Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde
17 anni
Il non aver deluso le aspettative di Oscar, lo fece sentire ancora più a suo agio. Ci teneva a fare bella figura con i suoi genitori. Ehi! Un attimo...ci teneva a fare cosa? Lui voleva far bella figura con lei e non con loro, cosa c'entravano loro? Rimase per un attimo perso nei suoi pensieri, mentre finiva di sorseggiare in silenzio il suo whisky. Perché si stava facendo tutti questi problemi? Non era da lui preoccuparsi di piacere o meno a qualcuno. Era sempre stato dell'idea che voleva essere accettato per quello che era, senza problemi o false facciate. La vera domanda era un'altra. Si sentiva se stesso in quel momento? Ci pensò un attimo sbattendo appena le ciglia. Si sentiva bene, si sentiva schifosamente bene.
- Sì, Signore - annuì quando la voce di Oscar lo riportò alla realtà - il gusto dell'Aconito gli conferisce un gusto molto particolare.
Doveva informarsi con Jolene se suo padre fumana. In quel caso gli avrebbe fatto provare sicuramente le sigarette che aveva comprato da Zonko.
Sorrise appena quando Mr. White gli versò il secondo bicchiere di nettare. Si alzò pronto a fare il brindisi con gli altri. Erano così strane e contrastanti le sensazioni che provava. Un senso di ansia mista a beatitudine, miscelate alla perfezione. Anche lì, a quanto pareva, si trattava di una giusta combinazioni di ingredienti. Fece tintinnare anche lui i bicchieri e il suo sorriso si allargò leggermente mentre Virginia parlava.
- Mi sento più che benvenuto, Madame - era vero, era maledettamente vero. Quella era una casa, una famiglia. Elijah avvertì una sensazioni potente alla bocca dello stomaco, così forte che la sua mano strinse un attimo di più quella di Jolene.
Bevve il secondo assaggio quasi tutto d'un fiato, lasciando che l'aroma dell'aconito gli accarezzasse la bocca. Un ghigno accompagnò le parole di Jolene.
- Hai forse intenzione di ubriacarti, Scintilla? - sussurrò appena, in modo che solo lei potesse udirlo.
- Oh, certo, Signore! - proseguì con un tono di voce accettabile - Ero molto serio. Credo che comprerò anche un libro per saperne di più. Spero che le sue lezioni siano accompagnate anche da un terzo assaggio, ne sarei deliziato.
Arrivò il momento dei saluti ed i genitori di Jolene non finirono di sorprenderlo. Quello che ricevette da Oscar gli fece sgranare gli occhi per la sorpresa. Fu una fortuna che nessuno se ne avvide. Suo padre non aveva mai fatto una cosa del genere. Non che si fosse mai comportato male, in fondo aveva un buon rapporto con Joel, ma non era il genere di padre espansivo che ti riempie di complimenti e incoraggiamenti. Se ne stava sulla sua poltrona a leggere e bere suo caffè. Quando gli chiedevi qualcosa, si limitava ad ascoltarti e a consigliarti, ma non c'era alcun trasporto nelle sue parole. Il groppo in gola si strinse di più, chiudendosi definitivamente quando le mani di Virginia strinsero le sue.
- Gra...grazie a lei, Madame - farfugliò per la prima volta in tutta la sera. Si trovava ad affrontare qualcosa a cui nessuno l'aveva abituato, il calore di una famiglia. Doveva uscire, doveva immediatamente uscire, subito! Avvicinò il braccio a Jolene piegando il gomito. Avrebbe atteso che lei glielo cingesse con la mano, quindi si sarebbe avviato con lei verso la porta - Buona serata anche a voi.
Quando questa si richiuse dietro di loro, Elijah si fermò un attimo, voltandosi a guardare al casa dei White.
- Ho ricevuto più affetto dai tuoi genitori in mezzora, che dai miei in tutta la vita - gli occhi chiarissimi la cercarono - Dai, andiamo, altrimenti facciamo tardi al ristorante. Poggiò la mano libera su quella di lei e riprese a camminare. Passò un taxi babbano ed Elijah lo fermò. Sarebbero arrivati tranquilli e senza stancarsi troppo.
Qualche ora prima.
Tra i tanti discorsi che aveva affrontato con Sarah, uno era stato quello che riguardava la scelta del ristorante. Dilemma! Dove portarla? Poteva intuire i gusti i Jolene, solo intuirli, ma non era così ferrato in fatto di femmine da indovinare.
Sarah gli spalmava l'unguento sulla contusione, si bloccò di colpo.
