La vie est étrange, Concorso a tema: Maggio 2018

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-Blake.
view post Posted on 8/5/2018, 08:54






I - Je suis Thomas Blake


La Francia non era poi così male; Saint-Girons quella città a ridosso sui Pirenei gli ricordava molto il posto in cui era nato: tanto verde, tanta campagna, persone genuine e come non ricordare il rotolarsi giù dalle colline! L’unica cosa che non aveva era il mare, che compensava però con il paesaggio montano! Paesaggio che d’inverno si tingeva di un bianco candore quando la neve soleva ricoprire ogni cosa con il suo freddo manto. Il clima era decisamente migliore, sebbene facesse più freddo rispetto la sua città natale, l’umidità era di gran lunga minore il che faceva sembrare le giornate calde meno calde di quel che fossero in realtà, e così le giornate fredde. Quando si trasferì insieme ai suoi genitori Thomas aveva quattro anni; qualcuno potrebbe affermare che a quell'età non ci si rende conto di ciò che ci accade attorno, ma per Tibi fu tutto molto chiaro: il viaggio in aereo fugò ogni dubbio, dopotutto. Come la prese? Molto bene in realtà, molto meglio di quanto pensassero Eireen ed Anthony, i suoi genitori. Le uniche cose che il giovane avrebbe dovuto fare erano apprendere la lingua e farsi nuovi amici. La seconda non fu un problema per lui, un ragazzo così solare, attivo ed estroverso non si sarebbe certo fatto fermare dalla barriera linguistica: sebbene non capissero cosa dicesse, i bambini del luogo lo adoravano! Per loro era uno straniero, venuto da chissà dove, con quell’alone di mistero, ma che faceva sorridere tutti con i suoi modi così divertenti! Per imparare la lingua ci mise un poco, ma sfido chiunque ad apprendere un secondo linguaggio senza incorrere in difficoltà, ma le maestre di scuola furono molto disponibili e seguendo anche dei corsi pomeridiani il ragazzo se la cavò con un paio d’anni di studio; anzi a quel punto forse parlava meglio lui il francese che qualche francese stesso! Fece più fatica ad abituarsi alla cucina, ovviamente non quando sua madre cucinava per lui, ma quando si ritrovava a dover usufruire della mensa scolastica: Ah! Quanto avrebbe preferito del pasticcio di carne o una fumante torta salata al posto di quelle zuppe o quei paté, del pudding alle clafoutis! Per fortuna alcune cose erano state mantenute, come l’arrosto della domenica, l’abbondante colazione con salsicce e uova e l’immancabile thè delle cinque!
La vita in Francia scorreva tranquilla, nel tempo libero Thomas amava uscire con i suoi genitori in quelle lunghe passeggiate in montagna a cercare quei funghi buoni da mangiare e qualche lumaca per le famose escargot, che sebbene la schizzinosità iniziale Thomas aveva imparato ad apprezzare. Un aneddoto di quelle spensierate giornate fu sicuramente quel giorno al ruscello: erano tutti e tre, Thomas, Eireen ed Anthony, stavano esplorando la foresta locale che poi continuava sulle montagne, d’un tratto Anthony, suo padre, notò l’inconfondibile rumore dello scorrere dell’acqua e, insieme, andarono a vedere; in effetti lì vicino un piccolo ruscello aveva scavato nella roccia e, sebbene fosse di dimensioni molto modeste, il suo corso partiva da molto, molto in alto nelle montagne. Al che, Anthony, ebbe l’idea di assaggiare quell’acqua così pura: prese un bicchiere di vetro dallo zaino, pessima mossa, e lo mise in acqua per prenderne un poco; qualche momento dopo il forse già fragile bicchiere gli si ruppe in mano in una piccola esplosione. La faccia che fece fu impagabile! L’acqua del ruscello era talmente fredda che l’escursione termica aveva provocato quella reazione. Thomas ed Eireen alla faccia di Anthony scoppiarono in una sonora risata spaventando in parte la fauna locale. Erano sicuramente altri tempi per Thomas, tempi in cui ancora riusciva a ridere di gusto e a scherzare come ogni bambino, in realtà, dovrebbe fare; ma gli anni passano.



