Vultures, Privata

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view post Posted on 23/8/2018, 13:14
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◇◇◇

Non avrebbe aiutato il nascondere che quella fosse stata un'estate a dir poco infernale. Il tunnel emozionale in cui si era rinchiusa l'aveva logorata a tal punto che si era chiesta se non avesse toccato il fondo una volta per tutte. Però aveva ritrovato il lume della ragione e, seppur emotivamente in lutto, si era rialzata ricominciando tutto dalle basi. Eppure, l'idea di lasciare la sua casa di cura e tornare in mezzo agli studenti - alcuni dei quali pronti a dipendere da lei per i primi passi - la terrorizzava. Non voleva farlo, fino in ultima si era rigirata tra le lenzuola implorando Fergus di trasformarsi in un'isola deserta per fungere da ultima spiaggia in tutti i sensi. Ovviamente non era nemmeno immaginabile una cosa simile. Così, con l'aura spaventosa di chi chiaramente non voleva avere a che fare con nessuno si era avviata verso la stazione più affollata di Londra. Avrebbe volentieri saltato i convenevoli, i sorrisi di circostanza e quei cenni ai conoscenti, preferendo piuttosto trovare al più presto un vagone comodo e rinchiudersi in una delle cabine. Non si guardò alle spalle quando attraversò il falso muro del binario. Aveva chiesto a John di non farle da scorta, ma lui non era riuscito ad assecondare la sua richiesta ed aveva insistito per accompagnarla a King's Cross. Gli aveva allora chiesto di rimanere nella zona babbana della stazione, e lasciarla portare il suo baule con le gabbiette e tutto, ed anche in quel caso le sue parole era state vane. Testardo come un mulo, suo padre non aveva voluto sentir ragioni ed aveva deciso di seguirla come un'ombra, incrementando il disagio che s'annidava nel suo stomaco. Consapevole però che la colpa di quel malumore non fosse per niente imputabile al mago, addolcì lo sguardo limitandosi ad ammonirlo quando lo vide spuntare oltre il muro. Per contro lui alzò le spalle e si finse innocente. Incredibile come potesse assumere ancora gli atteggiamenti del ragazzino che era stato in passato, proprio quelli che finivano per sollevarle di poco il morale. Sbuffò, sì, ma fu tutta scena per lui. «Da qui posso cavarmela, devo solo salire sul treno.» provò a rassicurarlo per evitare che farsi accompagnare da suo padre finisse per rovinare definitivamente quell'immagine che si era costruita a fatica in cinque anni. Avrebbe dovuto ringraziare il fastidioso affollamento lungo il binario se nessuno aveva visto l'abbraccio che le aveva riservato John, a tradimento. Rapido l'aveva stretta a sé per pochi attimi, necessari a ricordarle tutto quanto si erano detti nelle ultime settimane. «Sì, lo so. Ci proverò... Te l'ho promesso.» *un centinaio di volte*Rispose prima ancora che lui potesse chiedere. L'armonia lentamente ritrovata con suo padre stava assumendo per lei il punto focale di quella famiglia che per anni aveva ignorato. Non l'avrebbe spezzata per puro egoismo, perché si era resa conto di quanti danni era in grado di fare e di persone a lei care ne aveva già ferite abbastanza. «Buon viaggio» Su quell'augurio la Tassorosso affidò il baule al treno e vi salì senza più remore, era in anticipo, avrebbe almeno potuto trovare un posticino isolato e tranquillo il più possibile. Fergus non amava viaggiare in treno, Amber lo aveva scoperto l'anno prima quando per poco non aveva divelto la gabbietta con gli artigli procurandosi non pochi danni alla zampa destra. No, lui l'avrebbe raggiunta direttamente ad Hogwarts i giorni successivi. Solo Eve, quindi, la seguì nella spasmodica ricerca di quel posto a sedere. Ben presto però la strega si ritrovò a maledire l'affollamento lungo gli stretti corridoi. Inutile chiedere con gentilezza il permesso di superare gli esaltati ragazzini dei primi anni, fermi come chiodi impiantati nei vagoni. Una di loro, per giunta, le pestò un piede nell'arretrare ad occhi chiusi. Un genio. Amber aspettò che quest'ultima si accorgesse di aver almeno urtato qualcuno, e quando lo fece la sciarpa giallo-nera al suo collo divenne la maledizione del Prefetto. Con gli occhi nocciola sgranati ed un sorriso spaventosamente felice, la bimba attirò l'attenzione dei suoi compagni, quasi tutti Tassorosso. «Prefetto Hydra!» Pochi secondi in più, un sospiro di troppo, ed Amber ricordò Adèl Jones-Carter ed il suo smistamento, ma ancora di più ricordò di averla ad appena una porta di distanza, in dormitorio. «Puoi sederti con noi, se non hai nessuno con cui stare. Abbiamo anche i libri per studiare, ma ci annoiamo, ho intenzione di svaligiare il carrello di dolci e la mia gatta non ti disturberà come l'anno scorso. Passato una bella estate? E' vero che quest'anno voi del quinto andate con le carrozze fantasma?» La schiettezza innocente con cui le parlò a ruota libera stupì Amber al punto che inizialmente non seppe cosa dire. Troppo, tutto assieme. Poi, negò con il capo ricercando il tono meno frustrato nel suo arsenale. Non voleva proprio spiegare il motivo per cui era bene che non si sedesse con loro, oltre al fatto che proprio non riusciva a capire il meccanismo a fondo della richiesta. «Grazie, ma ho qualcuno che mi aspetta.» Mentì. Prima ancora di vedere il sorriso svanire dal volto della bambina, sentì i commenti dei suoi compagni, tutti più o meno simili: "i grandi non si siedono mai con noi". Poche parole riuscirono a far sentire Amber più vecchia di quel che era, e con il cipiglio degli anziani del quartiere avrebbe voluto dir loro che avrebbero dovuto godersi quegli anni perché crescendo la realtà li avrebbe inghiottiti senza ritegno. Ma avrebbe avuto molti altri giorni davanti a sé per rovinare i sogni altrui. Così, facendosi largo in quel corridoio, li superò. Ogni vagone era lì per mettere a dura prova i suoi nervi e ricordarle che non era più in tempo per scendere dal treno e rifugiarsi in qualche sperduto paese montano. Erano tutti avvoltoi ai suoi occhi, pronti ad affondare gli artigli aguzzi nella carcassa di quel che era rimasto di Amber. Quando finalmente raggiunse la carrozza meno gettonata, aprì l'ultima cabina e ci si infilò senza ritegno. Era vuota, doveva esserlo. Caricò il piccolo bauletto sopra la sua testa, doveva avere la divisa e la spilla a portata di mano per indossarla prima dell'arrivo ad Hogwarts, e lasciò che Eve si acciambellasse sul posto accanto al suo. Prima che le iridi chiare si inchiodassero al finestrino ed Amber potesse lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo, però, un'ombra oscurò la vetrata della porta. «Cinque Galeoni che Midnight ti boccia agli esami. » «Bell'amico che sei! Facciamo che ne scommetto sei, e boccia pure te! » Le ombre divennero due e ben presto ebbero dei volti. Studenti tra il terzo ed il quinto anno, suppose, non di Tassorosso, che sembravano intenzionati a sedersi con lei. Senza nemmeno chiedere il permesso, avevano deciso di invadere i suoi spazi - era in effetti egoistico pensare che fossero suoi dato che prima o poi quasi ogni sedile avrebbe avuto un occupante - e per poco non si gettarono a capofitto sui sedili. Smisero di chiacchierare quando si resero conto dello sguardo con lui Amber li osservava. A costo di sembrare più snob di quanto fosse realmente, ringhiò loro un per niente pacato: «Questi posti sono occupati.» con tutta l'intenzione di metterli a disagio abbastanza da farli sloggiare. Sperava non ribattessero perché sapeva di non poter decidere per loro, se avessero deciso di rimanere lì avrebbe dovuto sopportarli per ore. Le sarebbe andato bene chiunque, eccetto loro - si disse mentre con riluttanza i due cambiavano cabina, non senza lanciarle occhiate poco incoraggianti - eccetto quei due. Gli avvoltoi erano ovunque. Ma la verità era che davvero avrebbe voluto poter osservare il mondo muoversi per ore attorno a lei e svuotare la mente di ogni microscopico pensiero. Sospirò quando i due richiusero la porta, ignorandone le voci.

