan è il dio pastore secondo la mitologia greca. Governa le campagne, i boschi, in generale la natura e le sue creature. La leggenda lo identifica come un fauno, spirito e guida di tutti gli animali, ma quello che molti non sanno è che Pan sia stato anche l'insegnante dei gemelli divini, Artemide e Apollo. Se ricordi le lezioni di Peverell del primo anno, la prima era la dea della caccia, il secondo di tante cose, in particolare delle arti e della medicina, del sole e della divinazione. Apollo era il dio Veggente, ma solo grazie a Pan fu in grado di sviluppare il suo dono.» Non c'era tremore nella sua voce, ma qualcosa diverso, qualcosa di unico. Sondava il mistero con quel tono pacato, ne evocava racconti di chissà quale epoca. C'era tensione, seppur minima, seppur nascosta: ma a chi avrebbe saputo cogliere l'invisibile, quelle frasi avrebbero assunto nuovo valore. «Se suonato bene, il flauto permette di attingere all'antica magia di Pan. L'etichetta dice che sia capace di controllare le creature, ma non è così, perché Pan non imponeva il suo potere, ne era invece un incantatore. Ammaliava le creature e le richiamava alla sua presenza. Con questo strumento, Niahndra, potrai placare tutti gli animali non magici nella zona in cui ti trovi. Hai provato a suonarlo all'aperto, alla presenza di creature? Forse per questo ti ha dato l'impressione di, come dire, animarsi.» Un sorriso, questa volta sincero, ad illuminare il volto stanco del Grifondoro. «Se non ti dispiace e non ti dà imbarazzo, puoi provare anche qui.» Le labbra si strinsero leggermente, le gote si gonfiarono di poco e in un attimo, Oliver emise un basso e dolce fischio. Conosceva quel reparto musicale più di chiunque altri in quello store e l'esperienza, unita alla gentilezza, non lo avevano mai deluso di fronte ai clienti. Come previsto, il coniglio spettrale, ologramma tra tanti in onore della magia dei Flauti di Pan chiusi in teche di vetro in tutto il piano, zampettò nuovamente all'attenzione dei due studenti. Sul fascio luminoso che aveva lasciato dietro di sé, altri due animali corsero all'appello: una marmotta ed una lepre, i cui musetti si arricciarono e gli occhi si soffermarono sulla Tassorosso, in attesa di capire se poter essere veramente d'aiuto o tornare ai loro affari giocosi.


I don't want to hear all about.
No one never wants to hear all of that.
It feels like loosing, what you're trying to keep.
 
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view post Posted on 16/5/2018, 22:14
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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Do you remember what Darwin says about music? He claims that the power of producing and appreciating it existed among the human race long before the power of speech was arrived at. Perhaps that is why we are so subtly influenced by it. There are vague memories in our souls of those misty centuries when the world was in its childhood. — Arthur Conan Doyle

