"There she goes in front of me, take my life, set me free again", Per Sophie

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Abel Leiva
view post Posted on 12/7/2018, 18:38






Abel Leiva




Mago Adulto - 18 Anni




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Non si era fatto chiedere due volte se volesse rimanere solo con Sophie, soprattutto dopo la comparsa della sorella. Ormai era irrecuperabile e sembrava che la ragazza che gli camminava accanto, apprezzasse quel piccolo mostro che i suoi genitori non si erano limitati a mettere al mondo, l'avevano costruita, plagiata. E lui che aveva fatto per undici anni? Ci aveva provato ma non ci aveva provato abbastanza, se la piccola Lilith credeva che ad essere sbagliato fosse lui. Era sempre stato così fiero di non essere come la sua famiglia, fiero di non aver dato retta a nessuno, di essere diventato l'uomo che era esattamente come desiderava, senza pregiudizi se non verso chi di pregiudizi ne aveva, verso chi guardava dall'alto in basso per un nome e nulla di più. Poi, aveva smesso di averne perfino verso quelle persone, lo stesso che lo reputavano un reietto, un babbanofilo, un traditore del sangue puro. Aveva capito che dietro quelle parole, c'era stato un lavaggio del cervello che andava avanti da anni, che iniziava da molto piccoli, che raramente ti lasciava scampo e perfino Abel non era riuscito a sfuggire a tutto. Alla fine, seppur del sangue puro o meno se ne fregasse, era un perfetto damerino, come loro volevano, partendo dalla postura, passando per i modi di porgersi e rivolgersi, finendo con il vestire. Scusa per Lily Sussurrò, volgendo lo sguardo smeraldino verso Sophie per poi tornare a guardare davanti a sè. Fuori dal Campo di Quidditch sembrava che riuscisse a respirare meglio, da solo a passeggiare per Londra con lei, si sentiva meglio. Che non fosse stata una buona idea tornare a fare quell'immersione ad Hogwarts? Che un anno fosse bastato per farlo sentire fuori luogo? O che fosse solo l'aver avuto a che fare con sua sorella? Dovevo essere più presente. Questo suo modo di fare la porterà solo a rimanere sola. Siamo stati tutti così alla sua età ma lei non ha modo di cambiare, la mia famiglia la marca troppo stretto. Peggiorerà e basta. e la versione peggiorata di una già perfida, spocchiosa e razzista ragazzina non la voleva vedere. Si sarebbe messa ad uccidere mezzosangue, da adulta? Lei li spediva in ospedale e lui cercava di non farli morire? Se non fosse stata un'ipotesi tanto veritiera, forse, sarebbe stato comico immaginarlo. Comunque... questo coso ha cominciato a stancarmi tornò a sorridere, lanciando un'occhiata a Sophie e sfilandosi la giacca di pelle. Era pur sempre giugno. La maglia che indossava sotto era una semplicissima t-shirt bianca che gli aderiva al corpo seppur fosse, per scelta, un po' più lunga. Perchè mi hai chiesto di andare? Eri stufa anche tu? Ora non saprai mai chi sarà la reginetta del Ballo ghignò, sghembo e continuò ad osservarla, dubitando fortemente che a Sophie fregasse minimamente della coroncina di una festa di fine anno scolastico.Amava la sua compagnia, amava baciarla, amava il suo sapore, il suo odore, il modo in cui lo guardava, il modo in cui rispondeva... eppure, di lei non sapeva praticamente nulla a parte il nome, l'età e che amasse bere.


