Lacuna , Villa Hydra ~ Privata

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view post Posted on 20/6/2018, 17:59
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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*Codardo*


Killian lo era davvero? Non aveva mai considerato la difesa personale come manifestazione di quell’onta tutta umana, eppure mentre le iridi grigi decidevano di spostarsi lontano dalle gemelle verdi questo era l’inesorabile giudizio che continuava a darsi da solo. Non si trattava di precluderle ricordi su persone ed eventi del suo passato, ma tenerla lontana da pensieri e dubbi so loro due, su quella relazione mai concretizzatasi ma già così complicata. Si stava proteggendo contro quell’abilità che aveva sempre considerato – e mostrato di ritenere – negativa, eppure si sentiva incredibilmente colpevole. Rompere l’unione di sguardi di per sé era già stato un modo per alludere velatamente a quella domanda così dura da porsi. Non era il momento di affrontare quell’argomento perché era certo che ne sarebbero usciti entrambi sconfitti, privati di quello che consapevolmente o inconsapevolmente bramavano: l’altro.
L’uomo si aspettava qualcosa di diverso dalla reazione che invece seguì, dimostrando ancora una volta quanto sottovalutasse la maturità della ragazza. Sapeva di averla ferita: il Killian che lei aveva conosciuto non lo avrebbe mai fatto visto che usava quel canale di comunicazione come il principale perché diretto e sincero. Però non insistette. Semplicemente, comprese. E il mago le fu infinitamente grato. In momenti come questo, nelle tenebre dei dubbi circa il loro futuro la piccola luce della speranza brillava con appena più lucentezza ricordandogli la sua presenza, fioca ma inestinta. Il bagliore si sarebbe fatto più vivido se solo avesse potuto vedere il meraviglioso sorriso che curvò le labbra morbide della giovane. Accettazione, dolcezza, comprensione. Nonostante tutto era ancora capace di ciò, pure in momenti in cui sarebbe dovuto essere lui il promotore di simile sentimenti per darle sostegno.

Anche se privato di quella visione incoraggiante, Killian intuì che quella pericolosa statica era giunta ad una conclusione quando Amber annunciò il momento di entrare. Non aggiunse altro se non un cenno di assenso del capo. Poi mentre la porta sprovvista degli incantesimi protettivi veniva aperta, lui raccolse la sacca di cuoio prendendola per la lunga cinghia, prima di avanzare senza ulteriori indugi. Seguendo i passi felpati della Tassorosso, fece il proprio ingresso nella casa calda e accogliente e con sollievo scoprì che il soffitto era abbastanza alto da non costringerlo a chinare il capo: dall'esterno aveva temuto l'incontrario. Era incredibile come si potesse capire così tanto su di una persona semplicemente dagli spazi che venivano vissuti quotidianamente da questa. Il Resween non perse il suo modo di fare (forse anche un po’ troppo sfacciato ora che non era lì per scoprire il più possibile in veste di Auror) e mentre si slacciava il mantello della disillusione per riporlo nella borsa lasciò che la sua curiosità vagasse tra i due ambienti che gli si erano aperti davanti. Ogni cosa era al posto giusto senza per questo far apparire le stanze troppo “costruite”: ben si sposava con l’idea di “casa dei nonni” che Killian si era fatto anche se da Purosangue aveva conosciuto luoghi del genere ben diversi da quelle aspettative. Inconsapevolmente sorrise: nella rarissima eventualità che un posto potesse metterlo a disagio, la casa degli Snow non era nemmeno lontanamente simile ad esso. Con le labbra scure ancora curvate nel ghigno soddisfatto che quell’aria “familiare” aveva suscitato in lui, concluse la prima ispezione visiva tornando sulla sua guida che si era fatta da parte per permettergli l’accesso.


“Suona come una minaccia, sai?”

E fu come estraniarsi dal mondo, dal contingente. Non erano Amber e Killian in casa Snow, alla ricerca di notizie sulla madre di lei, reduci dall’ennesimo confronto non programmato.
Erano Amber e Killian, punto. Guardarsi, sorridere, scherzare. Era assurda la naturalezza con cui tornavano ad essere quelli di una volta, gli incoscienti su di un lago ghiacciato.

E senza che potesse farci nulla era già in “trappola”, ma non in quella dei Tassi a cui aveva appena alluso punzecchiandola.


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view post Posted on 21/6/2018, 09:33
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And who am I to know what I feel?


D
ue passi all’interno della casetta ed un nuovo respiro lasciò le sue labbra. Le bastò avvolgere con lo sguardo l’interno accogliente della dimora dei nonni materni per sentirsi appena più tranquilla. Amava quel posto tanto quanto credeva di non essere degna di mettervi piede più di tanto. Sapeva che Eveline aveva trascorso gran parte della sua esistenza proprio lì e temeva che invece la sua presenza potesse collidere con il fantasma di quei ricordi che non le erano mai davvero appartenuti. Non aveva mai “vissuto” i propri nonni come una bimba qualunque; erano state rare le visite sia in Villa che dagli Snow, forse perché Johnathan difficilmente la lasciava sola tanto a lungo da concederle di dormire dai nonni e non essere nei paraggi. Difatti, in quella casa c'era una stanza per lei, e lei non l'aveva mai usata. Con il tempo ed il passare degli anni, era stata Amber ad avvicinarsi ai parenti più anziani, ed aveva scoperto di appezzare lo sfarzo della Villa - con i suoi pregi ed i molti difetti - meno della semplicità di Casa Snow, eppure lì non riusciva mai a sentirsi totalmente a suo agio, c’era sempre una vocina che le ricordava che, per quanto lo potesse desiderare, lei non apparteneva a quel mondo cosi accogliente e sereno, ma a quello più austero e ricco dell'enorme maniero a qualche decina di metri da lì. Quella spaccatura tanto netta la divideva in due metà quasi identiche. Però sapeva di aver bisogno di stare da sola con Killian, ed i domestici rimasti erano tutti occupati a tenere in ordine la dimora degli Hydra, inoltre il trambusto emotivo che ogni volta il ragazzo riusciva a procurarle andava almeno un po’ placato in un posto senza eccessive intromissioni. Fissa in quello stallo - fuori dalla porta - che entrambi avevano istigato, non avrebbe potuto guadagnare nulla, avrebbe rischiato di perdere altro. Non aveva il diritto di chiedere nulla di più di quanto lui non si sentisse in grado di darle, e quel concetto era penetrato ancora più a fondo quando lui stesso le aveva negato un degno confronto di sguardi. *No* , si era detta, non avrebbe fatto altri passi avanti tanto alla leggera, meno che meno si sarebbe dimenticata totalmente di essere ancora una minaccia. Nonostante dovesse ammettere la difficoltà sempre maggiore che rappresentava lo stargli vicino senza potersi davvero avvicinare, non poteva negare che altri passi nel vuoto avrebbero solo peggiorato le cose, non era nemmeno più sicura che lui l'avrebbe afferrata ai limiti di quel burrone tanto vicino, quello la spaventava sul serio. E lei non poteva mettersi in una situazione così precaria, non di nuovo, non dopo gli scossoni degli ultimi giorni. Scosse impercettibilmente il capo prima di abbassare la maniglia, proprio nella speranza che quel lieve sorriso appena nato potesse rimanere sulle sue labbra più a lungo possibile. Una tregua per le etichette che stavano loro così strette, mentre una nuova - e ben più dolce - battaglia vedeva costruire le proprie basi.

Silenziosa, lasciò che fosse lui ad esplorare quel primo angolo messo a disposizione da Casa Snow, e che in realtà racchiudeva quasi tutti i luoghi principali. Impossibile non ripensare al momento in cui lei era stata al suo posto, nella tana del serpente, senza la minima certezza che lui non fosse un impostore. Sconsiderata, aveva creduto di essere stata lei ad irretire un povero malcapitato, ma non poteva che provare l'esatto opposto. Ricordava quel sorriso per niente rassicurante ma terribilmente attraente con cui l'aveva salvata e condannata, ed a cui ora era così legata. Ricordava i battiti persi nel tentativo di tenere a freno quell'agitazione tanto naturale quanto - a suo dire - sciocca. Si chiese se anche lui all'epoca si fosse chiesto cosa ne pensava lei del suo appartamento, se l'avesse guardata nel tentativo di percepire un giudizio prima che questo venisse espresso e se avesse desiderato di vederla a suo agio in quegli spazi. Benché quella non fosse casa sua - e di certo sarebbe stata più in apprensione se l'avesse portato nel vero appartamento di Londra, al villaggio -, era comunque il primo luogo a cui teneva davvero che gli stava presentando, sarebbe stato impossibile rimanere impassibile; voleva che gli piacesse. Non si mosse di un millimetro finché la prima ispezione non sembrò concludersi. Quando lo sguardo di Killian tornò verso di lei e quel sorriso soddisfatto ricomparve sulle labbra sottili del ragazzo, formando quell'espressione che più lo caratterizzava, un altro battito mancò all'appello. Il sorriso di Amber non solo rimase, ma si allargò tanto che per un solo istante un canino sfiorò le sue labbra, quasi volesse contenere quella piccola gioia per permettere invece ad un'espressione più furba di farsi avanti.

Un «Oh » di finta sorpresa chiuse quel piccolo circolo, seguito da un ben più chiaro: «Immagino tu sia terrorizzato...» e da uno sguardo appena più divertito, volto paurosamente a stimolare quel poco sottile strato di ironia che le avrebbe permesso di dimenticare per un po' i motivi che li avevano portati lì all'inizio. Non credeva che sarebbe stato così semplice replicare come un tempo, e forse anche di più, ma l'istinto aveva mosso i suoi passi ed un briciolo di commozione aveva smosso il suo animo nel profondo. Voleva potersi beare ancora una volta di quel rapporto così unico che li univa, ne aveva bisogno come l'aria. Potevano ancora essere "loro", lo sentiva, solo Killian ed Amber, prima che tutto crollasse e trascinasse i loro cuori nell'abisso. Forse incidere quella lettera sul suo polso non era stato un errore così grave, forse non era tutto perduto. Si voltò quanto bastava a raggiungere la maniglia della porta e richiuderla alle loro spalle. Immaginò così di lasciare fuori i suoi problemi almeno per un po'. La stanchezza che l'aveva posseduta fin dall'inizio, sembrò allentare la presa su di lei, forse sospinta via da quella tregua accordata.


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 2/7/2018, 11:51
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Stavano sorridendo. Dopo tutto quello che avevano affrontato – e non completamente superato – si erano concessi un gesto condiviso che ormai da molto mancava sui loro volti alla presenza dell’altro. Pensare che un tempo fosse una costante in ogni loro incontro era in parte triste perché non faceva che sottolineare ulteriormente quanto le cose fossero cambiate tra di loro, ma da un lato rendeva quel momento ancora più speciale nella sua semplicità. E Killian decise di volerlo assaporare fino in fondo, catturando in uno sguardo attento ogni dettaglio di quella morbida curva tra le labbra della ragazza. Non era opportuno e forse era persino scorretto mostrarsi così preso dal suo sorriso finalmente luminoso come se lo ricordava, eppure la direzione dello sguardo nuvoloso non lasciava dubbi su quelle riflessioni, senza nemmeno provare a nasconderlo.

