Lacuna , Villa Hydra ~ Privata

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view post Posted on 1/3/2018, 15:34
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E
tereo, l'airone azzurrino disegnava cerchi perfetti sulla superficie d'acqua. Ed Amber, nel vano tentativo di privarsi di ogni pensiero e di ogni sensazione, l'osservava rapita. Il suo Patronus danzava con un'eleganza rara, a confronto anche il cigno di Nonna Cordelia sarebbe apparso sgraziato; a lei però la nipote non avrebbe mai osato dire niente di simile. Con una zampa, intangibile, quasi immersa nel piccolo stagno, sembrava voler dar spettacolo appositamente. E allora perché non osservarlo? Non sarebbe durato in eterno, e tanto valeva cercare a tutti i costi di non pensare al compito che a breve l'avrebbe rapita. *Rapita* Un profondo respiro spezzò il silenzio sveglio della radura. Quello che un tempo per lei era stato un vanto, ora era divenuto ossessione: ricordava ogni cosa, ogni frase ed ogni parola che Killian le aveva rivolto. In quel miscuglio di lettere in sequenza e frasi taglienti, spiccava sempre un momento preciso che, vuoi o no, sarebbe stato impossibile da dimenticare. Sebbene il cuore anelasse un confronto, sfuggendo alle rigide imposizioni della mente, in quella piccola osasi per pochi, Amber stava bene. Oltre a lei, in netto anticipo sulla tabella di marcia, ed il prodotto di un incantesimo destinato a svanire, non c'era nessuno, poteva permettersi di sospirare senza per forza rischiare di essere udita, poteva permettersi di non mantenere il sorriso di circostanza che aveva riservato il giorno precedente ai parenti in partenza. Le avevano chiesto di andare con loro; aveva rifiutato. Non aveva trascorso una notte particolarmente serena, in verità, e forse proprio per quella ragione rilassarsi vicino allo stagno sarebbe stato un toccasana. I domestici non erano nei paraggi, non era consentito loro di raggiungere quella zona, ma non per cattiveria. Erano stati Dustin ed Elise a volere che casa loro e tutto il perimetro a loro dedicato potesse essere ritenuto "privato", tanto che perfino i proprietari della Villa chiedevano sempre il permesso prima di andare in visita, e distavano solo alcune centinaia di passi. Per la loro unica nipote, ovviamente, le porte del piccolo cottage erano sempre aperte. Una porzione di quella casa più piccola e ricoperta di edera e glicine, era visibile dal punto di osservazione di Amber, mentre il profilo imponente della villa si stagliava in lontananza come un antico Guardiano a protezione di un immenso tesoro.

Lo spiazzo in cui gli aveva dato appuntamento era abbastanza spazioso da ospitare più di una persona, ma al contempo si nascondeva bene tra i sempreverdi che avvolgevano la casupola. Amber lo aveva misurato più volte con i propri passi, mentre cercava la calma necessaria per affrontare un week end particolarmente teso. Dopo le poche parole che si erano scambiati sulle Alpi, non era più stata sicura di nulla. Se all'inizio la separazione dopo l'estate era sembrata tanto netta quanto insopportabile, l'incertezza che ne era seguita aveva fatto di peggio. La ragazza era arrivata al punto di non capire più nemmeno da dove prendesse linfa vitale il sentimento che sapeva legarli. C'era, ne era quasi sicura, ricordava benissimo lo sguardo intenso che lui le aveva rivolto pochi mesi prima, non poteva essere casuale e non c'era quel timore aggressivo che purtroppo aveva visto a Rosegarden Street, ma questo non era sufficiente a convincerla che ci fosse ancora qualcosa per cui lottare. Avrebbe aiutato Killian a fidarsi di lei, ma ancora non sapeva a che pro. Il grande paletto che si era interposto tra loro aveva un nome: Artemisia. Un nome legato ad una ragazza che certamente poteva aver significato qualcosa in passato o perfino nel presente - ipotesi che aveva tentato più volte di non considerare - per l'Auror. Sarebbe stato facile etichettare quel tremolio infantile con la targhetta: "gelosia", e forse non sarebbe stato poi così sbagliato. Ma la verità era che il fatto che lui potesse avere qualcuno nella propria vita, benché terribile, non era mai stato smentito né confermato da Killian stesso. Ulteriore ragione per non permettersi un sospiro di troppo con lui presente. Non avrebbe ingannato nessuno, ancora una volta Amber sapeva che rivederlo non sarebbe stata una passeggiata, e che se mai si fosse avvicinato anche solo per salutarla, avrebbe dovuto fare appello a tutta la propria forza per non pontificarci su, ma quella volta - diversamente dalle altre - non avrebbe soffocato totalmente il suo istinto; avrebbe usato tutta la forza di volontà che possedeva, fino a prosciugarla. Doveva convivere con quel sentimento.

Con un maglione non troppo pesante, lungo fino al ginocchio, un paio di calze nere e spesse e due scarponcini più comodi che belli, era uscita quasi un'ora prima dal Cottage degli Snow, anche per godere dell'aria frizzantina ma pulita che si respirava. C'era il sole, ma era ancora lontano dal rendere fastidioso uscire in pieno pomeriggio. I suoi raggi scaldavano, ma non bruciavano. Non se l'era sentita di dormire da sola in Villa, il silenzio di quel monumento architettonico era tanto fastidioso quanto inquietante, ma anche scegliere una stanza più modesta non aveva impedito a nuovi incubi di tormentarla. Benché alcuni riguardassero proprio Killian, gli altri sembravano rivolti ai G.U.F.O. e tutto lo stress che questi comportavano. Attorno al piccolo stagno c'erano molte rocce di differenti dimensioni, ma una in particolare aveva sempre attirato l'attenzione di Amber; era alta un metro e mezzo, e piatta in cima. Seduta lì sopra, nella zona in cui il muschio non aveva attecchito, avrebbe potuto controllare una buona mezzaluna di quella radura. L'espressione, sebbene non astiosa, non riusciva a celare un certo nervosismo. Più l'ora "x" si avvicinava e più la ragazza sentiva crescere il senso di agitazione che aveva scacciato ore prima. Sarebbe stato più semplice se nel vederlo avesse potuto rifugiarsi tra le sue braccia, anzi quello sì che sarebbe stato più che di conforto... ma non poteva farlo, e forse non avrebbe mai potuto farlo.
*E' qui per Eveline, e io sono ancora un nemico* Era quello il mantra, ed ancora non aveva ben chiaro come si fosse risolta la questione dei domestici Magonò, per cui a maggior ragione avrebbe soppesato ogni singola parola, anche a costo di cadere in lunghi silenzi. Sarebbe stato un lungo week end.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit



Edited by ˜Serenitÿ - 6/3/2018, 17:59
 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Esitazione.
Non accadeva spesso, eppure anche Killian Resween a volte arrestava la sua corsa. Si fermava, titubante, incapace di procedere. Non importava se solo per qualche attimo: aveva esitato e tanto bastava per non potersi perdonare quella debolezza che aveva cercato in tutti i modi di estirpare, invano. Rimase sospeso nell’osservare lo scenario che aveva davanti, oltre la stoffa leggera del mantello: lei era già lì, naturalmente, con la sua immagine riflessa nello stagno a tenerle compagnia, ma non solo. L’etereo patronus che aveva evocato sorvolava le placide acque con un’eleganza unica e sebbene da quella distanza Killian non potesse riconoscere con precisione che animale fosse, pensò che niente altro avrebbe potuto rappresentare Amber altrettanto fedelmente. Era cresciuta. Vederla un numero estremamente ridotto di volte all’anno non faceva che aumentare l’ammirato stupore in ogni nuovo rincontro, quando almeno un pensiero sullo sbocciare della bellezza della ragazza riusciva a sfuggire alla censura della ragione.

Era una scena così fuori dallo spazio-tempo, con la pace che sembrava avvolgere Amber e il suo patronus, che Killian si sentì improvvisamente di troppo, estraneo alla calma che regnava nella piccola radura. Non c’era modo di palesarsi e adempiere il proprio compito senza infrangere quel prezioso momento di serenità. E se tutti i suoi buoni propositi di aiutarla in realtà potessero essere interpretati così? Se la sua presenza nella vita della ragazza avesse causato più danni che bene per lei? Se, se, se. Se Amber l’avesse conosciuto semplicemente come Killian e non come l’Auror di cui aveva sentito parlare sua zia. Se tutto fosse stato semplice.

Le mani tatuate dell’uomo abbassarono l’ampio cappuccio del mantello della disillusione che finora l’aveva celato nel suo arrivo nelle proprietà degli Hydra-Snow. Fu un gesto eseguito con forza, quasi stizzito dal suo stesso esitare: aveva paura di quali altri pensieri si sarebbero potuti affollare nella sua mente che invece doveva restare lucida e pronta se solo si fosse fermato in quella contemplazione ancora qualche altro istante. Iniziò ad avanzare verso la giovane emergendo dagli alberi alla sua destra, a diversi metri di distanza dal masso su cui era seduta ad attenderlo. Avrebbe potuto fare uno dei suoi ingressi a sorpresa, sfruttando le proprietà della cappa che aveva indosso, ma lasciò che la sua alta e scura figura si stagliasse ben visibile tra la verde vegetazione mentre camminando si liberava del mantello.


“Ciao, Amber”,disse una volta mosso l’ultimo passo che lo portò ad una distanza tale affinché la sua voce potesse essere udita anche se più bassa del solito.

Un saluto normale, una vera stranezza per lui. Dopotutto, ciò che aveva scritto nell’ultima missiva indirizzata alla strega, che “nulla era cambiato”, sembrava sempre più assumere i connotati di una bugia a cui non credeva nemmeno lui che l’aveva raccontata. Provò a sorridere, ma neanche il suo ghigno storto trovò il modo di farsi strada tra la barba scura appena accennata. Eppure nel viso dell’Auror non c’era rabbia, non c’era timore, non c’era più nulla di quello che aveva indurito i tratti giovani nel suo appartamento la scorsa estate o sotto la neve al Ballo di Natale. Gli occhi grigi sembravano comunicare solo un grande e malcelato dispiacere. Per come stavano andando le cose. Per come sarebbero potute essere.


"Prima di cominciare, devo chiederti una cosa”,mormorò anticipando qualsiasi azione o parola da parte della strega. Quello che doveva dirle era essenziale, la base senza la quale quel week-end non poteva reggere. Continuò con voce sicura ciò che più e più volte si era ripetuto in testa quando si era immaginato quel momento:"Se dovessi percepire o vedere qualcosa … dimmelo, di qualsiasi cosa si tratti”

Non aveva specificato, ma era chiaro a cosa facesse riferimento la sua richiesta. Killian non sapeva come l’abilità di Amber stava maturando, forse aveva raggiunto un controllo tale da escludere la possibilità del ripetersi di un incidente come quello che aveva messo a nudo le loro debolezze, forse no. Non aveva comunque importanza, ora: doveva solo avere quella sicurezza, unico modo per provare ad andare avanti senza sentirsi irrimediabilmente esposto. Non chiese una promessa perché, come le aveva già detto in passato, con lui non servivano.
Bastava un cenno, un assenso, qualcosa che potesse ancora farlo confidare nella fiducia che li aveva legati.


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view post Posted on 18/3/2018, 18:26
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ubdolo, il desiderio di rivedere l'Auror fece pressione contro le pareti solide della Ragione. Il familiare tremore che per pochi istanti rendeva instabile la presa delle sue mani, le era noto, ed ancora non era riuscita ad impedirsi di sperimentarlo. Osservò l'indice tremare appena, e scosse impercettibilmente il capo. Doveva ripetersi il mantra perché questo rendesse validi tutti i suoi buoni propositi. Che poi fossero davvero "buoni", era tutto da vedere, ma lei si era ripromessa di provarci con rinnovata fibra morale. Allo stesso modo non costrinse quel desiderio a svanire, preferendo sapere di poterlo provare e sapere di riuscire a nasconderlo sempre meglio. Però, più l'invisibile pendolo segnava il passare dei minuti sopra le loro teste, e più Amber percepiva una febbrile agitazione. Il tempo era il metronomo tiranno che scandiva con crudele cura gli istanti a loro disposizione, e che per un attimo era arrivato a segnare uno zero netto. Oh, lei non avrebbe mai dimenticato il momento preciso in cui aveva creduto di doversi rassegnare all'idea di non vedere Killian mai più. Lo riviveva ogni tanto, nei momenti in cui il silenzio diveniva opprimente ed i pensieri premevano contro il costato. Era stato durante una notte particolarmente agitata, finita con lei che si svegliava di soprassalto ed una sensazione di vuoto cosmico nel petto... al posto del cuore. Erano passati mesi da quel momento, ma come molti altri, non l'avrebbe dimenticato. Ed anche se i ricordi nuovi avevano sostituito i vecchi, i più intensi rimanevano lì, a portata di mano nell'archivio mentale di una ragazza con troppa memoria a disposizione. Quel ricordo era praticamente la nemesi di quello che le era servito ad evocare l'Airone, che poco dopo finì l'ultimo giro e -forse percependo l'affievolirsi del momento felice - si dissolse in una nuvola di vapore azzurrino.

