Lacuna , Villa Hydra ~ Privata

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view post Posted on 6/8/2018, 15:46
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Sometimes I think that it's better,
To never ask why


S
olo in ultima lo sguardo si posò su Killian. Amber era incerta, benché cercasse in tutti i modi di convincersi di desiderare una risposta da lui, sapeva che lo scopo della domanda non era solo... quello. Sì certo, voleva sapere cosa avrebbe potuto dedurre un Auror in quel frangente ma non aveva idea di come dividere le due figure che vivevano in quel mago. Forse avrebbe dovuto dirglielo lui, o forse non c'era davvero alcuna divisione da attuare. Non lo sapeva e la infastidiva non riuscire a capirlo. Odiava ammetterlo, ma la nebbia che aveva avvolto il confine tra il consentito ed il non consentito le impediva ogni minuto di più di capire cosa volesse in quel momento e fin dove avrebbe potuto spingersi. Quando una richiesta sarebbe sembrata eccessiva? Quando invece sarebbe apparsa come blanda e lacunosa, forse perfino inutile? Quanti passi le erano ancora consentiti verso Killian e di quanto invece aveva superato il segno già tracciato? Erano quelle le risposte che scioccamente cercava di avere sondando un terreno che ogni istante di più diveniva sterile, inaridiva davanti a loro. Ancora di più detestava che in tutto quello che era veramente lo scopo della giornata lei non riusciva a ritagliarsi più di qualche minuto per pensare davvero ad Eveline, invece che chiedersi quanto ancora la situazione con Killian sarebbe rimasta tale. Con la coda dell'occhio non lo perse di vista, e non mancò di notare l'irrigidimento che parve bloccarlo non appena lei aveva abbandonato lo scrittoio per rivolgersi altrove. Non volle trovarvi un senso, non doveva. Un'altra delle ragioni per cui aveva scelto di non guardarlo era esattamente lì che volteggiava tra loro a qualche metro da terra ed era il motivo per cui ancora Amber non era stata scagionata. * e non lo sarò mai*. Temeva di poterlo ferire ancora solo perché voleva sapere cosa celasse alla fine la mente tanto complessa quanto chiusa di Killian. Ma era stata lei a rovinare il momento perfetto, a Rosgarden Street, ed era stata lei ad allontanare ogni possibile "ritorno alla normalità" fino ad allora. Se si sforzava poteva ancora percepire quella punta di felicità che aveva provato quando avevano iniziato a parlare davvero, a capirsi davvero. Ma quella rosa aveva parecchie spine, e prima di potersi inebriare del suo profumo, Amber ne avrebbe viste spuntare altre.

Accettò il silenzio che riempì la stanza, convincendosi quasi a distogliere lo sguardo quando la voce del mago finalmente la raggiunse facendola appena trasalire. Non riusciva proprio a darsi pace e la battaglia che infuriava nelle sue iridi era proprio a due passi da lui. Contro chi combattesse Amber era ancora difficile da capire, ma la tranquillità - seppur eccitante - che aveva creduto di provare all'apertura di quella stanza non era nemmeno lontanamente nei paraggi. Delusa, davvero, per non aver capito per quale ragione entrare lì non le fosse consentito, assorbì la prima risposta annuendo solamente. Il fatto che effettivamente nemmeno lui vedesse chissà quali trame oscure celarsi in una camera tanto normale la consolava, sì, ma spingeva più a fondo la lama del dubbio sul comportamento della sua famiglia. Sospirò senza curarsi di quanto esasperata potesse sembrare perché, in fondo, lo era. Ma sebbene cercasse il distacco il più possibile da un mondo così diverso dal suo, la frase successiva di Killian la scosse talmente tanto che inevitabilmente abbassò il capo fissando insistentemente il copriletto. Una mano scese lungo il fianco, mentre l'altra rimase stretta attorno al braccio opposto. Ogni singola parola di quella frase portava con sé la verità. E lui lo sapeva, glielo si leggeva negli occhi, tanto che prima di distogliere lo sguardo anche quelli di Amber avevano ricambiato con un chiaro tremolio di sofferenza.
«...avevano ragione.» Confermò passandogli accanto per trovare posto proprio su quel letto e sedersi. Quella semplicità la stava distruggendo attimo dopo attimo. Eveline Snow era stata una ragazza fantastica, vitale, attiva, solare. Sembrava avesse goduto di ogni istante in vita, e di certo non aveva l'aria di chi avrebbe voluto che questa finisse prima dei trent'anni. Forse saperla depressa o malata di qualcosa di terribile ed incurabile non avrebbe fatto reagire Amber in modo diverso, ma tutta quella normalità la feriva in maniera tanto profonda quanto egoistica. Se solo avesse potuto conoscerla all'epoca, se solo l'oscurità non fosse piombata nelle loro vite con così tanta violenza, inaspettatamente. Era stupido riflettere per anni sugli stessi punti, farsi sempre le stesse domande che mai avrebbero trovato risposta, ma era a quello che portava il dolore, no? Irrazionale e velenoso esisteva al solo scopo di infliggere sofferenza superando le difese della ragione. Aveva pregato in cuor suo che quella stanza "parlasse" con la voce di sua madre, che in qualche modo le dicesse se avrebbe mai potuto essere fiera di quello che Amber era diventata... ma più osservava le foto - ora quelle sul comodino vicino alla testiera del letto - e più notava l'abissale differenza tra le due. Lei aveva preso così tanto da John da non rendersene nemmeno conto, in quel momento le importava solo la distanza tra il suo mondo e quello in cui Eveline aveva vissuto.

Febbrilmente si passò le mani sul volto per poi lentamente intrecciare le dita candide ai capelli dorati. Scosse il capo ed ingoiò l'ennesimo boccone amaro.
«Ritiro tutto» disse, alzando appena lo sguardo e scuotendo il capo. «Non le somiglio per niente» L'aspetto fisico era irrilevante. «Non sopporto il Quidditch, Non colleziono trofei, non ho una parete piena di foto, soffro l'altezza e... » Il fastidio nel suo tono di voce venne indebolito solo dalla difficoltà di parlare di Eveline senza fare una piega. Gli occhi velati dal lento incedere di quell'intima sofferenza. «... non potrei essere più diversa di così» Era quello il dolore che tutti volevano evitarle? Volevano davvero impedirle di vedere quanto poco somigliasse a sua madre? Non capiva, non andava comunque bene così? Il tono duro era lo stesso con cui ammoniva se stessa il più delle volte. Adulto ma reduce di un'infanzia mancata.

Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 9/8/2018, 11:40
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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La morte di Violante Resween era sopraggiunta lentamente, si era annidata nel cuore e nella mente della donna molti anni prima che l’anima abbandonasse del tutto il corpo ormai inospitale nell’aspetto e nella volontà. Non era stata una scomparsa meno dolorosa per il fatto di essere diluita nel tempo, ma il momento esatto in cui Killian aveva avuto la tremenda consapevolezza di aver perso sua madre non era certo stato quando l’aveva vista immobile nel letto della sua stanza adornata a lutto. Improvvisa perché conseguente ad un incidente era stata invece quella del padre del mago, ma nei suoi ultimi ricordi di lui non c’era assolutamente nulla della vita spensierata e felice che invece traspariva da ogni dettaglio della camera in cui ora si trovava insieme ad Amber.
Nonostante non potesse dunque far affidamento sulla propria diretta esperienza, la ragazza confermò l’idea che aveva espresso, un’ipotesi sui motivi che potevano aver spinto la famiglia della giovane a tenerla lontana da un posto così “pieno” della madre. Non che ciò la facesse stare meglio: il Resween notò immediatamente l’aria abbattuta con cui lei affrontava quei pensieri e non poté biasimare nemmeno lo sconforto che la spinse ad abbandonarsi sul letto. Lo sguardo nuvoloso che lui le rivolgeva era serio e preoccupato: ormai dell’indifferenza che qualche volta aveva provato a ostentare nei suoi confronti non c’era rimasto più nulla, come un ricordo lontano di un’insensibilità che non gli era mai appartenuta sul serio.
L’indecisione su cosa dire o tacere e sul cosa fare svanirono immediatamente quando altri dubbi vennero espressi dalla voce sottile di Amber, sempre più incrinata e prossima alla rottura. L’uomo non nascose l’espressione sorpresa e incredula che attraversò il volto dai tratti decisi mano a mano che lo sfogo andava avanti. Un’altra cosa che il ventiquattrenne non poteva assolutamente capire: sin dalla giovane età aveva cercato in tutti i modi di dimostrare alle persone a cui teneva e soprattutto a se stesso che lui non era affatto uguale ai genitori. Il bisogno di differenziarsi da loro e dalle loro azioni era la forza che aveva praticamente mosso ogni suo passo. Per questo ora stentava a credere che tanta sofferenza potesse nascere nella strega nello scoprirsi diversa da una madre che aveva a malapena conosciuto.
Rapido, abbandonò il punto in cui aveva sostato fino ad allora e la raggiunse posizionandosi davanti a lei. La piccola manteneva lo sguardo basso perciò non esitò a piegarsi sulle gambe in modo tale che così accovacciato fosse difficile non intercettare i suoi occhi grigi che pulsavano di determinazione.


“Non sei uguale a lei, e allora? Deve essere così!”, in realtà dubitava che si potesse decidere quanto di lei rimandasse ad Eveline semplicemente dai pochi frammenti che possedevano della donna, ma il messaggio che voleva trasmetterle con tutta quell’urgenza era un altro.“E se ti avessero tenuta lontana da qui proprio per evitare che nella mancanza tu la prendessi come modello fino a diventare una sua piccola copia?”

Killian non aveva alcun elemento per avanzare una tale azzardata teoria: non poteva avere le risposte, quelle appartenevano solo ai diretti interessati dalle domande di Amber. Però nella non-certezza, Killian aveva comunque parlato di qualcosa di plausibile. Mai e poi mai avrebbe dato voce a qualcosa che non pensava realmente, nemmeno in occasioni come quella. Il meccanismo di difesa a cui aveva accennato non era un’assurdità inventata su due piedi: anche se in modo per certi versi non paragonabile, Persephone vi era andata incontro nel suo desiderio di compiacere in tutto i genitori nel tentativo di colmare così il vuoto che loro le offrivano.

Ma di questo non avrebbe parlato, bastava la convinzione che il suo sguardo emanava. Se c’era una cosa che doveva impedirle a tutti i costi era quella di sentirsi “sbagliata”.
Una colpa di cui di sicuro in passato si era macchiato anche lui.


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view post Posted on 9/8/2018, 16:47
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Un giorno capiremo chi siamo,
senza dirci niente


N
on sentir parlare di Eveline in casa aveva reso Amber così desiderosa di prendersi quel che riteneva appartenerle, senza darle la minima esitazione. Non si era chiesta troppo a lungo perché quei ricordi le fossero preclusi a priori, aveva liquidato il tutto con un: "perché qualcosa in lei non andava bene", ma non aveva mai cercato di rovesciare la medaglia. Le era stato fin troppo comodo considerare solo due delle tre dimensioni, ma ora proprio Killian aggiungeva sfumature a colori troppo solidi. Ora che non sembravano esserci macchie nere su quel candido telo che poteva rappresentare quel particolare periodo di vita della madre, Amber non aveva altri appigli. La nuda verità era rimasta chiusa in quella camera per anni, ed ora ci si era immersa ritrovandosi a dover affrontare qualcosa di più scomodo del previsto. Qualcosa per cui probabilmente non era pronta, ma che era giunta l'ora di scoprire. Benché temesse di mostrarsi troppo vulnerabile con Killian - soprattutto dopo l'incontro di Natale - non frenò il suo istinto e lasciò che per un solo istante quello che erano svanisse in favore di ciò che erano stati; confidenti prima di tutto. Si era offerto già una volta come "supporto" e quello che ne era uscito aveva assunto sfumature ben diverse e più complesse, sarebbe stato diverso la seconda volta? Sapeva benissimo quali pensieri la frenavano prima ancora che potesse rendersi conto di quanto ripida fosse la discesa, ed erano talmente razionali che gli angoli appuntiti la ferivano ancora. Si chiese se, al punto in cui erano giunti, non sarebbe stato meglio congedare il mago ancora prima di entrare in casa. Aveva stabilito che l'Auror non le sarebbe servito, ed a quel punto il ragazzo non si sarebbe mai avvicinato fin tanto che tra loro fosse rimasto l'ostacolo dell'abilità di Amber. E quell'ultimo concetto lui l'aveva chiarito abbastanza. Le mani attorno al collo, lo sguardo basso e l'espressione affranta avrebbero reso tutto reale.

Si accorse dello spostamento di Killian, ma non mosse un muscolo fino a quando lui non si abbassò tanto da trovarsi con il volto alla stessa altezza. Non poté ignorare il brivido che percorse il suo esile corpo, obbligandola ad incastrare lo sguardo in quello del mago, ritrovando così le sue Nubi di Londra. Il cuore riprese a battere ad un ritmo maggiore, risvegliato d'improvviso dal lento incedere di quella malinconia. Il suo profumo, quella vicinanza quasi dolce, la determinazione che le sue parole gridavano. Avrebbe voluto fermare il tempo e rinchiudere quel frammento in un'ampolla eterna, ma sapeva che sarebbe stato impossibile. Era terribile averlo così tanto vicino e sapere di non poter considerare nemmeno un guizzo dell'agitazione che scuoteva la sua anima per intero. Ascoltò quelle parole, ma non riuscì a capirle del tutto, non all'inizio. Parlava di Eveline, ma Amber vedeva solo lui ad una distanza fin troppo pericolosa. Come a rallentatore, vide quello che avrebbe voluto fare con estrema precisione. La mano scostata dal collo avrebbe compiuto pochi insignificanti centimetri in avanti, colmano lo spazio tra i due e le dita delicatamente avrebbero percorso la mezzaluna tatuata, disegnandola di nuovo. Poi, un debole sorriso avrebbe fatto la sua comparsa con la minaccia di non andarsene mai più. Ma quella bolla scoppiò proprio davanti ai suoi occhi, che invece sulla mezzaluna si erano puntati sul serio per qualche secondo. In verità se avesse davvero potuto agire in quel modo, non era certa che avrebbe avuto la forza di farlo sul serio, probabilmente i suoi pensieri coraggiosi non si sarebbero trasformati in azioni coraggiose, in parte spaventati dall'idea di un rifiuto, o più d'uno. Si maledì per gli scomodi pensieri, forzandosi a ripescare le parole appena udite nel cassetto della memoria in cui le aveva appena nascoste.
«... piccola?» Sussurrò, interrogativa, ben sapendo come non fosse quello il punto focale delle parole di Killian, ma sentirsi definire una "piccola copia" aveva lasciato un suo segno. Era cresciuta da quando l'aveva conosciuta fuori dal Florian, non poteva certo credere che non se ne fosse accorto, eppure era possibile che la credesse ancora così "bambina"? Non era arrabbiata, anzi, ma le sarebbe davvero piaciuto capire come la vedeva lui. La sua mente agì però come imperituro promemoria del patto che si era costretta a stringere sulle Alpi pur di non perdere quel mago a cui era così tanto legata: lei era solo il "suo" mostro, o lo sarebbe rimasta fin tanto che lui non fosse stato capace di difendersi. Già, difendersi da qualcosa che lei mai avrebbe osato richiamare in sua presenza... eppure si era impegnata a farlo per andare oltre il primo strato di nubi e trasformarsi in una ladra di ricordi su commissione dello stesso negoziante da rapinare. Aveva davvero aderito ad una cosa simile? Lo sguardo vacillò, e per respirare, Amber si costrinse ad alzarsi dal letto di Eveline, assumendo involontariamente un momentaneo vantaggio d'altezza su Killian, un primato che lui molto velocemente avrebbe potuto riacquisire anche solo alzandosi a sua volta. «Non so se sarebbe stato un pessimo modello da seguire, oppure no, ma -» l'ammissione divenne più amara di quanto avrebbe creduto. «... mi avrebbe fatto comodo sapere queste cose, prima.» A cose si riferisse quel "prima" lo sapeva solo lei.«Forse non avrebbe cambiato quello che sono -*il disastro che sono riuscita a diventare anche da sola*- ma avrei evitato molti errori. » Si strinse nuovamente tra le braccia, non era una rarità il suo dichiararsi un vero e proprio disastro, benché avesse tenuto quella parte di discorso per sé. Non amava autocommiserarsi così apertamente, ma era stata in grado di ferire perfino Killian, ed era qualcosa che forse Eveline non avrebbe mai fatto ad una persona altrettanto cara, a John ad esempio.