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"



Edited by ˜Serenitÿ - 23/8/2018, 14:40
 
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Era rimasta stesa sul letto per ore, in religioso silenzio, con gli occhi fissi sul soffitto. Aveva sperato fino alla fine che l'intonaco le fornisse la risposta di cui aveva disperatamente bisogno, magari nelle forme di una scappatoia; ma non era accaduto. Erano stati Julian, dapprima, e la vocina sottile di Lavender, dopo, a strapparle un sospiro sconfitto e a scollarla dalla trapunta con un grugnito. Per quanto il desiderio di non tornare a Hogwarts avesse premuto per sollecitare una sfuriata delle sue ━ una di quelle che, di recente, faceva spesso col compiacimento del disagio altrui ━, la prospettiva di dare il cattivo esempio alla giovane concasata le aveva fornito il solo appiglio in grado di rinfocolare il suo senso del dovere. Per questo, aveva afferrato il manico del grosso bagaglio e lo aveva trascinato sulla moquette del corridoio con atteggiamento incurante. Una serie poderosa di tonfi, determinata dall'impatto tra il fondo del baule e il legno dei gradini che componevano la scalinata, aveva annunciato agli altri membri della famiglia la sua decisione: sarebbe andata a King's Cross e avrebbe frequentato i corsi, visto che proprio ci tenevano. In compenso, si sarebbero goduti un'ultima buona dose di malumore.
Nieve era rimasta imbronciata per tutto il viaggio fino alla stazione e non aveva proferito parola.

✦ ✦ ✦



«Tu raggiungi gli altri. Ci vediamo al castello!»

Congedò Lavender con uno sguardo cupo e un tono foriero di sventura, sulla soglia della cabina dalla quale provenivano le voci di alcuni Grifondoro. Poi, si avviò lungo il corridoio. Stringeva la gabbietta con Ania nella mano sinistra, sincerandosi di tanto in tanto che schiamazzi e risate non l'avessero disturbata troppo, e si tirava appresso il baule svogliatamente. A capo chino, pregò di non incontrare nessuno lungo il tragitto e di trovare, fosse anche nella coda del treno, uno scompartimento vuoto. Alzò il viso di scatto, interrompendo il flusso di promesse a Dio in cambio della realizzazione del suo desiderio, solo quando si sentì apostrofare con un allegro "Prefetto Rigos". Non colse nemmeno un terzo delle parole che le rivolse il ragazzo ━ un Serpeverde che aveva incontrato durante una ronda notturna e cui aveva risparmiato una punizione, prestandogli il mantello della disillusione e scortandolo in Sala Comune in un atto di gentilezza ━ sicché gli rivolse un'espressione neutra. Dopodiché, aggiunse un laconico: «Come ti pare!»
Se lo lasciò alle spalle senza il minimo rimorso. C'erano questioni ben più pressanti ad attenderla e a rovinarle l'umore per dar peso alle chiacchiere di corridoio. Su tutte, spiccava l'eventualità di rivedere Astaroth. Aveva riflettuto così a lungo sulla possibilità di abbandonare il corso di cui l'altra era titolare che, per un attimo, si era detta decisa a procedere in tal senso. Poi, il litigio con Grimilde circa il septum aveva ingenerato in lei una trasformazione, facendo divampare la fiamma della rabbia e suggerendole un comportamento più aggressivo: avrebbe raggiunto ogni settimana la botola dove avevano sede le lezioni di Divinazione, ricordando ad Astaroth quanto la odiasse per averla tradita a quel modo. Non sarebbe fuggita, oh no!
Era così presa dalle proprie considerazioni che non si accorse di aver raggiunto la zona meno prediletta del treno, finché non urtò contro un giovane dai folti capelli rossi che era in procinto di chiudere la porta di una cabina. Nel riconoscerla, David ━ era questo il nome del giovane col quale si era scontrata ━ si sentì in dovere di corredare i saluti con una rapida spiegazione relativa alla scommessa che coinvolgeva lui e l'amico. Nieve batté le palpebre: si erano conosciuti in biblioteca, un giorno che la compilazione dei compiti di Difesa era stata più complessa del solito, al punto da spingerli a disertare per una capatina in giardino; l'islandese era perfino stata sul punto di arruolarlo, prima che un acquazzone primaverile li cogliesse impreparati e costringesse a correre in direzione del castello. Ne ascoltò il discorso entusiasta con atteggiamento indecifrabile.

«Non m'importa niente delle tue stupide scommesse, né di quel coglione di Difesa. Tutto quello che m'interessa è trovare un posto, mettermi a sedere e non sentire una parola finché non sarò arrivata a Hogwarts,» sbottò, tagliente.
David la osservò con cipiglio seccato. «Ma che diamine! Tu e la Hydra avete fatto colazione allo stesso posto?! Andate al diavolo!»

Nieve si limitò a mantenere la stessa espressione strafottente, in un primo momento. Quando si rese conto che non solo David si aspettasse una risposta ma, soprattutto, che lei non fosse in vena di dargliene, spalancò appena gli occhi grandi e gli indicò il corridoio con un cenno del capo. Smamma!
L'informazione contenuta nelle parole del giovane la raggiunse solo a posteriori, mentre si assicurava che Ania fosse ancora addormentata nella gabbietta e le sagome dei ragazzi sparivano oltre il punto in cui sostava. Lo sguardo di Nieve percorse il profilo del punto d'ingresso allo scompartimento con un briciolo di aspettativa e sollievo. Possibile che..? Poggiò il baule contro la coscia, dunque spalancò la porta con la mano destra. Scorgere la figura di Amber ebbe un blando effetto balsamico sui suoi nervi, ma non arrivò a smorzare i toni cupi che tingevano la sua espressione. Le rivolse un'occhiata supplichevole.

«Ti prego, Amber, dimmi che questi posti non sono occupati, prenotati o che altro,» esordì. «Se così non fosse, ti prego anche di concedermene uno. Prometto di ripagarti in silenzio.» Da che si conoscevano, era probabile che Nieve non avesse mai parlato in quel modo alla Tassorosso. Ogni traccia di brio, ammesso che ne fosse rimasto, pareva sepolta sotto strati di spessa frustrazione. «In caso contrario, non starò qui a pregarti. Allora?»



Nieve Rigos || Prefetto Grifondoro || 16 anni || Bestia di Satana


Edited by ~ Nieve Rigos - 13/1/2019, 15:29
 
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Vittima della frustrazione che ormai usava come scusa anche con se stessa, non era riuscita a mantenere la promessa fatta a John in partenza. Con lui era stata tranquilla, pacata, certo anche seccata ma di sicuro non aveva sfogato la propria rabbia in alcun modo, e forse quello era stato un errore. Amber non lo sapeva ma aveva bisogno di trovare una valvola di sfogo, qualcosa o qualcuno che le permettesse per una volta sola di scaricare i suoi nervi da tutta la tensione accumulata per poterla mettere a tacere e vivere lo step successivo. William Black non era stato sufficiente alla festa di fine anno, le serviva di più. Eppure era certa che se l'avesse incontrato in quel momento avrebbe dovuto fare appello a tutta la sua forza per attendere di mettere piede nella Sala dei Duelli. Era in quella fase del dolore in cui nessun gioco valeva la candela, ma ogni cosa poteva trasformarsi facilmente in benzina ed alimentare un fuoco che avrebbe invece dovuto trovare il modo di spegnere. Oh, un modo c'era ma era riuscita da sola a cancellarlo dall'equazione. Brava! Erano quindi più le volte in cui si trovava a stringere i pugni involontariamente piuttosto che quelle in cui si chiedeva cosa esattamente stesse sbagliando. Che sbagliasse era ovvio, ma la spirale dolorosa che l'aveva avvolta era fatta da rovi ben più resistenti di quelli richiamati a Gerusalemme, e con spine sia all'esterno che all'interno. Era la sua personale versione di Azkaban. Una prigione.