II - Au petit bonheur la chance


<< S'il vous plaît! Ouvrez vos livres page 394. >> La maestra invitò I bambini ad aprire il libro alle ultime pagine dove erano mostrate tutte le soluzioni ai vari problemi di matematica; era un bel tomo, ma sarebbe dovuto durare parecchi anni quindi la sua voluminosità non era così spaventosa. A Thomas piaceva la matematica, insomma, meglio delle lezioni di lingua di francese sicuro! “Stranamente” era più bravo in inglese che in francese, ma per essere una seconda lingua se la cavava molto bene, persino le maestre lo lodavano spesso per la rapidità con cui stava imparando. Quale miglior modo di dimostrare la sua bravura in matematica se non un interrogazione? Ebbene sì, dopo qualche esercizio di preparazione, era giunto il momento di dimostrare al mondo che non era solo un ragazzo divertente e solare, ma anche uno studente diligente! Più o meno. L’interrogazione verse sugli argomenti che stavano affrontando quei giorni: tabellina del due, del tre e del quattro, un paio di moltiplicazioni in colonna e un paio di addizioni giusto per ripassare argomenti passati. Fu un poco incerto sulla tabellina del quattro, ma nulla a cui non si poteva porre rimedio, il risultato finale fu eccellente, la maestra lo rimandò al suo posto sorridente e soddisfatta.
Insomma, la vita sembrava scorrere lieta come sempre. Thomas non si sarebbe mai aspettato l’esito disastroso di quella funesta giornata. Uscì da scuola alla stessa ora di sempre, quel giorno non aveva lezioni pomeridiane quindi i suoi genitori sarebbero dovuti andare a prenderlo. *Non vedo l’ora di sapere cos’ha preparato da mangiare mamma!* Pensò. Yummy, aveva già l’acquolina in bocca! Quel piccolo panino durante l’intervallo era ormai scomparso sia dal suo stomaco che dalla sua memoria. Passarono una ventina di minuti. *Ma quando arrivano?.. Non è mai successo… * Era l’ultimo bambino rimasto, la maestra di francese gli si affiancò
<< Calme Thomàs, arriveranno.. >> Fece in francese, gli avvolse quindi le spalle con il braccio destro per rassicurarlo. Però era molto strano, fino a quel momento non avevano mai ritardato, anzi! Erano sempre arrivati in anticipo! Passarono altri trenta minuti, ma di papà e mamma nessuna traccia. << Aspetta qui, torno subito. >> La maestra rientrò quindi nella scuola. Ora Thomas non pensava più a nulla, solo: *Dove siete?* Si mise ad attendere sedendosi sulle scale, rannicchiandosi un poco tenendo strette le ginocchia con le sue braccia. Sospirò. Ancora passarono svariati minuti, ma non lo venne a prendere nessuno; anzi, qualcuno si. La polizia. Sospirò ancora, un lungo inspirare seguito da un altrettanto lungo espirare. La maestra spiegò la situazione, lei non poteva trattenersi oltre; salutò Thomas abbracciandolo e se ne andò, fu l’ultima volta che la vide. La pattuglia aspettò con lui un’oretta, poi lo portarono in commissariato spiegandogli che là avrebbe potuto mangiare qualcosa, dato che era ancora a digiuno. Thomas non oppose alcuna resistenza, entrò in macchina senza fare storie. Al commissariato fu accolto con tutti gli onori, il commissario capo, un uomo sulla quarantina con capelli neri, occhi verdi ed un accenno di barba, lo accolse nel suo ufficio portandogli del thè già zuccherato e delle belle fette di torta salata che aveva preparato sua moglie il giorno prima. Thomas mangiò, anche se a quel punto aveva perso l’appetito. Passarono altre ore, tutto iniziò ad appannarsi, i dettagli sfumavano. << Thomas.. mi dispiace, non li abbiamo ancora trovati. >> Fece il commissario in francese. << Ma lo faremo, col tempo.. ma tu del resto non puoi rimanere qui, ti porto a casa con me, mia moglie è un ottima cuoca! >> Non sembrava bravissimo con i bambini, forse anche perché nella sua vita non aveva avuto molto a che fare con persone così giovani. Thomas, rimasto seduto sul divano nell’ufficio di quell’uomo per tutto quel tempo, non fece resistenza. Inspirò profondamente ed espirò con altrettanta passione. << Ok. >> Spento, seguì barcollando l’uomo, tenendo bassi quei suoi occhi nocciola.