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 17/8/2018, 23:30
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Non era la prima volta che i due si ritrovavano così vicini perché il mago decideva di infrangere con semplici e magistrali mosse le barriere fisiche che entrambi sapevano erigere con maestria, salvo poi fantasticare sul crollo. Killian aveva parlato spinto dal desiderio di chiarire un concetto fondamentale ed il timbro della sua voce era risultato forte e deciso. Anche le parole erano fluite spontaneamente dalle sua labbra scure come fide alleate rendendo evidente quanto credesse nel messaggio che stava cercando di comunicarle. Ma nonostante tutta la sicurezza esibita, non era mai stato tanto difficile mantenersi ancorato a quei discorsi che lo vedevano rivestire il ruolo dell’estraneo. Aveva sempre considerato la propria altezza come un vantaggio ma si rendeva ora conto che avere gli occhi allineati sullo stesso piano era la vera posizione privilegiata se l’intenzione era quella di leggervi dentro quanto a parole era impossibile esprimere. Vagò alla stregua di un naufrago nelle pozze verde-acqua alla ricerca di una risposta o di un interrogativo ma lo sguardo grigio trovò nell’iride destra delle pagliuzze dorate e si perse un poco ad ammirarle, come il meno esperto dei timonieri incapace di mantenere la rotta.

“…piccola?”

Prima che l’attenzione del ragazzo scivolasse ancora verso il basso incontrando le morbide labbra che più di tutto avrebbero messo a dura prova la sua volontà, la domanda lo raggiunse tramutando la sua espressione in confusione prima che potesse impedirlo.
Sì, piccola lo era davvero. Poco importava se erano trascorsi anni ed era diventata anche lei maggiorenne, una parte del Resween l’avrebbe sempre considerata quel pulcino a cui l’aveva paragonata tanto tempo prima. Ma non era questo il punto e non era nemmeno quello che voleva intendere l’uomo. Aveva compreso il discorso in cui era inserita quella parola dal significato ingigantito per contrasto? Era pronto a tornare indietro, come se lei non avesse sentito o capito quello che le era stato detto con ardente convinzione. Magari poteva usare dei nuovi termini, trasmettere lo stesso concetto percorrendo una strada diversa ma che conduceva in modo più diretto alla destinazione.
Nulla di tutto ciò avvenne. Nel mezzo secondo in cui lui si mostrò interdetto, fu di nuovo Amber a prendere in mano la situazione. D’istinto, non appena lei riprese la stazione eretta lui fece lo stesso. Non poteva sapere (ma immaginare, questo sì) cosa l’avesse spinta a fuggire la situazione di stallo in cui erano precipitati, ma di fatto ora si trovavano ancora più vicini, così tanto che la voce flebile con cui parlò sembrò quasi solleticargli la pelle.


“Tu la assolutizzi. Passi dal temere un suo passato oscuro e indicibile al ritenerla la perfezione. Era un essere umano, avrà commesso anche lei i propri errori. E tu non dovresti ricondurre i tuoi alla sua assenza. Gli sbagli restano e le supposizioni volano via”

Come richiesto nei loro taciti accordi, non le avrebbe risparmiato nessuna verità per quanto difficile da accettare e dura da sentirsi dire. Erano lì, nel santuario profanato della madre e Amber andava incontro alla decisiva crisi a cui giravano intorno da anni… lei probabilmente da una vita. La risolutezza nella voce dell’Auror era palpabile ma non eccessivamente severa: vi erano nascoste note di comprensione e condivisione di esperienze se solo si era disposti ad ascoltare oltre lo strato superficiale di apparente asprezza. Non era un rimprovero. Non ne avrebbe avuto la forza.
Le alternative erano due dopo tale azzardo da parte del mago. Entrare in risonanza o frantumarsi inesorabilmente.


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view post Posted on 20/8/2018, 09:30
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Can you hear it echoing?


C
'era stato un momento, tra due battiti concitati, in cui aveva dovuto farsi forza il più possibile per non cadere nell'errore di credere di poter vedere altro in quei suoi pericolosi occhi grigi. Avrebbe potuto raccontarsi tutte le bugie del mondo, ma avrebbe pagato suon di Galeoni per poter rimanere lì a decifrare ogni sfumatura di quelle nubi, era convinta che - abbattuta ogni barriera - sarebbe stata in grado di capire ogni cosa. Ma le barriere non si infrangevano in uno schiocco di dita, e la più coriacea l'aveva eretta proprio lei, involontariamente. Il biglietto di sola andata per le montagne russe della loro storia sembrava pronto per essere afferrato e timbrato, ma lei sapeva che si trattava di una semplice illusione. I binari del percorso non andavano oltre quello che stavano vivendo, e cadere nel vuoto sarebbe stato inevitabile. Si torturò le labbra, affogando il desiderio di rendersi infinitamente debole di fronte a Killian. Perché sapeva che non l'avrebbe mai accettato, non così presto. Se solo si fosse persa a seguire i lineamenti scolpiti dell'Auror, le linee intricate che i tatuaggi sulle mani disegnavano, o anche solo se si fosse lasciata inebriare dal profumo che più volte aveva preannunciato di farle girare la testa, si sarebbe mostrata ancora una volta incapace di seguire le regole imposte. Era così innamorata da odiare con tutta se stessa quella speranza che proprio non voleva saperne di andarsene, di morire dopo l'ennesimo "rifiuto". Capì di essere la sola a vivere quel momento poco dopo aver espresso il suo dubbio su quel "piccola" che - in fondo - aveva stretto il suo stomaco in una morsa. Non l'aveva chiamata "piccola" in via diretta, altrimenti si sarebbe trattato di tutt'altra cosa, e forse non avrebbe avuto il minimo coraggio di ribattere, ma l'aveva definita tale... e quello era forse un sintomo più che palese di quanto lontano fosse il momento della realizzazione per Killian. O almeno così credeva lei. Se per lui non era cresciuta, non aveva affrontato un 'evoluzione e non era altro che la ragazzina folle che l'aveva avvicinato a Diagon Alley - e non poteva credere fosse così - allora quanti passi indietro avevano fatto? Come avrebbero fatto ad andare avanti? Occlumanzia? Dubitava funzionasse.

