Against the blue, blue sky, Per Horus

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view post Posted on 22/7/2018, 17:10
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Horus
Sekhmeth
« we are the blood of the underground, we are a chosen seed so they will come for us, we are the sons of a fallen race. »

► Pure-blood ► 18 ► Headboy ► Clothes

I

Il modo severo con cui lei lo aveva rimbrottato sulla battuta dell’arresto, bastò per confermare l’ipotesi che la ragazza avesse sicuramente qualche buon motivo per svignarsela. Il sorriso beffardo, però, non si spense subito sul volto di Horus e continuò ad arricciare gli angoli della labbra, mentre gli occhi si assottigliavano per studiare la ragazza.
Quando lei provò a spiegarsi —e non gli sfuggì il movimento della bacchetta—, la storia gli pizzicò la nuca e, senza volerlo, Horus alzò un sopracciglio con fare scettico. Per quanto ne sapeva, negli ultimi tempi non solo i Nati Babbani erano in pericolo. Ripensò ai G.U.F.O. di Swan ed un brivido gli scivolò lungo la spina dorsale; lui era un Purosangue, eppure aveva rischiato di morire così tante volte che ormai aveva perso il conto. E aveva solo diciott’anni.
« Dubito che siano solo i Nati Babbani ad avere dei problemi, in quest’ultimo periodo. Forse ti sei persa gli ultimi accadimenti. » Commentò asciutto, stringendo appena la presa sul manico di scopa mentre il fantasma del sorriso scivolava definitivamente via dal suo volto pallido. Capì tuttavia il tentativo della sconosciuta di mettere una pezza in quello che era indubbiamente un malinteso.
« Comunque ho provato a chiamarti al pub, ma non mi hai sentito. Sicura di non avere anche tu degli auricolari nelle orecchie? » Non avrebbe voluto continuare ancora su quella linea, ma gli uscì spontaneo nonostante il tono decisamente più amichevole dei precedenti. Seguendo l’esempio di lei, Horus abbassò l’arma, ancora restio a metterla via. Non era ben sicuro che la faccenda fosse chiusa, c’era ancora qualcosa che lo pungolava all’altezza delle scapole. Poteva fare dietro-front, ora che aveva recuperato il prezioso bene, e andarsene, ma la tipa teneva ancora la bacchetta in mano e a lui l’idea di voltarle le spalle non piaceva affatto. E del resto, il vicolo era troppo stretto per passarle di fianco. Passò un secondo di silenzio, che il Tassino impiegò per misurare velocemente la situazione: impuntarsi o arrendersi. O semplicemente, scendere a compromessi.
« Ho capito. » Disse infine, decidendo una volta per tutte di metter via la bacchetta. La infilò nella tasca del giacchetto di pelle, sicuro che, in caso di attacco, Hagalaz sarebbe bastata a difenderlo. Gli occhi, nel movimento, non abbandonarono per un istante la figura della giovane. Ora che la vedeva bene… non l’aveva già vista da qualche parte?
<b>« Sono un Purosangue, ma non sono razzista: mi stanno tutti sui Boccini indistintamente fino a prova contraria. Ma grazie per avermi reso quell’affare. »
Aggiunse con una stretta di spalle mentre la mano ora libera andava a stringere anch’essa il manico di legno.
« Direi che siamo a posto. Potresti spostarti? Devo tornare al caste… » La frase si interruppe a metà mentre il viso gli si deformava in un’espressione a metà fra lo stupore e la consapevolezza.
« Ma tu… tu non eri alla festa di Halloween dei Tre Manici? » Esordì dopo un istante di pausa. Non era sicuro fosse davvero lei, la ragazza che aveva intravisto quella sera e il cui viso continuava a rimandargli ostinatamente qualche informazione che gli sfuggiva. Quel commento gli era uscito così spontaneo dalle labbra che gli ci volle un momento per rendersene conto. Non capì perché questo avrebbe dovuto dirgli qualcosa: non ricordava granché della festa —al di là della barista e di Urania ed i gemelli diabolici—, eppure gli era rimasta quella sensazione di déjà-vu che ora era tornata a tormentarlo. Se era davvero lei… quand’è allora che l’aveva vista, al di là della festa? Quella domanda non prese forma nella voce, ma dalla sua espressione accigliata era facile intuire il dubbio.



Same here, sorrami.
 
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view post Posted on 9/8/2018, 10:49
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Oh, io te lo dico: ho internet per mezz'ora scarsa e lo rivedrò chissà quando, quindi perdoname por mi scrittura pessima, è la fretta!

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"Flying might not be all plain sailing, but the fun of it is worth the price."


Elizabeth inclinò appena la testa da un lato, ascoltando le parole del ragazzo. Qualcosa nella sua voce le suggeriva che l'argomento lo toccasse direttamente, ma davvero stava equiparando i Purosangue, che rischiavano la vita solo se decidevano di schierarsi, ai Nati Babbani, che invece non avevano alcuna scelta?
Polemizzare, ad ogni modo, non avrebbe avuto senso: forse era semplicemente una sfumatura troppo sottile per un adolescente, specie se personalmente coinvolto, e di certo non spettava a lei spiegargliela.
«Era un po' che non tornavo da queste parti.» si limitò quindi a confermare e fu lieta di sentire il ragazzo scivolare oltre quell'argomento. All'ennesima, seppur più conciliante, provocazione, rispose invece con un sorriso: «Forse comincio a essere un po' sorda.»
Seguì attenta i movimenti con cui lui riponeva la bacchetta e sospirò sollevata nel vederla infine sparire in una tasca. Esitò ancora solo pochi secondi, il tempo di ascoltare la dichiarazione di antipatia generalizzata del ragazzo, poi si decise a mettere via anche la propria.
«Splendido,» commentò allegramente, «vediamo il mondo allo stesso modo.»
Non aveva nemmeno fatto in tempo a congratularsi con sé stessa per aver correttamente identificato il ragazzo come studente, quando fu colta di sorpresa dalla sua domanda. O meglio, dalla domanda esplicita sulla festa e ancor più da quella che traspariva chiarissima da tono ed espressione: chi sei?
«Sì. Ma, mi dispiace, di te proprio non mi ricordo.»
Pilotò cautamente la Scopalinda fino al tetto più vicino e lì atterrò. Si sedette sul colmo e appoggiò la scopa sulle tegole accanto a sé. Trasse dalla tasca una piccola scatola piatta di metallo smaltato e l'aprì con un lieve scatto.
«Mi hai fatto prendere un mezzo colpo, sai? Mi serve una sigaretta.» si giustificò estraendone una. Quindi tese il braccio, porgendo la scatola ancora aperta al ragazzo: «Fumi?»
Aveva preso tempo, ma prima o poi avrebbe dovuto rispondere anche alla seconda domanda. Aveva sempre saputo, fin da quando era tornata, che prima o poi sarebbe successo. Non si vergognava né si pentiva di nulla, non c'era motivo di aver paura del proprio passato. E che la gente pensasse quel che voleva.
«Probabilmente non era la prima volta che mi vedevi. Quanti anni hai?»