 
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view post Posted on 12/7/2018, 22:25
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Serpeverde - III Anno - 17 Anni




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Sembrava tutto così assurdo, eppure anche maledettamente perfetto. Erano andati via da quel posto fin troppo pieno di gente per i gusti di una ragazza che aveva sempre amato la calma e la solitudine, il silenzio della notte, la pace che regalava il rumore delle acque del Lago Nero o il fruscio degli alberi. Aveva salutato con un filo di malincuore la piccola dei Leiva, avrebbe voluto intrattenersi un po’ di più con lei, per studiarla, conoscerla meglio e cercare di capire quale fosse la sua natura. Sophie aveva sempre parlato poco, ma i suoi occhi erano sempre ben attenti e vigili, perennemente pronti a scrutare ogni singola espressione del viso delle persone che si ritrovava ad aver di fronte. Era grazie a questo suo “allenamento” che era diventata così brava a capire al volo il carattere ed il modo di pensare della gente, su questo non v’era dubbio. E amava farlo.
Quella fu la prima volta in cui si Smaterializzava congiuntamente, seppur lei non ne fosse ancora capace. Non aveva avuto il tempo di farsi prendere dall’ansia, perché Abel aveva fatto sì che tutto finisse velocemente, ed era stato maledettamente bravo. Certo, la nausea che l’aveva colpita l’attimo dopo non era stata di certo piacevole, né tanto meno quei giramenti di testa. Ma stava di fatto che aveva provato sensazioni peggiori, in quel di Gerusalemme. Per quanto inizialmente quella “gita fuori porta” si fosse presentata come una tragedia, dovette ammettere a sé stessa che era servita a cambiarla, a migliorarla. Aveva imparato ad essere leggermente più clemente con il prossimo, ad essere più tollerante, e nello stesso tempo l’aveva rafforzata, nel vero senso della parola.
Giunti a destinazione e una volta ripresasi da quella sensazione nauseante, si guardò intorno. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che era tornata a casa, ma di una cosa era certa: non era mai stata al centro di Londra. Seppur vivesse in uno dei quartieri magici più famosi nella stessa città, i suoi genitori non si erano mai degnati di mescolarsi con i Babbani, e così fu costretta a fare anche lei. Non che l’idea la facesse impazzire, ma da qualche tempo a quella parte aveva cominciato a scoprire alcuni lati dei Non-Maghi che apprezzava, in primis il loro ingegno. Certo era che provava pur sempre quel senso di ribrezzo nei loro confronti, ma quella città prima o poi avrebbe dovuto visitarla. E poco le importava del resto. Tra l’altro era lì con Abel, l’unica persona che apprezzasse in quel periodo della sua vita. Cominciò a camminare al suo fianco, mentre, con occhi leggermente meravigliati, si guardava intorno.
«Scusa?» In quel momento si voltò a guardarlo alzando un sopracciglio, con aria perplessa. «Piuttosto mi è dispiaciuto abbandonarla lì. Ma avrò altre occasioni per approfondire con lei, non ne dubito.»
Abbassò lo sguardo, continuando a camminare, mentre ascoltava le successive parole del ragazzo. Ebbe come la sensazione che egli si sentisse in colpa, in qualche modo, per aver permesso ai suoi genitori di rendere Lilith un’arpia senza un minimo di cuore, ma lei sapeva, sapeva come andavano le cose in quel mondo.
