A colpo d'Occhio, Quest lavorativa

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/9/2018, 06:55
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Lo avrebbe ammazzato. Lentamente, pesantemente, con più strumenti di tortura di quanti se ne potessero immaginare; Bertold si sentiva spiazzato, il cuore in panne, i battiti a più non posso, mentre la consapevolezza di essere in una situazione disastrosa cominciava a farsi strada anche tra i suoi pensieri. Aveva stima, davvero molta, del signor Morgan: il suo tirocinio in sua compagnia rappresentava tuttora, per il giovane Mago, una delle memorie più belle di sempre. E allo stesso modo cresceva in lui la considerazione di essere alle prese con un vecchiaccio senza l'attenzione di una volta: perché una cosa era palesemente chiara, tutto era iniziato con il piede sbagliato per un errore di distrazione da parte dell'amico di una vita. Sospirò di brutto, con l'intero respiro trattenuto, cercando di mettere su un'espressione tra il divertito e il sicuro: non era quella la chiave di una buona riuscita, di un compromesso al quale bisognava necessariamente adeguarsi? La donna che aveva incontrato, la stessa che ora cercava in lui giustamente risposte a domande che non dovevano nascere, non aveva ancora mostrato segni di cedimento, di follia, di attacco insulso ed insano di uno sforzo costante alla quale era stata appena immolata. La sua accompagnatrice, la giovane studentessa, non era da meno: lo sguardo disperso, l'attenzione tra bambini in difficoltà e cieli esplosivi di figure minute e scure, tutto in Leah dava a Bertold l'idea di un'adolescenza ricca di sentimenti e di sensazioni. Una coppia di sognatrici, forse, oppure di Streghe fin troppo pazze per lavorare ancora con il signor Morgan? Trasse un altro profondo respiro, le sopracciglia inarcate in un cipiglio confuso, mentre ricalcolava i dettagli conosciuti della partita imminente. La classifica, il punteggio, le scommesse che favorivano la squadra dei Folletti Cornorossi, infine la sua piacevole constatazione di essere davvero alla presenza di una donna, Elizabeth, che sapeva il fatto suo. Non era a digiuno di nozioni e spiegazioni legate a quel gioco così in voga e anche il solo ripercorrere aggiunte alle squadre in gara, appena citate dallo stesso Bertold, denotava in lei quella lungimiranza che avrebbe potuto fare la differenza. Osservandola sotto una luce sempre più accesa, l'uomo riusciva già a comprendere il motivo per il quale il signor Morgan l'avesse scelta al suo fianco. Meno distratto di quanto potesse essersi mostrato fino ad un attimo prima, si apprestò a mettere le ragazze al corrente di tutto il necessario, improvvisando a sua volta a più non posso, fino a raggiungere - fortunatamente illesi - la pedana sopraelevata che affacciava sulla ruota panoramica londinese, al di là della quale un Campo da Quidditch alla buona faceva la sua divertente figura. «Bene, ci siamo. Elizabeth, hai tutto l'occorrente? Avete al vostro fianco, entrambe, un Omniocolo per osservare la partita da vicino, più accuratamente; potete azionare la velocità costante e aumentare la grandezza visiva, così come potete frenare e ripercorrere a rallentatore la scena. Leah, seguirai da qui la partita come secondo arbitro aggiuntivo. Elizabeth, appena sei pronta, bisogna scendere in campo, una Firebolt ti attende-» Fu interrotto all'improvviso da una figura imponente, rapida e zoppicante, che si intromise nella scenetta in corso senza alcun rispetto dei partecipanti in conversazione; l'olezzo di sigarette e fumo, il corpo tozzo e grasso, una giacca color ocra di tweed fin troppo stretta sul pancione, capelli radi e scuri come la pece, il Mago puntò un sigaro già acceso contro le due Streghe. «Dannato Bertold, cosa diamine state facendo?» Sputò quell'accusa con rabbia, la giugulare così pulsante da mostrarsi netta sotto il colletto. «Queste non sono gli arbitri, idiota. Sono le missionarie, dannazione. Le missionarie di Morgan.»
Seguì un attimo fugace di totale silenzio, interrotto dallo scoppio di grida, fuochi d'artificio e tifo tutto intorno, la tensione tuttavia palpabile sul quadretto attivo; Bertold boccheggiò, imbarazzatissimo, rosso come un peperone.
«Missionarie? M-ma io non lo sapevo, Alastor!»
«E certo che non lo sapevi, sono della Pattuglia.»
«Oh.»
«Oh, Bertold? Oh?! Ma beccati sti bolidi, va'! E voi, muovete il culo, seguitemi da questa parte che siamo in ritardo. Devo spiegarvi strada facendo o quel vecchio rimbambito vi ha già detto tutto?» Così facendo, il tizio gargantuesco di nome Alastor si sbrigò a farsi strada nuovamente all'indietro, la scia di fumo e cenere come un tappeto d'altri mondi. Missionarie, Pattuglie, termini indiscreti e poco chiari, la gentilezza come una variante inesistente. Ma come ad invitarle a fidarsi, a non perdere altro tempo, Bertold - ancora sorpreso, ora anche in crisi perfetta - spinse la mano avanti ad indicare il collega. «Elizabeth, Leah, non ne avevo idea. Mi dispiace tanto per questa perdita di tempo, prometto di rivederci dopo. Buona fortuna, buona fortuna!» Borbottò Missionarie di Morgan ancora una volta ed infine via, lontano, alla ricerca del vero arbitro della partita. Cosa avrebbero fatto le due Streghe a quel punto? Alastor era già metri in avanti, il fumo come unico riconoscimento tra la folla.

Ci siamo, ci siamo. Da questo momento si riprende, fine della pacchia. Per qualsiasi cosa, da ora scrivetemi al MasterHogwarts; Leah, ho preferito una cornice grafica semplice, così non avrai problemi di lettura del codice. Per il resto, che le danze finalmente abbiano inizio! Prossima scadenza: 30 Settembre, 23.50. Per proroghe, scrivetemi in anticipo.
 
Web  Top
view post Posted on 27/9/2018, 00:21
Avatar

Group:
Negoziante
Posts:
441

Status:


smokebombs


In una situazione meno pressante, la semiparesi facciale che sembrò cogliere Bartold sarebbe stata decisamente comica: un sorriso tremulo e falsissimo, il volto arrossato al limite del paonazzo, gli occhi colmi di confusione e accesi da una punta di panico. Di tempo per ridere, però, non ce n'era ed Elizabeth si limitò ad attendere che l'uomo riprendesse il controllo di sé e un colorito normale.
Fortunatamente Bartold si riebbe piuttosto in fretta e si lanciò nella descrizione, piuttosto zoppicante in verità, dei dettagli che avrebbero potuto essere utili alle due streghe. Nel frattempo avevano continuato a fendere faticosamente la folla e avevano infine raggiunto una pedana sopraelevata che Elizabeth, troppo impegnata ad ascoltare il cronista e a non perdere di vista Leah, non aveva nemmeno notato finché non ci si era ritrovata sopra.
A quel punto, improvvisamente, tutto accelerò e il compito che le attendeva, e che fino a quel momento la strega aveva considerato solo in astratto, si fece minacciosamente reale: Merlino, il massimo che aveva arbitrato in vita sua era una partitella tra amici tre contro tre. Si costrinse a concentrarsi sulle parole di Bartold.
L'occorrente? Annuì, sperando che
l'occorrente fosse semplicemente ciò che il signor Morgan le aveva indicato di prendere dal negozio. Certo, però, che era strano: non uno, ma ben due Omniocoli venivano forniti loro sul posto, mentre aveva dovuto preoccuparsi lei di portare con sé un comunissimo fischietto. Oltretutto, precisò tra sé storcendo il naso, aveva sempre detestato gli Omniocoli, strumenti tanto affascinanti quanto inutili con i quali si finiva regolarmente per perdersi mezza partita.
Percepì la smorfia sul proprio volto accentuarsi nel sentirsi invitare nel campo, proprio al centro dell'attenzione, ma non fece in tempo a obiettare che lei ce l'aveva già, una Firebolt, perché un tizio corpulento e zoppicante giunse a ribaltare ancora una volta la situazione.
Elizabeth lo ascoltò allibita, capendo molto poco, certo, ma comunque abbastanza da sentire l'irritazione montare come una marea.
No, ma sul serio?
Ecco spiegata l'amicizia tra Bartold Cooper e Karin Morgan: stessa testa, chiaro.
Loro non erano gli arbitri, certo, loro erano le
missionarie. Elizabeth scacciò dalla propria mente l'immagine di barbuti colonizzatori in tonaca e soffocò a stento l'istinto di far ingoiare al nuovo arrivato il sigaro puzzolente puntato in faccia a lei e, quel che era peggio, a Leah, come se non si vedesse quanto era giovane.
Si trattenne, quindi, dal prendere a sberle il balbettante Bartold, aiutata in questo dalla sigla di "Police Academy" che la distrasse risuonandole nella testa in stereofonia a sentir nominare la fantomatica
pattuglia.
Pochi secondi dell'ennesimo dialogo incomprensibile per le due streghe, poi l'energumeno si avviò sgomitando verso chissà dove, senza nemmeno controllare di essere seguito, mentre Bartold si scusava. "Oh Bartold", avrebbe volentieri risposto Elizabeth, "dopo tutto questo casino, sai, non è che abbia una gran voglia di rivederti". Invece, mugugnò un frettoloso «Sì, grazie, ok.» prima di posare una mano leggera sulla spalla di Leah, in un muto invito a seguire il matto numero tre. Quando lo raggiunsero, la strega stabilì che, visti i suoi pittoreschi modi, quell'Alastor non si sarebbe certo offeso se anche lei avesse definitivamente gettato alle ortiche le buone maniere. «No,» sbottò quindi acida, «il vecchio rimbambito non ci ha detto un dannato niente». Rivolse un sorriso di scuse a Leah, ma continuò imperterrita: «In effetti, di tutti i rimbambiti con cui abbiamo avuto a che fare finora,
nessuno ci ha ancora detto un dannato niente». Lo sapeva, certo che lo sapeva, che era poco furbo e molto poco professionale parlare in quel modo, ma cominciava davvero a perdere le staffe e il filtro tra cervello e bocca non funzionava più a dovere. «Quindi spero che lei almeno sia un rimbambito un po' più loquace.» concluse piantando l'ultimo chiodo sulla bara della buona educazione.
Solo allora, come se la rabbia avesse fatto da catalizzatore al lavorio della sua mente rendendolo più efficace, ricordò un dettaglio, un nome che aveva prontamente memorizzato dalla lettera del signor Morgan, un nome che aveva poi accantonato, distratta dal susseguirsi degli avvenimenti, un nome che non era Bartold né Alastor. Si diede mentalmente della stupida: se l'avesse ricordato prima, se l'avesse detto al momento giusto, forse il malinteso sarebbe stato chiarito sul nascere. «Io so solo che avremmo dovuto incontrare un certo Tedeus Hotter.» aggiunse ad alta voce, sperando assurdamente e, forse, ingenuamente che quel nome avrebbe sistemato tutto.
Certo, con la fortuna che avevano avuto fino a quel momento, come minimo sarebbe stato un altro rimbambito.