Non faticò un istante a riconoscere la sagoma alta del ragazzo, che lentamente aveva iniziato ad avanzare verso di lei. Essendosi ripromessa di non fissarlo, ed avendo lui ancora dei passi da percorrere, pure nascondendo un guizzo agitato del cuore, Amber mantenne un contatto di pochi secondi, per poi tornare a guardare avanti a sé. Non c'era più tempo per alcun preparativo, la "resa dei conti" stava già avanzando verso di lei e la prova avrebbe avuto inizio non appena fosse scesa dal masso. Si era imposta di non pensare a come l'avrebbe raggiunta ed alla possibile entrata a sorpresa... e non per evitare di pensare a lui in toto, ma piuttosto per non avere alcuna aspettativa. Sapeva che "nulla era cambiato" ma quella frase avrebbe potuto dire che la scissione che li aveva allontanati apparentemente dal comune futuro, era ancora lì a spaventarli con la profondità del suo stesso burrone. Solo quando lo percepì sufficientemente vicino, scese agilmente dal masso. Con gli scarponcini di nuovo ben piantati a terra, non ebbe remore a puntare le iridi verde acqua in quelle grigie. Le Nubi di Londra erano lì, pronte a riflettere un dispiacere comune. E se proprio ad Amber fosse servita una conferma di come funzionasse il loro rapporto ora, il saluto di Killian funzionò a dovere. "Ciao Amber"... quante volte l'aveva chiamata per nome? Quante volte l'aveva salutata in quel modo? Niente stranezze; non poteva essere un buon segno. Sostenne il primo contatto visivo con una composta serietà, nel tentativo di convincersi che così sarebbe stato tutto più facile. «Killian» per la prima volta non regalò un tono personale a quel nome, lo trattò alla stregua di ciò che era: un'affermazione che fungeva da saluto. Le costò molto, ma non lo diede a vedere. Non v'era rabbia nel suo tono, né eccessiva tristezza, ma piuttosto una cieca rassegnazione. Nonostante la vicinanza che giocava forse a svantaggio di entrambi, la ragazza sentì quella strana neutralità invaderla, ma fu la premessa che seguì a fermarne l'avanzata.

Che volesse chiederle scusa per come erano andate le cose? In fondo non poteva negare di avere almeno una piccola parte di colpe a suo carico... In cuor suo Amber era quasi pronta a negare e rispondere con un convinto: "non scusarti, è colpa mia", ma le parole di Killian mancarono un bersaglio, per centrarne in pieno un altro. No, non si stava scusando ma stava invece mettendo in chiaro ancora una volta i ruoli di entrambi. Non distolse lo sguardo e mantenne un'espressione riflessiva. Assorbì il colpo di quel primo dardo. Aveva davanti lo specchio in cui non avrebbe voluto specchiarsi troppo presto. Guardò prima una e poi l'altra delle iridi compagne, alla ricerca di anche solo un piccolo spiraglio. E mentre il suo sguardo diceva "non potrei mai fare diversamente" e " non c'è pericolo, sono la prima a non volere che accada di nuovo", le sue labbra si mossero:
«Si, certo» Alzò appena il volto, riconoscendo come ogni volta l' Auror sembrasse più alto. Mantenne un tono sicuro e quanto meno calmo, molto più del previsto. Doveva ricostruire quella base di fiducia che era andata perduta. Dovevano farlo entrambi. Poi, alla velocità della luce, per nascondere la lieve increspatura che sarebbe apparsa sul muro cristallino del suo sguardo, quasi prima di finire quella brevissima frase, si voltò verso la casetta dei nonni. Poco dietro Killian stesso. Era presto per sperare che lui non temesse un'invasione ogni volta che - anche per sbaglio - i loro sguardi si fossero incontrati? Desiderando ardentemente di cambiare argomento, forse perfino più di lui, ingoiò il rospo che per poco non le aveva portato la voce al livello di quella di Killian, sempre così pronta a far vibrare corde nascoste e sepolte a fatica. Si mosse lentamente ma sembrò volersi fermare, lui avrebbe dovuto tenere il passo, mentre il piccolo cottage ricoperto d'edera appariva davanti a loro. «I domestici rimasti sono in Villa, i nonni non amano essere-... Diciamo che preferiscono l'indipendenza» Doveva evitare di fargli associare la figura dei Magonò a quella della servitù, benché fosse proprio quello il ruolo in quel frangente. Concentrata sulle parole da dire, per poco non inciampò su un tronco spintosi un po' oltre, una trappola della natura. Si sbilanciò da un lato, ma diversamente da quanto avvenuto più di un anno prima, tornò anche in piedi da sé. Una mano passò lieve sul suo volto, per sistemare una piccola ciocca ribelle e rivelare il profilo di un volto segnato appena dalle occhiaie di un paio di notti insonni, forse più evidenti una volta presa una certa "distanza".


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 24/3/2018, 14:46
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Il suo ingresso in scena, oltre che ad essere incredibilmente “piatto” per gli standard del giovane, era stato solo per pochi istanti sotto lo sguardo cristallino di Amber. Si era voltata, negandogli la vista del suo bel viso incorniciato dalle ciocche bionde almeno fino a quando non la raggiunse fisicamente e con il saluto. Come doveva interpretare quella sfuggevolezza? Bene, male? In modo neutro come qualsiasi altra persona normale? Se da una parte era grato di non dover per forza trovare risposta alla domanda su quanto a lungo potesse sostenere quello sguardo senza fare cose per cui poi si sarebbe pentito, dall’altra non riusciva a non chiedersi se quello fosse il trattamento che doveva aspettarsi d’ora in poi, meritato o meno. Anche il saluto che ricevette in cambio al suo semplice “ciao” sottolineò quanta passi indietro erano stati fatti, sembravano essere passati anni luce da quando riuscivano a scherzare su cose personali regalandosi una confidenza a cui rinunciare, ora, sembrava essere la conseguenza peggiore. Si chiese se il nome che lui aveva pronunciato era risultato alla giovane tanto ruvido e spietato quanto quel “Killian” emesso dalla sua voce incolore. Probabilmente sì: erano incredibilmente bravi a maneggiare le stesse armi a doppio taglio senza rendersi conto di come ferire l’altro causasse i danni maggiori a sé.

Ricevette risposta affermativa alla sua richiesta, eppure non riuscì a gioirne o a lasciarsi tranquillizzare da essa. Un tempo, quando aveva creduto di conoscere bene la ragazza almeno quanto lei riusciva a comprendere lui, non avrebbe avuto nemmeno bisogno di cercare quella certezza, tanto era ovvio il desiderio di sapere quando i pensieri più intimi trovavano una via di fuga oltre la propria mente. Ma anche se aveva scelto di credere alla buona volontà della strega, anche se nel profondo sentiva che quel dono era stato un peso soprattutto per lei, anche perdonandola delle sue omissioni non poteva non domandarsi cosa sarebbe successo se il nome di Artemisia non fosse uscito dalle sue labbra in modo inconsapevole. Gliene avrebbe parlato comunque anche se aveva la possibilità di tacere ancora quello che per mesi gli aveva nascosto?

Sospirò impercettibilmente e fu tentato di dire qualcosa _qualsiasi cosa_ anche se di estremamente sciocco come un “grazie”, ma non ne ebbe il tempo. Riuscì appena a percorrere con lo sguardo tutti i tratti delicati del suo viso prima che Amber lo rivolgesse altrove, negandosi per l’ennesima volta ad un Killian sempre più destabilizzato da quel comportamento. Rimase interdetto a fissare il vuoto che lo spostamento della giovane aveva lasciato davanti a lui, ma pochi secondi bastarono per seppellire definitivamente l’incauta idea di afferrarle un braccio, costringerla a fermarsi e ad affrontare un faccia a faccia fatto di muta osservazione. Si era già mostrato collerico, spaventato e diffidente nei suoi confronti, ora non poteva dar cenno anche di pazzia dato che una volta aver intercettato così prepotentemente gli abissi verdi che Amber aveva per occhi, poi non avrebbe saputo cosa dirle.
*E’ così che si gioca, adesso? Bene.*, mentre mosse i primi passi per seguirla intraprese quella breve e immaginaria conversazione come se indispettirsi e far finta di accettare le nuove regole come se nulla fosse potesse migliorare la situazione. Fortunatamente la Tassorosso stessa pose fine a quei primi pensieri stranianti, riportandolo al compito per cui era lì mentre nel varco tra le fronde degli alberi appariva la loro meta, un cottage di pietra. Lo stile rustico ricordava molto quello della Tenuta Resween che era stata lo sfondo dell’infanzia del mago, ma il suo occhio attento si focalizzò in modo pratico solo sugli aspetti utili alla missione: valutò la grandezza della casa a due piani per ipotizzare il tempo necessario per scandagliarla tutta scrupolosamente, ma forse la ragazza sapeva già dove concentrare l’attenzione e allora la ricerca sarebbe stata più rapida.

“Quindi qui non corriamo rischi, giusto?”, la interpellò per avere conferma anche se in ogni caso si sarebbe liberato del mantello della disillusione solo dopo essere entrato.

Sorvolò volontariamente sul discorso domestici-magonò perché stessa cosa sembrava voler fare Amber. Ed era giusto, quell’argomento apparteneva ad un’altra storia e se continuavano ad aggiungere carne al fuoco sarebbero rimasti arsi dalle fiamme delle incomprensioni. Già così il Resween doveva combattere contro un sottile senso di malessere generale che fastidiosamente si rivelava sempre più connesso con i modi sfuggenti di Amber. Poi lei perse l’equilibrio e ciò parve catapultarli ad un anno prima, nello stagno gelato: con la stessa apprensione di allora ma sprovvisto del suo ruolo di “maestro” Killian scattò istintivamente per evitarle la caduta, ma le sue intenzioni vennero ancora una volta bloccate dalla rapidità con cui Amber risolse la situazione da sola. Ritrasse la mano che aveva allungato nella sua direzione per offrirle un sostegno di cui, evidentemente, non aveva bisogno. Quel piccolo incidente aveva consentito all’uomo di raggiungerla ed ora che le era affianco poté spiare di sottecchi il suo profilo.


“Non hai una bella cera”, mormorò automaticamente notando solo ora quanto stanco apparisse il suo aspetto pur senza riuscire ad offuscarne l’evidente bellezza.

La voce della verità aveva parlato di nuovo, profonda e calma come sempre. Avrebbe fatto meglio a tacere, ma nonostante tutto il modo di mostrarle interessamento e preoccupazione per le sue condizioni emerse comunque.


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view post Posted on 25/3/2018, 18:50
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u un attimo, ed i progressi raggiunti negli ultimi tempi svanirono, cancellati dal ricordo di una semplice e fastidiosa caduta. Erano tante le cose a cui si costringeva a non pensare quando gli era vicina, eppure ogni volta quelle insistevano con il voler tornare a bussare alla sua porta. Tenerle fuori del tutto avrebbe voluto dire dimenticarsi di Killian, annullare la missione, smettere di vederlo... di sentirlo ed anche solo di pensare a lui ed a loro, come se il futuro di quello strano duo avesse infine un senso. Ma la sola prospettiva di farlo era insopportabile, e quella gioia repressa che aveva provato anche solo nel vederlo arrivare, circondato da quello che sembrava il suo ambiente naturale, non poteva davvero venire uccisa così facilmente. Forse avrebbe potuto dimenticarsi di tutto con l'ausilio della magia, ma che ne sarebbe stato di lei a quel punto? Avrebbe avuto il coraggio di separare la sua crescita personale dal rapporto con l'Auror? Come negare che anche grazie a lui ed alle volte in cui le aveva impartito una lezione - corretta o meno che fosse - era cresciuta? Ci aveva pensato, oh se l'aveva fatto... ma alla fine era giunta alla conclusione che avrebbe perso molto di più se anche solo avesse considerato l'idea. Negli sguardi che di sottecchi si scambiavano, a turno, non v'era traccia di un significativo cambiamento da quella fatidica e pericolosa scivolata sul ghiaccio, ma quando invece i loro occhi s'incontravano le barriere s'innalzavano, proteggendo entrambi da quanto avrebbero a vicenda potuto farsi. Ferirsi a turni alterni sembrava l'inevitabile scopo della loro esistenza, ed allo stesso tempo Amber non era mai riuscita a replicare la felicità del trovarsi con lui, in qualsiasi altro incontro. Era anche quella una forma di autolesionismo? Ma era davvero sbagliato voler contare sull'altro? Era sbagliato desiderare di meritare fiducia e donarla di conseguenza? Non aveva tutte le risposte.