«Esattamente. Quale. Parte. Di-» la frase quasi ringhiata morì in gola nel momento in cui Amber permise ai suoi occhi di mettere a fuoco la persona che - contro ogni sua indicazione - aveva alla fine aperto di nuovo la porta della cabina. *Nieve*. Le fiamme nelle iridi acquamarina si chetarono quanto bastava a permettere alla bestia che albergava in lei di tacere alcuni attimi. Se si fosse ritrovata davanti uno dei due ragazzi che aveva da poco cacciato era certa che avrebbe montato su tutte le furie, tanto che quella ipotetica sfuriata avrebbe fatto velocemente il giro di tutte le voci di corridoio di Hogwarts. Ma vedere Nieve all'improvviso spense l'immediato desiderio di dare una lezione a qualcuno. Nonostante l'espressione per niente rassicurante, Amber percepì il tono della richiesta della Grifondoro, e non ebbe cuore di rifiutare una persone che - in fondo - non sembrava stare meglio di lei. Essere misere e silenziose, assieme, avrebbe forse aiutato entrambe. Sicuramente, pensò, le avrebbe permesso di vivere comunque il silenzio che tanto agognava. Però, conosceva Nieve abbastanza da immaginare che - prima o poi - avrebbe estratto dal taschino una di quelle domande alle quali lei proprio non avrebbe voluto rispondere, ed in effetti temeva accadesse. Se nella Foresta Proibita, la frustrazione dell'incertezza aveva ammansito una possibile invettiva, quel giorno sul treno niente avrebbe potuto frenare l'eventuale assalto. Amber sapeva, purtroppo, di avere la capacità di sbranarla viva se solo avesse sfiorato gli argomenti più recenti. Lo sentiva, sapeva di covare quel misto di rabbia, senso di colpa e depressione, tale da renderla una bomba ad orologeria. Si sentiva esattamente come una bestia ferita che rifiuta le cure consapevolmente. Forse Nieve per prima non avrebbe voluto sedersi lì, ma ancora non lo sapeva. «Puoi sederti, se è quello che vuoi...» asserì senza il minimo entusiasmo, costringendosi a respirare più lentamente. La Grifondoro non aveva ancora fatto nulla di male, e l'aspetto che aveva in quel momento le indicava ancora di più come anche l'altra avesse bisogno di riposo, silenzio e pace. Attese che il baule fosse entrato del tutto nello scomparto e con un colpo preciso e secco di bacchetta richiuse la porta. «A patto che nessuno segua il tuo esempio.» Proseguì, ed il tentativo di apparire seccata venne smorzato dal senso di tristezza che regnava sopra ogni cosa. Le iridi chiare tornarono ad indagare la figura di Nieve, cercando un contatto che permettesse di stringere un rapido patto. «Nessun altro potrà entrare, e se solo potessi incantare le porte credimi... lo farei, ma sembra che il treno abbia le proprie restrizioni.» continuò salvo poi concedersi una carezza ed Eve, che osservava con sospetto la gabbietta contenente il gatto di Nieve. «Se mi aiutassi a tenerli alla larga...» disse riferendosi con un tono appena più stanco che iroso ad eventuali futuri compagni di viaggio «... mi faresti un favore. Immagino che dopo la partenza potremmo stare più tranquille.» Le parole udite fuori dalla porta - che certo non era così spessa - le tornarono alla mente, ora che poteva associarle al volto cresciuto di Nieve. C'era qualcosa di diverso nella Grifondoro e non solo dovuto al cambio radicale di espressione. Solo che, in quel momento Amber non vi badò, più intenta a mettere i puntini sulle "i" e tornare a guardare fuori dal finestrino. «Il silenzio è l'unica cosa di cui non posso stancarmi. Ti ripagherò con la stessa moneta. »

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"



Edited by ˜Serenitÿ - 28/8/2018, 11:55
 
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Nieve alzò gli occhi al cielo. Le frasi a mezza bocca della Hydra erano l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Non le avevano insegnato a parlare con semplicità, dando il dovuto spazio a sì e no nel gioco dell’interlocuzione? Era piuttosto evidente che, avesse avuto un’alternativa più allettante, non avrebbe mai neppure pensato di oltrepassare la soglia della cabina dove stava seduto uno degli esseri umani più freddi e frustranti che le fosse mai capitato d’incontrare. Non aveva voglia di correrle appresso, non aveva voglia di conoscerla meglio, non aveva neppure voglia di mostrarsi comprensiva, non più.
Sospirò, prima di fare definitivamente ingresso nello scompartimento. Si curò di depositare delicatamente il trasportino con Ania sui sedili dirimpetto ad Amber; solo allora dedicò la propria attenzione al baule. Com’era prevedibile, lasciò la bacchetta agganciata alla cintola e realizzò manualmente ciò che uno sventolio magico avrebbe risolto il pochissimi istanti. Mai come in quel periodo della sua vita, l’attività fisica era in grado di temperare gli aspetti più turbolenti del suo carattere. Col battito accelerato per lo sforzo, Nieve chiuse gli occhi e mantenne la posizione: aveva le braccia alzate verso la cappelliera che sovrastava le sedute di sinistra, i palmi pigiati sul legno levigato del baule e il capo leggermente piegato in avanti. Odiava sentirsi così arrabbiata tutto il tempo!
Furono il rumore secco prodotto dalla chiusura della porta e la voce della Tassorosso a riscuoterla.

«Oh, sarà impossibile tenere alla larga i miei fan, guarda! Sono tutti in fila, pronti ad attaccarci pur di passare un secondo in mia compagnia.» Nel parlare, si voltò per osservare Amber. Prima che potesse riuscirci, però, la sua attenzione venne catturata da un movimento oltre il finestrino: una donna di mezza età ━ una madre, suppose ━ agitava il braccio in direzione del figlio; aveva il viso rigato di lacrime e il marito le cingeva le spalle con fare protettivo. Un tempo, le avrebbero ricordato Grimilde e Julian. Per come stavano le cose in quel momento, era tanto che li avesse salutati prima di balzare fuori dall’auto e dirigersi a passo svelto verso il binario 9 e 3/4, munita dei suoi averi. Non l’avevano rincorsa, né invitata ad aspettarli. Patetici! «Nessuno mi seguirà. Non spiccicherò parola. E, se qualcuno dovesse avere l’infelice idea di introdursi qua, mi occuperò di cacciarlo prima che possa anche solo partorire il pensiero di mettersi comodo. Ora, che te ne pare di iniziare col silenzio, mh?»

Si lasciò cadere sui sedili di malagrazia. Aveva la fronte aggrottata, le sopracciglia inarcate e la bocca incurvata verso il basso. Sospirò ancora e tanto bastò a ricordarle quale fosse la sua unica, effettiva priorità. Roteò il busto per potersi chinare e osservare Ania. Introdusse l’indice in uno degli spazi della griglia e le accarezzò teneramente il naso per assicurarsi che fosse ancora umido. Non si accorse di aver sorriso. Il rimedio preparato insieme alla nonna stava funzionando: se tutto fosse andato come previsto, la piccola si sarebbe svegliata un paio d’ore dopo l’arrivo a Hogwarts; questo le avrebbe risparmiato lo stress del viaggio e l’ondata di miagolii disperati a corredo.
Aveva appena incrociato le braccia al petto, rannicchiata sul sedile morbido, quando la porta dello scompartimento si spalancò per l’ennesima volta. Il viso di una ragazza del quinto anno, che ricordava di aver intravisto al castello ma della quale non conosceva il nome, si affacciò nella cabina. Era tutta sorridente, insopportabilmente sorridente.

