Un'Ambra per un Topazio, Privata |

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◗ Amber S. Hydra

◗ 18 anni

◗ Tassorosso
Annuì semplicemente, prendendo atto di quanto potesse avere in comune il suo atteggiamento con quello di Niahndra. C'erano effettivamente cose che si era ricordata di voler acquistare quando ormai era tardi per farlo... per non parlare dei rimpianti durante i vari mercatini che spuntavano come funghi per le vie di Londra ma che puntualmente scomparivano prima che lei potesse lasciarsi travolgere da acquisti poco ragionati. Anche sul doversi concedere qualche gratificazione Niah aveva pienamente ragione, e Dio solo sapeva quanto Amber avesse bisogno di qualcosa in grado di sollevarle il morale in quel periodo. «Mi trovi pienamente d'accordo» Rispose, «Non ho mai pensato alle proprietà terapeutiche di un acquisto ben pensato come in questi ultimi mesi.» Una verità forse un tantino scomoda, ma era quel che era. Nascondere che non fosse proprio stato uno dei periodi migliori della sua vita sarebbe stato assurdo davanti ad una concasata che probabilmente aveva anche avuto modo di assistere a rimproveri più duri del dovuto e tentativi di effettiva fuga da attività sociali anche basiche. Amber ormai era abituata alla vita di casata ed alla frenesia che spesso la caratterizzava, ma dopo tanti passi avanti si era ritrovata a farne altrettanti indietro, con una consapevolezza fastidiosa. «Certo» Distolse la mente dai pensieri che a ritroso l'avrebbero di nuovo portata a pensare al momento in cui il suo umore era peggiorato così tanto, e confermo a Niahndra il desiderio di rimanere lì in attesa. Lasciò che la compagna si ritirasse nel laboratorio che ormai conosceva come le sue tasche, ed approfittò di quei minuti per cercare la frase migliore per introdurre l'argomento che, in primis, l'aveva condotta lì. Le vacanze estive erano iniziate da pochi giorni e se avesse lasciato passare troppo tempo la questione sarebbe rimasta solo un puntino bianco in mezzo a molti altri. Insomma, o in quel momento, o mai più, s'era detta. A muoverla non era stato solo il desiderio di chiarire la faccenda, ma anche la curiosità dettata dal suo credere di conoscere Niahndra al punto da non pensare che potesse commettere un errore così grossolano. Aveva forse sbagliato a giudicarla fin dall'inizio? Avrebbe anche potuto trattarsi di semplice distrazione, in fondo chi era Amber per emettere un verdetto quando recentemente era riuscita perfino a consegnare una ricerca di Erbologia al professore sbagliato? Ad ogni modo se non avesse chiesto non avrebbe mai potuto sapere, e si sarebbe fatta andare bene qualunque risposta - o almeno così si era detta - che Niahndra avesse scelto di darle. In fondo, non era suo il negozio e non stava a lei condannare o assolvere nessuno. Fu proprio il ritorno della commessa a distrarla dalle giustificazioni mentali con cui cercava di scusare il suo stesso comportamento. Avrebbe semplicemente dovuto farsi scivolare addosso quella lamentela senza farsi gli affari altrui, lo sapeva. Con le dita seguì le linee dell'incastonatura, ma l'ispezione fu breve e soddisfacente, Amber annuì. «E' perfetto» non erano proprio in dubbio le doti di Niah sulla lavorazione del materiale, ulteriore ragione per riflettere su quanto la Signora Dougherty le aveva detto. «... e stavolta non rimanderò tanto a lungo l'aggiunta della terza pietra.» aggiunse, pagando quello che già sapeva di doverle e vuotando quasi del tutto il borsello sul bancone. Sapeva che ormai il momento di dare il via a quella piccola indagine era vicino, e sapeva di dover trovare un modo per non farsi abbandonare da Niahndra in quel momento, ma di certo non si aspettava che fosse proprio quell'ultima a chiederle se la volesse aspettare. Le fece piacere, più di quanto avrebbe ammesso in verità, quindi non dovette minimamente forzare il sorriso delicato che funse da prima risposta. «Ti aspetto, fai pure con calma» lentamente e con l'intento di mettere meno pressione possibile, Amber si diresse verso la porta ed attese lì che la tassina finisse quello che aveva iniziato, chiudesse cassa e la raggiungesse. Prima che entrambe uscissero, nel tentativo di essere più naturale possibile, aggiunse: «Per caso hai più visto la Signora Dougherty da queste parti?» Quella donna tanto elegante quanto furente le aveva rubato venti minuti di pura lamentela il giorno dopo "il misfatto" ed Amber non aveva potuto non notare come ripetesse il proprio cognome ogni trenta secondi netti, probabilmente convinta che quello valesse come tesserino identificativo per richiedere un trattamento ancora più privilegiato. Tenne lo sguardo rivolto verso la Londra in lento moto che le attendeva a pochi passi, ma quando e se Niah avesse detto qualcosa, avrebbe poi rivolto la sua attenzione a lei.