SCHEDA (x) Elizabeth Mary Ashton
PS: 169 PC: 115 PM: 115 PE: 24,5




Eh, niente, scusate, ma il caratteraccio di Elizabeth non è un segreto e farla rimanere tranquilla un secondo di più sarebbe stato del tutto OOC :fru:
Anyway, amo scrivere di quando perde le staffe, quindi grazie Master per avermene dato l'opportunità *_*

Il giudizio poco generoso sugli Omniocoli non è campato in aria, ma basato - magari calcando un po' la mano, ecco - su come la Rowling descrive la prima esperienza di Harry con uno di essi, all'inizio del quarto libro.

Plus, ci tengo a precisare che ho utilizzato il titolo inglese, "Police Academy", per rispetto della lingua madre di Elizabeth, ma ovviamente è alla sigla di Cristina D'Avena che stavo pensando :music:
 
Top
Leah‚
view post Posted on 8/10/2018, 16:26




Qualunque cosa stesse succedendo prima di entrare nella bolla, era scomparasa dalla mente di Leah nel tempo di un "puf" quando si ritrovò in mezzo alla folla vociante dei tifosi. I colori, i cori, il fumo colorato e le sciarpe e gli striscioni svolazzanti la riempivano di un'adrenalina superata solo dall'emozione di un palcoscenico. Sempre di spettacolo si trattava, no?
Leah si guardava intorno con gli occhi spalancati, godendosi la vista e l'eccitazione della gente che la circondava, che la attorniava e che a volte arrivava quasi a spintonarla, tanto era la fretta di andare dove stava andando. Essere arrivata lì in quel modo era solo una piccola nota positiva in più, perchè poteva godersi il tutto senza la violenta nausea che le provocavano le Passaporte. Era tutto così vivo e vivace!
Aveva a malapena registrato i nomi delle squadre, c'erano dei Chudley di sicuro, mentre gli altri erano i qualcosarossi della Cornovaglia... ma poco importava. Il giovane che le aveva accompagnate era lì con loro e parlava con Elizabeth, la sua voce a malapena udibile sopra il chiasso della folla. Le guidò su una pedana sopraelevata da cui si godeva una vista niente male della ruota panoramica di Londra.

"Ah, ma allora siamo ancora qui," pensò Leah, piacevolmente colpita da quella scoperta.
Fu un po' meno piacevolmente colpita dalla scoperta successiva, cioè che sarebbe rimasta coi piedi per terra ad arbitrare una partita che qualcun altro avrebbe giocato. Un mezzo broncio si fece strada sulla sua faccia, diventando un broncio intero quando scoprì che Elizabeth avrebbe potuto per lo meno cavalcare una scopa. Che gusto c'era a seguire una partita se non potevi nè giocare nè fare il tifo? Avrebbe dovuto essere imparziale! Lo sarebbe stata, questo era poco ma sicuro - era troppo onesta per non farlo - ma non ci sarebbe stato nessun divertimento.
In quell'istante un ciccione in abito di tweed, che fumava più della Scopalinda difettosa della scuola, si presentò davanti a loro con un linguaggio inadatto a delle damigelle ma del tutto consono al resto della sua figura.
Leah lo ascoltò parlare senza dire niente, consapevole che qualsiasi cosa fosse una missionaria, sarebbe stato meglio di un arbitro a piedi. Quando l'uomo si avviò tra la folla ed Elizabeth si premurò di posarle una mano sulla spalla per non perderla, Leah ringraziò quel pensiero gentile. Tra la sua statura, quella dell'uomo che non era poi tanto maggiore e le mille attrattive di quel posto (era profumo di tortino alla zucca e zenzero, quello che sentiva?) non sarebbe stato facile arrivare dove le stava portando. Non che Leah ci avesse capito qualcosa, chiaramente... era però molto, molto curiosa di scoprirlo. Sperava solo che, qualunque cosa fosse, coinvolgesse una scopa. O per lo meno un po' di tifo.



Riservata e vitale, il tempo è capitale
testarda quanto vale, di Tassorosso sii strale!

« Leah Rose Elliott; Tassorosso; Scheda »
 
Top
view post Posted on 19/11/2018, 07:43
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Sono della Pattuglia, aveva detto.
Sono le Missionarie di Morgan, quella la specifica ultima.
E in un caso o nell'altro, non una delle due spiegazioni era stata abbastanza nitida per i pochi superstiti lì nei dintorni; se Elizabeth sembrava essere sul punto di perdere le staffe da un momento all'altro, la calma considerazione di Leah andava a sfumare in un crescendo caotico, ma non del tutto disastroso, l'intera vicenda in cui entrambe si erano ritrovate forse involontariamente invischiate. Alla cima di ogni diverbio, di ogni probabile incomprensione, svettava il volto sornione e dall'espressione paterna - di gran lunga rimbambita, bisognava ammetterlo - di Morgan, il buon vecchio Morgan. Al ritorno, se fosse stato possibile per davvero, qualcosa suggeriva che il datore di lavoro non l'avrebbe passata tanto liscia: era tempo che la sua impressionante mancanza di concentrazione trovasse una soluzione di qualsiasi genere. Quando il commento sferzante della Strega colse Alastor impreparato, per un attimo il gigante buono si fermò, perso tra la folla in visibilio per la partita imminente. Si volse di scatto con un'espressione indecifrabile, tra il divertito e il contrito, mentre la fronte corrugata andava ad unirsi ad un cipiglio a tratti minaccioso, a tratti anche leggermente ironico. Scoppiò a ridere come un ossesso, le mani portate sul panciotto dai bottoni sofferenti, la bocca aperta a più non posso, mentre il sigaro lasciava cadere qui e là mozziconi di cenere e brandelli di fumo a dismisura. Per fortuna nella confusione del momento, anche quella scena non aveva nulla di fuori dall'ordinario. Alastor si calmò, le lacrime ancora ai margini degli occhi, il volto paonazzo e ormai rosso come un peperone, schizzando una pacca sull'avambraccio della donna come un omaccione del tutto fraterno. «Tu mi piaci, ragazzaccia.» Commentò così, rapidamente, e per un attimo - mentre si voltava per riprendere la strada interrotta - parve sentirsi indistintamente nell'aria qualcosa che suonava molto come *stronzetta al punto giusto, brava brava*, con una nota di palese apprezzamento a coadiuvare il tutto. Facendosi largo tra la folla, fra un tifo sempre più stressante, persone vicine e corpi gli uni ammassati agli altri, invece di salire sugli spalti come tutti gli altri spettatori in cerca dei loro posti, il gruppetto sembrava procedere in direzione opposta, scendendo per l'ennesima volta. Riuscirono a ritrovarsi alla fine direttamente alle transenne, là dove un agente dell'Antimago li scrutava con fin troppa insistenza. Alastor gettò via il mozzicone di sigaro ormai consumato e con voce rauca fu al tizio che si rivolse, avanzando di altri pochi passi per accorciare la distanza ultima.
«'Che ti guardi, oggi la Ciambella non ha la Glassa.» Parve dire quelle esatte parole, attirando sguardi truci, di puro disagio, da parte di tutti i vicini ascoltatori, passanti inclusi, con ogni probabilità le stesse Elizabeth e Leah. Ma l'Agente non batté ciglio, si limitò al contrario ad offrire tre biglietti, ancora una volta. Erano tutti interamente bianchi, nessun segno, nessun simbolo, soltanto una superficie di pura carta pergamenata. Alastor invitò le Streghe a recuperarli e bastò un solo leggero contatto per attivare la magia di cui quegli stessi ticket erano intrisi: scomparvero in uno svolazzo leggero, in un turbinio di colori, e si ritrovarono in un corridoio spento, fiocamente illuminato, là dove altri suoni di folla e di tribune in festa ancora si sentivano, ma leggermente attutiti. Alastor riprese a camminare in quello che parve essere un vero e proprio tunnel e più procedeva, più si percepiva una luminosità crescente, in avvicinamento ultimo. «Quel rimbambito non vi ha detto nulla, che diamine.» Riprese il discorso, in una ripetizione di epiteti che non ammetteva dubbi circa chi si stesse riferendo. «La Pattuglia è un codice segreto che il bacucco ha inventato tempo fa, al suo interno si divide in Missionari e Missionarie. Sono, vediamo un po', agenti scelti... E di solito sono o solo donne o solo uomini, per diversi fattori. Sono persone che c'hanno fiducia, c'hanno la fiducia di Morgan, capite? E il disgraziato se ne intende di Quidditch più di tutti noi, non di gioco o di partita, niente arbitro e via così. Ne capisce di manici di scopa, di utensili, di tutto l'ambaradan che si utilizza per giocare. Per queste cose è sempre stato sveglio, il rimbambito.» Entrò in una sala ampia e circolare, descritta banalmente da una scrivania e una parete interamente in legno. Un Elfo Domestico fece un inchino alle due Streghe e ad Alastor, senza spiccicare parole, e con un battito di mani attivò la magia della camera: la parete mutò dal legno al vetro e offrì una visuale d'insieme perfetta sul campo di gioco all'esterno. Dov'erano finiti, come potessero vedere quelle figure così vicine, quasi zoommate per davvero, era un mistero non ancora svelato. «Capita di rado, ma capita, che nelle partite ci siano scope o oggetti manomessi, spesso maledetti, incantati, c'hanno dei sortilegi sopra che creano un mucchio di casini. Ci arrivano soffiate di continuo e Morgan ci aiuta nel riconoscere il problema alla base, il danno e i difetti in gioco, così possiamo andare là fuori, fermarli ed evitare che un giocatore si rompa le ossa del capo.» Era stato frettoloso, ma diretto. Inarcò le sopracciglia, indicando le ragazze. «Il vostro compito, come Missionarie, è quello di smascherare il difetto di costruzione - una scopa, un Bolide, il Boccino, gli anelli in campo, anche la Pluffa - prima che sia troppo tardi. Le Missionarie sono persone che conoscono meglio i dettagli di costruzione e di fabbricazione, non solo giocatori di Quidditch, ma esperti di quello che rende il gioco possibile, di tutto l'armamento che lo costituisce. Come lavoratrici del negozio di Quidditch a Diagon Alley dovreste saperne qualcosa, quindi quello che vi chiedo oggi ed ora, ed anche in fretta se possibile, è di scoprire se qualcosa non va. La parete è incantata, se ci premete contro vi mostra il giocatore da vicino, fin nei dettagli, a distanza super ravvicinata, senza che se ne accorga nessuno. Ora sono in allenamento, in riscaldamento, ma fra dieci minuti iniziano. La soffiata dice che qualcosa si stato manomesso.» Si ritrovò a sospirare con fastidioso rumore, sedendosi su una poltrona libera, mentre l'Elfo portava un altro sigaro già acceso. In una boccata di fumo, Alastor si mise finalmente comodo. «Scopritelo.» Un comando diretto, che accompagnò con la mano ad indicare la parete incantata: i giocatori volavano come figure tranquille nel cielo, nessuna presaga di poter cadere, forse, da un momento all'altro.