Nieve scattò in piedi, lesta. «No.» La durezza che trapelava dalle sue parole smorzò i toni di allegria dell’altra, trasformandone il sorriso in una smorfia di disagio. Qualcosa si mosse nello stomaco della Grifondoro: era senso di colpa. «Li vedi questi posti? Non sono occupati, ma non sono nemmeno liberi. Non puoi sederti.» Detestò sé stessa per l’intransigenza e la causticità cui aveva attinto. Se, per un verso, scagliarsi contro gli altri permetteva alla sua frustrazione di trovare sfogo, per un altro le lasciava addosso la sensazione di disagio che viene con la consapevolezza di aver gratuitamente ferito qualcuno. E Nieve odiava impartire agli altri il trattamento che le era stato riservato da bambina. Addolcì l’espressione, regalandole un ghigno indecifrabile. «E’ che abbiamo avuto entrambe il vaiolo del drago quest’estate. Stiamo bene, ma credo sia meglio prevenire.» La sua bugia non avrebbe potuto essere più debole. «Troverai sicuramente un altro posto. Buon viaggio!»

Nieve chiuse la porta con forza. Voleva evitare che ci fossero obiezioni di sorta. Poi, si voltò verso Amber. Sui suoi lineamenti, faceva bella mostra la stessa espressione intollerante di poco prima.

«Va bene così?!»

Tornò a sedere, accucciandosi sul sedile e osservando Ania. Non si aspettava una risposta. A dirla tutta, non la voleva neppure.


Nieve Rigos || Prefetto Grifondoro || 16 anni || Bestia di Satana


Edited by ~ Nieve Rigos - 13/1/2019, 15:33
 
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La presenza di Nieve non aiutò Amber a calmarsi. In verità aggiunse benzina sul fuoco. Trovare qualcuno di umore anche peggiore del suo era stata un'impresa fallimentare fino a quel momento. Quando la Grifondoro aveva messo piede nella sua cabina - perché ancora la bionda la definiva di proprietà - il clima era passato da "fulmini a ciel sereno imminenti" a "Uragano di terza categoria", ed era sicura che non avrebbe potuto che peggiorare. Non solo non si rese conto della freddezza con cui aveva risposto alla frustrata supplica, ma non se ne curò minimamente. Se c'era una cosa che voleva fare era proprio rimanere in silenzio, fuori dal mondo, e probabilmente niente l'avrebbe convinta del contrario. Con o senza Nieve, poco importava. Ignorò volutamente quei gesti stizziti e insoddisfatti che lei stessa era sicura di aver compiuto poco prima; non aveva intenzione di dimostrarsi perfino più infastidita di quanto evidente. Ringraziò mentalmente che l'ospite non si fosse seduta davanti a lei, così da evitare i fastidiosi sguardi che accidentalmente si sarebbe sentita in dovere di giustificare. Prese nota solo delle bellezza di quel gatto ancora chiuso nel proprio trasportino, prima che Eve decidesse di iniziare ad utilizzare le sue gambe come sedile.

Si sforzò di apparire impassibile di fronte all'ironia tagliente che Nieve utilizzava, a partire dai fantomatici ammiratori inesistenti a finire con l'avvio del timer del silenzio. Se solo fosse stata capace di ringhiare, l'avrebbe fatto, Amber ne era sicura. Così come era sicura che l'elettricità esplosiva nella stanza le avrebbe portate in rotta di collisione se nessuna delle due fosse stata in grado di contenersi. Oh, e lei di contenersi non ne avrebbe voluto sapere. Seria e con un cipiglio più cattivo del normale, fissò Nieve nel momento esatto in cui questa dichiarò di voler smettere di emettere un fiato.*Bene* Non disse nulla, come logico, ma non poté ignorare la nausea che - velenosa - stava aggredendo il suo stomaco con ferocia. Si era stancata di dover chiedere spiegazioni agli altri, e sebbene sapesse di tenere a Nieve ed avesse non poca curiosità nel sapere cosa avesse scatenato quella reazione, non le fu difficile tacere e mandare tutto al diavolo. E lei, comunque, di spiegazioni non ne avrebbe date. Almeno su una cosa erano d'accordo: silenzio assoluto. Certo tra i vari tipi di "silenzio" quello era il peggiore. Tensione, rabbia, frustrazione, tutto combinato in due corpi inadatti a farne da contenitore eterno. E se una rispondeva scossa da tremiti e movimenti scattosi, l'altra rispondeva con un'immobilità granitica. Con la testa bombardata da frasi che sarebbe stato meglio non dire, la strega lasciò che il suo stesso silenzio rispondesse alla non-domanda e portò lo sguardo oltre il finestrino. Tra famiglie in lacrime e scene patetiche, scorse qualcosa che le fermò il cuore. Per un attimo, stupido, breve e intenso, le iridi chiare incontrarono una coppia. Lei con la valigia ancora in mano, lui intento a stringerla prima di lasciarla andare per qualche mese di forzata separazione. Postura, sguardi, carezze... era lampante che non fossero fratelli o amici, e fu il bacio d'addio - anche troppo teatrale per i pochi mesi che separavano Settembre da Dicembre - a darle il colpo di grazia. Ferita, senza voler nemmeno indagare il perché, già piuttosto chiaro per lei, si impose di dedicarsi ad Eve. Le fusa lievi della gatta di solito fungevano da calmante, ma in quella situazione a mancarle non era certo l'affetto... quanto piuttosto l'aria! Non appena fossero partite da King's Cross, avrebbe aperto il finestrino. Fu quello stato d'ansia a ricordarle che non era ancora al sicuro.

L'espressione - troppo - allegra di Mercedes, sua compagna a Pozioni e Trasfigurazione, si scontrò duramente con l'invettiva di Nieve, che Amber non si premurò minimamente di fermare. Come un cane da guardia, la Grifondoro aggredì la ragazza senza il minimo ritegno e, sebbene una parte di lei le imponesse di chetare gli animi per deformazione professionale, lei diede retta alla parte di sé che voleva solo rimanere da sola. Forse più in là avrebbe riso della scusa sul Vaiolo di Drago, che per altro aveva indotto la studentessa a fare retromarcia alla velocità della luce, ma non in quel momento. Se lei era furente per i propri motivi, la rabbia del Prefetto faceva bella mostra al minimo alito di vento, forse fu la stessa autodifesa della bionda a convincerla a non dire assolutamente niente. Si era imposta di passare ameno quelle ore in santa pace ed invece più che volentieri avrebbe spiegato a Nieve la differenza tra "silenzio" e "avercela con l'unica persona che vuole la tua stessa cosa". Ma quando fu sul punto di pensare al fatto che effettivamente avessero un accordo... il cuore mancò quasi due battiti. Lo sguardo serio che riservò a Nieve si aprì di qualche spiraglio, prima che se ne accorgesse. Accarezzò Eve con lentezza esasperante, per calmare così anche i propri respiri sincronizzandoli a quelli della gatta. Gli occhi avvolti da un velo di d'incoscienza lasciarono definitivamente il "mondo Rigos" quanto il treno emise il suo ultimo fischio di richiamo, e la locomotiva iniziò a trainare il proprio carico. Tesa, nervosa ed in procinto di lasciar parlare la propria crisi esistenziale, volse lo sguardo a quella Londra che per un po' non l'avrebbe più vista trascinare i proprio passi come un cane zoppo.

«Perfetto»
Con indicibile serietà, disse l'ultima cosa utile. Senza guardare Nieve negli occhi.

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"

 
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La cucina spaziosa di casa di Grimilde ne aveva sopportato la lunga invettiva col silenzio di uno spettatore a disagio.

«… Cosa diavolo ti è passato per la testa, ragazzina? Finché vivi sotto questo tetto, il mio, dovrai sottostare alle mie stramaledettissime regole, è chiaro? Levati quel coso. Ora.»

Julian, seduto al tavolo della cena, osservò la moglie con una certa inquietudine; solo dopo qualche istante, si risolse a portare lo sguardo su Nieve.
Avevano preso la decisione di rimanere a Londra il giorno stesso dell’inizio delle vacanze estive, dopo aver raccattato la sedicenne in una King’s Cross a dir poco caotica. Un rapido scrutinio era bastato a entrambi per cogliere la presenza ingombrante di un malessere del quale non sapevano nulla. Oltre ogni ostinato tentativo di ottenere una spiegazione e di fronte a un risultato che, ne erano certi, distava anni luce dalla verità, non avevano potuto fare altro. Non se l’erano sentita di trascinarla lontano dalla città e relegarla nell’isolamento della campagna, eliminando ogni possibile distrazione; e si erano mostrati accondiscendenti verso ogni picco di esuberanza, scortesia e mutismo. Ma quello, in effetti, era troppo…

«No.»

