| The eyes never lie. issare con insistenza la chiave adagiata sul suo palmo non l'avrebbe portata da nessuna parte. Anzi, sentiva che avrebbe potuto osservarla per ore, pur con il rischio di perdersi in ricordi che per metà mancavano di spessore o colore. Esattamente come il pomeriggio di più di un anno prima, quando davanti alla casa editrice di Eveline aveva rischiato di farsi inghiottire da quell'antro oscuro rilegato ai margini della sua mente, ma presente anche perfettamente al centro del suo cuore. Era stato Killian, quella volta, a salvarla dall'immobilità sopraggiunta, e proprio in memoria di quell'incredibile - data la scarsa conoscenza - salvataggio, aveva automaticamente richiesto l'aiuto del mago al suo fianco. Stavolta non sembrava però pronta a lasciargli alcun dubbio su quanto chiedesse, anche a costo di esprimere una domanda apparentemente priva di senso. Il silenzio che fino a quel momento aveva usato per accompagnarla nei suoi pensieri non sarebbe bastato ad infonderle quella forza necessaria a compiere il primo decisivo passo. Eppure non poteva nemmeno negare di aver apprezzato la stabilità con cui l'aveva affiancata senza il minimo timore o sforzo, anche e soprattutto dopo la brusca interruzione dello scambio al piano di sotto. Le abilità quasi camaleontiche con cui potevano alternare momenti di pericolosa ironia a momenti di triste serietà, rimanendo entrambi in equilibrio era qualcosa a cui ancora non si era abituata. Non sempre - in verità - restavano in piedi entrambi, di cadute ne avevano parecchie alle spalle, ma era anche vero che Amber aveva passato mesi a credere che quel legame non esistesse più, per poi ritrovarselo lì, ancora una volta apparentemente solido. Avrebbe voluto ritirare la sua frase l'attimo dopo averla espressa, ma il meccanismo di ragionamenti di Killian si era già messo in moto e sarebbe stato ancora più sciocco fingerle che non le importasse la sua opinione. Vide lo sguardo del ragazzo cambiare ed accolse le sue prime parole dimostrando un lento aumento della propria sicurezza. Certo, lui non poteva sapere chi fosse Eveline, perché l'avrebbero scoperto a breve... insieme. Ma fu quel che disse dopo a calamitare l'attenzione della bionda, attraendola. Lui non aveva mezzi termini, ed era per quello che le piaceva: non le avrebbe mai indorato la pillola. Non le avrebbe mai promesso nulla che non potesse mantenere e non le avrebbe mai mentito dicendole che tutto sarebbe andato per il meglio, se non ne fosse stato certo. Forse Amber faticava a comprendere il valore di quelle conversazioni, focalizzata su desideri forse più materiali ed egoistici, ma erano di vitale importanza.
Non disse nulla perché sapeva che il discorso non era finito lì, lo sentiva. Non si ritrasse a quella ricerca che le iridi grigie iniziarono a compiere. Killian non parlava a sproposito e non le fu assurdo credere che parlasse invece per esperienza personale. Lasciò che quello scambio di sguardi rimanesse intatto dimenticandosi di quanto pericoloso potesse essere per entrambi. Cosa sarebbe successo se la Legilimanzia si fosse attivata in quel momento, dando il via ad un nuovo terribile conflitto? Ma benché quella fosse stata la prima domanda a sorgere nella sua mente, venne surclassata da una seconda, ancora più urgente: Perché lui non se ne preoccupava? Perché proprio lui che aveva reso ben chiaro come volesse possedere l'abilità per bloccare ogni sua possibile intrusione, non era intenzionato a recidere quel contatto visivo tanto comunicativo? Voleva chiederselo e chiederlo, ma tacque perché quello doveva essere uno di quei momenti tanto unici quanto rari. Lasciò che il seguito del discorso venisse fuori con triste naturalezza. Dovette, alla fine di quella che non poteva che essere la verità, reprimere un gesto spontaneo e rassicurante. Avrebbe volentieri annullato la distanza da lui, avrebbe voluto poter allungare una mano quel tanto che bastava per seguire per un attimo i contorni di quegli zigomi, e poi avrebbe voluto stringersi anche per poco a lui, convinta di non saper esprimere quella gratitudine in un modo diverso. Invece rimase ferma come era solita fare, lasciando che i suoi stessi occhi, di rimando, trasmettessero quanto più possibile quei desideri. « Sì, questo lo posso fare» disse, accordando più a se stessa che a lui, quanto detto. Avrebbe voluto chiedergli come potesse essere così sicuro di quanto aveva espresso e cosa lo avesse fatto giungere a quelle conclusioni, ma temeva di oltrepassare l'invisibile barriera del "non consentito" e rovinare ogni cosa. Non era facile parlare con lui di famiglia e familiari, e lei ancora non sapeva il perché. « Ci sono momenti in cui ho paura di poterla dimenticare...» Tornò ad osservare la piccola chiave, e la strinse poi con decisione: non avevano tempo da perdere, dovevano entrare. Trasse ancora un paio di sospiri, prima di far scattare la serratura ed afferrare il pomello. Il suo cuore sobbalzò al rumore metallico dei cilindri che si spostavano per lasciar passare la chiave. Sarebbe bastato esercitare una piccolissima spinta per permetterle di entrare. Tenne quella mossa in sospeso ancora per un respiro, prima di cancellare le mille domande che minacciavano di affollarle la mente, ed aprire la porta. Lasciò che questa scricchiolasse, rimanendo appena fuori dalla soglia.