Illusa, aveva creduto che negare uno scontro diretto e prolungato dei due sguardi potesse salvarla dal sottile disagio che lentamente stava prendendo piede. Aveva promesso che non avrebbe tenuto per sé alcuna possibile scoperta, o visione, o percezione, ma aveva sperato con altrettanta insistenza che la Legilimanzia non si intromettesse di nuovo tra loro. Non lo aveva mai trattato in quel modo, benché un accenno di quel comportamento era apparso anche sulle Alpi, ma era durato talmente poco quell'incontro che probabilmente nessuno dei due si era accorto di quanto anche lei potesse essere dura, se lo voleva. Ce n'erano di cose su cui scherzare, ne avrebbe avuto per ben più di un week end, ma non riusciva ad alleggerire quel peso che gravava pesantemente sul cuore.
*Non è a questo che devo pensare* si disse, mentre ancora vagava allarmata tra i ricordi. «Si, infatti.. qui possiamo agire praticamente indisturbati, non ci sarà il rischio di incontrare nessuno» "Saremo soli", avrebbe voluto aggiungere, ma frenò la lingua. Ricordava con precisione il momento in cui, l'estate prima, lui l'aveva avvisata che sarebbero stati soli perché la McCramble non era in casa... e ricordava com'era finita.

Non ebbe eccessivo modo di maledire la propria goffaggine, perché la rapidità con cui percepì l'avvicinarsi di Killian la costrinse e tornare alla realtà. L'avrebbe afferrata se lei non avesse trovato l'equilibrio? E, dopo? Se si fosse di nuovo ritrovata tra le sue braccia, come avrebbe reagito? Era certa di avere una risposta... fino a pochi istanti prima che la possibilità fosse ad un passo dal concretizzarsi. Notò appena, con la coda dell'occhio, la mano del ragazzo allontanarsi da lei. Individuò, invece, con estrema esattezza il fastidioso capriccio del volere che invece quel primo contatto andasse a buon fine. Ma fu lei a non avere il tempo di dedicarvisi, un po' perché non ci volevano ancora molti passi per raggiungere il cottage, ed un po' perché una cruda affermazione la colse totalmente alla sprovvista. Era così che le chiedeva come stava? Il passo, non eccessivamente veloce, rallentò ancora. L'aveva affiancata, lo sentiva. Sapeva di dover tenere tutto su un piano impersonale, totalmente, ma come avrebbe potuto in vista di quanto sarebbe probabilmente accaduto più in là? Non era una ragazza estremamente emotiva, ma il dolore della perdita prematura della madre sarebbe di certo emerso più volte in quel lungo week end, doveva limitarsi a quello? Certa che non potesse essere poi così deleterio togliersi la maschera che lui non meritava di vedere, alzò lentamente lo sguardo da terra, e si fermò. A pochi metri c'era il portone d'ingresso, che recava però una protezione tale che Killian non avrebbe potuto varcarne la soglia senza prima un'adeguata sequenza di gesti da parte di Amber. Eppure lei era ferma al suo ingresso, intenta a capire come rispondere ad un'affermazione che sembrava celare una domanda. Sorrise, ma amaramente. C'era un lato fastidiosamente ironico nel modo in cui le sue labbra avevano seguito una curva naturale quanto rara di un sorriso. Annuì, prima di voltare il capo quanto bastava a puntare lo sguardo serio in quello di lui. Doveva accertarsi che lui non avesse anche iniziato a provare pietà per lei e quello sarebbe stato il modo migliore per farlo. «Io-... non dormo bene da troppo ... un po'» Sollevò appena le spalle, per non dare peso a quella che invece era una preoccupazione che lei avrebbe dovuto provare nei suoi stessi confronti. L'ultimo periodo non era stato facile per Amber, c'erano ombre che ancora tormentavano la sua tranquillità, redendo ogni sogno un infernale incubo. E sentirsi debole non le era servito ad affrontarle. «E' così... evidente?» Si preoccupò solo dopo, di quanto potesse celarsi dietro alla possibile risposta a quella domanda. In tante non avrebbero accettato la schiettezza di quell'attenzione così poco "gentile", ma lei era abituata ai modi di Killian, e doveva invece sforzarsi di non leggervi una vera preoccupazione nei suoi confronti, o sarebbe stato ancora più difficile non gioirne.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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L'averla raggiunta permise al mago di rubare sfuggevoli dettagli della figura della ragazza, piccoli indizi che gli occhi nuvolosi catturarono con avidità ora che potevano soffermarsi più di qualche istante prima che la sfuggevolezza di Amber rivolgesse loro le spalle. Il quadro che ricostruì con essi lasciava trasparire qualche traccia di stanchezza in più e Killian comunicò quell’impressione senza mezzi termini o inutili preamboli, ma non era tutto lì. Fragilità: il Resween continuava ad associare la delicatezza dei tratti e del comportamento della giovane a quel termine e mai come in quel momento sentì concreto il rischio di vederla frantumarsi tra le sue mani. Aveva avuto varie volte la prova che “fragile” non corrispondeva a “debole” e che con sempre maggiore pericolosa probabilità era lei a poterlo “rompere” senza più rimedio e non viceversa, ma in quel momento non poteva far altro che domandarsi come uno stato emotivo già provato potesse resistere alla tempesta che stavano per affrontare. Scavare nel passato di sua madre, sul serio, senza più censure. Farlo come ladri, nell’ombra, privati di legittimità. Sarebbe stata dura già per l’Amber pienamente fiduciosa in quel rischioso affare, ma ora che le cose tra di loro si erano profondamente complicate e lui non aveva più la certezza di riuscire a gestire i mille possibili risvolti cosa poteva garantirgli che quella non era una missione sucida?

I passi di Amber si arrestarono e come un’ombra attenta e vigile lo stesso fece il ragazzo, rimanendo al suo fianco. Ricevette in risposta un sorriso prima ancora che parole, eppure la curva che attraversava le labbra rosee della ragazza non aveva nulla di rassicurante e non bastò a far svanire la preoccupazione che un occhio esperto poteva leggere nel viso dell’uomo. Mancanza di sonno, poteva davvero trattarsi solo di questo? Killian approfittò di quel varco concesso dalla giovane strega e continuò a scrutare con cura gli occhi verdi, profondi e pericolosi come pozze d’acqua, in cerca della risposta. In ogni caso, più che le notti insonni erano da indagare i motivi di quell’irrequietezza notturna che la privavano del riposo. Con un pizzico di presunzione prima e di estremo rammarico poi, pensò che tra le varie cause potesse esserci anche quanto successo in estate e a Natale, nei loro due ultimi incontri. Era una possibilità reale, ma Killian aveva bisogno di credere che c’era dell’altro, delle spiegazioni che non lo vedevano direttamente colpevole.


“E’ così… evidente?”, lo interpellò la voce cristallina e senza poter trovare un freno alle parole il Resween si ritrovò a rispondere:
"Lo è per me”.

Ecco un’altra affermazione che si andava ad aggiungere alla lunga lista di cose che il mago avrebbe fatto meglio a tacere. Cosa intendesse di preciso non lo sapeva nemmeno lui ma non si sforzò troppo di trovarvi un senso dato che era uscito così spontaneamente che la ragione difficilmente avrebbe districato i mille significati che poteva avere; si strinse nelle spalle sicuro che a lei non potesse bastare come replica ma non le lasciò il tempo di approfondire.

“Qualsiasi cosa ti tenga sveglia la notte, deve rimanere qui fuori, lontano dalle nostre ricerche. So che è difficile ma devi provarci. Parlamene ora, se vuoi e se serve. Ma una volta dentro dobbiamo rimanere solo tu, io e il nostro obiettivo: il caso di tua madre. Tagliamo fuori tutto il resto”

L’Auror aveva parlato. Il tono pratico e autoritario che non tradiva alcuna incertezza o esitazione. Il volto di chi non accettava un “no” come risposta ma che allo stesso tempo sapeva essere incoraggiante e di supporto. Stava forse pretendendo l’impossibile, ma quello era uno dei capisaldi della sua professione ed era indispensabile che Amber lo comprendesse e tentasse di seguirlo. E non solo lei: il singolare che diventava plurale nell’ultima frase aveva un qualcosa di auto-monito, una sorta di mantra che entrambi dovevano ripetersi a più riprese. Invito sincero era anche quello di sfogarsi ora, subito, davanti a quel portone ancora serrato la quale apertura avrebbe negato un momento simile. Killian c’era, era lì pronto ad ascoltare tutto quello che la turbava, ogni singola cosa, anche se si sentiva -e con tutta probabilità era- la persona meno indicata.
O forse la più adatta, se non l’unica.


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«E' così... evidente?»
«Lo è per me»

P
er Amber il tempo avrebbe potuto fermarsi in quel preciso istante, quando la speranza di poter sorvolare anche solo per poco sui loro problemi, sembrava reale. Ma, esattamente come da prerogativa della loro stessa razza, si ritrovavano a commettere sempre gli stessi errori. Lei non avrebbe dovuto chiedere, non avrebbe dovuto volersi informare se ad occhio umano quel suo aspetto - più cupo del solito - portasse davvero a chiedersi se ci fosse qualcosa di sbagliato in Amber, e Lui non avrebbe dovuto rispondere con quella schiettezza irrefrenabile che li aveva già spinti più volte a varcare il confine prestabilito. Continuavano a ritrovarsi lì, in quello stesso punto, tracciato forse su un terreno diverso, ma mai davvero nascosto ai loro occhi. Cercavano quel rischio sotteso che sapevano esistere, e che fosse una ricerca conscia o meno, aveva poca importanza. Erano ingranaggi destinati ad incastrarsi sempre nello stesso modo, eppure quel modo alla ragazza piaceva. Non sarebbe stato facile da ammettere, nemmeno a lungo termine, ma le dinamiche che la legavano a Killian assumevano sempre più l'aspetto di una dolce dipendenza. E se ne era accorta quando per mesi aveva creduto di averlo perso per sempre, e di aver perduto anche qualsiasi diritto ad avvicinarsi a lui. Erano meno piacevoli quando finivano col fare di lei un "mostro da cui difendersi", ma c'erano comunque. Si vedevano poco - quei due - ed a volte anche per troppo poco tempo, d'altronde la vita al Castello non si sarebbe fermata per il solo volere di una Tassorosso, ma anche in quel caso, Amber cercava di dare un valore - a volte perfino troppo alto, si era detta - a quei loro incontri. Per quanto a volte avesse voluto gridare a gran voce come lui non le avesse nemmeno dato la possibilità di difendersi, o chiesto come e perché lei fosse in grado di fare ciò che faceva, non poteva negare che ritrovarsi vicino a lui era confortante. Lottava continuamente con la fiducia che credeva di dovergli dare ma che temeva non fosse minimamente ricambiata, ma rivederlo - non solo in quei sogni che divenivano sempre più spesso incubi - le aveva ricordato con esattezza allarmante il perché non potesse fare a meno di lui nella sua vita. Erano prese di consapevolezza totalmente inconsce, il cui risultato cosciente era però quel tuffo al cuore che non poteva negare di sentire. Con lo sguardo ancora rivolto verso le iridi tanto grige quanto espressive di Killian, Amber non si concesse nemmeno un singolo sospiro. Se lui era preoccupato per lei, doveva essere un buon segno, ma non era convinta che lui sapesse con certezza a cosa stava andando in contro comportandosi così. Forse non si rendeva conto della pericolosità di quei "giochi" a cui però perfino lei non avrebbe voluto smettere di giocare. Era davvero così strano voler parlare di qualcosa di apparentemente normale o quotidiano con lui? No... eppure la ragazza sapeva perfettamente che fingere che il loro rapporto potesse essere racchiuso nei canoni della normalità era sciocco quanto deleterio. Sì, lui poteva preoccuparsi per lei, ma No, lei non doveva e non poteva pontificare anche su quello. E proprio la frase con cui lui parve voler riparare - seppur dolcemente - al "danno" glielo confermò.

Se inizialmente lo sguardo di Amber aveva assunto una sfumatura appena più delicata, aiutata dal vivo interesse che sembrava provenire dalle nubi di Londra, dopo qualcosa si incrinò nello specchio verde acqua. Non si azzardò ad interrompere quello che sembrava un discorso esortativo degno di nota, ma non poté in parte non chiedersi se quella ripetizione di concetti servisse più a lui che a lei. Sul volto scomparve il sorriso sarcastico che poco prima aveva fatto la sua comparsa, sostituito da un'espressione seria, ed in seguito da una più pensierosa. Ci stava pensando, e lui doveva vederlo. Eppure allo stesso modo, squillante come l'allarme più fastidioso, la voce della sua coscienza le impedì di confessare il vero motivo delle notti insonni. Era triste, in effetti, ricordarsi costantemente di non dover intavolare "quel discorso" con lui, ed anche quel velo di tristezza non mancò di riempire le iridi chiare, prima che queste venissero definitivamente distolte e sottratte dall'indagine fin troppo accurata dell'Auror. La catena degli sguardi venne spezzata dal lento voltarsi di Amber verso la porta del cottage. Prima ancora di proferir parola, la ragazza estrasse dal collo dalla maglia una catenella d'argento, con un pendente alquanto particolare. Trasparente e di forma piramidale, con punta rivolta verso il basso, era interamente ricoperto di rune. No, lui non sapeva quanto difficile potesse essere nascondergli il magone che le chiudeva lo stomaco, anche in quel momento. Non sapeva cosa accadeva le notti in cui lei temeva perfino di chiudere gli occhi. Non aveva idea delle scene immaginarie a cui la ragazza era costretta ad assistere, inventate direttamente da una fantasia più macabra del dovuto, provata anche dagli eventi a cui aveva volontariamente assistito. E no, lui non poteva davvero volere che lei gli spiegasse tutto quanto, dal primo all'ultimo dettaglio, dalla prima all'ultima causa dei suoi problemi notturni. Ne avrebbero potuto parlare per ore, ed ogni buon proposito sarebbe andato in fumo. Lei avrebbe dovuto omettere molte cose, e l'avrebbe fatto per entrambi. Le mani delicate sfiorarono la maniglia della porta, ed una lieve onda increspò quella che a tutti gli effetti sembrava essere una barriera invisibile. Killian non sapeva di non voler ricevere davvero quelle risposte, e toccava ad Amber - così credeva lei - preservare entrambi dall'ennesima fatale caduta. «No». Disse, infine, non volendo prolungare il colpevole silenzio. In quello strano scudo, all'altezza del petto, si aprì un foro che sembrava complementare al ciondolo della ragazza. Ciondolo che venne prontamente rimosso dal collo.