L’evidenza che ad entrambi mancassero interazioni del genere trovò netta conferma quando Amber continuò a stuzzicarlo con parole coraggiose, soprattutto per la scelta dei termini. Un poco lo sorprese tutto quell’ardire da parte della giovane ma doveva ricordarsi che la sua crescita non era soltanto esteriore e non poteva più considerarla come la ragazzina incontrata a Diagon Alley che veniva facilmente messa in difficoltà da una delle sue provocazioni. Ora giocavano quasi ad armi pari a giudicare dallo sguardo divertito con cui aveva posto quella domanda.
I motivi per cui Killian poteva essere spaventato dalla situazione erano molteplici, uno più doveroso dell’altro. Però ora sembravano essersi affievoliti tutti fino a scomparire: era rimasto solo il bisogno di agire come il Killian che lei aveva conosciuto all’inizio. Era ancora lì, dopotutto.


“In realtà no… ma qualcosa nel tuo sorriso mi suggerisce che dovrei”

Quanta, quanta verità in quella frase? Non si sforzò nemmeno di leggere nella sua stessa affermazione tutti i significati che era possibile riscontrarvi: incosciente voleva esserlo sul serio. Tanto per prenderne in considerazione uno, il giovane Resween si era completamente affidato alla guida della Tassorosso ora che il suo compito non era più quello di condurre le ricerche. A pensarci bene, non era affatto una cosa di poco conto. Richiedeva molta più fiducia di quanta Killian aveva dato ad intendere di voler concedere. Però queste erano considerazioni un po’ troppo “oltre” di cui l’Auror non voleva farsi carico di nuovo visto che potevano arrogarsi il miracoloso privilegio di mantenere lo scambio di battute sul piano dello scherzo puro e semplice... che con loro non era mai rimasto tale.
Il rumore della porta che si richiudeva accompagnata dalla mano gentile della ragazza sancì la fine di quel momento di transizione: erano dentro. Non era più possibile nessun passo indietro. Non che il mago fosse intenzionato a far mutare ancora il loro attuale “accordo” e il precario equilibrio che ne era derivato, ma la consapevolezza di aver messo definitivamente piede nella vita di qualcun altro lo travolse in pieno come un ippogrifo imbizzarrito. Non aveva solo invaso uno spazio fisico, ma qualcosa di molto più intimo. Non un’abitazione, ma una Casa. Si chiese se prima non fosse stato troppo spudorato nel lasciar correre i propri occhi grigi con curiosità su tutto ciò che rientrava nel proprio campo visivo. Anche se in compagnia della strega, era pur sempre una presenza estranea in quel contesto e doveva mostrarsi più accorto. Di nuovo, il proposito di lasciare che la strada da seguire fosse tracciata dalla ragazza lo portò a chiedere:


“Da dove cominciamo?”

Dopo aver rivolto uno sguardo ampio sugli ambienti circostanti (proprio non ce la faceva a frenare l’istinto dell’attento osservatore), riportò al centro dell’attenzione lei, sempre lei. La sua espressione era incoraggiante: sapeva che non sarebbe rimasto tutto così splendidamente rose e fiori, ma la scelta di Amber non aveva escluso Eveline dal loro intento che anzi ora la vedeva ricoprire ancora più un ruolo centrale. Non cercavano più indizi sul modo in cui la sua vita le era stratta sottratta, ma su come era trascorsa. Un proposito in un certo senso più ambizioso, ma che ora lui era certo avrebbe appagato la giovane molto più intensamente.

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view post Posted on 3/7/2018, 09:12
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R
iavvolgere le sabbie del tempo non le era mai sembrato così semplice. Vinta da quel sorriso, facile preda di un cacciatore oramai esperto, Amber aveva imposto a se stessa di non riflettere. "Non rovinare ogni cosa". Che senso avrebbe avuto ricordarsi in quel preciso momento di quanto quegli attimi sereni fossero spesso preclusi? A cosa sarebbe servito ammettere di percepire il lato tagliente di quei sorrisi, la seconda evidente faccia della medaglia? Si era imposta di cancellare ogni traccia di quel sentimento che imbrigliava il suo cuore non appena la mente accennava a comprendere cosa significasse davvero lo sguardo che Killian le rivolgeva, ma il compito era talmente arduo che non mancò di ammettere di aver miseramente fallito. Non era suo diritto pensare di poter immortalare quegli istanti per portarli sempre con sé ... senza considerare la facilità con cui poi li avrebbe invocati, soffrendone. Eppure nemmeno quel pensiero premette eccessivamente contro la sua gabbia toracica quando il suo sorriso centrò il bersaglio ed il suo ospite non negò di esserne stato colpito. Era un raro momento quello che stava vivendo e ne era consapevole al punto tale che avrebbe dovuto temere ogni respiro ed ogni battito di quel cuore impazzito che aveva esultato come ai vecchi tempi, quando arrossire per un'espressione audace era stata la norma. Ma paura, timore e auto conservazione avevano già fatto i bagagli, pronte a lasciare quella landa già martoriata per un tempo indefinibile, forse dandole modo di ricostruire anche se lentamente la figura eterea andata in frantumi mesi prima. Benché liberatasi dallo sguardo intenso del ragazzo, riuscì a malapena a fare due passi di numero prima di ritrovarsi ancora una volta imprigionata in una rete invisibile. Aveva posto quella scherzosa "minaccia" come se lei fosse il predatore tra i due, ma sapeva bene che la realtà era ben diversa. Sapeva di avere a che fare con il maestro delle frasi destabilizzanti e dei commenti ironici a sorpresa, ma per una volta era sicura di poter rispondere con adeguata prontezza, pareggiando i conti a lungo tenuti in sospeso. Quel sorriso si allargò ancora di poco, quel che bastava a rappresentare una prima ed immediata risposta alla controbattuta di Killian. Non disse nulla, lasciò che a parlare fosse proprio quella sua espressione tanto divertita quanto scaltra, anche se entrambi avrebbero ben potuto riconoscere la base di finta sicurezza su cui si posava quello sfondo; un palcoscenico con due attori anche troppo abili. Forse avrebbe davvero potuto lasciarsi trasportare da quella finta tranquillità che sentiva sempre più vera. Forse quella era solo l'anteprima di quanto avrebbe potuto essere "la norma" per loro, una volta risolta la faccenda che ancora impediva la completa e reciproca fiducia... e se così fosse stato, oh sarebbe valsa l'attesa.

Tenne quel pensiero per sé, affievolendo appena il sorriso che però non abbandonò le sue labbra. L'espressione divertita si fece invece appena più seria, mentre con attenzione la ragazza seguiva le ispezioni visive del suo ospite. Si chiese più volte cosa stesse pensando, cosa avrebbe cambiato, cosa invece apprezzava e cosa potesse attirare il suo sguardo più di tutto. Rimase ferma al suo fianco, quasi immobile eppure sempre in lieve movimento, come un ombra familiare che non sarebbe mai diventata un fantasma molesto. Ci sarebbe stato tempo per investigare sul serio i suoi pensieri, ma non era quello il momento e per una volta la richiesta di Killian venne accolta nel migliore dei modi. Annuendo, in conferma a quanto quel nuovo e rivisitato "patto" aveva imposto, Amber si distaccò appena da lui. Sapeva di dover andare a fondo di quella faccenda, di dover entrare nella stanza di Eveline in ogni caso, ma il fatto di farlo non più con lo scopo di accanirsi su un passato che non avrebbe comunque potuto cambiare, le donò una tranquillità quasi ignota. Era quello che voleva, dopotutto, aveva solo bisogno di accettarlo sul serio.
«... dalla sua stanza. E' l'unico posto che davvero ci interessa, qui.» Rispose, con un tono quasi nuovo: sicuro, stabile, sereno. Niente serietà estremamente greve, niente autorevolezza minata dal concetto che ruotava intorno alla "missione" o alla parola " Auror". Si era sempre chiesta perché dopo la morte di Eveline, i nonni avessero chiuso e sigillato la sua vecchia camera da letto. Possibile che ci fosse qualcosa al suo interno che avrebbe potuto rovinare la memoria della donna? Oppure i motivi erano altri? Amber aveva chiesto, oh se aveva chiesto!, ma nessuno aveva mai davvero risposto... meno che meno Johnathan, che sembrava quasi apprezzare quella "precauzione". La vecchiaia però aveva giocato un solo scherzo ad Elise e Dustin, che avevano rivelato inconsapevolmente il nascondiglio della chiave. Un nascondiglio che ora stava per rivelare proprio a Killian, a dimostrazione di quanto in realtà lei si fidasse di lui. Anche se lui aveva reso ben chiari i motivi per cui non si fidava di lei - e non poteva nemmeno biasimarlo troppo - lei non ne aveva. Tutte quelle lame che avevano trafitto il suo cuore, impugnate proprio dal ragazzo, non erano state sufficienti a farla desistere dall'essere amichevole con lui, o dall'avvicinarsi. Forse perché in fondo sapeva che nella maggior parte dei casi Killian aveva agito per difendersi, e nell'altra parte era stata lei a non capire. Bastava uno sguardo un po' più intenso, un sorriso meno traballante e la vicinanza con Resween per indebolire le difese a lungo messe a dura prova. Non gli chiese di voltarsi o di non guardare, lasciò invece che lo sguardo attento vagasse dove più desiderava. Stranamente a suo agio, Amber scivolò oltre la figura del ragazzo, girò appena attorno ad una sedia e raggiunse il pianoforte. Non si sedette, ma sollevò il copri tastiera. Con naturalezza, e con la mano sbagliata secondo i dettami di Cordelia, suonò una breve successione di sei note.

Do Mi La - Do La Sol

L'inizio di una melodia che la memoria faticava a ricordare ma che sapeva esistere in qualche remoto angolo del suo subconscio. Quando anche il Sol si perse dell'etere, un "click" ben meno melodioso e più metallico prese il suo posto, rivelando un piccolo cassetto in rilievo sul fianco del Pianoforte. Ne estrasse la chiave della stanza di Eveline, ed il cordoncino a cui era legata, per poi chiudere lo scomparto. Se c'era una cosa che a Dustin non mancava, era l'ingegno. Tutta casa Snow in realtà pullulava di quei piccoli segreti, di cui Amber non era al corrente. Con quell'espressione soddisfatta che raramente mostrava all'infuori di Hogwarts - di solito era la conseguenza diretta di un incantesimo riuscito alla perfezione - tornò in cerca del suo ospite. Con la coda dell'occhio, però, da quella posizione non poté fare a meno di notare il batuffolo grigio che si stiracchiava sul divano. Le iridi chiare cercarono una spiegazione alla presenza di Eve, senza trovarla. «Ah.. lei è Eve. E non ho idea di come sia entrata qui, in effetti» per tutta risposta, la gatta balzò sul poggiatesta. «Non è propriamente amichevole, ti consiglio di non azzardare carezze, non potrei garantire la tua incolumità alla fine. E' peggio di Fergus» Aggiunse, alludendo a quella sorta di amore-odio che il Gufo provava nei confronti di Killian. Non pensò a tutti quei significati non troppo abilmente celati in quello slancio di divertita apprensione. Era stata talmente inebriata dall'idea di poter fermare il tempo e tornare indietro di quasi un anno, da non ritenere così "pericoloso" l'avventurarsi lungo quei sentieri in parte ancora sconosciuti. Se non avesse chiamato le cose con il loro vero nome, quelle sarebbe apparse più accettabili? No?