Edited by ˜Serenitÿ - 18/6/2019, 08:37
 
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view post Posted on 10/8/2018, 14:23
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pretty good at bad decisionskrhlHg3«Ottima idea», approvò quando Amber si ripromise di non far passare troppo tempo prima di aggiungere un terzo punto luce alla collezione. Infilò il cinturone in una busta di carta che recitava il nome del negozio a fronte e lo porse alla ragazza. «Ci metto un attimo.» Si trattava solo di sistemare il bancone, controllare che nella cassa non mancasse niente e chiuderla.
Controllò di aver riposto gli strumenti da lavoro nel laboratorio e di aver spento le luci; poi si dette un'occhiata intorno e annuì avvicinandosi ad Amber.
Una leggera tensione le correva lungo la spina dorsale nonostante lei cercasse di ignorarla; mentalmente cercava qualche argomento di conversazione poco scontato per poter animare la strada del ritorno così da evitare di chiudersi in silenzi imbarazzanti o —ancor peggio— in chiacchiere di poco conto: aveva idea che la bionda condividesse la sua allergia.
In ogni caso non dovette scervellarsi troppo. Non poteva dirsi sorpresa, anzi, si aspettava che prima o poi la questione sarebbe emersa nuovamente; nella sua esperienza era meglio strappare il cerotto di netto e tutto in una volta, piuttosto che ignorare il problema e ingigantirlo inutilmente. Questo in condizioni normali, almeno.
Scosse la testa mentre si chiudeva la porta alle spalle. «Le ho fatto recapitare un piccolo cofanetto con alcuni omaggi del negozio a mie spese ed un biglietto di scuse, ma credo abbia bisogno ancora di un po' di tempo per smaltire» Si morse il labbro distogliendo momentaneamente lo sguardo. La signora Dougherty si era rivelata un tipetto energico e decisamente indisponente, ma rimaneva una cliente dalle grandi potenzialità; tuttavia non era questo a preoccuparla eccessivamente, aveva imparato che i clienti vanno e vengono, l'ambiente di lavoro invece no. E lei aveva rischiato di rovinarlo tradendo la fiducia di Amber, di Tom che l'aveva in qualche modo raccomandata e della proprietaria stessa del Wizard Store. «Mi spiace moltissimo che tu abbia dovuto subire le sue ire, avrei dovuto esserci io visto che l'errore è stato mio.» E lo pensava davvero: non era stata lei a scambiare le pietre, ma era stata lei a ricorrere ad un trucchetto sleale perché non aveva saputo organizzarsi come una persona matura e responsabile. E gli errori, ne era convinta nel suo animo da inguaribile tassorosso, si pagavano personalmente senza scuse di sorta.
Era vero che negli anni da prefetto si fosse fatta la nomea di implacabile, ma i medesimi standard elevati richiesti al prossimo lei li applicava anche e soprattutto a se stessa; questo le aveva indubbiamente fatto attirare più di una critica, ma si trattava del suo modo di essere.
«Il che significa che hai a tua disposizione un bonus gratuito di "scarica la tua rabbia su Niahndra senza ritorsioni" da usare quando vuoi» Accompagnò il segno delle virgolette con un sorriso accennato, ma non per questo meno sincero.
Lasciò quindi cadere lo sguardo sui propri piedi ipnotizzata dal movimento ripetitivo, senza pensare a dove stesse andando.
Si scosse la frangetta liberando un po' la fronte e si godette la frescura che il tramonto portava con sé, percependo appena i pizzichi sulla pelle delle braccia.

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view post Posted on 11/8/2018, 18:36
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◗ Amber S. Hydra