La prima risposta, la più sincera, ruppe il silenzio che era seguito al discorso dell'Auror. Non era stata espressa con un tono duro, ma piuttosto con uno più risoluto. Era cresciuta, sì, e lo si vedeva anche da quello. La ragazzina che era scoppiata in lacrime davanti alla casa editrice della madre, avrebbe volentieri riversato su Killian tutte le sue preoccupazioni, inconsapevole del muro contro cui si sarebbe schiantata pochi mesi dopo, quando vinta dal desiderio di vedere in lui qualcosa di più, avrebbe compreso l'ubicazione esatta dei paletti imposti. Un errore che l'Amber più consapevole non avrebbe voluto commettere nuovamente, anche se forse non era un bene nemmeno negare così tanto la realtà del fatti. Armeggiando con la chiave runica, Amber proseguì, certa di dover mettere i puntini sulle "i", per evitare l'ennesimo scontro di sguardi che difficilmente avrebbe retto. «Non servirà parlarne, non è niente che abbia a che fare con noi» Non si rese conto del valore di quel "noi", né in quel momento, né nei successivi. Stava, in parte, mentendo. «Sono solo stanca e non amo dormire in una villa completamente vuota» alzò le spalle, come a voler dare poca importanza a quelle affermazioni, benché una delle due fosse terribilmente più vera dell'altra. Alzò appena lo sguardo, come a voler convincere se stessa, più che Killian, che il problema fosse solo il suo timore per le grandi stanze e non l'elenco infinito di paure subdole che la coglievano appena abbassava la guardia; prime fra tutte erano quelle che lo riguardavano direttamente. Amber non avrebbe più osato ammettere, a mente lucida ed ad alta voce, di tenere a lui tanto da temere per la sua incolumità anche, e nonostante, lui avesse impiegato così poco per allontanarsi da lei. «Tutto qui» Il meccanismo venne inserito nella serratura quasi invisibile, e con un'onda d'urto silente, la barriera venne annullata. Il primo ostacolo fisico poteva dirsi superato.*un passo alla volta*

«Ora dovremmo poter entrare. Ma prima ti devo chiedere anche io una cosa» Lo sguardo sincero sarebbe poi tornato verso l'ospite. Voleva capire in parte se la spiegazione data potesse essere sufficiente a chiudere, per il momento, il capitolo "aspetto preoccupante", prima di chiedere qualcosa che le stava altrettanto a cuore. L'importanza di quell'urgenza era comunque ben visibile. Soprattutto per Killian.


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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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'Parlamene ora, se vuoi e se serve’ aveva appena detto Killian, forse nemmeno troppo consapevole di quello che avrebbe dovuto affrontare in caso di risposta affermativa. La verità era che quell’opzione risultava la più remota e lui lo sapeva, anche se non avrebbe per nulla al mondo ritirato la propria offerta di estraniarsi dal tempo – quello della ricerca – e fermarsi ad ascoltare nel caso in cui Amber si fosse mostrata pronta ad aprirsi ancora con lui. Nonostante tutto, sentiva che quelli erano momenti che aveva ricevuto quasi in dono dalla ragazza e, anche volendo, sottrarsi al suo ruolo di supporto gli risultava quasi impossibile. Ma tutto andò come la mente dell’Auror aveva immaginato, anche se il lungo silenzio che seguì non era proprio la negazione netta che si aspettava. Se possibile risultava ancora più chiara. Più definitiva.
‘Se vuoi e se serve’, la sua stessa voce continuava a ripetergli quelle alternative riempiendo così il vuoto di sguardi e di parole in cui era stato lasciato da Amber, intenta ora ad aprire la porta della casa. Evidentemente la strega riteneva che condividere con lui cosa le rubava il sonno non sarebbe servito ai fini dell’indagine. O, più probabilmente, non lo voleva fare. Sebbene fosse del tutto comprensibile, quell’idea non piaceva al Resween nemmeno un po’. Il mago si sforzò di ignorare l’ennesima punta di fastidio per il comportamento della giovane nei suoi confronti, non tanto per la vaga convinzione di meritarselo quanto per non dover aprire di nuovo capitoli della loro storia che desiderava mantenere chiusi, sigillati. Così aumentava la loro carica esplosiva, sì, ma tutto quello che desiderava per quel week-end era evitare momenti di pura tensione come lo erano stati i due incontri precedenti. La corda avrebbe potuto non resistere.

Proprio quando l’uomo aveva mollato la presa dei suoi occhi nebulosi sulla figura della ragazza per interessarsi alle piccole increspature che avevano rivelato la presenza di una potente barriera invisibile a protezione della dimora, lei decise di parlare. Il ‘no’ ovviamente era del tutto superfluo: nemmeno per un attimo Killian aveva pensato che avesse agito così per parlare una volta dentro la casa, il ché sarebbe stato un ragionamento plausibile se solo lui non l’avesse conosciuta così bene come il più delle volte si stupiva di ammettere.
Ascoltò le brevi frasi di spiegazione che gli furono rifilate ancora di spalle mentre lei armeggiava con la strana “chiave” che per qualche istante aveva catturato anche l’attenzione e la curiosità del giovane, prima di ritrovarsi completamente assorbito in quelle che avevano tutto l’aspetto di essere scuse poco veritiere. Non le credeva. Sarebbe stato meravigliosamente bello accettare quelle semplici motivazioni come le cause effettive dei problemi notturni della ragazza, ma nonostante quel desiderio sincero Killian non poteva prendersi consapevolmente in giro così. Se Amber avesse speso anche solo un attimo per verificare la reazione alle sue parole, avrebbe capito senza alcuna difficoltà di non averlo convinto affatto. Eppure, ciò che uscì dalle labbra scure del ventiquattrenne non furono accuse o domande incalzanti mirate alla verità.


"Capisco”, mormorò con il suo solito tono pacato e difficilmente percettibile quasi che la singola affermazione non fosse realmente diretta a lei, in più distolse del tutto lo sguardo portandolo esclusivamente al portone che presto avrebbe varcato. Ormai, non c’erano più motivi per rimandare. L’aveva sancito Amber stessa.

Il meccanismo scattò e Killian potè avvertire distintamente l’aura magica che si dissolveva: si chiese cosa sarebbe successo se un intruso – come poteva esserlo lui – avesse sfiorato il legno senza che un proprietario avesse annullato la barriera. L’aspetto della singolare chiave di Amber sembrava molto antico e le magie secolari erano anche le più potenti, perciò si immaginò una risposta difensiva che poteva annientare qualsiasi tipo di minaccia. Mentre era assorto in considerazioni di quel tipo per deformazione professionale, qualcosa si interpose ancora tra di loro e l’ingresso nell’abitazione. La voce di Amber calamitò sull’esile figura la sguardo dell’uomo che le era accanto. Sembrava una questione urgente e Killian si chiese se dovesse iniziare -anzi- continuare a preoccuparsi.


“Chiedi”, la esortò mentre le nubi negli occhi dell’uomo divoravano famelici ogni dettaglio del suo volto in cerca di mute risposte prima ancora di parole.


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view post Posted on 18/4/2018, 22:35
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C
i stava provando con tutta se stessa. Stava tentando di non rovinare tutto con l'aura negativa che l'aveva avvolta negli ultimi giorni mesi. Ed avrebbe continuato così almeno finché non si fosse scontrata con la realtà che nessuno dei due sembrava voler degnare di qualche considerazione. Non le piaceva per niente il dovergli mentire così apertamente, ed era evidente perché in fin dei conti non ci stava nemmeno riuscendo così bene. Che fosse grazie ad una sorta di scetticismo o alla reale capacita di comprenderla, Killian non sembrava convinto della poca importanza che Amber voleva dare alla sua insonnia. E quel dettaglio non era poi così insignificante. Se fosse riuscita a mentire tanto bene da consentirgli di credere alla menzogna, allora avrebbe potuto anche dire "addio per sempre" a quanto ancora li legava. Era stata proprio la capacità di andare oltre gli ostacoli verbali che lei poneva sul loro tragitto, che lui era riuscito ad guadagnarsi la giusta dose di fiducia. Se quella peculiarità fosse venuta meno - per quanto scomoda fosse in alcuni momenti - allora anche il castello di carte sarebbe crollato. Se c'era qualcuno a cui sapeva di non poter mentire, era proprio lui. Se c'era qualcuno che più di tutti poteva concedersi il lusso di essere certo di aver capito qualcosa di lei, era sempre lui. Eppure quella che era andata consolidandosi come certezza, aveva vacillato non poco sotto il peso che il nome di Artemisia aveva gettato sui loro cuori. Per ragioni che Amber non poteva conoscere, il passato era piombato tra loro come un fulmine a ciel sereno, e quello che ne era seguito avrebbe potuto mettere in dubbio ogni affermazione, ogni sguardo prolungato appena più del dovuto. Nella confusione generata da quel terribile momento, lei inevitabilmente si era convinta di aver reciso ogni connessione con lui, paradossalmente proprio creandone una. Fortunatamente quel breve incontro sulle Alpi aveva messo una pezza allo strappo, ma questo non aveva comunque permesso alla tela di sistemarsi da sola.

Lei non stava bene, lo sapeva, sentiva la pelle bruciare, incapace probabilmente di contenere tutto quanto non aveva intenzione di rivelare. I pensieri, le azioni, i desideri, le paure... ogni cosa doveva essere soffocata in favore di un bene superiore. Perché doveva accadere. Dovevano riuscire a risolvere quel nodo che bloccava il loro percorso e comprometteva il suo futuro. Non avrebbe saputo come dirgli che sarebbe stato bene non indagare sul fronte "occhiaie" e sperava che almeno capisse che allontanarlo da quel dettaglio era indispensabile. Aveva tenuto per sé talmente tante cose che più di una volta si era concessa il lusso di immaginare di raccontargliele, anche solo per dare libertà ai pensieri... ma quando poi si costringeva a tornare alla realtà, i colori del mondo si spegnevano un po', ed anche nel suo sguardo qualcosa cambiava. Non era abituata a gestire situazioni simili... stava solo cercando di fare del suo meglio.
*Mi dispiace*, avrebbe voluto aggiungere, senza accorgersi come il suo sguardo fosse già pronto a trasmettere quel messaggio. Però, se da una parte lei si stava sforzando di nascondere almeno in parte le sue preoccupazioni, lui non voleva fare altrettanto, e nel momento in cui divenne palese come non credesse ad una sola parola, il cuore si strinse nel petto. Per un attimo desiderò di poter tornare sui suoi passi, chiedere se l'offerta fosse ancora valida e concedersi qualche minuto per sé, più che per Eveline. Ma quel momento morì in fretta, prima che un sorriso amaro di ringraziamento per quella altrettanto finta accettazione delle circostanze, incurvasse le labbra morbide.