• • •


Niahndra era sempre stata un maestro nel girare intorno alle cose che la riguardavano. Non lo faceva apposta né con cattiveria – il più delle volte–, ed anzi molto spesso quel suo fare elusivo era da attribuirsi piuttosto ad una confusione interna, all’infinita battaglia di due volontà differenti.
Una parte di lei avrebbe preferito custodire per sé quei pensieri, un po’ per un timore non meglio definito, un po’ perché era in questo modo che riusciva a metabolizzare a dovere; le serviva della sana solitudine per immergersi in quel caos indecifrabile di sentimenti, per filtrare ogni singolo guizzo emotivo col setaccio della sua amata, confortevole razionalità.
Tuttavia, aveva scoperto, ben poche cose al mondo seguivano il medesimo criterio di ragione, lasciandola insoddisfatta nel suo inconcludente tentativo di rendere la sua realtà un minimo più sensata.
Se avesse dovuto figurarsi un “compagno di setaccio”, quello con ogni probabilità non sarebbe stato Oliver Brior: al di là dei trascorsi più o meno (in)felici, nonostante avesse avuto occasione di stemperare la rigida idea che si era fatta di lui, Niahndra ancora rimaneva del parere che lei ed il Grifondoro fossero incompatibili intrinsecamente. L’antipatia ed il pregiudizio si erano certamente ammorbiditi, e già quello – conoscendola – aveva del miracoloso, ma se la Tassina era acqua, Brior era fuoco; e quella era una certezza che non riusciva a scrollarsi di dosso, non per ostinazione quanto più per incapacità. Non c’era niente di male, era semplicemente così.
In ogni caso, ormai era lì e sperava di tornare al castello con una risposta; tuttavia dopo l’iniziale sollievo dettato dalle prime parole del caposcuola, lei aveva corrugato la fronte, incerta.
Cosa c’entravano boschi verdeggianti e creature selvatiche con frammenti di scantinati polverosi? Eppure, scoprì, Pan era molto di più: un mentore, persino un
tramite se così lo si voleva intendere.
La trepidazione crebbe come un’onda, formicolandole dai piedi fin sulla testa; forse, si disse, era quello il motivo: un riflesso lontano del potere del dio riverberava nello strumento. Si era allarmata per niente.
«L'etichetta dice che sia capace di controllare le creature, ma non è così, perché Pan non imponeva il suo potere, ne era invece un incantatore. »
Non era quello che si aspettava, neanche lontanamente. Aveva forse ricevuto un regalo difettoso? Non ricordava di aver sperimentato un simile ascendente sul regno animale, ma era altrettanto vero che avesse appena azzardato una nota, al riparo della Sala Comune.
Incerta su cosa dire e cosa tenere per sé, Niah non fece in tempo a decidere alcunché. Aveva seguito le labbra di Oliver, incurvate in un sorriso più aperto, accompagnando il labiale al suono delle sue parole. Provare lì davanti?
La prima, immediata reazione sarebbe stata un “no” secco e categorico. Si vergognava, non aveva minimamente idea di come suonare quello strumento e, non da ultimo, temeva che qualunque cosa fosse successa ad Hogwarts si sarebbe replicata anche lì, davanti al Grifondoro.
Non voleva che ricapitasse, non davanti ad un “estraneo”.
In genere, in una situazione simile, la ragazza non avrebbe avuto dubbi circa chi rivolgersi. Sam la conosceva da anni, indovinava i suoi pensieri, anticipava i suoi bisogni,... e le nascondeva più di un segreto.
Il loro rapporto era cambiato da allora; nonostante fosse ormai passato un anno, lei ancora non aveva capito il da farsi: si muoveva in casa come su schegge di vetro coi piedi nudi. Eppure non cancellava quel che c’era stato, Sam era al corrente
di tutto.
Forse era questo a spaventarla. Da ragazzini avrebbe dismesso le sue preoccupazioni con una scrollata di spalle ed un sorriso rassicurante, ma dubitava che adesso avrebbe reagito nella stessa maniera.
Accorgendosi del fatto che Oliver stesse aspettando una sua risposta, la Alistine strinse le dita intorno al flauto fino a farle sbiancare.
«Io non lo so suonare, Oliver.» Alternò lo sguardo tra il commesso e le adorabili creature che aveva richiamato; le osservò aspettare diligentemente un cenno o un'indicazione. Aspettare lei. Soppesò le canne nella sua mano. «Magari solo per qualche secondo...»
Abbassò il capo per ricercare un pizzico di privacy e lentamente, quasi con timore, avvicinò lo strumento alla bocca. Gonfiò il petto e provò a replicare il movimento effettuato solo poche ore prima. Il suono uscì incerto, stentato,
trattenuto. Anche lei si stava trattenendo, il suo corpo era tutto un fascio volto ad ingabbiare ogni eventuale stimolo: aveva paura.
Non aveva idea dell'effetto prodotto da quell'accozzaglia di suoni sul suo pubblico improvvisato, non s'arrischiò a guardare; tuttavia, col passare dei secondi, notando che non succedeva niente di troppo strambo, si rilassò appena, rendendo più fluido ed uniforme il soffio.
Un meccanismo le scattò nella mente senza neanche che se ne accorgesse; un timido avanzare, come di chi scosta le tende per sbirciare appena. La musica – ma ci voleva coraggio a chiamarla così – si diffondeva senza che lei la udisse; perturbava l'aria, smuoveva il fluido in cui erano immersi, e le restituiva un ritorno.
Interruppe l'esibizione, girandosi a metà verso l'indietro.
«Stanno bussando alla porta», asserì senza accorgersi minimamente dell'assurdità dell'affermazione.