◗ 18 anni

◗ Tassorosso
Il cinturone finì presto nel dimenticatoio, non appena Niahndra glielo porse, Amber lo piegò abbastanza da infilarlo nella borsa a tracolla, incantata al punto tale da nasconderne l'ingombro. Senza il benché minimo accenno di tensione - non era proprio il caso di tradirsi fin da subito - aveva quindi atteso che la collega attivasse uno ad uno tutti i piccoli rituali utili a chiudere bottega. Non le mise fretta, ma rimase piuttosto a vagare con lo sguardo tra l'esterno e l'interno, incapace però di distrarsi realmente. La frustrazione che la cliente aveva riversato su di lei era stata l'ennesima goccia in eccesso in un vaso ormai straripante, doveva sciogliere la matassa dei suoi dubbi prima di passare alla ricerca di un dannatissimo coperchio. Mantenne la propria proverbiale neutralità - al limite dell'apatia - finché non riuscì ad avviare la conversazione vera e propria. Fece qualche passo indietro per dare a Niah tutto lo spazio necessario per chiudere il portone del Wizard. Quante volte aveva compiuto gli stessi gesti? E quante altre l'avrebbe fatto? Sperava, in cuor suo, di poter lavorare lì almeno fino al settimo anno... sempre se fosse sopravvissuta ai suoi G.U.F.O. «Oh, beh.. Ottima idea!» Non sapeva degli omaggi inviati alla Dougherty ed effettivamente rabbonirla in quel modo poteva essere una validissima idea. Lei si era limitata a cercare le parole giuste a voce, ma dopo non si era presa in carico così tanto del problema. Lo sguardo severo che la strega le aveva rivolto andandosene via in fretta e furia avrebbe dovuto far scattare qualcosa anche in lei, eppure Amber non aveva fatto altro che chiedersi come la Alistine fosse riuscita a commettere un errore tanto banale. Inquieta, distolse lo sguardo dalla compagna, mentre le vie magiche di Londra si districavano davanti a loro. Non aveva idea di dove abitasse l'altra e di certo la mancanza di informazioni era reciproca, ma per i primi attimi non diede adito a domande. L'aria fresca del tramonto si insinuò anche in quella via, scompigliandole i capelli e sollevando appena il lembo della gonna. Se non altro non era l'ennesima serata umida ai limiti dell'afa. Il dispiacere che seguì le parole di Niah, riportò lo sguardo acquamarina di Amber sulla figura più esile. Non si era mai soffermata sulle differenze fisiche tra lei ed altre concasate, sapeva di essere forse appena più alta della media, ma la sua attenzione svaniva ben prima che quella potesse preoccuparla. Ben più minuta di lei, Niahndra era riuscita a costruirsi una reputazione di ferro, ed ancor più - pensò - meritava il suo rispetto. «Non-...» avrebbe voluto dire che non importava se la strega si era sfogata con lei, ma perché mentire? Se la verità era ciò che cercava, la menzogna non sarebbe stata il giusto mezzo per poterla pretendere. «...è stato solo inaspettato, diciamo.» Calcolò le sue parole con attenzione, sebbene la sincerità con cui l'altra si stava scusando avrebbe dovuto essere sufficiente. Non specificò se l'imprevisto per lei fosse stato determinato dall'errore commesso, o dal reclamo della donna. Se avesse dovuto pensare al bicchiere mezzo pieno, avrebbe dovuto ringraziare Morgana per non aver invece incontrato il Signor Dougherty. Ancora ricordava le sue viscide mani da Avvincino stringere ermeticamente le sue senza il minimo accenno di assenso da parte della strega. Viscido, basso e con un evidente parrucchino in testa, sembrava grondare Galeoni da ogni poro e ricoprire la moglie d'oro e gioielli, doveva essere il suo unico scopo nella vita; una fortuna per il Wizard, quello sì. E fu sul punto di rivelare quelle divertenti informazioni, per smorzare l'attenzione, quando la compagna aggiunse quel piccolo "bonus" dedicato esclusivamente a lei. Un sorriso appena più divertito rispose per primo a quell'affermazione, spentosi però troppo presto. Amber degnò Niah di un ultimo sguardo, prima di rivolgere le iridi verso Londra, e quelle vie che percorreva seguendo l'indicazione muta della collega. Non sapeva dove stava andando, ma avrebbe continuato a lasciarsi guidare, per il momento. Sincera, seguendo la coscienza che la spingeva almeno ad esternare un po' di quel che le avvelenava l'anima, osò con qualcosa di fin troppo personale. «Potrei averne bisogno prima di quanto immagini...» *ad esempio, ora*, a cui aggiunse subito dopo: «Comunque credo che la Dougherty si sia calmata, non l'ho più vista nemmeno io. Spero però che torni, perché quella donna è il nostro fondo cassa. Non so come faccia ma non è mai stanca di ciondoli, pendenti e anelli. Se un giorno dovesse indossarli tutti temo non riuscirebbe a muovere le mani o stringere la bacchetta. » nel tentativo di non sottolineare il suo recente umore. Pessimo.