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 4/7/2018, 17:08
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Amber aveva imparato anche questo con il tempo, a lasciare che un sorriso velato di furbizia solleticasse più di qualsiasi parola il bisogno dell’uomo di sfide e sottintesi. Killian si chiese se ciò fosse dovuto in parte proprio alla sua compagnia (anche se chiamarla così era un’iperbole vera e propria visto che il tempo passato insieme si contava in ore) o se la ragazza avesse sempre avuto quel lato sicuro di sé da svelare poco a poco. La seconda ipotesi sembrava sicuramente la più plausibile, anche se l’idea che quelle sfumature di carattere si mostrassero solo in sua presenza e fossero quindi riservate a lui gli causava un'incontrollabile quanto egoistica felicità. Quel primo scambio di battute si concluse così, in un silenzio pieno di cose da dire ma taciute nelle curve dei loro sorrisi. Non potevano e non dovevano esagerare: dopotutto erano appena usciti da un’altra delle turbolenze che aveva scosso il loro rapporto di.. di qualsiasi cosa fossero al momento. Ora meno che mai le definizioni potevano rendere giustizia alla complicata situazione che si era venuta a creare, ma Killian si disse che andava bene così. Avevano ridimensionato i propri obiettivi scoprendoli come quelli “giusti” ed ora erano realmente così vicini da rendere facile ad Amber prendere il controllo della situazione. Con tono sicuro e tranquillo (da quanto non la sentiva parlare così?) annunciò il primo luogo di esplorazione e il mago non poté che esprimere il proprio essere d’accordo con un cenno del capo: era esattamente dove avrebbe iniziato lui, da Auror o meno.

Quando la figura slanciata della ragazza si mosse, gli occhi grigi del ragazzo accompagnarono con attenzione ogni suo movimento chiedendosi se dovesse seguirla verso la meta che si erano appena prefissati, ma capì presto che lei era diretta invece al pianoforte. L’aria interrogativa che attraversò il volto barbuto dell’uomo si accentuò quando una mano delicata scivolò sapientemente sui tasti in un accenno di melodia. Un tempo infinitamente lontano lei gli aveva confidato di suonare uno strumento che non era la cornamusa, ma il destino non aveva mai lasciato loro il modo per approfondire quell’argomento che pure interessava moltissimo il Resween. L’ultimo tasto era appena stato sfiorato e lui avrebbe voluto approfittare dell’occasione per indagare quella domanda irrisolta ma qualcos'altro avvenne e l’attenzione venne catturata della comparsa a sorpresa di un cassetto nascosto. Aveva sentito un rumore metallico il ché lo fece pensare a un meccanismo del tutto babbano, ma non poteva escludere che vi fosse magia anche in quel curioso funzionamento del pianoforte. Di certo anche se molto curioso non poteva pretendere di conoscere quello che era infine un dettaglio, considerando il fatto che non avrebbe nemmeno dovuto essere a conoscenza dello scompartimento segreto e come attivarlo.


“E io che pensavo che quella strana fosse la McCramble con le sue piante”

Il riferimento all’anziana proprietaria di casa di Killian per cui il ragazzo provava un sincero affetto lasciava intendere con sicurezza che non vi era traccia di critica in quell’osservazione. Però una bizzarria lo era, doveva ammetterlo. Chissà quante altre sorprese avrebbero potuto scoprire rimanendo in quella abitazione che “semplice” lo era solo all’apparenza. Si chiese se Amber fosse disposta a condividerle tutte con lui, anche se l’attuale momento idilliaco costituisse soltanto una piccola isola nel mare dell’incertezza….

Così come le acque verdi degli occhi della Tassorosso vennero attirate da un movimento serafico sul divano, anche Killian si ritrovò a scrutare la palla di pelo soffice e grigio che inizialmente aveva registrato solamente come “il gatto dei nonni di Amber”, senza prestarvi dunque molta attenzione. Invece le parole della strega che seguirono sul conto dell’animale gli fecero intuire che la gatta fosse proprio di sua proprietà e improvvisamente ritenne doveroso aggiungerla alla propria lista di conoscenze. Rise sommessamente per la terribile presentazione che venne fatta alla bestiolina che nel mentre aveva raggiunto il punto più sopraelevato del sofà: sembravano avere entrambi un’assurda predilezione per gli animali domestici ostili agli estranei, lei con Fergus e la gatta e Killian con Amigdala (Senza Nome dopotutto apparteneva a Persephone).


"Eve, eh?”, chiese con aria distratta mentre ignorava gli avvertimenti e muoveva qualche passo in direzione della micia. Ripetere quel nome in realtà celava una riflessione che non riteneva opportuno sollevare in quel frangente ma che non gli sfuggì: che il nome Eve fosse, consapevole o meno, un riferimento ad Eveline?

Probabilmente avrebbe rimediato un graffio, proprio come Amber aveva preannunciato, ma gli animali gli erano sempre piaciuti e in assoluto adorava lasciarsi inumidire le dita da quei nasi soffici e dalle lingue ruvide. Non pretendeva certo un contatto del genere con un felino al primo incontro e quindi da estraneo, ma lui era quello delle sfide impossibili e anche una sola carezza sarebbe bastata per ritenersi soddisfatto.


"Sei davvero così inavvicinabile come dice o anche tu fai solo finta?” , mormorò mentre la mano destra si avvicinava cautamente al musino dell’animale con il dorso, così da lasciarglielo annusare qualora lei lo avesse reputato degno.

Il tono del ragazzo era decisamente diverso da quello sicuro e sarcastico che esibiva il più delle volte (anche se ad analizzare bene l’affermazione diretta alla gatta vi si poteva riscontrare un certo riferimento provocatorio proprio alla proprietaria poco distante). Qualcuno avrebbe potuto persino osare definire quel modo di porsi come dolce. Di sicuro era pacifico: non era sua intenzione aggiungere un altro graffio a quelli che il becco e gli artigli di Amigdala avevano intrecciato ai suoi tatuaggi sbiaditi come amorevole punizione per la sua incautela.



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Qualcuno ha un mercoledì poco mercoledì e molto lunedì? :flower: Una risposta così celere nemmeno ai tempi del liceo
 
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view post Posted on 6/7/2018, 09:28
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perava di aver calamitato almeno un po' le Nubi di Londra con quei gesti lenti ma ben studiati. Non era mai così facile voltargli le spalle senza provare minimamente ad immaginare la sua possibile espressione. Avrebbe anche potuto guardare altrove, fissare lo sguardo su uno dei tanti mobili, ripiani o accessori che la cucina metteva in bella mostra... eppure Amber era abbastanza consapevole che quell'accenno di pelle d'oca che la solleticava era dato proprio dal fatto di avere lo sguardo dell'ospite su di sé. O forse era solo l'egoismo di una ragazza che per troppo tempo aveva cercato di passare inosservata. Non doveva aggrapparsi a quei desideri, ma lo faceva lo stesso perché le era impossibile ignorarli totalmente. Le dita si mossero sui tasti per pochi istanti, lasciando però abbastanza tempo perché si intravedesse la sapienza di quei gesti. Non suonava da molto e non poteva nascondere che si sarebbe volentieri lasciata trasportare dalla completa melodia, se non avessero avuto altri progetti. In realtà nemmeno sapeva se avrebbe fatto un torto al ragazzo non suonando davvero una cornamusa o suonando qualcosa che proprio non sarebbe rientrato nelle sue corde. Tra le tante cose che non sapeva di lui, c'erano anche quelle. Quando l'amarezza del pensiero che in breve l'avrebbe riportata al momento in cui aveva detto a Killian di non suonare la cornamusa ma il pianoforte, bussò alla sua porta, fu proprio l'Auror a scacciarla con un commento che fece da musa ad un nuovo sorriso. Lentamente si voltò abbastanza da poter rispondere prima che la vista della gatta richiedesse la sua attenzione. «Credo proprio che sarebbe un duello alla pari.» L'affetto che provava per Nonno Dustin, sarebbe forse potuto trasparire da quell'espressione addolcitasi dopo l'affermazione. Il vecchio mago sapeva sempre come parlarle ed era in effetti una fonte inesauribile di novità, battute e momenti divertenti. Ma quel che più amava del nonno era che le voleva talmente bene da non nasconderlo nemmeno un po'. Era stato uno dei pochi porti sicuri dopo la morte di Eveline, e la Tassorosso non poteva che ammirarlo - a dieci anni di distanza - per la forza con cui aveva gestito la sua sofferenza al punto da non aggiungere del peso a quella di Amber. E poi, poteva immaginare un incontro tra lui e la signora McCramble, e di certo quello che ne sarebbe uscito avrebbe sancito l'ennesimo momento di totale utopia per i due.

«Eve, eh?»

Immaginava che si sarebbero potuti soffermare sul nome della gatta, prima o poi sarebbe dovuto succedere. Si era chiesta più volte quanto sciocco sarebbe apparso che una bimba di undici anni potesse dare alla propria gatta il nome della madre, ed era riuscita solo a rispondersi che sarebbe stato meglio che John l'avesse fermata all'epoca. Il nome completo dell'animale era proprio "Eveline" e lei lo aveva abbreviato per celare il più possibile la cosa, già dopo il secondo anno. Ovviamente immaginava che il dettaglio non sarebbe passato inosservato a lui, che tra tutti si era avvicinato talmente tanto ad Amber da poter comprendere le amare sfumature dei suoi pensieri. Il velo di imbarazzo sceso con quella breve constatazione, alla quale non avrebbe dato una risposta chiara, quasi fingendo di non coglierla, si tradusse in uno storcere le labbra ed uno sguardo rivolto al caminetto spento. Non avrebbe spiegato come, ad una bimba traumatizzata, quegli occhi verdi tanto simili a quelli della madre, avessero dato adito a teorie sulla reincarnazione di cui non avrebbe potuto sapere proprio nulla. All'epoca le era sembrato così naturale credere di avere accanto Eveline attraverso gli occhi di Eve, che non poteva vergognarsene del tutto. Si era distaccata abbastanza da quella bimba alle prime armi con Hogwarts, ma sapeva di condividere con lei la stessa anima, ancora distrutta, ancora ferita. *Già*