Tra trucco, corna e strani ghirigori, sarebbe stato un po' strano se Elizabeth avesse riconosciuto Horus :think:
 
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view post Posted on 14/9/2018, 11:34
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C

i volle ancora qualche minuto prima che la ragazza rinfoderasse la bacchetta. Stranamente, se quella titubanza lo avrebbe insospettito e tenuto sull’attenti in altri contesti, in quel caso era più che sicuro che lei non l’avrebbe attaccato a tradimento. Più che altro, si sentì divertito dall’ulteriore conferma di una sottile paranoia latente. Certo, lei gli aveva dato una buona giustificazione —che fosse o meno quel che intendeva fare, poco importava—, ma era curioso di capire come avesse potuto crederlo una sottospecie di Mangiamorte: al di là dell’aspetto maturo, la sua natura di ragazzo era più che palese sul viso giovane.
Horus piegò leggermente la testa di lato, guardando la sconosciuta. Non doveva avere molti più anni di lei, eppure sembrava più matura. I modi di fare, l’abilità nel volo, l’aggressività: dava l’idea che i suoi anni fossero molti di più di quanto in realtà dimostrasse.
« Figurati. Sfido chiunque ad avermi riconosciuto quella sera, era quello l’intento. » Abbozzò un sorriso, che scemò nell’immediato nel ricordare com’era andata a finire. Nonostante trucchi ed incanti, la Morgenstern l’aveva riconosciuto una volta approdata ad Hogwarts e questo gli bastava. Ciò che era avvenuto al bancone del pub andava semplicemente dimenticato.
Si era chiesto molte volte che espressione avesse avuto al momento del bacio fra la barista ed Urania. Era stato arrabbiato? Sconvolto? Divertito? Imbarazzato? Ad esser sinceri, Horus aveva provato tutte quelle emozioni, gentilmente ingigantite dall’alcol che aveva trangugiato a stomaco vuoto. Forse, se non avesse ceduto alle offerte di quella Dissennatrice, avrebbe saputo affrontare la faccenda con più lucidità e avrebbe saputo ignorare tutto quanto, anziché lasciarsi logorare il fegato a quel modo anche a mesi di distanza.
Comunque, decise di non rimuginare ancora su quell’accaduto e cercò di riafferrare il ricordo sfocato di quel viso ora familiare. Più si sforzava, però, meno ci riusciva e la ragazza non gli era d’aiuto. La osservò volare fluida verso il tetto e sedersi con tranquillità laddove altri avrebbero temuto anche solo di pensare di avvicinarsi. L’edificio non era molto alto, ma le tegole sbilenche e l’angolazione del tetto non lo rendevano affatto sicuro; il vicolo stretto, pieno di bidoni, assicurava una caduta scomposta e diverse ossa rotte.
In silenzio, Horus scostò lo sguardo dalla ragazza all’uscita del vicolo. Una striscia di cielo nuvoloso si apriva dinanzi a lui ed il profilo di altre case si stagliava ammassato in quella piccola porzione lasciata libera dalle mura. Sapeva di dover tornare ad Hogwarts, ma anziché piegarsi in avanti e riprendere il volo (quella sgangherata Scopalinda doveva essere riportata al più sgangherato proprietario), seguì l’esempio della fanciulla. Trasse a sé il manico e lo direzionò verso l’alto, nel versante opposto a quello dove sedeva lei. Lì atterrò e si sedette cavalcioni, le lunghe gambe che penzolavano oltre la grondaia e il manico abbandonato sulle tegole scure.
La vide accendersi una sigaretta e non poté fare a meno di storcere la bocca quando il vento gli portò l’odore acre del fumo sotto il naso.
« No, grazie, non fumo. » Replicò, con un gesto educato della mano. « Non credo faccia per me. » Si giustificò con ingenuità.
« Ho diciott’anni. Non so, forse ti ho vista a scuola, non mi sembri molto più grande di me. Non me la cavo granché né coi nomi, figuriamoci coi volti. Eppure qualcosa mi sfugge, l’ho pensato appena ti ho vista ai Tre Manici. » La osservò per un lungo istante, puntando ostinatamente lo sguardo nel suo. Poi si portò la mano al mento, pensieroso, mentre i piedi dondolavano lentamente nel vuoto. Ripercorse nella memoria il profilo di lei: gli zigomi alti, la figura snella e atletica, gli occhi scuri, un certo caratterino… No l’aveva vista ed era anche quasi sicuro di averne sentito la descrizione fisica per bocca di qualcuno. Ma la voce di colui che aveva parlato era offuscata dai mille ricordi. « Ho come l’impressione che dovrei conoscere il tuo nome. » Ripensò a come volava, agli scarti veloci e fluidi, all’abilità di manovra anche su quella scopa malandata. « Giochi a Quidditch professionalmente? Sei molto brava a volare. » Ammise con sincerità ed un sorriso accennato.



Ho una mezza ideuccia per movimentare un po’ le cose. Ti fidi di me Rose?
 
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view post Posted on 15/9/2018, 11:50
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Te lo avevo detto che sarei stata veloce ùwù

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"Flying might not be all plain sailing, but the fun of it is worth the price."