Non furono solo quei dubbi a farla alzare, ma tutto l'insieme confuso di emozioni che ribollivano all'interno dell'esile corpo. Credeva davvero che la guida di Eveline avrebbe potuto aiutarla a superare quei momenti e di certo non avrebbe dovuto aspettarsi che Killian capisse, immaginava che il rapporto padre-figlio fosse diverso sotto molti aspetti, ma quello che il ragazzo disse centrò comunque il bersaglio, in un modo o nell'altro. A lui aveva fatto parecchie concessioni, gli aveva permesso di avvicinarsi tanto da portarne ancora i segni, ma poteva davvero permettersi di dirle che assolutizzare sua madre al punto di crederla perfetta era così sbagliato? Lui non sapeva come l'immagine di Eveline era stata costruita negli anni dopo la sua morte, non aveva idea di come l'avevano dipinta per la bambina che era stata e quel che era peggio, era che Amber credeva che non gli importasse. Quello che capì da tutto il discorso, percependo la presenza di nuovo a figura intera del mago, era forse la parte meno importante. Non avrebbe mai ammesso di essere così scostante nel realizzare la sua immagine di Eveline, non avrebbe nemmeno ammesso di volere che fosse perfetta al punto da non meritare una morte tanto istantanea ed improvvisa. Non guardò Killian negli occhi un solo istante dopo quella frase. Le iridi rivolsero dapprima la loro attenzione all'esterno, al tramonto che non avrebbe mai potuto essere più simbolico di così.
"E tu non dovresti ricondurre i tuoi alla sua assenza."

Poi lentamente lo sguardo si spostò verso le cornici in cui sorridevano un giovanissimo John ed una giovanissima Eveline. Se non altro lei per lui era perfetta sotto ogni punto di vista.«Tu non sai- » la voce, quasi fredda, diede ad Amber un tono che rispecchiava solo quello usato quando il ragazzo si era presentato lì, minuti prima. Stava cercando giustificazioni pur di non ammettere che lui aveva ragione su tutta la linea. «- non hai idea di cosa voglia dire crescere con addosso le speranze di tutta la tua famiglia. Vivere per vedere che di lei non hai niente e che tutto quello che gli altri hanno sperato va in frantumi ogni volta che ti guardano. » Strinse un lembo del maglione con la mano, poche cose la facevano soffrire come quella consapevolezza. Vedere di non essere altro che una delusione, era terrificante. Che poi fosse una sua supposizione basata sull'aver origliato un discorso a metà, era un'altra storia. «Ho passato anni a chiedermi dove stessi sbagliando, non sapendo nulla di lei, e quando mi sono convinta che va bene così, che sono quello che sono, quando mi sono scoperta soddisfatta di me... li ho sentiti, amareggiati perché non sono come lei. Ma tu non puoi capire. » Non si rese conto di quanto quelle ultime parole potessero essere sbagliate e taglienti. Era crudele dirgli che non poteva capire, perché della sua famiglia lei non sapeva nulla. Eppure che anche a lui fosse morta la madre lo ricordava bene, ma si era basata su qualcosa che ancora non aveva realmente risolto. Perché - in fondo - anche per lui, lei era sbagliata. La Legilimanzia che non aveva chiesto e non aveva controllato era parte di lei tanto che il suo non accettarla l'aveva ferita. Sapeva di aver esagerato, sapeva che lei stessa avrebbe trattato una Amber così invadente allo stesso modo, eppure da lui aveva sperato in qualcosa di diverso. Si era convinta di aver superato quel piccolo grande trauma, ma quello - complice anche la stanchezza e le continue delusioni di un periodo nero - era riaffiorato come un cadavere dagli abissi. Amber aveva accettato di poter essere ancora una volta il mostro personale di Killian per il tempo necessario a fare di lui un Occlumante abbastanza in grado di difendersi da lei, ma il mago aveva considerato la possibilità di un fallimento? E se per quella vocazione non fosse stato portato? Avrebbe segnato la fine di tutto. Ma ancora più dopo quei ragionamenti, la ragazza si chiese se anche la prima concessione non fosse uno di quegli sbagli non imputabili ad altri che a se stessa. Sapeva di non dover assolutamente paragonare il rapporto che avevano i suoi genitori, con quello suo e di Killian, perché niente di quanto udito - anche nelle chiacchiere di corridoio ad Hogwarts - poteva trovare un degno paragone, ma poteva non cadere nel tranello di quelle fotografie ammiccanti? Non solo vi cadde, ma vi annegò. Aveva tacitamente promesso che non gli avrebbe mentito di nuovo, non gli avrebbe tenuto nascosto più nulla.. allora come poteva non dirgli a cosa aveva pensato dopo l'incontro sulle Alpi? Come poteva non dirgli che non avrebbe voluto estrarre il suo passato con la forza? Perché tenergli nascosto che avrebbe preferito non identificarsi come il mostro da sconfiggere una volta per tutte? Con il terrore che non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono, fece un passo avanti verso la finestra. Vigliaccamente non lo guardò negli occhi fino a frase detta. «Non posso farlo. Non posso invadere così la tua mente. Non voglio rubare a forza i tuoi ricordi fino a quando non ti renderai conto che non mi vuoi lì. Fino a quando non vorrai cacciarmi via. Non... voglio. »


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Capì immediatamente che le sue parole erano cadute come macigni nel tetro baratro della consapevolezza di Amber, provocando proprio quei crolli che avrebbe dovuto evitare. Ma Killian era ancora il ragazzo della terapia d’urto, almeno in questo non era cambiato affatto. Se era in quella stanza perché la strega aveva desiderato così nonostante tutto, allora nascondere il suo sincero pensiero sarebbe stata la più grande vigliaccheria. Non voleva e non poteva lasciare che la giovane annegasse nella sua stessa autocommiserazione, non ora che era arrivata così lontano. Aveva contribuito a farle aprire gli occhi - quei meravigliosi occhi che tuttora lo incantavano - ma il suo compito non era terminato, anzi si faceva più difficile nel doversi assicurare che lo sguardo non si volgesse indietro dopo tutta la fatica per abbandonare i limiti imposti dalla ragazza stessa. Si aspettava una reazione dura così come aspre erano suonate le sue frasi, benché non volessero esserlo del tutto. Purtroppo nemmeno i modi dell’Auror erano mutati nel tempo, perciò il suo tentativo di “aiutare” era del tutto personale e offriva parecchi appigli alle critiche.
Lei non lo guardò e fu probabilmente questo a rendere evidente la rabbia covata nella risposta più del tono che usò per accusarlo di non capire. Sbagliava a credere questo di lui, ma Killian non la biasimava. Non era mai stato una di quelle persone che tiene privati i propri drammi e scheletri nell’armadio pur aspettandosi che gli altri comprendessero comunque. Aveva rivelato ad Amber troppo poco sul suo passato perché lei potesse accorgersi di quanto infondato fosse quel giudizio affrettato dettato dal dolore e dalla collera. Accolse la prima parte del discorso in silenzio con un cipiglio stoico scolpito nei tratti marmorei del volto: aveva parlato consapevole di dover affrontare una tempesta perciò era preparato alle parole taglienti di lei. Sentì riferirsi ad aspettative disattese e il suo pensiero volò agli inservienti della Tenuta Resween che per anni avevano aspettato il momento in cui Killian li avrebbe salvati da Rabastan per poi scoprire che invece aveva ceduto a lui tutto, comprese le loro vite. E poi era scappato, non facendo mai più ritorno. Una ferita che non si era ancora completamente rimarginata ricominciò a sanguinare lentamente sotto ai colpi impietosi di Amber, ma lui non prestò ascolto a quelle prime fratture del suo animo. Aveva occhi solo per lei, anche se lo sguardo grigio non era ricambiato.