«Cambierà, Abel.» Fece, seria, senza smettere di camminare. «Ero più o meno come lei, alla sua età. Io sono cambiata.»
E che fosse cambiata era assolutamente vero. Scoprire la verità sulla sua famiglia le aveva permesso di aprire gli occhi, di capire molte cose. E tutto quello che avevano fatto i suoi genitori era ingiusto. Cominciò a sperare che quel discorso finisse lì proprio come era cominciato. Le aveva sempre fatto male parlare della sua famiglia, non perché fosse una persona debole, ma perché pensare a suo padre le faceva riaffiorare quell’odio profondo ed infinito verso tutto il mondo. E Abel non meritava di essere odiato, non da lei almeno. Un altro motivo per cui molto spesso aveva i capelli sciolti era proprio dovuto alla sua fissazione di voler cercare in tutti i modi di nascondere quelle cicatrici sul viso. Ma col tempo aveva imparato a capire che era tutto inutile, quelle cicatrici sarebbero rimaste sulla sua faccia per il resto della sua vita, e di certo qualche ciocca di capelli non avrebbero mai potuto nasconderle. Si era ormai convinta di poterle portare fieramente, non a caso quel giorno la sua lunga chioma venne legata in una coda alta. Il suo viso era ben visibile, poteva far vedere ogni singolo pregio o difetto, e poco le importava ormai, a dire il vero.
Si voltò un’altra volta in direzione di Abel e si fermò per un attimo, giusto il tempo di osservarlo togliersi quella giacca. Effettivamente, non aveva idea del motivo per cui anche lei la indossasse ancora. Faceva caldo, davvero caldo, ma il sole era ormai lì lì per tramontare. Il cielo stranamente scoperto di Londra era di un arancione acceso, tanto da illuminare le strade umide e i ciottoli dei vicoli. Persino l’oro dei capelli di Sophie sembrò brillare sotto quei raggi dal colore caldo, e con esso gli occhi verdi di Abel, che sembravano aver cambiato tonalità. Ed erano ancora più belli, così belli che l’avevano distratta dal fisico ben definito che aveva appena messo in mostra. Non aveva mai avuto modo di vederlo vestito così, o quanto meno non con le braccia scoperte. Era perennemente ben vestito, prevalentemente in nero, come il bon ton che le famiglie Purosangue richiedevano. Eppure quel bianco gli donava così tanto.
Perché gli aveva chiesto di andare? Bella domanda. Ma quella principale era: perché era andata a quel ballo? Considerando che non era più Prefetto e che difatti fino al giorno prima di quell’incontro al pub di Madama Rosmerta era assolutamente convinta di non andarci, perché in realtà lo aveva fatto? Che cosa avrebbe potuto rispondergli? “No, sai, in realtà ti ho invitato soltanto per avere un’altra scusa per vederti”? No, non avrebbe potuto, e non l’avrebbe mai fatto, nonostante fosse vero.
«Non avevo intenzione di andarci, a dire il vero.» Riprese a camminare, guardando di fronte a sé. «Ma ad ogni modo sì, preferivo stare da sola con te.» Ammise, senza pensarci su più di tanto. «…E dovresti saperlo, odio quella roba.» Sorrise appena, voltandosi a scrutare il viso di Abel per un breve lasso di tempo.
«Allora, dove mi porti, Sir?»