Il suo sguardo venne nuovamente catturato però dalle intenzioni di Killian verso la gatta. Non solo stava ignorando il suo avvertimento, ma sembrava incline ad avvicinarsi agli artigli affilati di Eve. Fece un solo passo verso di loro, abbastanza per schioccare le dita e far allontanare la gatta ma non tanto da agitarla prima che prendesse le sue personali decisioni. Appoggiò appena il fianco alla testiera del divano e non si accorse di aver iniziato anche a giocherellare con lo spago che teneva ben legata la chiave appena recuperata. Recepì totalmente il commento di Killian, che in parte sembrava proprio rivolto a lei. Non poteva essere tanto cieca da non sapere qual era l'impressione che dava ai più, anche perché spesso era lei a voler apparire inavvicinabile, ma il fatto che lui avesse ormai compreso che non c'era storia se si trattava di un suo avvicinamento, la fece sospirare silenziosamente, ed agitò ancora di più quel cuore in ristrettezza emotiva obbligata. Si sforzò di non rispondere nell'immediato per non spezzare l'atmosfera che sembrava essersi creata tra l'uomo ed il gatto.. senza considerare che il cambio registro nel tono di Killian aveva contribuito ad ammutolirla totalmente. Meravigliata da quel lato dolce ancora ignoto, si impose di godersi il momento in religioso silenzio. Eve, invece, reagì diversamente. Dapprima parve accettare quell'avvicinamento lento, seppur studiando la mano che voleva approcciarsi. Dopo, però, portò le orecchie indietro e la zampina destra si riposizionò sul divano, un passo avanti alla sinistra. Il pelo lungo la spina dorsale si sollevò appena ma non abbastanza da fungere da avvertimento. Amber continuò ad osservare quella reazione che già aveva visto e che non avrebbe fermato, in fin dei conti. Appena prima che la mano tatuata la raggiungesse, quando mancava un soffio dal contatto con il nasino nerissimo, snudò le zanne ed emise un soffio di avvertimento, seguito da un ringhio sciocco e sommesso. Immobile. La strega si costrinse a non pensare a come invece avrebbe reagito lei ad un avvicinamento simile da parte di Killian, sapeva come sarebbe finita e non avrebbe dovuto rifletterci a lungo. Delicatamente, con un tono basso abbastanza da non interrompere l'interazione ancora in corso, azzardò. «Inavvicinabile per finta, eh?» Avrebbe tentato di fingersi offesa, sottolineando come non vi fossero dubbi sul soggetto della frase, che di certo non era Eve. Sarebbe stato però troppo evidente come invece si stesse divertendo. Un altro passo verso i due - Eve sembrava una statua di cera, con i dentini affilati ancora in mostra -. «O forse il tuo proverbiale fascino non è poi così irresistibile» Ormai era una prassi pericolosa quella di rivoltare le parole l'uno dell'altra, eppure lei non riusciva a smettere. Le piaceva.


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit


Per fortuna ci sei tu che trasformi i miei MercoLunedì in Venerdì ♥
 
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view post Posted on 11/7/2018, 18:51
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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La sfrontatezza del ragazzo fu premiata con una vittoria… per qualche attimo. Ci fu un momento in cui credette davvero di essersi guadagnato con il suoi modi lenti e gentili la fiducia del felino, ma ovviamente questo era di tutt’altro avviso. Prima che il contatto fisico potesse concretizzarsi in una carezza accennata, Eve lanciò al mago dei segnali inequivocabili che lo costrinsero ad arrestarsi. Quando addirittura udì un soffio sordo e minaccioso, la sua mano sollevata a mezz’aria si chiuse appena prima di tornare abbandonata al fianco. Killian poteva essere avventato in molte cose, ma sapeva riconoscere limiti così evidenti quando li vedeva. Il primo approccio alla gatta era risultato inesorabilmente fallimentare, eppure il sorrisetto che tagliava obliquamente le sue labbra non aveva nulla di sconfitto. Piuttosto era divertito dal caratterino che aveva mostrato e che la sua padrona si affrettò a sottolineare con un finto tono risentito, anche se il Resween aveva tutte le ragioni per sospettare che non si stesse parlando solo dell’animale.

Gli occhi nuvolosi dell’Ispettore si sollevarono dalla testata del divano dove si trovava la gatta ancora in posizione difensiva per scivolare curiosi sulla testolina bionda che nel frattempo si era avvicinata a loro. Vederla fingere di essere offesa gli era sempre piaciuto, faceva emergere sfumature del suo carattere che era certo fosse concesso conoscere a pochi. Era la parte di Amber più leggera, nel senso buono del termine. Anzi, nel suo senso vitale: era un miracolo che riuscisse per qualche fugace istante a liberarsi di quanto la sua vita l’aveva appesantita sin dalla primissima infanzia. La guardò e non gli ci volle molto a capire che ormai la ragazza era senza paracadute, in caduta libera. Era di questo che lei aveva bisogno, ma Killian non se ne rese pienamente conto finchè la frase successiva non lo fece strabuzzare gli occhi chiaramente sorpreso. Esagerò teatralmente il tutto sollevando anche il sopracciglio destro adornato da uno dei suoi piercing metallici, ma indubbiamente c’era davvero un fondo di sconcerto in quella sua reazione, almeno quanto lei appariva divertita.


“Farò finta di non aver capito”, disse per iniziare mentre anche lui assumeva un’espressione risentita. Poi i contorni fintamente minacciosi di quella “concessione” si intrecciarono con qualche sentore più che accennato d furbizia. “Ma non prometto di non ricordarmene, prima o poi. Potresti pentirti di questo affronto amaramente, sappilo”

La punzecchiatura, ovviamente, era stata accettata, accolta, gradita e ripagata con la stessa moneta. Provocarla gli era sempre risultato semplice, beandosi tanto delle sue risposte imbarazzate quanto di quelle a tono. Stavolta però non volle lasciarle il tempo di ribattere: sarebbe stata una via troppo pericolosa da percorrere conoscendo il proprio temperamento che delle sfide faceva una passione. Così mosse un passo nella direzione della giovane allontanandosi da Eve e dai suoi dentini sfoderati; aveva ancora quel sorriso da chi la sapeva lunga indossato ma scelse di portare l’attenzione e lo sguardo di nuovo sulla chiave che lei aveva recuperato in un modo così strano e con cui le mani sottili avevano iniziato a giocherellare.


"Devo aspettarmi anche trappole, indovinelli e roba del genere?”

Anche se era piuttosto avvezzo a faticare intellettualmente e fisicamente per ottenere le cose, non aveva mai pensato di dover affrontare simili “prove” in quel pomeriggio e in quella casa. Ora aveva un’idea più precisa di cosa lei intendesse quando gli aveva raccontato che la famiglia le aveva precluso la possibilità di parlare e ricordare Eveline in tutta libertà. Una libertà che lui ora avrebbe provato in qualche modo ad assicurarle.



SchedaOutfit


Come promesso, ecco la perfetta rappresentazione della tragedia sfiorata :ihih: :

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I never learn


A
veva capito fin da subito il peso che le sue parole avrebbero avuto. Quello che sarebbe sembrato un gesto avventato, era invece stato studiato a tavolino da quel lato lievemente malizioso che solo di recente aveva scoperto. Tornare a concedersi quei momenti di pura elettricità statica era sembrata utopia nei mesi precedenti, tanto che la ragazza si era quasi rassegnata all'idea di non poter più essere oggetto di quegli sguardi a metà e quei sorrisi volti a farla vacillare. Intravedere un bagliore alla fine del tunnel in cui si erano gettati a capofitto, le permise di prendere fiato. Inevitabilmente fiera del comportamento tanto insofferente di Eve, non la fermò. Sapeva che la gatta non era solita arrivare al graffio o al morso, e sospettava che il ragazzo non sarebbe stato tanto molesto da cercare davvero di ritrovarsi una mano sanguinante. Mentre il pelo grigio della bestiolina tornava lentamente ad appiattirsi lungo la colonna vertebrale, Amber lasciò che quella provocazione mirata arrivasse al destinatario con una certa chiarezza. E le conseguenze la raggiunsero nell'immediato. Era Killian il Re indiscusso delle provocazioni e lei non avrebbe mai potuto ambire al suo trono, ma in verità non era nemmeno quello il suo vero scopo. Recidiva, nonostante la chiarezza con cui lui aveva imposto l'ennesimo "non adesso", voleva veder ancora una volta il maestro all'opera. Non avrebbe mai potuto ammettere a se stessa di aver rievocato quelle frasi anche con lo scopo di ricordargli cosa l'avrebbe atteso quando il "dopo" sarebbe finalmente giunto. Era disperata, ma non era capace di ammetterlo. Aveva un così disperato bisogno di un contatto umano vero, che aveva superato di molto uno dei principali limiti che si era imposta prima di quell'incontro. Presto o tardi si sarebbe pentita di quella decisione. Non ci sarebbe voluto un genio per capire come quegli scambi erano sempre stati alla base del loro rapporto e piacessero a lei tanto quanto a lui. Eppure, nonostante il desiderio di apparire abbastanza adulta da poter gestire la situazione senza cadere, il suo cuore mancò un battito. La mano si strinse alla chiave, mentre un'espressione anche più sorpresa di quanto avrebbe mai immaginato comparve sul volto del suo interlocutore. C'era poco da fare, anche lì ancorata al divano avrebbe potuto considerarsi l'ennesima dispersa in quel cielo di Londra racchiuso nelle iridi di Killian. Non si rese conto di aver accorciato il respiro in attesa di una qualunque vera risposta, consapevole di quanto imprevedibile fosse.

Anche se quel brusio confuso ancora le appesantiva la mente, Amber non diede a vedere altro che un pizzico di curiosità verso quella vendetta ormai annunciata. Per un attimo si dimenticò di voler sapere "quando" le cose avrebbero preso la piega annunciata, si disse che avrebbe preferito ritrovarsi sorpresa da una possibile improvvisata. Lei, che le sorprese non le sopportava. Non accennò alcuna risposta, un nuovo sorriso soddisfatto sfiorò le sue labbra, ma non vi rimase abbastanza a lungo. Bastò che lui si avvicinasse perché ogni proposito di muovere altri passi, evaporasse. Ingenuamente si chiese cosa avesse intenzione di fare ora, accorciando le distanze e per un attimo non volle sentir risposta. Gli occhi stanchi risalirono lentamente la figura del mago cercando - inutilmente - di non soffermarsi su un qualunque dettaglio di quelli che tanto le piacevano. Smise di giocare con la chiave nel momento esatto in cui lui le pose la domanda.
«...» Sciocca, non riuscì a rispondere. Benché non fossero così vicini da impedirle di respirare, lo erano abbastanza da impedirle di ragionare lucidamente. Dovette abbassare rapidamente lo sguardo sull'oggettino in metallo per trovare un punto sicuro a cui dedicare la sua attenzione. Forse, si disse, era tutta colpa della stanchezza accumulata che la esponeva un po' troppo agli effetti di Killian. L'espressione divenne d'un tratto seria. Da quando era diventato così semplice ammutolire di fronte a lui? Eppure pochi minuti prima, su quella roccia, si era imposta di congelare ogni possibile emozione, perché sarebbe stato inutile lasciarsi trasportare in quel modo. Era così semplice credere di potergli stare distante quando lui non c'era, ed era così distruttivo riconoscere di non avere ragione quando lui c'era. «Spero di no» si ritrovò a dire con un tono terribilmente basso, prima di voltargli le spalle e muovere qualche passo verso la scala stretta che dava al piano superiore. Eve, rilassatasi dopo la perdita d'attenzione di Killian nei suoi confronti, ridiscese il divano e tornò ad acciambellarsi nel solito punto. Augurandosi che l'ospite la seguisse, Amber avrebbe risalito la scala fino alla fine. Non essendo particolarmente ampia, avrebbe dovuto anticiparlo.