«Buon per te.» si congratulò in tono vagamente distante. Il garbo e il candore con cui il ragazzo aveva rifiutato la sigaretta l'avevano colpita nella forma di un'intuizione improvvisa: sotto il guscio di freddezza e strafottenza, quel ragazzo era maledettamente giovane. La strega, assorta, lasciò uscire lentamente il fumo tra le labbra socchiuse, rigirandosi quel pensiero nella mente.
Certo, naturalmente si era fatta un'idea della sua età appena aveva potuto vederne chiaramente il viso, ma per qualche motivo - paura e rabbia, nella fattispecie, inutile negarlo - non ne aveva realizzato le implicazioni. Presa com'era dall'urgenza di difendersi, aveva ignorato dettagli che, alla luce di quella nuova consapevolezza, rivelavano un sottofondo di sensibilità e di quell'incertezza tipica di chi, dopotutto, sta ancora crescendo.
L'aveva catalogato da subito come un ragazzo sicuro di sé e dotato di un certo fegato. Non che si fosse sbagliata, ma cominciava a intravedere dell'altro.
Era un osservatore: aveva studiato Elizabeth con interesse quasi scientifico, mostrando di analizzare ogni indizio che lei, volontariamente o meno, gli aveva fornito.
Era insospettabilmente beneducato: deposte finalmente le armi da ambo le parti, aveva abbandonato le provocazioni e le si rivolgeva con la cortesia neutra che presumibilmente era solito riservare al prossimo, quando non c'erano inseguimenti di mezzo.
Era introverso, una parte della sua attenzione era costantemente puntata sulla sua stessa psiche: non erano sfuggiti ad Elizabeth i pochi attimi in cui il sorriso con cui lui aveva parlato della festa si era subito stemperato in un'espressione di palese fastidio, sostituito poi dal dubbio e infine dal rimpianto. Si era persino chiesta cosa gli fosse capitato quella notte per suscitare un tale trambusto emozionale, una curiosità pigra che aveva subito accantonato per concentrarsi sul presente.
Aspirò un'altra lunga boccata di fumo e lo soffiò fuori dall'angolo della bocca, dirigendolo lontano dal ragazzo: aveva notato le sue smorfie e, dopotutto, avevano pur sempre concordato una tregua.
Lo ascoltò in silenzio, ancora concentrata sulla propria approssimativa analisi, senza fornire alcun contributo alla conversazione né tantomeno allo sforzo mnemonico. Fumava tranquilla e fissava il ragazzo negli occhi, ricambiata da uno sguardo altrettanto diretto.
Infine si riscosse con una risata: «No, ma ti ringrazio per averlo pensato». Lasciò aleggiare il sorriso sulle labbra. «Anche tu te la cavi: sei stato un osso duro, lasciatelo dire» aggiunse riportando la sigaretta alle labbra. Si concesse due lunghe boccate prima di cominciare davvero a dare qualche risposta. «Dovevi essere al primo anno, non so se ti ricordi» gli comunicò sibillina.
Balle: già l'espulsione di per sé era stata la notizia dell'anno, per di più versioni più o meno rocambolesche dell'arresto erano subito spuntate tra le mura di Hogwarts come funghi in settembre. Quando era tornata a recuperare il suo baule aveva addirittura causato un mezzo infarto a un ragazzino del terzo, non troppo sveglio in verità, convinto che avesse ricevuto il Bacio.
Spense il mozzicone su una tegola: normalmente l'avrebbe fatto Evanescere, ma non le sembrava il caso di estrarre di nuovo la bacchetta così presto. Con le dita che già sfioravano la tasca, si trattenne dal prendere subito un'altra sigaretta.
Era il momento della verità, come dicevano i babbani.
Elizabeth inspirò. Non era poi così difficile: "sono quella arrestata per le corse clandestine".
«Mi chiamo Elizabeth Ashton».
Niente, proprio non ce la faceva. Osservò il ragazzo, in attesa di scoprire se gli sarebbe bastato un nome per ricordare.



Mi fido, Jack, però niente gite in barca che l'ultima volta, ti dico, non è che mi sia proprio divertita :ihih:
 
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view post Posted on 10/11/2018, 12:16
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I
l nome di lei galleggiò nella sua memoria come un relitto abbandonato dopo una tempesta. Il viso di Horus non mostrò alcuna espressione, perfettamente immobile in una stasi imprevista: non perché stesse sforzandosi di nascondere chissà quale edulcorata reazione, ma perché inizialmente non riuscì a ricollegare il viso affilato di lei alla sua identità. Quel solletico che precedeva un ricordo aveva interrotto la sua influenza e per un lungo momento Horus si chiese se non avesse preso un fiammagranchio. Forse si era sbagliato: frequentava spesso Hogsmeade e lei poteva essere un’avventrice qualunque. Del resto, Elizabeth aveva un viso molto particolare, con quei grandi occhi castani e gli zigomi alti. Poi corrugò le sopracciglia, serrando le labbra, collegando il suo primo anno a quel cognome: "Ashton". Il suo corpo lo ricordò ancor prima della mente: lo stomaco si attorcigliò su se stesso e, nonostante fossero passati sette anni, il rancore e la vergogna tornarono a farsi sentire in un’ondata di calore che gli tinse le gote.
« Ma certo. Tu conosci quella gran testa di cazzo di Tobias Winston. » Sputò quel nome come se fosse stato veleno. In realtà, Horus non aveva la minima idea se Elizabeth e Tobias fossero davvero amici come quest'ultimo aveva affermato. Se all'inizio Winston era sembrato un buon Portiere e un mentore, lì in Tassorosso, si era poi rivelato sleale e bugiardo. Era stata in parte colpa sua (ed in parte, Horus non poteva negarlo, colpa della sua ingenuità) se era stato squalificato dal primo Campionato di Quidditch della sua vita. Una smorfia di fastidio deformò le sue labbra e per un lungo momento Horus rimase in silenzio, incentrato sui ricordi di quella vergognosa vicenda. Ne aveva parlato persino la Gazzetta, era stato convocato da Peverell insieme a Crowell e Grindelblack e quella storia rappresentava una macchia sulla sua altrimenti immacolata vita scolastica. Tuttavia, ora che ci ripensava, la vergogna ed il fastidio sfumarono più in fretta di quanto avesse mai fatto in precedenza. Forse era la sua apatia latente o semplicemente la consapevolezza che, ormai, era tutto finito. Winston aveva concluso gli studi poco dopo, lui aveva tornato a riprendersi il Campo e tutta la storia era stata dimenticata. Così, consapevole del silenzio calato, spostò lo sguardo dai profili dei tetti a quello della Ashton.
« Non penso ti ricorderai di me e non sono nemmeno sicuro che Tobias fosse sincero quando diceva che ti conosceva. Penso sia stato uno dei miei primi allenamenti di Quidditch; il campo era occupato da voi Corvonero e ti ho vista volare. Eri molto brava. Winston si è avvicinato dicendo che ti conosceva molto bene, ma che nascondevi un trucco. » Si sentiva piuttosto stupido a parlare di lei, come se fosse stata una sua amica. E più raccontava quella storia —che mai aveva confessato— più si chiedeva come avesse fatto a crederci e a lasciarsi coinvolgere. « Ha detto che a volte truccavate dei Bolidi. Che non era niente di illegale, solo un po’ pericoloso, ma lo facevate per “allenarvi meglio”. » Mimò le virgolette con entrambe le mani. « Ed io… beh. Ero piccolo ed insicuro, alle mie prime partite. Ci ho creduto e mi sono lasciato convincere da quell’idiota a non dire niente. Nell’allenamento che ha preceduto la fatidica partita contro di voi, ha truccato i Bolidi e li ha lasciati così anche dopo aver finito. Io e i due battitori Tassorosso lo sapevamo e non abbiamo detto niente. Inutile dire che ci hanno scoperti, squalificati e tutto il casino che è derivato dopo… » Si strinse nelle spalle con un certo nervosismo. Guardò allora il viso di lei, seguì il movimento delle mani che si portavano alle labbra sottili la sigaretta e osservò il fumo risalire in piccole volute grigiastre. Poi tutto sparì. Il ricordo dei titoli sui giornali divenne solo un trafiletto, davanti alla memoria di un’intestazione molto più grande. Elizabeth Ashton… cavolo —pensò— è lei quella che era stata espulsa! « Ah. » Si lasciò sfuggire, chiudendo la bocca di scatto e serrando la mascella. Ecco perché se la ricordava così bene: non era solo per via di quel cazzone di Winston! La sua storia aveva fatto notizia ed era stato solo a causa di quello se la faccenda dei Bolidi truccati era passata in secondo piano.
Improvvisamente si sentì ancora più stupido ad averle parlato con così tanta leggerezza di quella vicenda.
« Scusa, era una stupidaggine, probabilmente non c’entravi niente. » Si limitò a dire dopo una breve pausa. Si portò nervosamente la mano a ravviare i capelli rossi, sfuggendo lo sguardo di lei. La mano sinistra, libera, sfiorò con le dita il manico della Scopalinda che giaceva immobile sulle tegole, ma il desiderio di defilarsi s’era fatto più flebile e, piuttosto, il pensiero inverso lo teneva ancorato su quel tetto. Cos’era davvero successo in quei giorni? Le corse clandestine… i bolidi truccati: era stata una coincidenza o era tutto collegato?



