La sentiva ancora la voce di Hannah, così bene che sembrava fosse lì con lui in quel momento, come se tutto non fosse mai passato. Gli toccava le ginocchia quasi sfiorandolo, mentre gli ripeteva sempre le stesse due parole "Parlami, Elijah".
Lui era solo un bambino, incastrato in un angolo e in una realtà molto più pesante delle sue gracili spalle. La piccola mano premeva con forza contro la guancia. Un male per un male, forse sarebbe sparito in pochi attimi. Non spariva mai "Parlami, Elijah" continuava a ripetere sua sorella, ma il piccolo Sullivan non voleva nemmeno guardarla. Non poteva farlo finchè non ritrovava la forza di mettersi in piedi da solo. Respirava a fatica con il muco che gli scendeva nel naso. Nonostante tutto, nessuna lacrima. Aveva pianto la prima volta, la seconda, poi la terza, ora aveva perso il conto, ora non piangeva più.
Appena Hannah gli sfiorava la mano per toglierla dal viso, i suoi occhi la cercavano con ferocia, come se lei stesse profanando un segreto che era solo suo. I suoi occhi fissi in quelli di lei, come sempre, più grandi, ed ogni volta più chiari. "Dillo!" la voce di sua sorella diventava sempre più impietosa, mentre le lunghe dita affusolate gli spalmavano un unguento sul viso. A quello seguiva la solita pozione della quale aveva imparato ad odiare il sapore. "Dillo!!" Elijah respirava a fatica mentre iniziava ad incanalare la rabbia, lasciando che il dolore prendesse nuova forma e nuova forza. "Dillo!!"
- La odio… - due parole impigliate tra i denti, più potenti di una Bombarda ben eseguita. "Ancora, piccolo, ancora"
- La odio - sosteneva il suo sguardo con la fierezza che avrebbe imparato poi ad ostentare. "Più forte! Buttala fuori da te!"
- IO LA ODIOOOOOOOO - l'aria batteva forte nei polmoni mentre il cuore gli faceva eco. Era un suono di ribellione e di guerra. Una vendetta che prima o poi si sarebbe consumata.
Una parte di lui si stava divertendo, doveva ammetterlo. Un'altra, invece, era stuzzicata dall'idea di spingere la Corvonero a limite, come aveva fatto Hannah con lui mille e mille volte. In fondo era quella la chiave di tutto. Le ferite non vanno ricucite subito, devi prima far uscire tutto il male che c'è dentro. Se non lo fai, allora resta lì per chissà quanto tempo e, mentre non te ne accorgi, ti macera dentro. Megan poteva iniziare a guarire un minimo, ma per farlo le sue ferite andavano strizzate dolorosamente. Più facevano male al momento, più sarebbe stato pulito il risultato finale. Doveva affrontare le sue ferite e guardarle negli occhi, solo con la voglia di schiacciarle sotto ai piedi.
Quando la Corvonero gli esibì la mano ferita, Elijah la guardò con un'espressione imperturbabile. Doveva farla arrabbiare, doveva farle buttare fuori quel veleno da una strada che non fossero le lacrime. Quelle no, quelle non andavano bene per lei. Erano uguali, l'aveva capito fin da quando avevano parlato in Biblioteca. Lei aveva bisogno della sua stessa medicina.
- Quante scene per un graffio, Haven - le regalò il ghigno dei giorni migliori, quello che riusciva a mandare in bestia pure un santo - Stai facendo un melodramma per due gocce di sangue.
Rimase impalato a guardarla, mentre la Corvonero tornava verso di lui.
-Uh Uh Uh! Ci sono ancora al mio posto. Guardami, non mi sono mosso di un passo - gli occhi fissi in quelli della ragazza, pronti a far prendere fuoco ad ogni briciolo di rabbia lei avesse in corpo in quel momento - La parola giusta si avvicina più a dovere che a diritto. Il verbo, invece, non ha nulla a che vedere con sentenziare. Acqua, Haven, acqua - Il suo ghigno si allargò in modo indecente - ma non quella della fontanella ovviamente, quella ora non serve a nulla.
Rimase in silenzio a guardarla. Doveva lasciarle il tempo di metabolizzare le sue parole.
- Avanti, lo so a cosa stai pensando - i suoi occhi si strinsero - Fallo! - la esortò, trovandosi per la prima volta dalla parte opposta della barricata - Fallooo!!!
Le fece un sorriso indagatore nella speranza che alimentasse ancora di più quello che sapeva lei aveva dentro. Conosceva quello sguardo, era sempre stato il suo. Era come guardarsi allo specchio.
- Dimostrami che non sei una che piange per una ferita da quattro zellini - divenne improvvisamente serio - e poi andiamo a quella maledetta fontanella. Oh, si che ci andremo e ci penso io a pulirti la ferita, ma come ci andremo, ora, dipende da te.