La feriva sapere che erano stati presi dei provvedimenti per evitare che lei entrasse nella stanza di sua madre, al punto che non aveva potuto non chiedersi se in Eveline ci fosse mai stato qualcosa di "sbagliato". «Questa non può che essere la cosa giusta, non sono più una bambina... non ho più sette anni.» affermò, seria, senza mascherare quella punta di frustrazione che aveva accompagnato tutti i suoi pensieri a riguardo, prima di arrivare di fronte alla famosa porta. Era indistinguibile dalle altre tre che si affacciavano al corridoio. Il legno chiaro richiamava l'arredamento del piano di sotto, mentre il pomello non aveva proprio nulla a che vedere con la maniglia dell'ingresso. Osservò la chiave ancora immobile nel suo palmo. Cosa poteva esserci di così sbagliato in sua madre per tenerla tanto lontana da lei? Poteva davvero avere senso quello che la sua mente continuava a suggerire da giorni? «Ho il diritto di saperlo. Ho il diritto di sapere chi era...» Strinse l'angolo del maglione con la mano libera, le corde vocali minacciarono di annodarsi, vittime di pensieri troppo ipotetici e cupi. Solo allora, quando il peso di quello che non gli aveva detto poco prima, si rivolse a Killian. Cercò il suo sguardo con urgenza. Le iridi acquamarina avrebbero trasmesso una serietà tanto reale quanto spaventosa. Ma le labbra, scosse da un lieve tremito, avrebbero invece rivelato come sperasse di essere definita una sciocca perfino da lui.«E se lei..-» Chiuse gli occhi un solo secondo, per trovare la forza di dire una cosa tanto orribile in cui credeva poco o nulla. Inspirò e proseguì «...fosse stata una persona orribile?» Lo sguardo vacillò.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 20/7/2018, 18:39
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Non aveva pensato troppo a cosa dire e soprattutto a come farlo e questo era strano perché il Resween faceva vanto della propria razionalità conquistata con tanta fatica nel corso degli anni. Eppure con Amber trovava sempre il modo di lasciarla da parte, anche solo per qualche attimo… giusto il tempo necessario per creare qualche danno irreparabile. Questa volta la punzecchiatura era stata delle più scherzose, proprio come ai vecchi tempi quando l’aspetto del mago si era reso spesso protagonista dei loro giochi, ma ormai era impossibile leggervici dentro un’innocenza che forse non c’era mai stata.
Pur consapevole che quello scambio di battute minava seriamente l’equilibrio appena ritrovato proprio perché eco di quello che li aveva accompagnati nei loro primi incontri, Killian non aveva cercato affatto di stemperare quanto alluso con un comportamento meno diretto. Compiaciuto, si era anzi ostinato a mantenere gli occhi grigi sulla figura snella della giovane per carpire ogni dettaglio della sua reazione, così come aveva sempre fatto e sempre avrebbe continuato a fare quando poteva concedersi di agire puramente "da Killian".

Come aveva programmato incalzando Amber con una domanda successiva, la voce sottile di lei tardò nel formulare risposta. Ciò che lui non avrebbe mai immaginato però fu l’improvvisa immobilità che colse la strega. L’Auror ebbe la fulminea sensazione che l’arresto a cui aveva appena assistito da parte sua fosse dovuto al proprio avvicinarsi: oltre che a smettere di giocherellare con il cordoncino della chiave, la colse in un silenzio prolungato che oltre sorprenderlo lo turbò, ma mai quanto la scomparsa del fugace sorriso che aveva attraversato quelle labbra rosee. Non diede a vedere la propria reazione riflessa al cambio repentino, ma accettò il tutto come un grande promemoria: anche se erano stati capaci di tornare a relazionarsi con spontaneità e naturalezza, il loro scopo lì era ben diverso. La sua stessa voce roca l’aveva scandito poco prima come monito, non poteva davvero lasciare che scordarsene fosse così semplice.

Non ricevendo rassicurazione sulla possibilità o meno di dover affrontare altri inghippi del genere (non che vi avesse mai effettivamente sperato), il Resween seguì la sua guida non appena questa si mosse dirigendosi verso le scale che portavano al piano superiore. Non fece più domande e tantomeno azzardò altre battute: era evidente che la situazione fosse precipitata ancora, quasi che potesse vedere i pensieri in quella testolina bionda che aveva davanti affannarsi per trovare ordine. Appena si rese conto di ciò che si era appena detto mentalmente, scacciò quell’immagine con veemenza, quasi spaventato dell’incoscienza con cui aveva ribaltato lo stato attuale delle cose tra loro e la legilimanzia. Fortunatamente, nonostante i mille difetti che possedeva e che non si era premurato di nascondere alla ragazza, Killian sapeva lasciarsi assorbire dal ruolo che gli era stato affidato o che si sceglieva: ormai la sua mente era occupata dall’intensità di ciò stavano affrontando e la preoccupazione che increspò i tratti del suo viso era da ricondurre esclusivamente alle riflessioni che Amber stava esplicitando. Anche se i pensieri a cui aveva dato voce erano giusti almeno nei principi, suonavano comunque come delle giustificazioni fornite al più severo dei giudici che non era certo il ragazzo che la stava accompagnando ma lei stessa. Comprendere quella titubanza non richiedeva grande sforzo empatico e Killian la accolse in un rispettoso silenzio, sapendo che lei non si aspettava delle risposte da parte sua. Non ce ne sarebbe stato bisogno: lui era lì al suo fianco davanti alla porta chiara della camera di Eveline Snow, nessuna parola avrebbe potuto esprimere il suo accordo più di quella silente presenza. E di questo ne rimase convinto almeno fino a quando l’ultima domanda non provocò una piccola implosione nel petto dell’Auror. Vide una disperata richiesta di aiuto in quello sguardo cristallino che aveva imparato a conoscere troppo bene e per la prima volta un dubbio intollerabile si fece breccia tra le convinzioni del mago: lui era davvero la persona giusta? Era riuscito sempre a rendersi quell’appiglio che permetteva alla ragazza di fare passi nell’ignoto senza correre il rischio di perdersi o scivolare via, ma su quegli argomenti ben più intimi del semplice caso di omicidio sentiva farsi la presa meno salda e sicura. L’incertezza di non essere all’altezza del suo compito così a lungo tormentato gli provocava un dolore fisico paragonabile a quello provato nel vedere la ragazza così in difficoltà. L’unica cosa che poteva fare era parlare con schietteza come forse nessuno aveva fatto mai nei loro confronti.


"Questo non lo so, Amber. Vorrei poterti dire che è impossibile che una figura genitoriale venga screditata agli occhi del proprio figlio, ma non è così”

Lo sguardo grigio si era intrecciato a quello chiaro di lei e non tentò di celare quanta esperienza personale ci fosse in nell'amara constatazione appena mormorata. Non voleva allontanarsi da quella che era la storia e la personale esperienza della giovane, ma la sofferenza che grava sulle spalle di entrambi poteva renderlo un confidente migliore di come era stato se solo avesse trovato il modo di manifestarla.

"In ogni caso, così come hai trovato la forza di farti questa domanda, troverai la forza di dargli una risposta. Solo… non eliminare quei pochi ricordi che hai di lei, qualunque cosa troveremo là dentro. Stiamo cercando di ampliare il ritratto, non di stravolgerlo”

Il tono basso che aveva mantenuto si spense di nuovo nel silenzio che regnava sovrano in quella casa, portandosi con sé le parole che Killian aveva deciso di utilizzare. Potevano risultare inadeguate, sciocche e confuse o forse addirittura irrispettose: era facile parlare così, apparentemente estraneo alla faccenda.
Non poteva sapere se erano sufficienti quelle brevi frasi per diminuire almeno un poco le preoccupazioni di Amber, ma le nubi di Londra continuarono a scrutarla, offrendogli un orizzonte in cui rifugiarsi ancora se ne avesse avuto bisogno.
Perché lui stavolta c’era.
Era proprio lì, per lei.


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view post Posted on 21/7/2018, 01:21
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The eyes never lie.


F
issare con insistenza la chiave adagiata sul suo palmo non l'avrebbe portata da nessuna parte. Anzi, sentiva che avrebbe potuto osservarla per ore, pur con il rischio di perdersi in ricordi che per metà mancavano di spessore o colore. Esattamente come il pomeriggio di più di un anno prima, quando davanti alla casa editrice di Eveline aveva rischiato di farsi inghiottire da quell'antro oscuro rilegato ai margini della sua mente, ma presente anche perfettamente al centro del suo cuore. Era stato Killian, quella volta, a salvarla dall'immobilità sopraggiunta, e proprio in memoria di quell'incredibile - data la scarsa conoscenza - salvataggio, aveva automaticamente richiesto l'aiuto del mago al suo fianco. Stavolta non sembrava però pronta a lasciargli alcun dubbio su quanto chiedesse, anche a costo di esprimere una domanda apparentemente priva di senso. Il silenzio che fino a quel momento aveva usato per accompagnarla nei suoi pensieri non sarebbe bastato ad infonderle quella forza necessaria a compiere il primo decisivo passo. Eppure non poteva nemmeno negare di aver apprezzato la stabilità con cui l'aveva affiancata senza il minimo timore o sforzo, anche e soprattutto dopo la brusca interruzione dello scambio al piano di sotto. Le abilità quasi camaleontiche con cui potevano alternare momenti di pericolosa ironia a momenti di triste serietà, rimanendo entrambi in equilibrio era qualcosa a cui ancora non si era abituata. Non sempre - in verità - restavano in piedi entrambi, di cadute ne avevano parecchie alle spalle, ma era anche vero che Amber aveva passato mesi a credere che quel legame non esistesse più, per poi ritrovarselo lì, ancora una volta apparentemente solido. Avrebbe voluto ritirare la sua frase l'attimo dopo averla espressa, ma il meccanismo di ragionamenti di Killian si era già messo in moto e sarebbe stato ancora più sciocco fingerle che non le importasse la sua opinione. Vide lo sguardo del ragazzo cambiare ed accolse le sue prime parole dimostrando un lento aumento della propria sicurezza. Certo, lui non poteva sapere chi fosse Eveline, perché l'avrebbero scoperto a breve... insieme. Ma fu quel che disse dopo a calamitare l'attenzione della bionda, attraendola. Lui non aveva mezzi termini, ed era per quello che le piaceva: non le avrebbe mai indorato la pillola. Non le avrebbe mai promesso nulla che non potesse mantenere e non le avrebbe mai mentito dicendole che tutto sarebbe andato per il meglio, se non ne fosse stato certo. Forse Amber faticava a comprendere il valore di quelle conversazioni, focalizzata su desideri forse più materiali ed egoistici, ma erano di vitale importanza.