 
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Abel Leiva
view post Posted on 13/7/2018, 09:18






Abel Leiva




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Abel era mai stato così? Era sto molto diverso, durante i suoi primi due anni, era stato più chiuso, più silenzioso, meno casinista ma no, non si era mai vantato di un nome, dei soldi o dello status di sangue, non si era mai vantato per i suoi bei vestiti, per un manico di scopa di ultima generazione e nemmeno dei voti, che comunque, si guadagnava da solo. Non era mai stato vanitoso seppur lo potesse sembrare, era stato sempre sicuro di sè e spesso poteva essere passato per pallone gonfiato, magari in parte era anche vero che avesse un ego niente male, ma non aveva mai schifato nessuno. La sorella era del tutto diversa, era tutto il contrario e Sophie l'aveva potuta vedere, anche se per poco. Era di quelle persone che credono di essere un gradino sopra gli altri, che non si faceva problemi a bistrattare chiunque in pubblico, perfino suo fratello, una che non aveva rispetto per niente e nessuno se non per i loro genitori, una che si lasciava comprare dai regali del papi. Una tecnica, quella di cercare di comprare cervelli, che il padre aveva tentato di fare anche con lui e che Abel conosceva bene, ma che non lo aveva mai preso in nessun modo. Aveva a disposizione tutti i soldi di famiglia? Li spendeva e spandeva ma non per farlo vedere agli altri, non per ostentare ricchezza, era un dispetto verso i genitori, spendere per comprare roba costosa ed inutile ma, per quanto si fosse sforzato, tutte le sue spese pazze non avevano minimamente scalfito il conto bancario di famiglia. Avere qualcuno che la tenga d'occhio a scuola non mi dispiacerebbe ammise alle parole della ragazza, osservando le luci della città che si facevano sempre più nitide col sole che spariva dietro ai palazzi Ma non la conosci, Sophie. se ti rispetta è solo perchè ti vede come una "degna". Ma ora che ti ha vista con me, non lo so perchè per una come Lilith, se c'era qualcuno peggiore di un figlio di Babbani, quello era un Purosangue che fraternizzava con tutti coloro che venivano marchiati a fuoco come "traditori del proprio sangue puro". Ed Abel era un traditore del sangue puro. Ma non desiderava passare il resto della serata a parlare di sua sorella o a pensarci troppo, ormai era così, non avrebbe cambiato idea e se mai lo avesse fatto, lo avrebbe continuato a vedere come il fratello maggiore che l'aveva abbandonata. Continuò a camminare affianco alla ex Prefetto in silenzio, pensieroso per qualche attimo, prima di tornare a volgere il viso verso di lei, osservandola con aria decisamente diversa, più rilassata, la solita faccia da schiaffi di Abel, tenendo ormai il chiodo di pelle in mano, con indice e medio. Erano vestiti come due babbani e se non avesse letto male, due babbani nemmeno troppo rispettabili visto che gli harleysti solitamente infrangevano regole su regole, ma cosa importava? Non stavano facendo nulla di male e lei, beh. Non era abituato a passare tempo con persone vestite da motociclista, non aveva mai frequentato molto il mondo babbano, ma non se ne lamentava se il risultato era quello che vedeva in Sophie, che stava divinamente. Apprezzava anche quel suo aver tirato indietro i capelli, scoprendo del tutto il viso. Poteva osservarne meglio i lineamenti, gli occhi e... Scosse appena la testa ed i pensieri. Era giusto pensarla in quel modo? Non si conoscevano nemmeno troppo, non sapeva nemmeno per certo se lei avesse... No, cavolata. Se avesse avuto un ragazzo, non avrebbe scelto lui per andare al Ballo. E perchè non mi hai invitato ad uscire? chiese, arrestando il passo ed allungando la mano libera per afferrare la sua, o almeno, per provarci a farlo, guardandola di nuovo negli occhi. Avrebbero potuto evitarsi giacche di pelle, ragazzini ripresi, "baby" e sua sorella, avrebbero speso più tempo insieme, in quel modo ma di nuovo, qualcosa nella sua testa gli diceva di piantarla. Di piantarla di pensare a come stesse bene, di piantarla di pensare a quanto gli piacesse avere anche un minimo contatto fisico con lei, a piantare di pensare a come non gli bastasse nemmeno più un minimo tocco. Non era normale quello che pensava, non era normale quello che provava. Ma non era normale nemmeno lui e tante altre cose che pensava o faceva o che aveva fatto, perchè preoccuparsene adesso? Mi avevi chiesto di andare a bere qualcosa, prima che ti trascinassi a ballare. Vuoi rimediare? O vuoi fare qualcosa di diverso, magari da sobri? domandò, senza staccare gli occhi dai suoi. Si aspettava una sua risposta, se non aveva capito male, lei gli avrebbe chiesto qualcosa simile al "cosa proponi di diverso?". E lui non fece altro che tirarla a sè, delicatamente ma con decisione, per la mano che aveva cercato di afferrare, chinandosi di nuovo verso di lei per riprendere il discorso da dove lo avevano lasciato da prima che Lilith li interrompesse. E la baciò. La baciò fregandosene di chi potesse guardare, giudicare, additare, fregandosene del dove fossero. Lei era li, bellissima di fronte a lui e dal momento che si toccarono, tutto sparì, di nuovo.


