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| Lei non è qui. Ancora una volta, Jolene rimase interdetta di fronte alla peculiare scelta di parole della bionda. Come poteva la donna di cui stavano parlando essere nel loro stesso locale? Che si trovasse altrove pareva scontato, eppure il tono di Lia era carico di sottintesi. In qualche modo, riusciva a stupirla ad ogni nuova svolta, creando per lei un labirinto in cui perdersi, circondata da quel buio assordante. Inizialmente la prospettiva di vagare assieme alla Medimaga era apparsa allettante: poteva vantare un fascino fuori dall'ordinario, Jolene era convinta che con la morbidezza dei suoi sorrisi avrebbe potuto ammaliare chiunque. Proprio in quel momento, però, la luce dei suoi grandi occhi chiari mutò percettibilmente. L'aria stessa tra di loro parve raffreddarsi, carica del sussurro così stranamente vuoto che la raggiunse. Lo sguardo fisso sulla nuova espressione di Lia, Jolene provò l'istinto di arretrare. D'un tratto fu come se una parte della donna non fosse più lì: la sua dolcezza si era tinta di sfumature minacciose, rese più oscure dal mistero che continuava ad aleggiare intorno alla sua figura. Da dietro alle lenti che sfocavano la sua percezione, Jolene venne investita dalle sensazioni dovute ad un mutamento che le risultava inafferrabile. Il suo stesso volto tradì quella nuova realtà, tendendosi intorno agli occhi in cui, con impellente urgenza, si agitavano le domande. Indietreggiò di un passo, e i suoi capelli sarebbero scivolati lontani dalle dita dell'altra. Provò a sorridere, ma la dolcezza si era affievolita in favore di un crescente nervosismo. Non avrebbe saputo dare conto di quello che era scattato in Lia, ma le sue emozioni e il suo corpo vi rispondevano a dispetto del suo controllo imperfetto. «Io?», domandò stupidamente. Una risata incerta le scosse il petto. «Io non sono la tua innamorata, Lia. Lei non è qui, e pensavo che non volessi più nessun altro.» Lo ripeté mentre ancora non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo, tanto magnetico quanto capace di infonderle il gelo nelle ossa. Oh, sarebbe stato tutto molto più semplice se si fossero limitate ai canonici scambi formali: due colleghe in un'occasione mondana, a rivolgersi sorrisi di cortesia da dietro i rispettivi calici di champagne. Niente buio o colori ingannevoli, niente sconosciuti ad urtare e spintonare, a restringere continuamente lo spazio a disposizione. «Forse faremmo meglio ad andare», si ritrovò a dire. Tuttavia, incapace di prendere una reale decisione, rimase immobile, in attesa.
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