Avrebbe continuato a resistere così, assorbendo la frustrazione della Tassorosso senza restituirla, se solo il discorso avesse toccato la sola esperienza del mago. La sua famiglia... amareggiata. Killian sapeva che non stava parlando solo per sciocche paranoie, ma le basi sulle quali costruiva una tale paura erano tutte da accertare e lui l’aveva spinta a fare proprio questo, prima, davanti alla porta di casa Snow. Ma anche allora la reazione era stata di stizzosa difesa. Poi, di nuovo quel “tu non puoi capire”. No. Aveva ragione. Lui non poteva perché era sempre stato il figlio prediletto anche se aveva rifiutato la propria posizione privilegiata con tutte le sue forze. Ma la persona più importante della sua vita aveva dovuto affrontare qualcosa di molto, molto peggio. Se parlò, fu solo per difendere quel suo dolore di figlia ripudiata che insieme avevano condiviso.


“No, sei tu a non capire cosa significhi davvero non essere accettati dalla propria famiglia. Non ne hai la più pallida idea”

La freddezza fu ricambiata potenziata esponenzialmente. Non aveva pronunciato il nome di Persephone, ma forse la modalità di protezione fraterna che aveva attivato sarebbe valsa da indizio comunque . Era la stessa che aveva esibito nel suo appartamento a Londra l’estate prima, anche se ora tentava di placarsi: doveva comunque incentrare la risposta sulla situazione della ragazza.

“I tuoi cari ti amano e fanno di tutto per proteggerti, anche se in un modo discutibile. Sei solo troppo ostinata a non volerlo ammettere ”

Verità, niente altro che verità. A qualsiasi costo. Ma era disposto a pagare così tanto? Credeva di sì, almeno fino a quando il dialogo arrivò alla battuta finale da parte della strega poco distante.
All’inizio Killian non capì a cosa si riferisse per il cambio repentino di argomento poiché celava un filo logico che era a lui precluso essendo intrecciato nella coscienza di lei. Poi, quando il messaggio prese forma senza poter lasciare largo spazio ad un’interpretazione speranzosa, interdetto la guardò boccheggiando. Cercò le parole, ma le sue labbra scure si aprirono senza emettere alcun suono per alcuni istanti. Cosa significava? Non voleva aiutarlo? Ma lei aveva accettato, aveva compreso le ragioni che l’avevano spinto ad avanzare una tale richiesta usanti mai vitale per lui e per loro, soprattutto. Perché si tirava indietro? Perché ora?


“Abbiamo un accordo” , le ricordò e si rese conto di quanto risultassero duri il suo tono e la sua espressione.

Dentro di lui iniziavano ad alzarsi moti di rabbia e frustrazione che come onde lente traevano forza dalla marea della burrascosa situazione. Sotto tutto, un abisso di delusione che il suo orgoglio continuava a voler mascherare.





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Edited by Killian Resween - 20/8/2018, 12:50
 
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veva superato la linea del dovuto ancora prima di quel "tu non sai" ma non era stata capace di ammetterlo o di fermarsi. Non voleva dirsi di essere in pieno torto perché aveva messo a tacere anche troppo la sua coscienza. Quando il primo patto con Killian era stato stretto, aveva ingoiato l'amaro boccone della consapevolezza che vi fosse qualcosa a legarli ma che avrebbe dovuto solo essere posticipata, ma il secondo patto l'aveva stretto solo ed esclusivamente per non perderlo. Aveva sbagliato, pensò. L'aveva perso il giorno stesso in cui aveva scoperto di Artemisia - chiunque ella fosse - e niente avrebbe potuto ricucire lo strappo, era inutile illudersi. Era stata sciocca come sempre, e vittima di quel flusso di coscienza privo di qualsivoglia remora, non aveva tenuto a freno la lingua. Tutto quanto le era accaduto di recente l'aveva convinta che rinchiudere i propri demoni sarebbe stato solo deleterio, ma le parole con cui aveva ingaggiato battaglia avrebbero dato il via ad una guerra senza esclusione di colpi. Forse combattuta ad armi pari, o forse no.