Edited by Mistake - 16/5/2018, 23:49
 
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view post Posted on 18/5/2018, 19:28
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C'era stato un tempo, un incontro tra molti in quel locale, in cui Oliver aveva saputo consigliare al più miscredente dei clienti. Un movimento soltanto delle mani, un contatto singolo e singolare tra le dita e le corde di una chitarra incantata, infine una sensazione nuova e precisa, intangibile, eppure vivida. La magia si era attivata prima ancora che il suonatore potesse accorgersene e quando i suoi capelli erano cresciuti a dismisura, ciocca dopo ciocca, fino a tingersi di un blu elettrico, frizzante, acceso, il cliente si era finalmente dimostrato soddisfatto. Non aveva acquistato quello strumento, non aveva messo mano al portafoglio né aveva ripagato il commesso gentile anche solo con un Galeone di mancia. Ma Oliver non aveva aperto bocca, si era limitato ad un sorriso di circostanza, tra i più classici e stranamente i più sinceri, prima di girarsi ad osservare l'acquirente fasullo abbandonare lo store in cui lavorava. Il taglio stravagante di capelli sarebbe scomparso di lì a breve: senza musica, senza il potere di quei precisi strumenti in vendita da Zufolo, non c'era soluzione che potesse dirsi tale. E la magia aveva sempre un prezzo, anche nel più letterale dei sensi. Non avrebbe saputo spiegare a nessuno, men che meno a se stesso, perché quell'episodio di tempo addietro fosse apparso in quell'istante nella sua memoria. Non era tra le esperienze più felici che aveva provato in prima persona in quel negozio e di certo non avrebbe avuto alcun valore nei confronti di quell'aiuto richiesto. Tuttavia, aveva una somiglianza, una piccola analogia, che attentamente si trasportava al presente in corso: Niahndra aveva appena ammesso di non saper suonare; ciò che la Strega non sapeva, era che viceversa, il Flauto stesso non sapeva come essere suonato. In un connubio di opposti e di retoriche senza fine, quel collegamento fra Musicista e Musica, fra Suonatrice e Strumento, non si sarebbe affatto realizzato in assenza di un trasporto totale, decisivo, personale. Mettersi in gioco non era la soluzione, accettare di farlo lo era per davvero. Abbozzò un sorriso, gentile e paziente, senza aggiungere altro. C'erano manuali su manuali di tecnica, apprendimento, studi musicali, ma ciò che Oliver già aveva compreso, per l'esperienza che vantava da anni tra quelle stesse mura ormai così familiari, era che la Tassorosso non aveva ancora affidato anche solo una minima parte di sé a quel Flauto solitario, tanto prezioso, che stringeva - debolmente, avrebbe pensato - tra le mani. «Provaci, avanti. Siamo da soli.» Non era del tutto vero, già in lontananza dei clienti passavano da una teca all'altra, pronti ad un'analisi accurata, anche solo per trascorrere del tempo immersi in dolci sinfonie; ma nessuno di loro era vicino e un paio di buffi animaletti spettrali, ologrammi chiamati all'occorrenza per prestare il proprio prezioso contributo, attendevano a loro volta senza alcuna fretta. Il suono, il primo tentativo, non fu alla percezione di Oliver dei migliori: non era un esperto conoscitore dell'arte musicale di quegli strumenti in particolare, ma era bravo nel suo lavoro, lo era più di chiunque altri; per la passione, per la determinazione, per l'empatia che comunicava, che captava e che sapeva cogliere in ogni nota e in ogni cliente, era bravo davvero. E non c'era imbarazzo né malcelata modestia, era un dato di fatto che il proprietario di quel negozio, il signor Vinaccia, non mancava di ripetere con un certo orgoglio. Fu allora che Oliver comprese di non poter mentire alla ragazza e la sincerità, mai come in quel momento, sarebbe stata chiave di svolta. Prima ancora che potesse aprire bocca, però, la frase della studentessa lo colse impreparato. Si volse alle spalle, rapido, mentre già la ragione suggeriva la risposta a quel dubbio. «Non ci sono porte qui, c'è solo l'ascensore magico.» Corrucciò la fronte, leggermente confuso, ma non fu più di tanto sconcertato né agitato al riguardo: non in quel locale e non nel suo cuore; come avrebbe potuto, lui che varcava le soglie del tempo di continuo? Si spostò di lato, recuperando un flauto non magico, in legno, da una teca già aperta. Posizionò entrambe le mani attorno lo strumento e strinse con leggerezza, senza risultare debole. «La tecnica non è il problema, Niahndra. Se mi permetti di essere onesto, è il modo in cui ti approcci ad essere sbagliato. Affidati allo strumento, senza forza ma neanche con fragilità. Anche il respiro deve essere più ampio, devi rilasciarne di più, mentre articoli i movimenti delle dita sui vari tasti. Ma per questo c'è tempo con la pratica, il punto principale è l'intensità, quanto sei disposta a concedere, quanto desideri saper suonare, scoprirne il valore.» Mostrò la presa personale sul flauto in legno che aveva preso, senza portarlo alla bocca né suonarlo: aveva un'infarinatura data dall'esperienza del signor Vinaccia, il suo capo, ma non era quello il sistema adatto; non erano chitarre, lo sapeva bene, ma avrebbe fatto di tutto per rendere Niahndra soddisfatta di quell'oggetto speciale. «Non importa saper suonare in principio, importa soltanto volerlo fare. Se riesci, allora le due creature qui vicine riusciranno a sentirlo, a seguirti. Riprova, per favore. Con più decisione, con più intensità.» Indicò la lepre e la marmotta d'argento al suo fianco. Non aveva parlato né con superbia né con critica nella voce, c'era solo gentilezza e cordialità nel suo tono, come da copione. Si spostò di un passo indietro, nella speranza di vedere la ragazza cogliere al volo quell'infinita possibilità.


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