ECCOMI CI SONO PERDONO PERDONO ORA MI MENI FAI BENE MA IO TI FIORO CIAO :flower:
 
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view post Posted on 14/11/2018, 13:26
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Oh, questa cosa ha tanti e tali potenziali risvolti che solo al pensiero sono tutta un brivido :sbrill:

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Al sentir nominare Tobias Winston, Elizabeth non seppe trattenere una smorfia schifata. Sì, ricordava quell'idiota: si era spesso chiesta come diavolo fosse finito a Tassorosso, dal momento che giustizia e lealtà erano concetti a lui del tutto estranei.
Ricordava anche quella storia dei bolidi truccati e delle scommesse che c'erano dietro, anche se, impegnata com'era con le corse, non l'aveva seguita più di tanto. Certo non immaginava di avervi avuto una parte, così si ritrovò ad ascoltare quel racconto a bocca aperta. Qualcosa non le tornava e la metteva in allerta, ma proprio non riusciva a capire esattamente cosa. A quel punto, la seconda sigaretta le ci voleva davvero, anche solo per sedare quel fastidioso nervosismo latente, così la estrasse alla cieca, senza accennare a levarsi lo stupore dal volto.
Poi, il ragazzo si bloccò in un'espressione che era il perfetto specchio di quella di Elizabeth. La consapevolezza si fece strada sul suo volto, facendogli prima sgranare gli occhi e, subito dopo, contrarre la mascella. Si scusò, nervoso e imbarazzato, guardando ovunque fuorché lei.
Aveva l'aria di aspettarsi che la strega si offendesse, che si arrabbiasse, che si smaterializzasse lasciandolo da solo su quel tetto.
«Ti sei ricordato, eh?» commentò invece lei, prima di scoppiare in una risata piena e decisa, appena un po' roca.
«Scusa» riprese ricomponendosi. «Scusami, sono stata indelicata, un casino del genere al primo anno dev'essere stato un brutto colpo. Ma, davvero, avresti dovuto vedere la tua faccia quando ti sei ricordato-» esitò, anche a carte ormai scoperte faceva fatica a parlare dell'arresto e dell'espulsione. «Beh, insomma, quando ti sei ricordato il resto.»
Lo osservò, per sincerarsi che non se la fosse presa, e finalmente si accese la sigaretta. «In realtà, hai preso qualche cantonata.» specificò un paio di tiri dopo. «A parte il fatto che Tobias Winston sia una testa di cazzo, su quello non ho nulla da dire.» aggiunse con un mezzo sorriso che, per l'altra metà, era una smorfia di assoluto disgusto. «Come hai intuito, in realtà non mi conosceva. Ci ho parlato - no, anzi,
lui mi ha parlato - un paio di volte e, credimi, mi sarei auto-obliviata se quei ricordi non mi fossero utili per ricordare quanto coglione sia, giusto nel caso avessi la sfortuna di incontrarlo.» sbuffò. «Già mi dava sui nervi, poi dopo quella brillante trovata... Si è fatto sgamare come un allocco e ha pure coinvolto un bambino del primo.»
Si interruppe e guardò il ragazzo che aveva di fronte, stringendo appena gli occhi. «Che poi eri tu, no? E io che pensavo di essere sveglia, ho collegato adesso.» Corrugò la fronte, sforzandosi di ricordare: il nome del più giovane coinvolto non era comparso sulla Gazzetta, per tutelarlo, ma era certa di averlo letto da qualche parte a scuola. «Cyrus, Horace...» tentò in un borbottio. «Horus!» esclamò infine. «Vero? Horus e un cognome impronunciabile.»
Quando lui confermò, sorrise soddisfatta.
«Comunque in realtà io ero Grifondoro, e non ero neanche in squadra.» riprese. «Ma c'erano alcuni giocatori Corvonero con cui andavo abbastanza d'accordo e ogni tanto mi allenavo con loro. Con mutuo beneficio.» aggiunse con un ghigno. «Dev'essere stata una di quelle volte. Non so perché Winston non te l'abbia detto, forse gli faceva comodo lasciarti credere che quella che avevi notato fosse una Corvonero.» ipotizzò scrollando le spalle. Si interruppe per aspirare una lunga boccata di fumo, che poi lasciò uscire lentamente tra le labbra socchiuse.
«Il resto se l'è inventato.» riprese. «Incantare i bolidi è più che "solo un po' pericoloso". In effetti, è abbastanza pericoloso da essere illegale, è capitato che squadre professionistiche siano state multate e escluse dal Campionato per questo, così come è successo che qualcuno si sia fatto seriamente male. I Corvonero della squadra erano intraprendenti» sorrise al ricordo di certi schemi a dir poco azzardati «ma di certo non così incoscienti da correre il rischio.» concluse.
Fu allora, con quell'ultima frase, che comprese cosa, sin dall'inizio, aveva fatto squillare nella sua mente un campanello d'allarme. Perché i Corvonero non erano incoscienti, no, ma qualcun altro lo era eccome.
«Era per le corse, che usavamo bolidi modificati.» riprese, d'un tratto seria. «Solo qualche volta, per movimentare le cose. Gli scommettitori adoravano puntare sulla nostra pelle, oltre che sulla vittoria, e così giravano molti più soldi.»
Aggrottò le sopracciglia. «Sono
certa che Winston non potesse saperlo. Ma è strano che per dare il via a quel suo stupido piano ti abbia parlato proprio di me.» Riaccese la sigaretta che, trascurata, si era spenta. «E non mi piace come coincidono i tempi.» aggiunse a voce bassa, come parlando tra sé.



Scusa se ti ho fatto confermare cose senza consultarti, ma ho pensato che arrivati a questo punto non mi avresti rifilato un nome falso :ihih:

Ignora questo link, è l'articolo della Gazzetta - che per inciso sono molto fiera di aver trovato - e lo piazzo qui per ritrovarlo facilmente nel caso dovesse servirmi ancora.
Sì, pignoleria random way of life.
 