La voce di Nieve ruppe il silenzio seguito alle parole di Grimilde con l’inarrestabile brutalità della scure portatrice di morte. Julian la vide battere le palpebre lentamente: aveva le braccia incrociate, le spalle in tensione e le mani che arpionavano forte il tessuto della giacca a fantasia militare.

«Se vuoi che lo tolga, dovrai strapparmelo con le tue stesse mani. Ma non cambierà niente. Tornerò là un altro giorno e me lo farò rifare. E così ancora, e ancora, e ancora finché non ti arrenderai.» La serietà con cui pronunciò quella dichiarazione d’intenti lasciava poco spazio al dubbio che stesse bluffando. «E sarai tu a stancarti, stavolta. Io lo sono già. Sono stanca di sentirmi dire cosa devo fare. Sono stanca di essere presa in giro e sono stanca di essere trattata come una stupida,» decretò con voce acuta. Le labbra tremarono per lo sforzo di trattenere ciò che realmente provava. Julian e Grimilde intravidero, per la prima volta, parte del motivo che aveva determinato quel radicale cambiamento in Nieve. La osservarono avanzare di un passo. «Accomodati! Non saresti la prima a farmi del male, sai? E non sarai neppure l’ultima. Forza! Che aspetti?!»

Con gli occhi velati di lacrime, Nieve alzò la mano destra per esibire il dorso sfregiato.
Le cicatrici furono toccate dalla luce aranciata del lampadario.
Alzò il mento in un tacito invito a metterle le mani addosso.



* * *



Il fischio del treno interruppe il flusso di pensieri, riportandola al presente.
Le dita giocherellavano distrattamente col septum, quando la raggiunse la risposta dell'unica altra occupante della cabina. Nieve le lanciò un’occhiata penetrante e le labbra assunsero una smorfia sdegnata. Amber e i suoi fottutissimi modi altezzosi! Chi diavolo si credeva di essere con quell’aria di superiorità? Da rannicchiata che era, si voltò per escludere la Tassorosso dalla propria visione periferica. Dunque, scivolò sul sedile per mettere quanta più distanza possibile tra sé e la ragazza; nel farlo, raggiunse il capo opposto dello scompartimento.
A quel punto, fu naturale per Nieve allungare le gambe e posizionare i talloni sui cuscini di fronte, creando un ostacolo artificiale al passaggio. Si disse che, se non fosse servito a lanciare un messaggio chiaro abbastanza da scoraggiare gli impavidi, quantomeno avrebbe impedito ogni ingresso indesiderato, mentre lei si prendeva il tempo per ringhiare la giusta quantità di improperi contro il malcapitato di turno.
Le scappò un ghigno al pensiero successivo.
*Sicuramente, sarà uno stupido Tassorosso!*

Ma il divertimento ebbe vita breve. Il moto costante del treno le ricordò presto dove fosse diretta e cosa l’aspettasse di lì a qualche ora. Chiuse gli occhi, concedendosi un sospiro. Non aveva ancora deciso se rassegnare le dimissioni come Prefetto o meno. In un certo senso, era convinta che fosse la soluzione più giusta: non voleva saperne di doveri e incombenze; non voleva saperne di matricole bisognose d’aiuto e dallo sguardo spaurito; soprattutto, non voleva saperne di lavorare a stretto contatto col professor Channing. Gli ultimi mesi dopo la nomina ufficiale a Capocasa erano stati generosi con lei. In un modo o nell’altro, era riuscita a scansare gli incontri a danno di Oliver e Lavender. Ma poteva davvero continuare così per un intero anno scolastico?!

«Dio!» L’esclamazione esasperata le uscì di bocca, mentre portava le mani al volto per nascondersi al di qua dei palmi. Si morse il labbro inferiore in preda all’agitazione. Non era pronta ad affrontare tutto quello e la situazione con Astaroth. Scattò in piedi. Le mancava l’aria. «Non ti scoccia se apro il finestrino, vero?!»

Ben prima che Amber potesse rispondere, Nieve aveva colmato la distanza che la separava dal vetro ed esercitato la giusta pressione per spalancarlo. L’aria fresca la investì, facendole dono di un’ondata di benessere. Mosse un passo lateralmente in direzione opposta a quella di Amber per non invaderne lo spazio vitale — era pienamente cosciente di aver infranto l’accordo sul silenzio a meno di dieci minuti di distanza dalla stipulazione, dunque si sentiva già in difetto — e si allungò per posizionare le braccia sulla sommità del finestrino. Depositò il capo nel punto d’incrocio tra i due arti e sporse appena il viso oltre il margine della cabina. Offrendo la nuca ad Amber, Nieve chiuse gli occhi.

Era così tanto stanca…


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◇◇◇

Lo sguardo che Nieve le rivolse non fece che confermare quanto appena pensato: sarebbe stata meglio senza di lei. Si era convinta che - data la situazione - il silenzio avrebbe vinto su tutto, permettendole dopo i primi attimi di tensione di rinchiudersi nella sua fortezza mentale e rimanervi per ore. Oh, di quanto si era sbagliata! Ma poteva davvero stupirsene? Sbagliare anche i calcoli più semplici era ormai una prassi consolidata. E ricordava benissimo cosa era successo l'ultima volta che si era convinta che tutto sarebbe andato secondo i piani. Le pene di un'ottima memoria erano ancora lì, che permettevano ai ricordi di vagare liquidi all'interno delle iridi distrutte. Non avrebbe dovuto concederle di trovare un rifugio nella sua cabina perché chiaramente la Grifondoro non aveva idea di cosa fosse la gratitudine. Perché nessuno capiva? Perché la gente doveva invadere così i suoi spazi, soprattutto quelli che si ricavava ringhiando come una bestia ferita? Cos'era, eh? Nieve si credeva l'unica meritevole di avere un umore nero? Era convinta di essere la sola a potercela avere con il mondo per un dannatissimo giorno? Forse sì, ma questo non averebbe convinto Amber a guardarla diversamente, o a non affilare la lama con cui la stava trafiggendo. Si costrinse a non guardarla, a rivolgere la sua attenzione al panorama cittadino in lenta scomparsa, nell'attesa che le colline accogliessero il suo sguardo sul punto di naufragare. Avrebbe solo voluto perdersi in quei ritmi all'apparenza lenti, e far sì che il viaggio durasse giorni interi, perché la reclusione in casa non le era bastata. Chiedeva troppo?

A fatica aveva ricambiato lo sguardo i John, quella mattina.Sapeva però che più tentava di sfuggire al suo controllo e più lui insisteva per stringere il filo che doveva legarli. Era pur sempre suo padre, e lei aveva finalmente iniziato a lasciarlo entrare nella sua vita. Una cosa, in quel periodo impietoso, l'aveva capita: era stata lei ad allontanarlo. Sarebbe stato ipocrita lamentarsi dell'assenza di Johnathan, dopo aver capito che era colpa sua se lui non era riuscito ad avvicinarsi. Cingendole le spalle le aveva chiesto di mantenere una promessa. Una sola, semplice. Lei aveva annuito pur sapendo che non sarebbe stata in grado di mantenerla, perché cambiare così radicalmente non era da lei. Eppure, quasi commossa, aveva ricambiato un abbraccio con la foga di chi sa di averne bisogno pur non avendolo mai ammesso. Non sapeva come dirglielo, ma apprezzava così tanto che fosse stato lì con lei quei mesi, che la cosa che più l'avrebbe irritata era proprio l'idea di non vederlo per altrettanto tempo.