Elizabeth, hai il mio amore incondizionato, sentiti libera di continuare con ogni libertà :* Bene, ragazze, ci siamo: il compito dovrebbe essere chiaro, via all'analisi. Prossima scadenza: 26 Novembre incluso.
 
Web  Top
view post Posted on 13/12/2018, 00:51
Avatar

Group:
Negoziante
Posts:
441

Status:


Prima ancora che la mente di Elizabeth registrasse la poderosa pacca di apprezzamento assestatale da Alastor, il suo fisico allenato aveva già spostato in avanti e di lato il piede destro e piegato leggermente le ginocchia, così da assorbire il colpo e evitarle di stamparsi di faccia sul selciato. Quando poi, una manciata di secondi dopo, anche l'intelletto realizzò l'accaduto, la strega lanciò un'occhiata di fuoco all'omaccione, il quale dal canto suo le dava le spalle, beatamente ignaro, e borbottava qualcosa su cui lei preferì non soffermarsi.
Seguirono l'improbabile guida sempre più in basso, verso i margini dell'assembramento e, dopo molte occhiate rapite e esclamazioni estasiate da parte di Leah e altrettante imprecazioni e spallate da parte di Elizabeth, arrivarono finalmente alle transenne che delimitavano lo spazio riservato al pubblico. Proprio davanti a loro, un Antimago li fissava con l'espressione di chi, trovandosi per le mani un minimo di potere, non vede l'ora di usarlo su qualcuno. Il già debilitato umore di Elizabeth non resse e la strega, dimentica di stare lavorando e di essere con la propria collega minorenne, aveva già sulle labbra un sentito "Che cazzo ti guardi, piedipiatti?"quando fu inaspettatamente preceduta da Alastor.
Ecco, in verità il mago fu di gran lunga più cortese di quanto sarebbe stata lei, ma del resto non era mai stato nella stanza interrogatori del Ministero, lui.
Certo che un po' di turpiloquio in più e qualche strano codice in meno avrebbe reso tutto più semplice.
La ciambella senza glassa.
Se era una parola d'ordine, Elizabeth era pronta a scommettere che l'avesse inventata Morgan.


Meno di un minuto dopo, camminavano spediti in un tunnel male illuminato e Alastor, in un susseguirsi di epiteti che esprimevano più di qualche dubbio sulle facoltà mentali di Morgan, si decise finalmente a illustrare il compito per cui erano state mandate.
Alle parole "agenti scelti" Elizabeth trasalì e si fermò in mezzo al corridoio: diamine, lei non voleva fare lo sbirro.
C'era di buono che, se l'aveva scelta per un ruolo del genere, evidentemente Morgan non aveva sospetto alcuno di quanto la fedina della nuova assunta fosse poco pulita, ma rimaneva il fatto che
lei non voleva fare il dannato sbirro!
Accelerò il passo per raggiungere Alastor e Leah, mentre passava in rassegna tutte le possibili scuse per tirarsi fuori da quella situazione. Poteva fingere un'emergenza, un malore... Oh, perché aveva perso l'abitudine di portare sempre con sé qualche dolcetto dei Weasley?
Era quasi sul punto di lasciarsi cadere a terra e inscenare uno svenimento quando le successive parole del mago risolsero il problema: "il vostro compito è quello di smascherare il difetto di costruzione".
Smascherare il difetto di costruzione.
Erano periti tecnici, altro che agenti! Con un sospiro di sollievo e diverse maledizioni, silenziose ma colorite, ad Alastor e alle sue scelte lessicali, si avvicinò alla parete incantata. Il suo funzionamento era semplice, intuitivo, ma Elizabeth finse di testarlo per qualche decina di secondi, prendendosi così il tempo di riprendersi dal turbamento appena provato.
Appoggiò la custodia, che ancora portava sulle spalle, in un angolo per essere libera nei movimenti e si posizionò, decisa e concentrata, accanto a Leah.
Rimaneva davvero poco tempo prima dell'inizio della partita e non era certa che sarebbe bastato per trovare l'oggetto manomesso, ma avrebbero fatto del proprio meglio.
L'analisi poteva iniziare.



I primi cinque minuti Elizabeth li dedicò all'osservazione dei giocatori e del loro equipaggiamento, prendendoli in considerazione uno per volta grazie all'ingrandimento. Di ciascuno, analizzava innanzitutto i movimenti e le espressioni del viso, per sincerarsi che non fossero Confusi e per cogliere un'eventuale sorpresa per scarti involontari - e quindi probabilmente dovuti a manomissione - della scopa. Passava quindi alla scopa stessa: oltre a verificare la fluidità nel rispondere ai comandi, controllava minuziosamente per ogni modello la linea del manico, la presenza di eventuali scalfiture sul legno, le condizioni della saggina e della legatura. Infine, si dedicava all'equipaggiamento: gli occhiali dei Cercatori, se correttamente funzionanti, non dovevano appannarsi nemmeno minimamente; le mazze dei Battitori dovevano mantenere inalterato il proprio bilanciamento anche dopo colpi particolarmente violenti; i guanti di Cacciatori e Portieri dovevano mostrare una buona aderenza, la perdita della quale avrebbe inevitabilmente fatto scivolare la Pluffa tra le dita dello sfortunato giocatore.
Dai Portieri, che aveva tenuto per ultimi, la strega spostò la propria attenzione sugli anelli. Verificò che la loro altezza, il diametro e la distanza che li separava fossero regolamentari; che non si alzassero, abbassassero, spostassero di lato o restringessero, anche solo di pochi impercettibili centimetri, per evitare la palla; che non fossero occlusi da un qualche tipo di barriera magica.
Rimanevano solo le palle. Per un po', Elizabeth ne osservò i movimenti attraverso il campo senza avvalersi dell'opzione di ingrandimento della parete incantata, per avere una visione generale. Le pupille saettavano rapide mentre la strega seguiva una traiettoria dopo l'altra, in cerca di scarti o curve innaturali. Poi, analizzò ogni palla nel dettaglio.
Controllò che il Boccino non si allontanasse dal perimetro del campo, che rifuggisse allo stesso modo entrambi i Cercatori, che la sua velocità fosse a norma e che il battito delle ali fosse regolare.
Osservò come i Bolidi impattavano sulle mazze - o sui giocatori - e come cambiavano direzione quando colpiti, pronta a riconoscere eventuali anomalie del materiale, del peso o della resistenza agli urti.
Della Pluffa, infine, analizzò la regolarità e la simmetria dei lati concavi, fondamentali per la specifica aereodinamicità di quel tipo di palla, e controllò anche in questo caso che non apparisse troppo pesante o troppo leggera rispetto alla norma.


SCHEDA (x) Elizabeth Mary Ashton
PS: 169 PC: 115 PM: 115 PE: 24,5



Oh, alla prossima apparizione di rappresentanti delle (o riferimenti alle) forze dell'ordine la bimba mi sbrocca, io ve lo dico!

Spero di aver compreso correttamente il compito e di non risultare troppo superficiale: ho cercato di essere stringata, essendo un post sostanzialmente privo di dialoghi e azioni dinamiche, per non spingere il Master al suicidio a metà lettura.

Also, scusate l'attesa :fru:
 
Top
Leah‚
view post Posted on 20/12/2018, 22:27




Quando arrivarono nella grande sala, Leah si incupì nuovamente. Per tutti i troll, era possibile che quella missione era partita con il cielo azzurro e il Quidditch ed era finita in una stanza polverosa? Incrociò le braccia sul petto, guardandosi intorno con aria imbronciata e seguendo solo a metà la spiegazione che Alastor stava facendo loro. Proprio mentre stava per aprire bocca e lamentarsi del fatto che preferiva vedere la partita che stare ad ammuffire al chiuso l'intera parete di legno si trasformò in un pannello di vetro, offrendole una vista meravigliosa sul capo da gioco.
- Oh uao!- Esclamò, sinceramente ammirata, facendo un passo avanti verso lo schermo.
Era incantata da quanto fossero vicini i giocatori, poteva quasi vedere le cuciture sulle loro divise ancora immacolate. Fu tentata di appoggiare una mano sul vetro ma temeva di spezzare l'incantesimo.
Con un orecchio prestò attenzione ad Alastor per capire perché erano lì, e comprese per sommi capi la cosa. Praticamente doveva controllare che fosse tutto regolare nelle attrezzature.
Leah non si riteneva una così grande intenditrice dell'argomento. Okay, lavorava da tempo al negozio degli articoli di Quidditch, ma non era frequentato all'inverosimile, soprattutto nei periodi in cui il Campionato era fermo. Avrebbe saputo riconoscere qualcosa di contraffatto? Temeva di no, soprattutto con solo la vista. Avrebbe forse riconosciuto una pluffa non regolamentare maneggiandola, o una scopa tentando di sollevarla (potevano essere incredibilmente pesanti, per essere un oggetto volante)... ma solo a guardarli?
Con la coda dell'occhio vide Elizabeth avvicinarsi a lei e iniziare a scrutare il campo e i giocatori con occhio clinico e concentrato. Da quando era arrivata al negozio Leah aveva potuto apprezzarne l'entusiasmo e anche la competenza, non aveva dubbi che avrebbe potuto notare qualcosa di strano, se ci fosse stato. La imitò nell'usare la parete incantata per guardare più da vicino i giocatori.
Iniziò dai loro visi, cercando di scrutare nei loro sguardi e nei loro atteggiamenti qualcosa di strano, di sospetto. Di colpito o di colpevole, qualcosa che avrebbe potuto insospettirla. Un giocatore che si guardava intorno circospetto, magari, oppure uno che non sembrava bene cosa fare. Iniziò a guardare l'attrezzatura dei Battitori perché era quella che conosceva meglio. Osservando i movimenti dei giocatori cercò di capire se le Mazze erano regolamentari per peso e dimensioni - certo, era difficile visto che non sapeva di preciso quanto forti fossero i Battitori che le maneggiavano - e anche che il materiale di cui fossero fatte fosse regolare. E che non fossero incantate per muoversi come pareva a loro, soprattutto. Maneggiare una Mazza non era facile, quindi poteva essere sicuramente un elemento da valutare. Guardò meglio anche i bolidi, ingrandendo il più possibile per controllare che fossero a posto per peso, struttura e "ribellione".
Passò a controllare poi il resto dell'attrezzatura, consapevole di non conoscerla altrettanto bene. Strinse i denti, ammettendo con sé stessa di non sentirsi troppo all'altezza di quel compito.
Ciononostante tenne duro, cercando di moltiplicare la concentrazione. Cercò stranezze o difetti soprattutto nelle scope, che erano la cosa che al negozio vendeva e maneggiava più spesso. Osservò la forma delle loro code e dei manici, cercando di confrontarli mentalmente con quelli che osservava tutti i giorni al negozio. Potevano essere manomessi per aumentarne la velocità o la resistenza ai colpi, per esempio.
Il boccino e la Pluffa li aveva visti solamente durante le partite, era difficile individuare delle stranezze... si concentrò ugualmente, in modo da cogliere qualche imprecisione nei loro movimenti o nella loro forma. Si dedicò infine a scorrere uno ad uno tutti i giocatori di entrambe le squadre, allenatori e riserve compresi, per cercare di individuare nelle loro attrezzature qualcosa di strano. In particolare tornò a soffermarsi sui loro occhi, sui visi e sugli sguardi, alla ricerca di qualcosa di sospetto. Fece anche un rapido giro di campo, tenendosi prima lontana e poi più vicina, per controllare che fosse tutto a posto anche lì. Si fermò un momento, cercando di riflettere su qualcosa che poteva avere dimenticato. Tornò sui giocatori, osservando meglio le loro divise alla ricerca di qualcosa di strano, magari una bacchetta che spuntava da una tasca, troppo a portata di mano per chi doveva usare le sue per tenersi alla scopa e gestire una palla.