Non disse nulla perché sapeva che il discorso non era finito lì, lo sentiva. Non si ritrasse a quella ricerca che le iridi grigie iniziarono a compiere. Killian non parlava a sproposito e non le fu assurdo credere che parlasse invece per esperienza personale. Lasciò che quello scambio di sguardi rimanesse intatto dimenticandosi di quanto pericoloso potesse essere per entrambi. Cosa sarebbe successo se la Legilimanzia si fosse attivata in quel momento, dando il via ad un nuovo terribile conflitto? Ma benché quella fosse stata la prima domanda a sorgere nella sua mente, venne surclassata da una seconda, ancora più urgente: Perché lui non se ne preoccupava? Perché proprio lui che aveva reso ben chiaro come volesse possedere l'abilità per bloccare ogni sua possibile intrusione, non era intenzionato a recidere quel contatto visivo tanto comunicativo? Voleva chiederselo e chiederlo, ma tacque perché quello doveva essere uno di quei momenti tanto unici quanto rari. Lasciò che il seguito del discorso venisse fuori con triste naturalezza. Dovette, alla fine di quella che non poteva che essere la verità, reprimere un gesto spontaneo e rassicurante. Avrebbe volentieri annullato la distanza da lui, avrebbe voluto poter allungare una mano quel tanto che bastava per seguire per un attimo i contorni di quegli zigomi, e poi avrebbe voluto stringersi anche per poco a lui, convinta di non saper esprimere quella gratitudine in un modo diverso. Invece rimase ferma come era solita fare, lasciando che i suoi stessi occhi, di rimando, trasmettessero quanto più possibile quei desideri.
«Sì, questo lo posso fare» disse, accordando più a se stessa che a lui, quanto detto. Avrebbe voluto chiedergli come potesse essere così sicuro di quanto aveva espresso e cosa lo avesse fatto giungere a quelle conclusioni, ma temeva di oltrepassare l'invisibile barriera del "non consentito" e rovinare ogni cosa. Non era facile parlare con lui di famiglia e familiari, e lei ancora non sapeva il perché. «Ci sono momenti in cui ho paura di poterla dimenticare...» Tornò ad osservare la piccola chiave, e la strinse poi con decisione: non avevano tempo da perdere, dovevano entrare. Trasse ancora un paio di sospiri, prima di far scattare la serratura ed afferrare il pomello. Il suo cuore sobbalzò al rumore metallico dei cilindri che si spostavano per lasciar passare la chiave. Sarebbe bastato esercitare una piccolissima spinta per permetterle di entrare. Tenne quella mossa in sospeso ancora per un respiro, prima di cancellare le mille domande che minacciavano di affollarle la mente, ed aprire la porta. Lasciò che questa scricchiolasse, rimanendo appena fuori dalla soglia.

Non si rese conto di aver chiuso gli occhi, finché non si ritrovò ad aprirli. Illuminata dai raggi del tramonto in corso, che filtravano da un'ampia finestra, la stanza si rivelò in tutta la sua semplicità. Niente fronzoli - esattamente come si aspettava - e con una certa presenza di stendardi ed accessori Rosso-Oro. Amber sapeva che Eveline era stata smistata a Grifondoro, ma si aspettava una stanza rimodernata dopo Hogwarts, e quella invece sembrava il perfetto dormitorio di una studentessa appena diciottenne, esattamente come lei. L'emotività repressa trovò il suo modo di palesarsi in quel dolce sorriso che la ragazza rivolse all'ambiente, mentre una sensazione di calma invadeva il suo cuore. Non sapeva come spiegarlo, ma sentiva di avere fatto la cosa giusta aprendo quella stanza. Non era tanto grande, c'era spazio a sufficienza per uno scrittoio, adagiato sotto la finestra, proprio come quello che lei aveva a Londra, un letto piccolo ma alto, un armadio lungo un'intera parete ed un paio di bauli decisamente datati. Appesi alle pareti c'erano i premi vinti con la squadra di Quidditch e gli striscioni forse compilati dai tifosi. In bella mostra anche la sua Nimbus 2000. Due sciarpe spiccavano vicino allo scrittoio, una era chiaramente di Grifondoro, ma l'altra era di Tassorosso... la sua casata, la casata di John.
«Quelle... quelle erano le loro» Sussurrò senza nemmeno rendersene conto. Per un attimo, in quella prima religiosa perlustrazione c'erano state solo lei e la stanza di Eveline. Il comodino accanto al letto pullulava di foto e molte pergamene, impolverate, erano sparse sullo scrittoio. Tutto in verità era abbastanza polveroso e non appena lei si decise a varcare la soglia, si rese conto che probabilmente nessuno apriva e sistemava quel posto da anni. Eppure sapeva che andava bene così, la luce entrava - sintomo che qualcuno dall'esterno apriva gli scuri - ma era anche l'unica invitata ad avere il permesso di mettervi piede.Difficilmente avrebbe potuto toccare qualcosa senza che i nonni venissero a saperlo, ma aveva già messo in conto di dire loro quanto aveva fatto. Omettendo la presenza di Killian, ovviamente. Solo una cosa non era impolverata: il baule più grande. Lo sguardo di Amber si posò proprio lì. Ancora non credeva di aver aperto quel mausoleo ed ancora si credeva un ladro in un sacrario, e forse lo era davvero. Cercò ancora il supporto di Killian, forse intento a dare il via alla vera ispezione, o forse in attesa di un suo "ordine". «Non mi aspettavo... non sapevo. Io.. non ricordavo che » un velo di commozione ammorbidì il suo sguardo quando prese in mano una delle tante fotografie e ne ripulì il vetro. «lei fosse così simile a... me» Il ricordo del volto di Eveline strinse il suo cuore in una morsa e con chiarezza Amber poté vedere il suo stesso riflesso sconvolto attraverso il vetro. Non sarebbe stato facile percorrere quella via, non si era illusa di uscirne indenne, ma non pensava nemmeno che rivedere una sua foto dopo più di undici anni potesse ferirla e commuoverla così tanto. Nemmeno sulla lapide avevano messo una sua foto. «... o forse sono io che le somiglio, sì ha più senso» Aggiunse, correggendosi con un tono a metà tra il divertito ed il commosso.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Il nuovo ruolo che aveva accettato di impersonare aveva posto il giovane mago davanti ad un compito ancora più arduo di quello che gli era stato affidato perché Auror. Ora, spogliato dai doveri e dagli obiettivi che in qualche modo definivano e giustificavano le sue scelte, doveva supportare Amber in una ricerca più intima e personale consapevole del fatto che non a tutti fosse concesso spingersi così oltre con lei. I dubbi di non essere all’altezza, di non meritarlo, di non potere avere nemmeno la pretesa di esprimere pensieri o giudizi erano ancora tutti lì, celati dalla nuvolosità dei suoi occhi di nuovo saldamente intrecciati con quelli della ragazza. Però la sincerità era stato sempre il suo punto forte e forse anche il motivo per cui la strega lo aveva scelto senza ripensamenti anche dopo che il destino aveva posto un ostacolo apparentemente insormontabile nelle loro strade tortuose. Ancora una volta la schiettezza di cui si era avvalsa la sua voce bassa parve ripagare la scelta rischiosa che sempre Killian decideva di prendere quando gli occhi acquamarina gli rivolgevano domande dalla risposte impossibili. Amber aveva ascoltato ogni singola parola da lui pronunciata non a vuoto e – certamente con un pizzico di desiderosa speranza - il mago credette di aver almeno in parte arginato il pericolo di un primo crollo. La sentì acconsentire alla sua richiesta e come risposta il piccolo sorriso che le stava rivolgendo divenne più fiducioso: ormai tutto dipendeva da lei, dai suoi tempi. Quando la paura di dimenticare venne espressa a mo’ di confessione il Resween fu ancora più convinto della necessità del dietrofront operato dal “Caso Eveline” a favore di quello che in realtà si era rivelato un grande passo avanti: il vero ingranaggio che aveva mosso il meccanismo di ricerca era stato dunque il timore di perdere le poche tracce della madre e non tanto il desiderio di giustizia. Cautamente, lo sguardo del ventiquattrenne si spostò sulla lignea porta in modo eloquente: c’era un solo modo per mettere fine a quell’inesorabile oblio di ricordi, ovvero prendere un profondo respiro ed immergersi completamente nelle memorie. La giovane accanto a lui doveva aver pensato la stessa cosa mentre nel silenzio innaturale di quel posto si liberava delle ultime barriere fisiche e metaforiche che la separavano da sua madre e da ciò che era stata.

La porta scricchiolò appena e le due figure vennero investite da un tenue fascio di luce proveniente dalle finestre della stanza che si era aperta innanzi a loro. Il primo impatto dell’uomo con il nuovo ambiente fu strano. Il mausoleo di Eveline Snow era come bloccato in un eterno presente che sfuggiva al passato ma era impossibilitato a svolgersi nel futuro. Come se arrestando il tempo i suoi cari avessero tentato di pietrificare anche il dolore scatenatosi dalla perdita. Gli occhi vagarono rapidi ad accogliere l’immagine di una camera in ordine sotto agli strati di polvere senza lasciarsi sfuggire i dettagli che la rendevano così dolorosamente “normale”, guidato anche dal commento della Tassorosso sulle sciarpe di Hogwarts appese come se da un momento all’altro qualcuno dovesse riappropriarsene. Ma fu un’ispezione visiva molto breve: ben presto la sua attenzione tornò a focalizzarsi su Amber. Era difficile rendersi presente senza invadere inopportunamente momenti così delicati perciò rimase in silenzio lasciando che fosse lei ad indagare il nuovo scenario in tutta libertà.
Onorando la nuova linea d’azione, Killian si mantenne un passo indietro rispetto alla figura esile della ragazza, ma quando lei si mosse per appropriarsi di una foto, la seguì. La cornice liberata dalla polvere rivelò un volto sereno e sorridente che Killian poté finalmente associare alla donna di cui tanto avevano parlato ma che fino ad ora aveva potuto solo immaginare. Prima ancora che le esitanti parole di Amber esplicitassero la somiglianza che la legava alla madre, il ragazzo aveva già formulato un pensiero simile osservando la fotografia da sopra la spalla della giovane. Quando il balbettio confuso si arrestò in un suo sorriso tremulo, si permise di intervenire pacatamente.

“Era molto bella”

Un commento sincero che non aveva nulla delle frasi di circostanza che il Resween ripugnava tanto. E - stranamente – non voleva essere nemmeno un modo indiretto per fare un malizioso apprezzamento sulla Tassorosso, almeno non intenzionalmente.

“Quanti anni credi avesse quando è stata scattata?”

Attese un attimo prima di far seguire la domanda: non avevano fretta perciò lei non voleva impedirle di assaporare ogni frammento di quella conquista.