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N
on gli era mai piaciuto venire trattato come un ragazzino. Consapevole di aver sempre avuto una maturità diversa da quella dei suoi coetanei, Horus si era sempre sentito molto più grande della sua età. Era, in un certo senso, una forma di difesa che aveva adottato sin da quando si era ritrovato a confrontarsi con gli altri. Cresciuto in disparte, tra le mura domestiche e con pochissimi contatti con vicini e amici di famiglia, la sua diversità era sempre stata una lama a doppio taglio. Ripetersi che andava bene così e che, piuttosto, era in grado di dire, fare e pensare molto più di un qualsiasi altro ragazzino era una consolazione per un bambino solitario. A volte, forse, una consolazione un po’ troppo forzata. Col tempo era poi diventata un’aspettativa da dover rispettare, qualcosa da dimostrare a se stesso e agli altri e si era evoluta come una catena che gli aveva tarpato le ali. Generata dall’insofferenza, alla fine, quella superbia era sfociata in un tratto del suo carattere che l’aveva quasi trasformato in qualcosa in cui non si riconosceva. Lui, s’era detto un giorno, non era così: lui era molto di più. Aveva allora accettato la sua natura e benché non fosse uno sciocco, e considerasse se stesso al di sopra di molti altri, Horus aveva imparato che errare era umano e lui lo era molto più di quanto avesse sempre ammesso con se stesso. Era e rimaneva un ragazzino che aveva tanto da imparare, nonostante tutto. Perciò affrontare uno degli ultimi ostacoli per quell’accettazione fu come liberarsi di un peso. Benché ancora appollaiato sopra il tetto della casa, con le gambe penzoloni giù dalla grondaia, Horus si sentì improvvisamente più leggero, come se stesse in realtà ancora volando. Parlare di quel fatto con una sconosciuta —nonostante le presentazioni— lo fece sentire paradossalmente meglio. Allora si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso colpevole quando lei lo riconobbe.
« Sì, ero io. » Annuì col capo. « Sekhmeth… il cognome impronunciabile. » Aggiunse lievemente imbarazzato, passandosi la mano dietro la nuca. Ora che Elizabeth stava ripercorrendo l’accaduto, Horus si domandò come avesse fatto ad essere tanto ingenuo. Socchiuse gli occhi, abbandonando la figura della ragazza, e rivide se stesso, piccolo e infagottato nel mantello, mentre si dirigeva alla Testa di Porco convinto da Winston e Crowell. Che razza di imbecille, pensò con una smorfia. Osservò con distrazione i piccoli rivoli di fumo che si liberavano dalle labbra di lei e poi spalancò gli occhi. Serrò le labbra mentre un fiume di parole (ed insulti) si affollava sulla punta della sua lingua: man a mano che ne parlava, tutto assumeva senso e la figura di Tobias diveniva sempre più solida. Poi ispirò dal naso e l’aria fredda gli fece pizzicare le narici; c’era un vago sentore di sigaretta e fumo di caminetto nell’aria, ma non gli dispiacque dopotutto.
Poi, colto da un’improvvisa illuminazione, corrugò la fronte e la guardò per un momento con aria confusa. « Aspetta un secondo… come fai a conoscere il mio nome? Nessuno sapeva niente di me, la Gazzetta non aveva fatto nomi e il Preside si era ben guardato di far sapere a tutti della nostra espulsione dal campionato. » Ricordava la vergogna che aveva provato e la delusione negli occhi di Peverell, allora anche Capocasa Tassorosso, quando l’aveva convocato nel suo ufficio. Ma quel pensiero non durò a lungo: si era rifatto, dopotutto, no?
Comunque sia, la sua esperienza doveva esser stata davvero una stupidaggine, in confronto a quello che doveva aver vissuto Elizabeth Ashton. La guardò curioso, ma senza alcuna traccia di compassione negli occhi chiari, quando lei rivelò un dettaglio della vicenda che le era costata l’espulsione. Aveva fatto notizia e benché i nomi fossero stati oscurati anche in quell’occasione, il fatto era stato così eclatante che tutti nella Scuola avevano saputo chi era stato espulso. In quel momento si chiese cosa doveva aver spinto una ragazza come lei a giocarsi il tutto e per tutto per delle corse clandestine: adrenalina? Amicizie? Noia? Galeoni?
Nel pensarci, Horus si sorprese di non biasimarla affatto e, anzi, di provare una punta di ammirazione; non per il gesto sconsiderato, ma per quella libertà che Elizabeth sembrava urlare a tutti quanti, anche lì, sopra il tetto di una casa di Hogsmeade, mentre fumava la sua sigaretta.
« Credo che a Winston facesse comodo perché quella contro Corvonero era la mia… seconda partita, mi pare. Ero molto in ansia e sotto pressione, la partita precedente avevo sbagliato un gol per colpa di una… uhm… rivale. » Abbassò lo sguardo mentre ricordava. Il vuoto sotto di sé non gli fece venire alcuna vertigine e, anzi, fu tentato di abbandonarvisi e volare via come falco. « Mi ero convinto che avrei giocato contro di te e quello stronzo ha fatto leva su questo, per convincermi a coprire lui e gli altri. E poiché mi vergognavo della mia stessa paura, non l’avevo detto a nessuno. Mi aveva visto guardarti sul campo e poi mi aveva aspettato fuori gli spogliatoi. È così che mi ha detto che ti conosceva e tutto il resto. » Nonostante fossero passati tanti anni, una punta di rossore gli colorò le guance pallide. Non c’era niente di male, si ripeté, ad ammettere di averla temuta, nonostante non si fossero mai parlati (e quella fosse stata l’unica occasione in cui l’aveva vista). Ed ora che rialzava lo sguardo su di lei, sottile e sicura di sé, Horus rivide la stessa ragazza che volava via con fluidità e destrezza, quel giorno di sette anni prima. Dopo l’inseguimento di quella mattina, Horus dovette ammettere che non aveva nulla da biasimarsi per aver temuto lo scontro con lei.
« I tempi? » La domanda scivolò fuori dalle sue labbra senza che lui potesse frenarla. Si morse l’interno della guancia, stupito dalla sua curiosità, ma dopo un primo momento di indecisione, Horus decise di non trattenerla. Non aveva sentito bene; nonostante il silenzio che li circondava la voce sommessa di lei non gli aveva permesso di comprendere il contesto. Poteva esserci altro, sotto tutta quella storia? « Cosa intendi? » Chiese infine e si protese leggermente verso di lei, poggiando gli avambracci sulle gambe, lo sguardo ostinato aggrappato al suo viso sottile.



Io convintissimo Elizabeth fosse Corvonero. :fix: Scusa!
Also, adoro tutto. ♥
 
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view post Posted on 17/1/2019, 22:15
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PERDONOHHHH

È stato un periodo impegnativo, cose da fare impegnative, pare emotive moooolto impegnative, tutto molto impegnativo.

Comunque, eccomi qui :flower:

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Di fronte all'obiezione di Horus, assolutamente ragionevole in effetti, Elizabeth s'interruppe. «Mh. C'era un foglio, con il nome di Winston e alcune frecce e una portava a un elenco di nomi, probabilmente tutti della vostra squadra, ora che ci penso, ma ricordo solo il tuo, perché era sottolineato. Ma proprio non mi viene in mente dove-» si interruppe e aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di recuperare un ricordo troppo lontano e al quale del resto non aveva mai dato importanza. «Oh, non lo so.» si arrese infine. «Potrei aver intercettato un qualche scambio di pettegolezzi in classe o in sala comune. O magari poteva essere un appunto dei Corvonero, dopotutto la partita era con loro, almeno il Capitano della squadra o il Caposcuola dovranno pur averne saputo qualcosa.» Si morse il labbro inferiore. «Può essere che ci fosse qualcosa nell'ufficio di Gazza? Passavo un sacco di tempo in punizione là dentro e quando mi annoiavo frugavo nei cassetti.»
Erano tutte ipotesi plausibili, ma nessuna la convinceva. Anche se non lo disse - non ne era abbastanza certa - le sembrava di ricordare il vento sul viso, mentre osservava quel foglio, come se fosse stata all'aperto, e una luce debole, crepuscolare.
«Mi verrà in mente, prima o poi.» concluse con un sorriso.

