| Can you hear it echoing? entirsi paragonare ad un semplice accordo verbale - che poi di semplice aveva ben poco - aveva permesso a quella folle fiaccola di speranza di spegnersi in lei. Aveva sussurrato alla ragione di abbandonare quei lidi per qualche giorno ed al cuore di fermare i batti. Perfino le lacrime, dopo quell'ultimo diamante in caduta libera, cessarono. In quel momento era evidente come a lui non importasse niente di "loro" e, come si era sempre detta, prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà. Una realtà più dura del previsto. Arrabbiata, si scontrava con lui come un felino appena liberato dalla propria gabbia, a digiuno da settimane. Erano lì ad affrontarsi come statue di marmo, scolpiti dai più abili maestri, ma ad un passo dal frantumarsi a vicenda. Forte, risoluto, Killian non era mai stato più bello di così ed era terribile che Amber vi pensasse quando tutto era in ballo tranne che quel sentimento che li aveva condotti lì. Aveva pronunciato parole taglienti come lame affilate o come gli artigli della bestia che era convinta di essere diventata. Feroce non aveva esitato a ripagarlo con la stessa moneta, ma doveva immaginare che non le avrebbe lasciato l'ultima parola. Reggendosi sulle convinzioni che l'aveva portata ad affrontarlo in quel modo tanto cruento per lei, Amber sostenne il durissimo colpo che lui le assestò. La sua ombra avrebbe inarcato la schiena per raccogliere in petto la lancia appena scagliata. Con che coraggio Killian parlava del "dopo" , quando per ben due volte ne aveva ignorato l'esistenza. Lei quel dopo gliel'aveva mostrato pochi minuti prima e lui aveva scelto di trasferirlo in seguito all'occlumanzia, forse proprio perché nemmeno lui vi credeva così tanto. Era stata lei a passare mesi a fantasticare sul nulla, ed ogni volta a quel "nulla" si aggiungeva tempo. Un tempo che lei era stanca di attendere. Oh Morgana sapeva quanto avrebbe voluto dirgli che il suo "dopo" l'aveva ucciso lui, ma non ebbe la forza. Accusando quel colpo con l'avanzare di Killian, ammutolì. Gli occhi chiari invitarono, sadici, le Nubi tempestose di Londra a scagliare anche il resto delle saette che il loro Dio conservava nella faretra. Quel che era certo era che non era una martire, non voleva permettersi di umiliarsi al punto tale da diventarlo. Così quanto il suo cuore si infranse al suolo, calpestato dal suo stesso incedere, non le diede a vedere, mostrando solo per un attimo il dolore senza eguali che aveva attanagliato il suo sguardo. Avevano un dopo, e quel "dopo" era lì a terra con lacrime e cuori. Era troppo cieca da poter anche solo immaginare che lui potesse provare qualcosa di lontanamente simili. Aveva torto, Amber, lo sapeva, ma non poteva ammetterlo. Se tutto doveva sul serio essere gettato alle ortiche, allora avrebbe detto addio a Killian come solo lei sapeva. Nel bel mezzo dell'uragano che li avrebbe irrimediabilmente travolti, non distolse lo sguardo dal suo nuovo oppositore.
Non permise alla sua mente di inondarla con tutto quanto avevano trascorso assieme, era certa che il cuore ferito avrebbe saputo come fare il proprio mestiere. Lo sentiva già infliggere fitte al petto tanto dolorose che credette in un malore, ma anche così non cambiò posizione. Così come era certa di assistere al vero addio. Quella volta, l'estate scorsa, non era nemmeno paragonabile al momento che stava vivendo. In lei c'era il timore che per lui dirle addio fosse così semplice e la certezza che il niente avrebbe più potuto tenerli uniti e dalle sue labbra sfuggì solo un sospiro ferito, le spalle cedettero per un attimo, ma poi di nuovo l'immagine più fredda di sé prese piede. Era arrabbiata perché era ferita e l'idea di ferirlo a sua volta la dilaniava, ma non c'erano alternative, e doveva continuare a ripeterselo perché se solo si fosse detta che avrebbe potuto agire diversamente, che avrebbe potuto spiegare le sue ragioni in maniera più comprensibile, non avrebbe retto il colpo. Così, invece, con dieci parole avevano messo fine a tutto. Irrimediabilmente. E allora perché lei non era felice? Perché il senso di rivalsa di quel breve ma significativo sfogo non c'era? Anche a quelle domande avrebbe risposto il suo cuore ferito, se mai si fosse decisa a raccoglierlo da terra. Forse solo allora avrebbe visto che quell'organo tanto vitale ma privo di vita non era il solo ad implorare pietà. Aveva un fratello più grande, che paradossalmente gli era accanto ma non riusciva a raggiungerlo. Il tono con cui Killian proseguì le piacque ancora meno, perché indicò come a rimanere non erano altro che macerie, il tempo era collassato infine su di loro, che avevano osato imbrigliarlo e credere di poterlo comandare. Ingoiò il boccone più amaro di tutti. Finché erano rimasti lì, vicini e pronti a darsi battaglia, Amber aveva scioccamente percepito il desiderio di non finire mai, di aggrapparsi anche alla rabbia di quei "non detti" repressi troppo a lungo. Ma quando Killian - lo stesso Killian la cui iniziale era incisa sotto false sembianze all'interno del suo polso - fece un passo indietro, Amber capì che era finita. Mai come in quel momento la consapevolezza la raggiunse, e fu quello in assoluto il colpo più difficile da reggere. Che poi lui annunciasse di non volerla obbligare, era ormai irrilevante. Non c'era più niente da contrattare e forse - si disse - per lui non c'era mai stato. Avrebbe voluto avere l'ultima parola così come avrebbe voluto che fosse lui ad andarsene, perché sapeva che non appena Killian avesse lasciato quella casa, lei non avrebbe più avuto ragioni per non farsi travolgere da tutto quanto era appena accaduto e schiacciare dal peso di un vero addio. Affranta, accolse quel suo allontanarsi come fosse privata di uno dei pochi respiri vitali che si era concessa. Non era tanto distante dalla verità. Sapeva cosa rispondere, sapeva come ripagarlo in via definitiva di quanto aveva provato lei a Rosegarden Street, ma sapeva anche che non sarebbe stato giusto. Ma la ragione non c'era. Eppure sebbene volesse apparire autoritaria, qualcosa andò storto ed il tono s'incrinò terribilmente verso la fine, tanto che quel flebile "ora" avrebbe potuto udirlo solo lui. Sul punto di crollare ma ostinandosi a resistere, mantenne lo sguardo più saldo possibile, sebbene non volesse davvero dire quello che stava per dire. «Credo che sia meglio che... tu... vada, o-ora » Era rimasto così poco tempo a sua disposizione che avrebbe contato i secondi scanditi dalle lancette - ora rumorosissime - dell'orologio a muro, per impedirsi di crollare. Non c'era più niente da fare, non c'era più niente da dire. Non c'era più niente. Come una statua di cera, infinitamente triste e confusa, Amber sarebbe rimasta lì. Immobile. Se se ne fosse andato l'avrebbe guardato andare via. Immobile.
Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit ❀
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