Riservata e vitale, il tempo è capitale
testarda quanto vale, di Tassorosso sii strale!

« Leah Rose Elliott; Tassorosso; Scheda »
 
Top
view post Posted on 18/1/2019, 12:23
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Prima ancora che entrambe fossero entrate nel vivo dell'analisi, Alastor si disse pronto ad abbandonare la scena; aveva imparato da tempo che la sua presenza, in simili circostanze, di gran lunga avrebbe potuto infastidire il lavoro di chi lo circondava. E se le Missionarie di Morgan avessero necessitato il suo aiuto, di sicuro avrebbero scovato uno e più modi per mettersi nuovamente in contatto con lui, almeno credeva. Un cenno di saluto, quindi, fu tutto ciò che rivolse loro, quasi incerto di essere stato poi veramente ascoltato. Anche l'Elfo Domestico poco distante comprese di aver concluso ogni dovere, per quel momento, e sfiorando appena la manica del buon padrone, in un borbottio curioso dell'altro e in un apprezzamento velato che lo stesso Mago aveva continuato a fare alle due ragazze, finalmente si Smaterializzarono lontani. Un bop risuonò leggero tutto intorno e così come in principio, Elizabeth e Leah rimasero effettivamente isolate per bene. Non c'era pericolo, lo sapevano anche loro. L'uomo che avevano conosciuto, sebbene rozzo e di maniere forse esagerate, non era cattivo; la sua tempra, il suo carattere, perfino il suo aspetto lasciavano intendere quanto Alastor possedesse ad ogni buon conto un'anima gentile. Grezza a più non posso, senza alcun dubbio, e comunque gentile. Entrambe le Missionarie, titolo acciuffato di sfuggita anche inconsapevolmente, avrebbero poi tranquillamente potuto constatare che quella grotta non fosse eccessivamente protetta dalla magia: la Materializzazione funzionava, ad eccezione infatti di una coppia di Incanti Illusori e Trasfigurativi, nulla vietava al prossimo di entrarvi o uscirvi a piacimento. Non erano finite lì per una toccata e fuga, non di certo per una visita di circostanza. Non erano turiste, lo sapevano anche loro. Così la visione d'insieme si stagliava netta alla loro attenzione. Lo schermo si adagiava perfettamente ad ogni esigenza, all'uno e all'altro sguardo, e pian piano dettagli, ingrandimenti e via dicendo cominciavano a formare un quadro generale e a tutto fondo. La stessa Leah, forse meno esperta in quel campo, poiché più giovane e ancora alle prese con gli anni di formazione alla Scuola di Hogwarts, denotava tuttavia una concentrazione che le faceva onore. Al suo occhio vispo, infatti, non sfuggirono i giocatori in riscaldamento, i manici di scopa e le bacchette cercate invano, e se avesse continuato su quell'onda d'azione, allora i risultati non sarebbero stati affatto spenti. D'altro canto, Elizabeth sfidava le leggi di un'esperienza ben consolidata. Avrebbe potuto fare un giro di ricognizione dal vivo, in prima persona, scendendo in campo e interrompendo ogni allenamento iniziale per una vera e propria ispezione. Non era quello il senso dell'incontro, non quello il suo motivo; Alastor - così come Morgan - l'aveva scelta per un'altra valida ragione. L'indiscrezione era alla base della loro visita e della loro chiamata d'appello, così sarebbe stato fino alla fine. Quali leggi e conseguenze gestivano quella partita, quello sarebbe stato un altro paio di maniche. Ad un tratto, comunque, mentre l'analisi della Strega più grande riprendeva fin nei dettagli - passava da un punto all'altro, un falco non avrebbe saputo reggerle il confronto, ed era infinito incanto in quella maestria che tanto aveva affascinato il buon Morgan, fin dal principio - qualcosa finalmente stonò per un frangente soltanto; non erano i giocatori con le loro divise dai colori diversi, non le loro scope - dai modelli più ricchi a quelli più tradizionali -, non la Pluffa né i Bolidi già in gioco, tuttavia in arresto perpetuo da un paio di Maghi e loro incantesimi; a distanza ravvicinata, grazie allo schermo magico della grotta in cui erano capitate, Eliabeth per prima riuscì a scoprire un bagliore rossastro, ben più accentuato del normale, pari ad una barriera repentina: si inoltrava ad intervalli lunghi, quasi tre minuti l'uno dall'altro, al cerchio dell'anello più alto, di lato destro. Il Campo stesso era stato violato, l'anello di una squadra era manomesso apparentemente. Il bagliore brillò ancora, questa volta più rosso, e nessuno parve accorgersene per davvero. Rivestiva l'intera superficie dell'anello maggiore, oscurandolo per un attimo, fin quando ripristinava il colore di rame di sempre. Ma era troppo tardi. Alastor difficilmente sarebbe stato chiamato, anche tentare di fare il suo nome, a quel punto, sarebbe stato vano. Volatilizzato com'era, senza precisare dove, ogni possibilità di rivederlo per il momento sarebbe sfumata. Bisognava agire, in qualche modo. L'anello era un pericolo, il suo scintillio scarlatto aumentava a distanza ora sempre più irregolare, sempre più ravvicinata. Per tutta risposta, il fischio di inizio partita risuonò fin nella grotta. La Pluffa ormai in gioco, la competizione aveva dato il via alle danze.
Meraviglioso, meraviglioso!
Ottima analisi, ragazze. Elizabeth, hai scovato l'intoppo. Da questo momento ci avviamo alla fine effettiva (in ritardo, ma ci siamo). A voi la prossima mossa, per qualsiasi cosa scrivetemi pure.

Prossima scadenza: 26 Gennaio, 23.59
 
Web  Top
view post Posted on 24/1/2019, 01:28
Avatar

Group:
Negoziante
Posts:
441

Status:


«Dannazione.» sbottò Elizabeth. Si voltò, in cerca di Alastor, ma il mago era scomparso e con lui si era volatilizzato anche l'elfo domestico.
«Dannazione!» esclamò di nuovo, a voce più alta e con un tono più esasperato che preoccupato, mentre tornava alla parete. «Leah.» chiamò, certa che la ragazza l'avrebbe raggiunta senza esitare, e ingrandì l'immagine finché l'anello manomesso non occupò interamente la superficie a disposizione. A intervalli sempre più ravvicinati, un bagliore rosso attraversava tremolando l'apertura del cerchio, come percorrendo una barriera invisibile.
Elizabeth diede le spalle all'immagine e a Leah, lasciando che osservasse il fenomeno e traesse da sé la spiegazione che lei non aveva il tempo di darle, e impugnò la bacchetta per chiamare Alastor nell'unico modo che le fosse venuto in mente.
Il ricordo giusto, dato il contesto che la circondava, non fu difficile da trovare: la sua prima vera partita, Montrose Magpies contro Puddlemere United. Era l'estate dei suoi quindici anni ed era tornata a casa da sei settimane. I suoi non le rivolgevano quasi la parola e lei doveva studiare in garage, perché non sopportavano nemmeno la vista dei suoi libri di scuola. Ad angosciarla, però, era la paura che quei mesi di distanza l'avrebbero allontanata dai suoi amici, dalla sua nuova, bizzarra famiglia che la faceva sentire accettata come mai era stata prima. Quel mattino, con un lieve 'pop', Shedir era comparsa improvvisamente nella sua stanza e con i suoi modi spicci le aveva intimato di vestirsi e l'aveva portata allo stadio, dove gli altri le aspettavano. Elizabeth era tornata a casa dopo diciassette ore, ubriaca, senza voce e con un sorriso enorme che le era rimasto sulla faccia per giorni.
Il primo coro imparato a memoria, le prime scintille sparate dalla punta della bacchetta, la sua prima sciarpa, tesa sopra la testa a infradiciarsi di una pioggia incapace di frenare l'entusiasmo della curva.
Esaltazione.
Accettazione.
Affetto.
Dieci anni dopo, quell'emozione era viva come allora. Elizabeth levò la bacchetta e tracciò un semicerchio nell'aria, ruotando il polso in senso orario: «Expecto Patronum» scandì decisa. «Trova Alastor.» avrebbe quindi ordinato al proprio Patronus qualora l'incantesimo fosse riuscito. «Digli questo: l'anello centrale, lato destro, è stato manomesso, non c'è tempo da perdere, noi interveniamo.»


Riportò la propria attenzione su Leah: «Ti sei mai spostata con la Smaterializzazione Congiunta?» le chiese sbrigativa. Recuperò la custodia che aveva abbandonato in un angolo e la aprì, continuando a parlare: «Da qui non possiamo capire esattamente cosa sia quella roba, ma potrebbe essere pericolosa. Non possiamo aspettare Alastor, dobbiamo Smaterializzarci in campo subito. È una distanza breve, anche se non sei abituata non dovresti avere problemi.»
Estrasse dalla custodia la Firebolt e la posò al proprio fianco. «Ci Materializzerò accanto all'arbitro. Come dicevo, abbiamo fretta, quindi io andrò immediatamente a dare un'occhiata da vicino a quel dannato anello e per sicurezza manderò il portiere a farsi un giro. La partita purtroppo è iniziata, perché Merlino è un dannato sadico. Abbiamo bisogno di un time-out prima di subito e tu» lanciò un'occhiata alla collega più giovane per controllarne la reazione «dovresti parlare con l'arbitro a questo proposito. Non ho idea se sappia chi siamo e non so se ti darà retta. Vedi tu cosa dirgli, ma alla peggio lo mandi a raccogliere Radigorghe e ci pensi tu.» Tirò fuori dalla custodia il fischietto professionale e lo passò a Leah: «Suppongo tu sappia come fischiare un time-out. Usalo anche nel caso avessi problemi: interpreterò qualsiasi fischio non regolamentare come una chiamata e arriverò in un lampo.»
Tirò fuori dalla custodia anche i guanti, svuotandola così del tutto, e cominciò a indossarli. Si bloccò con il guanto sinistro infilato per metà, folgorata da un dubbio: «Leah, tu puoi usare la magia? Hai una dispensa speciale per il lavoro, o qualcosa del genere?» Si concesse cinque secondi netti di riflessione, poi finì di sistemare il guanto con un gesto secco: «Beh, non importa, se serve usala. La situazione è sufficientemente d'emergenza. E in ogni caso, mi assumerò io la piena responsabilità.»
Si sistemò la scopa sotto il braccio sinistro, per avere la mano libera: la appoggiò sulla spalla di Leah e la strinse in una presa salda. «Reggiti.» mormorò, accompagnando l'invito con un sorriso rassicurante. La mano destra impugnava la bacchetta.
Destinazione. Elizabeth visualizzò la porzione di prato dove intendeva Materializzarsi: sulla linea di metà campo, a cinque metri scarsi dalle tribune, tre passi di distanza dall'arbitro. Lo spazio era abbondantemente sufficiente, il terreno piano.
Determinazione. Estese la propria percezione fino ai confini del proprio corpo e ancora più in là, a comprendere Leah. La mente, specie quella di una Strega, può essere estremamente potente: nella coscienza di Elizabeth le due ragazze si trovavano
già al loro posto nel campo e non un solo capello, non un rametto di saggina in quell'immagine mentale era fuori posto.
Decisione. Nulla poteva penetrare la bolla di concentrazione in cui si era immersa, nulla poteva scalfire la sua fermezza nel perseguire lo scopo che si era prefissata. Nel giro di un istante sarebbero state dove
lei aveva deciso di stare e questo era quanto.
Senza alcuna esitazione, Elizabeth ruotò su se stessa, trascinando con sé Leah.


