Fila~mento, Concorso a Tema: Maggio 2018

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view post Posted on 21/5/2018, 23:36
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entropia.

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Inspirò.

Le suole degli stivaletti batterono sulle assi del retrobottega, mentre fuoriusciva dal camino in un tripudio di polveri e fredde fiamme color petrolio. Incrociò lo sguardo del datore di lavoro oltre gli occhialetti tondi: la osservava con la perplessità di chi tituba con crescente riluttanza, a mano a mano che l'inevitabile si avvicina. Lo vide afferrare un'asticella e allontanare la montatura dal volto, munendosi di uno straccio per pulire le lenti.
«Ne sei proprio sicura, ragazzina?»
In tutta risposta, Nieve estrasse dalla tasca della giacca la fialetta acquistata da Magie Sinister ed ebbe a mostrargliela. Nel farlo, s'intrattenne a studiarne le linee affusolate: la vuota promessa, celata oltre il profilo panciuto del ciondolo, era la ragione che l'aveva spinta a pagare fior di galeoni per averlo. Si rese d'improvviso conto, adesso che era vicina a mettere in atto ciò per cui aveva lavorato nelle ultime settimane, di temere le conseguenze del proprio gesto. Le variabili erano tali e talmente numerose da rendere spaventosa l'incognita alla cui conquista aveva votato i suoi sforzi. Cosa ne sarebbe stato di lei e di ciò che le pareva sicuro e immutabile, quando avesse finito?
Tornò a concentrarsi sull'uomo e abbassò il braccio, prima di annuire. «Preparo tutto di là. Mi raggiunga non appena avrà finito.»

Si congedò senza troppe cerimonie, lasciando che l'eco dei suoi passi scandisse il ritmo al quale procedevano le sue intenzioni. Quando si immise nella zona del negozio riservata al rapporto coi clienti, sottraendosi allo studio intento del datore di lavoro, una sensazione di sollievo la pervase e la tensione che le aveva avvinto le spalle smise di tormentarla. Depositò con cura il ciondolo Prezioso Ricordo sulla superficie del bancone, poi estrasse la bacchetta.
Si mosse con una solennità che non le apparteneva nel quotidiano. Il braccio destro si alzò per mirare, dapprima, alla porta e, infine, alle vetrine. La serratura scattò all'enunciazione del Colloportus, escludendo il mondo esterno dall'ambiente familiare di Safarà, e le veneziane scesero a precipizio al di qua del vetro. L'unica effettiva fonte di illuminazione proveniva dalla piccola apertura quadrata alla sinistra del bancone. Nel volgersi in quella direzione, la consistenza lanuginosa delle nuvole spesse, cariche di pioggia, attirò l'attenzione di Nieve e la memoria fece il resto. Le tornò alla mente il becco adunco del barbagianni che era venuto a farle visita mesi prima e che lei aveva usato per la sua personalissima battaglia fin quasi a dimenticarsi dell'impegno preso. Quel giorno non avrebbe immaginato che la disperazione — in una formulazione tutta nuova rispetto a quelle sperimentate in passato e, tuttavia, non meno invincibile — l'avrebbe condotta a prendere una decisione simile. Distolse lo sguardo per riportarlo sul ciondolo e gli affiancò la bacchetta. Da ultimo, legò i capelli in una crocchia alta, svestì la giacca di pelle e sedette sullo sgabello, carezzando la nuca scoperta con noncuranza.
Attraverso le veneziane, tenui fasci di luce s'infiltravano nel negozio, creando un reticolo regolare sul pavimento. Nieve era il chirurgo e Safarà l'intimità della sala operatoria. Placida, ripercorse le fasi di un processo durato oltre un anno. La prima (e più lunga) era stata quella della negazione: il sentimento che provava per il professor Channing le era parso sbagliato sin dagli albori, quando le gabbie dei reciproci ruoli non li avevano ancora stretti nella scomodità delle posizioni attuali. Poi, era venuta la rassegnazione sulla scia di un bisogno che aveva considerato innocente, fino a convincersi che non esistessero capi d'imputazione a suo carico, né sanzioni da pagare. Col tempo, aveva fatto capolino la stanchezza: nutrito in assenza (o quasi) di limitazioni, il sentimento aveva attecchito, era germogliato e si era fatto robusto; solo allora Nieve aveva compreso la portata dell'errore commesso e aveva tentato di porvi rimedio, invano.
La soluzione era sopraggiunta nei toni della linearità non molto tempo dopo e Nieve non aveva dovuto fare altro che mettere insieme i pezzi: la conversazione con Horus circa le proprietà del Pensatoio, ripescata dai recessi della mente un giorno come un altro, aveva mitigato l'estremismo della sua richiesta ad Astaroth — "Obliviami, Roth!" — per condurla là dove aveva sempre desiderato giungere. Dov'era ora.