La domanda successiva, così diretta su un argomento tanto delicato, la spiazzò molto di più. Elizabeth scrutò il ragazzo per qualche istante, pensierosa. Non aveva mai parlato dei dettagli delle corse con qualcuno che non vi fosse stato direttamente coinvolto. Non perché ci fosse ancora motivo di nascondere qualcosa, semplicemente... Beh, semplicemente non era mai capitato. Dopotutto, però, ne stava
già parlando. Distolse lo sguardo, mosse le gambe per accomodarsi meglio sulle tegole. Chissà come mai, dopo anni di silenzio, affrontava un simile discorso proprio con lui, uno sconosciuto e oltretutto maggiorenne solo di poco, ammesso che lo fosse. Forse perché per la prima volta non vedeva traccia di compatimento o rimprovero nello sguardo del suo interlocutore, che appariva solo genuinamente curioso. La strega ravviò i capelli, tirandoli indietro con le dita. Aveva lasciato passare quasi un intero minuto, quando finalmente tornò a guardare Horus: «Oh, sticazzi.» sbottò. «Ho già pagato per quelle dannate corse, posso pure parlartene.»
La sigaretta si era spenta di nuovo ed Elizabeth la fece rotolare tra i polpastrelli per qualche secondo, riflettendo su cosa dire, prima di riaccenderla con un colpo di bacchetta e aspirare una lunga boccata di fumo. «Quando è venuta fuori quella storia, la vostra intendo, noi avevamo cominciato a usare bolidi truccati solo da poche settimane. Le corse erano stata un'idea nostra, sai, ma dopo i primi mesi sono diventate famose in
certi giri, molto più di quanto ci aspettassimo, e la gente di certi giri, quando trova qualcosa che funziona, vuole metterci le mani. E la faccenda, beh, è diventata più grande di noi. Era-» esitò, cercando di ricordare le date esatte. «Non so, gennaio credo, o dicembre, quando è arrivato questo tizio con l'idea dei bolidi truccati. Mai visto, ma certi nostri contatti di Nocturn lo conoscevano. Gli allibratori sono stati subito entusiasti e quando ci hanno detto di quanto sarebbero salite le puntate abbiamo accettato. I bolidi li procurava lui, non abbiamo mai saputo dove, e se li portava via a corsa finita.» Si interruppe, come per dare al ragazzo il tempo di assorbire le informazioni. «Poco più di un mese dopo, Hogwarts è stata travolta da uno scandalo che, guarda caso, riguardava proprio dei bolidi truccati. Dopo due settimane scarse c'è stata la retata e mi sono ritrovata ad Azkaban senza nemmeno avere il tempo di dire "sbirri".» concluse, rabbrividendo al ricordo del carcere magico.
«Che per inciso» aggiunse nel tentativo di alleggerire l'atmosfera, piegando un angolo della bocca in un mezzo sorriso «stavo anche vincendo, dannazione!»



Non scusarti, sono io che non ho mai specificato la casa in scheda, fondamentalmente perché Grifondoro mi è sempre stata un po' sullo stomaco. Purtroppo Elizabeth, testa calda com'è, ho dovuto giocoforza metterla lì <_<

Pfui, questo post è praticamente tutto dialogo, spero non risulti troppo fastidioso .-.
 
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view post Posted on 31/1/2019, 12:14
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R
imase interdetto per un istante, guardando la ragazza davanti a sé, le labbra appena dischiuse. La storia di Elizabeth lo aveva colpito, non solo perché veniva a conoscenza dei retroscena della sua unica macchia, i cui retroscena erano sempre rimasti avvolti in una nuvola di mistero, ma anche perché aveva indubbiamente dell’incredibile. Si sforzò di ricordare il suo primo anno, la sospensione dal campionato, i discorsi deliranti di Winston e poi, all’improvviso, tutti i pettegolezzi su uno scandalo ben più grande che era improvvisamente esploso.
Qualcuno è stato espulso!”: la notizia aveva acceso le conversazioni degli studenti per molti, ma Horus, di pessimo umore per quanto successo, non si era mai chiesto chi e perché alcuni studenti fossero stati espulsi. Per orgoglio, in quel periodo aveva sempre evitato di ascoltare anche solo per sbaglio la parola “Quidditch”, per non ricordarsi della propria odiosa ingenuità. Scoprire, quindi, cos’era davvero accaduto dopo tutto quel tempo —e apprendendo, tra l’altro, di Azkaban— lo lasciò sinceramente perplesso.
Si rese conto solo dopo un buon paio di minuti di silenzio di aver lasciato cadere il discorso in un pensoso mutismo, perciò si schiarì la voce.
« Non capisco. Quanti anni avevi? » Domandò, facendo subito un calcolo mentale. « Diciassette anni appena? » Solo in quel momento Horus si rese conto di quanto quella storia lo irritasse. Certo, andavano puniti, ma l’espulsione da Hogwarts non era abbastanza? « E vi hanno mandato in prigione! Ad Azkaban! » Alzò lievemente la voce —in ogni caso, appollaiati sui tetti nessuno l’avrebbe udito— corrugando la fronte in un’espressione accigliata. Un brivido lo attraversò da parte a parte: se si fosse lasciato coinvolgere del tutto da Winston e il camuffamento dei Bolidi non fosse saltato fuori prima, anche lui avrebbe avuto il medesimo destino di Elizabeth?
Allora fu colpito improvvisamente da un dubbio: se le corse clandestine erano state scoperte attraverso la pista dei Bolidi corrotti… in un certo senso, poteva essere una sua responsabilità, anche solo in minima parte?
*Ero solo un ragazzino, non sarebbe plausibile.*
Tenne per sé quella considerazione, spostando lo sguardo dalla ragazza ai profili delle case di Hogsmeade.
« È per questo che eri così guardinga, prima, e non ti sei fermata — Non era una domanda, ma una constatazione — Non ti biasimo, certo, anche se sono un po’ troppo giovane per essere uno… sbirro. » Calcò forse un po’ troppo sul termine da lei usato, e lo fece con una punta di ironia nella voce. Quella denotazione e, in generale, il comportamento sospettoso di lei, gli fecero venire il dubbio che Elizabeth o aveva altro da nascondere o non si era congedata tanto bene dai suoi carcerieri. Gli occhi chiari tornarono a scrutare la giovane donna, e poi un sorriso divertito incurvò un angolo delle labbra sottili.
« E… per inciso, chi è che avrebbe vinto questa corsa clandestina? » La canzonò, alzando di poco la testa con sfida.



Scusa se è breveeeee ma non volevo aggiunger troppa roba!
 