Nervosamente si rigirò la chiave tra le mani, poco dopo aver visto l'incantesimo spezzarsi. C'era un punto che anche lei avrebbe dovuto discutere, prima di consentire a Killian di compiere qualsiasi altro passo. Aveva maturato quell'idea nei mesi che erano intercorsi tra il loro ultimo appuntamento, e quel preciso momento. Non aveva mai desiderato una parte marginale di quella "operazione" e sapeva di non averla avuta, ma allo stesso tempo dopo quanto accaduto nell'appartamento della Londra babbana, lei aveva sentito la necessità di proteggersi a modo suo. Aveva pensato alle parole da usare perché lui non si ritrovasse a temere che non vi fosse più fiducia tra loro, e non era stato per niente facile. Non aveva però messo in conto come una sola parola, seguita da una ricerca urgente di quella sguardo nebuloso, potesse annodarle la bocca dello stomaco e rendere la sua voce inconsistente. Credette di potergli davvero chiedere qualsiasi cosa, e di poter sperare fin da subito in una risposta positiva. Si ritrovò incastrata in quello che era il desiderio di comprensione che sembrava accomunare entrambi, e l'ispezione scrupolosa che le iridi grigie avevano iniziato a compiere, senza permesso. Per imitazione e nella speranza di poter anche lei ritrovare l'incastro perfetto, distrutto dal timore che la sua abilità aveva portato a galla, non interruppe il contatto di visivo. Lentamente riportò il medaglione al collo. Per un attimo, vederlo così attento e così vicino le ricordò quando per settimane non aveva aspettato altro che incontrarlo di nuovo perché potesse ancora guardarla così. Scosse il capo, un movimento impercettibile, mentre il sorriso di prima sbiadiva e l'espressione tornava seria. Contrariamente a quanto fatto fino ad allora, non avrebbe perso una sola reazione di Killian alle sue parole.
«Devo chiederti di non dire a nessuno di questo». A primo impatto, e lo sapeva, sarebbe apparsa una richiesta banale. Non poteva credere che Killian avrebbe parlato di quelli che erano i loro progetti, con gente completamente estranea, ma non era quello il punto nodale della richiesta. Difatti prima che anche solo potesse dirle come era ovvio che non ci fosse bisogno di specificare, aggiunse: «Nemmeno al tuo Capo. E almeno non finché non capiremo qualcosa di più, insieme, e non sceglieremo cosa dire ed a chi dirlo» fece un passo avanti, quasi a voler avvisare che nemmeno dopo quella frase il discorso poteva dirsi concluso. «Con questo io non voglio dire che non avrai il caso.. o non potrai fartelo affidare, ma » lo sguardo vacillò appena, segno di come quella marea di dubbi avesse invaso la sua mente, e di come la sua opinione su Eveline fosse cambiata altre cento volte in pochi giorni. Sapeva così poco di lei. «... entreremo in posti in cui non sono mai entrata, ed in cui mi è proibito farlo. Non so cosa troveremo, se mai ci sarà qualcosa da trovare, e se ..» era già oltre il punto di non ritorno, lo si poteva leggere nei suoi occhi.«...se lei non si rivelasse la donna "buona" che crediamo sia stata, se in verità non fosse la stessa strega di cui so ancora troppo poco... io... io non vorrei che questo venisse alla luce per colpa mia. So che dipenderà da quello che troveremo.. ma non voglio che i suoi ricordi vengano esposti.. almeno non senza il mio consenso». Non era certa di essere stata chiara, e forse avrebbe dovuto spiegare come un recente timore avesse sovrastato gli altri. Come poteva spiegargli che aveva iniziato a credere che Eveline non militasse tra le forze del bene? «Ti prego»

Non si rese nemmeno conto di quell'ultima preghiera espressa con un tono più flebile e nemmeno di aver dato per scontato il fatto che nemmeno in quei mesi lui avesse parlato del "caso" con il Capo del suo dipartimento. O ancora, non si era accorta di aver impresso tutta la sua intenzione con un fervore paragonabile solo a quella volta in cui l'aveva ingaggiato sul serio, nel vicolo a Diagon Alley. La mano destra stringeva il ciondolo-chiave, e lo sguardo chiaro sembrava non reggere il peso di quei pensieri, almeno non da solo. Aveva bisogno di sapere di avere ancora un complice, un compagno che non avrebbe fatto di testa propria, e che sarebbe rimasto al suo fianco per lottare insieme. Come in quella vecchia promessa.


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Edited by ˜Serenitÿ - 19/4/2018, 08:47
 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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“Nulla è cambiato”


Ricordava di aver scritto qualcosa di simile qualche tempo prima, proprio in risposta alla lettera di Amber che dava avvio ufficiale all’operazione “Incursione in Villa Hydra”. Già allora sapeva che quelle parole lucide d’inchiostro non avevano nessun riscontro effettivo nella realtà, ma ora più che mai la sua affermazione non solo appariva sciocca, ma anche incredibilmente pericolosa. Tutto era cambiato. Lui, lei, il loro rapporto, l’accordo stesso a causa della clausola aggiuntiva che Killian aveva inserito a Natale. E ora, ascoltando le parole della ragazza che con evidente difficoltà provare a trovare la forza nel procedere nel suo discorso, l’uomo pensò che anche gli obiettivi che si erano prefissati in origine si fossero lasciati travolgere dal potere mutevole del tempo.

La richiesta che si sentì rivolgere non gli piacque, naturalmente, ma la sua espressione rimase assorta e imperturbabile insieme allo sguardo che non vacillò mai, rimanendo legato agli occhi verdi di Amber. L’Auror era sicuro che lei sapesse la portata di quello che gli stava chiedendo: lo dimostravano le esitazioni che interrompevano in più punti il filo della sua voce così come i gesti nervosi del corpo, con la mano destra che si andò ad aggrappare al ciondolo che portava al collo. Cancellare quello che era accaduto negli ultimi mesi era impossibile, ma vederla così incerta e spaesata lo riportò ai primi tempi, quando il bisogno di aiuto di quella testolina bionda era stato così evidente da spingerlo a rendersi appiglio per lei senza pensarci due volte. Provò quel forte istinto di protezione ancora, come un ritorno di fiamma potente ed esplosivo, e fu incredibile con quanta facilità riuscì ad accantonare i loro trascorsi burrascosi per tornare ad essere ciò che gli era sempre riuscito bene prima di sentirsi anche lui sull’orlo del precipizio. A quel “ti prego” che causò un duro colpo allo spirito del mago, lui rispose gettando una corda di salvataggio. Ai motivi che la spingevano a formulare tali oscure ipotesi sulla madre avrebbe pensato poi.


“Amber…”,, sussurrò mentre con un gesto fluido slacciò il mantello e fece scivolare a terra una piccola tracolla di cuoio finora rimasta celata dalla cappa. Con fare sicuro scelse di infrangere la seconda barriera che era stata eretta in estate e le sue mani tatuate si andarono a posare sulle esili spalle della ragazza, costringendolo a chinarsi un poco nella sua direzione. Creando un contatto visivo più intenso e adatto a quello che stava per dire, lasciò che la voce profonda esprimesse più che singole parole come aveva fatto fino ad adesso: “Prima ancora che io entri in questa storia, devi decidere cosa vuoi. Se desideri la Verità e la Giustizia allora non ci possono essere compromessi. E’ il motivo per cui ha cercato l’aiuto di un Auror, no? Ma se quello di cui hai realmente bisogno è una persona che ti stia accanto e ti supporti mentre cerchi di fare un ritratto più dettagliato di tua madre e nulla più… allora posso essere anche questo. Ma devi dirmelo ora, è il punto di non ritorno”

Tacque, la voce bassa si spense e l’eco del suo tono pacato e comprensivo rimase impresso nelle iridi di fumo dell’uomo. Non c’era né biasimo né rimprovero in quel discorso: anche se avesse deciso di fare un passo indietro e rinunciare all’investigare sulla morte di Eveline, Killian non poteva in alcun modo considerare quelli che erano stati i loro incontri come tempo perso. Li avevano condotti lì e tanto bastava per renderli unici: due estranei che erano arrivati a condividere i dolori più profondi, a scontrarsi come onde opposte e a perdersi in momenti di serenità rubati alle rispettive vite. Ma doveva sapere se questo bastava, se era il capolinea. Perché in quel caso, per l’ennesima volta, sarebbe cambiato tutto.



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view post Posted on 8/5/2018, 07:31
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L
a maschera seria di Amber venne scheggiata da una crepa non appena lo sguardo di Killian venne catturato dalle iridi acquamarina. Più lui indagava alla ricerca del motivo di quella freddezza, più lei sentiva crollare le proprie difese, ormai logorate da un assedio che non prometteva tregua. Percepiva dall’agitarsi del suo animo - inquieto - che qualcosa in quanto appena detto non tornava. Sapeva di aver messo le mani avanti anche troppo, e sperava che quella che sarebbe potuto trasparire come una mancanza di fiducia non venisse realmente percepita come tale. Anche dopo il modo in cui l’aveva trattata, la fiducia che lei riponeva in lui era innegabile, probabilmente anche sciocca, forse non si trattava che del fantasma di ciò che avrebbero potuto divenire ma che non sarebbero mai diventati. Aveva più volte ripensato alla richiesta che le aveva fatto sulle Alpi, e quando la frustrazione era scemata aveva anche creduto di poter leggere in quella richiesta un armistizio, la ricerca di un punto che potesse ancora andare a loro favore e consentire loro di stare vicini in quel percorso. Di certo però non poteva sapere prima di chiedere e ritornare sull’argomento era fuori discussione. Troppo dolore, troppa sofferenza. Le sue divagazioni vennero però spente come fiamme sotto la pioggia, quando con un passo oltre la barriera imposta dalla logica, Killian si avvicinò. Non solo. Pronunciò il suo nome con un’intensità tale da farle credere che per una frazione di secondo anche il tempo si sarebbe fermato, umile servo di un padrone più autorevole. Quanto potere aveva un nome in mano sua? Il brusio intenso che riempiva la mente di Amber si spense di colpo, il suo sguardo si fece altrettanto intenso ed indagatore. Cercò con tutta se stessa di non impazzire quando le prese le spalle e si abbassò di poco, perché se avesse ceduto a quel contatto ammettendo di desiderarlo a sua volta, sarebbe stata la fine, ed avrebbe dovuto rivedere ogni buon proposito. Ignorò la tracolla, ignorò il mantello scostato... ma non poté ignorare il timore di sentirsi apostrofare un'ultima volta. Stava per rassegnarsi rapidamente all'idea di aver commesso l'ennesimo tremendo errore, ed invece rimase letteralmente paralizzata dalle parole che, come lame, la trafissero l'attimo successivo. Aveva davvero detto quello che lei aveva sentito?

*Perché adesso? ...* chiese la ragione, minacciata di venire spodestata dall’effetto quasi inebriante di quei gesti. Febbricitante, in un primo momento riuscì solo a rimanere immobile, ma con un'espressione per nulla impassibile - come invece avrebbe voluto. Tutto sembrava remare contro la sua volontà, già indebolita e logorata dai mesi di assenza e rancore. Ma riflettere su quanto richiesto avrebbe rubato tempo a entrambi e sembrava chiaro come quell’ultimatum necessitasse di una risposta definitiva. Non avrebbe potuto muovere un passo prima di aver chiarito... ma come fare? Certo che desiderava Verità e Giustizia ma quanto aveva sacrificato per quegli ideali che sempre meno sembravano appartenerle? E sì, lei non lo avrebbe ammesso con facilità, ma la seconda parte di quel messaggio venne recepita esattamente per ciò che era e che avrebbe potuto essere, e le fondamenta delle sue ipotesi crollarono. Dopo mesi, anni, di riflessione e decisioni dure, dopo tutto quel tempo passato a scriversi poco o nulla e solo l'indispensabile a causa di imposizioni che entrambi avevano ideato, Killian si offriva di liberarla in un solo gesto dalle catene che entrambi avevano costruito, e che lei aveva rafforzato. "No", fu il suo primissimo pensiero, doveva aver male interpretato tutto. Ma poi, più le parole penetravano in profondità e più la confusione tornava imperante a dominare ogni cosa, e le domande più disparate si fecero strada oltre ogni protezione. Cosa sarebbe successo se avesse scelto di smettere di farsi condizionare dalla morte di Eveline? E lui era davvero sicuro di quello che aveva detto? Non si sarebbe rimangiato la parola..? Non si sarebbe aspettata di dover rivedere le sue posizioni in un momento così critico, ma la ragione spaccata in due aveva bisogno quanto lei di una direzione univoca da seguire... certo ma quale? Si era convinta che lui non l'avrebbe mai più guardata in quel modo, non l'avrebbe più aiutata e non avrebbe più osato avvicinarsi a lei fin tanto che non avesse smesso di rappresentare una minaccia e sulla base di quel dogma aveva agito, raffreddando ogni sensazione, ad un costo esagerato. Quanto avrebbe impattato ogni via di quel bivio sul suo futuro? Ed ora che la base della sua teoria era stata distrutta, dov'era il "bene" e dove il "male"? C’era la possibilità che la risposta non piacesse a Killian? C’era la possibilità che la risposta non piacesse alla stessa Amber, che aveva lottato per apparire il più ligia al dovere possibile? Eppure il loro patto era chiaro. Erano i contorni a divenire via via nebulosi, ma se invece l'errore fosse stato alla base di tutto? Come avrebbe dovuto interpretare anche la sicurezza con cui lui stava ammettendo che sarebbe rimasto lì ad affrontare entrambe le possibili soluzioni? E come poteva negare che proprio quella spiegazione, quel ruolo che in seconda battuta aveva detto di poter accettare, fosse proprio cucito su quanto lei stessa non poteva ammettere di volere?