«Eccomi! Hai chiuso la porta?» Nieve annuì senza sentire il bisogno di incrociare lo sguardo del datore di lavoro. Ne scorse la sagoma solo quando invase la sua visione periferica. Le avrebbe parlato a breve, ancora. «Nieve, ne sei proprio sicura?» La sfumatura di preoccupazione di cui era intrisa la domanda di lui le costò un sussulto. «So che sai a cosa vai incontro, perché ne abbiamo parlato e sei sveglia. Ma... sei proprio sicura che questa sia l'unica soluzione? Quello che vuoi fare è estremo.»

Nieve deglutì. Avevano già affrontato l'argomento in un crescendo di rimostranze e concessioni. Rimuovere un ricordo nel modo in cui lei si proponeva di fare implicava il ricorso a un tipo di magia che, a suo modo, sfuggiva alla logica degli altri incantesimi. Per questo avevano creato le condizioni affinché, sottraendosi all'imprevedibilità dell'improvvisazione, avesse successo: si era esercitata con ricordi di poco conto, relativi alle ore di lavoro, e li aveva rivissuti attraverso uno dei Pensatoi del negozio. Tuttavia, era chiaro a entrambi, sebbene su livelli di comprensione differenti, che la posta in gioco si fosse decisamente alzata.
"Non è tanto una questione di abilità, quanto di volontà. Devi desiderare l'eliminazione di quel ricordo. Individuarlo, isolarlo e prepararti ad asportarlo. Nessun altro può farlo al posto tuo, non è come essere obliviati. Sei tu che devi creare le condizioni perché abbandoni la tua mente. E non è un processo indolore: più è intenso il ricordo che ti proponi di eliminare e più sono forti le diramazioni emotive che si dipartono da esso, più si opporrà ad essere estirpato. Soffrirai."
«Sono sicurissima,» rispose e si voltò a guardarlo. Non c'era traccia di dubbio sul suo viso giovane. «Ne abbiamo già parlato, appunto. So per certo che è l'unica soluzione.» In verità, Nieve non aveva mai accennato alla natura dell'episodio in sé per una questione di pudore. Temeva che l'uomo potesse prendersi gioco di lei e dei suoi sentimenti con una durezza che ben conosceva per essersela somministrata spesso. «Procediamo?»
L'altro si concesse una breve pausa e Nieve ne sostenne lo sguardo, impermeabile. Alla fine, gli ultimi residui di esitazione parvero diradarsi e l'uomo annuì seccamente. Come concordato, le avrebbe fatto da supervisore e sarebbe intervenuto a coadiuvarla nella fase finale.

Nieve si munì di bacchetta e le dedicò una lunga, intenta osservazione. Le era stata fedele al di sopra di ogni aspettativa e aveva reso possibili risultati che non aveva mai sperato di fare propri. Le rivolse una tacita preghiera: che supplisse a eventuali sue mancanze e le consentisse di portare a termine quell'ingrato compito. Si sistemò meglio sullo sgabello, assicurando un piede al piolo e ancorando l'altro al pavimento. Rilassò le braccia perché pendessero mollemente lungo i fianchi e chiuse gli occhi. Individuare e isolare, rammentò a se stessa.
L'accesso ai dettagli avvenne con la semplicità razionale che si era prefigurata, ma con un'intensità emotiva inopinata. Erano sulle sponde del Lago Nero, una notte in cui il bianco la faceva da padrone e la luna vegliava, piena, sui partecipanti al ballo. Da qualche parte nei dintorni, dovevano esserci Renée ed Aiden, ma non era a loro che tributava il suo interesse. Nieve, avvolta in un abito fatto di contrasti come lo era lei, stava immobile con lo sguardo fisso su uno sconosciuto dai capelli d'argento: vestiva semplice, drink alla mano, e avanzava nella sua direzione. Era avvenente oltre ogni misura, oltre ogni sua più infantile aspettativa. E lei lo guardava con un'insistenza che, allora, aveva considerato estranea a se stessa. Intanto, i loro sguardi seguitavano a incrociarsi senza tregua in un gioco ad armi impari. Faceva male e bene a un tempo.

