Animo rivoluzionario? Non sapeva bene se considerarsi
davvero una rivoluzionaria…la sua vita le aveva insegnato ad essere ponderata nei giudizi fatti nei confronti delle altre persone e a criticare prima se stessa e poi gli altri. La sensazione di aver appena detto qualcosa di ipocrita si insinuò nella sua mente. Aveva criticato la formazione del Ministero, ma il vero ministero erano i cittadini, tutti quanti, tutti coloro che avevano permesso che così venisse costituito. La società odierna era cambiata e se prima, in passato, la rivoluzione era qualcosa che vedeva un riscontro da parte del popolo unito ad una partecipazione attiva, al momento si trattava solo di poche piccole fiamme in un oceano. Che i veri rivoluzionari fossero tutti morti? Tutti legati ad un passato che non si sarebbe più voluto ripresentare?
Quando Issho le disse che poteva vantare una buona educazione e formazione alle spalle, non poté nascondere un sincero sorriso di apprezzamento. Negli anni l’immagine che aveva dato di sé era quella della festaiola, di quella che se ne frega del giudizio degli altri e che non perde tempo a pensare, ad acculturarsi. Invece, essere apprezzata anche per la propria testa, era qualcosa che le dava una grande soddisfazione, per quanto spesso preferisse non imbastire discorsi troppo profondi con le persone onde evitare ipotetici scontri e rancori. Mentalmente ringraziò la sua famiglia che fin da piccola l’aveva spinta a leggere, a pensare sulle cose e ad ascoltare la propria natura curiosa, continuando a cercare risposte alle domande che la sua mente le suggeriva. Un grazie particolare poi volò a sua sorella June, la quale l’aveva sempre spronata a interiorizzare tutte le nozioni che imparava, usandole come basi per costruirci un pensiero proprio. Il tempo passato con il ministeriale si faceva sempre più stimolante e tutta l’energia mentale che prima veniva dirottata su ansia e agitazione, ora era incanalata in quella conversazione. La distrazione creata da quel momento le fece addirittura tornare l’appetito, pronto a essere soddisfatto dalle portate appena giunte al tavolo.
Oh…itadikimsss…mmmh. Beh, buon appetito anche a lei!Ci aveva provato a ricambiare l’augurio dell’orientale, se lo ricordava dal suo viaggio in Giappone quindi era certa del significato, ma la sua cultura inerente alla lingua asiatica si limitava alle portate di cibo più famose.
La fame le era davvero finalmente tornata perché in quel momento nulla le sembrava più attraente e invitante del piatto che aveva di fronte. Vedendo come Issho si fosse fiondato sul cibo, non si fece problemi a cominciare anche lei afferrando con le bacchette un pezzo di
unagi nigiri e portandoselo alla bocca. Era l’apoteosi. Il connubio tra il riso e il pesce che aveva quel gusto agrodolce e leggermente affumicato, la mandava in estasi. Poi prese un boccone di
sashimi, il salmone era meno saporito della prima pietanza però più rinfrescante, tenero e avvolgente.
*Potrei scriverci un’ode al sushi…ma perché non posso vivere solo di questo?*
Non si preoccupi! Esclamò dopo aver inghiottito il boccone, in riferimento alle scuse che il ministeriale le aveva posto.
Capisco perfettamente, a me sembrava di non mangiare da una settimana. Concluse sorridendo - un buon piatto di sushi avrebbe potuto mettere d’accordo chiunque, portava gioia, portava benessere. Ma quanto buono è il sushi?!
*Forse alla Murphy devo parlare di questo amore per il sushi…mi sembra di stare riversando le mie emozioni in questo riso con il pesce.*
Le sue elucubrazioni riguardanti l’amore per quel cibo orientale furono bloccate dal discorso che Issho portò a galla: egli le spiegò come l’andare contro fosse di per sé un atto di trasformazione e di come, per cambiare qualcosa, fosse necessario prima conoscerlo, capirlo, impararne il funzionamento. Poi le considerazioni si spostarono su quanto la non conoscenza delle istituzioni e di come fossero composte, rendesse tutti vittime dirette di quel sistema, lo stesso sistema a cui ci si era affidati per ignoranza o semplice pigrizia. Drinky osservava attentamente l’uomo mentre le poneva domande sulla società, e su cosa secondo lei, si muovesse il tutto, su quale fosse il male fondamentale in quel preciso periodo storico.
L’inerzia. Vede, potrei sbagliarmi e non pretendo di avere alcuna risposta, ma a me sembra che tutti noi stiamo andando avanti ad inerzia con qualche sporadica accelerata dettata dalla paura. Gli ideali si sono ridotti, si sono semplificati, hanno permesso all’individualità di pervadere tutto quanto, compresi gli aspetti della nostra vita quotidiana. Spesso ci dimentichiamo che facciamo parte di una società, che siamo animali sociali e che è nel nostro interesse avere degli ideali e muoverci per essi. Invece a me pare che ci sia una decadenza di ideali. Siamo tutti concentrati nel nostro piccolo mondo, come se fossimo tutti delle isolette e ci ponessimo domande solo nel momento in cui arriva uno tsunami che ci distrugge, finché le cose lentamente non tornano allo status originario. Ed è un loop che non finisce. Non ci rendiamo conto che, troppe volte, il male più grande della società siamo noi, coloro che la costituiscono.Da una parte poteva essere considerata una fortuna il non aver più nulla contro cui combattere, che non ci fossero più guerre in Inghilterra, che si fosse sviluppata più tolleranza (o menefreghismo?)…ma veramente ci si poteva solo adattare?
Sa, io mi ritengo fortunata personalmente. Ho la benedizione di avere i genitori ancora in vita e ho ancor più fortuna nell’aver imparato ad apprezzarli, specie dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme. Ho una casa, ho degli amici, ho esattamente ciò che una persona potrebbe desiderare…*Ok non proprio tutto, tutto, tutto…ma questo è un altro discorso.*
Però sento di voler essere parte di questo meccanismo più grande, ed è il motivo per cui ho fatto richiesta di lavoro per il Ministero. La consapevolezza di essere fortunata rispetto a tantissime altre persone mi ha fatto venire voglia di rendermi utile, per come posso, e voglio capire come funzionano le cose…ma per capirlo devo entrarci dentro.Pensò che forse il suo discorso potesse sembrare sconclusionato e che avesse saltato dei passaggi nell’esporlo, passaggi che la sua mente aveva fatto troppo velocemente. Rimaneva comunque aperta ad ogni critica, specie se avesse potuto arricchirla e farne tesoro. Guardò la zuppa di pesce: doveva essere davvero buona per come Issho ci si fosse fiondato e vederlo mangiare con così tanto gusto era un piacere. Aggrappandosi all’ultima frase pronunciata dal ministeriale, l’unica cosa che le venne in mente di dire, prima di dedicarsi nuovamente al sushi, fu:
Infatti non credo che la rivoluzione vada fatta verso il Ministero stesso…la rivoluzione, a parer mio, andrebbe fatta nella testa delle persone. Anche solo piantando il seme della consapevolezza; lo considererei già un grande passo avanti.E si infilò in bocca un pezzo di sushi.
*Libidine*
Mentre masticava, sorrise al ministeriale in attesa che commentasse le sue affermazioni, curiosa di sentire le considerazioni che avrebbe fatto a riguardo.