Non aveva pensato a cosa aspettarsi dopo quanto detto, di certo non comprensione dato che il mago aveva mostrato di volerla privare delle restanti fondamenta piuttosto che supportarla come aveva promesso di fare. Percepì chiaramente la frustrazione invadere il suo stomaco e risalire mescolandosi a quella rabbia repressa che aveva pregato di non provare mai per lui. Non lo vedeva, Amber, come era riuscita a viziarsi negli anni e di certo non capiva in quel momento quanto le parole dell'altro l'avrebbero perseguitata e cambiata nei mesi successivi. Non si era resa conto nemmeno del tono che aveva usato per rivolgersi a lui, non era mai stata così dura, ma forse non gli aveva mai detto cosa pensava sul serio di quel secondo accordo, ed era stato quello il primo errore. Era però facile rendersi forte quando dall'altro lato della barricata nessuno rispondeva. Con i battiti accelerati, lo sguardo oscurato e le mani strette lungo il tessuto, Amber si sarebbe detta prontissima ad affrontare qualunque cosa avesse seguito le sue parole, ma non lo era per nulla. Nel momento esatto in cui Killian parlò, la sua sicurezza vacillò. Contrariamente al solito, però, non tornò indietro sui suoi passi e nascose l'insicurezza dietro la maschera non avrebbe mai voluto indossare, per affrontare una delle persone a cui più teneva al mondo. Quel conflitto di interessi la stava portando allo stremo. Freddo, arrabbiato e con le proprie ragioni, l'Auror rispose a tono, gelandole il sangue nelle vene, prima di farlo ribollire di nuovo. Gli occhi di Amber persero quella furia anche solo accennata che aveva condito le prime taglienti frasi, e l'espressione si scontrò duramente contro quella di Killian. Odiava anche solo l'idea di averlo spinto a parlarle in quel modo, ma non sembravano esserci altre vie percorribili. Lenta ma inesorabile, la consapevolezza di aver messo in moto un meccanismo deleterio, si aggrappò alla sua anima, in profondità dove nessuno poteva vederla. La sua mente le urlò di prestare attenzione alle parole precise usate dal ragazzo, ma in un primo momento lei non capì. Cosa ne sapeva lui del non essere accettati dalla propria famiglia? Ma quando la malignità di quell'insulso pensiero si spense con lui, lo sguardo di Amber cambiò ancora. Consapevole e quasi certa che il discorso non fosse più incentrato solo su loro due, si ricordò di quella ragazza dal volto ignoto che era nata sotto una pessima stella. Magonò... ma era possibile che i Resween l'avessero ripudiata per quel motivo? Non ebbe tempo di chiedersi altro, percepì' la sua coscienza stringere le redini e chiederle di abbassare i toni e forse perfino scusarsi perché il suo egoismo l'aveva portata a credere di essere l'unica persona con un passato tremendo in quella stanza. Ma, era anche vero che se lei non sapeva niente, non era solo colpa sua. Quando le disse che era troppo ostinata per accettare la realtà sui propri familiari e l'amore che questi provavano per lei, il lume della ragione vide la fiammella affievolirsi. Gli aveva dato troppo e lui ne stava approfittando, ma lei che in mano non aveva niente, come avrebbe potuto vincere? Cieca, non vide quanto egoistico potesse essere anche quel pensiero, e la maschera si strinse fino a farle bruciare gli occhi, o forse erano semplicemente altre - ennesime - furiose lacrime. Ma il peggio venne in risposta del suo rifiuto ad ottemperare alla richiesta iniziale. Era sicura di aver argomentato a dovere quella negazione, sebbene vile ed improvvisa, ma evidentemente a lui importava solo una cosa... e non era lei. Trascinata dal fiume in piena che scorreva impetuoso nei suoi pensieri, tacque un solo istante. Mosse un paio di passi verso di lui, convinta di sapere con esattezza cosa dire, ma dalle sue labbra non uscì nulla. Tremarono, quello si, per un attimo sufficiente e dimostrare come la lama avesse trapassato il suo cuore ora sanguinante, mentre lo sguardo si inumidiva e la rabbia che anche in quel momento provava venne offuscata. L'immagine di lui non era mai stata così distante da quella che aveva conservato per mesi e forse anni, tanto che più di tutto si sentì terribilmente affranta. Con un coraggio che era fiera di avere, ma che forse avrebbe rimpianto, si pose in modo che di certo contrastava con le calde lacrime di cui già si vergognava. Non voleva piangere, non in un momento simile, non quando lui le aveva confermato che la cosa a cui più teneva era che lei rispettasse il patto, e non quello che Amber provava realmente e che l'aveva spinta a rifiutarsi. Si rese conto che sarebbe stato inutile proseguire su una linea sciocca quanto quella. Lui era stato chiaro, per l'ennesima - e forse ultima - volta. Sulla scia della ragazzina ferita al lago del Villaggio e della ragazza che ora sapeva di contare ancora meno di nulla, la voce s'indurì ancora. Doveva solo dire tre parole eppure sapeva che l'ultima avrebbe incrinato il suo tono. Liberò il maglione dalla presa, attese che l'ultima di quelle poche lacrime scendesse, illuminata dai raggi di un sole morente, e bagnasse il suolo proprio in mezzo a loro due. Parlò con la morte nel cuore e la gola in fiamme.

«Avevamo un accordo »



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Si erano sempre solo illusi di aver trovato un equilibrio dopo ogni tempesta, ma non era mai stato così sul serio. Anche volendolo con tutto se stessi, non erano riusciti ad appianare i dissidi che avevano fatto più volte divergere le loro strade. Li avevano accantonati, credendo che potessero così essere considerati superati ma ora questi erano tornati con la prepotenza di un uragano e loro non avevano alcuna intenzione di aggrapparsi l’uno all’altro per non essere trascinati via. Si erano gettati nel vortice ed erano soli. Ognuno con le proprie fondate ragioni, ma soli.
Killian era stato più volte portatore apparentemente irremovibile di verità scomode, ma lei non poteva davvero credere che questo gli piacesse. Non era un ruolo che si era scelto: l’ Auror non si sarebbe mai permesso di elargire consigli e giudizi in modo così esplicito, ma prima di entrare da quel maledetto portone Amber aveva detto di volere Killian al suo fianco. Killian, non l’ispettore Resween. Evidentemente, rimpiangeva la decisione presa. Lo capiva dal modo in cui lo fissava, volgendo di scatto lo sguardo come se fosse stata ustionata dalle precedenti frasi del mago. Affrontò gli occhi verdi furiosi in cui non era rimasta alcuna traccia della pace in cui l’uomo aveva avuto la fortuna di crogiolarsi in qualche raro momento di quiete. Nessun cenno di cedimento da parte del ragazzo, come un muro portante che rimane eretto nella desolazione di una casa diroccata tutta intorno a lui, unico superstite. Fiero come se l’orgoglio fosse davvero la sola cosa che contasse al momento. Non avrebbe rimangiato nemmeno una parola di quanto espresso gli attimi prima perché lei doveva sapere. Lei doveva capire. Aveva perso molto, ma rintanandosi in quel dolore si stava togliendo anche ciò che le rimaneva e non era poco: una famiglia, una casa, qualcuno a cui fare ritorno. Non le avrebbe permesso di gettare tutto al vento come era successo per lui, anche se ora sembrava pura crudeltà da parte sua.

Era ancora impegnato ad osservarla con una serietà impressionante emanata dagli occhi grigi in piena tormenta quando il riferimento al patto precariamente in piedi la fece agire all’improvviso. La vide muoversi animata da una strana follia che lui aveva alimentato come il più incauto degli sciocchi. Anche la reazione del ventiquattrenne fu dettata puramente dall’istinto. Fece lo stesso, avanzò. Bastò un suo passo affinché la distanza che li separava divenisse la minima possibile per non scontrarsi. Killian si aspettava uno schiaffo e si era fatto avanti per questo. Non ne aveva paura, anzi: nei frangenti che intercorsero dei lampi di sfida illuminarono le iridi annebbiate, come se non desiderasse altro che rendere fisico il dolore che quella discussione gli stava provocando.
Ma lei non si mosse, la sua mano non raggiunse con violenza il corpo del giovane. Vide le labbra tremare, però, e gli occhi diventare umidi. Si rese conto che una percossa gli avrebbe fatto meno male ma non abbandonò la sua glaciale compostezza statuaria proprio ora che lei lo stava ripagando con la stessa crudele moneta. Era bellissima, furiosa e fiera come non l’aveva mai vista o immaginata, ma non aveva la possibilità di apprezzarne davvero il valore poiché riusciva a pensare solo a cosa lei avrebbe risposto. Una lacrima cadde, senza che lui provasse anche solo ad arrestarne la corsa: come poteva essendone la causa? Insieme ad essa, nel silenzio concitato della stanza precipitarono anche le ultime brutali parole.
Un verdetto che con l’uso del passato aveva spiegato tutto, togliendo a Killian la possibilità di replicare immediatamente. I pugni si strinsero, come se volessero trattenere il patto che era stato appena sciolto irrimediabilmente. Quando trovò la forza di rispondere, la sua voce era bassa e vibrante di emozioni volutamente represse su cui regnava indiscussa l’amarezza.


“Avevamo anche un ‘dopo’ ”

C’era sempre stato. ‘Dopo’ la risoluzione del caso Eveline prima e ‘dopo’ l’occlumanzia poi. Ma ora anche questo rientrava nel passato, paradossalmente in un futuro che mai si sarebbe realizzato. Lentamente, fece un passo indietro. Simboleggiava la resa che stava per esprimere a parole: si allontanò da lei, in tutti i sensi.

