Il sapore dell'attesa, contest a tema. Dicembre

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view post Posted on 27/12/2017, 23:57
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Londra era tutta uno sfavillio di luci in quel periodo. Tessa osservava, seduta su una panchina, in una chiara domenica pomeriggio di fine dicembre. Ben infagottata nel suo cappotto, con la mani in tasca e il naso rosso per il freddo di quei giorni la donna faceva scorrere lo sguardo sull’andirivieni di gente carica di pacchetti colorati, doni che sarebbero finiti sotto il tradizionale abete addobbato.
Per Tessa era il primo Natale da trascorrere lontana da casa. Per tradizione lei e la sua famiglia trascorrevano le vacanze natalizie ad Inverness, in Scozia, presso i nonni paterni. Tessa era particolarmente legata a nonna Iside, per lei rappresentava l’ideale della donna che avrebbe voluto essere. Quante cose le aveva insegnato, quante cose aveva appreso senza l’ausilio di libri ma con l’esempio e i racconti che la nonna, quotidianamente, le impartiva.
Immaginava nonna Iside abbellire il vecchio albero di casa. Non usava palline colorate e neppure nastri argentei. Mandarini, noci, mele rosse e verdi erano le decorazioni che preferiva adoperare per l’occasione. Era donna di sostanza più che di apparenza sua nonna, aveva valori e convinzioni che aveva tramandato alla nipote come doni preziosi da regalare non solo a Natale.
Fra tutte le cose che nonna Iside aveva cercato di far apprezzare a Tessa una, in particolare, aveva colpito dapprima la bambina e poi la giovane Avvomago.
Durante la fanciullezza Tessa non capiva, non concepiva il concetto di attesa. Era una bambina vivace, impaziente. Non amava attendere, scalpitava quando c’erano i regali da aprire, quando il pudding arrivava sul tavolo voleva affondare il cucchiaio per prima e ingozzarsi, quando il tacchino era nel forno friggeva dalla fretta di vederlo sfornare per gustarlo, quando arrivava un gufo era la prima a staccare dalla zampina del rapace la missiva che portava per leggerne il contenuto.
Nonna Iside, in quei frangenti, l’abbracciava stretta, attendeva che Tessa si calmasse e le parlava. Tessa ricorda molto bene la voce suadente, dolce e decisa di sua nonna, le pare di sentirla emergere fra le mille voci della via che si va sempre più affollando. Se chiude gli occhi Tessa rivede il viso della bella signora che le sorride e le sussurra:
Aspetta. Non avere fretta. Goditi il momento. Assapora l’attesa Tessa, gustane il sapore dolce, apprezzane la punta d’amaro e il retrogusto piccante che lo completa. Immagina come sarà il momento prima di viverlo; dopo sarà troppo tardi e non ci sarà più spazio per l’immaginazione. Non illuderti mai ma consentiti di avere delle aspettative, coltiva i sogni, non permettere che la realtà te li rubi.
La Tessa bambina ascoltava senza capire a fondo quel che la nonna diceva. Obbediva, si assoggettava a quella dolce tortura malvolentieri pensando fosse tempo perso e che sarebbe stato meglio scartare in fretta i pacchetti, ingozzarsi di pudding, scottarsi le dita col tacchino bollente, strappare il messaggio dalla zampa del gufo e aprirlo subito infrangendo malamente il sigillo.
Solo con tempo la Strega aveva veramente capito quel che nonna Iside voleva farle comprendere. Il tempo, tiranno e galantuomo, aveva fatto si che Tessa condividesse il concetto. Attendere forse non sarebbe mai stato il suo forte ma ora, ormai adulta, apprezzava intensamente . Viveva l’attesa immergendosi in quella sensazione completamente. Ne esaltava e ne assaporava ogni singolo attimo. Aveva imparato ad amare il trascorrere dei minuti col naso appiccicato al vetro del forno in attesa che il timer suonasse.
Applicava questo sentire anche a questioni più importanti. Aveva capito il valore dell’attesa e che vale la pena trattenere il fiato aspettando la deliziosa sensazione di poter respirare a pieni polmoni. L’irlandese, come sua nonna, non era donna che si accontentava facilmente, non era tipo da poter accettare mezze misure e per arrivare ad avere il massimo occorreva attendere, saper aspettare l’occasione giusta, il treno giusto.
Quando William era sparito senza dare spiegazioni di sorta dalla vita di Tessa lasciando la Strega in preda ai dubbi e alle angosce l’istinto le aveva suggerito di agire, di cercarlo, di mettersi in contatto ed esigere spiegazioni che, a suo modo di vedere, le spettavano. Oltre ad essere una Strega era un’Avvomago, aveva capacità, mezzi e conoscenze per rintracciarlo ma invece si era fermata, non aveva fatto nulla. Era rimasta in un limbo di attesa lasciando aperte le più svariare possibilità. Tessa non dimenticava, Tessa attendeva. Ogni giorno si svegliava con una nuova aspettativa e ogni giorno l’aspettativa era diversa. Cosa sarebbe successo se William fosse tornato? Tessa se lo chiedeva spesso ed era arrivata alla conclusione che anche la vendetta meritava l’attesa. Nel profondo del suo cuore stava maturando la convinzione che la sparizione di William potesse essere legata a codardia e quando ne avesse avuto conferma sarebbe stato dolce potersi vendicare. Anche questo le aveva insegnato nonna Iside. L’attesa può essere la più sofisticata delle sensazioni, la più intrigante, la più dolce ma può e deve essere anche l’arma più subdola e crudele per rivendicare un torto e Tessa poteva perdonare se aveva prove di buonafede ma era implacabile e tremenda se riscontrava codardia o slealtà.
Rinfrancata dal ricordo delle parole di sua nonna Tessa si alzò dalla panchina. Nonostante l’abbigliamento pesante che indossava iniziava ad avere freddo e avrebbe ben volentieri atteso qualche minuto affinchè una cioccolata calda, magari con abbondante dose di panna, le fosse servita. C’era una pasticceria proprio dall’altro lato della strada e si sarebbe certamente perdonata un peccato di gola.
 
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