 
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view post Posted on 13/7/2018, 19:03
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Londra sembrava bruciare, a causa di quei colori. Ma la città non era l’unica cosa che sembrava ardere. Ogni qualvolta che gli occhi di Sophie incrociavano quelli di Abel, percepiva un calore dentro di sé assurdo, che partiva dalla testa, passava dal cuore, dallo stomaco, fino ad arrivare nelle gambe. La cosa strana era che nel loro primo incontro, seppur fossero stati protagonisti di un bacio non propriamente innocente, non si era sentita così. O meglio, aveva provato piacere, un minimo di emozione, sì, ma da quel momento in poi più passava il tempo accanto a lui più sentiva quella fiamma alimentarsi sempre di più. Non sapeva se si sarebbe dovuta impegnare a provare ad estinguerla o lasciarla trasformarsi in un incendio, ma in quell’istante non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andare. Se si metteva a riflettere su ciò che avrebbe dovuto fare per evitare che accadesse ciò che Sophie tentava in tutti i modi di non far accadere, accantonava immediatamente l’idea, passando dalla persona più razionale del mondo alla più illogica. Sostanzialmente diveniva più menefreghista, più testarda, perché il solo pensiero di rinunciare ad Abel la faceva impazzire. Non le importava nulla. Lui era arrivato nella sua vita come un fulmine a ciel sereno ed in men che non si dica divenne una delle persone più belle che avesse mai incontrato, se non l’unica. Sì, Sophie aveva imparato dai suoi errori, ma perché rinunciare a qualcosa di così intenso e nello stesso tempo strano? Tante volte si era ritrovata a dover fare i conti con la sua coscienza, e per il novanta percento dei casi aveva agito in seguito a varie riflessioni. Anche se l’unica volta in cui si era affidata all’istinto aveva sbagliato, non aveva intenzione di evitare qualcosa o qualcuno che la facesse sentire bene. Avrebbe sbagliato anche quella volta? Pazienza, era una persona forte ed indipendente, non avrebbe più permesso a nessuno di ridurla nello stato in cui aveva fatto qualcun altro. Forse era la bellezza di quel posto, forse era il sole, i palazzi, ma sentiva una pace interiore che non aveva mai provato prima.
«Se può farti stare più tranquillo, la terrò d’occhio io.» Rispose di rimando, in un tono di voce serio ma non troppo. «E non preoccuparti, non me la farò sfuggire come ho fatto con te.»
