La battuta dell’orientale lo fece letteralmente scoppiare in una risata bonaria e colma di divertimento: per lo meno aveva un senso dello humor davvero notevole. La risata si spense quasi subito, non volendo attirare su di sé troppo attenzione, per poi guardarsi rapidamente attorno con aria curiosa, sperando di beccare la
formica fannullona di cui l’uomo al suo fianco aveva fatto menzione. Era ovvio che era fosse un semplice modo di dire e che non vi fossero dei noti scansafatiche nelle vicinanze, ma volle almeno reggere il gioco a quello strano ma interessante individuo.
«
Oh.» mormorò con un piccolo ghignetto. «
Mi creda, Sir, per quanto si possa essere abili nell’osservare, questi scansafatiche hanno la straordinaria dote di non farsi beccare.» Con un movimento delle dita, l’Irlandese si lisciò i baffi che si era lasciato crescere nell’ultimo periodo, così come per il resto della
peluria che gli adornava il volto. I capelli, almeno per ora, era gli unici a non essere cresciuti tanto quanto la barba e che si premurava di tenere ben curati dati i suoi trascorsi con il ciuffo ribelle.
Non disse nulla sull’essere stato chiamato
Mr. Aka, infondo non poteva biasimare il suo interlocutore se ancora non si erano presentati, cosa della quale l’orientale sembrò accorgersene e agire ancora prima che lo facesse Aiden stesso.
Interdetto, per alcuni secondi, per quell’inchino alla sua persona, l’Auror abbozzò un sorriso e ricambiò a sua volta, ritenendo fosse opportuno ricambiare il gesto di cortesia appartenente ad un’altra cultura. Afferrò la mano dell’uomo, presentatosi come Issho FujiTora, senza peccare di forza e mantenendo sempre vivo il proprio sorriso cortese.
La sua mente però fu rapida come una saetta: il signor FijiTora lavorava all’Ufficio della Cooperazione Magica Internazionale, lo stesso Ufficio in cui operava Remar. Già, come dimenticarsi di Remar? I ricordi affiorarono all’improvviso, rimbalzando qua e là nella mente sempre affollata dell’Auror come la più intensa delle partite di Ping Pong dell’ultimo secolo, ricordandosi dove avesse intravisto l’orientale.
Hogsmeade sembrò prendere il posto dell’ambiente del Ministero, con i suoi colori e la propria vita, gli odori tipici delle varie zone e le solite facce locali. A rovinare il quadro e a spezzare il clima consueto del villaggio era il banchetto allestito per raccogliere le firme contro il Ministero, contro Camille e Rhaegar. Anche se erano passati un discreto numero di giorni da quell’evento, Aiden ne fu nuovamente disgustato e si trattenne nel palesare il proprio stato d’animo o anche solo il pensiero della nausea che presto lo avrebbe accompagnato per il resto della giornata, minacciando di rifare le scarpe al povero Issho.
Rendendo impossibile penetrare oltre il suo già presente sorriso, Aiden dovette ammettere che Issho - al contrario di Vath - non aveva lasciato alcuna firma ma che aveva espresso un parere totalmente
neutro e di parte. Una cosa che si trovò ad apprezzare, oltre ai consigli puramente personali che aveva rilasciato alla donna che aveva tenuto la raccolta firme. Forse, a pelle, Issho pareva essere più dalla parte della diplomazia, ma era troppo presto per dirlo, non lo conosceva affatto e non ritenne fosse il caso di giudicarlo in maniera affrettata e poco obiettiva.
«
O’Brien… Charles.» disse in tono asciutto e tranquillo. Quella finta identità gli era scivolata nuovamente dalle labbra, fluide come l’acqua cristallina di un ruscello, come se fosse
veramente il suo nome. Tutto ciò però conteneva un fondo di verità: Aiden combinò il nome di suo padre con il cognome da nubile di sua madre. «
Sono della Squadra degli Obliviatori, su al Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici.» L’ennesima bugia venne sputata fuori con una tale maestria e spontaneità da farsi schifo da solo.
Paraculo infame! si disse mentalmente. Tuttavia la consapevolezza che quell’uomo avesse a che fare con Remar ogni sacrosanto giorno lavorativo lo mise sulla difensiva, prendendosi una buona dose di vantaggio, almeno finché poteva.
«
Terzo Livello.» Infilò le mani nelle tasche e si assicurò che il Distintivo rimanesse bello che nascosto, mentre il proprio volto tornò ad essere tranquillo e privo di qualsiasi traccia di sorrisi; tuttavia rivolse a Issho uno sguardo curioso. «
Immagino lei sia Giapponese… Anche se non me ne intendo molto delle zone dell’Asia. Come si trova qui a Londra, signor FujiTora?»