«...» Socchiuse appena le labbra, aveva già preso una decisione, l'aveva fatto mesi prima ed ora che il proiettile della verità aveva infranto ogni barriera, non poteva che prendere atto di qualcosa di terrificante per lei. Le palpebre tremarono e le iridi vennero oscurate dal flusso di pensieri in rapida successione. La vedeva; la scena era davanti ai suoi occhi, vivida come non mai. Vedeva cosa avrebbe fatto, e cosa forse si era ripromessa di fare miliardi di volte. Vedeva quella raffigurazione di sé, quel clone, allontanarsi da Killian di un paio di passi e scrollarsi di dosso le sue mani, fino a rifiutare anche l'ultima possibilità di evolvere. La vedeva munirsi di un sorriso forzato e dichiarare così che avrebbe mentito per chissà quanto tempo, pur di proteggere se stessa e loro due. La vedeva gettare così in pasto al nulla più assoluto ogni certezza e lasciare che il freddo metallo di cui credeva di essere composta, respingesse anche quella mano tesa. La vedeva mettere Eveline prima di tutto, anche del proprio benessere, e vedeva l'ombra nera invaderle l'anima senza più un freno. Algida e malinconicamente triste, la figura che tanto le somigliava avrebbe combattuto per mantenersi risoluta, adulta, consapevole al cento per cento di possedere priorità per nulla egoistiche. "No", avrebbe detto, "Non importa quello penso o quello che voglio, importa solo la soluzione di questo caso. Il dopo deve attendere, avevamo fatto un patto ed io lo manterrò" e poi avrebbe mentito ancora, ad entrambi ma più a se stessa: "Posso farcela, posso aspettare che ogni cosa vada al proprio posto naturalmente e se questo richiederà altri anni, ben venga, li affronterò ed alla fine di tutto avrò quello per cui abbiamo faticato... avrò te". E più l'idea di rispondere davvero così a Killian andava concretizzandosi, più Amber negava con forza che fosse quella la soluzione migliore. Percepiva sulla soglia di casa quella tristezza di cui tanto spesso si era ammantata; famelica l'avrebbe rapita in pochi attimi, e forse quella volta nemmeno un Auror sarebbe riuscito a salvarla. Inorridì al sol pensiero. Era così facile per lei rovinare tutto, uno schiocco di dita e la visione sarebbe diventa realtà, la distanza sarebbe aumentata ed il suo cuore avrebbe sofferto, imbavagliato e senza diritto di parola. Eppure... aveva paura di muovere un passo in quella direzione, perché sapeva essere sbagliata, sapeva cosa l'aveva spinta fino a lì con lui.

In fin dei conti, chi voleva ingannare? Fin dal primo giorno, in quell'atto di coraggio a Diagon Alley, aveva cercato in quel ragazzo un supporto. E quel supporto aveva erroneamente assunto l'aspetto di un Auror in sostituzione di Mayline... ma le verità era che quello di cui Amber aveva sempre avuto bisogno era esattamente quanto descritto in seconda battuta dal ragazzo; "una persona che ti stia accanto". Ma ammetterlo era estremamente difficile. Soprattutto dopo essersi sforzata così tanto per costruire una corazza a prova di bomba. Una corazza che, ironia della sorte, con lui non serviva mai a nulla, perché puntualmente gli occhi grigi trovavano un cavillo e tutto cambiava. E cosa avrebbe trovato se avesse accettato le conseguenze di averlo nella sua vita fin da subito, senza più un caso da seguire, ma solo una semplice ricerca fine a se stessa? Avrebbe forse potuto vivere davvero? Ma soprattutto: lo meritava? Non ne aveva idea, ma la sola possibilità che fosse il ragazzo stesso a volerlo, almeno in parte, non poté che liberare dalla morsa della ragione i battiti del suo cuore, che accelerarono senza ritegno, tanto che temette che fossero loro i primi a rompere il silenzio. La mano stretta al ciondolo scese lentamente fino a tornare lungo il fianco. Lei lo sapeva più che bene, sapeva quanto ed in quali modi il timore di perdere tutto ciò che aveva costruito con lui l'avesse ferita. Non poteva avere garanzie che scavando più a fondo ancora in quella vicenda non avrebbero poi finito con lo scontrarsi in via definitiva, perdendo così ogni speranza. Sapeva quanto pesante era diventato il fardello del Caso Snow, ma il magone che stringeva la gola era la chiara dimostrazione di come il suo orgoglio si opponesse alla verità più cruda. Si era resa conto di aver scelto per anni di vivere all'ombra di un mistero irrisolto, negandosi a tutti tranne che a Killian, unico in grado di scuoterla fin dalle fondamenta ed aggiudicarsi una poltrona in prima fila per i drammi della sua vita. Ed il primo a volersi distaccare da lei con altrettanta sicurezza. E forse proprio quella chiusura aveva portato i suoi incubi a farsi più intensi e vividi. Erano mesi che rifletteva su tutto, ed a lui non aveva ancora potuto dire nulla. Ma ora le stava dando una possibilità, come se le loro anime potessero parlarsi in una stanza vuota, da sole e senza tutte le controindicazioni del caso. Ci voleva coraggio sia per continuare la farsa e fingere sempre più spudoratamente di non volere niente da lui che non fosse l'aiuto sterile e serio, seppur pronto a condurla alla verità. E ci voleva coraggio - forse perfino di più - anche ad ammettere di essere sola e soffrire in silenzio. Ma lei non poteva capirlo. Le volte che aveva versato inutili lacrime di tristezza, non si contavano più sulle dita di una mano, e più capitava, più si chiudeva anche a lui, negandosi in ogni possibile forma. Il corpo esile tremò, quasi che la forza ritrovata per rispondere con estrema e devastante sincerità, richiedesse un tributo considerevole... ed era esattamente così.
«Non so se ...» Alzò il capo dopo quei minuti di interminabile e riflessivo silenzio.«... questo farà di me una persona detestabile ma...» Lo sguardo, appena velato da quello strano miscuglio di sentimenti il cui contrasto stava lentamente scemando - sostituito dalla sensazione di essere per la prima volta su una passerella stabile - tornò in cerca delle Nubi di Londra. Davanti a loro avrebbe potuto ammettere di sentirsi abbastanza debole e... umana? E di sentirsi in colpa per quanto stava per fare? Sarebbe stato complesso spiegare quanto fosse calzante la descrizione che Killian aveva fatto poco prima, e che era andata a coprire come un guanto le lacune lasciate da incontri interrotti e frasi mai dette. Perché non ci era arrivata da sola? Perché era stata così orgogliosa da non aver compiuto lei quel passo per prima? E perché diavolo le veniva così semplice temerlo per il modo in cui l'aveva cacciata dal suo appartamento? Era stato quello a frenarla? Qualunque cosa fosse, l'Amber che ora proseguiva il suo discorso, pronta a portarlo a termine, non voleva curarsene. Spogliata di ogni difesa, lasciò che a parlare fosse la ragazza più fragile, che aveva iniziato a nascondersi da lui dopo quel gelido pomeriggio al Villaggio. «...io non posso andare avanti così, e... tu hai ragione. Mi dispiace, Killian.» Inspirò profondamente e scosse il capo, percependo la difficoltà con cui la verità cercava di svicolare, senza attendere che le parole la veicolassero. Non aveva mai faticato tanto ad esprimere un concetto, ma presto Killian avrebbe capito il perché di quella difficoltà, che non era per nulla legata ad un ennesimo tentativo di raccontare una menzogna. Ma piuttosto alla certezza di essere ad un passo dal mostrargli ancora una volta il suo lato più intimo e indifeso. Lo sguardo risalì lentamente in cerca del gemello più apprensivo. Non avrebbe perso una sola reazione, non dopo aver intuito chiaramente come la sua risposta avesse un potenziale esplosivo. «Non-... non è dell'Auror che ho bisogno.» *... ma di te* Un tuffo al cuore, un sussurro via via più sicuro che suonava come certezza. Era troppo consapevole di cosa volesse dire quell'ammissione limpida ed in parte "colpevole", ma non aveva idea delle conseguenze a cui avrebbe portato. Il venticello primaverile le mosse i capelli. I battiti accelerarono ancora. Lo aveva detto sul serio? E se lui avesse ritenuto tempo perso quello passato assieme fino ad allora? Quel cambio di rotta avrebbe fatto di lei un'insicura? Una vigliacca? Se ne sarebbe andato? Come poteva fargli capire che in realtà era stato proprio lui a dare ora un vero significato alla loro presenza lì? Un significato che combaciava con quanto più sentiva di volere.



Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 30/5/2018, 20:00
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Non aveva posto una domanda qualsiasi. La sua voce bassa e la limpidezza dello sguardo grigio avevano accompagnato LA domanda. Quella che sicuramente Amber non si sarebbe mai aspettata di udire proprio da lui. Lui che l’aveva sempre spinta oltre i suoi limiti, che l’aveva spronata alla terapia d’urto, che l’aveva costretta a usare il termine “omicidio” e non “incidente” quando parlava del tragico evento riguardante sua madre.
Aveva fatto un atto forza dichiarando di volersi far affidare il caso a lavoro, era arrivato anche a minacciare velatamente di continuare con quelle intenzioni con o senza l’approvazione della ragazza. Ed ora questo. Un fulmine che squarciava un cielo che non poteva definirsi certo sereno, ma che sembrava aver superato dopo mille fatiche le peggiori turbolenze. E invece la tempesta era ripiombata su di loro, rimettendo in discussione tutto.

Chiunque conoscesse un minimo il Resween, sapeva che la testardaggine era uno dei suoi punti cardine, nel bene e nel male. Non cambiava idea tanto facilmente e altrettanto raramente tornava sui suoi passi: il fatto era che ragionava così tanto sulle proprie scelte che quando infine giungeva ad una decisione, aderiva ad essa con tutto se stesso. Tradire la rotta che si era prefissato era un po’ come tradire gli ideali che lo muovevano in ogni cosa. Tuttavia questa risolutezza non lo rendeva cieco. Non era un paraocchi che l’uomo trovava comodo indossare per continuare dritto sulla propria strada, qualunque cosa accadesse. E questo era proprio il motivo per cui ora le sue mani riccamente tatuate stringevano gentilmente le spalle della ragazza mentre la metteva difronte ad una scelta che avrebbe cambiato radicalmente non solo le prossime ore, ma tutto ciò che avevano programmato e
– perchè no – fantasticato.

Aveva sempre intravisto in quegli occhi profondi la volontà di trovare pace per il proprio animo martoriato sin dalla tenera età. La decisione di chi non ha nulla da perdere e che lotta con i denti per ottenere qualcosa a cui aggrapparsi disperatamente. L’idea di avere giustizia per Eveline poteva aver rappresentato l’unica luce a cui guardare speranzosa anche nei momenti di pura oscurità: questo Killian lo capiva bene. L’Amber che aveva imparato a conoscere aveva sempre dato prova di una forte motivazione interiore anche se strati e strati di incertezze e paure avevano celato quella sua parte di essenza così bene da renderla invisibile alla ragazza stessa. Ma Killian l’aveva intuita sin dal loro primo incontro a Diagon Alley e il suo sguardo, impossibilitato ad essere imparziale, era stato testimone del crescere e dello sbocciare di una determinazione che a tratti aveva anche invidiato.
Nulla di tutto questo riusciva a scorgere nella strega che lo aveva atteso seduta su di un masso vicino al piccolo lago e che aveva a lungo evitato il suo sguardo indagatore. Per la primissima volta, notando l’aspetto stanco e più fragile del solito di Amber, aveva provato la terribile sensazione di non star percorrendo la strada giusta. Qualcosa era profondamento cambiato e solo ora il mago si rendeva conto di quanto presuntuoso fosse stato il pensare che tutto potesse ricondursi a quello che era accaduto in estate.

La stretta si fece appena più salda quando la giovane iniziò a parlare usando il termine “detestabile” per iniziare un discorso che Killian capì all’istante dove l’avrebbe condotta. No. Non c’era alcuna possibilità che Killian la biasimasse. Non lui che aveva rinunciato all’idea di addentrarsi nei segreti della sua famiglia ben prima di averci provato sul serio. Non aveva bisogno di sentirsi dire quanto fosse difficile guardare al passato con occhi impietosi e oggettivi. Lui praticamente era fatto e forgiato di quelle sensazioni. Per questo mai e poi mai l’avrebbe spinta a qualcosa che non era pronta ad affrontare, ora che il suo dubbio aveva trovato conferma dalle stesse parole della ragazza.

Un fievole e piccolo sospiro si liberò dalle labbra scure incorniciate dalla barba quando il brevissimo discorso fatto di sentenze terminò. E con esso, Killian trovò giusto interrompere anche il contatto fisico. Le mani tornarono lungo i fianchi e la schiena dritta, ma non fece qualche passo indietro per tornare ad una distanza di sicurezza.


“Non devi scusarti. Nessuno può obbligarti in ciò che non vuoi o non puoi”, fu la prima risposta secca, repentina. Poi, con un tono più comprensivo, continuò: “forse me ne sarei potuto accorgere prima. In questo caso sono io a doverti delle scuse. Comunque è venuto fuori prima che fosse troppo tardi e questo è un bene”

Ora sapeva cosa fare, una volta aver varcato la porta che li attendeva ancora lì, sprovvista di protezioni ma ancora inesorabilmente chiusa. Niente indagine, niente mente che sfornava febbrilmente ipotesi, niente domande indiscrete, niente attenzione ai dettagli. Niente che rendesse Killian Resween ciò per cui Amber lo aveva cercato e che ora aveva rifiutato. Quello era un capitolo chiuso ed era bastato così poco a mettervi la parola fine da rendere evidente quanto labile e irrisorio fosse l’equilibrio su cui si erano illusi di poter camminare in punta di piedi. Nonostante molti avrebbero considerato quel cambio improvviso di prospettive come un fallimento in piena linea, per certi versi poteva dirsi una conquista. Finalmente avrebbero smesso di mentire a loro stessi e di costringersi all’impossibile.