Continuò a camminare al suo fianco ed annuì alle sue successive parole, mentre nel suo cervello ragionava e ragionava su ciò che lei o Abel avrebbero potuto fare per Lilith. Ma avrebbe avuto tutto il tempo per pensarci, quando sarebbe rimasta da sola. L’idea del caos della festa che avevano abbandonato le faceva venire i brividi al sol pensiero. Invitarlo ad andare via da lì era stata una delle cose più giuste e sensate che probabilmente avesse fatto nei suoi diciassette anni, anche se avrebbe potuto, effettivamente, limitarsi ad invitarlo ad uscire, proprio come lui aveva appena detto. Afferrò a sua volta la sua mano cercando di allontanare via quel senso di imbarazzo che sembrava voler fare capolino, perché non era da lei, non era nella sua natura. Alzò la testa e si ritrovò nuovamente quei maledetti occhi di fronte, quegli stessi occhi che non le permettevano di ragionare con lucidità.
«Non ti avrei mai dato una soddisfazione del genere, anche se…» Accennò un piccolo sorriso ed alzò impercettibilmente le spalle per un attimo. «Sì, insomma, il Ballo forse potrebbe essere stata una scusa per rivederti.» Non a caso insisté molto su quel “forse” e non a caso decise di utilizzare il condizionale. Orgogliosa com’era non sarebbe mai riuscita ad ammettere la verità, anche se quella verità la stava divorando, e non poco. Non accennò a distogliere lo sguardo dalle sue iridi per tutto il tempo in cui egli parlò, fino a quando non fu costretta a chiudere gli occhi per abbandonarsi ad un altro, assurdo bacio. Presa alla sprovvista, ci mise un po’ di tempo a ragionarci su, ma poco dopo fece scivolare la sua mano libera dietro la nuca di Abel, come ormai si era abituata a fare, infilando poi le sue dita tra quei capelli ribelli che tanto le piacevano. Lo baciò a sua volta, fregandosene altamente di tutto ciò che li circondava, non ancora del tutto consapevole di quello che le stava succedendo. Non seppe calcolare il tempo trascorso da quando le loro labbra si unirono nuovamente, fatto sta che delicatamente si staccò, senza allontanare il viso da quello di Abel neppure di un centimetro. Restò esattamente lì, talmente vicini che le loro bocche, seppur si fossero staccate, si sfioravano ancora.
«È questo che intendi quando parli di “fare qualcosa di diverso, magari da sobri?"» Un piccolo ghigno rese quella domanda un po’ più maliziosa di quando avrebbe dovuto. «Non possiedo denaro Babbano, quindi temo che l’idea del bere sia scartata, per oggi.» Che fosse un bene o un male non era dato saperlo, ma comunque si premurò di parlare a bassa voce, non solo per la vicinanza tra di loro, ma anche per evitare che qualche passante potesse sentirla.
«Proponi un’alternativa, Leiva? Altrimenti sarai costretto ad accompagnarmi a casa, salutarmi sotto il portico con un casto bacio, andare a dormire e passare la notte a trastullarti su quanto sei stato stupido ad avermi lasciata andare. E ti pentirai, cominciando a chiederti “Quando potrò rivederla?”. È questo che vuoi, Abel?» Nonostante il tono provocatorio, continuava a sentire quella strana sensazione nello stomaco, una sensazione che effettivamente non aveva mai provato. Ma di una cosa era certa: quella fiamma non era più una fiamma.





