Il sospetto che Sullivan lo avesse visto mentre raccoglieva il libro divenne certezza. Questo lo mise a disagio, non perché aveva fatto qualcosa di sbagliato, ma perché colto in un approccio intimo, personale. Per un volume qualunque Horus avrebbe dimostrato un'attenzione diversa da quella che avrebbe riservato a qualsiasi altra cosa, ma con una certa freddezza propria di qualcosa che non ci appartiene —del resto quel libro sembrava esser stato dimenticato. Invece era accaduto che l’argomento trattato e la maschera familiare del faraone lo avessero attirato con un intenso magnetismo a farla da padrone, spingendolo a trattare il tomo come qualcosa di particolarmente caro, un dono privato giunto da molto lontano. Horus cercò di non badarci, spostando lo sguardo dal viso del giovane alla costola del libro. Sorrise affabilmente e nonostante il disagio provato, fu grato al ragazzo per la cortesia dimostrata. In fondo, era proprio così: una volta terminato, l’avrebbe cercato in capo al mondo pur di ridargli indietro ciò che gli aveva prestato. C'era da dire che lui mai in vita sua aveva prestato un libro, un atto forse egoistico che lo spingeva, piuttosto, a comprare una nuova copia da regalare pur di non dare i suoi preziosi volumi ad altri, per quanto ben conosciuti.
« Allora ti ringrazio per il pensiero. » Aggiunse sinceramente. Annuì quindi all’intuizione di lui; del resto era un Prefetto, era normale che lo avesse già visto in giro, almeno come Caposcuola. Rimase comunque intenerito dalla sua domanda, segno che Sullivan doveva essere uno che solitamente si faceva gli affari suoi. Sembrava una qualità scontata eppure aveva scoperto, nei suoi anni a Scuola, quanto la gente amasse parlare dei cavoli degli altri. La sua storia con Emily veniva ancora chiacchierata di tanto in tanto e girava una strana diceria sul suo conto che raccontava come lui dormisse in un sarcofago. Quando lo aveva saputo aveva riso di gusto ma allo sguardo serio della bambinetta che aveva avuto il coraggio di chiederglielo, era rimasto allibito. Allora aveva chiarito che sì, ovviamente dormiva in un sarcofago e, anzi, faceva strambi riti con i fegati di rana. La pupa era rimasta così schifata che se l’era data a gambe in un secondo.
« Sí... qualche volta ci sono stato. » Rispose criptico, indeciso se rivelare o meno la propria origine da parte di padre. Non voleva dargli l’idea di volersi vantare di uno status che, effettivamente, gli dava là possibilità di sapere cose e avere accesso a luoghi che terzi non potevano raggiungere. Decise tuttavia di non mentirgli né di spegnere il sincero entusiasmo che si avvertiva nella sua voce e nei suoi occhi brillanti.
« Il corredo funerario di Tutankhamon è indubbiamente di una bellezza ipnotizzante, ma ammetto che è la tomba ad avermi tolto il fiato. » Il sorriso che si era affievolito trovò nuova forma nel ricordo della sua prima volta nella Valle dei Re.
« Bisogna riconoscere che ci sono tombe molto più belle, come quella di Ramses IV, ma anche se quella di Tutankhamon è stata fatta in fretta e furia —e probabilmente non era neanche quella ufficiale—, la bellezza di tutti quegli oggetti accatastati, tra cui i piccoli seggi che il faraone utilizzava da bambino, i letti zoomorfi raffiguranti gli Dei, i vasi di alabastro, le iscrizioni sulle pareti ed il telo di lino che riproduceva il cielo stellato posto sopra il sarcofago, dà l'idea di essere nella tomba di qualcuno a noi caro, di un parente, qualcosa di raccolto che ti ingloba nella sua dimensione. » O almeno, questo era quel che aveva pensato per il modo confusionario e frettoloso in cui tutto era sistemato; qualcosa di reale. Certo, quasi tutto il corredo ed il tesoro era sparso in giro per il mondo, fra mostre e musei, ma la Magia permetteva loro di riprodurre il simulacro alla perfezione, com'era prima che Carter ed i suoi scoprissero la tomba. A lui, in realtà era concesso di procedere oltre la camera funeraria, al di sotto del già presente annesso. Non era una stanza molto grande ed in realtà non conteneva alcun oggetto, ma diversi incantesimi d'occulto avevano permesso ai geo-radar Babbani di non rilevarla. Indeciso, alla fine Horus decise di condividere quel piccolo segreto col ragazzo, sicuro che non l'avrebbe divulgato. Non era sicuro che ci avrebbe creduto, ma poco importava.
« In realtà poi... » Si avvicinò di un passo, infilando la mano libera nella tasca della giacca di pelle e rinsaldando quella occupata sui manici della pesante busta del Ghirigoro. « Ci sarebbe un'ulteriore stanza. Non c'è scritto nel tuo libro. Si trova sotto l'attuale annesso, circa un metro, un metro e mezzo ancora più sotto nel wadi in cui è scavata l'intera tomba. Non contiene nulla, ma sulle pareti sono iscritte delle formule tratte da libri di incantesimi del Dio Thot. Hai presente la cosiddetta "Maledizione del Faraone" che sembra circondare la tomba di Tutankhamon a seguito di tutti i decessi ed incidenti dopo la scoperta? Ecco. » Si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso divertito. « Sono tutte fatture, incantesimi oggi sconosciuti che i magi-archeologi stanno ancora studiando. Pare che i sacerdoti dell'epoca, vista la morte prematura del faraone, temessero che la Sventura si sarebbe accanita su di lui e sulla sua tomba, impedendogli di raggiungere Osiride. Così fecero in modo che nessuno potesse disturbare la sua traversata sulla sacra barca, facendo costruire un'intera stanza adibita alla protezione de loro Signore. » Nel raccontarlo, Horus rivide suo padre e un'ombra oscurò le sue iridi chiare; nel castello delle sue memorie, Osiris era lì, bello e alto, con i capelli di un intenso rame raccolti in una piccola coda, intento ad indicargli tutti quei geroglifici a lui sconosciuti. Sorrideva e parlava con un tono basso, quasi reverenziale, mentre lui, in braccio a nonna Bastet, guardava estasiato quei dipinti ed incisioni rimasti intonsi per migliaia d'anni. La pittura usata, derivata da piante di origine sicuramente magica, emanava una lieve luminescenza che contribuiva a dare un'aura di solennità a quel luogo già di per sé suggestivo. Quella tenebra che aveva appannato la sua vista, tuttavia, durò poco, prontamente mascherata da un battito di ciglia.