SCHEDA (x) Elizabeth Mary Ashton
PS: 169 PC: 115 PM: 115 PE: 24,5



In origine avevo pensato di descrivere anche le prime mosse di Elizabeth una volta arrivata all'anello, ma in effetti Patronus e Smaterializzazione sono già due azioni e proseguire avrebbe significato peccare di autoconclusività, quindi ho preferito fermarmi qui.

Il fatto che Leah acconsenta alla Smaterializzazione è concordato.

Nota linguistica: la Radigorga è una radice pressoché inutile e inutile è, presumibilmente, l'attività di raccoglierla. La frase, quindi, si può interpretare come un "mandalo a quel paese".
 
Top
view post Posted on 22/3/2019, 07:19
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Accadde tutto in brevissimo tempo.
La realizzazione di un ricordo felice, tra i più semplici e più belli in assoluto; la conseguente esplosione di un bagliore prima perlaceo, poi luminoso, infine accecante; la Creatura, guardiana e attenta all'occorrenza, già pronta a dirigersi chissà dove, sulla scia di un ordine, di un comando, perfino di un desiderio; e via, via ancora una volta, in una decisione che diveniva necessaria ed impellente insieme, che non ammetteva alcun giro di ricognizione, che non acquisiva replica né dubbio di sorta. La Materializzazione Congiunta fu la soluzione principale e sulla maestria - dettata forse anche dalla fretta del momento - di Elizabeth, tutto andò come di comune accordo. Una giravolta, un capogiro, la bacchetta stretta convulsamente tra le dita della mano, così sfumarono in tempre diverse - accese, calde, familiari - fino a sentirsi fagocitate su se stesse, in un limbo permanente anche solo per pochi istanti. Si ritrovarono al punto di loro interesse, una schiera di giocatori ben visibile, lì nell'aria del Campo di Quidditch. Andava fatto qualcosa, andava fatto anche il prima possibile. Mentre la partita imperversava con i suoi fischi, i suoi primi falli, le sue problematiche legate a strategia e punti d'azione e d'arresto, per la studentessa un percorso nuovo già si delineava all'immediato, per la Strega adulta, di pari passo, si incastonava una rivelazione ancor più grande; a conferma di quanto già in precedenza aveva avuto modo di scorgere, dalla grotta del vecchio Alastor, un ennesimo bagliore - uno scoppio rossastro - si espanse ad occhio e croce nei pressi dell'Anello più alto, a picco su tutti gli altri come a fare bella mostra su tutta la zona di gioco. Non andava bene, lo si vedeva. E lo si capiva a maggior ragione dall'incessante ronzio che a tratti, come un cicaleccio di voci, si percepiva. Ma gli spalti gremiti non si erano ancora allarmati, non più di tanto, perché il Cacciatore dei Folletti Cornorossi aveva appena commesso il peggior fallo del giorno, almeno per iniziare. A mezz'aria, il giocatore aveva ben pensato di rubare dalle mani del Battitore avversario la sua mazza da gioco, usandola per colpire la parte anteriore della Firebolt più vicina. Nella confusione crescente, nell'arbitro che segnava un rigore a loro sfavore, tutti gli occhi erano puntati verso quella zona. Tempismo perfetto, forse, per Elizabeth e Leah che apparvero all'unisono nell'aerea prefissata. Era questione di attimi, prima che le conseguenze divenissero troppo complicate, quasi irreversibili. Compito della Tassina era scovare l'arbitro - tuttavia impegnato in quel momento - per spiegare la faccenda, compito di Elizabeth era forse, nelle sue intenzioni, fare qualcosa di più immediata risoluzione? Di Alastor, purtroppo, non c'era ancora l'ombra, ma sarebbe arrivato, perlomeno quella la speranza più vivida. Il bagliore continuò, il ronzio pure; ad un tratto, parve che inglobasse l'anello intero, fino a scuoterlo alle fondamenta. Possibile che tutti, così distratti, non si fossero ancora accorti della macchia iridescente lì vicino? Come per conferma del sortilegio in atto, mentre la partita riprendeva, il Battitore Inglese - al quale era stata rubata la mazza da gioco poco prima - si ritrovò impossibilitato a controllare il suo manico di scopa. Come in panne, lo sguardo corrucciato, il grido di protesta a fior di labbra, fu letteralmente attirato da una forza maggiore all'indietro, verso il suo stesso Portiere. «Steve, cosa diavolo combini, la direzione è-»
«Lo so, dannazione, è che-» Strattonò invano la scopa, mentre aumentava la velocità in retromarcia, diretto stranamente verso gli anelli. «Questa dannata Firebolt è manomessa, io...» Il bagliore esplose di un rosso scottante, l'anello parve accendersi al pari di una calamita. Nello stesso istante, il Battitore fu attirato come una biglia di magnete esattamente contro l'Anello più alto, sulla scia delle urla disperate del Portiere lì presente.
Ci siamo quasi, ci siamo quasi! Leah ha saltato il turno, ma confermo che tutte le azioni siano andate a buon fine. Siete dove volevate essere, ma se Leah deve attirare e avvicinare l'arbitro il prima possibile, Elizabeth deve provvedere alla scena che si sta svolgendo - questione di attimi - prima che sia troppo tardi. L'impatto è immediato. Prossima scadenza: 29 Marzo, 23.59
 
Web  Top
Leah‚
view post Posted on 29/3/2019, 23:15




Leah sperò che Elizabeth non avesse notato la sua esitazione, quando si era trattato di Smaterializzarsi. Le Passaporte le mettevano una nausea tremenda e sperava che per la Smaterializzazione non sarebbe stato lo stesso. Anche perchè invecchiare viaggiando solo in Metropolvere non era una prospettiva poi così allettante.
Per fortuna - o magari grazie alla bravura di Elizabeth - ci fu un solo breve istante di smarrimento, mitigato dalla sensazione calda della mano della collega sulla spalla - e poi si ritrovarono sul campo da gioco. Leah barcollò appena, riprendendo immediatamente l'equilibrio. Niente giramenti di testa, niente stomaco capovolto, niente nausea, niente di niente! Un gran sorriso si allargò sul suo viso.
Improvvisamente si riscosse, rendendosi conto del motivo per cui era lì. Il chiasso che era abituata a vivere da protagonista la assordava, ma Leah si sforzò di rimanere concentrata. Elizabeth le aveva fatto notare la manomissione all'anello centrale e le aveva dato un compito ben preciso. Fermare la partita, con o senza la collaborazione dell'arbitro.
Mentre la collega si dedicava alla sua missione, Leah si guardò rapidamente intorno. Era senza scopa e probabilmente anche senza permesso di usare la magia. Sempre ammesso che avesse in mente un incantesimo utile, fra quelle quattro filastrocche che le avevano insegnato.

"Creatività, Leah Rose. È questa la risposta," pensò.
Si lambiccò il cervello alla ricerca di una buona idea, di una idea geniale a sufficienza da richiamare l'attenzione dell'arbitro affinchè si concludesse la partita.

"Una partita termina quando si acchiappa il Boccino," riflettè. Ma l'opzione di acchiappare il Boccino a mani nude era pura follia. Era negata sul campo e in sella a una scopa, figurarsi a piedi. E poi il Boccino poteva essere dovunque.
"Ci vorrebbe Oliver. Oppure Horus," pensò sospirando.
Anche l'arbitro era troppo lontano per poterla aiutare, intento a gestire un fallo. Leah si guardò rapidamente intorno, il più rapidamente possibile, vagliando le varie opzioni. Salire sugli spalti per farsi ascoltare dai tifosi sarebbe stato difficile... e in forza di cosa, poi? Aguzzò la vista per cercare di capire se c'era un tifoso in particolare a guidare i cori, ma temeva di perdere tempo prezioso.
Non riusciva a valutare la distanza che la separava dall'arbitro e neanche a che altezza si librava, quindi non sapeva se, raggiungendolo di corsa e urlando sarebbe riuscita a farsi ascoltare.
Dopo l'ennesimo giro di pensieri si rese conto di stare perdendo tempo. Tentò il tutto per tutto con una strategia che poteva essere geniale oppure idiota, in base ai risultati. Si guardò intorno cercando il giocatore più vicino a lei. Dalla sua piccola esperienza da giocatrice di Quidditch aveva appreso qualche strategia, come per esempio che c'era sempre qualcuno che volava più in basso degli altri, per riacciuffare la Pluffa se fosse caduta. Se avesse individuato un giocatore vicino l'avrebbe raggiunto di corsa e gli avrebbe chiesto se poteva farsi dare un "passaggio" sulla scopa fino all'arbitro. Avrebbe usato tutta la sua determinazione e convinzione per fargli capire che la partita era stata manomessa e che oltre al fair play c'era in ballo la sicurezza dei compagni. Se fosse stato il Capitano sarebbe stato ancora meglio, perchè avrebbe potuto chiamare direttamente il time-out... ma sperare in un Capitano Giocatore a bassa quota era veramente troppo.
Si preparò a scattare verso il giocatore più vicino per attirare la sua attenzione (aggrappandosi alla sua scopa o alla sua divisa, se necessario) e per mettere in atto il suo piano. Sperava che il malcapitato l'avrebbe ascoltata, perché altrimenti avrebbe dovuto farsi il campo da gioco a piedi, e a quel punto di fiato per urlare gliene sarebbe rimasto ben poco.

Riservata e vitale, il tempo è capitale
testarda quanto vale, di Tassorosso sii strale!