Edited by Sophie Armstrong - 25/7/2018, 17:02
 
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Abel Leiva
view post Posted on 13/7/2018, 19:44






Abel Leiva




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Il panorama che la capitale offriva ai due Maghi, era davvero meraviglioso. Le ombre si stavano allungando ma il colore rosso del sole in tramonto era ancora vivido, le nuvole si erano tinte di arancione e di un tenue rosato, così come il cielo, che sfumava dal celeste al blu, lentamente. Le strade erano affollate, come sempre in fondo. Non che in vita sua avesse mai passato una sola giornata intera a Londra, fra i Babbani, con una famiglia come la sua, ma c'era stato molte volte e mai l'aveva trovata quieta. Ma nonostante tutto, i suoi occhi non erano che per la ragazza bionda che aveva davanti, lei riusciva a catturare tutte le sue attenzioni, gli piaceva studiarla, imprimersi nella testa il modo in cui sorrideva, i particolari del viso, perfino le cicatrici sul suo volto che si, aveva notato ma non aveva chiesto. Poco importava anche quello, non intaccavano minimamente la bellezza del suo viso. Solitamente, Abel non aveva difficoltà a socializzare, non aveva problemi a farsi amici od amiche, eppure, non aveva mai perso il controllo di se stesso in quella maniera, non si era mai sentito così bene, non aveva mai avuto nella testa una ragazza, non così spesso come gl stava accadendo con lei. "Credi al colpo di fulmine, Abel?", glielo chiesero, anni fa. Colpo di fulmine? Lui rise, che diamine voleva significare? Vedere una bella ragazza e sbavarle dietro, era quello il colpo di fulmine? "No, è quando tutto l'universo gira intorno a lei". Ed in quel momento, tutto girava intorno a Sophie. Peccato il non poter correre da quella vecchia signora a chiederle scusa, a dirle che si, ci credeva, che lo provasse, che fosse di fronte a lui. Sorrise su Lilith ma non nel suo solito modo di fare, sembrava piuttosto scoraggiato a dire il vero. Sono certo che sarai di ottima veglia ma lei ama farsi notare. Non si nasconderà mai come me, lei deve rimanere composta. Non dire cose da plebei, miss Armstrong cercò di darle un pizzico leggero sul fianco, più che sicuro che lei conoscesse benissimo quel tipo di discorsi. Cos...? si voltò ad osservarla e sorrise, beffardo. Forse? Mi hai invitato ad un Ballo in maschera dove non eri obbligata ad andare, ti sei vestita da... mh... motociclista e tu questo lo chiami forse? Armstrong, è chiaro che tu sia irrimediabilmente cotta di me perchè se lei aveva un orgoglio smisurato ed un ego altrettanto alto, Abel non era certo da meno e non si faceva alcun problema a prenderla bellamente in giro. Almeno finchè non la strinse a sè per baciarla di nuovo. Alzò entrambe le mani per afferrarle il volto e questa volta, fu lui a morderle il labbro inferiore prima di staccarsi da lei, proprio come la ex Prefetto aveva fatto con lui, tornando ad incatenare lo sguardo al suo. Si umettò le labbra con fare sardonico e la strinse di nuovo, deviando il viso verso il collo della bionda, risalendo a piccoli baci, verso l'orecchio non posso mostrarti cosa intendessi per "diverso" in una strada affollata, perfino i Babbani mi arresterebbero sussurrò impercettibilmente, sorridendo sulla parte candida e morbida del collo di Sophie, stampandole un morsetto all'altezza della giugulare. Se lei era fuoco, lui non sarebbe stato certo acqua, piuttosto, benzina per rimanere in tema carburanti e moto. Non credo che mi lascerai andare con un bacio casto sotto casa, ma puoi smentirmi. Di nuovo, fu un sussurro basso e caldo, prima di raddrizzare il collo, guardandola in viso con un sorrisetto sghembo e quelle due fossette che gli si formavano inevitabilmente sulle guance, quando sorrideva. Oh eh... Sophie? Io non mi... com'è che hai detto? Trastullarsi? Sul serio? ad uno come Abel? Nah. La sola idea lo faceva ridere seppur fosse inevitabile ed innegabile il quanto fosse attratto da lei. Da pazzi. E forse erano due pazzi ma non si diceva forse che lo fossero tutti i migliori? O che la normalità fosse dannatamente noiosa? Se era pazzo per Sophie, lo preferiva tremendamente all'essere noioso od annoiato. Ma, come gentleman, devo riaccompagnarti a casa sana e salva, o non sarei il tuo cavaliere della serata e di nuovo, le porse la mano col palmo verso il cielo. Abel era così. Era semplice ma sofisticato, era serio e subito dopo ironico, a volte un libro aperto, a volte ipnotico, ma in tutto ciò, non si poteva dire che fosse monotono o noioso. Non sapeva di fumo, lui quel vizio non lo aveva mai avuto, e chi pensava che avere una sigaretta fra le labbra facesse figo, doveva davvero essere un complessato su tutta la linea. Sapeva di buono, di nessun odore in particolare, di fresco. E seppur in quel momento il sangue gli ribolliva nelle vene, seppur il cuore sembrasse volergli uscire dal petto, indossava quella maschera alla perfezione, sorrideva in modo spontaneo, la osservava con aria tranquilla, per la sua Sophie. Sua, almeno per quella sera.


 
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view post Posted on 25/7/2018, 22:40
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Serpeverde - III Anno - 17 Anni