Non c'era niente di più irritante di Nieve che sbuffava, si agitava, scattava, si innervosiva e sbuffava di nuovo. Gesti secchi, nervosi e tesi che non facevano che rendere l'atmosfera ancora più caotica e fastidiosa. Amber si chiese se fosse in grado di rendersi conto di avere il potenziale di infastidirla ad un livello umanamente irraggiungibile. Dovette sforzarsi di ricordare che era la stessa ragazza con cui aveva condiviso momenti nettamente differenti, perché a sbottare quel giorno avrebbe impiegato pochissimo. *Ora devi solo restare ferma per qualche ora, ne sei capace?* parve chiedere la sua mente, sfinita. I nervi le si stavano logorando a forza di rimanere immobile con un uragano a meno di un metro da lei. Se per Amber il crollo era in vista, per Nieve doveva già essere in pieno svolgimento, perché l'esclamazione frustrata che si concesse parlò perfino più del volto nascosto tra le mani. Incapace di rilassarsi, la Tassorosso appoggiò le spalle allo schienale, e senza alcun ritegno puntò le iridi acquamarina vero la collega. Fu proprio in quell'occasione che - finalmente - lo vide. Un barlume metallico agganciato al naso della Grifondoro. Cos'era esattamente?

Quasi a voler rispondere alla sua richiesta, la ragazza si avvicinò in velocità a lei per aprire il finestrino e, certa che non sarebbe cambiato nulla se avesse risposto negativamente, Amber non la fermò. Chiusa nella sua personale sofferenza, era certa di non voler sapere cosa avesse istigato quel comportamento nell'altra. Ma, a dispetto di quanto avrebbe voluto mostrare, era sinceramente interessata. Volle raccontarsi che tutto si basava sul semplice concetto riassumibile in : "risolviamo i tuoi problemi, così poi puoi lasciarmi sola con i miei". Eppure disse qualcosa di inaspettato anche per lei. Valutando di non essere in grado di dare conforto, ancora il suo cuore straziato era reticente al contatto con chiunque, fu sul punto di alzarsi in piedi... per andarsene. «Me ne vado, se questo può esserti utile». Sebbene non ne avesse l'aspetto, quella era una domanda. Ed Amber sperò che la risposta fosse positiva. Forse non avrebbe trovato un altro vagone all'altezza, ora che erano partiti, ma almeno non avrebbe dovuto avere a che fare con qualcosa che non sapeva e non voleva gestire. Lei ed i suoi drammi bastavano ed avanzavano.

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"

 
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L’aria le sferzava il viso piacevolmente, favorendo l’abbandono.
In silenzio, Nieve lasciò che il soffio gentile del vento le sfiorasse le ciglia e le spingesse a inscenare una danza primordiale fatta di fremiti e tremori. Due ciocche di capelli, seguendo l’inclinazione del capo, si spinsero oltre il margine alto del finestrino, caddero e presero a dondolare. Avrebbe aperto le palpebre per godersi il panorama, se non fosse stata certa di trovare il grigiore della metropoli. Non era ancora tempo per la scarsa urbanizzazione della periferia, men che meno per i paesaggi sconfinati della Scozia. Ma andava bene comunque. In quel momento di inaspettata incuranza, dimentica del passato e del futuro, Nieve stava bene.
Avrebbe voluto che il viaggio durasse più a lungo del solito, certa del fatto che, quando avesse messo piede fuori dalla carcassa di metallo, la realtà sarebbe tornata a investirla. Arricciò il naso, solleticata da un movimento del septum. Poi, la voce di Amber la raggiunse e profanò la beatitudine del suo rifugio. Forse, si disse, era il giusto prezzo da pagare per non aver adempiuto alla propria parte di silenzio.
Lentamente, si ritirò dalla posizione accucciata che aveva assunto. Desiderava decifrare il messaggio della Tassorosso con più lucidità. Lo sguardo di Nieve scorse dal viso della ragazza alla porta dello scompartimento e, ancora, dalla porta dello scompartimento al viso di Amber.

«Fa’ quello che vuoi,» sfiatò.

Non c’era più traccia sul suo volto e nei suoi modi dell’irruenza di poco prima, quasi che il vento fosse bastato a ripristinarne ciò che rimaneva del poco equilibrio individuale che le era stato concesso.
Nel tempo impiegato a elaborare una risposta, per vero, Nieve aveva considerato la possibilità di non scomodare Amber e concederle la pace di una cabina interamente vuota. In fondo, aveva convenuto con sé stessa, era stata la Tassorosso la prima ad occuparla e, in qualche modo, questo le dava un diritto di prelazione sull’intera faccenda. Proiettarsi nell’atto di recuperare Ania e il baule, scorrere inutilmente il corridoio centrale alla ricerca di serenità e vedersi costretta a subire le chiacchiere moleste di un occupante qualsiasi, tuttavia, era bastato a farla desistere. Non ne aveva la forza e, probabilmente, ne aveva ancor meno la voglia.
Si fece cogliere dall’amarezza senza avvedersene, sicché l’effigie di quel sentimento fugace ma dalle ramificazioni profonde rimase sul suo viso sotto le sembianze di una smorfia solo vagamente ridente. Amber, come tanti altri prima di lei, desiderava andarsene. A Nieve tornarono in mente le parole di Emma, che aveva trovato dapprima vere, poi meschine e, adesso, soprattutto profetiche: “forse è per questo che rimani sempre sola al mondo… perché non riesci a vedere al di là di te stessa. Al centro devi esserci sempre tu, le tue esigenze, i tuoi sentimenti”. Se non altro, Emma le aveva insegnato a lasciare andare.

«Se pensi che possa essere giusto per te, sei libera di farlo,» le disse con aria stanca, guardandola negli occhi. «Io non ci riesco.»


Nieve Rigos || Prefetto Grifondoro || 16 anni || Bestia di Satana
 
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◇◇◇

Stanca.
Amber era stanca di tutto ciò che la circondava.
Stanca del vociare dei gruppi in stazione a King's Cross.
Stanca del suo sentirsi continuamente a disagio.
Stanca dei saluti oltre il vetro, non rivolti a lei.
Stanca delle espressioni di quei genitori apprensivi.
Stanca degli abbracci e dell'affetto che quell'angolo di mondo regalava agli altri,
e che a lei donavano solo una sofferta fitta al cuore.
Stanca perfino del cadenzato ondeggiare del treno, che avrebbe dovuto cullarla.
Ma più di tutto era stanca di Nieve e di quegli atteggiamenti infantili.

La Grifondoro certo non poteva sapere cosa albergasse nel profondo dell'anima della Tassorosso, ferita oltre l'impossibile, ma non le importava. Così come ad Amber non importava di cosa passasse per la mente di Nieve. In altre circostanze, in altre situazioni, avrebbe chiesto con fermezza cosa avesse potuto scatenare nella ragazzina un esplosione di nervi tanto accentuata, ma non quel giorno. Oh, proprio no, quel giorno Amber riteneva più di ogni altra cosa di meritare di essere egoista e non pensare a nessuno che non fosse se stessa. Non aveva chiesto il permesso di andarsene dal vagone, ma aveva deciso di dare all'altra almeno la possibilità di ritornare sui suoi passi e rimangiarsi quelle esternazioni che avevano già sforato il limite della sua pazienza. Era mai possibile che solo lei avesse un minimo di sensibilità ambientale da capire quando uno sbuffo era già di troppo? Evidentemente sì.Non si era preoccupata di cambiare tono o espressione, non voleva e non doveva. Lei si sentiva in pieno diritto di prendersi il suo angolo di pace ed inondarlo di sofferenza, frustrazione e dolore ad un punto tale che pochi altri avrebbero capito. Era furiosa, e non poteva darlo a vedere. Che davanti a lei ci fosse Nieve, poco importava, in quel momento avrebbe potuto esserci chiunque e chiunque avrebbe ricevuto un gelido trattamento paritario. Degnò la Grifondoro di un solo sguardo, in tacita risposta. Poi scostò gentilmente Eve che - insofferente - zompettò fino a raggiungere la porta dello scompartimento. La bionda si allungò il tanto che bastava per afferrare il suo bagaglio e poggiarlo a terra. Agì con una calma rituale che voleva essere un modo per chetare il suo animo in piena burrasca, perché sapeva benissimo quanto fosse inutile sbottare in quel momento.