Edited by ˜Serenitÿ - 18/6/2019, 08:39
 
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view post Posted on 31/8/2018, 13:08
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pretty good at bad decisionskrhlHg3Niahndra non si faceva illusioni, sapeva bene che non sarebbero bastati un mea culpa ed una mezza battuta per cavarsela nel recuperare la fiducia del prefetto; sapeva anche che sarebbe stato stupido aspettarsi un caldo perdono, per questo non rimase particolarmente ferita dalla reazione piuttosto contenuta e distaccata di Amber. Certo, non negava che le sarebbe piaciuto da un punto di vista puramente egoista, ma non era compito della bionda farle pat pat sulla spalla ogni volta che Niah si sentiva in colpa. *Anche perché altrimenti, non finirebbe mai*.
Meditò se aggiungere qualcosa o meno, per evitare di inquinare scuse sincere, ma alla fine scelse di parlare. «Non sono molto me stessa in questo periodo*letteralmente*Sto cercando di recuperare tutto quello che ho lasciato indietro, ma è più facile a dirsi che a farsi»
Quando aveva proposto scherzosamente il bonus gratuito, già immaginava che l’altra avrebbe sottilmente declinato l’invito (o magari, ci avrebbe riso su); non le pareva il genere di persona che si auto-commiserava o andava in cerca di spalle su cui piangere, però era altrettanto vero che a forza di imbottigliare emozioni, prima o poi occorreva trovare il modo di svuotare il vaso.
Era da un po’, si disse, che non le capitava di trovarsi incastrata suo malgrado nel ruolo di pseudo-confidente, e benché da una parte ne fosse sollevata —era davvero l’ultima persona al mondo in grado di dar conforto— dall’altra lo interpretava come uno dei segni più evidenti del suo cambiamento: in quell’ultimo anno e mezzo si era chiusa in sé stessa più che mai, sorda all’esterno, egoista. Da quando aveva perso i propri valori?
Possibile che Amber le stesse offrendo involontariamente l’opportunità di redimersi (in più di un senso)? Quella era l’occasione di dimostrare che sì, Tassorosso fosse ancora la sua casata e che no, non si era ancora persa irrimediabilmente.
Nel loro breve scambio, che fosse stato intenzionale o meno, la bionda aveva disseminato qua e là una serie di indizi: c’era qualcosa che la assillava, qualcosa che stava mettendo alla prova i suoi nervi.
Niahndra li aveva raccolti uno ad uno senza prestarvi troppa attenzione: era una fervente seguace della mentalità del “se una persona vuole che io sappia qualcosa, si premurerà di dirmela; in caso contrario, non sono affari miei”. Però…
«Speriamo. Devo mettere da parte qualcosa se voglio uscire di casa dopo aver finito gli studi.» Brava, Niah, prendila larga. Ruotò la testa nella direzione della collega, un sorriso sghembo che le attraversava il volto. «Quindi... i G.U.F.O., eh?»
La strada che le avrebbe condotte alla metro era animata dal traffico che caratterizzava l’orario di chiusura dei negozi, ma non ci fece troppo caso. «La commissione quest’anno è severa, in effetti. Ti preoccupa?»
Eccola lì, era scaduta di nuovo nel classico chiacchiericcio da quattro scellini, troppo pavida per fare una domanda diretta.
Non sapeva mai fin dove fosse lecito spingersi.

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view post Posted on 3/9/2018, 14:31
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◗ Amber S. Hydra

