Tora, Tora, Tora!, Quest Animagus principiante Issho Fuji-tora

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view post Posted on 30/8/2018, 11:39
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isshonome
Dipendente Ministeriale ☯ C.M.I. ☯ 44 anni ☯ Giapponese
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Hampstead Heath. Uno dei grandi parchi che si poteva adorare in quella città inglese ma meno turistica e senza amministrazione privata. Uno stile campagnolo fatto da tratti di simil “sterpaglia” dalle tonalità calde fuse a sconfinati prati verdi e alberi rigogliosi; il tutto era incorniciato da un clima mite: erano le 5:00am, nessuna nuvola in cielo se non una fresca e solita brezza mattutina come compagnia. Decise di usare il favore delle prime ore di luce per eseguire il rituale tanto studiato negli ultimi tempi. Era uno dei pochi modi per restar da solo in quel “viaggio” che di possibilità di successo ne aveva già poche di base. Con sé non portò nemmeno Ambipom, sarebbe stata solo intralcio con la sua irrequietezza. Aveva un sacchetto di carta in mano, con all’interno tutto l’occorrente. Avanzava con passo lento e accompagnato dal bastone verso gli interni più distanti del parco. Avrebbe limitato al massimo il possibile incrocio con altri individui, babbani o maghi che fossero. Doveva esser da solo. Qualche abbondante minuto di camminata quando soggiunse in un uno spiazzale perfetto: elevato in una simil collinetta, grosso albero millenario di quercia posto al centro di quello spiazzale roccioso e sterposo, con macchie verdi a intermittenza che si rivelavano esser il manto erboso superato dalla selvaggia macchia arida di campagna. La brezza soffiava e giungeva più fresca per la leggera e maggiore altezza raggiunta. Era già più tranquillo e quieto; il pensiero era già in moto da sé in quel momento. Non poteva crederci ancora… era stata una scelta lesta di pochi mesi prima, quella di ritornare a correggere, possibilmente, un errore del passato che gli costò un occhio, voti a scuola, un’amica…forse un amore. La resa dei conti con la trasfigurazione; l’esame bocciato in giovane età con la scusa di una scommessa fra amici. Tanti i sentimenti contrastanti: malinconia, tensione, voglia di fare, gioia, rammarico, felicità…un mix pericoloso se non si fosse riuscito a dosare. Uno di quei tanti sentimenti, riconoscibile nella superbia e nel riconoscersi valido e abile da sé, lo portò alla tragedia 33 anni prima.
Hampstead-Heath
Doveva star attento. Si concesse quei due minuti di ripasso mentale della procedura. Una sorta di rito che prevedeva, stando al libro studiato e a quelle poche reminiscenze scolastiche della Mahoutokoro, l’invocazione del dio celtico Cernunnos e l’identificazione del proprio animale guida. Gli veniva da ridere a pensarci. 33 anni prima ignorava tutto ciò, bruciando tappe e modalità indispensabili alla riuscita della trasfigurazione animale.... fu proprio uno sconsiderato. Cominciò a imbastire il cerchio di contenimento del rito, formato da varie pietre, le più lisce possibile trovate in quel posticino al parco. Dovette riposizionarle più volte, per farne un cerchio grande e perfetto. La sua vista non lo aveva aiutato in quella “fatica”. Giocò ruolo chiave il bastone, usato quasi come compasso e guida per eseguire il lavoro in scala più grande, in modo tale che potesse contenere sé e quello che il rito richiedeva come ulteriore “strumento” di connessione con la divinità: un fuoco formato da rami e foglie della stessa zona, rinsecchite e aride, poste di lato a Issho nell’altra metà del cerchio rispetto a quella dove ora prendeva posto all’interno il giapponese. Si sistemò nella maniera più comoda possibile. Il bastone fu lasciato al di fuori della sfera rituale, per evitare complicazioni possibili. Dinanzi a sé l’orientale dispose una brocca in ceramica riempita con l’acqua di una bottiglietta in plastica portata da casa; di fianco alla brocca, la polvere di Cernunnos comprata da Misurino a Diagon Alley. Cominciava ora la prima parte del rito. Ripassava un’ultima volta le azioni nella propria immaginazione. Non voleva sbagliare. Erano cose delicate e lo aveva imparato a sue spese. Rapidamente la bacchetta fu equipaggiata saldamente nella mano sinistra, estratta dalla propria tasca interna al pesante cappotto bianco. Rapidi e docili, in direzione delle foglie e rami ammucchiati, furono disegnati due semi-cerchi, il primo anti-orario seguito subito dopo e in maniera consecutiva da un ulteriore semi-cerchio in senso orario. Una sorta di S orizzontale per evocare le fiamme docili nell’ammasso arido di sterpaglia:
Lacarnum Inflamare. Fluido nei movimenti avrebbe preso la brocca dinanzi a sé e, tenendo chiusi gli occhi, rovesciò il contenuto sul capo, che scorreva liberamente su tutto il corpo adesso, come battesimo, liberazione dal male, purificazione richiesta per presentarsi a una divinità. Sarebbe seguito rapida una manciata di terra arida afferrata con la destra e gettata sul fuoco acceso poco prima. In ultimo impugnò le polveri di Cernunnos con la stessa mano destra e, come la terra, le versò lentamente sullo stesso fuoco. Un fumo bianco da lì a poco avrebbe preso ad elevarsi leggero nello spazio circostante, inebriando il giapponese che, seguendo gli ultimi step del manuale di trasfigurazione, avrebbe ripreso a chiudere gli occhi recitando in maniera continua, lenta e delicata, le parole di invocazione della divinità: Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u… Il tutto lo avrebbe dovuto portare in qualche modo in uno stato di trans, che sarebbe stato il varco per scoprire e incontrare la divinità e il proprio spirito animale guida. L’ora delle correzioni e del riscatto era forse giunta? Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u . Le parole se all’inizio risuonavano leggermente storpiate piano piano che le ripeteva acquisivano una precisa tonalità e cantilena fluida e studiata a lungo nella propria dimora... dopo tutto non era la sua lingua. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Avrebbe lasciato, al momento, fuori tutti i propri sentimenti legati al passato e avrebbe mantenuto il più possibile la mente vuota da inutili pensieri del momento. In testa solo la recita delle parole e la chiara volontà di instaurare un rapporto con il metafisico e spirituale. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u. Il tono di voce piu flebile ora, tonalità inferiore, contemplativa. Cernunnos Thelyn sem uchedydd fon soyenn phont a ty’u.
fujiora