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Q
uella stanza era un punto fermo in una linea temporale morta. Non si poteva andare più avanti se non di qualche altro anno. Un concetto tanto triste quanto inquietante. Era la perfetta fotografia della vita di Eveline prima di lasciare la casa di famiglia ed andare a vivere con John. Probabilmente Dustin ed Elise avevano deciso di tenerla in ordine per quei tuffi nel passato che la donna avrebbe potuto fare magari per recuperare foto o oggetti appartenenti alla sua infanzia o mostrare con orgoglio le proprie conquiste alla figlia. Un'altra delle tante cose che non avrebbe mai potuto fare. Amber fece scorrere il dito lungo i lineamenti della donna ritratta nella foto, ricordando come quegli occhi l'avessero guardata troppi anni prima quando ancora lei non era che una bambina innamorata della propria madre. Sapeva che non sarebbe stato semplice attraversare quel fondamentale passaggio della sua crescita, ma sentirsi incapace di proseguire lungo un discorso tanto semplice e lineare la sconvolse. Lentamente ma inesorabilmente, la consapevolezza di dover fare i conti con emotività e potenza di quelle immagini mentali si fece avanti. Era davvero nella stanza in cui sua madre aveva vissuto per vent'anni, forse si era perfino fermata in un punto in cui l'altra era solita fermarsi... ma non avrebbe potuto saperlo. Inevitabilmente le ombre del passato di Eveline apparvero davanti a lei. Eteree volute di fumo modellate sulla sagoma della possibile ragazza che era stata, nacquero una ad una andando a riempire quell'immagine mentale che si faceva sempre più vivida. Eveline che, sorridente, attaccava al muro l'ennesima foto con le compagne di squadra. La mano di Amber strinse la cornice. Eveline che si sedeva sullo scrittorio e, raccogliendosi i capelli come faceva sempre sua figlia, iniziava a scrivere l'ennesima lettera a John. Il cuore di Amber ebbe un fremito. John che regalava ad Eveline la sua sciarpa, perché potesse credere di averlo vicino anche quando non c'era. Aveva profanato un tempio o stava facendo la cosa giusta? Eveline che guardava fuori dalla finestra. Eveline che cercava nel suo armadio l'abito più adatto per un'uscita serale. L'aveva fatto sul serio? Oh Amber sapeva che quelle erano tutte fantasie, dettate dalla sua mente e da quello che credeva avrebbe potuto rappresentare quella stanza per sua madre... ma non poteva sapere di quanto potesse sbagliarsi. Di una cosa però doveva prendere coscienza: Eveline Snow non poteva essere una donna tanto spregevole, non da quanto poteva vedere. Il suo cuore, poi, aveva scelto appositamente di abbandonare quella prospettiva non appena lo sguardo era ricaduto su quella foto che ancora aveva in mano. Fu solo grazie alla voce di Killian che quegli eterei cloni svanirono lasciandoli nuovamente soli a fare i conti con la realtà. Istintivamente Amber sorrise. Non sapeva nemmeno descrivere perché il suo orgoglio avesse deciso di bruciarle in petto proprio quando il complimento diretto alla madre aveva spezzato il breve silenzio assorto. Era fiera del fatto che fosse oggettivamente una bella donna? Oppure le faceva semplicemente piacere sapere che Killian l'apprezzasse? Il possibile paragone tra le due non la raggiunse nemmeno. «... lei lo era davvero» Senza curarsi di nascondere un velo di commozione, accusò il colpo che il tono lieve aveva portato con sé. Aveva quasi sussurrato e non se ne era neppure accorta. Il sorriso - sebbene amaro - si era allargato ancora. E lui, da perfetta ombra e sostegno, era intervenuto dimostrando un rispetto per quel luogo quasi "sacro" per Amber al punto che lei non seppe nemmeno quanto essere felice.

I lenti respiri che scandivano il momento si fecero via via più profondi. Aveva profanato il santuario o stava rendendo omaggio nel modo giusto? Non lo sapeva, ma se da una parte i nonni non avrebbero fatto i salti di gioia nel trovarla lì, dall'altra lei non avrebbe potuto vivere una vita intera senza sapere chi fosse sua madre. Non aveva però messo in conto quanto avrebbe potuto soffrire anche solo al pensiero di saperla così spensierata in quelle foto e privata troppo presto di una vita così felice. Troppe volte si era chiesta cosa avrebbe fatto se non fosse morta e quali progetti aveva con John per il futuro di quella famiglia. Rivolgere la domanda a suo padre sarebbe stato inutile. Lentamente liberò il lato sinistro del collo dalla cascata di capelli biondi - di un biondo ora così simile a quello nella foto - finendo con l'accarezzarsi. Era il gesto istintivo di quando rifletteva davvero su qualcosa, un gesto che la domanda di Killian aveva provocato. Girò la foto ma non vi lesse alcuna data, quanti anni avrebbe potuto avere Eveline in quel ritratto? Non era più una ragazzina ma non si avvicinava al volto più maturo ed al taglio più adulto della foto che troneggiava sulla lapide grigia del West Norwood Cemetery. Tamburellando delicatamente con le dita lungo la linea del collo cercò una risposta sincera e non faticò a trovarla.
«Sicuramente era ben più giovane di quando è ... finita. Doveva avere tra i diciotto ed i ventuno anni.» Riponendo lentamente la foto al suo posto aggiunse: «A ventidue sono arrivata io e lei non abitava più qui da qualche mese, da allora non penso sia tornata nella sua vecchia stanza...» Il tono delicato con cui pronunciò quelle frasi era talmente calmo da essere l'evidente preludio di una consapevolezza tanto profonda quanto dolorosa. Amber soffriva anche solo a parlarne e sarebbe presto diventato sempre più chiaro. Ma non avrebbe temuto quei sentimenti nemmeno un secondo, certa che non avrebbe potuto farle del male più di quanto la facesse soffrire l'essere orfana di madre. Lasciò che la mano scendesse fino a tornare lungo il fianco. Compì qualche lento passo avanti, ma prima ancora che potesse rivolgersi nuovamente a Killian un lieve brillio sullo scrittoio attirò la sua attenzione. Impiegò davvero pochissimo a raggiungere la fonte di quel bagliore e quando lo fece il suo cuore divenne vittima dell'ennesima stretta di dispiacere. Accanto ad un paio di pergamene vuote ed impolverate c'era una coppia di Anelli dei Gemelli, identici a quelli che lei e Killian a loro volta indossavano. «Oh» L'idea che potesse condividere con lei ben più di qualche tratto somatico iniziò a far breccia in Amber che si sentì ancora più sciocca per aver pensato che sua madre nascondesse chissà quale orrendo segreto. Dalla prima occhiata a quella stanza, il ritratto più semplice avrebbe dipinto Eveline come una ragazza solare, divertente, amichevole, sportiva e decisamente innamorata di John. Ma l'immagine di John che tornava in stanza a riporre gli anelli perché la donna con cui doveva comunicare non avrebbe più potuto parlargli, annebbiò la sua vista più di quanto avrebbe creduto. «Questi sono qui da meno tempo del resto... credo che lui abbia...» provò a dire nel tentativo di non lasciare troppo spazio al silenzio, sperando che Killian fosse ancora lì accanto a lei. Si azzardò a sfiorarli e di rimando quelli tintinnarono appena «Credo che mio padre abbia voluto riportarli qui e io... io posso solo immaginare quanto lei gli manchi ogni giorno.» Tacque. Eveline mancava a tutti.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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Le iridi in cui erano racchiuse le nubi più grigie di Londra scrutarono ancora per qualche istante il volto della donna ritratto nella cornice stretta tra le mani affusolate di Amber. Poi lo sguardo venne rapidamente distolto e non solo perché la sua priorità ora consisteva nel sondare le reazioni della ragazza più di tutto il resto. In un certo senso, al mago sembrava quasi irrispettoso posare per un tempo eccessivo la propria attenzione su qualsiasi cosa si trovasse lì dentro. Era assurdo se si pensava alle intenzioni con cui era arrivato a Casa Snow, eppure erano questi i pensieri che adesso animavano il suo comportamento.
In silenzio permise che la commozione che aveva avvolto la strega facesse il proprio temporaneo corso, senza alcuna intromissione per non impedirne la liberatoria naturalezza. Si era mentalmente ed emotivamente preparato a dover fronteggiare lacrime perlacee nate da quegli occhi verde-acqua che troppe volte aveva visto inumidirsi. Era pronto ad accoglierle, ma fu comunque felice di constatare che non fosse ancora giunta l’ora di navigare in una tempesta emotiva in piena regola: la domanda sull’età sembrava aver gettato la giovane in uno stato riflessivo e Killian non poté fare a meno di seguire ogni suo gesto perdendosi insieme alle dita che si intrecciavano tra i capelli biondi. A richiamarlo immediatamente alla realtà fu la voce sottile e placida con cui lei lo informò delle proprie deduzioni. Prima che l’immagine venisse riposta, il Resween si permise un’ultima occhiata al profilo di Eveline Snow trovandosi a concordare con Amber circa la probabile età. Apprese così che il matrimonio tra i coniugi Hydra e la gravidanza erano sopraggiunti davvero presto: era diventata madre già a ventidue anni… Non sapeva perché quella cosa lo destabilizzasse tanto – fatto che si guardò bene dal dare a vedere – dato che tutte le famiglie purosangue che conosceva, compresa la propria, avevano questa particolarità di essere piuttosto “precoci”, se così si poteva dire. Non voleva aggiungere commenti in merito che con tutta probabilità sarebbero risultati inopportuni, ma piuttosto aveva la mezza intenzione di proporre una breve ricerca di ritratti meno recenti. Non fece in tempo ad aprir bocca che la esile figura che stava seguendo come un’ombra si allontanò a passo spedito. Ovviamente venne imitata dall’Auror che ben presto capì da cosa era dettato il rapido avvicinamento allo scrittoio. Inspiegabilmente una leggera morsa allo stomaco sorprese anche l’uomo nel realizzare cosa fossero quei due anellini dai colori tanto particolari e inconfondibili. In maniera totalmente inconscia gli occhi nuvolosi scesero alla propria mano destra dove sul pollice, quasi mimetizzato tra i tatuaggi opalescenti che adornavano la cute nuda, stava un Anello dei Gemelli del tutto simile a quelli abbandonati sul mobile. Un’altra sensazione lo colpì a tradimento, una che non era solito provare quasi in nessuna situazione: disagio. Una similitudine che non poteva e non doveva esserci, al momento. Scrutò di sottecchi la reazione di Amber a quel ritrovamento certamente inatteso anche da parte sua e fortunatamente non vi trovò nulla che potesse farlo sospettare di pensieri simili ai propri. Quanto poteva essere sciocco? Era ovvio che la mente ed il cuore della giovane fossero completamente dedicati alla madre e al padre, esattamente come lui le aveva espressamente chiesto prima di varcare la soglia di quella casa. Non poteva essere proprio lui a sollevare difficoltà personali dove non avevano ragioni d’essere. Dandosi ancora una volta dello stupido, si concentrò sulle parole della ragazza al suo fianco intuendone il messaggio anche se così frammentario e disarticolato.


“E’ comprensibile che abbia tolto anche il proprio…”

Non usò la parola “normale” perché in quella storia di morte e sofferenza non c’era nulla di così scontato e banale. La reticenza finale non aveva bisogno di essere interpretata così come il comportamento che descriveva non necessitava di alcuna giustificazione: continuare ad indossare quel tipo di anello senza che potesse più svolgere la propria funzione di connessione sarebbe stato un vero atto di autolesionismo considerata la posizione più che visibile che avrebbe occupato. E Killian sapeva bene che follia era avere qualcosa che costantemente rimandava ad un dolore profondo e sordo che si cercava invano di ignorare, ma che era sempre lì come un pungolo.

Era lo stesso motivo per cui un tale tatuaggio era stato tracciato sulla schiena, dove i suoi occhi grigi non arrivavano direttamente ma che poteva solo essere “sentito”.

Era lo stesso motivo per cui l’Anello dei Gemelli che gli apparteneva aveva giaciuto per mesi sul fondo del suo baule prima di essere indossato di nuovo in occasione di un Ballo tra le Alpi.