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◗ Tassorosso
*A chi lo dici*, fu quanto avrebbe voluto rispondere quando Niah sottolineò di non essere particolarmente in sé in quel periodo. Amber era sicura di aver smarrito quella che per anni le era sembrata la via giusta. Si era persa al punto tale che ogni passo ora era carico di incertezza, rabbia e scetticismo in egual misura. Le poche cose di cui era certa si stavano pian piano sgretolando, evidenziando così come non fossero per niente solide e sicure. Il mondo aveva scelto il momento peggiore per distruggere maschere e muraglie, ma riconoscerlo non avrebbe impedito che accadesse. Ingoiò il boccone amaro di una verità che avrebbe preferito ignorare e distolse lo sguardo da Niahndra. Non scherzava sull'aver bisogno di quella valvola di sfogo, eppure sapeva che di certo non avrebbe mai potuto esprimere quello che provava sul serio. Non ne era capace. Era perfettamente consapevole di aver bisogno di qualcuno disposto ad ascoltarla, ma allo stesso modo la sua coscienza le suggeriva a gran voce di tacere perché nessuno era stato messo al mondo per comprendere lei, tra tutti. Avere diciotto anni voleva anche dire sapersi rialzare con le proprie gambe, si era detta in quegli attimi di fredda lucidità, vergognandosi perfino dell'idea di poter chiedere aiuto. Così fu costretta a deviare l'attenzione sulla Signora Dougherty, sicuramente più meritevole con tutti i gingilli preziosi che comprava al Wizard. Autodifesa, forse, ma sempre efficace. Rispose con un mite sorriso di circostanza all'idea di mettere da parte qualcosa per vivere fuori casa, smorzato subito da una serie di pensieri che senza dubbio avrebbe potuto risparmiarsi. Lei, ad esempio, non aveva mai pensato al "fuori" Hogwarts in autonomia. Oltre a non dover forzatamente risparmiare per vivere, non si era mai chiesta se avrebbe trovato un posto in cui stare o se sarebbe rimasta in Villa o a Londra un po' prima di prendere una decisione definitiva. Il tutto era poi stato avvolto dalla nebbia che circondava un altro suo progetto. In verità avrebbe voluto viaggiare - o almeno così si era detta per nascondere la pigrizia mentale e la paura della solitudine -, non appena presi i M.A.G.O. Senza un preciso programma, aveva pianificato di andarsene per almeno un anno intero, alla ricerca dei luoghi di potere magici più suggestivi ed affascinanti. Ovviamente non lo sapeva nessuno tranne lei, ma fu forse quello a permetterle di ammetterlo almeno una volta nella vita. «Finiti gli studi sono sicura che terrò Londra distante per un po'.» Non le era stato chiesto niente, in effetti, ma lasciò fluire le parole in tranquillità liberandosi in parte di un piccolo peso al fine di rendere quel pensiero ancora più reale. Oh, sì uno stacco era più che necessario... anche se mancava del tempo ancora. Aveva preso un ritmo costante, accanto alla concasata, prima che questa sollevasse l'argomento che più avrebbe dovuto agitare una studentessa del quinto anno: i G.U.F.O. e tutto quanto a loro collegato. Commissione intransigente, compresa. Sollevò un sopracciglio e rivolse alla Alistine uno sguardo che avrebbe lasciato trasparire un " Ah, colpiamo dritti al punto senza ritegno eh?" totalmente ironico. Schietta per necessità, non soppesò la risposta aprendo il fascicolo dei suoi leciti timori. «No... se devo essere sincera, mi terrorizza.» disse scuotendo il capo con un sorriso vagamente ironico e sollevando le spalle in un gesto istintivo, prima di riportare lo sguardo sulla strada - che per inciso non sapeva dove l'avrebbe condotta. Per una volta parlare di qualcosa di "normale" sarebbe stato un toccasana, ma non era certa che Niahndra lo avesse compreso. «Midnight più degli altri, ma anche Channing non scherza ed ho il sospetto che la McLinder non farà sconti a nessuno. Immagino sia assurdo, ma ora quello che - ad oggi - temo di meno è Peverell!» Di certo il livello di impegno richiesto nell'ultimo anno da nuovo corpo docenti era di gran lunga maggiore a quello richiesto dai loro predecessori. «Comunque ho la netta sensazione che sarò ancora meno presente dell'anno scorso in Sala Comune, farò della Biblioteca il mio nuovo dormitorio.» Concluse con una certa amarezza a sottolineare il poco desidero che aveva di tornare a chinarsi sui libri e prendere appunti. Quando lo sguardo si posò su quello che sembrava l'ingresso della metropolitana babbana, Amber si chiese se non fossero dirette proprio lì. A quel punto avrebbe dovuto ammettere con una punta di disagio che non aveva idea di come funzionasse. Ed anche che effettivamente l'estremo agio in cui era vissuta ora le si ritorceva contro. Tra l'autista degli Hydra ed i Taxi con cui si era sempre mossa tra una zona e l'altra di Londra, era rimasta in un limbo che poco combaciava con quello che forse era il mondo vero per Niahndra Alistine.