“Non devi aggiungere altro. Non ti obbligherò”

Come se avesse potuto farlo... Chiederle di usare la terribile abilità che li aveva separati sulla propria mente per appropriarsi dei ricordi segreti che conservava del suo passato non era mai stato facile. Gli era costata una fatica incredibile e mesi e mesi di riflessioni. L’addio sarebbe avvenuto molto tempo prima se lui non si fosse sentito pronto ad affrontare la sola soluzione che rimaneva loro. Ora però era lei a brandire la lama che avrebbe reciso l’unico filo che li teneva uniti sotto il suo sguardo vuoto e impotente.

Con l’anima prossima a frantumarsi, si chiese come aveva potuto lasciare che dopo Artemisia tutto si ripetesse ancora una volta. Il rifiuto sembrava inscritto nel suo destino, senza vie di scampo.



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entirsi paragonare ad un semplice accordo verbale - che poi di semplice aveva ben poco - aveva permesso a quella folle fiaccola di speranza di spegnersi in lei. Aveva sussurrato alla ragione di abbandonare quei lidi per qualche giorno ed al cuore di fermare i batti. Perfino le lacrime, dopo quell'ultimo diamante in caduta libera, cessarono. In quel momento era evidente come a lui non importasse niente di "loro" e, come si era sempre detta, prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà. Una realtà più dura del previsto. Arrabbiata, si scontrava con lui come un felino appena liberato dalla propria gabbia, a digiuno da settimane. Erano lì ad affrontarsi come statue di marmo, scolpiti dai più abili maestri, ma ad un passo dal frantumarsi a vicenda. Forte, risoluto, Killian non era mai stato più bello di così ed era terribile che Amber vi pensasse quando tutto era in ballo tranne che quel sentimento che li aveva condotti lì. Aveva pronunciato parole taglienti come lame affilate o come gli artigli della bestia che era convinta di essere diventata. Feroce non aveva esitato a ripagarlo con la stessa moneta, ma doveva immaginare che non le avrebbe lasciato l'ultima parola. Reggendosi sulle convinzioni che l'aveva portata ad affrontarlo in quel modo tanto cruento per lei, Amber sostenne il durissimo colpo che lui le assestò. La sua ombra avrebbe inarcato la schiena per raccogliere in petto la lancia appena scagliata. Con che coraggio Killian parlava del "dopo" , quando per ben due volte ne aveva ignorato l'esistenza. Lei quel dopo gliel'aveva mostrato pochi minuti prima e lui aveva scelto di trasferirlo in seguito all'occlumanzia, forse proprio perché nemmeno lui vi credeva così tanto. Era stata lei a passare mesi a fantasticare sul nulla, ed ogni volta a quel "nulla" si aggiungeva tempo. Un tempo che lei era stanca di attendere. Oh Morgana sapeva quanto avrebbe voluto dirgli che il suo "dopo" l'aveva ucciso lui, ma non ebbe la forza. Accusando quel colpo con l'avanzare di Killian, ammutolì. Gli occhi chiari invitarono, sadici, le Nubi tempestose di Londra a scagliare anche il resto delle saette che il loro Dio conservava nella faretra. Quel che era certo era che non era una martire, non voleva permettersi di umiliarsi al punto tale da diventarlo. Così quanto il suo cuore si infranse al suolo, calpestato dal suo stesso incedere, non le diede a vedere, mostrando solo per un attimo il dolore senza eguali che aveva attanagliato il suo sguardo. Avevano un dopo, e quel "dopo" era lì a terra con lacrime e cuori. Era troppo cieca da poter anche solo immaginare che lui potesse provare qualcosa di lontanamente simili. Aveva torto, Amber, lo sapeva, ma non poteva ammetterlo. Se tutto doveva sul serio essere gettato alle ortiche, allora avrebbe detto addio a Killian come solo lei sapeva. Nel bel mezzo dell'uragano che li avrebbe irrimediabilmente travolti, non distolse lo sguardo dal suo nuovo oppositore.

Non permise alla sua mente di inondarla con tutto quanto avevano trascorso assieme, era certa che il cuore ferito avrebbe saputo come fare il proprio mestiere. Lo sentiva già infliggere fitte al petto tanto dolorose che credette in un malore, ma anche così non cambiò posizione. Così come era certa di assistere al vero addio. Quella volta, l'estate scorsa, non era nemmeno paragonabile al momento che stava vivendo. In lei c'era il timore che per lui dirle addio fosse così semplice e la certezza che il niente avrebbe più potuto tenerli uniti e dalle sue labbra sfuggì solo un sospiro ferito, le spalle cedettero per un attimo, ma poi di nuovo l'immagine più fredda di sé prese piede. Era arrabbiata perché era ferita e l'idea di ferirlo a sua volta la dilaniava, ma non c'erano alternative, e doveva continuare a ripeterselo perché se solo si fosse detta che avrebbe potuto agire diversamente, che avrebbe potuto spiegare le sue ragioni in maniera più comprensibile, non avrebbe retto il colpo. Così, invece, con dieci parole avevano messo fine a tutto. Irrimediabilmente. E allora perché lei non era felice? Perché il senso di rivalsa di quel breve ma significativo sfogo non c'era? Anche a quelle domande avrebbe risposto il suo cuore ferito, se mai si fosse decisa a raccoglierlo da terra. Forse solo allora avrebbe visto che quell'organo tanto vitale ma privo di vita non era il solo ad implorare pietà. Aveva un fratello più grande, che paradossalmente gli era accanto ma non riusciva a raggiungerlo. Il tono con cui Killian proseguì le piacque ancora meno, perché indicò come a rimanere non erano altro che macerie, il tempo era collassato infine su di loro, che avevano osato imbrigliarlo e credere di poterlo comandare. Ingoiò il boccone più amaro di tutti. Finché erano rimasti lì, vicini e pronti a darsi battaglia, Amber aveva scioccamente percepito il desiderio di non finire mai, di aggrapparsi anche alla rabbia di quei "non detti" repressi troppo a lungo. Ma quando Killian - lo stesso Killian la cui iniziale era incisa sotto false sembianze all'interno del suo polso - fece un passo indietro, Amber capì che era finita. Mai come in quel momento la consapevolezza la raggiunse, e fu quello in assoluto il colpo più difficile da reggere. Che poi lui annunciasse di non volerla obbligare, era ormai irrilevante. Non c'era più niente da contrattare e forse - si disse - per lui non c'era mai stato. Avrebbe voluto avere l'ultima parola così come avrebbe voluto che fosse lui ad andarsene, perché sapeva che non appena Killian avesse lasciato quella casa, lei non avrebbe più avuto ragioni per non farsi travolgere da tutto quanto era appena accaduto e schiacciare dal peso di un vero addio. Affranta, accolse quel suo allontanarsi come fosse privata di uno dei pochi respiri vitali che si era concessa. Non era tanto distante dalla verità. Sapeva cosa rispondere, sapeva come ripagarlo in via definitiva di quanto aveva provato lei a Rosegarden Street, ma sapeva anche che non sarebbe stato giusto. Ma la ragione non c'era. Eppure sebbene volesse apparire autoritaria, qualcosa andò storto ed il tono s'incrinò terribilmente verso la fine, tanto che quel flebile "ora" avrebbe potuto udirlo solo lui. Sul punto di crollare ma ostinandosi a resistere, mantenne lo sguardo più saldo possibile, sebbene non volesse davvero dire quello che stava per dire.

