| The Ritual Chi era Issho Fuji-Tora in quel vasto e cupo mondo, corrotto e lascivo, mentre le antiche meraviglie di un tempo stavano rapidamente scomparendo? E cosa sperava di trovare in ciò che ne rimaneva? Straniero in una Terra non sua, il Ministeriale avanzò tra la vegetazione di Hampstead Heath in quelle che erano le prime ore del mattino, indisturbato e solitario, accarezzato da quella che era una leggera brezza fresca. Era, tutto sommato, una giornata piacevole e favorevole a ciò che il Giapponese si stava accingendo a compiere. Ma la scelta del posto, un parco in cui apparentemente non vi era anima viva, situato nel bel mezzo del quartiere londinese, avrebbe favorito la sua ascensione al cospetto del Dio celtico? Benché fossero passati degli anni e il suo corpo poteva testimoniare attraverso segni piuttosto tangibili, il Mago orientale aveva forse peccato di ingenuità, dettata da una miriade di sentimenti contrastanti e tutti collegati a quanto accadde in Passato. Il desiderio di riscatto l’aveva forse reso cieco anche nell’unico occhio sano che gli era rimasto? Non aveva pensato che potevano essersi altri individui in giro per il parco, pronti ad ostacolare il rituale? Ma c’era ancora tempo per correggere quella piccola pecca; tutto si sarebbe potuto risolvere con il rituale, semmai Issho vi avesse prestato cura e attenzione, con una meticolosità che doveva andare ben oltre alla propria disattenzione nella scelta del luogo. Il rituale era fondamentale, non solo per gli ingredienti richiesti ma anche per la procedura. Solo con un procedimento sprovvisto di passi falsi, anche minimi, avrebbe garantito all’aspirante Adepto di Cernunnos di ottenere la totale attenzione e, forse, benevolenza del Dio della Caccia. L’orientale però si concesse il suo tempo per procedere in maniera misurata, conscio che la fretta era la sua più grande nemica e che non lo avrebbe di certo aiutato ad ottenere ciò che il suo cuore bramava. Una Scoperta. Una Consapevolezza. Una Verità di sé stesso. Il cerchio composto di pietre lisce, fatto per tenere lontano gli Spiriti Maligni venne infine completato e Issho si guadagnò il primo boccone di vittoria. Un’abbondante manciata di foglie e rami secchi e aridi come la più antica e fragile delle pergamene venne infine adagiata all’interno del cerchio, esattamente di fronte alla figura del giapponese, ormai sempre più vicino al punto di non ritorno. Una volta iniziato il rito nulla lo avrebbe riportato indietro suoi antichi passi: sarebbe dovuto andare avanti, volente o nolente. E allora fu la volta del Fuoco, l’impetuoso e imprevedibile Elemento, contenuto dall’incanto appena scaturito dalla stecca di Ciliegio con sicurezza e grande volontà. La lingua rossa dell’Elemento lambì i vecchi frutti della Terra con la stessa bramosia di un focoso amante, fino a diventare l’indiscusso Padrone della situazione. Poi fu il turno dell’Acqua che con gentilezza e cortesia andò ad accarezzare la pelle del Mago, conferendogli un senso di freschezza ma anche di pulizia dai propri affanni e pensieri; se nel cuore di Issho vi era stata anche la più minima traccia del Peccato, l’Acqua - di certo - l’aveva lavato via. La manciata di terra tentò, invano, di dare sollievo alle foglie e ai rametti in fiamme, ma era così che doveva andare dopotutto. Infine, la polvere di Cernunnos venne finalmente sparsa sul fuoco e una sottile linea di fumo bianco, come il latte appena munto, simbolo della Purezza e della Nobiltà d’Animo, prese a risalire l’aria, in cerca delle narici dell’orientale. Ci fu silenzio. Nemmeno il più melodioso degli usignoli osò intonare il proprio canto, permettendo ad Issho di pronunciare la formula che avrebbe richiamato l’attenzione di Cernunnos.E ora che il canto era stato intonato, Cernunnos ben presto si sarebbe rivelato. ➴➴➴ Il Mondo dei Sogni. Un luogo perfetto, incontaminato dal Peccato o da qualsiasi altra forma di Male, dove tutto era possibile e dove tutti potevano rifugiarsi, evadere da quello che era il Mondo dei Vivi, quello crudele e corrotto, in cui la Pace sembrava essere solo un gigantesco taboo. Cernunnos, il Dio celtico della Caccia, sedeva a gambe incrociate su una roccia, contemplando il proprio Regno. La Divinità possedeva un corpo virile e possente, tempestato da svariate pitture di un verde scuro a spirale o con delle linee ondulate, mentre il capo era quello di un cervo nobile e saggio, con lunghe e robuste corna e dai cui pendevano svariate tipologie di piante, prevalentemente muschi ed edera. A rendere ancora più evidente la propria nobiltà, un torque in oro massiccio ne circondava il collo. I suoi occhi liquidi come l’inchiostro erano posati su una giovane coppia di conigli