| Se qualcuno le avesse svelato che un giorno avrebbe rischiato la pelle per catturare un Boccino, difficilmente Eloise ci avrebbe creduto. Amava il Quidditch in tutte le sue forme, rispettava il ruolo dei Cercatori e la divertiva osservarli dagli spalti degli stadi, ma allenamento dopo allenamento, si rendeva conto sempre più di quanto la sua indole fosse inadatta a un gioco di quel tipo. Eppure, si trovava nel bel mezzo di un inseguimento in piena regola, a mettere tutte le sue energie per uno scopo tanto banale quanto sfidante. Il primo impatto con il fogliame portò i suoi muscoli della schiena a irrigidirsi completamente, come se l’unico modo per scampare il pericolo fosse dimostrare di avere la pellaccia più dura; sapeva bene che così facendo avrebbe rischiato di ritrovarsi troppo rigida per non adattarsi ai repentini spostamenti della Gelbsturm, e aveva cercato subito di adattarsi a lei rilassandoli. L’importante era mantenere con rigore la presa delle mani e delle gambe, il resto poteva - anzi, doveva - assecondare ciò che il manico riteneva adeguato. La tentazione di sollevare la testa e volgere lo sguardo sul panorama boschivo in cui si era addentrata era forte, ma sapeva che avrebbe dovuto evitarlo fino a che non fosse tornata in sella. Nell’unico momento in cui aveva leggermente sollevato il capo per riprendere la consapevolezza su dove si trovava, si era presa un colpo di ramo in faccia, che le aveva lasciato un graffio di dimensioni notevoli. Aveva rimesso la testa a posto e si era compattata ulteriormente, in attesa che il fruscio di foglie e rami contro la schiena finisse. Di tutte le volte in cui aveva indossato parastinchi e gomitiere nella radura del Quartier Generale, questa era, forse, tra le più utili. Si appuntò mentalmente di farlo notare a Ned, che solo un quarto d’ora prima era quello che si lamentava di tutte le protezioni. Fu quasi felice del colpo al gomito, la dimostrazione concreta della scelta saggia che lei e Jared avevano fatto. Un istante prima di tornare in sella, aveva gettato uno sguardo al cielo oltre la coltre di chiome, alla ricerca del fratello, e le pareva di averlo visto spostarsi sopra di loro. Com’era prevedibile non si era addentrato come loro nella foresta: scelta saggia, considerato quanto poco flessibile fosse il volo del vecchio catorcio che cavalcava. Probabilmente per schivare un albero avrebbe dovuto virare un centinaio di metri prima. Dopo essersi data la spinta per poter tornare in sella, Eloise aveva dedicato la sua piena attenzione allo scenario che le stava davanti. Individuare Geralt non fu difficile - volava davanti a loro, ma con un vantaggio inferiore di quello che si aspettava; schivare gli alberi, invece, lo fu un po’ meno: la vegetazione era fitta e lei non era per niente abituata ad avere così tanti ostacoli lungo il cammino. Per il primo minuto buono la sua totale concentrazione fu focalizzata sui tronchi degli alberi. Era come in un videogioco, e i modi in cui muoveva il manico erano gli unici strumenti che aveva per evitare di rimanerci secca. Sebbene la Gelbsturm fosse meravigliosa in quei cambi repentini di traiettoria, dopo ogni albero ce n’era sempre un altro pronto all’impatto. Chi li aveva piantati? Non potevano posizionarli in modo più regolare, così da evitare quei passaggi così scomodi? (Ovviamente Eloise non lo pensava per davvero, amava quella boscaglia disordinata e non avrebbe voluto cambiarla). Andando avanti così, a spostare il legno da un lato all’altro con i movimenti del corpo e la pressione delle mani, avrebbe finito con il ritrovarsi con gli arti indolenziti entro brevissimo tempo. Eppure, lo spirito di sopravvivenza e la determinazione ad arrivare al suo scopo, facevano della stanchezza e dei dolori un addendo irrilevante. Teneva le ginocchie strette, i gomiti pressati al corpo, e cercava di muoversi in completa sinergia con il manico. Solo dopo che ebbe preso domestichezza con l’ambiente iniziò a rendersi conto di ciò che la circondava. Il fogliame che le tirava schiaffi e gli alberi che sembravano correrle addosso emanavano un profumo di natura intenso, tinto da aromi di faggio di qua, di querce di là. Il rumore che le riempiva le orecchie era più intenso di quello che l’accompagnava quando volava a cielo aperto, ma stava quasi iniziando a divertirsi. Il fatto che, oltretutto, la figura di Geralt si stesse avvicinando mano a mano, aumentava la piacevolezza del viaggio. Osservando con attenzione oltre la Nimbus, aveva anche avuto l’occasione di intravedere il Boccino selvaggio, che compariva e scompariva a intermittenza. Spronata dalla sua vicinanza, si appiattì leggermente di più sul manico, accorciando le distanze che la separavano dall’ospite. «Comodo proporlo adesso, eh?» Concentrata com’era sull’evitare di morire, aveva ancora qualche difficoltà a parlare e continuare a schivare gli alberi. Voltarsi sarebbe stato deleterio, e si era limitata a esprimersi senza smettere di procedere. La sua risposta effettiva fu palese. Aveva notato una sezione di foresta particolarmente libera da tronchi fitti e, con un colpo di reni, aveva approfittato della supremazia della Gelbsturm per cercare di mettersi in testa alla spedizione. Lo sguardo era fisso avanti, alla costante ricerca del Boccino, che continuava a sparire e riapparire. Quasi le era venuto spontaneo proporre una strategia per acciuffarlo insieme, ma poi si era ricordata che quel compito era da ultimare in solitaria: ecco un altro aspetto che giocava a sfavore del ruolo di Cercatore. Le piaceva troppo elaborare strategie di gruppo rispetto a conquistare una gloria così solitaria. Tuttavia, qualcosa aveva sollecitato la sua attenzione, e un’idea le stava balenando in mente. La sferetta dorata, infatti, si era trovata a dover superare un tronco riverso in orizzontale nella foresta, e per schivarlo si era mossa talmente in alto che aveva quasi rischiato di uscire dal bosco. «Proviamo a farlo uscire noi!» Lei ci provava a resistere all’istinto ad agire in gruppo, ma il gioco di squadra le piaceva troppo. «Attacchiamolo dal basso!» Non aveva atteso conferme, conscia che, anche se avesse messo in atto quella strategia da sola, forse a qualcosa sarebbe servito. Appiattitasi sulla scopa per prendere ulteriore velocità (sapeva che, se gli altri non l’avessero seguita avrebbe perso terreno; quindi, era meglio prevenire), aveva diretto il manico verso il terreno con un angolo lieve, cercando di perdere quota senza arrivare ai cespugli più bassi. Aveva tenuto d’occhio il Boccino, che continuava a svolazzare indisturbato più avanti. Una volta raggiunta la quota desiderata (entro breve i suoi piedi avrebbero sfiorato la vegetazione), avrebbe repentinamente invertito l’angolo di discesa per risalire, arrivando dal basso, verso il Boccino. Gli alberi continuavano a venirle incontro, ma con un po’ di attenzione sarebbe riuscita a schivarli - forse - anche a quella velocità; e, una volta riuscita ad avvicinarsi alla pallina, forse sarebbe riuscita a spingerla fuori dal bosco, là dove la supremazia della Gelbsturm era indiscussa.
And up there it just doesn’t count for naught whether you’re clever or wise △
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