«Credo che sia meglio che... tu... vada, o-ora »

Era rimasto così poco tempo a sua disposizione che avrebbe contato i secondi scanditi dalle lancette - ora rumorosissime - dell'orologio a muro, per impedirsi di crollare. Non c'era più niente da fare, non c'era più niente da dire. Non c'era più niente. Come una statua di cera, infinitamente triste e confusa, Amber sarebbe rimasta lì. Immobile. Se se ne fosse andato l'avrebbe guardato andare via. Immobile.


Amber | 18 anni | Prefetto Tassorosso | Outfit

 
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view post Posted on 21/8/2018, 00:46
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Killian Resween ♢ 24 anni ♢ Ispettore Auror
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Come diavolo erano finiti così, resi prigionieri e ciechi dalle rispettive convinzioni? Per quanto i primi scambi dell’incontro non fossero stati dei più pacifici, nessuna teoria del piano inclinato poteva spiegare a dovere il loro stato attuale. Non era stata una corsa veloce ma una vera e propria caduta libera in verticale. Terrificante quanto irrefrenabile. Nessun paracadute, nessun appiglio, nessun terreno soffice ad attenderli alla fine del baratro. Era assurdo anche solo pensare che nemmeno mezz’ora prima i due giovani si trovavano al piano inferiore, scherzando e ammiccandosi come i Killian ed Amber di una volta che, chiaramente, non li rispecchiavano più nonostante i loro tentativi apparentemente riusciti. Avevano condiviso sorrisi divertiti e sguardi d’intesa, ma ora nei giovani volti troppo vicini non era rimasta alcuna traccia della complicità rivelatasi tanto fragile da essere svanita non appena i loro orgogli si erano aizzati contro. In realtà le parole ringhiatesi contro non erano state poi molte alla fine dei conti, ma avrebbero messo fine ad un capitolo durato anni. Il paragrafo finale di un libro scritto con logorante incostanza. I due stavano semplicemente decidendo a chi spettasse l’onore e l’onere di voltare l’ultima pagina, senza chiedersi se fosse possibile avere altra pergamena da riempire del loro inchiostro. Sapendo questo, Killian sarebbe benissimo potuto andare via seduta stante senza cambiare in alcun modo le loro sorti. Ma rimase lì, immobile in una stolta eroicità mentre lasciava che quegli occhi verdi lo trafiggessero con rabbia per una o più colpe che al momento non riusciva a comprendere del tutto. Era come se l’uomo avesse incarnato per la ragazza l’origine di tutto il male subito, il fulcro di ogni problema. Prima la sua famiglia, poi Eveline stessa, ora lui: Amber aveva bisogno di qualcuno contro cui prendersela forse perchè il rancore era il sentimento che più la faceva sentire viva, anche se fino ad ora non lo aveva mai contemplato tra le possibilità. Ma il Resween non si sarebbe prestato più a quel gioco di cui credeva aver sempre mantenuto le redini, illudendosi sopra ogni misura. La briglia era sciolta, così come le loro inibizioni.
E in tutto quel disastroso scenario, lei trovò comunque il modo di dire ciò che poteva aggravare la situazione e lo fece impietosamente con lo sguardo saldamente ancorato a lui.


“Credo che sia meglio che... tu... vada, o-ora”

Se fosse stato l’attento osservatore che si riteneva, sicuramente non si sarebbe lasciato sfuggire le reticenze e l’incrinarsi della voce sottile e prossima allo spegnersi. Ma realizzare che quelle erano esattamente le stesse parole che lui le aveva rivolto al n. 9 di Rosegarden St l’estate prima rubò al mago un infinito respiro così come la forza o la volontà di frenarsi. Finiva sempre con il sentirsi un animale ferito, in trappola.


*È così allora? È una vendetta?*


La domanda inespressa turbinò nelle iridi tempestose del ventiquattrenne. Amber tra i molti modi che aveva per chiedergli di andarsene e per dirgli addio aveva scelto il più crudele, quello che dava adito al terribile pensiero insinuatosi nel ragazzo. Ormai era già certezza.
Senza districare lo sguardo o smettere di fronteggiarla ancora per qualche attimo, la mano tatuata dell’uomo scivolò sulla compagna. Trovò la copia che gli apparteneva degli Anelli che poco prima erano stati al centro dell’attenzione e semplicemente se lo sfilò. Non aveva importanza che lei seguisse quel gesto o meno, l’intenzione sarebbe stata evidente in ogni caso e con essa il messaggio. Stringendolo in mano, tornò a muovere qualche passo. Avanzò verso la strega come se volesse riconsegnarlo a lei, ma virò in ultimo evitando comunque di sfiorare la snella figura. Si diresse al ripiano presso cui aveva sostato lei, dove altri cerchietti metallici dagli stessi poteri giacevano immobili. Senza alcun ripensamento ma con la consapevolezza che se ne sarebbe pentito, posò l’anello sul legno insieme a quelli appartenuti ai suoi genitori. Stava profanando un ricordo, era irrispettoso da parte sua. Ad aver perso il lume della ragione erano in due, però.
Senza permettere che inutili attimi di vuoto prolungassero l’agonia, si incamminò verso la porta e di nuovo fu colpevole di scegliere una rotta che lo portò troppo vicino alla giovane. Stavolta le due braccia si toccarono ma il contatto fu così lieve che poteva quasi risultare casuale. Un po’ come quello con cui lei lo aveva lasciato al Ballo sulle Alpi.
Nella sua non-esitazione, Killian rallentò solo il tempo necessario per dare voce al proprio addio. Rimase di spalle, senza guardare indietro anche se il futuro che aveva davanti era un buco nero che inghiottiva ogni aspettativa.


“Sei solo una bambina, Amber”

Al loro primo incontro, lei gli aveva confidato come si sentisse frustrata nell’essere considerata tale dai suoi familiari. Di rimando, lui l’aveva affettuosamente presa in giro più volte per l’età, ma ora quel giudizio era radicalmente diverso. Era una constatazione amara, dolorosa, triste. Avrebbe voluto aggiungere un "cresci" perché tanto non aveva più nulla da perdere, ma non aveva senso visto che comunque non sarebbe stato lì ad accettarsi che il consiglio venisse seguito. Di fatto però la stava trattando da pari: lui non aveva assunto un comportamento molto più maturo.

Guadagnò l’uscita dalla stanza, scese le scale e infine attraversò il portone. Si muoveva in automatico, senza voler vedere o sentire più nulla. In poco fu circondato dalla ricca vegetazione, ma non aveva alcuna intenzione di continuare a camminare fino al superamento dei confini della proprietà per potersi smaterializzare. Come sempre, quanto le questioni della Terra erano troppo intrise di umana sofferenza, il Cielo reclamava Killian e la sua coscienza in fiamme. Avrebbe rimpicciolito la tracolla così da poterla trasportare tra i potenti artigli e poi con la fluidità che gli consentiva l’esperienza avrebbe spiccato il volo.
Destinazione: ovunque lontano da lì. Ovunque lontano dalle labbra che insieme amava - ora più che mai doveva negarlo - e che aveva scoperto di poter odiare.

Sotto forma di Falco, lo accolse il freddo tramonto di una giornata di Febbraio ormai prossimo a lasciare spazio a Marzo, il quale però non avrebbe riservato loro alcuna Primavera.



Youngblood
Say you want me
Say you want me
Out of your life
And I'm just a dead man walking tonight







SchedaOutfit


Socia, non ti ho mai voluto così tanto bene quanto ora :abbraccio:

 
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