«L'hai vista, Amber?»
Come avrebbe potuto non vederla? Il volto delicato della diciottenne si era sollevato proprio pochi attimi prima, in un estremo tentativo della ragazza di godere almeno un po' della volta celeste. La notte di S.Lorenzo era fatta proprio per quello ed avere l'ampio giardino di Villa Hydra a fare da sfondo poteva risultare una combinazione perfetta. Certo, eccezion fatta per lei che più tempo passava ad osservare le stelle e meno riusciva a mettere un freno alla propria malinconia. Ovunque volgesse lo sguardo, finiva per sentirsi maledettamente preda dei ricordi; a seguito di un lungo ragionamento era quasi arrivata al punto di capire come il problema fosse lei e non il resto del mondo. Quindi, quando la voce di Zio William la raggiunse, lei non mosse un solo muscolo per fargli comprendere se l'avesse udito oppure no. Si erano volutamente separati dal resto della famiglia, che invece aveva preferito utilizzare l'osservatorio dell'ala ovest, al primo piano del maniero. Amber aveva chiesto di potersi assentare e, su indicazione di John, William l'aveva seguita più come consigliere che come effettiva scorta. Nonostante l'umore nero, la ragazza aveva accolto di buon grado l'imposizione a non muoversi da sola, seppur in quel momento sembrasse ignorare volutamente il "guardiano". Quando la cometa come una lama divina tagliò la volta scura senza alcuna pietà, questa si riflesse all'interno delle iridi chiare della ragazza. Pochi attimi incredibilmente sfuggenti che lasciarono in Amber molto di più. Quell'astro in caduta libera non aveva squarciato impunemente solo il cielo di una fresca sera d'estate, ma si era trasformato in una singolare ferita luminosa su un volto che la strega conosceva fin troppo bene. Una visione a dir poco devastante, ma che non poté impedirsi, trascinata da una forza ben più potente e irrazionale. Gli occhi grigi come le nuvole più ostili di Londra, pronti ogni tanto a liberare il sole, tenuto spesso e volentieri in una dolce trappola. Le labbra sottili, sempre sul punto di regalarle un ghigno invitante. I profili definiti di un viso maturo ma che non per questo risultava sempre duro e impassibile. E la semi luna tatuata che, in cielo, combaciava terribilmente con lo spicchio luminoso di quella reale. Il cuore mancò un battito. Non lo vedeva così nitidamente da talmente tanto tempo che immaginarlo come un qualcosa di lontano fu l'unica opzione possibile, eppure le parve lo stesso ancora troppo vicino. Le ciglia tremarono. Una morsa le chiuse la gola. Il profumo del sottobosco, vicino alla tenuta, la raggiunse avvolgendo tutti i suoi sensi e rendendo ancora più vivida quella visione. Per lei era il profumo dell'Amortentia. Per lo zio, forse, la normalità. «
S-si...» Sussurrò appena, distratta ed al contempo ancora scossa da quella costellazione dal volto umano. Non se ne era accorta, ma nel momento esatto in cui l'uomo le aveva indicato il cielo, era diventata il soggetto principale di una metodica ricerca. William non era cieco agli sbalzi d'umore di sua nipote, non lo era mai stato. Sebbene la vedesse poco - e recentemente anche quel "poco" era diventato una rarità - era in grado di notare i cambiamenti espressivi che lei nemmeno sapeva di palesare. Forse il suo rendersi incredibilmente fragile quando arrivava lo zio era un modo per chiedere inconsciamente il suo aiuto, o forse era solo lui che amava raccontarsi quella storia per convincersi di poterla aiutare nei momenti di bisogno. Se molte volte John non riusciva a cavare un ragno dal buco, intestardendosi ad affrontare Amber con una durezza marziale, molte altre era proprio il fratello maggiore ad andare in loro soccorso, avvicinandosi alla ragazzina più di chiunque altro. La studiava senza chiedersi se potesse risultare invadente o meno, a lui avrebbe dovuto essere abituata. D'altro canto, quella sera lei aveva così tanti pensieri attorcigliati l'un l'altro che difficilmente si sarebbe accorta delle attenzioni che le venivano rivolte. O forse semplicemente non erano quelle le attenzioni