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Per quanto bella fosse quella città, non era lei a farla sentire così. Non era il sole che si nascondeva dietro quei palazzi o i raggi che illuminavano i loro occhi, non era quel particolare edificio contornato da erba fresca e profumata che si trovava poco più lontano da loro, non era quel meraviglioso panorama. Era lui. Erano le sue mani, le sue labbra, la sua voce, i suoi occhi. Tutto di lui la stava rendendo completamente stordita, tutto di lui le piaceva. Seppur in passato avesse già provato una sensazione simile, sentiva nello stesso tempo qualcosa di diverso, un impulso che lei stessa non stava riuscendo a soffocare, qualcosa che andava oltre all’attrazione fisica, ma anche oltre a quella mentale. Quella fiamma dentro di sé si stava alimentando sempre di più, talmente tanto da farle sentire un calore indescrivibile, in quel momento. Non credeva più di voler passare una semplice serata in compagnia di Abel, piuttosto stava cominciando a sperare di poterlo vedere anche il giorno dopo, ed il successivo ancora, e nonostante provasse una fatica immane ad ammetterlo, non poteva evitare di farlo con se stessa. Era qualcosa di troppo forte, più forte persino della sua stessa dignità e del suo orgoglio. Se fino a qualche giorno prima si era ripromessa di non cedere più ad alcun tipo di emozione, positiva o negativa che fosse, l’arrivo di Abel aveva fatto sì che quel pensiero andasse a farsi fottere, e lei – anche non volendo – prontamente lo aveva accantonato nell’angolo più remoto del mondo.
Sorrise deliziata alle prime parole del ragazzo, seppur con un velo di titubanza. Lei non aveva idea di cosa significasse avere un fratello o una sorella, o quanto meno qualcuno a cui si voleva bene. L’affetto fraterno era qualcosa che lei non aveva mai provato per nessuno, i suoi sentimenti viaggiavano in linea retta, toccando soltanto i punti più estremi: o amore o odio. E l’odio era sempre quello più frequente. Ma negli occhi di Abel poteva vedere quanto affetto provasse nei confronti di sua sorella che, seppur perfida e arrogante, era pur sempre sua sorella. Vedeva quanto si preoccupasse per lei, altro lato del carattere di lui che le piaceva. Quel flebile sorriso si trasformò poi in una sonora risata, alle sue successive parole. Per quanto potesse essere vero quanto stava dicendo, lei non avrebbe mai trovato il coraggio di ammetterlo, non in sua presenza, quanto meno. Il problema era che effettivamente non era cotta di lui. C’era ben altro.
«Potrei dire la stessa cosa di te, Leiva. Se sei arrivato al punto di accettare l’idea di tornare in un brutto posto in cui hai trascorso sette anni della tua vita, un motivo ci sarà. E la situazione non era certo delle migliori.» Commentò a sua volta, stringendosi nelle spalle poco prima di terminare il discorso. Le mani calde ad accoglienti dell’ex compagno di scuola afferrarono un’altra volta il suo piccolo viso, e le sue labbra si ritrovarono nuovamente ad assaporare quelle umide di lui, mentre un ghigno si dipingeva sul suo volto nel momento in cui i suoi denti afferrarono il labbro inferiore della biondina. Nell’istante in cui quella stessa bocca si posò sul suo collo, un intenso brivido le percorse l’intera schiena, una sensazione che mai aveva provato prima. Per la prima volta nella sua vita, sperimentò quanto quella sua parte del corpo fosse sensibile, talmente tanto da costringerla a rabbrividire tra le braccia di Abel. Quella strana sensazione non accennò a sparire neppure dopo aver udito le sue seguenti parole, parole che la fecero sorridere spontaneamente con un velo di dolcezza.
«Questo non dovevi dirlo.» Sussurrò, l’attimo prima che egli potesse allontanarsi, seppur di poco, dal suo orecchio. Gli attimi successivi restò in silenzio ad ascoltare ciò che egli avesse ancora da dire, senza distogliere lo sguardo dal suo viso neppure per un attimo. Quel sorriso era ancora lì presente sulle sue labbra e l’espressione ivi dipinta era assolutamente deliziata da quel suo modo di fare, oltre che incuriosita. Decise dunque di reggere il suo gioco, anche se sarebbe finito con una sconfitta per lei prima ancora che potesse iniziare.
«Molto bene, allora.» Afferrò la sua mano e permise alle loro dita di intrecciarsi tra di loro, gesto non propriamente casuale. Tentò di tirarlo a sé ed una volta che i loro corpi si ritrovarono nuovamente vicini, Sophie si sarebbe allontanata poco dopo, nell’intento di ricominciare a camminare.
«Ti concedo di accompagnarmi a casa, dunque. Dopodiché potremo vedere chi ha ragione.»




 
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