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OT// Autorizzato dal master, edito aggiungendo qui di seguito il mio animale guida: Tigre



Edited by danygel94 - 31/8/2018, 18:58
 
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view post Posted on 3/9/2018, 23:19
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Il Fato

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The Ritual




Chi era Issho Fuji-Tora in quel vasto e cupo mondo, corrotto e lascivo, mentre le antiche meraviglie di un tempo stavano rapidamente scomparendo? E cosa sperava di trovare in ciò che ne rimaneva?
Straniero in una Terra non sua, il Ministeriale avanzò tra la vegetazione di Hampstead Heath in quelle che erano le prime ore del mattino, indisturbato e solitario, accarezzato da quella che era una leggera brezza fresca. Era, tutto sommato, una giornata piacevole e favorevole a ciò che il Giapponese si stava accingendo a compiere. Ma la scelta del posto, un parco in cui apparentemente non vi era anima viva, situato nel bel mezzo del quartiere londinese, avrebbe favorito la sua ascensione al cospetto del Dio celtico?
Benché fossero passati degli anni e il suo corpo poteva testimoniare attraverso segni piuttosto tangibili, il Mago orientale aveva forse peccato di ingenuità, dettata da una miriade di sentimenti contrastanti e tutti collegati a quanto accadde in Passato. Il desiderio di riscatto l’aveva forse reso cieco anche nell’unico occhio sano che gli era rimasto? Non aveva pensato che potevano essersi altri individui in giro per il parco, pronti ad ostacolare il rituale? Ma c’era ancora tempo per correggere quella piccola pecca; tutto si sarebbe potuto risolvere con il rituale, semmai Issho vi avesse prestato cura e attenzione, con una meticolosità che doveva andare ben oltre alla propria disattenzione nella scelta del luogo.
Il rituale era fondamentale, non solo per gli ingredienti richiesti ma anche per la procedura. Solo con un procedimento sprovvisto di passi falsi, anche minimi, avrebbe garantito all’aspirante Adepto di Cernunnos di ottenere la totale attenzione e, forse, benevolenza del Dio della Caccia. L’orientale però si concesse il suo tempo per procedere in maniera misurata, conscio che la fretta era la sua più grande nemica e che non lo avrebbe di certo aiutato ad ottenere ciò che il suo cuore bramava.
Una Scoperta. Una Consapevolezza. Una Verità di sé stesso.
Il cerchio composto di pietre lisce, fatto per tenere lontano gli Spiriti Maligni venne infine completato e Issho si guadagnò il primo boccone di vittoria. Un’abbondante manciata di foglie e rami secchi e aridi come la più antica e fragile delle pergamene venne infine adagiata all’interno del cerchio, esattamente di fronte alla figura del giapponese, ormai sempre più vicino al punto di non ritorno. Una volta iniziato il rito nulla lo avrebbe riportato indietro suoi antichi passi: sarebbe dovuto andare avanti, volente o nolente.
E allora fu la volta del Fuoco, l’impetuoso e imprevedibile Elemento, contenuto dall’incanto appena scaturito dalla stecca di Ciliegio con sicurezza e grande volontà. La lingua rossa dell’Elemento lambì i vecchi frutti della Terra con la stessa bramosia di un focoso amante, fino a diventare l’indiscusso Padrone della situazione. Poi fu il turno dell’Acqua che con gentilezza e cortesia andò ad accarezzare la pelle del Mago, conferendogli un senso di freschezza ma anche di pulizia dai propri affanni e pensieri; se nel cuore di Issho vi era stata anche la più minima traccia del Peccato, l’Acqua - di certo - l’aveva lavato via. La manciata di terra tentò, invano, di dare sollievo alle foglie e ai rametti in fiamme, ma era così che doveva andare dopotutto. Infine, la polvere di Cernunnos venne finalmente sparsa sul fuoco e una sottile linea di fumo bianco, come il latte appena munto, simbolo della Purezza e della Nobiltà d’Animo, prese a risalire l’aria, in cerca delle narici dell’orientale.
Ci fu silenzio. Nemmeno il più melodioso degli usignoli osò intonare il proprio canto, permettendo ad Issho di pronunciare la formula che avrebbe richiamato l’attenzione di Cernunnos.


