| Nessun commento seguì al suo tentativo di ispezione, che cadde nel silenzio. Il disappunto però non fece in tempo a presentarsi, in quanto le sue parole non rimasero prive di risposta, non interamente. I lunghi discorsi, al momento, non sembravano interessare Elijah tanto quanto il tocco delle loro mani; la sua presa sul braccio era lieve, come quella che portò le dita di lei ad accarezzargli il viso. Leggera farfalla bianca, la piccola mano solleticò la ruvidezza della guancia e percorse la linea della mandibola; lo sguardo anticipava i suoi movimenti, mentre quelle terre sconosciute e affascinanti catturavano prima la vista e poi il tatto. Jolene non aveva idea del perché assecondasse quelle sensazioni con la meraviglia che avrebbe potuto provare di fronte al modello del primo uomo, se nell'universo non ve ne fossero mai stati altri. Allo stesso tempo, però, non trovava nemmeno un buon motivo per non farlo; così, si lasciava guidare dalla testa leggera, dall'atmosfera da sogno e dalla mistica creatura che l'accompagnava in quelle danze in punta di piedi. Mantenere la guardia sembrava superfluo: i fuochi fatui li avrebbero protetti dalle insidie del bosco, potevano permettersi di chiudere gli occhi; ma lei non seguì l'esempio dell'Altro, per quanto ben poco vi fosse di vigile nelle orbite muschiate. Le sembrava di fluttuare all'interno della sua stessa testa, ma infine ciò ebbe termine; i due tornarono al proprio posto, e le candele persero un po' della loro magia. «Che tipo di posto avresti scelto, invece?» Era sinceramente curiosa: Elijah non era l'unico a voler conoscere le sue storie preferite. Non aveva nessuna importanza il fatto che quelle di lui non fossero favole. Rimase piacevolmente stupita di fronte alla sua richiesta: non credeva che sarebbe stato tanto felice di acconsentire. Quel per favore era stato così genuino che, sul momento, la ragazza rimase senza parole con cui iniziare. Cercò di pensare a quale fosse la sua storia preferita ma, come succede ogni volta che siamo chiamati ad esternare questo tipo di fatti, pescare una fiaba tra quelle che conosceva era come tentare di stringere l'acqua nelle mani. L'arrivo del cameriere, infine, distolse i suoi pensieri dalla faccenda. L'osservazione del ragazzo a proposito della torta di compleanno mosse qualche segreto ingranaggio nella testa fulva, ma per il momento quel lavorio rimase sotterraneo. Commentare sembrava superfluo, così il discorso proseguì, addentrandosi in una realtà di cui quel fatto era solo la superficie. Jolene non osava spiccicare parola. I suoi occhi erano fissi in quelli di lui, ora più che mai simili al ghiaccio mentre la voce esponeva, quasi senza emozione di sorta, ciò che aveva significato crescere tra le grinfie di Esther Montague. Quella era la freddezza di chi ripercorre un racconto già macinato svariate volte; ripetendosi a lungo, anche le storie dell'orrore perdono la loro capacità di smuovere. Ebbene, Jolene non vi era abituata. Per lei quel mondo era inimmaginabile, al di qua degli incubi. Più ascoltava, più sentiva una gabbia stringersi intorno a lei e alla sua esistenza priva di dolori significativi. Cadenzati da un ritmo così serrato da risultare soffocanti, gli schiaffi di quella donna che non era una madre sembravano abbattersi su di lei, al punto che avrebbe voluto gridare che bastava così, nessun essere umano avrebbe potuto sopportare oltre. Ma colui che lo aveva fatto si trovava davanti a lei, dietro a un velo liquido che cominciava a raccogliersi davanti alle pupille. Gli angoli della bocca gravavano verso il basso in un'espressione che risultava innaturale su di lei. Cercò di deglutire, ma un nodo le stringeva la gola. E più Elijah si avvicinava, più avrebbe voluto urlare con quanto fiato aveva in corpo. Ma rimase silenziosa, naturalmente. Nascose il viso in quel nuovo contatto, che altro non era se non una richiesta di aiuto. Jolene rispose, lasciando che le sue labbra assaporassero l'amaro di un'oscurità in cui nessuno mai avrebbe dovuto brancolare da solo. Quella era la disperazione che cerca la speranza, e ogni fibra di lei non poteva che accorrere a quella richiesta. Le dita raggiunsero la seta dei capelli mentre una distanza sul punto di azzerarsi le faceva percepire il calore del suo corpo sulla pelle. Così, per il tempo di un unico battito condiviso, sarebbe rimasta immobile. Avrebbe lasciato che le loro figure si tramutassero in cristallo: entrambe attraversate dalla stessa luce, così folgorante da accecare lo sguardo. Infine, quando il suo volto gli fu di nuovo visibile in uno spazio che ricominciava ad avere senso, un'unica traccia di rugiada brillava sula sua guancia, tagliandola in due, illuminata dai fuochi del bosco notturno. Una debole parentesi incurvò le labbra, che attesero a dischiudersi, pazientemente silenziose sotto a uno sguardo che, alleggerito, brillava come di speranza. Cominciò a raccontare. «C'erano una volta...» Il sorriso si allargò appena. «...tre giovani sorelle così belle che nemmeno le rose più rosse potevano reggere il loro confronto. La loro grazia e sincerità d'animo erano risapute in lungo e in largo, ma attiravano tanto ammiratori e pretendenti quanto invidie e inimicizie.» La voce era poco più di un sussurro, mentre la mancina non si era ancora decisa ad abbandonare il volto di lui. «Sfortuna volle che una strega molto potente e vanitosa prendesse in odio le dolci fanciulle: voleva essere la donna più bella che il sole avesse il piacere di baciare. Ecco che, tramite un sortilegio malvagio, tramutò le tre sorelle in altrettante bellissime rose rosse, costrette a non smuoversi mai più dal loro roseto meraviglioso ma solitario. Una delle ragazze, però, era talmente innamorata, e così sinceramente ricambiata, che di notte il sortilegio veniva spezzato, solo per lei, così che potesse ballare insieme al suo amato fino all'alba, quando doveva ritornare al roseto.» Una breve pausa interruppe quella storia che, in buona parte dei suoi dettagli, era inventata. L'originale era estremamente corta, e lei sentiva che Elijah aveva diritto ad una fiaba di tutto rispetto. «Una notte, mentre si stringeva al suo fidanzato, la ragazza gli disse che, se quella mattina lui l'avesse colta dal suo roseto, l'incantesimo sarebbe stato definitivamente spezzato per lei. Allora sarebbero potuti rimanere insieme giorno e notte. Così, appena spuntò l'alba, l'innamorato decise di tentare. Secondo te, come avrebbe potuto riconoscere la sua rosa tra le decine così simili?» Edited by Jolene White - 5/10/2018, 20:34
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