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view post Posted on 13/2/2019, 01:32
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«Diciassette, sì.»
L'irritazione di Horus suggeriva un modo di pensare non così diverso da quello di Elizabeth e ciò la fece sorridere. Un sorriso amaro, perché la sua stessa rabbia per quanto era successo non si era mai davvero spenta. La verità era che non era importato a nessuno quanto fosse giovane: non era importato quando l'avevano immobilizzata e portata via con una violenza non necessaria, non era importato quando l'avevano sottoposta per giorni a interrogatori brutali, non era importato quando l'avevano gettata in una cella, in pasto ai Dissennatori.
«Ad essere arrestati, principalmente, sono stati alcuni maghi più grandi, gente di quei
certi giri di cui ti parlavo. Noi... Ci hanno presi solo in tre e per fortuna, se così si può dire, gli altri due erano proprio gli unici ancora minorenni e la detenzione cautelare se la sono fatta ai domiciliari. Gli altri sono riusciti a scappare e non è mai stata trovata nessuna prova contro di loro, per quanto non si siano certo risparmiati nel cercare di farmi dire i nomi. Ma sì, a diciassette anni mi hanno mandata ad Azkaban.»
Fu il suo turno di rimanere in silenzio per un lungo minuto, durante il quale prese dalla tasca e accese l'ennesima sigaretta. «Ci sono stata undici giorni.» riprese dopo qualche tiro, senza guardare Horus in faccia. «Potranno sembrare pochi, ma là dentro è un'eternità.» concluse a voce bassa.
Tornò a posare gli occhi sul ragazzo quando lui collegò la storia al suo comportamento di poco prima. Si limitò a confermare, annuendo, la conclusione a cui era giunto, ma rimase immobile nell'udire la seconda parte della frase.
Il tono ironico, che sembrava deridere il suo giustificato astio nei confronti di chi le aveva volutamente inflitto una sofferenza indelebile, la irritò, per quanto sapesse che solo l'esperienza diretta poteva far davvero comprendere tale sentimento. Non ebbe tuttavia il tempo di rispondere, perché Horus, inaspettatamente, seguì il suo esempio, assumendo un tono più leggero, quasi di giocosa sfida.
«Chi ha vinto? Gli Antimaghi, direi. Ma penso che la vittoria non sia valida se sbuchi all'improvviso e getti una rete magica sugli avversari.» specificò, ostentando un'espressione pensierosa, per poi sorridere ironica.
Decise, però, che non poteva lasciar correre la precedente battuta del ragazzo e tornò seria per rispondergli. «Neanche a te starebbero simpatici, se li avessi conosciuti da vicino.» affermò decisa, guardandolo negli occhi. Desiderava davvero fargli capire che non era un'antipatia superficiale, la sua, che non era un odio da tifoseria, ma un giudizio motivato da ciò che aveva subito. «Non sembri poi così giovane, quanti anni hai? Uno di quelli che mi arrestarono non poteva averne più di due o tre più di me. Alla fine del primo giorno di interrogatorio avevo già abbondantemente constatato che era il peggiore.» raccontò laconica. Sorrise, fingendo una distanza dal passato che in realtà non aveva mai raggiunto: «Non ho mai nemmeno saputo se fosse un Antimago o un Auror o chissà che altro: la sua presenza non risulta dagli atti dell'interrogatorio, a quanto ho sentito in giro è una prassi consolidata per coprire l'utilizzo di metodi non proprio ortodossi.»
Sospirò, seccata, consapevole di quanto le sue parole dovessero suonare paranoiche ed eccessive alle orecchie del suo interlocutore.
«Questo solo per dirti che non si è mai troppo giovani per essere degli stronzi sadici che abusano della propria autorità.» concluse tornando, non senza un certo sforzo, a sorridere.
Non raccontò di aver avuto la sfortuna di incontrare, nella sua vita, anche torturatori ben più giovani, ma inconsciamente si strofinò con il palmo la coscia sinistra, dove i jeans coprivano il suo primo, indesiderato tatuaggio.
Non lasciò ad Horus il tempo di rispondere, preferendo portare la conversazione su binari meno dolorosi: «E tu? Quali furono le conseguenze dei vostri, di bolidi truccati?»




La fanciulla mi è un pelino suscettibile sull'argomento :ihih:
 
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view post Posted on 27/2/2019, 18:31
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I
l silenzio si infilò tra di loro, portato dal vento che scompigliava i loro capelli; non era un ospite indesiderato, ma un saggio consigliere. Horus distolse lo sguardo, a disagio, mentre il racconto di lei continuava a risuonargli nelle orecchie. Guardò la Scopalinda adagiata sulle tegole, aggrottando la fronte. Si sentì improvvisamente piuttosto stupido per la superficialità con cui le aveva posto quella domanda: come aveva potuto pensare che ci fosse davvero un vincitore nella gara fra loro due? Quella che per Horus era stata una folle rincorsa ad una presunta ladra, per lei doveva essere stato un orrido déjà-vù. Il divario degli anni tra lui ed Elizabeth non era così profondo, ma nelle loro esperienze c'era un contrasto netto. Non riusciva a capire se per lei provava un eccesso di empatia, o se ciò che lo faceva rabbrividire era la sensazione che tutto quello sarebbe potuto capitare anche a lui. Socchiuse gli occhi, schermandoli dalla luce del sole sempre più basso. Aveva sentito parlare di Azkaban, certamente, ma quelle volte in cui sua madre gliene aveva parlato era sempre rabbrividita e aveva cercato di cambiare discorso: "Non dovremmo parlare di questo, Horus". In verità, le informazioni sulle creature che occupavano quel luogo bastavano e avanzavano per decretare Azkaban come un inferno sulla terra.
« Mi dispiace Elizabeth. » Si ritrovò a dire, alzando lo sguardo verso di lei. Non c'era compassione nella sua voce, ma solo una cruda sincerità. « Per noi non ci furono grandi conseguenze. » *Forse perché il grosso era già accaduto con voi* Lo pensò, ma non lo disse. Si strinse semplicemente nelle spalle, sentendosi in realtà piuttosto fortunato per essersela cavata tanto facilmente. « Io e gli altri invischiati fummo squalificati per tutto il campionato e fine della storia. Il Capocasa mi fece una lavata di testa, ma ero bravo a scuola e perciò tutti si dimenticarono ben presto del mio coinvolgimento. Credo avessero capito che eravamo stati usati da qualcuno di più "grosso" e per non alzare troppo polverone, preferirono concederci l'anonimato. » Mentre raccontava non si sentì in colpa, ma una parte di lui si chiese cosa sarebbe successo, se avesse dato retta a Winston. "Non vuoi vincere sempre?" gli aveva detto una volta, con quel suo sorriso untuoso stampato sulla faccia brufolosa. Sarebbe stato coinvolto anche lui nelle corse clandestine, se solo avesse accettato? Era poco più di un bambino, in fondo... con quale coraggio lo avrebbero potuto spedire ai domiciliari?
Si scrollò quei pensieri un attimo dopo averli formulati: in un certo senso, però, anche lui aveva visto l'inferno. Per ben due volte.
« Ho diciotto anni. » Rispose tardivamente alla domanda di Elizabeth e abbozzò un sorriso ironico. « Pur non avendoli conosciuti da vicino, ti assicuro che Auror, Antimago, o chi per loro non mi stanno simpatici. » Abbassò gli occhi, guardandosi le mani. « La verità è a prescindere non nutro alcuna fiducia nel Ministero e nel novantanove percento di chi ci lavora dentro. » Una punta di rabbia colorò le sue parole, ma riuscì a trattenerla. Non odiava i Ministeriali, ma non aveva alcuna fiducia nel Ministero, anche dopo aver conosciuto Camille. Non riusciva a credere che nessuno di loro avesse trovato informazioni su suo padre e da anni Horus era ormai convinto che la sparizione di Osiris Sekhmeth fosse andata in prescrizione troppo in fretta.
« Paradossalmente il marcio attecchisce di più dove sembra tutto lindo e pulito. » Tacque un istante, cupo. « Guarda Hogwarts. » Sibilò; non era sicuro che lei lo avesse udito, perciò rimase in silenzio ancora un po', dondolando i piedi nel vuoto. Si sentiva diviso: avrebbe voluto chiederle altro sulla sua esperienza, ma non voleva arrischiarsi su argomenti che avrebbero potuto appagare la sua curiosità a discapito della tranquillità di lei. Aveva notato il modo in cui Elizabeth aveva risposto, quasi incalzando se stessa, spillando ogni parola con un'enfasi trattenuta.
« Ti manca? » Si lasciò sfuggire la domanda e con un cenno della testa, indicò il castello che si intravedeva in lontananza. Il suo profilo, sbiadito dalla prospettiva aerea, sembrava vegliare sul villaggio di Hogsmeade —e su di loro— come un millenario guardiano addormentato.