E ora che il canto era stato intonato,
Cernunnos ben presto si sarebbe rivelato.

➴➴➴



Il Mondo dei Sogni.
Un luogo perfetto, incontaminato dal Peccato o da qualsiasi altra forma di Male, dove tutto era possibile e dove tutti potevano rifugiarsi, evadere da quello che era il Mondo dei Vivi, quello crudele e corrotto, in cui la Pace sembrava essere solo un gigantesco taboo.
Cernunnos, il Dio celtico della Caccia, sedeva a gambe incrociate su una roccia, contemplando il proprio Regno. La Divinità possedeva un corpo virile e possente, tempestato da svariate pitture di un verde scuro a spirale o con delle linee ondulate, mentre il capo era quello di un cervo nobile e saggio, con lunghe e robuste corna e dai cui pendevano svariate tipologie di piante, prevalentemente muschi ed edera. A rendere ancora più evidente la propria nobiltà, un torque in oro massiccio ne circondava il collo.
I suoi occhi liquidi come l’inchiostro erano posati su una giovane coppia di conigli intenti a scambiarsi dolci gesti di puro affetto. Cernunnos trovò la scena alquanto toccante, conscio che quei suoi due figli erano stati uccisi da poco da un gruppo di cacciatori a nord della Scozia e che quindi si erano meritati di riprendere la loro esistenza lì nel suo Regno, lontano dai pericoli e dagli orrori dell’Uomo. Avrebbe sorriso commosso nel notare quanto amore i due conigli stessero regalando a quel posto, rendendo rigogliose le piante e facendo maturare i frutti della Terra, ma un canto, una preghiera, giunse alle sue orecchie.
Da quanto tempo non sentiva più la formula del rituale che aveva gentilmente dispensato ai Mortali dotati del dono della Magia? Da quanto tempo non si presentava a lui un aspirante Discepolo in cerca del suo benestare e dei suoi favori?
Il Serpente, nonché suo compagno da tutta la propria Divina esistenza, strisciò e si avvinghiò lungo il suo braccio, in una spirale che pareva infinita. Il Nathair era il primo dei Serpenti, colui che aveva concesso ai propri figli di vivere in mezzo all’Uomo e di comunicare con alcuni di essi che si erano rivelati degni di parlare e comprendere l’antico linguaggio dei Serpenti, ma con il tempo erano diventati sempre di meno, così come gli Animagus, i Discepoli di Cernunnos.
Il Dio della Caccia e della Guerra, Signore degli Animali e della Natura Selvaggia, Colui che dona Fecondità e Abbondanza ai più meritevoli, si librò nel vento e viaggiò fin dove partiva quel dolce Richiamo.