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L
asciò che un lento sospiro sfuggisse alla rigida imposizione delle sue labbra. Sapeva benissimo il motivo per cui non stava guardando negli occhi Killian: gli anelli dei Gemelli. Non solo non si sarebbe mai aspettata di trovarli lì, usati un tempo da Eveline e John, ma non era riuscita a frenare il paragone immediato che quei cerchietti avevano ispirato. Era stata lei la prima a credere che tra la studentessa e l'Auror potesse esserci qualcosa di più che un semplice rapporto di lavoro, nonostante proprio lui avesse giurato il contrario apertamente. Era stata lei ad andare da Eloise e chiederne una coppia, ripescando da qualche parte anche il coraggio di spedirne uno a Killian. Ricordava benissimo il tempo speso in dormitorio a cercare di trovare le parole giuste che non la trasformassero in una sciocca ragazzina alle prese con una cotta ben oltre la sua portata... e non era nemmeno certa di aver raggiunto il suo scopo. Ma lui aveva accettato, e gli anelli avevano iniziato a funzionare, indicando che forse quello che lei aveva creduto non era solo un mero vaneggio. Era stata poi lei a divertirsi come non mai sotto la luna piena, vittima di un gioco che solo quegli anelli avrebbero potuto regalarle, quella serata era stata senza dubbio una delle migliori mai passate con lui, sebbene non si fossero mai sfiorati se non con lo sguardo. Paradossalmente aveva percepito un legame più sicuro con Killian in quella notte rispetto a quel preciso momento a casa Snow. Lungo le sponde del lago nero aveva capito quanto sarebbe diventato complesso e rischioso avvicinarsi a lui ancora una volta, ma ora che l'aveva a pochi passi era così confusa che faticava a trovare una via sicura da seguire. Era ancora pronto a ritenerla il suo personale mostro finché non avesse guadagnato la capacità di difendersi da lei? Era forse quella la cosa che la feriva più di tutte, quella spina conficcata nel petto che ad ogni sobbalzo eccessivo del cuore le ricordava quanto sconveniente fosse lasciarsi travolgere di nuovo. Aveva perfino tenuto la giunchiglia che aveva fatto da staffetta tra la spiaggia e la foresta.. ma ora quel piccolo fiore era sepolto da un libro di erbologia del quinto anno, eppure Amber non ne aveva mai perso le coordinate, non a caso. E - alzò lentamente la mano su cui lo stesso anellino brillava dei colori del tramonto - era stata lei a decidere di abbandonarlo in un anonimo cumulo di neve sulle Alpi italiane. Il vago sorriso che Killian non avrebbe potuto vedere, spuntato quando aveva perso quei secondi a pensare al ballo "dei candidi" come lo chiamava lui, si spense. In confronto comunque agli anelli che i due indossavano, quelli di John ed Eveline erano più vecchi ed i colori sembravano essersi spenti, non avrebbe saputo dire se fosse una conseguenza dell'età o del fatto che non avrebbero mai più potuto funzionare con i legittimi proprietari. Fu con immenso sforzo che non si voltò verso Killian quando lui accordò con una certa comprensione la scelta di John. Non serviva chiedersi cosa avrebbe fatto lei o cosa avrebbe fatto lui al posto del secondogenito degli Hydra. Si impedì di chiedersi se l'Auror aveva mai pensato di liberarsi dell'anello esattamente come aveva pensato di fare lei, o come avrebbe reagito se la possibilità che le accadesse davvero qualcosa si fosse poi palesata. Eppure solo il non pensarvi la induceva a riflettere. Ironico, uno dei motivi del suo stato attuale e di quegli aloni più scuri attorno agli occhi era proprio dato dall'incubo di perdere Killian sul piano reale. La notte in cui aveva svegliato John con le sue urla non l'avrebbe certo dimenticata. Era arrivata a capire che avrebbe sofferto molto meno se l'avesse saputo vivo, ma lontano da lei, piuttosto che sepolto ed irraggiungibile. Ma quello non era un discorso da fare, ed in cuor suo pregò di non doverlo affrontare mai. Né con lui, né con nessun altro. Non rispose, abbassò la mano fino ad incontrare di nuovo la ruvida scrivania.

Quanto era stato sciocco pensare che sarebbe bastato sciogliere il primo patto perché il secondo divenisse meno invalidante? Era proprio da lei convincersi delle cose più assurde e farsi trasportare dai pensieri che più l'avrebbero ferita una volta scesa a patti con la realtà. E perché stava ancora pensando a lui quando c'era Eveline Snow ritratta in ogni singolo atomo di quella camera che non aspettava altro che lei? Aveva desiderato quel momento così tanto, eppure il rospo incastrato in gola non accennava ad andarsene. Compì qualche altro passo, a braccia ora conserte, in mezzo alla stanza. Il suo sguardo chiaro si posò ovunque: sul copriletto a quadroni colorati rossi e bianchi, sulle sciarpe che non avrebbe osato sfiorare, sui trofei esposti e su tutte le foto ancora da esaminare. Su tutto tranne che su Killian, fino in ultima. C'era una cosa che rendeva lo sguardo che gli stava rivolgendo appena più serio, ed era proprio il fatto che lui stesso anni prima avesse ammesso di aver perso la madre quando ancora andava ad Hogwarts. Aveva affrontato un passaggio simile anche lui? La famiglia gli aveva mai nascosto qualcosa su di lei? Alle domande che forse aveva fatto, qualcuno aveva mai risposto? Non voleva attuare nessun paragone, sarebbe stato tanto sciocco quanto irrispettoso, ma sperava in cuor suo che quella tappa a casa Snow non lo mettesse più a disagio di quanto avrebbe mai dato a vedere. Fu solo uno sguardo però, che distolse per riportare le iridi chiare su una foto in particolare che ritraeva la squadra di Quidditch di Grifondoro. Al centro Eveline sorrideva con una spensieratezza che Amber avrebbe solo potuto immaginare e che non forse non le sarebbe mai appartenuta. Morendo, Eveline sembrava aver portato con sé ogni possibilità che la figlia potesse sorridere in quel modo... o così stava iniziando a credere.
«Lo so che le tue capacità analitiche non sono da prendere in considerazione e non te lo chiederò due volte, ma... » Il tono tranquillo avrebbe cercato di chiarire a Killian che non pretendeva che lui conoscesse la realtà dei fatti, ma voleva semplicemente l'opinione di un profano di passaggio. Non per forza un Auror. Che poi a lui tenesse più di quanto avrebbe desiderato era un dettaglio.«.. che tipo ti sembra? Non posso capire perché non mi abbiano mai fatta entrare qui, e forse dovrei solo decidermi a chiedere, ma...» Inclinò appena la testa a lato, sembrava tutto così normale in quella stanza che non riusciva proprio a capire perché le avessero impedito di accedervi fino ad allora. «...vorrei capire se sono io che credo sia stata una persona normalissima, almeno alla mia età, oppure no.» Scheletri? Non ne vedeva. Sapeva di non poter giudicare un libro dalla copertina, ma forse lui in quella copertina avrebbe potuto trovare crepe che lei come figlia non avrebbe mai potuto vedere. Avrebbe voluto aggiungere che non voleva una risposta forzatamente da un Auror, ma piuttosto da un amico. Ma si era bloccata subito perché lui non era nessuna delle due cose per lei.Non solo. L'altra cosa, quel ruolo che ogni giorno di più gli dava, chiaramente non era in discussione.


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Edited by ˜Serenitÿ - 6/8/2018, 15:20
 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Amber gli era davanti, di spalle, ma lui era abbastanza alto da avere accesso con lo sguardo a ciò su cui le sue mani longilinee si posavano. Notò anche che una delle due, quella in cui il quarto degli Anelli rispondeva all’appello, ad un certo punto si sollevò appena. Il timore che i pensieri che aveva forzatamente escluso dalla propria mente si riversassero ora altrettanto potenti e inarrestabili in lei lo portarono ad arretrare di un passo, come se la vicinanza fisica fosse la vera responsabile. Non voleva sapere quali riflessioni erano scaturite dalla scoperta degli Anelli di John e Eveline Hydra nella figlia, non se queste includevano in qualche modo anche lui.
Non era giusto.
Lo aveva ripetuto numerose volte a se stesso e ad Amber, ma ora non era più una mera convinzione che aleggiava nello spirito dell’Auror. Sentiva bruciare il monito sulla propria pelle, forte dell’intrusione che aveva messo in atto nel mausoleo della donna. Per queste ragioni quando lei si voltò e mosse qualche passo a braccia conserte la prima reazione del mago fu incontrollabile: per un solo istante il suo corpo si irrigidì, perdendo la funzione portata avanti fino ad allora di seguire l’esile figura ovunque andasse. Recuperò la statica compostezza che lo caratterizzava, facilitato dal fatto che la strega avesse iniziato a vagare con lo sguardo verde-acqua sappertutto tranne che sulla propria persona. Lui si chiese se stesse cercando qualcosa in particolare, ma impiegò poco per rispondersi che così non poteva essere: leggeva in quegli occhi noti una scrupolosità anomala, come se volesse cogliere tutto e immediatamente. Ricambiò lo sguardo fugace che Amber finì per rivolgergli in modo sicuro e allo stesso modo ascoltò le sue parole che avvertì quasi esasperate. L’idea che la giovane potesse essere in qualche modo rimasta “delusa” da ciò che aveva trovato dentro a quella stanza a lungo rimasta privata trovò una conferma nella lecita domanda sul perché di tanta segretezza al riguardo. Killian non ebbe paura di far seguire un profondo silenzio. Lei gli stava chiedendo molto e la prima frase ne mostrava una perfetta consapevolezza da parte sua. Anche lui trovava la stanza di Eveline Snow una normalissima camera da letto che sarebbe potuta appartenere ad un’altrettanto comunissima adolescente, ma l’esperienza dovuta al proprio lavoro non poteva proprio lasciargli credere che questo bastasse per avanzare un giudizio così netto sulla moralità di una persona. Allo stesso tempo però non una singola volta Killian aveva avuto il sospetto che la madre della Tassorosso potesse avere un passato oscuro per semplice e cristallina mancanza di indizi in tale direzione.

Optò ancora una volta per la verità: le risposte che Amber cercava forse nessuno poteva dargliele se non lei stessa, perciò l’unica cosa che l’uomo poteva garantirle era onestà, qualcosa che andava oltre le definizioni di Auror, confidente o estraneo.


“Non credo che il motivo per cui abbiano tenuto la stanza sottochiave sia quello di nasconderti segreti macabri e scabrosi sul suo conto, ammesso che qui ce ne siano...cosa che dubito fortemente, per inciso”

E già un primo sbilanciamento era stato operato, anche se la domanda su cosa ne pensasse sulla madre era stata elusa. Quale Killian era stato a parlare? Quello professionale ma che era stato sollevato dall’incarico o quello privato e amichevole ma dai pareri del tutto soggettivi? Lui aveva deciso di non dargli importanza e sperò che anche lei riunisse le sue personalità scisse nell’unica identità che le era davanti e che la stava guardando con occhi magnetici sicuri nonostante la difficoltà del discorso che stava tentando di costruire.

“Forse pensavano che questa semplicità potesse farti più male di qualsiasi altra cosa”

*Non è così?*, aggiunse solamente infittendo le trame dei loro sguardi intrecciati. Scoprire che la vita che era stata strappata con la forza non aveva nulla per essersi “meritata” una simile violenza ingigantiva l’ingiustizia subita e, con essa, il dolore.

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