Non c'era più tempo da perdere: una constatazione ripetuta così tante volte da divenire ormai un vero e proprio mantra, una preoccupazione tanto tangibile da mutare nelle peggiori delle litanie. Non c'era più tempo. Lo sapevano tutti, dal primo all'ultimo spettatore di quella partita drasticamente interrotta. Nella confusione crescente, nelle grida, nella paura che fagocitava ogni istinto, ogni razionalità, si inoltrava come una serpe velenosa la consapevolezza di non poter fare molto, e tuttavia di dover in ogni caso almeno provarci. La coppia di Streghe non avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare di ritrovarsi in una situazione del genere: ad occhi chiusi, alla pace di una giornata solitaria di vendita al negozio di Quidditch, al tepore estivo che già avrebbe riscaldato dolcemente, cautamente la pelle, tutto quello sarebbe stato un ricordo, soltanto un ricordo. Spiacevole, piacevole, qualsiasi atteggiamento incluso, sarebbe stato tuttavia un ricordo lontano. Ma la certezza di uscirne illese, vive per davvero, tardava a palesarsi con altrettanta chiarezza. Non c'era spazio per manovre di pensiero, per riflessioni aggiuntive, per qualsiasi altra cosa a dispetto di un intervento immediato. Elizabeth, che di istinto era stata insignita fin dalla nascita, non poté quindi fare a meno di seguirne l'onda d'urto al costo della sua stessa sicurezza, così come della sua stessa vita. Il primo Incanto andò a fondo, in completa rassegnazione, e il calore cambiò in fretta in una scossa di freddo gelido: un brivido lungo tutta la schiena, ad alterare il corpo e la sua temperatura in eccesso, che tuttavia non sarebbe durato a lungo, non in quella particolare simile circostanza. Spinta contro il fuoco più ardente, il manico di scopa al suo comando fiducioso, la Strega riuscì effettivamente a raggiungere il punto da lei desiderato. Il giocatore era ormai lontano, tra squadre di Medimaghi all'occorrenza e di Anti-Mago giunti in soccorso all'appello gridato alla rinfusa, ma c'era un pericolo ben più complesso: l'Anello brillava sinistramente, pulsava dal rosso all'arancio e infine al porpora in modo così costante, e così feroce, da non dare adito a dubbi. Più si avvicinava, più Elizabeth percepiva blandamente l'effetto del proprio Glacius: come poteva una simile semplice protezione, in effetti, resistere al fuoco più invasivo di sempre? Non si trattava di un incendio soltanto, quella era stregoneria vera e propria. La fronte si imperlò di sudore, i vestiti si attaccarono convulsamente al corpo, e neanche il vento che percepiva tutto intorno nel suo volo scattante le risolse di sollievo. Il caldo impazzì sottopelle, fin quando le fiamme la raggiunsero. La scopa prese fuoco alla saggina, alla parte anteriore, e l'Extinguo nel frattempo colse a punto. L'Anello parve cambiare colore, sfumando su una tempra ben più scura, fin quando esplose, letteralmente, in mille schegge tutto intorno. Il fuoco si estinse all'improvviso, in un boato più feroce del previsto, e i ricordi di Elizabeth si rafforzarono al dolore fisico del momento. Lambita dalle fiamme lungo le gambe (
-40 PS -20 PC -10 PM), precipitò al suolo alla consapevolezza di essere ormai su un manico di scopa compromesso dall'incendio; una scheggia dell'Anello centrale, nella distruzione concentrica, la colpì alla spalla destra, ferendola fin sotto i vestiti (
-15 PS -10 PC). Al rosso, all'arancio, al fuoco si aggiunse il sangue, l'incarnato leso, la pelle ardente: fu recuperata da una schiera di Incantesimi lanciati all'impazzata, una pattuglia di Maghi l'aveva scovata in tempo, e Alastor impugnava la bacchetta lì davanti, primo tra tutti, con la fronte corrucciata e l'espressione di pura sofferenza, di paura estrema. Era estasi, quel dolore. Era l'estasi di aver salvato tutti loro. L'estasi della riuscita, prima ancora di qualsiasi altra sensazione. Una bolla energica, il freddo a spegnere ogni fiamma sul proprio corpo spezzato, i Medimaghi si affaccendavano come folli - le bacchette volavano, tra quei movimenti così gentili, in danza infinita, come artisti eccelsi - per salvarla completamente.