Edited by ˜Serenitÿ - 18/6/2019, 08:39
 
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view post Posted on 17/6/2019, 21:59
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pretty good at bad decisionskrhlHg3Che le abilità della Alistine nell'intrattenere una conversazione fossero disastrose non era una novità per lei, ma forse fino ad allora era riuscita a nascondere agli altri quell'imbarazzante mancanza sotto strati e strati di semplice riservatezza, una scusa senza troppo impegno che le permetteva di allontanare un sacco di domande che invece avrebbero preteso una riflessione più profonda. Ad un’occhiata più attenta, tuttavia, l’alone di mistero si sarebbe rapidamente dissipato in favore di un’immagine meno stoica e di certo molto meno cool.
«Ha senso», trattenne una risatina rispecchiandosi completamente nelle parole di Hydra. «Sai quando si dice “meglio il diavolo che conosci”? Immagino sia così con Peverell.» Ci rifletté qualche istante, la mente che si stiracchiava per agganciarsi a pensieri collaterali. «Ha un che di rilassante, però, la sua presenza. Una costante nonostante tutti i cambiamenti che Hogwarts ha vissuto. Quando non tenta di farci fuori tra un viaggio e l’altro, almeno.» L’ultima considerazione era scivolata via dalla morsa delle labbra per pura casualità, troppo rapida perché il sistema di controllo di Niah potesse trattenerla. Non aveva partecipato all’ultima spedizione del club sebbene fosse stata convocata; si era ritirata solo pochi giorni prima della partenza avvicinando il preside dopo le lezioni perché ancora non voleva saperne di mettere piede al quinto piano.
Al tempo stesso, per la necessità meschina e tipicamente umana di una qualche forma di bilancio contorto nell’universo, sapere che neanche Amber Hydra era immune alle pressioni scolastiche la aiutava a non sentirsi un impiastro totale. Quasi.
Niahndra era brava a sfruttare preconcetti e apparenze a proprio vantaggio; sempre nell’ottica del risparmiare più energie possibili, tendeva fastidiosamente a dare risposte vaghe o imprecise che contribuivano a costruire un’impressione falsata di sé piuttosto che spendere attivamente del tempo a cercare di focalizzare e verbalizzare i propri pensieri, perciò trovava molto più comodo che fossero gli altri a trarre le loro conclusioni senza preoccuparsi di correggerli.
Ciò detto, sarebbe stato ragionevole aspettarsi che lei stessa fosse immune a tranelli simili, ma non era così perché dare per scontate assunzioni o applicare stereotipi costituivano delle scorciatoie piuttosto allettanti per chi come lei ambiva a farsi un rapido ritratto delle persone che la circondavano al fine di decidere in fretta se valesse o meno la pena investire tempo ed energia in un’eventuale interazione.
Riguardo ad Amber c’era poco da dire oltre al fatto che incarnava alla perfezione le caratteristiche di un giovane prodigio. Hogwarts in generale, così come Tassorosso nello specifico, avevano vantato diverse punte di diamante in ambito accademico, ma il prefetto aveva dalla sua una marcia in più. Se avesse dovuto descriverla, Niah avrebbe probabilmente usato l’immagine di un arco: la fattura pregiata, la lavorazione minuziosa —frutto di un sapere che traeva la sua forza nella tradizione—, il connubio tra arte e tecnica, l’eleganza della sua curva e l’essenzialità della freccia incoccata. Certe persone, come gli archi, rendevano al meglio sotto tensione; Amber, ne era certa, rientrava tra queste.
Tuttavia intravedere l’usura nella corda, l’incisione nel legno, era qualcosa di nuovo. Qualcosa che gliela rendeva umana e dunque, per definizione, più vicina.
Prese una decisione di impulso. «Di qua» Frugò nelle tasche dei jeans alla ricerca del biglietto stropicciato dell’abbonamento alla metropolitana, conducendo la compagna verso la schiera di cancelli di ingresso.
Le scoccò un’occhiata sfuggente realizzando la verità quando ormai erano ad una manciata di passi dal gate. «Niente abbonamento, mmmh?» Era strano per un londinese non possederla, ma non così strano per maghi e streghe, a ben pensarci. La Alistine, tuttavia, non poteva dire di averci pensato poi così bene.
Prese una seconda decisione di impulso; d’altronde —operata la prima— le altre seguivano sempre come un effetto domino.
«Comportati normalmente, fai finta di niente e cammina attaccata a me».
La prossemica è la disciplina che studia tra le altre cose lo spazio occupato e mantenuto nel corso di una comunicazione verbale o meno; nella fattispecie stabilisce che distanza relazionale e distanza fisica sono correlate e che lo spazio fisico tra due persone aumenta al diminuire della loro intimità.
Dunque lei e Amber, che pur non intrattenendo una conversazione formale non potevano neanche dirsi intime, avrebbero dovuto mantenersi a poco meno di mezzo metro di distanza l’una dall’altra, misura che —date le reciproche inclinazioni caratteriali— sarebbe potuta aumentare finanche a tre volte tanto.
Niahndra pensò bene di azzerarla completamente.
Con una mano fece scivolare il biglietto nella fessura dello scanner, con l’altra circondò la vita dell’altra ragazza tirandola gentilmente a sé; non appena le porte si fossero aperte, sarebbero dovute scivolarvi attraverso come un sol corpo prima che queste si richiudessero.
L’età e le responsabilità ne avevano sicuramente smussato gli angoli, ma non erano riusciti a domarla del tutto: la Alistine che si era fatta spazio a suon di denti e unghie in orfanotrofio guizzava ancora sottopelle, sapientemente mascherata. Emergeva di rado e sempre per sciocchezze; in quel caso attribuì la colpa all’effetto domino.
Non si era neanche fermata a pensare a cosa l’altra ragazza avrebbe avuto da dire. In negozio le aveva chiesto se avesse fretta di tornare a casa e aveva ricevuto una risposta negativa, ma ciò non significava per forza che Niah potesse rapirla senza troppi riguardi. Eppure quegli indizi disseminati tra le parole e l’accondiscendenza con cui l’aveva lasciata condurre, la facevano ben sperare.
Se tutto fosse andato secondo i piani, Niahndra si sarebbe voltata verso Amber con un sorriso di scuse stampato sulle labbra, ristabilendo una distanza maggiormente appropriata. «Mi è venuta voglia di patatine fritte, ti porto in un posto.»
“Il posto” altro non era che un pub situato ad un paio di fermate da loro, strizzato tra un negozio di giocattoli ed una ferramenta, entrambi chiusi.
Una parte del marciapiede antistante era occupato da alcuni tavoli rotondi mentre all'interno si poteva notare una piccola folla di persone in attesa di ordinare.
Consapevole di non aver portato avanti la conversazione per tutta la durata del tragitto (se si faceva eccezione per una manciata di commenti superficiali), Niah si voltò verso la vittima del rapimento curiosa di studiarne l'espressione.
«Cosa prendi?»
Amber si stava forse pentendo di averle dato corda?