di cui credeva di aver bisogno. Gli occhi castani del mago seguirono il profilo assorto della ragazza, prendendo nota di come ogni leggera curva potesse sposarsi bene con le flebili luci delle fiammelle incantate per seguirli. Qualunque cosa le passasse per la mente, doveva essere molto importante data l'espressione che imperava sul volto pallido, identica a quella di chi era ancora perso in una dimensione per niente terrena. La radura ampia non imponeva loro alcun limite, e più si allontanavano dalla villa più la volta celeste si espandeva minacciando di inghiottirli per sempre. Forse, si disse lei tornando ad osservare il buio circostante, il cielo le avrebbe fatto un immenso favore isolandola dal mondo. Amara, l'idea che quasi un anno prima aveva avuto sul
come - e soprattutto
con chi - avrebbe voluto passare quella sera , tornò ad infliggerle ulteriore dolore. Quando finalmente Amber parve tornare in sé, William ne approfittò per indagare. «
Allora, hai espresso un desiderio?» La voce incuriosita del mago arpionò la volontà della giovane, costringendola a tornare alla realtà prima che il mare profondo e puntellato di stelle se la portasse via. «
No» Rispose con estrema sincerità, quei languidi occhi verdi non avrebbero potuto mentire ed effettivamente non ne avevano un motivo. «
Avrei dovuto?» Chiese, inaspettatamente, cogliendo anche il mago alla sprovvista. Nelle iridi profonde come pozzi con cui la guardò vide non solo lo stupore di un uomo dedito ad una vita completamente razionale, ma anche il calore e l'affetto di uno zio premuroso. Qualcosa che negli anni aveva scordato. L'uomo scostò il braccio dal corpo; era il chiaro segno di come volesse che lei vi si appoggiasse, anche aggrappandosi senza alcun ritegno se l'avesse ritenuto necessario. Non si era mai arreso davanti agli ostacoli che Amber metteva sulla propria strada, così come non aveva mai accettato un suo rifiuto e, pur sapendo che la nipote non apprezzava il contatto fisico nel novanta per cento dei casi, le offrì il braccio. Se proprio dovevano parlarne, tanto valeva che fossero abbastanza vicini. La bionda lo osservò per un paio di eterni attimi, furono troppe le parole che non disse, ma bastò un cenno gentile e rassicurante per farla cedere. Assecondò quel gesto e le dita si strinsero attorno alla pelle ruvida del suo temporaneo accompagnatore. L'attenzione si alternava tra il cielo ed il terreno ben curato, frutto di anni di lavoro del caro Barry Lewis. «
Non saprei dirtelo, Serenity...» nell'udire il suo secondo nome, ad Amber si strinse il cuore. Solo lui poteva chiamarla in quel modo e solo lui sapeva cosa significasse farlo. Poco dopo, però, fu lo stupore per l'incertezza ad incatenare lo sguardo della ragazza a quello profondo, cupo e serio dello zio. «
Tu ormai sei abbastanza adulta per prendere queste decisioni in autonomia. » La voce calma non si spense di fronte ad una possibile protesta dell'altra «
Ma non avrebbe senso! Perché mai una stella dovrebbe potermi aiutare?»che non si rese conto di aver così ammesso di ricercare un aiuto, ma il mago non calcò eccessivamente la mano, concentrandosi invece sul primo apparente problema. Inspirando, non fermò il suo incedere, preferendo proseguire verso il punto che - a detta sua - sarebbe stato perfetto per avere sotto controllo l'intera volta celeste. Afferrò la mano di Amber con la propria, un gesto che portò la ragazza a lasciarsi sfuggire un sospiro sorpreso. Lo aveva sempre rispettato per il modo in cui si serviva della logica e perché lasciava poco spazio ai sentimentalismi - era forse il motivo per cui avevano abbandonato il gruppo d'osservazione familiare insieme -, o almeno così credeva. In verità William Hydra aveva un'intera gamma di emozioni umane che viveva con la stessa intensità che investiva nel proprio lavoro di Avvomago al Ministero, ma sapeva in quali momenti esporsi ed in quali era meglio evitare. Quella notte non aveva alcun senso rimanere sterili, soprattutto se ad accompagnarlo era una nipote che mai come in quel periodo sapeva essere tanto sconvolta. «