Non poté non notare il cambio di registro sul volto dell'altra, ma scelse di ignorarlo. Era stanca perfino di chi diceva qualcosa senza prima pensarlo. Come se lei non fosse stata per anni la prima in quel campo. Ogni singolo sbuffo, scalpitio, gesto seccato, era ben oltre il confine della sua sopportazione. Poco le importava che avessero un senso nel loro piccolo, a lei davano più fastidio del dovuto. Si era imposta di regalarsi un attimo di pace, ed era invece incappata in una situazione potenzialmente esplosiva. Con la mano sul trolley e Eve che con la zampina tentava di aprire il vano, voltò le spalle a Nieve. Affranta, non volle cogliere la richiesta di aiuto insita nelle parole della collega, perché se per prima non riusciva ad imparare a dover essere sensibile, non era Amber la persona giusta per insegnarlo. Non quel giorno. Lo sguardo chiaro si velò di quella tristezza repressa che avrebbe voluto poter ricacciare in fondo al cuore e dimenticare per sempre, ma che aveva atteso così tanto per uscire che ora non sembrava voler sentir ragioni. Allungò febbrilmente una mano verso la maniglia e con uno scatto aprì la porta. Cosa aveva chiesto di tanto impossibile? Voleva solo un angolo in cui soffrire per conto proprio, un limbo in cui non doveva sentirsi l' "Amber di Londra", delusa da se stessa più che da chiunque altro, e non era ancora "Amber il Prefetto", in pieno ruolo e con il dovere di pensare ai nuovi smistati più che a se stessa. Doveva regalarsi quelle ore. Doveva. Era inutile mentire, era a lei che sarebbe stato utile uscire, più che a Nieve. Fece anche il passo successivo, uscì con armi e bagagli dallo scompartimento e richiuse la porta alle sue spalle, corrucciando le labbra in quell'espressione trattenuta ed esasperata. L'accolse il corridoio vuoto, e per poco non si chiese se avrebbe potuto rimanere lì per qualche istante, prima di cercare un punto altrettanto isolato e degno di accoglierla con quel bagaglio emotivo così ingombrante.

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"

 
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«Mi spieghi qual è il tuo cazzo di problema?»

La domanda fece la propria comparsa in cabina che Amber aveva appena oltrepassato l’uscio. Nieve quasi non si accorse di averla pronunciata, come non aveva colto il cambiamento ingenerato in lei dai gesti di abbandono della Tassorosso. Si era limitata ad osservarla a braccia incrociate, mentre il vento le scompigliava i capelli attraverso il finestrino: Amber aveva recuperato il baule e ciò che rimaneva dei suoi averi con quell’aria imperscrutabile che solo nelle pieghe della fronte lasciava intravedere la portata di un enorme disappunto. Dopodiché, le aveva voltato le spalle a cuor leggero, quasi che fosse naturale dimenticarsene e passare oltre. Qualcosa, in Nieve, si era incrinato fino a morire.
Lo scroscio della vita metropolitana operò un blando tentativo di smorzarne l'agitazione e, tuttavia, fallì. Nel gioco di contrasti che intesseva per natura l'animo della Grifondoro e che di recente aveva trovato modo di giungere all'esasperazione, l’equilibrio tornò caos e il caos sollecitò l'innesco alla base delle sue emozioni. Si sarebbe resa conto solo molto tempo più in là dell'effettivo grado di responsabilità che le era imputabile, in quel preciso istante come nelle vicende che l'avevano preceduto. L'aforisma che era la sua vita recitava, infatti, poche ma cruciali parole: voleva litigare. Amber era stata solo particolarmente zelante a sollecitare i suoi demoni.

«Una frase. Ho detto una maledettissima frase e te ne stai andando come se non avessi smesso di spettegolare un solo secondo da quando sono entrata.»

Lo sguardo, rivolto all’indirizzo della sua interlocutrice, era duro della stessa durezza che aveva somministrato a Julian e Grimilde per un’estate intera. Aveva cercato lo scontro a muso duro e senza tregua, impunemente. Si era messa nella condizione di istigare, provocare, ferire fino a diventare una versione di sé stessa che le risultava estranea. In qualche modo, aveva attinto dagli spettri del proprio passato per assumere — finalmente, si era detta — la posizione di carnefice. Da lontano, l’eco dei piagnistei ai quali si era abbandonata nell’ufficio di Astaroth, la sera prima della partenza per Londra, la sfiorò appena nelle forme di un brivido sotto pelle. Nieve lo represse con una scrollata di spalle. Era fuori controllo!
Raggiunse l'altra in prossimità della soglia, avendo cura di rimanere all’interno dello scompartimento.

«Vaffanculo, Amber!»

Chiuse la porta con un secco strattone.


Nieve Rigos || Prefetto Grifondoro || 16 anni || Bestia di Satana


Edited by ~ Nieve Rigos - 16/10/2018, 15:24
 
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◇◇◇

Strinse le dita attorno alla maniglia del bagaglio. Le nocche sbiancarono.
Scosse il capo mentre il respiro si faceva più pesante e denso.
Inspirò e trattenne un fremito. Non poteva rispondere.
Immobile.
Non si mosse nemmeno quando percepì lo spostamento della ragazza.

Le fiamme divampavano nella gabbia toracica, ma Amber non poteva cedere a quei demoni, o l'avvoltoio che nel silenzio l'osservava dal suo comodo ramo avrebbe banchettato con i suoi resti. Poco importava che davanti a lei vi fosse un deserto sconfinato, prima o poi avrebbe trovato un riparo oppure avrebbe imparato a sopravvivere, ma non poteva credere che Nieve fosse un'oasi, non poteva permetterselo perché era evidente che non lo fosse e - quel che era peggio - non fosse pronta ad esserlo. Poteva quasi udire lo sbattere metallico del becco di quell'animale senza gloria. Gli artigli arcuati e famelici avrebbero infranto la morbida ed inutile protezione della sua pelle per penetrare nella carne e strapparle quel che rimaneva dell'organo vitale al centro del petto. Qual era il suo cazzo di problema? Strinse ancora.

Avrebbe dovuto voltarsi e ringhiare a Nieve tutto il suo dolore, vomitarle addosso una serie infinita di problemi che lei però non meritava neppure di conoscere. Quanto stupido era stato credere che tornare ad Hogwarts potesse aiutarla? E quanto lo era stato credere di poter confidare in quelle amicizie che a fatica aveva costruito? Ansante, per lo sforzo di contenere la rabbia che avrebbe preferito far scemare prima che venisse innescata, rimase ancora immobile. Stava dando origine ad uno spettacolo pietoso. Il corpo teso come la corda di un violino non ne voleva sapere di spostarsi, tanto che se Nieve avesse voluto avrebbe anche potuto allungare la mano e poggiarla sulla sua schiena, inconsapevole che toccare Amber in quello stato avrebbe voluto dire far crollare un palazzo di cristallo con miliardi di stalattiti pronte a trafiggere mortalmente gli invasori come lei. Eppure la Tassorosso era convinta di essere stata chiara, si era perfino preparata ad un ringraziamento, se non in quel momento anche più avanti, per quella concessione di pace che aveva generosamente donato. E invece no. No perché Nieve era sul piede di guerra ed ora non poteva più rimangiarsi una singola parola perché Amber le avrebbe tenute a mente tutte. Non avrebbe nemmeno dovuto fermarsi ad ascoltare, eppure la posizione statica sembrava sfidare il coraggio sciocco della Grifondoro con un : "dai, continua!" rabbioso e frustrato. Ma se solo la visuale si fosse allargata e la ragazzina avesse potuto guardare Amber negli occhi, forse avrebbe trattenuto le ultime due parole. Le iridi acquamarina fino a quel momento fisse sulla moquette bordeaux del corridoio tremarono quando un velo umido le invase. Amber Hydra non meritava pace, sembravano gridare perfino le molecole di ossigeno nell'aria che la circondava. Un sorriso amaro si fece largo nella maschera del suo personale dolore, quando ricordò quello sciocco proposito che aveva confidato a Johnathan. La Rigos doveva essere una delle persone di cui potersi fidare ed in quel momento Amber capì che i suoi metri di giudizio erano da affinare e le avventure di Gerusalemme divennero solo un lontano ricordo. Che fine aveva fatto la ragazzina che si era stretta a lei in cerca di una protezione in un momento tanto terribile? Era assurdo che la bionda la ritenesse un'ingrata, quando lei per prima non era riuscita a farsi dire quale fosse stato il problema dentro il libro, eppure fu esattamente quanto comprese. Ma il colpo di grazia assestato con una precisione perfetta arrivò proprio quando l'altra la raggiunse alla porta. Nell'udire quelle parole qualcosa s'infranse in lei.