III - Rien ne va plus


Per lui un sonno senza sogni quella notte, il primo di molti. Al suo risveglio in cuor suo sperava fosse stato tutto un incubo, che si sarebbe svegliato di nuovo a casa sua con suo padre e sua madre ad attenderlo in cucina, ma non era così: solo il silenzio e l’oscurità di quella camera degli ospiti. Ad attenderlo ai fornelli invece c’era solo la moglie del commissario capo. Thomas non disse nulla, si mise solo a tavola per la colazione esordendo con un timido << Merci.. >> La donna lo notò in quell’istante, i suoi occhi si fecero tristi, e a Thomas non sfuggì. << Ohh.. non ti preoccupare, puoi mangiare e stare qui quanto vuoi. >> Fece comprensiva ed un poco addolorata per la sorte di quel bambino, ovviamente in francese. << Mio marito è già al lavoro, ma casa nostra è a tua disposizione, e non ti preoccupare per la scuola.. capiranno.. >> Sebbene fossero stati in qualche modo suoi salvatori, è incredibile come Thomas non ricordò poi nemmeno un dettaglio di quei giorni. Non ricordava i padroni di casa, com’erano fatti, i loro occhi, capelli, altezza, modo di fare, né la loro modesta abitazione se non la camera degli ospiti. Passò praticamente tre giorni chiuso li dentro, attaccato alla finestra, sperando di rivedere le facce sorridenti di suo padre e sua madre nel vialetto pronti per riabbracciarlo. Mangiò senza entusiasmo quelle fette di pane con burro e marmellata accompagnandole nello stomaco con del latte di capra chilometro zero. Tornò quindi nella stanza degli ospiti e non uscì fino all’ora di pranzo. Non fece altro per tre giorni, ma i pensieri che aveva in testa: terribili. Quando era li, su quella finestra strombata a guardare il quartiere e la città, non poteva non pensare a cosa fosse successo. Erano morti? Cacciò via a forza questa idea dalla sua mente. Lo avevano abbandonato? Aveva fatto qualcosa di sbagliato? Forse da bambini era una cosa normale darsi la colpa delle sventure che accadono; eppure erano così felici, che abbiano mentito per tutto quel tempo? A questo punto la loro morte non gli sembrava così male, ma si ricredette prima di subito, vergognandosi. Che fossero scomparsi? Ma com’era possibile? Le persone non scompaiono come per magia, doveva sicuramente essere successo qualcosa.. ma cosa? E le giornate passarono così: fra funesti pensieri, silenzi infiniti e sospiri dolorosi ma necessari. Ma ancora il suo spirito era saldo, la sua speranza immutata, non gli venne mai da piangere sebbene la giovanissima età.
L’unico evento che ancora si ricorda accadde il secondo giorno, quando i padroni di casa litigarono sonoramente riempendo di parole la loro casa; non ricorda l’argomento, forse il fatto che se ne sarebbe dovuto tornare in Inghilterra, ma era così immerso nei suoi pensieri ed intento a guardare fuori dalla finestra, che tutto ciò che sentiva erano suoni ovattati e lontani. La sera di quel giorno glielo dissero.
<< Thomas.. >> Esordì il commissario. << Abbiamo saputo che hai dei nonni in Inghilterra, a Londra. >> Si fermava spesso, come se non volesse dirlo. << Li abbiamo contattati e hanno detto che verranno a prenderti domani, quindi.. >> La moglie sembrava molto contrariata. << Domani pomeriggio ti porterò all’aeroporto di Tarbes. >> Il ragazzo lo guardò, aspettò qualche istante, ma annuì. << Ok. >> Disse semplicemente, come se non gli importasse. << Ma non preoccuparti, continueremo a cercarli.. li troveremo. >> Ma Thomas lo stava fissando negli occhi e quel giorno apprese che le persone a volte mentono.