Come se il mago avesse a sua volta la capacità di leggere nel pensiero della giovane, non riuscì a limitare la sua risposta a quelle poche frasi che avrebbero potuto significare qualsiasi cosa e rimanere così vuote e superflue. Fu di nuovo Killian a prendere parola e anche gli ultimi strascichi del suo “parlare da Auror” si dissolsero in quello che stava per dire:

“Non è stata una perdita di tempo e non lo sarà. Sei cambiata molto in questo lungo periodo”, * e lo sono anche io *, avrebbe dovuto aggiungere ma non era questo il punto e lo avrebbe portato lontano da ciò che voleva invece comunicarle. Una minima pausa, gli occhi fissi su di lei come se per poter continuare dovesse leggere le battute successive tra i tratti delicati del suo viso. “Ora che hai fatto chiarezza in te stessa, sarà più facile fare un ritratto di tua madre. E… ”

Dire così tanto gli costò molto. Non era affatto da lui addentrarsi in simili discorsi: non ci era portato e mai lo sarebbe stato. Doveva proseguire o era già abbastanza? Deglutì mentre l’incertezza si prolungava oltre i limiti del normale per i suoi standard. Era evidente quanto non fosse avvezzo a dare quelli che potevano anche solo avvicinarsi a consigli in un simile campo così personale e delicato quali erano le dinamiche familiari. Ma non era forse quello il ruolo che doveva assumere ora? Proseguì.

“E penso che dovresti sforzarti di comprendere anche tuo padre e tua zia, adesso che sai che i loro timori erano fondati. Cercavano solo di proteggerti da qualcosa per cui non sei ancora effettivamente pronta”

L’aveva detto. Poteva aspettarsi tanto una fattura quanto un ringraziamento. Nonostante questo, non si pentì di essere finalmente riuscito a dire qualcosa di più “compromettente”, anche se l’opinione di non avere alcuna autorità per dare certi pareri era dura a desistere.
Attese.




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view post Posted on 31/5/2018, 16:13
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esante come un macigno, il cuore batteva nel petto, intonando l’inno di una resa inaspettata. Lenti fremiti ripercorrevano il suo corpo risalendo la scalata fino alla mente, per tuffarsi in quelle iridi appena più accese. Amber non sapeva più cosa aspettarsi da Killian. Dopo quel nuovo ultimatum la loro situazione minacciava di cambiare ancora, e se per un folle istante lei aveva creduto nel cambiamento in meglio, poco dopo altri dubbi avevano trovato terreno fertile nella sua mente. Dubbi che solo lui avrebbe potuto smentire, lui e quella presa appena più salda sulle sue spalle, lui e quello sguardo così limpido da essere sia leggibile che sfuggente. Non avrebbe mai capito il potere di quello scambio tanto facilmente, perché di quell’esplosione di colori che credeva avrebbe provato, non vi fu traccia. Killian avrebbe potuto fare molte cose, persino voltare i tacchi ed andarsene, ma tra tutte quelle che una ragazza di diciotto anni si sarebbe aspettata, lì fuori dalla porta di casa dopo una rivelazione tanto importante, quella certo non era nei piani: un discorso serio al limite della paternale? Perfino lei, che con le sue coetanee non aveva molto da spartire, non poteva nascondere di avere ancora in mano le catene della propria libertà. E non le avrebbe lasciate andare finché non fosse stata certa di non essere la sola a volerlo. Ingenuamente, consapevole di quanto le fosse costato ammettere di non potere e non volere, soprattutto, vivere all’ombra di Eveline - sebbene quel messaggio fosse stato nascosto tra le righe di un discorso più ampio - si sarebbe aspettata una sorta di serafica liberazione. Un premio per quel traguardo raggiunto, per la rivelazione che infine aveva annullato ogni insulso aggrapparsi lungo pareti di ghiaccio. Un premio che non fosse solo l'aver finalmente fatto pace con quel contrasto che aveva annebbiato la sua visione del mondo fino a quel momento. Ma non accadde nulla. Benché il familiare tremolio la colse nel momento in cui la presa di lui si fece più salta, e quel cuore avventato perse un battito, l’attimo successivo un’irreale calma torno a regnare. Più lo guardava e più rischiava di perdersi in quei lineamenti perfetti ed imperfetti, che tanto aveva imparato ad apprezzare, e non poteva farlo in un momento così cruciale. Avrebbe dovuto interromperlo in qualche punto, per dire quello che per primo le passava per la mente, ma non vi riuscì, rapita da quel voler ostinatamente decifrare per filo e per segno le parole di lui. *Era mio il compito di capirlo...* riuscì ad ammettere, negando lentamente con il capo alla conclusione di quel primo atto: le scuse che non le doveva. O meglio, non era per quello che avrebbe dovuto scusarsi Killian, ma poco importava in quel preciso istante. Sentì il nodo alla gola stringere pericolosamente. Quella reazione, quel modo di parlare... perché? Perché Killian non sembrava il ritratto della felicità? Non... non era quello che in qualche modo voleva anche lui? Avrebbe preferito indagare come Auror e recidere definitivamente quel legame con lei? Era possibile che le avesse dato una scelta solo per compassione e non per il vero desiderio di seguire anche quella seconda strada, ignota ma attraente? Se fosse stato così, Amber non si sarebbe perdonata per non averlo capito, annebbiata da quello che invece era il suo, di desiderio. «Io...già» Alcune lettere, in risposta a quel "sei cambiata molto" sarebbero state troppo poche, eppure non sapeva se il tono portasse con sé dell'amarezza o una certa rassegnazione. Sentiva di non essere più la ragazzina che aveva messo piede per la prima volta a Rosegarden Street, ma non era cambiata al punto da dimenticarsi di lei, piuttosto aveva integrato quella fragilità in un nuovo guscio, inespugnabile da tutti... ma la cui chiave era ancora stretta tra le mani di Killian. Era terribile non riuscire a capire se per lui si trattasse di qualcosa di positivo oppure no: quand'è che aveva smesso di capirlo? In che punto della loro storia si era arenata la comprensione che li aveva portati fin lì? Quella sensazione non le piaceva per niente. Certamente non avrebbe cambiato la risposta, lei sapeva di aver fatto la cosa migliore per se stessa, ma non poteva negare che l'egoismo che era convinta di aver alimentato, confermandola, fosse stato indirizzato dal briciolo di speranza che almeno lui avrebbe reagito con più..."entusiasmo". Qualcosa non le tornava, c'era di più, non poteva essere una semplice sequela di affermazioni senza cuore. Non si oppose allo scivolare via delle mani dalle sue spalle, anche se non capì il motivo. Ringraziò, però, che almeno non fece alcuni passi indietro allontanandosi da lei anche fisicamente. Trattenne il fiato.

Aveva fatto chiarezza in se stessa sì, o almeno in parte, perché non poteva negare che non capire se lui avesse il quadro più chiaro o con che colori lo stesse dipingendo, la disarmava. Attese, palpitante, che quel "e" la conducesse laddove credeva di poter andare, ma non fu propriamente come aveva pensato. Lì, a pochi centimetri da lui, prima ancora che potesse concludere la frase, con quel tiepido mood che aveva contraddistinto quelle risposte, Amber abbassò lo sguardo, faticando incredibilmente a trattenere la sua frustrazione. La mano destra scostò una ciocca di capelli, ricaduta per inerzia, e scese fino a fermarsi tra il collo e la clavicola. Non capiva, le stava dando della vigliacca? Probabilmente no, ma non le piaceva l'epilogo di quel momento, almeno quello era certo. Lei che aveva faticato così tanto nel tentativo di convincersi che quella rinuncia non avrebbe segnato una vittoria per la sua famiglia e quanto avevano continuato a nasconderle, aveva finito per sentirsi dire esattamente che invece avrebbe dovuto ricredersi perché chiaramente non era pronta a seguire la strada intrapresa. O così lo interpretava lei, viziata dal suo stesso ego, che mai aveva subito un affronto così diretto come con Killian. Un fallimento, confermato così. No, non poteva piacerle per niente, e per un attimo sentì la terra mancarle sotto i piedi. Avrebbe voluto arrabbiarsi, far valere la propria intenzione, quasi dovesse difendersi in qualche modo. Ma non era stato lui a dirle che avrebbe potuto scegliere? Era ingiusto ora tentare di dirle invece che così facendo avrebbe rinunciato anche in parte alla stima - se così poteva chiamarla - che lui sembrava provare per lei. Avrebbe dovuto alzare lo sguardo ed affrontarlo duramente, perché non poteva capire in quel momento il senso ed il tono con cui le aveva parlato. Ma non lo fece. La verità era che aveva passato mesi ad incolparsi per il desiderio di lasciar perdere quel triste caso, ed aveva faticato tremendamente per permettersi di creare quell'opportunità di avere Killian solo per lei, senza Auror, e senza Eveline. E quell'ultima frase non mancò di colpire dritta al cuore del problema, facendo sentire Amber ancora più in colpa nei confronti della donna morta più di dieci anni prima. Prima però di abbassare lo sguardo, l'espressione della ragazza avrebbe subito l'ennesimo mutamento, ed incredulità e sofferenza avrebbero sancito quel messaggio limpido ed accusatorio, ma inespresso a parole : "Allora è questo che pensi di me. Dopo quello che abbiamo passato è questo che sono per te... una debole, incapace di annullarsi per qualcosa che non ha senso ora come ora? ". Erano arrivati al "dopo" che avevano rimandato dai tempi del lago al Villaggio... ma allora perché lui continuava a non sembrarne troppo felice? Amber avrebbe giurato di averlo sentito più allegro durante il ballo del plenilunio, un anno prima, quando un'incontro così ravvicinato li avrebbe seriamente messi nei guai, piuttosto che lì con lei in quel momento.
«Non si può essere pronti per una cosa come questa... soprattutto se poi finisce per portarti via tutto e lasciarti a mani vuote.»Non si mosse. La voce, forse troppo dura, era la dimostrazione ultima di quanto fosse cresciuta. I pensieri vennero rivolti a John, ed a tutte quelle volte in cui quella spasmodica attesa di informazioni da Mayline l'avevano spinto sull'orlo di una crisi, e poi anche a lei, Amber, che per anni aveva evitato tutto perché la sua missione era più importante, ed era arrivata a sovrastarla facendo sfuggire tutto di mano, ad entrambi. Non voleva ridursi così. Parole sincere, condite dalla stanchezza che già il ragazzo aveva intravisto pochi minuti prima. C'era così tanto da dire che faticava a stringere i concetti, aspettandosi invece di poter ampliare le proprie spiegazioni all'interno dell'abitazione. Non poteva permettersi di subire altri colpi lì fuori.

Allungò l'esile mano e si preparò ad abbassare la maniglia. L'idea di varcare quella soglia e non prestarsi a sguardi indiscreti iniziava a diventare urgente. Voleva, anzi: aveva il bisogno, di lasciarsi abbracciare dall'accogliente ingresso un po' caotico e carico di cianfrusaglie come pochi altri. Ma, prima di farlo, la sua mente la costrinse a porre una domanda che - forse - aveva già ricevuto risposta, ma che ora necessitava di una conferma. Nascondere frasi complesse in monosillabi era un'abilità che entrambi avevano e che non esitavano ad utilizzare, eppure a volte bisognava scendere a patti con le esigenze altrui.
«Killian- lo chiamò, benché fosse lì davanti a lei, solo perché le piaceva il suono del suo nome, le era sempre piaciuto. Sussurrarlo fu istintivo come alzare lo sguardo appena dopo. Inspirò - Non mi hai detto cosa ne pensi tu. Questa volta credi che sia la cosa giusta ...per te?»

«Cosa ti devo dire, Amber? Ho sbagliato. Non avrei dovuto accorciare le distanze così tanto. Ma è un errore che probabilmente commetterei ancora perché è stato tutto troppo naturale, quasi che non avessimo alternative. Ma è sbagliato, adesso. Ti metterebbe davanti ad una scelta ed entrambi sappiamo quale dovrà essere la risposta...»
Parole di un tempo, provenienti da un'eco lontana, accarezzarono la sua anima.
Quanto erano cambiati da quel pomeriggio? E perché il suo cuore s'agitava così?



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view post Posted on 7/6/2018, 18:32
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Da qualche parte tra le fronde degli alberi che circondavano lo specchio d’acqua numerosi uccellini cinguettavano e volavano di ramo in ramo spensierati. Fiduciosi, gioivano del primo sereno offerto dalle giornate in attesa che la bella stagione prendesse sempre più il sopravvento su di un inverno che era stato gelido e duro. I due giovani bloccati al di fuori della dimora Snow da un confronto arrivato senza preavviso, invece, non potevano considerare le reciproche speranze altrettanto promettenti. Gli occhi attenti dell’uomo avevano continuato ad osservare ogni piccola increspatura sul viso di Amber sia mentre pronunciava quelle frasi insolitamente più che brevi e lapidarie constatazioni, sia quando il silenzio aveva scandito delle doverose pause tra di esse. Non ebbero difficoltà a riconoscere quel moto di delusione che le sue parole avevano innescato oltre la corazza difensiva della giovane. Killian ne fu in parte sorpreso, oltre che dispiaciuto. Stavano mettendo un punto di comune accordo molto prima che l’epilogo che si erano prefissati fosse stato anche solo sfiorato e il motivo di quella rinuncia – perché non poteva essere chiamata altrimenti – era di fondo il liberarsi da qualcosa che invece che aiutare li stava facendo colare a picco, lei per prima. Dopo aver capito che la strada intrapresa non era quella giusta, si erano fermati qualche passo prima di confermarla la scelta definitiva e questo doveva renderli grati entrambi. Era una conquista, in fondo. Ma il Resween sentiva scivolare sulla propria pelle la spiacevole sensazione che ad Amber questo non bastasse.