« Leah Rose Elliott; Tassorosso; Scheda »
 
Top
view post Posted on 5/4/2019, 00:50
Avatar

Group:
Negoziante
Posts:
441

Status:


Scusate, ero già in ritardo di mio e negli ultimi giorni ho avuto problemi in real che mi hanno impedito di rispondere prima - e che spero giustifichino la scrittura davvero pessima ToT. Ad ogni modo, eccomi qui :tifo:

Appena si furono materializzate sul campo, Elizabeth lasciò andare Leah con un «Buon fortuna» già distratto e senza esitare inforcò la Firebolt.
Con un'energica spinta dei piedi sul prato, si alzò in volo. Puntando con decisione verso l'estremità del campo occupata dall'anello maledetto, si appiattì sulla scopa per aumentare al massimo la propria velocità, i gomiti stretti al corpo, le gambe raccolte in modo da offrire all'aria la minor resistenza possibile, lo sguardo fisso davanti a sé.
Era ormai a metà strada quando lo vide: il battitore delle Micce di Chudley sfrecciava verso l'anello manomesso, che ormai quasi non si distingueva più tanto era avvolto dal rosso pulsante della magia.
Anzi, per meglio dire, la
scopa del battitore sfrecciava, irresistibilmente attratta da quel minaccioso bagliore, mentre il giocatore si agitava frenetico nel vano tentativo di riprendere il controllo.
Lo shock nel vedere la scena in corso fu tale che Elizabeth non fu nemmeno in grado di formulare un'imprecazione adeguata: soltanto un «No...» sconvolto lasciò in un sussurro le sue labbra. Si raddrizzò istintivamente, tirando a sé il manico della Firebolt che inchiodò con uno scossone.
Paralizzata, perse un paio di preziosi secondi prima di riscuotersi ed estrarre decisa la bacchetta.
Il battitore era ormai vicinissimo al proprio portiere, che dal canto suo non sembrava in grado di far altro che urlare in preda al panico.
Che fare? Un Arresto Momentum sembrava l'unica opzione attuabile e la strega aveva già la formula sulle labbra, quando un dubbio la bloccò: e se chi aveva stregato l'anello fosse stato più potente di lei? In tal caso, probabilmente, non sarebbe riuscita a spezzare l'attrazione esercitata dal misterioso bagliore sulla scopa.
Il battitore aveva ormai superato il portiere e soli pochi istanti lo separavano dall'impatto, che ormai appariva inevitabile.
Elizabeth deglutì a vuoto: non aveva il
tempo di fallire. Un tentativo, uno solo, era tutto ciò che le fosse concesso.
Se non poteva essere certa di riuscire a fermare la scopa, allora avrebbe agito sul giocatore: la soluzione si era infine palesata, di certo poco ortodossa, forse anche vagamente brutale, ma che importava di fronte alla necessità di salvare una vita?
Fu un attimo, una frazione di secondo. Elizabeth puntò la bacchetta sulla caviglia dell'uomo e scandì con voce alta e chiara: «Levicòrpus.»
Nel momento in cui il palesarsi del legame tra bacchetta e obiettivo le avesse confermato la riuscita dell'incanto, avrebbe seguito con precisione la traiettoria disegnata dal corpo del giocatore, bruscamente sollevato, capovolto e, così, separato dalla scopa impazzita. L'avrebbe quindi dolcemente indirizzato lontano dal pericoloso anello e da qualunque conseguenza l'impatto della scopa su di esso avesse avuto.
Sperava che il portiere si riprendesse abbastanza da soccorrere il compagno, accogliendolo sulla propria scopa e riportandolo a terra: in tal modo lei sarebbe stata libera di avvicinarsi ulteriormente all'anello e renderlo, in un modo o nell'altro, inoffensivo.


SCHEDA (x) Elizabeth Mary Ashton
PS: 169 PC: 115 PM: 115 PE: 24,5



Alla fine, Master, la mia domanda era del tutto inutile: ho realizzato che dopo aver castato un Levicorpus Elizabeth non può fisicamente muoversi, dovendo mantenere il contatto.
 
Top
view post Posted on 7/4/2019, 04:53
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Il Campo di Quidditch si divise improvvisamente: da un lato una ragazzina affaccendata, tra i pensieri la ferrea consapevolezza di non poter perdere tempo, di attirare l'attenzione dell'arbitro, del giocatore prossimo, di qualsiasi altra persona; dall'altro lato una Strega ben più esperta, in situazione perfino più drastica, con la chiarezza di essere stata scelta, lì e in quel momento, per un compito che mai avrebbe potuto considerare. Qualcuno - ad entrambe, Leah ed Elizabeth, senza distinzione - aveva mai sottolineato il pericolo eventuale di un semplice lavoro nel negozio di Quidditch di Diagon Alley? La compravendita, la manutenzione dei manici di scopa, di tanto in tanto qualche ordinazione e revisione degli ultimi modelli sul mercato, tutto quello rientrava nei doveri più nitidi, anche tra i più quotidiani in assoluto; divenire Missionarie di Morgan, o di chi per lui, poteva essere fuorviante, a tratti anche ironico, e tuttavia presente, reale, autentico. Perché in quella partita ormai in corso, non c'era nessun altro a prendere provvedimenti: la velocità giocava a sfavore, la prontezza dei riflessi invece era un vantaggio, e sulla scia dell'una e dell'altra, entrambe le giovani Streghe si attivarono alla meglio. Leah fu sfortunata, poiché soltanto un giocatore - un Cacciatore - volteggiava nei suoi paraggi, ma la sua ostinazione e la sua determinazione furono equivalenza perfetta di una sorprendente riuscita. La sua voce, i suoi movimenti, anche la sua folle idea appena nata, tutto le permise di inserirsi esattamente nel Campo da Quidditch, sotto gli occhi di una folla gremita e inizialmente stupefatta, poi confusa, infine palesemente arrabbiata. Tra gli schiamazzi e le grida di protesta del pubblico - «Via da lì, ragazzina della malora!» - e quelli ancor più furiosi del Cacciatore Inglese fermato alla rinfusa dalla sua vicinanza, la Tassina fu in grado di indicare il punto alle sue spalle, sulla sinistra, là dove il pericolo già si concretizzava maggiormente. Elizabeth, infatti, fu eccellente nella sua rapidità. La certezza di non poter agire troppo nello specifico, di non poter fermare completamente - e senza conseguenze - l'impatto del Battitore e dell'Anello manomesso dal sortilegio, pertanto, si stagliò netta tra i suoi pensieri. Un Incanto di Librazione nella sua variante più estesa, più infinitamente complessa, e il giocatore fu letteralmente sospinto altrove, come in contrasto tra due calamite vere e proprie. Ormai libero, disceso dalla Firebolt che stava cavalcando, Steve - quello il nome del giocatore - si affrettò a lasciare il Campo da gioco a piedi, dirigendosi verso una zona più sicura e con le mani in alto, a richiamare altrettanta attenzione. Perché non aveva idea di come fosse stato salvato e di chi lo avesse aiutato, ma era consapevole che alle sue spalle qualcosa di tragico fosse in atto.
ElAA7ca
L'intera struttura dell'Anello, infatti, parve compromettersi: alla mancata cattura del suo bottino, dello stesso giocatore, ad un tratto il bagliore rosso aumentò di intensità, di colore e di tempra, fino ad espandersi vertiginosamente. Iniziò prima con una scintilla, poi con un boato, infine si incendiò dalla punta più alta a quella più bassa. Rapidamente, prima che qualcuno potesse intervenire, il fuoco divampò al suolo, attecchì grazie all'erba dei dintorni, e subito dopo cominciò a danzare come una furia ormai libera dinnanzi una folla attonita, preoccupata, già allo sbaraglio. Il fischio dell'arbitro fu irrisorio, perché le due squadre si erano fermate, correvano via, chi in scopa e chi già verso terra, mentre il pubblico gridava d'orrore. L'aria divenne calda, anche troppo, ma già una schiera di Maghi stava contenendo il fuoco a suon di Incantesimi d'Ostacolo e d'Opposizione. Tuttavia, per Elizabeth fu chiara una cosa, dal punto più alto: l'Anello brillava ancora, tra le fiammelle che lo circondavano infatti si notava un bagliore più scuro, quasi violetto. La parte superiore dell'Anello stranamente era intatta, senza fuoco, poiché tutto lasciava intendere che quello - il punto viola - fosse l'origine del pericolo. Poteva fare qualcosa, Elizabeth, a suo rischio e pericolo? Il Campo stava bruciando e non c'era tempo.
Leah, al contrario, fu improvvisamente fagocitata dalla folla, e soltanto con uno spintone dopo l'altro fu letteralmente spostata avanti, indietro, infine in una zona più libera. Tutti correvano, tutti scappavano, ma in quella confusione si sentì un pianto di un bambino. Sugli spalti, là dove un lembo di fuoco stava per raggiungerlo dal basso in modo repentino, un bambino piangeva. Era da solo, non aveva nessuno. Stranamente, più lo intravedeva, più per Leah sembrava familiare. L'aveva già visto e stava per morire senza un intervento immediato.
Prossima scadenza: 16 Aprile, 23.59
 
Web  Top
Leah‚
view post Posted on 16/4/2019, 20:54




Le cose sul campo da Quidditch erano decisamente precipitate.
Leah sembrava essere riuscita ad attirare l'attenzione (e gli insulti), ma era durata solo cinque secondi, perchè un attimo dopo l'anello della porta era letteralmente - e magicamente - esploso. Un boato e una scia di fiamme che si allargava dal palo al prato, fino agli spalti. Il campo da Quidditch si era improvvisamente svuotato e nella folla che correva disordinata e nel panico Leah si ritrovò trascinata e confusa. Cercando di avanzare verso Elizabeth - l'unica che potesse darle un minimo di credibilità in quella situazione - si ritrovò a dare spallate a destra e a sinistra e a ricevere gomitate e spintoni senza meta. Ad un certo punto riuscì a districarsi tra le persone fino a ritagliarsi un piccolo spazio semivuoto verso gli spalti. Un'improvvisa ondata di calore rovente le fece realizzare di essere tornata vicino alle fiamme... e forse era quello il motivo per cui si riusciva a respirare un po' meglio. In lontananza Leah riusciva a vedere, tra l'aria resa liquida dal calore e il fumo, che c'erano maghi e streghe pronti a reagire con incantesimi e bacchette. Leah istintivamente infilò la mano nella tracolla alla ricerca della sua bacchetta, stringendo le dita attorno al legno.