Sollevò il capo, svuotata di ogni intenzione. La consapevolezza di quanto era appena accaduto la colpì come una lama alle spalle, e le percorse la spina dorsale con un brivido gelido. Non c'era nemmeno bisogno di dire altro, Nieve era stata chiara, ed Amber, beh lei era davvero bene che non dicesse nulla. Senza il minimo desiderio di voltarsi, con un nodo alla gola che davvero avrebbe preferito risparmiarsi, riprese a camminare. L'altra avrebbe potuto vedere la sagoma della studentessa svanire oltre il vetro opaco della porta. La Grifondoro avrebbe potuto capire la gravità di quanto detto dalla reazione di Amber, ma non era certo che l'avrebbe fatto ed ora... non importava più. In trance, con l'ossigeno agli sgoccioli, arrancò a fatica fino alla coda del treno, superando cabine silenziose e cabine rumorose ormai i posti erano stati presi, e fu solo in ultima che trovò un sedile vuoto, fuori da ogni scomparto ma vicino ad un piccolo oblò: era quello il suo posto ora? Morgana! Scaraventò la valigia con poca grazia finché questa non colpì il sedile di fronte al suo. Eve, la sua ombra silenziosa scivolò sotto il seggiolino in legno e lì rimase per il resto del viaggio. Amber, invece, arrivata allo stremo delle proprie forze, si sedette e si arrese davanti alle mille evidenze. Il volto stanco, l'incarnato pallido, gli occhi spenti: era distrutta. Tutto quanto aveva tenuto distante da sé le era ripiombato addosso con un'intensità decuplicata. Era davvero possibile che non potesse avere una dannatissimo minuto di pace? Nel pensarlo si coprì il volto con le mani, e la destra altrettanto velocemente scese chiusa a pugno per scontrarsi contro il rigido poggiolo. Aveva sbagliato anche quando si era convinta di non avere più nulla da perdere e prima che tutto divenisse ancora più patetico nascose la sua presenza con uno degli innumerevoli incantesimi che aveva imparato, nessuno avrebbe dovuto vederla in quello stato, ma lei non avrebbe potuto evitare di vedere il suo riflesso specchiarsi sul vetro. Aveva poche ore a disposizione per riprendersi prima di indossare la spilla e con lei la maschera migliore nel suo armadio, ma il desiderio di abbandonarsi ad un pianto lento ed estenuante venne assecondato comunque. Era bastato chiedersi se Killian si fosse sentito almeno in parte come lei dopo le parole di Nieve, e la diga del dolore si era sgretolata inondando la vallata in cui si era rifugiata.

Dismettendo la posa composta a cui era abituata, puntò i talloni sulla seduta, era larga abbastanza, e si avvolse le ginocchia con le braccia. Aveva bisogno di conforto e non solo non era riuscita a chiederlo ma l'aveva a sua volta negato. Nieve non aveva capito nemmeno uno di quei segnali e la consapevolezza che di lei avesse capito ancora meno aggiunse carico al suo dispiacere. Basta, vi prego, adesso basta. Andatevene tutti.

◇◇◇

Amber S. Hydra ▰ 18 anni ▰ Prefetto Tassorosso ▰ "stay away"

 
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Voltò le spalle alla porta della cabina prima ancora di cogliere la reazione di Amber. Per Nieve, l’ultima battuta aveva sancito l’epilogo del colloquio. La decisione di frapporre una barriera fisica tra loro, a suo modo di vedere le cose, corroborava semplicemente le intenzioni che la muovevano e le rendeva più nette. Non c’era altro che le premesse di comunicare ad Amber e non c’erano parole che avrebbe voluto sentirsi dire. Comprese in quel frangente di desiderare il silenzio perfino più disperatamente che nei minuti trascorsi.

Raggiunse il finestrino per sigillarlo. I primi sprazzi di natura cominciavano a sfilare oltre la protezione offerta dal vetro, anticipando solo alla lontana i paesaggi che l’avrebbero attesa una volta che la distanza da Hogwarts si fosse ridotta. Un tempo, quella prospettiva le avrebbe riempito il cuore di gioia. Le giornate trascorse a scuola — perfino durante i periodi più densi — erano un toccasana per l'umore. In particolare, aveva scoperto di prediligere il momento della colazione: raggiunto il piano terra che la Sala Grande era ancora pressoché deserta, Nieve si godeva lo spettacolo offerto dai fantasmi che volteggiavano pigramente, dai vassoi pronti a riempirsi alla prima sollecitazione, dal soffitto incantato capace di cogliere la bellezza di un’alba sul finire. Le capitava spesso di soccombere alla meraviglia in quelle occasioni, quasi che non fossero trascorsi tre anni dal suo primissimo arrivo a Hogwarts ma solo pochi giorni. Gli eventi dello scorso anno avevano cambiato, proprio sul finire, la trama di un’esperienza scolastica tra le migliori che avesse mai avuto. Ecco perché l'immagine delle torri del castello aveva smesso di addolcirle le ore di viaggio.
Mentre si sdraiava sul sedile che aveva occupato Amber fino a pochi minuti prima, Nieve chiuse gli occhi e ripercorse a malincuore le tappe dello scontro con Astaroth. Le labbra assunsero, dapprima, una posa imbronciata; infine, seguirono la spinta emotiva che le piegò all’ingiù. La rabbia alla quale aveva ceduto in estate era servita a proteggerla dalla profonda tristezza che si agitava nel suo cuore e che, oltre l’incessante sferragliare del treno, sollecitò nel presente la risposta dei suoi dotti lacrimali. Contrasse la bocca per trattenere il pianto, dunque si voltò su un fianco e cercò rifugio nell’imbottitura del sedile. Raccolse col polpastrello dell’indice una lacrima prima che potesse rigarle il naso nel punto che separava gli occhi, quindi sospirò.
Dovunque andasse, chiunque incontrasse e per quanto buone fossero le sue intenzioni, tornava sempre al punto di partenza. Era una carcassa, nutrimento per i predatori. Quant’era ironico, si disse, che fosse lei stessa a sceglierli perché infierissero senza mostrare alcuna pietà? I più puntuali avrebbero esibito la carta del masochismo e, in cuor suo, Nieve non avrebbe più saputo scagionarsi da quelle accuse. C’era stato un tempo in cui aveva imputato a una forza terza la responsabilità delle sue disgrazie, eppure adesso le mancava il coraggio di proseguire su quel sentiero. Era lei a non andare bene. Era sempre stato così e avrebbe continuato ad esserlo.

Era danneggiata, come un articolo che nasca difettoso e venga reso dal titolare di un negozio al produttore. Si era occupata personalmente dell'incombenza della restituzione da Safarà e con l’asciuttezza che richiede un compito meccanico. Se avesse dovuto applicarlo alla propria condizione, tuttavia, non avrebbe saputo come procedere. I suoi genitori avevano fatto presto a disfarsi di lei e Ỳma, la sola che l’avesse mai voluta — non era più tanto sicura che Grimilde fosse dello stesso avviso —, era oramai ridotta a un cumulo di polvere, non troppo dissimile dalle macerie che Nieve sentiva di avere dentro. Per questo, non le rimaneva che assecondare il richiamo del cacciatore, lasciare che le sparasse e banchettasse sui suoi resti.
Grugnì.


Nieve Rigos || Prefetto Grifondoro || 16 anni || Bestia di Satana
 
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