Vedi, ogni tanto è giusto e lecito abbandonarsi a quelle innocue credenze, quelle in cui i babbani letteralmente navigano, se se ne sente il bisogno.» In cuor suo lei sapeva che avrebbe preferito di gran lunga sentirsi dire che era sciocco e terribilmente irrazionale affidare un desiderio a masse gassose distanti anni luce, ma lo zio non disse niente di simile. Incredula ed incapace di capire, arrestò i propri passi prima che William potesse mostrarle una roccia tonda in un punto preciso accanto al boschetto. Era evidente come quella risposta non l'avesse soddisfatta, eppure il mago non solo non ne fece un cruccio, ma parve canzonarla con quel sorriso astuto che per anni era stato il suo marchio di fabbrica. «
Non puoi pensare che io non veda cosa ti sta succedendo, Serenity. Non sono cieco. Nessuno di noi lo è.» proseguì anche quando lei scelse di guardare altrove per concentrarsi sulla fitta erbetta umida. «
Non ti sto chiedendo di credere che una stella possa rispondere alle tue domande, o avverare un desiderio. Ti sto dicendo che dovresti abbandonare per una notte la razionalità a cui tanto ti aggrappi ed accettare di essere anche tu... umana.» Il nodo alla gola strinse la propria morsa, minacciando di aggravare ancora di più la situazione. Non sapeva come vi fosse riuscito, ma le parole che aveva espresso l'avevano smontata pezzo per pezzo. Aveva centrato ogni punto con una precisione chirurgica e letale che non poté non spaventarla, non voleva essere così un libro aperto per lui, o per chiunque altro. «
Io... non-... non posso.» si sforzò di negare velocemente con il capo, permettendo che il viso venisse oscurato dai capelli biondi. Quando lo zio avanzò per cingerle le spalle, rimase inerte. «
Devi. Tu devi lasciare che l'Universo - l'hai studiato, so che conosci le teorie sulla nascita della magia e dell'energia che sfruttiamo - accolga i tuoi pensieri per una notte. Una sola. Togliti il peso che porti sulle spalle, consegnalo alle stelle, ne avranno cura per te.» Una saggezza del tutto nuova, meno razionale e più mistica, aggiunse una nota differente alla voce del primogenito degli Hydra che toccò l'anima di Amber penetrando ben oltre i muri distrutti da una recente battaglia. Indecisa se sentirsi confortata o confusa, alzò di nuovo gli occhi verso la volta scura e trapuntata di stelle. «
Così, brava. Lascia che il cielo ti mostri ciò che deve. Accettalo. E... non tornare troppo tardi.» Abbassando il tono, l'uomo si distaccò da lei, non senza guadagnarsi un nuovo urgente confronto con l'espressione indecifrabile della nipote. Quelle piccole sfere color giada, rese vivide dalle fiammelle che volteggiavano, gli mostrarono uno stupore sincero. Cosa sapeva lui della visione che Amber aveva avuto poco prima? L'aveva sperimentata?
◗ Amber S. Hydra
◗ 18 anni
◗ Villa Hydra - Londra
Sapeva qualcosa che lei non aveva capito? Aprì bocca più volte senza emettere un suono, ed il sorriso soddisfatto di lui fu l'unica risposta che ottenne. Più tardi, negli anni, avrebbe potuto capire a cosa associare la curva particolare di quelle labbra, ma finì per comprendere solo di non poterla razionalizzare. Inerme, osservò lo zio allontanarsi e lasciarla sola. Non appena la sagoma svanì, la strega si arrampicò sulla grande roccia rotonda e le candele si posarono in cerchio attorno a lei. Incrociò le gambe e si concesse un profondo respiro. Davvero le stelle avrebbero potuto accogliere i suoi pensieri e liberarla da quel peso per un po' di ore? Era sciocco voler provare? In fondo, erano state loro a mostrarle quel volto dopo troppo tempo passato a tentare di dimenticarlo. Si sistemò una ciocca ribelle dietro l'orecchio destro ed in contemporanea chiuse gli occhi, inspirando. Poi, lentamente alzò lo sguardo verso il mare scuro sopra la sua testa. Rimase così, per quasi un'ora, in contemplazione. Sospesa in un limbo tra la speranza di poter rivivere l'estemporanea apparizione di prima e la certezza di non uscire indenne da una seconda visione tanto reale quanto inspiegabile.