Condusse il braccio destro all'altezza della tempia, le palpebre serrate sugli occhi. Non c'era spazio per altro all'infuori dei contorni di quella memoria. Si concesse un'inspirazione profonda, dunque lasciò che l'intenzione che muoveva le fila del suo agire avviluppasse ciascuna immagine. Il legno di tiglio argentato premette sulla pelle, mentre la volontà di Nieve assumeva consistenza e innervava ogni porzione del suo corpo. Non le fu difficile percepire l'aggressione della magia ai danni del ricordo. Allontanò di poco il catalizzatore dal punto di impatto.
Una smorfia sinistra le adombrò il viso quando, ghermito dalla bacchetta, un riverbero lattiginoso scaturì dalla violenza del contatto. Il dolore che si presentò ad avvincerla — il più intenso che avesse mai sperimentato — incombette sui suoi propositi. Ad occhi chiusi, Nieve estrasse un'altra porzione di ricordo, arricciò le labbra e grugnì. Uno strato sottile di lacrime le asperse le ciglia giunte. Aveva la testa in fiamme e, invece dell'assordante silenzio che si era aspettata, da ogni anfratto di sé prorompevano urla di tormento. Come se la mente possedesse una volontà sua propria, scindibile da quella di Nieve-persona, la sentì opporsi e latrare il suo scontento. Il cuore batteva contro il costato, ostile alla menomazione quanto l'intelletto. Era un segnale, forse, quell'improvviso accordo? Un invito a desistere? Per tutta risposta, l'islandese strinse più forte la presa attorno all'elsa del catalizzatore e diede un rapido strattone. Mugugnò, quando una lacrima le solcò lo zigomo e batté il sentiero del più assoluto patimento.
Sentiva i lembi del ricordo staccarsi uno ad uno dalla propria sede, frammenti di storia, vivi. C'era in essi la disperazione del figlio strappato alla madre. Rea, Nieve si macchiò della ferocia del crimine e lo eseguì ai danni di se stessa con una freddezza che non conosceva rimorso. Che pietà avrebbe mai potuto avere, del resto, per la creatura che le aveva inflitto nient'altro che pena? Se ne disfò, pertanto, come ci si libera di un oggetto scomodo. Il filamento perlaceo oppose un'ultima forma di resistenza, infuocando le pareti della sua mente con la pretesa di minarne la concentrazione e, pur tuttavia, fallì.

Nieve aprì gli occhi arrossati — altre lacrime scesero a rigarle il volto, gettandosi in picchiata oltre l'orlo delle palpebre — e li puntò sul datore di lavoro. L'uomo le venne incontro, ciondolo alla mano. Con un ultimo strappo, Nieve si liberò dell'incomoda presenza e congiunse la punta della bacchetta all'imboccatura dell'ampolla, stipandovi il ricordo. Solo quando vide l'altro sigillarne il contenuto, si concesse il sollievo che meritava. Lasciò cadere l'arma sul pavimento e si accasciò contro il bancone. All'affannosa ricerca d'aria, il petto si alzava ed abbassava freneticamente contro la costrizione del legno. Si chiese dove avrebbe trovato la forza di raggiungere la Gringott, come aveva programmato di fare, e affidare il ciondolo alle segrete della sua camera blindata.
La voce del datore di lavoro la sottrasse ai suoi pensieri. «Come ti senti?»
Nieve tacque, la tempia schiacciata contro il mobile e lo sguardo che fissava le nubi scure oltre la finestrella. Pioveva. Una lacrima solcò dall'alto la curva del naso e s'addensò ai margini dell'occhio che stava dabbasso, aggiungendosi alle altre che non aveva ancora versato. Trattenne il respiro, sorrise, infine rispose. «Libera.»