- Ehi! Tu! Sai dove portarla a cena, vero?
- No, non lo so.
- Ma...Elijah Sullivan!! Hai intenzione di fare brutta figura o cosa? - lo sguardo indagatore di tua sorella lo stava rivoltando come un calzino - Ok, ok ! - scosse infine il capo - ci penso io a te.
-Eh?
-Zitto!! - lo ammonì senza lasciargli diritto di replica - Ti prenoto un tavolo in un posto delizioso. Sono certa che la tua Corvonero sarà entusiasta. Ti lascio il bigliettino da visita sopra alle chiavi.
Il Serpeverde sollevò gli occhi al cielo emettendo un grugnito.
Non aveva proprio tempo e voglia per discutere con lei, poi non aveva nemmeno un posto dove portarla. Decise di fidarsi di Sarah, sperando che il ristorante in questione non fosse troppo sopra le righe. Conosceva sua sorella.
Arrivarono a destinazione dopo una ventina di minuti, senza trovare troppo traffico. Molti dei londinesi avevano abbandonato la capitale, diretti ai posti di villeggiatura. Per tutto il tragitto, il Serpeverde tenne stretta la mano di Jolene, lasciando che le loro dita si intrecciassero di nuovo. Ne percepì il calore avvolgente nel palmo della mano. Non lasciò i suoi occhi nemmeno per un attimo, quel verde così intenso era quanto di più bello potessero incontrare i suoi occhi in quel momento. Già aveva rimosso le parole pronunciate davanti a casa di Jolene, per lui non era nulla di eclatante ma solo un dato di fatto. Non disse nulla, ma lasciò che il suo sguardo chiarissimo parlasse per lui. Anche se avesse voluto, non avrebbe proferito parola, dato che non erano soli. Ma stava bene, gli occhi per lui erano tutto.
Aiutò Jolene a scendere dal taxi, pagò e insieme si diressero verso l’ingresso. Dall’esterno pareva una cosa innocua. Tenda rossa, una ringhiera in ferro battuto e dei vasi di fiori. Elijah fece un respiro profondo e finalmente entrarono. Gli prese un accidente!!
Ma dove accidenti l'aveva mandato sua sorella? In una serra? Si sentiva in un imbarazzo feroce davanti a Jolene e non riuscì a guardarla nemmeno in faccia. Per fortuna il maître gli venne incontro con un sorriso smodato.
- Buonasera e benvenuti. Avete una prenotazione? - chiese tutto impettito.
- Sullivan - della serie una parola è poca e due sono troppe.
- Oh, certo! Mr. Sullivan! Se non ricordo male ha prenotato il tavolo d'angolo con il divanetto.
- Si..?? - pure il tavolo con il divano aveva preso quella disgraziata! Se aveva intenzione di farlo sprofondare per la vergogna, ci stava riuscendo benissimo. Quando fecero il loro ingresso nella sala da pranzo vera e propria, Elijah rischiò quasi di avere un malore. Non era una serra quella, ma il boschetto delle fatine. Tutto il soffitto era ricoperto di fiori che, per maggior cordoglio, erano pure illuminati. Il fuoco ardeva felice nel caminetto sul fondo e, tutto intorno a loro, coppie amoreggiavano senza problemi. Sì, perché quello erano, solo coppie. Voleva davvero qualcosa tra le costole, ma a titolo definitivo.
- Ecco il vostro tavolo! Prego, sistematevi con calma e fra qualche minuto vi raggiungo con il menu.
Elijah divenne rigido come una colonna. Quello non era un divano, ma una poltrona larga!! Loro avrebbero dovuto cenare seduti fianco a fianco, stretti stretti su quel coso? Fantastico! Sarebbe morto prima di finire l'antipasto. Invitò con la mano Jolene a sedere per prima, quindi si accomodò alla sua destra. Sollevò appena lo sguardo verso la sala e si trovò davanti due che si sbaciucchiavano, volse lo sguardo dall'altro lato. Altro tavolo, medesima scena.
I suoi occhi chiarissimi cercarono quelli di Jolene e...per tutti i Troll, i Centauri e chi caspita volete voi!!! Sotto quella luce era splendida, così splendida che una parte di lui avrebbe voluto avvicinarsi di più, nonostante fossero quasi appiccicati. Un interruttore fece click ed Elijah si ritrovò nel bosco delle fate, insieme alla creatura più deliziosa che potesse desiderare. Si girò leggermente su un fianco e le prese la mano - Sei bellissima, Scintilla - i suoi occhi scesero poi sull'abito - ma come facevi a sapere che ho un debole per il velluto?