Per pochi secondi erano stati un respiro solo, secondi in cui si era sentito in pace con se stesso. Ma era sbagliato, era tutto sbagliato! Aveva abbassato lo sguardo mentre ancora sentiva la morbidezza delle sue labbra sfiorare le sue. Erano di una dolcezza assoluta, così avvolgenti che Elijah aveva abbassato le palpebre senza rendersene conto. Erano scese piano, ciglia su ciglia, pronte ad annullare un contatto visivo che lo stava confondendo. Era sbagliato, era tutto sbagliato! Eppure le sue mani dietro al collo le sentiva ancora, una carezza che non aveva nulla di appassionato, ma tremendamente sensuale. Jolena era stata delicata, desiderosa di quel contatto ma anche timorosa. Poteva capirla, e più di tutto l'apprezzava. Non avrebbe dovuto fargli sentire le sue mani sulla pelle, non avrebbe dovuto! Avrebbe voluto che quel tocco non lo avesse mai abbandonato, era perfetto. Una parte di lui avrebbe voluto staccare la mano dalla pista e stringerla a sé, abbandonandosi di nuovo sul ghiaccio, senza peso. Quello sarebbe stato un errore madornale, ancora più sbagliato. Allontanarsi da lei era stato come tentare di staccarsi da un pezzo di cioccolato. Preferiva non pensarci non era proprio il caso. Non avrebbe dovuto baciarla, nella maniera più assoluta. Gli era sembrava la cosa più logica da fare...no, un attimo, non la più logica, ma la più naturale. Non l'aveva fatto perché la circostanza lo richiedeva, ma solo perché lo voleva. Vedeva ancora i suoi occhi, quel verde in cui si era beato e fatto cullare. Moriva dalla voglia di alzare lo sguardo per cercarli , per prenderli.
Scosse la testa mentre indietreggiava sul giaccio gelido e si rese conto che aveva dolore tra le costole. Sapeva perfettamente a cosa era dovuto. Cercò di fare un respiro profondo ma avvertì una fitta. Storse il naso in una smorfia. Per fortuna aveva la testa bassa e nessuno poteva vederlo.
Quando provò ad alzarsi, il dolore divenne più forte e puntorio. Mantenne la testa bassa quell'attimo che gli serviva per prendere fiato e darsi la spinta per sollevarsi. Per fortuna ora il respiro era tornato regolare, costante, e questo l'aiutò moltissimo. Strinse forte la balaustra e si ritrovò in piedi. Poi un respiro profondo e una nuova fitta.
- Si - rispose in tono asciutto mentre si incamminava verso gli spogliatoi. Doveva rimettersi in piedi, subito! Faceva un passo alla volta, mascherando alla perfezione tutte le sensazioni negative. Si sentiva uno schifo ad usare quel tono mentre la voce di lei scivolava sulle sue spalle come la carezza più bella che avesse mai provato. Aveva ragione, probabilmente il ghiaccio aveva anestetizzato il dolore sulla schiena, ma non era l'unico dolore che stava soffrendo in quel momento.
- Si, si... - ammise - ma non posso dirtelo - la voce divenne un soffio alle ultime parole, fece fatica ad udirle lui stesso. Un passo, un altro e poi, forse, sarebbe stato in salvo dal dolore, ma non da se stesso.
Quando arrivarono negli spogliatoi, Elijah si sollevò in tutta la sua altezza, gli occhi chiusi. Fece un sospiro profondo, un altro ancora e poi sollevò le palpebre. Gli occhi di Jolene erano lì per lui. Verdi, intensi, profondi e dolcemente soavi. Ma come aveva potuto pensare che la cosa giusta fosse non guardarli? Socchiuse le labbra ed inspirò. Si sentì subito meglio.
Maledizione! Doveva staccarsi da quegli occhi, dai quei due occhi che lo stavano trascinando in una realtà parallela. Chi era il ragazzo che stava guardando Jolene in quel momento? Non era lui! No, non c'era nulla di Elijah Sullivan in quelle iridi chiarissime che fissavano la ragazza in quel momento. Il Serpeverde, quello vero, era rimasto chissà dove, imprigionato nelle sue paranoie e nei suoi mille desideri di autodistruzione.
- Credo che quando siamo caduti, tu mi abbia infilato il gomito tra le costole - ispirò profondamente, la voce era dolcemente avvolgente. No, non era la sua. Entrambe le mani afferrarono i lembi della maglietta e la sollevarono fin sotto le ascelle - penso che sia successo qualcosa.
Era innegabile, era accaduto qualcosa. Ma cosa? Le indicò con lo sguardo il punto che gli doleva. C'era un piccolo ematoma non ben indentificato.
- Sei sicura di non esserti fatta male? - le chiese. Voleva esserne sicuro, non voleva aver fatto niente per niente. Indice e medio della mano destra si mossero guidati dall'istinto fino ad arrivar sotto all'occhio di Jolene. Ne sfiorarono lo zigomo con rispetto, disegnando una mezza luna sulla guancia fino al mento. Lì si staccarono piano, cercarono i capelli, li sfiorarono. Erano ardenti come quello che si sentiva nel petto in quel momento. Ma cosa accidenti sentiva? Cosa? Probabilmente si stava solo facendo trascinare dagli eventi. Le sorrise appena, lasciando che la sua espressione dura si ammorbidisse un poco. Niente di trascendentale, solo un pizzico di magia.