Espirò.


Previously on Nieve's Diares... click :bello:
Giuro che non ho intenzione di farne una saga e che la chiudo qua... Idee permettendo! Non so se capiti anche a voi, ma io, con Nieve, ho l'impressione che la storia si scriva da sé. Il mio compito è dargli una forma più o meno apprezzabile per farvela leggere, ma quella buzzicozza di Nieve fa cosecosecose e io non ho voce in capitolo. Tant'è che quest'idea è giunta al termine di una serie di passi che non avevo valutato come parte di un piano più grande, non consciamente: la role con Astaroth in cui Nieve chiede di essere obliviata, il post di interazione con Horus che - dal basso della mia miseria venale - io avevo inteso solo come fonte di guadagno... 'Nsomma, non so come ci sono arrivata!

Sproloquiato premessamente per intrattenervi il giusto, divento un attimo seria. Per elaborare questo contest ho dovuto fare un po' di ricerche aridaje!. In linea di massima, non esiste una regolamentazione chiara in materia di estrazione di ricordi, ma solo quelle che - in giuridichese - chiameremmo linee guida. Non è individuata una procedura, non esiste una formula vera e propria, né un'esecuzione. E' tutto un po' evanescente, tant'è che non esiste neppure un'indicazione relativa alle potenzialità del mago che può/non può arrischiarsi a tanto. Lo preciso perché mi sono posta il problema, stante la giovane età di Nieve. Mettendo un po' insieme i pezzi, mi è parsa interessante la teoria di chi ha avvicinato la procedura a una forma di Trasfigurazione avanzata in senso improprio e, tuttavia, assai più personale di quanto non possa sembrare: rimuovere un ricordo, più che potenziale magico, richiede volontà e concentrazione e solo il mago interessato può effettivamente riuscire nell'impresa. Quest'ultimo aspetto, peraltro, mi è parso avvalorato dalla stessa saga: c'è un pezzo in cui Silente allude al fatto di aver impiegato una buona dose di Legilimanzia per ottenere un ricordo (e, qui, il passaggio è così vago che mi sono domandata se Silente non intendesse semplicemente "visualizzare a mezzo Legilimanzia" quando dice di averlo "estratto"), il che suggerirebbe la difficoltà di addentrarsi in questo ambito senza il consenso del mago all'estrazione. Insomma, è un ramo un po' complesso proprio perché vago e, in un certo senso, mi chiedo se la cosa non sia voluta: il tema ricorre abbastanza spesso nel corso della storia da meritare un minimo approfondimento, se la Rowling l'avesse voluto. Ma queste sono solo mie considerazioni.
Partendo da queste premesse, ho riempito il gap con un po' di cara logica e un filo di romanzo: Nieve si è esercitata sotto la supervisione di un mago del (presunto) calibro del proprietario di Safarà, che ha - tra le tante cose - i Pensatoi nel suo arsenale di articoli; ciononostante, ha impiegato settimane solo per pensare di provare a rimuovere quel ricordo in particolare, settimane che ha occupato esercitandosi. Mi auguro di aver reso la cosa con una certa linearità e di aver fatto il possibile per evitare qualsiasi forma di powerplay, che mi è davvero poco congeniale per il personaggio che ho costruito..
(Giusto per contestualizzare: siamo a inizio terzo anno, a circa un mese di distanza da quando Nieve è stata a casa di Astaroth in estate e ha avanzato la richiesta di essere obliviata. Il precedente contest, invece, era ambientato sul finire del secondo anno.)

Ciò detto, posso rivelarvi un segreto: io amo creare le ship, ma proprio così tanto che vi shipperei tutti con tutti e, a una certa, pure con voi stessi (?). Ma il mio fetish è distruggerle. :bello:
Dunque, et voilà! Les jeux son fait! :flower:


Edited by ~ Nieve Rigos - 22/5/2018, 12:06
 
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