Che cosa si aspettava? Qualche parola di conforto o magari un gesto significativo? Lo sguardo si incupì appena al pensiero che la situazione creatasi da quello “stop” potesse essere fraintesa da Amber come il materializzarsi repentino del “poi” a cui erano stati fatti dei pericolosissimi accenni ormai una vita fa. Possibile che avesse sbagliato ancora, nell’esprimersi e nell’interpretare? Sembrava non esistere modo di tirare il capo di un filo per liberarlo da quell’ammasso intricato di nodi senza andarne ad intensificare l’intreccio. La situazione si era complicata così tanto che facevano fatica persino a trovare le parole: i tempi in cui bastava loro uno sguardo per capirsi e sostenersi sembravano assai lontani, anche se l’impegno profuso da parte del ragazzo non era mai stato così forte. Non era sufficiente, evidentemente. Seppe che la sua ultima affermazione, in definitiva un consiglio che non aveva trovato forma come tale, aveva avuto effetti devastanti sulla ragazza quando la costrinse ad abbassare lo sguardo districandolo da quello grigio. Guardando il capo chino e l’espressione sofferente, all’Auror sembrò di udire distintamente il rumore di un sassolino che precipitava verso il fondo di un profondo crepaccio. L’aveva gettato lui, ma ora la mano fremeva desiderosa di richiamarlo indietro perché da perturbatore del fragile equilibrio che avevano appena ristabilito minacciava seriamente di innescare una frana. Killian credette di sentirlo arrivare in lontananza, ma così non fu. A contenere il crollo, stavolta, era stata la ragazza stessa dimostrando quanto quel “sei cambiata molto” non fosse affatto un vuoto concetto.


"Non si può essere pronti per una cosa come questa... soprattutto se poi finisce per portarti via tutto e lasciarti a mani vuote"

Quanto aveva ragione! Killian non aveva mai dubitato della sua maturità, eppure si stupì di come lei in poche parole fosse riuscita a concentrare il concetto intorno alla quale aveva gravitato gran parte dell’esistenza dell’uomo.


“Questo lo so. Il mio non era biasimo” ,si sentì in dovere di chiarire perché tutto quello che aveva detto finora non fosse interpretato come un’accusa. La sincerità in quelle brevi parole era disarmante.

La voce uscì poco più forte di un sussurro, ma chiara: non la stava attaccando, stava esprimendo comprensione anche se lei, non sapendo quante cose avevano in comune, non poteva capire pienamente quell’ammissione di vicinanza. Avrebbe voluto ricordarle che lei non era a mani vuote, che la frase che aveva preso così male era proprio un invito a non dimenticarsene. C’era un padre, una zia, una famiglia intera pronta a non lasciarla sola e anche se degli errori erano stati innegabilmente commessi, questo non doveva impedirle di aprire gli occhi e vedere negli altri la sua stessa sofferenza. Invece tacque. Primo perché lui che parlava di famiglia era proprio un paradosso. Secondo perché Amber aveva dato segno di voler superare il momento e varcare finalmente il portone libero dagli incantesimi protettivi. Convinto che non ci fosse altro da aggiungere a quel punto, il mago dovette ricredersi. Il viso giovane del ventiquattrenne non trattenne una primissima espressione di sorpresa. Ragionò su quella domanda senza timore di soffermarsi troppo a lungo sulla figura che l’aveva espressa. La soppesò e poi liberò un profondo sospiro. Erano a punto e a capo, di nuovo?


“Te l’ho detto prima di lasciarti fare la tua scelta: non si tratta di me. O di noi”, le nubi intrappolate nelle sue iridi sembrarono addensarsi quando pronunciò quell’ultima parola. Tre lettere che messe insieme avevano una potenza incredibile: dovette metterci del suo meglio per non lasciare che il discorso inciampasse in quel concetto che si era formato lentamente. “Quella è un’altra storia e non è il momento e il luogo adatto per parlarne”

La decisione era tangibile, ferrea. Ma quella risolutezza nascondeva una domanda di fondo che Killian doveva porre innanzitutto a se stesso: sarebbe mai arrivato quel momento? E per la prima volta da quando aveva appreso che quel canale di comunicazione poteva avere delle grosse insidie, sottrasse lo sguardo portandolo sulla porta e sulla mano gentile posata sulla maniglia. Il motivo principale per cui quel quesito sussisteva da quasi un anno era lo stesso che poteva farlo trapelare oltre la sua mente.



SchedaOutfit
 
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view post Posted on 9/6/2018, 00:16
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When you are suffering,
that's when you're most real.



A
mber era fin troppo capace di darsi la colpa di ogni cosa, con o senza Killian ad avvalorare le sue tesi. La lama che pendeva sulla sua coscienza si era abbassata talmente tante volte in quell'ultimo anno, che lei stessa aveva perso il conto e le ferite non avevano mai davvero smesso di sanguinare. Era evidente in quegli occhi stanchi e quel volto provato, che qualcosa avesse iniziato a corroderla dalle fondamenta, ma aveva paura anche solo ad ammetterlo. Quel giorno si era preparata ad affrontare una guerra fredda crudele e senza via di scampo, ma quando Lui le aveva dato la possibilità di accettare un armistizio, Lei non ci aveva pensato due volte. Se c'era una cosa che, dopo tutto quel tempo, non voleva fare, era combattere contro di lui. Aveva solo bisogno di stare con lui, che fosse per un Tè senza impegno o per quella ricerca che da qualche minuto stava rimandando, poco importava.. aveva bisogno di lui, della sua ironia pungente, del suo sguardo fin troppo esplicito e della capacità che aveva di sollevarle il peso che ogni giorno portava sulle spalle. Ma forse chiedeva troppo, perché quella tranquillità che in automatico credeva che il rifiuto dell'incarico con l'Auror avrebbe portato, non accennava a palesarsi. Anzi, lei non riusciva a percepire altro che una tremenda ed ingiustificata stretta allo stomaco. Non voleva negarsi a Killian, ma non voleva allo stesso tempo ricevere consigli su come gestire la propria famiglia, almeno non in quel momento quando già un enorme passo era stato fatto. Anche lui, in qualche modo, sembrava pretendere troppo da lei. Se solo fossero stati in grado di accantonare per qualche istante in più tutto quanto gravitava intorno alle loro orbite, avrebbero compreso come in fondo avrebbero potuto bastarsi l'un l'altra. Ma anche quello, forse, sarebbe stato il passo successivo. In quel momento, invece, con la mano ancora allungata a stringere la maniglia, Amber aveva espresso con una chiarezza quasi allarmante il concetto di fondo che rendeva il suo cuore pesante come un macigno: era sola. Checché ne dicesse lui, lei si sentiva ogni giorno più sola. Forse spettava alla ragazza il primo passo nei confronti della sua famiglia, ma non era l'affetto dei cari a mancarle davvero. La verità era che da quando la Legilimanzia si era interposta tra loro due, Amber aveva perso tutto. Un compagno, un complice, un amico, un qualcosa di più. Killian, anche se sempre più in veste di Auror - per quanto alle volte lei credeva di percepire con chiara distinzione anche il desiderio di lui di togliersi l'armatura di tanto in tanto - aveva rappresentato un supporto, era diventato il suo più grande confidente. Si era fidata talmente tanto da farsi male, ed ora che non voleva altro che riavere indietro la loro complicità si era scontrata con la realtà dei fatti: erano cambiati, e lui non si fidava ancora di lei. Scioccamente aveva dimenticato - o per meglio dire: era stato comodo dimenticare - il motivo che li aveva portati ad affrontarsi tanto duramente sulle Alpi, credendo quindi che l'ultimatum appena infranto avesse il semplice scopo di spazzare via tutto. Ma non avrebbe mai potuto essere così. Non nascose minimamente la triste serietà con cui accolse la conferma del ragazzo. Non era quello il momento. Ancora una volta a sbagliare i tempi era stata lei, ed ancora una volta a subirne di più le conseguenze era sempre lei - o così credeva. Non era il momento di chiedersi se anche lui volesse starle accanto, perché lei era ancora quella pericolosa ragazza che aveva violato i suoi ricordi e si era appropriata di un nome di un'importanza cruciale: Artemisia.

A darle il colpo di grazia in quel preciso momento, confermando la teoria dei mille ostacoli ancora da affrontare, fu l'allontanarsi dello sguardo di Killian. Lui non aveva mai rifuggito un contatto visivo, era a Lei che apparteneva quel ruolo... eppure quello non poteva che essere il segno di quanto a fondo avesse colpito quella vocazione repressa, esplosa in un pomeriggio di Giugno. Il nodo alla gola strinse al punto da toglierle il fiato ed il profondo senso di tristezza che aveva tentato in tutti i modi di allontanare era tornato ad avvolgerle il cuore. Era colpa sua, solo sua se ora Killian non si fidava di lei, se la complicità era stata spezzata e se - strinse il maglione con la mano libera - lui non voleva guardarla. Ancora una volta, in quello stallo, Amber si sentì profondamente divisa. Da una parte la ragazzina debole che avrebbe solo voluto avvicinarsi ancora di più a Killian e scusarsi per tutto, perfino per avergli chiesto di aiutarla a Diagon Alley, e pronta a promettergli che non l'avrebbe mai più ferito così tanto. Dall'altra, una ragazza che aveva impiegato anni a costruire una corazza degna di quel nome e che non avrebbe mai voluto umiliarsi al punto da perdere quella dignità che già scarseggiava, convinta soprattutto che Lui non avrebbe accettato una dimostrazione di debolezza e fragilità così grande. Voleva essere forte, voleva che lui la vedesse quasi come un suo pari, qualcuno da desiderare e non solo una bimba spaesata da accudire. E fu un peccato che lui non stesse guardando in quel momento, perché lo sguardo di Amber subì un notevole mutamento. Ingoiando l'amaro boccone, la Tassorosso si fece forza attingendo ad una riserva in via di esaurimento e sollevò il mento sforzandosi di muovere le labbra in un semplice e morbido sorriso. Lui era lì, e basta. L'aveva detto: non era il momento per pensare ad altro, era solo il momento di entrare in casa Snow e scoprire chi era stata Eveline anni ed anni prima.
«A questo punto forse - la voce uscì più roca del previsto, debole come quella di chi non parla dopo anni di silenzio, e lei sapeva bene cosa si provava in quei casi. Di una cosa era certa, non poteva mettere fretta né a lui, né a se stessa. -...dovremmo entrare » Abbassò la maniglia.

Se Killian avesse assecondato quel gesto, cosa che Amber a quel punto sperava per cambiare aria e non rimanere intrappolata nell'anatema che aveva ormai fossilizzato i loro piedi in quel punto, avrebbe potuto vedere con i propri occhi Casa Snow. La ragazza non sapeva se per lui fosse stato un bene o un male aver evitato di commentare i punti precedentemente espressi, ma di certo sapere di cosa lei aveva bisogno e lottare contro i mulini a vento non rientrava nei piani. Dopo aver aperto la porta, fu Amber ad entrare per prima, per poi scartare appena di un passo a lato e lasciare a lui la visuale libera sull'ingresso. L'ambiente era caldo, accogliente e la mobilia non aveva nulla di moderno. Carico di foto appese ai muri, o posizionate su mensole, mobili, cassettiere e via dicendo. Il profumo tipico di biscotti e fiori che rappresentava in pieno Nonna Elise poteva quasi fuoriuscire dalla porta ancora aperta. La prima immagine che l'ingresso regalava a destra era quella di un salottino, con i muri più alti di quanto immaginato all'esterno, poteva intravedersi anche la nicchia-libreria in cui troneggiava anche un pianoforte a code. Killian non poteva saperlo, ma quello era stato un regalo di Nonno Dustin, che non apprezzando lo sfarzo della Sala della Musica presente in villa Hydra, aveva riadattato il suo angolo preferito per dare ad Amber uno spazio più intimo in cui esercitarsi. Alcune scale, infine, davano al piano superiore ed alle camere da letto. Acciambellata sul divano c'era Eve, che dormiva beatamente. A sinistra, invece, separata solo da mezzo corridoio, c'era una piccola cucina con annesso tavolino per pochi intimi. Nel tentativo di risollevare la situazione, Amber rianimò una vecchia battuta. Una di quelle risalenti a prima che tutto cambiasse così drasticamente, forse anche nella speranza che per un po' i drammi potessero lasciarli in pace entrambi. «Sei nella tana dei Tassi, adesso. » Poi avrebbe rivolto le iridi chiare verso di lui, cercando ancora una volta di contenere quell'espressione da "ti prego basta, fa già male così, ho bisogno di una tregua anche io". Anche se forse sarebbe stato meglio ammetterlo.


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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