«Maledetta...» La voce di Alastor come in lontananza, le grida pure.
«Maledetta Missionaria, hai salv-» Un battito di ciglia, la pace eterea. Chiuse gli occhi, Elizabeth Ashton, e si raccolse in un sonno forzato, al colpo di un Incanto Curativo che brillò un'ultima volta.
Uno schiocco di frusta risuonò nell'aria circostante, disperdendosi così velocemente in quel trambusto crescente da non poter essere più seguito attentamente; il fuoco sembrava essere sempre più domato, dall'Anello più distante del Campo di Quidditch si spegnevano fiamme, fuoco, pericoli in esclusiva, mentre le ultime forze d'assalto dell'incendio si disperdevano lungo gli spalti. Leah reagì in perfetta consapevolezza, l'istinto a farle da spalla fidata, mentre un lungo getto di fango, ancor più liquido di quanto previsto, riuscì ad imbattersi e contrastare l'ascesa delle fiamme contro l'ennesima vittima. Il bambino gridò di paura e tra le lacrime, coprendosi il volto con le braccia alzate, fu quasi certo di essere ormai vittima del fuoco in avanzata infinita. Quando si accorse della barriera che lo aveva protetto, abbassò convulsamente le mani e corse via, tra gli spalti, fino a scivolare a pochi metri di distanza. Quando si rialzò, fu così impaurito e confuso, da guardarsi attorno alla rinfusa. Il volto di Leah fu il primo che vide e con l'espressione confusa, impaurita e terrificante, spiccò un balzo verso di lei. Le strinse le gambe con tutta la forza che aveva, fino a tremare, e fu allora che la Tassina si accorse, dalla vicinanza del ragazzino, di come quell'impressione familiare di poco prima fosse tuttavia reale. Aveva infatti già incontrato quel bambino, poco prima di accedere al Campo da Quidditch, ed era lo stesso che aveva litigato con la madre perché sicuro di aver visto delle ombre in cielo, delle figure volanti, quegli stessi giocatori che avevano preso parte ad una partita compromessa fin dal principio. Come fosse riuscito ad entrare al Campo, protetto dalla magia, era un mistero, ma in un caso o nell'altro era per Leah un'altra complicata consapevolezza. Poco lontano, un grido spiccò ancor più forte delle fiamme in annullamento, e il bambino si distaccò dalle gambe di Leah per volgersi altrove, in quella direzione. Non vedeva tuttavia nulla, poiché basso. Trascorse così poco tempo, la rassicurazione all'occorrenza, prima che il padre del ragazzino - un Mago, a quanto pareva, a dispetto della moglie conosciuta dalla Tassina in precedenza - finalmente ritrovò il bambino. Si strinsero insieme, il ringraziamento a fior di labbra nei confronti della studentessa, e prima ancora che potesse spiegarsi, l'uno o l'altra, Leah sentì qualcuno afferrarle la mano. L'Elfo Domestico di Alastor era al suo fianco, lo sguardo impassibile, il capo basso. Il tempo di uno sguardo d'intesa, di confusione, e si Smaterializzarono via, repentinamente.
Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni, per l'una e per l'altra. Dirette entrambe al San Mungo, chi dalla pattuglia di Medimaghi, chi dall'Elfo del buon vecchio Alastor, entrambe le Streghe - sia Elizabeth, così profondamente ferita; sia Leah, ben più illesa ma non meno scossa - avrebbero raggiunto in quel modo l'Ospedale Magico. Le cure attendevano l'una e l'altra, ma la dimissione medica per la Tassina sarebbe stata ben più immediata. Avrebbero in ogni caso entrambe incontrato finalmente Alastor, lì con il proprio Elfo Domestico, pronto alle spiegazioni e ancor più ai ringraziamenti per il loro impegno, per il loro sacrificio, per quell'istinto che aveva quasi spinto alla fine l'una e l'altra. Missionarie di Morgan, aveva detto all'origine caotico del loro incontro. Streghe chiamate all'occorrenza da un vecchio saggio Mago, una pattuglia segreta, con una buona solida conoscenza delle dinamiche del Quidditch e ancor più dei meccanismi di strumenti del gioco stesso. Di gran lunga un ruolo pericoloso, ben più misterioso di quanto si potesse immaginare, alla ricerca di quelle azioni costanti, nelle varie competizioni, che ancora compromettevano illegalmente e meschinamente la gioia di uno sport di per sé tanto ambito quanto folle il più delle volte. La partita era stata manomessa, l'Anello era stato stregato, il furfante era stato acciuffato prima ancora che potesse lasciare il Campo: a quanto pareva, alla certezza di aver visto qualcuno - la stessa Elizabeth - interrompere il suo sortilegio all'Anello, aveva tentato di ripristinarne il potere e gli effetti, invano. Nella sua sciocca azione e nel suo tempismo indifeso, era stato così portato al Wizengamot e lì attendeva responso per le sue azioni. La stampa dietro l'angolo, a sua volta, cercava l'attenzione di prede da intervistare, ma Alastor prontamente avrebbe suggerito l'anonimato per Leah e per Elizabeth. Missionarie di Morgan, avrebbe ripetuto. Per entrambe, un rischio e un pericolo. Un'opportunità unica, poiché a tutti gli effetti erano state scelte. Dal datore di lavoro e dalla sua memoria ormai poco insistente, dalla loro conoscenza, dalla loro dimestichezza, forse dall'una e dall'altra cosa.
«Da oggi, se lo desiderate, entrerete a far parte della nostra schiera. Missionarie di Morgan, sembra una barzelletta, per la miseria.» Un ultimo commento, prima di lasciare il San Mungo a sua volta, pronto ad accompagnare Leah ad Hogwarts.
«Quel rimbambito di Morgan ha ancora tanti segreti da svelarvi, ragazzacce. E tu, Lizzy-Lancia-Fuoco, rimettiti presto che st'altro rimbambito si è preso una cotta per te.» Al fianco del suo letto, la maglietta arancione e macchiata di fuliggine, bruciacchiata alle maniche, più scottato di quanto ricordato, Bartold Cooper - il ragazzo che avevano incontrato tutti loro in principio di quell'avventura - avrebbe atteso il risveglio di Elizabeth con un mazzo di rose rosse tra le mani. Una salvezza, un gesto eroico da parte della Strega. Una conquista, si aggiungeva al suo epilogo fortunato.
«Tu, ragazzina, vieni che ti offro un hamburger di grasso di maiale, altro che rose rosse. Giovani d'oggi.» Riferitosi a Leah, in quel modo Alastor si sarebbe congedato da tutti. Al Medimago d'occorrenza avrebbe lasciato spazio per le cure di Elizabeth. Missionarie di Morgan, avrebbe ripetuto.
Una nuova storia, la
loro storia.
Quasi assurdo, ma sicuramente vero: avete finito. Una conclusione perfetta, le vostre azioni folli - seriamente! - sono andate tutte in porto, con le dovute naturali conseguenze. Per riassumere: Elizabeth salva il Campo di Quidditch, blocca l'incendio fino a spezzarne il sortilegio dell'Anello centrale, ma nell'esplosione ci rimette le penne (tatuaggi al sicuro, promesso!) e perde i sensi mentre viene recuperata da Alastor e i Medimaghi; Leah salva il bambino, che riconosce come lo stesso che aveva già incontrato prima, e che finalmente ritrova il padre. A sua volta Leah viene recuperata dall'Elfo di Alastor e portata al San Mungo. Entrambe ricevete spiegazione da Alastor, ottenendo così un nuovo ruolo: da oggi, infatti, siete Missionarie di Morgan. Un ruolo di per sé segreto, ma che potrebbe avere risolvi futuri (attenzione), in ogni caso per Elizabeth occorre assolutamente un post di cura al San Mungo, per Leah è a scelta (puoi dare per scontato di essere stata lì e poi di ritorno ad Hogwarts, come narrato in questa sede, oppure scegliere di postare comunque al San Mungo con Elizabeth). Per entrambe dopo un anno e mezzo finisce l'avventura: ringrazio per la pazienza, per l'impegno e per l'avventura avvincente. Premio il vostro operato, il vostro straordinario role e le vostre azioni così dinamiche con rispettivamente:
Leah +1 EXP +1 PS + 10 Galeoni
Elizabeth +2 EXP +2 PS + 20 Galeoni
Per qualsiasi dubbio/domanda, sempre a disposizione.
Complimenti e buona avventura!