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"I GUFO? Ma Niah, ormai sto ai MAGO" —semi cit.
 
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◗ Amber S. Hydra

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Sospirò insoddisfatta. L'idea che Peverell dovesse essere considerato una manna dal cielo in quel periodo trovava uno strano accoglimento dai suoi nervi tesi come corde di violino, e non le piaceva. D'altro canto la difficoltà davanti a cui la nuova e giovane commissione l'aveva messa era parecchio elevata, ed era vero che in confronto un paio di trattati di Storia potevano fungere da acqua fresca in estati torride come quella appena passata. Morgana, era così disperata? "sì" l'avrebbe canzonata quel piccolo demone interiore che aveva passato l'intera estate a torturarla. La conferma che il tutto però non avesse basi poco solide su cui fondarsi, uscita proprio dalle labbra della Alistine, la rincuorò un pochino. Forse non era la sola... forse non si stava arrampicando sugli specchi di una conversazione già agli sgoccioli. Non aveva sentito il detto a cui la compagna aveva fatto riferimento, ma con un breve sforzo d'ingegno sarebbe arrivata comunque alla conclusione corretta. «Una costante... si. Una di quelle che volentieri malediresti, ma ora che sembrano acqua di rose», sorrise dopo un'infinità di giorni passati a rimpiangere la sua stessa esistenza. Ricordava l'assenza di Niah all'ultimo tentativo di far fuori gli studenti nell'ennesima simulazione del passato da parte del Preside, ma non aveva mai chiesto il perché non si fosse presentata. Era quasi sicura che lui l'avesse convocata, ma gravitare attorno ai fatti che accadevano quando si veniva risucchiati nel pesante tomo magico era qualche che Amber non amava fare. Tant'è che ,dopo Gerusalemme, si era ben convinta di voler seguire l'esempio della mora al suo fianco. «Non voglio nemmeno sapere cosa ha previsto per il prossimo viaggio, ma di una cosa sono piuttosto sicura.. », si ritrovò a dirlo comunque, con un sorriso meno tetro sulle labbra, indice di un voler seguire la linea più leggera, forse per l'impellente bisogno di condividere una decisione già presa «... io vi saluterò comodamente dal dormitorio.» Nemmeno il Preside era a conoscenza di quel suo pensiero, forse perché ancora non sapeva se saltare un viaggio ed annoverare la cosa tra le assenze consentite, o se riconsegnare la spilla da Ateniese come altri avevano già fatto. Precludersi totalmente quelle attività era propriamente da lei, che quando tagliava un ponte non si metteva certo a ricostruirlo, ma che altro aveva in quel momento? Sì scolasticamente se la cavava più che bene, ma al di là di quelle che erano le mansioni di un Prefetto, non faceva nulla che potesse in qualche modo risollevarle il morale - ben più di sette piedi sotto terra - o impegnarle il cervello. Uscire con gli amici? Certo, quali? Lo sguardo tornò a cercare qualcosa oltre l'orizzonte ignoto in ogni senso. Non aveva nemmeno idea di dove stesse andando e quella poteva quasi dirsi la conversazione più lunga avuta con Niahndra. L'ex Prefetto era indubbiamente la personalità più sfuggente di Tassorosso, se già Amber sapeva di essere "difficile" da raggiungere, Niahndra riusciva a batterla. Racchiuso in quel corpo minuto c'era sicuramente molto più di quanto dava - o preferiva non dare - a vedere, ma la bionda era piuttosto sicura che si sarebbero contate sulle dita di una mano le persone che nel tempo avrebbero avuto accesso a quella conoscenza, e non poteva che apprezzare l'insito legame d'introversione che vi leggeva. L'indicazione della Tassorosso arrivò a smorzare i pensieri e, scombussolata da una situazione che non era pronta ad affrontare, la strega seguì in silenzio la scia della concasata avvertendo il disagio tipico di quando non aveva nulla sotto controllo. Il