Non si rese conto di aver chiuso gli occhi, finché non si ritrovò ad aprirli. Illuminata dai raggi del tramonto in corso, che filtravano da un'ampia finestra, la stanza si rivelò in tutta la sua semplicità. Niente fronzoli - esattamente come si aspettava - e con una certa presenza di stendardi ed accessori Rosso-Oro. Amber sapeva che Eveline era stata smistata a Grifondoro, ma si aspettava una stanza rimodernata dopo Hogwarts, e quella invece sembrava il perfetto dormitorio di una studentessa appena diciottenne, esattamente come lei. L'emotività repressa trovò il suo modo di palesarsi in quel dolce sorriso che la ragazza rivolse all'ambiente, mentre una sensazione di calma invadeva il suo cuore. Non sapeva come spiegarlo, ma sentiva di avere fatto la cosa giusta aprendo quella stanza. Non era tanto grande, c'era spazio a sufficienza per uno scrittoio, adagiato sotto la finestra, proprio come quello che lei aveva a Londra, un letto piccolo ma alto, un armadio lungo un'intera parete ed un paio di bauli decisamente datati. Appesi alle pareti c'erano i premi vinti con la squadra di Quidditch e gli striscioni forse compilati dai tifosi. In bella mostra anche la sua Nimbus 2000. Due sciarpe spiccavano vicino allo scrittoio, una era chiaramente di Grifondoro, ma l'altra era di Tassorosso... la sua casata, la casata di John. « Quelle... quelle erano le loro» Sussurrò senza nemmeno rendersene conto. Per un attimo, in quella prima religiosa perlustrazione c'erano state solo lei e la stanza di Eveline. Il comodino accanto al letto pullulava di foto e molte pergamene, impolverate, erano sparse sullo scrittoio. Tutto in verità era abbastanza polveroso e non appena lei si decise a varcare la soglia, si rese conto che probabilmente nessuno apriva e sistemava quel posto da anni. Eppure sapeva che andava bene così, la luce entrava - sintomo che qualcuno dall'esterno apriva gli scuri - ma era anche l'unica invitata ad avere il permesso di mettervi piede.Difficilmente avrebbe potuto toccare qualcosa senza che i nonni venissero a saperlo, ma aveva già messo in conto di dire loro quanto aveva fatto. Omettendo la presenza di Killian, ovviamente. Solo una cosa non era impolverata: il baule più grande. Lo sguardo di Amber si posò proprio lì. Ancora non credeva di aver aperto quel mausoleo ed ancora si credeva un ladro in un sacrario, e forse lo era davvero. Cercò ancora il supporto di Killian, forse intento a dare il via alla vera ispezione, o forse in attesa di un suo "ordine". « Non mi aspettavo... non sapevo. Io.. non ricordavo che » un velo di commozione ammorbidì il suo sguardo quando prese in mano una delle tante fotografie e ne ripulì il vetro. « lei fosse così simile a... me» Il ricordo del volto di Eveline strinse il suo cuore in una morsa e con chiarezza Amber poté vedere il suo stesso riflesso sconvolto attraverso il vetro. Non sarebbe stato facile percorrere quella via, non si era illusa di uscirne indenne, ma non pensava nemmeno che rivedere una sua foto dopo più di undici anni potesse ferirla e commuoverla così tanto. Nemmeno sulla lapide avevano messo una sua foto. « ... o forse sono io che le somiglio, sì ha più senso» Aggiunse, correggendosi con un tono a metà tra il divertito ed il commosso.
Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit ❀
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