"Chissà Elizabeth," pensò guardandosi intorno febbrilmente. Era una strega molto più adulta e in gamba di lei, di sicuro se la stava cavando. Però Leah non poteva nascondere il fatto che si sarebbe sentita più tranquilla se fosse stata con lei.
In quell'istante il pianto di un bambino attirò la sua attenzione. Leah alzò gli occhi cercando di capire da dove veniva nella confusione e nella folla che la circondava e lo notò. Era in alto, sopra di lei, ma le fiamme che si stavano allargando sul campo si stavano arrampicando lungo le gradinate ed erano particolarmente pericolose e minacciose. Non riusciva a distinguerlo bene, tra il calore, la confusione, il fumo e il fatto che singhiozzava con le mani sulla faccia... ma aveva qualcosa di familiare.
Leah scrollò appena il capo. Familiare o no, avrebbe dovuto agire al più presto: il bambino sembrava da solo e nella folla impanicata non sembrava ci fosse nessuno intento a cercarlo. Si guardò intorno, chiedendosi se sarebbe servito a qualcosa farlo notare a un adulto, ma decise che prima era più importante impedirgli di morire arrostito.
Si fece strada tra la folla cercando di avvicinarsi il più possibile alle fiamme nel punto in cui si propagavano lungo gli spalti. Il bambino sarebbe stato al di là delle fiamme, in alto sopra di lei, e Leah avrebbe dovuto usare tutta la sua voce per raggiungerlo.

"Ehi! Ehi, ragazzino!" gridò con tutta la voce che aveva. "Ehi! Ascoltami, andrà tutto bene! Stai calmo e vai più indietro!"
Si guardò intorno, chiedendosi dove fosse l'accesso agli spalti dal campo. Doveva esserci per forza. Le fiamme però rischiavano di essere troppo alte e di raggiungere il bambino prima che lei potesse trovare un accesso per raggiungerlo e portarlo in salvo.
Ripassò il più rapidamente possibile i pochi incantesimi che conosceva, diventando consapevole di non sapere nessun incanto adatto a spegnere un fuoco. Un anno ad Hogwarts e nessuna informazione per affrontare un problema così banale! La frustrazione rischiava di deconcentrarla, così Leah tese il braccio verso le fiamme, fissando le lingue di fuoco aggredire il legno sempre più alte e aggressive.
Le dita strette attorno al legno, la mente concentrata sulle fiamme, soprattutto sulle più alte che minacciavano il ragazzino indifeso. La motivazione a proteggere un essere umano era una delle cose che le dava più energia e coraggio: era sicura che anche quella volta l'avrebbe sostenuta.
Nella sua mente l'effetto dell'incantesimo si iniziò a delineare prima ancora di muovere il braccio: mosse la mano da sinistra a destra disegnando nell'aria un'onda. Un'onda come l'acqua che non sapeva evocare, ma che sperava avrebbe impregnato la terra che stava evocando per soffocare le fiamme. Continuò a fare ondeggiare la bacchetta, consapevole che più avrebbe prolungato il movimento, più in fretta si sarebbe solidificato il fango, domando - o almeno così sperava e immaginava e visualizzava - il fuoco. Mentre la sua mano si muoveva, la sua voce esclamò, con tutta la decisione e la convinzione di cui era capace:

- Lìmos! - accentando con cura la i.
Cercò di non fare diminuire la concentrazione nemmeno nel rumore, nemmeno se la folla le schiamazzava ancora vicino, nemmeno se le fiamme le imperlavano la fronte di sudore. Tutta la sua mente era focalizzata sul fango che sarebbe sgorgato dalla sua bacchetta per planare sulla parete e sulle fiamme. Sperava così di darsi il tempo necessario per salire sugli spalti e salvare il ragazzino.



Riservata e vitale, il tempo è capitale
testarda quanto vale, di Tassorosso sii strale!

« Leah Rose Elliott; Tassorosso; Scheda »
 
Top
view post Posted on 17/4/2019, 00:24
Avatar

Group:
Negoziante
Posts:
441

Status:


Regà, non ci crederete: il wifi mi ha lasciata a piedi a post praticamente finito.
Io così: :wut:
Vabbè, tutto è bene quel che finisce bene, se non altro ho imparato a usare il telefono come router.

Aveva fatto appena in tempo a riportare a terra il giocatore, quando un boato assordante la costrinse a riportare la propria attenzione sull'anello.
Elizabeth osservò attonita le fiamme avvolgere la struttura in un tempo innaturalmente breve e, complice l'erba secca del campo, avanzare fino a lambire gli spalti. Il pensiero corse a Leah: era lì sotto, da qualche parte, e se avesse avuto bisogno di aiuto lei non sarebbe mai riuscita a sentirla tra il rombo dell'incendio e le urla terrorizzate della folla. Si maledisse per aver deciso di separarsi dalla giovanissima collega, ma la situazione, ormai, era quella e la cosa più saggia per il bene di Leah e di tutti gli altri era porre fine alla terribile magia in atto il più in fretta possibile.
Nessun altro, oltre a lei, era ancora in volo e nessuno era così vicino all'anello: da quel punto privilegiato poteva vedero chiaramente, inspiegabilmente ancora integro, avvolto da un bagliore che spiccava, violaceo, in mezzo al rosso vivo delle fiamme.
Doveva raggiungerlo e fare qualcosa, qualsiasi cosa, prima che la situazione già tragica degenerasse ulteriormente.
Aveva ancora la bacchetta in mano e senza esitare la puntò contro il proprio sterno, scostando gli abiti in modo che la punta dello strumento fosse direttamente a contatto con la pelle. Si concesse di chiudere per qualche istante gli occhi, così da non vedere il fuoco, e pensò a un freddo intenso, al gelo dell'inverno in Scozia, quando Hogsmeade era ricoperta da una tale quantità di neve da essere indistinguibile se non a distanza ravvicinata.
Il fumo acre aveva ormai avvolto Elizabeth, che perciò, non fidandosi della propria voce, preferì pensare soltanto l'incantesimo, concentrandosi sulla parola magica fino a poterla quasi percepire sulla punta della lingua: *Glàcius*.
Riaprì gli occhi e un'occhiata allo scenario sottostante le mostrò che gli incanti scagliati da molti maghi e streghe per respingere le fiamme non stavano sortendo l'effetto sperato e che l'incendio ormai aveva invaso tutto il campo sottostante e gran parte degli spalti.
Nessuna opzione: non poteva sprecare tempo prezioso a sincerarsi che il proprio incantesimo fosse riuscito nel migliore dei modi, doveva raggiungere l'anello immediatamente. Senza pensarci due volte rinfonderò la bacchetta e, stringendo saldamente entrambe le mani attorno al manico, si chinò sulla scopa e partì in uno scatto. Ripiegò le gambe, per offrire all'aria incandescente la minor superficie possibile del proprio corpo, e si infilò tra due lingue di fuoco. Salda nella propria posizione raccolta, lo sguardo fisso davanti a sé, sfrecciava tra le fiamme, piegandosi repentinamente ora a destra e ora a sinistra per schivare le lunghe dita dell'incendio.
Dalla sua parte aveva la sicurezza derivata dall'esperienza: se a sedici anni poteva volare nella Foresta Proibita, tra i rami scuri che fitti si tendevano a ghermirla, non sarebbe certo stata qualche fiammella a fermarla.
Si spinse il più vicino possibile alla sommità dell'anello, dove pulsava quel bagliore violaceo, fulcro della tragedia in corso.
Si fermò.
Il problema era lo stesso che l'aveva bloccata solo una manciata di minuti prima: quanto, esattamente, era potente quel fuoco? Quante probabilità c'erano che lei non fosse abbastanza forte per fermarlo?
A differenza di quando si era trattato di salvare il Battitore, però, ora non c'erano alternative, o se c'erano lei non le conosceva.
Doveva agire. Per Leah. Per tutta la gente lì sotto.
Avrebbe incanalato nell'incantesimo tutta la propria energia, a costo di prosciugarsi, a costo di non avere, poi, le forze per mettersi in salvo lei stessa.
Il pensiero corse a Dewie. Chissà se aveva avuto paura, prima di morire. Doveva aver provato dolore, di certo, per Jules e per la sua bambina non ancora nata.
Per Elizabeth, se anche fosse andata male, sarebbe stato più semplice: del resto cos'aveva, lei, da perdere?
Levò la bacchetta, lo sguardo fisso sul bersaglio. Escluse tutto il resto, sorda a tutti i rumori attorno a lei, cieca a qualsiasi cosa non fosse l'ardente alone violaceo che attorniava la sommità dell'anello.
Mosse la bacchetta dall'alto verso il basso, senza mai distogliere occhi e mente dall'obiettivo, e contemporaneamente inspirò a fondo, come a voler concentrare in quel respiro, in quell'attimo, tutta l'energia magica di cui disponeva e legarla indissolubilmente al fuoco stregato che doveva spegnere. «Extinguo» esalò, concentrando in quel sussurro tutta la decisione del più feroce degli urli.


SCHEDA (x) Elizabeth Mary Ashton
PS: 169 PC: 115 PM: 115 PE: 24,5



Dal momento che anche il volo costituisce un'azione, ho volutamente omesso di descrivere in che condizioni Elizbeth arrivi all'anello: potrebbe essere illesa o potrebbe aver riportato ustioni più o meno gravi. Master, fai di lei ciò che vuoi, ma non rovinarle i tatuaggi!
Sì, io e Elizabeth abbiamo priorità chiare. Discutibili, forse, ma chiare!

Scusate il momento depressione, oggi andava così e, del resto, non sono passate che poche settimane dal molto poco sereno ritorno di Elizabeth.
 
Top
view post Posted on 29/4/2019, 05:42
Avatar

Il Fato

Group:
Master
Posts:
9,196

Status:


e9wMUM9
Non c'era più tempo da perdere: una constatazione ripetuta così tante volte da divenire ormai un vero e proprio mantra, una preoccupazione tanto tangibile da mutare nelle peggiori delle litanie. Non c'era più tempo. Lo sapevano tutti, dal primo all'ultimo spettatore di quella partita drasticamente interrotta. Nella confusione crescente, nelle grida, nella paura che fagocitava ogni istinto, ogni razionalità, si inoltrava come una serpe velenosa la consapevolezza di non poter fare molto, e tuttavia di dover in ogni caso almeno provarci. La coppia di Streghe non avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare di ritrovarsi in una situazione del genere: ad occhi chiusi, alla pace di una giornata solitaria di vendita al negozio di Quidditch, al tepore estivo che già avrebbe riscaldato dolcemente, cautamente la pelle, tutto quello sarebbe stato un ricordo, soltanto un ricordo. Spiacevole, piacevole, qualsiasi atteggiamento incluso, sarebbe stato tuttavia un ricordo lontano. Ma la certezza di uscirne illese, vive per davvero, tardava a palesarsi con altrettanta chiarezza. Non c'era spazio per manovre di pensiero, per riflessioni aggiuntive, per qualsiasi altra cosa a dispetto di un intervento immediato. Elizabeth, che di istinto era stata insignita fin dalla nascita, non poté quindi fare a meno di seguirne l'onda d'urto al costo della sua stessa sicurezza, così come della sua stessa vita. Il primo Incanto andò a fondo, in completa rassegnazione, e il calore cambiò in fretta in una scossa di freddo gelido: un brivido lungo tutta la schiena, ad alterare il corpo e la sua temperatura in eccesso, che tuttavia non sarebbe durato a lungo, non in quella particolare simile circostanza. Spinta contro il fuoco più ardente, il manico di scopa al suo comando fiducioso, la Strega riuscì effettivamente a raggiungere il punto da lei desiderato. Il giocatore era ormai lontano, tra squadre di Medimaghi all'occorrenza e di Anti-Mago giunti in soccorso all'appello gridato alla rinfusa, ma c'era un pericolo ben più complesso: l'Anello brillava sinistramente, pulsava dal rosso all'arancio e infine al porpora in modo così costante, e così feroce, da non dare adito a dubbi. Più si avvicinava, più Elizabeth percepiva blandamente l'effetto del proprio Glacius: come poteva una simile semplice protezione, in effetti, resistere al fuoco più invasivo di sempre? Non si trattava di un incendio soltanto, quella era stregoneria vera e propria. La fronte si imperlò di sudore, i vestiti si attaccarono convulsamente al corpo, e neanche il vento che percepiva tutto intorno nel suo volo scattante le risolse di sollievo. Il caldo impazzì sottopelle, fin quando le fiamme la raggiunsero. La scopa prese fuoco alla saggina, alla parte anteriore, e l'Extinguo nel frattempo colse a punto. L'Anello parve cambiare colore, sfumando su una tempra ben più scura, fin quando esplose, letteralmente, in mille schegge tutto intorno. Il fuoco si estinse all'improvviso, in un boato più feroce del previsto, e i ricordi di Elizabeth si rafforzarono al dolore fisico del momento. Lambita dalle fiamme lungo le gambe (-40 PS -20 PC -10 PM), precipitò al suolo alla consapevolezza di essere ormai su un manico di scopa compromesso dall'incendio; una scheggia dell'Anello centrale, nella distruzione concentrica, la colpì alla spalla destra, ferendola fin sotto i vestiti (-15 PS -10 PC). Al rosso, all'arancio, al fuoco si aggiunse il sangue, l'incarnato leso, la pelle ardente: fu recuperata da una schiera di Incantesimi lanciati all'impazzata, una pattuglia di Maghi l'aveva scovata in tempo, e Alastor impugnava la bacchetta lì davanti, primo tra tutti, con la fronte corrucciata e l'espressione di pura sofferenza, di paura estrema. Era estasi, quel dolore. Era l'estasi di aver salvato tutti loro. L'estasi della riuscita, prima ancora di qualsiasi altra sensazione. Una bolla energica, il freddo a spegnere ogni fiamma sul proprio corpo spezzato, i Medimaghi si affaccendavano come folli - le bacchette volavano, tra quei movimenti così gentili, in danza infinita, come artisti eccelsi - per salvarla completamente. «Maledetta...» La voce di Alastor come in lontananza, le grida pure.
«Maledetta Missionaria, hai salv-» Un battito di ciglia, la pace eterea. Chiuse gli occhi, Elizabeth Ashton, e si raccolse in un sonno forzato, al colpo di un Incanto Curativo che brillò un'ultima volta.

Uno schiocco di frusta risuonò nell'aria circostante, disperdendosi così velocemente in quel trambusto crescente da non poter essere più seguito attentamente; il fuoco sembrava essere sempre più domato, dall'Anello più distante del Campo di Quidditch si spegnevano fiamme, fuoco, pericoli in esclusiva, mentre le ultime forze d'assalto dell'incendio si disperdevano lungo gli spalti. Leah reagì in perfetta consapevolezza, l'istinto a farle da spalla fidata, mentre un lungo getto di fango, ancor più liquido di quanto previsto, riuscì ad imbattersi e contrastare l'ascesa delle fiamme contro l'ennesima vittima. Il bambino gridò di paura e tra le lacrime, coprendosi il volto con le braccia alzate, fu quasi certo di essere ormai vittima del fuoco in avanzata infinita. Quando si accorse della barriera che lo aveva protetto, abbassò convulsamente le mani e corse via, tra gli spalti, fino a scivolare a pochi metri di distanza. Quando si rialzò, fu così impaurito e confuso, da guardarsi attorno alla rinfusa. Il volto di Leah fu il primo che vide e con l'espressione confusa, impaurita e terrificante, spiccò un balzo verso di lei. Le strinse le gambe con tutta la forza che aveva, fino a tremare, e fu allora che la Tassina si accorse, dalla vicinanza del ragazzino, di come quell'impressione familiare di poco prima fosse tuttavia reale. Aveva infatti già incontrato quel bambino, poco prima di accedere al Campo da Quidditch, ed era lo stesso che aveva litigato con la madre perché sicuro di aver visto delle ombre in cielo, delle figure volanti, quegli stessi giocatori che avevano preso parte ad una partita compromessa fin dal principio. Come fosse riuscito ad entrare al Campo, protetto dalla magia, era un mistero, ma in un caso o nell'altro era per Leah un'altra complicata consapevolezza. Poco lontano, un grido spiccò ancor più forte delle fiamme in annullamento, e il bambino si distaccò dalle gambe di Leah per volgersi altrove, in quella direzione. Non vedeva tuttavia nulla, poiché basso. Trascorse così poco tempo, la rassicurazione all'occorrenza, prima che il padre del ragazzino - un Mago, a quanto pareva, a dispetto della moglie conosciuta dalla Tassina in precedenza - finalmente ritrovò il bambino. Si strinsero insieme, il ringraziamento a fior di labbra nei confronti della studentessa, e prima ancora che potesse spiegarsi, l'uno o l'altra, Leah sentì qualcuno afferrarle la mano. L'Elfo Domestico di Alastor era al suo fianco, lo sguardo impassibile, il capo basso. Il tempo di uno sguardo d'intesa, di confusione, e si Smaterializzarono via, repentinamente.

Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni, per l'una e per l'altra. Dirette entrambe al San Mungo, chi dalla pattuglia di Medimaghi, chi dall'Elfo del buon vecchio Alastor, entrambe le Streghe - sia Elizabeth, così profondamente ferita; sia Leah, ben più illesa ma non meno scossa - avrebbero raggiunto in quel modo l'Ospedale Magico. Le cure attendevano l'una e l'altra, ma la dimissione medica per la Tassina sarebbe stata ben più immediata. Avrebbero in ogni caso entrambe incontrato finalmente Alastor, lì con il proprio Elfo Domestico, pronto alle spiegazioni e ancor più ai ringraziamenti per il loro impegno, per il loro sacrificio, per quell'istinto che aveva quasi spinto alla fine l'una e l'altra. Missionarie di Morgan, aveva detto all'origine caotico del loro incontro. Streghe chiamate all'occorrenza da un vecchio saggio Mago, una pattuglia segreta, con una buona solida conoscenza delle dinamiche del Quidditch e ancor più dei meccanismi di strumenti del gioco stesso. Di gran lunga un ruolo pericoloso, ben più misterioso di quanto si potesse immaginare, alla ricerca di quelle azioni costanti, nelle varie competizioni, che ancora compromettevano illegalmente e meschinamente la gioia di uno sport di per sé tanto ambito quanto folle il più delle volte. La partita era stata manomessa, l'Anello era stato stregato, il furfante era stato acciuffato prima ancora che potesse lasciare il Campo: a quanto pareva, alla certezza di aver visto qualcuno - la stessa Elizabeth - interrompere il suo sortilegio all'Anello, aveva tentato di ripristinarne il potere e gli effetti, invano. Nella sua sciocca azione e nel suo tempismo indifeso, era stato così portato al Wizengamot e lì attendeva responso per le sue azioni. La stampa dietro l'angolo, a sua volta, cercava l'attenzione di prede da intervistare, ma Alastor prontamente avrebbe suggerito l'anonimato per Leah e per Elizabeth. Missionarie di Morgan, avrebbe ripetuto. Per entrambe, un rischio e un pericolo. Un'opportunità unica, poiché a tutti gli effetti erano state scelte. Dal datore di lavoro e dalla sua memoria ormai poco insistente, dalla loro conoscenza, dalla loro dimestichezza, forse dall'una e dall'altra cosa.
«Da oggi, se lo desiderate, entrerete a far parte della nostra schiera. Missionarie di Morgan, sembra una barzelletta, per la miseria.» Un ultimo commento, prima di lasciare il San Mungo a sua volta, pronto ad accompagnare Leah ad Hogwarts. «Quel rimbambito di Morgan ha ancora tanti segreti da svelarvi, ragazzacce. E tu, Lizzy-Lancia-Fuoco, rimettiti presto che st'altro rimbambito si è preso una cotta per te.» Al fianco del suo letto, la maglietta arancione e macchiata di fuliggine, bruciacchiata alle maniche, più scottato di quanto ricordato, Bartold Cooper - il ragazzo che avevano incontrato tutti loro in principio di quell'avventura - avrebbe atteso il risveglio di Elizabeth con un mazzo di rose rosse tra le mani. Una salvezza, un gesto eroico da parte della Strega. Una conquista, si aggiungeva al suo epilogo fortunato. «Tu, ragazzina, vieni che ti offro un hamburger di grasso di maiale, altro che rose rosse. Giovani d'oggi.» Riferitosi a Leah, in quel modo Alastor si sarebbe congedato da tutti. Al Medimago d'occorrenza avrebbe lasciato spazio per le cure di Elizabeth. Missionarie di Morgan, avrebbe ripetuto.
Una nuova storia, la loro storia.
Quasi assurdo, ma sicuramente vero: avete finito. Una conclusione perfetta, le vostre azioni folli - seriamente! - sono andate tutte in porto, con le dovute naturali conseguenze. Per riassumere: Elizabeth salva il Campo di Quidditch, blocca l'incendio fino a spezzarne il sortilegio dell'Anello centrale, ma nell'esplosione ci rimette le penne (tatuaggi al sicuro, promesso!) e perde i sensi mentre viene recuperata da Alastor e i Medimaghi; Leah salva il bambino, che riconosce come lo stesso che aveva già incontrato prima, e che finalmente ritrova il padre. A sua volta Leah viene recuperata dall'Elfo di Alastor e portata al San Mungo. Entrambe ricevete spiegazione da Alastor, ottenendo così un nuovo ruolo: da oggi, infatti, siete Missionarie di Morgan. Un ruolo di per sé segreto, ma che potrebbe avere risolvi futuri (attenzione), in ogni caso per Elizabeth occorre assolutamente un post di cura al San Mungo, per Leah è a scelta (puoi dare per scontato di essere stata lì e poi di ritorno ad Hogwarts, come narrato in questa sede, oppure scegliere di postare comunque al San Mungo con Elizabeth). Per entrambe dopo un anno e mezzo finisce l'avventura: ringrazio per la pazienza, per l'impegno e per l'avventura avvincente. Premio il vostro operato, il vostro straordinario role e le vostre azioni così dinamiche con rispettivamente:

Leah +1 EXP +1 PS + 10 Galeoni
Elizabeth +2 EXP +2 PS + 20 Galeoni

Per qualsiasi dubbio/domanda, sempre a disposizione.
Complimenti e buona avventura!
 
Web  Top
29 replies since 19/1/2018, 17:24   604 views
  Share