mondo babbano era complesso, questo sì che l'aveva capito, era fatto di tutte quelle piccole agevolazioni che a volte sopperivano la magia ed altre ci provavano soltanto, ma la cosa che più la spaventava erano i mezzi di trasporto. La metropolitana ed il suo essere situata sotto la pavimentazione di Londra, vinceva su tutto. Perplessa, lanciò uno sguardo a Niahndra, che invece sembrava avere già un piano per superare il disagio e l'espressione dubbiosa di Amber «Dovrei... averne uno?» chiese, ma l'altra quasi la precedette infrangendo mille e più barriere con due semplici mosse. Certo la Tassorosso aveva capito di doverle stare vicina, aveva perfino annuito, ma solo dopo si era resa conto di "quanto" vicina avrebbe dovuto essere. Tardi, come sempre. Dal momento in cui la mano della Alistine le agganciò la vita, al momento in cui armeggiò con l'accesso della porta rigida, il cuore le risalì in gola, pulsando come un forsennato. C'era un lampante "che diavolo fai?" che avrebbe voluto esprimere e che sarebbe sembrato incredibilmente ingrato, incastrato tra le labbra. E invece tacque, consapevole che ci fosse qualcosa di sbagliato nell'ingannare il macchinario babbano, ma al contempo grata di non dover dare spiegazioni a chiunque altri nei paraggi o interrompere ogni approccio per una barriera simile. Certo che il brivido di fastidio che provò perdurò ancora i passi successivi, quando un lento ed imbarazzato «Ah-ha... ok, andiamo!» riempì il silenzio. Lasciò che la guida turistica facesse strada, mentre si scrollava di dosso la sensazione di semi oppressione che quel piccolo viaggio le aveva appiccicato al petto. Ignorava quasi completamente l'angolo di Londra in cui avevano fatto capolino e, distratta, non si era pensata di leggere alcun cartello obbligandosi così a prendere un taxi alla fine dell'incontro per farsi condurre nella zona babbana più vicina a casa. Ma era presto per pensarci, considerato che stavano praticamente andando a fare aperitivo da qualche parte. E quella "qualche parte" si stava rivelando un Pub con già un considerevole affollamento di clienti verso la cassa ed alcuni tavolini spartani liberi vicino all'ingresso. Avrebbe puntato a quelli, si respirava l'aria fresca della fine dell'estate ì fuori e più scuriva il cielo e più Amber sapeva di volersi godere del sano respiro, e farlo in compagnia di un'altra persona capace di respirare come lei - il pesce rosso di casa quindi non contava - era già un passo avanti. Uno a volta, come si era ripromessa. Così, senza averne una percezione ben chiara, aprì un sorriso verso Niah, per poi trasformarlo in un'espressione indecisa. Picchiettò con la mano sul braccio. «Hai detto patatine fritte e io non me lo faccio ripetere due volte.» sottolineò, «... e mi fido di qualsiasi altra cosa tu possa consigliarmi qui, è il tuo territorio.» continuò, quando poi un lampo di consapevolezza le impose di aggiungere: «... credo anche di aver bisogno di bere qualcosa di fresco»,affiancandola. Se stava per mettersi in coda non l'avrebbe trattata da cameriera. Aveva già vissuto abbastanza aspettando di essere servita da altri. «Hanno qualche specialità?» Miracolosamente percepì l'aura scura sollevarsi dalle sue spalle appesantite e lasciò che un respiro calmo spegnesse la malinconia che l'aveva avvolta per mesi e mesi. Un passo alla volta, aveva detto. «Se non hai freddo, possiamo sederci fuori, stasera si... respira.» *ed io ne ho bisogno* Le iridi chiare già puntavano al bancone. Il cuore aveva ripreso a battere con cautela, dimesso. Era così, Amber non poteva negare l'umano desiderio di non vivere sempre dietro le quattro mura del suo isolamento privato. Tanto, si era detta, aveva così tanti altri giorni per compiangersi che poteva concedere una serata libera al carceriere. Forse


 
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