intenti a scambiarsi dolci gesti di puro affetto. Cernunnos trovò la scena alquanto toccante, conscio che quei suoi due figli erano stati uccisi da poco da un gruppo di cacciatori a nord della Scozia e che quindi si erano meritati di riprendere la loro esistenza lì nel suo Regno, lontano dai pericoli e dagli orrori dell’Uomo. Avrebbe sorriso commosso nel notare quanto amore i due conigli stessero regalando a quel posto, rendendo rigogliose le piante e facendo maturare i frutti della Terra, ma un canto, una preghiera, giunse alle sue orecchie. Da quanto tempo non sentiva più la formula del rituale che aveva gentilmente dispensato ai Mortali dotati del dono della Magia? Da quanto tempo non si presentava a lui un aspirante Discepolo in cerca del suo benestare e dei suoi favori? Il Serpente, nonché suo compagno da tutta la propria Divina esistenza, strisciò e si avvinghiò lungo il suo braccio, in una spirale che pareva infinita. Il Nathair era il primo dei Serpenti, colui che aveva concesso ai propri figli di vivere in mezzo all’Uomo e di comunicare con alcuni di essi che si erano rivelati degni di parlare e comprendere l’antico linguaggio dei Serpenti, ma con il tempo erano diventati sempre di meno, così come gli Animagus, i Discepoli di Cernunnos. Il Dio della Caccia e della Guerra, Signore degli Animali e della Natura Selvaggia, Colui che dona Fecondità e Abbondanza ai più meritevoli, si librò nel vento e viaggiò fin dove partiva quel dolce Richiamo.
➴➴➴ Invisibile all’Uomo, riparato da un velo che divideva la realtà in cui dimorava e attendeva Issho e il Mondo dei Sogni, Cernunnos avanzò con lo sguardo fisso sul Mago che aveva eseguito il rito. C’era un sorriso tra il divertito e il malizioso a dipingere le labbra del Dio nel constatare le origini di Issho, conscio che non era una cosa di tutti i giorni avere un Mago dell’Oriente tra coloro che lo invocavano. Poteva quindi dirsi soddisfatto del futuro acquisto? Era troppo presto per dirlo, il Signore della Caccia scrutò l’Animo del Ministeriale con un’intensità che se solo avesse voluto, avrebbe potuto condurlo fino alla pazzia più estrema, ma non lo fece, trovando quel Mortale interessante a tal punto dal volerlo mettere alla prova. Il cuore di Issho si sarebbe dovuto preparare per la scoperta più grande, semmai ne fosse uscito Vincitore e non Vinto. Sarebbe mai riuscito a scoprire il proprio "Io" animale? Meritevole o no, la sfida avrebbe decretato il risultato. Nulla si regalava, tutto si conquistava. L’invito a respirare quel fumo bianco e puro non si fece attendere: Cernunnos si piegò verso il fuoco e soffiò nelle viscere dell’Elemento, alimentandolo, così che il fumo potesse penetrare nel corpo e nella mente del Giapponese, conducendolo nel luogo della prova. Un respiro profondo e Issho non sarebbe stato più lo stesso, non dopo quanto avrebbe affrontato. Era davvero pronto? La mente dell’Uomo divenne più leggera, offuscata, mentre il corpo sembrò essere inconsistente per una manciata di minuti, come se la Terra fosse scomparsa da sotto i suoi saldi piedi. Una volta ritornato padrone di sé stesso, l’occhio ceruleo e sano di Issho avrebbe notato una terribile Verità: non era più nel parco di Hampstead Heath, non vi era alcuna collinetta e nessuna antica quercia, era in luogo diverso, più selvaggio e che implicava una buona conoscenza della sopravvivenza. E lui era in possesso di tale Conoscenza? Un labirinto di mangrovie si estendeva attorno a lui, fatta di arbusti intricati e fitti tra loro, la base con tanto di radici immerse nell’acqua stagnante, su cui ronzavano svariate tipologie di insetti. L’isolotto su cui sostava Issho pareva essere l’unico lembo di terraferma esistente, il resto era tutto sommerso. Era umido, molto umido, e l'aria fredda della notte precedente sembrò entrare nelle ossa di Issho in pochi secondi, facendolo rabbrividire. Con orrore e sorpresa si sarebbe infine reso conto di essere sprovvisto del fidato bastone e che i suoi consueti abiti erano stati sostituiti da una semplice tunica di lino grezzo, grigia come il manto di un topo, i piedi scalzi in una chiara predisposizione di umiltà. Persino la fidata bacchetta mancava all’appello e ciò poteva significare soltanto una cosa: la sfida era iniziata. In lontananza, tra le fronde degli arbusti, Issho avrebbe potuto scorgere del movimento. Ora doveva solo scegliere cosa fare e scoprire cosa lo attendeva in quel mondo in cui Cernunnos lo aveva invitato. Benvenuto alla tua Quest di Apprendimento come Animagus Principiante!
Da adesso in poi ti chiedo di postare le tue statistiche. Per qualsiasi domanda o dubbio puoi contattarmi per mp.
Buona fortuna!
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