IV - Welcome home


Istintivamente corse ad abbracciarli, non ci pensò nemmeno un poco, ma in fondo quelle due anziane persone erano le prime facce note che vedeva dopo giorni. << Oh dear.. don’t worry, we are here now. >> Fece la nonna mentre Thomas la stringeva forte. Suo nonno gli fece alcune carezze, ma andò quasi immediatamente a parlare con il commissario; quest’ultimo sapeva un poco di inglese, non moltissimo, ma riuscirono a capirsi. Non rimasero altro tempo in quel di Tarbes se non quello necessario per il check-in, sarebbe partito un aero per Parigi di lì a momenti; poi ne avrebbero preso un altro per Londra. Durante il viaggio non si dissero molto, il silenzio era l’unica cosa avrebbe fatto star meglio tutti in quel momento. Per Thomas non era la prima volta, aveva già volato in aereo in passato; fortunatamente aveva un posto vicino al finestrino e per tutto il tempo non fece altro che guardare fuori, le nuvole, le microscopiche case, sembrava tutto così piccolo da lassù che gli venne da pensare che forse tutto quello che gli stava accadendo non sarebbe importato, che in realtà nulla importasse più. Sospirò quando gli chiesero del pasto durante il volo Parigi-Londra, dopotutto era ora di cena. C’erano vari menù, Thomas scelse delle fette di tacchino arrosto accompagnate da delle verdure cotte e, ovviamente, una pagnotta di pane; il dessert consisteva in una piccola confezione in alluminio di marmellata, non molto buona pensò Thomas sembrava quasi gelatina! In Francia si era quasi abituato al mangiare tutte quelle confetture fatte in casa e dai tipi più differenti, ormai ne sapeva riconoscere una di ottima qualità da una abbastanza economica. Di per sé il viaggio fu tranquillo, niente scossoni, niente avarie, solo un atterraggio più lungo del previsto, a Londra pioveva e prima di far atterrare l’aereo vollero probabilmente accertarsi che la pista fra acqua e impurità fosse del tutto libera da ostacoli.
Il viaggio in macchina sino a casa fu altrettanto silenzioso, doloroso, nessuno avrebbe potuto immaginare che le cose sarebbero andate a quel modo, nessuno osava dire qualcosa. I nonni di Thomas stavano capacitandosi del fatto che la loro unica figlia era scomparsa, forse morta, che suo marito aveva fatto probabilmente la sua stessa fine e che ora avevano un nipote a cui badare ventiquattr’ore su ventiquattro. Non era facile. Tibi del resto non sapeva più a cosa pensare, si limitava ad osservare le gocce di pioggia che lente scorrevano sul finestrino dell’auto.
Arrivati a casa le cose non furono più semplici, anche se per Thomas fu quasi un sollievo dopo tutti quegli eventi rivedere la casa dei genitori di sua madre. Diedero a Thomas un po’ di tempo per ambientarsi, ma poi suo nonno lo scortò nella camera degli ospiti, a Tibi sembrava pulita, fin troppo forse, quasi asettica.
<< Eccoci, era la stanza.. >> Stava per dire “di tua mamma”, ma forse non era ancora il momento di parlare di queste cose. << Beh, in ogni caso ora è la tua. >> Gli sorrise per rassicurarlo un poco. << Tranquillo, diventerà sempre più la tua stanza ogni giorno che passa.. ora riposa, domani è un altro giorno! >>
Quando il nonno chiuse la porta alle sue spalle Thomas si tolse le scarpe e si coricò immediatamente, senza prendersi la briga di indossare prima un pigiama o coprirsi con le coperte; sembrava essere tutto ok, cercava di ripetersi le parole di suo nonno in testa *Domani è un altro giorno..*, ma quando realizzò di essere rimasto solo, quando l’oscurità di quella stanza penetrò fin dentro le sue ossa, non riuscì più ad esser così coraggioso, ed i sospiri gli si mozzarono in gola. Iniziò a piangere ricordando quei momenti spensierati passati a giocare con suo padre e sua madre, i loro volti, i loro sorrisi, i loro sguardi, la loro voce. Pianse, pianse e pianse fino a che Morfeo non lo colse, stanco del viaggio, stanco del pianto, stanco di tutto. L’indomani si sarebbe svegliato con dei capelli azzurri.




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I know, I have to go


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Ho postato qui in quanto gli ultimi fatti si svolgono a Londra, se non va bene siete liberi di spostare la discussione in una sezione più adatta!
 
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