Giusto un pelino :ihih:
 
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view post Posted on 30/4/2019, 15:00
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Qualcuno di più grosso.
Già.
Forse era semplicemente lei ad essere paranoica. Anzi, di sicuro era paranoica e molto probabilmente era la pura e semplice paranoia a spingere il pensiero che le ronzava in testa. Eppure, proprio non riusciva a smettere di chiedersi se avessero scoperto le scommesse di Hogwarts mentre indagavano sulle corse o se, al contrario, avessero beccato le corse mentre indagavano su Hogwarts.
Con uno sforzo di volontà, accantonò le proprie elucubrazioni e si concentrò su Horus: sembrava pensieroso e vagamente turbato. Elizabeth si rese conto che, involontariamente, poteva averlo spinto a fare un confronto tra le loro due esperienze e si sentì in dovere di rimediare: «Eri davvero soltanto un bambino. Indipendentemente da quanto fossi coinvolto, sarebbe stato inconcepibile punirti oltre. E sì, non poteva certo essere un manipolo di undicenni il vertice dell'affare delle scommesse, anche il più stupido dei ministeriali l'avrebbe capito.»
Si concesse una pausa, per riordinare i pensieri e inspirare una lunga boccata di fumo. «Per noi era diverso.» continuò poi. «Eravamo abbastanza grandi da capire cosa stavamo facendo e dopotutto quelle corse le avevamo messe in piedi noi, anche se poi ci erano sfuggite di mano. E poi, sai, non è che fino a quel momento fossimo stati dei bravi ragazzi rispettosi delle regole.» aggiunse ironica. «Volevano darci una lezione e non hanno esitato a farlo quando se ne è presentata l'opportunità.» concluse scrollando le spalle.
Tacque, come incoraggiandolo a proseguire, e ascoltò in silenzio, lo sguardo intento a seguire uno stormo di zigoli gialli che volavano in formazione poco distante, ma la mente concentrata a registrare tanto le parole di Horus quanto l'insofferenza con cui le pronunciava.
«Beh, menomale.» si lasciò sfuggire alla fine Elizabeth, a mezza bocca, espirando una nuvola di fumo. Rendendosi conto di aver esternato ad alta voce quel commento che avrebbe dovuto essere solo pensato, guardò il ragazzo di sottecchi e scrollò ancora le spalle: «Scusa, continua.»
La successiva affermazione del ragazzo, accompagnata da quell'esempio proferito in tono amaro, la colpì: aveva sempre creduto che per uno come lui - Purosangue, sicuro di sé, anche attraente, cosa che tra adolescenti aveva da sempre più rilevanza di quanto fosse opportuno - la vita ad Hogwarts fosse un susseguirsi di successi e soddisfazioni.
Evidentemente si era sempre sbagliata.
L'inaspettata domanda che seguì, tuttavia, la spiazzò ancora di più. Non se l'era mai posta lei stessa, quella domanda, perché, dopotutto, che senso avrebbe mai potuto avere? Ed ora ecco che uno studente diciottenne la metteva faccia a faccia con l'opportunità che aveva perduto: l'opportunità di costruirsi un futuro, una vita piena e realizzata al posto di un'esistenza che si trascinava tra un lavoro precario e l'altro, in costante fuga da nemmeno lei sapeva cosa.
Avrebbe potuto liquidare la domanda con una bugia, con qualche parola di circostanza, ma sin da quando aveva restituito ad Horus il suo ipod l'istinto le aveva suggerito di essere sincera. Fino a quel momento l'aveva seguito, quindi perché smettere?
«La verità è che non lo so. Quando sono arrivata a Hogwarts, a undici anni, è stato-» cominciò dopo qualche attimo di riflessione, interrompendosi quasi subito, incerta su come spiegarsi.
«Beh, te l'ho detto che sono una Nata Babbana.» si interruppe di nuovo, conscia di poter essere fraintesa. «Non che sia questo il punto, molte famiglie Babbane accolgono come un dono le qualità magiche dei loro figli e, anche se magari non capiscono, li amano e li sostengono. Solo che la mia non era una di queste. Arrivare ad Hogwarts ha significato sentirmi per la prima volta davvero a casa.»
Tacque per diversi secondi, come a concedersi di rivivere quella sensazione che, a suo tempo, era sopravvissuta per un tempo davvero troppo breve. «Ma non durò,» continuò infatti, «ben presto mi ritrovai ad inciampare nel
marcio che impregna quelle dannate mura.»
Aveva calcato il tono su quella parola, dimostrando di aver udito e compreso la menzione della scuola da parte di Horus. «Quindi no, alla fine, non posso dire che mi manchi.» concluse, lanciando lontano, con un gesto stizzito, il mozzicone di sigaretta.
Per diversi, lunghi minuti il silenzio avvolse i due giovani, entrambi intenti a osservare il profilo sfocato del Castello, protettivo e minaccioso al tempo stesso.
«Il marcio che ha quas soffocato
me, comunque, era in gran parte rappresentato dalla gente fissata col sangue puro a cui accennavo prima. In teoria non dovrebbe essere un tuo problema, quindi mi domando a quale marcio ti riferisca tu.» osservò, curiosa di sapere se - e quanto - le cose a Hogwarts fossero peggiorate rispetto a sei anni prima.

 
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