➴➴➴



Invisibile all’Uomo, riparato da un velo che divideva la realtà in cui dimorava e attendeva Issho e il Mondo dei Sogni, Cernunnos avanzò con lo sguardo fisso sul Mago che aveva eseguito il rito.
C’era un sorriso tra il divertito e il malizioso a dipingere le labbra del Dio nel constatare le origini di Issho, conscio che non era una cosa di tutti i giorni avere un Mago dell’Oriente tra coloro che lo invocavano. Poteva quindi dirsi soddisfatto del futuro acquisto?
Era troppo presto per dirlo, il Signore della Caccia scrutò l’Animo del Ministeriale con un’intensità che se solo avesse voluto, avrebbe potuto condurlo fino alla pazzia più estrema, ma non lo fece, trovando quel Mortale interessante a tal punto dal volerlo mettere alla prova. Il cuore di Issho si sarebbe dovuto preparare per la scoperta più grande, semmai ne fosse uscito Vincitore e non Vinto. Sarebbe mai riuscito a scoprire il proprio "Io" animale? Meritevole o no, la sfida avrebbe decretato il risultato. Nulla si regalava, tutto si conquistava.
L’invito a respirare quel fumo bianco e puro non si fece attendere: Cernunnos si piegò verso il fuoco e soffiò nelle viscere dell’Elemento, alimentandolo, così che il fumo potesse penetrare nel corpo e nella mente del Giapponese, conducendolo nel luogo della prova.
Un respiro profondo e Issho non sarebbe stato più lo stesso, non dopo quanto avrebbe affrontato. Era davvero pronto?

La mente dell’Uomo divenne più leggera, offuscata, mentre il corpo sembrò essere inconsistente per una manciata di minuti, come se la Terra fosse scomparsa da sotto i suoi saldi piedi. Una volta ritornato padrone di sé stesso, l’occhio ceruleo e sano di Issho avrebbe notato una terribile Verità: non era più nel parco di Hampstead Heath, non vi era alcuna collinetta e nessuna antica quercia, era in luogo diverso, più selvaggio e che implicava una buona conoscenza della sopravvivenza. E lui era in possesso di tale Conoscenza?
Un labirinto di mangrovie si estendeva attorno a lui, fatta di arbusti intricati e fitti tra loro, la base con tanto di radici immerse nell’acqua stagnante, su cui ronzavano svariate tipologie di insetti. L’isolotto su cui sostava Issho pareva essere l’unico lembo di terraferma esistente, il resto era tutto sommerso. Era umido, molto umido, e l'aria fredda della notte precedente sembrò entrare nelle ossa di Issho in pochi secondi, facendolo rabbrividire. Con orrore e sorpresa si sarebbe infine reso conto di essere sprovvisto del fidato bastone e che i suoi consueti abiti erano stati sostituiti da una semplice tunica di lino grezzo, grigia come il manto di un topo, i piedi scalzi in una chiara predisposizione di umiltà. Persino la fidata bacchetta mancava all’appello e ciò poteva significare soltanto una cosa: la sfida era iniziata.
In lontananza, tra le fronde degli arbusti, Issho avrebbe potuto scorgere del movimento. Ora doveva solo scegliere cosa fare e scoprire cosa lo attendeva in quel mondo in cui Cernunnos lo aveva invitato.


mangrovie



Benvenuto alla tua Quest di Apprendimento come Animagus Principiante!

Da adesso in poi ti chiedo di postare le tue statistiche.
Per qualsiasi domanda o dubbio puoi contattarmi per mp.

Buona fortuna!

 
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view post Posted on 5/9/2018, 21:15
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La formula veniva recitata, mantenendo una cadenza cantilenante e evocativa. Il tempo trascorreva, forse secondi o minuti prima che il bianco fumo prendesse a circondare la figura dell'orientale li' seduto in profonda meditazione. Se si fosse osservato il ``campfire``, sembrava quasi che la sua fiamma fosse stata alimentata da un qualche anomalo alito di ``vento`` e che il fumo generatosi dalle ceneri poste sopra poc'anzi fosse stato ulteriormente ``mosso`` da qualcuno o qualcosa, fino a spingerlo verso le membra datate dell'uomo chiamante la divinita'. Un primo respiro avvolto in quei fumi e gia' percepiva qualcosa mutare in se' e in cio' che lo circondava. Una seconda presa d'aria e la leggerezza trovo' spazio nella mente adesso lontana da pensieri, frustrazioni e devozioni. Un terzo e ultimo respiro lo privo' del vigore, della pressione, del tangibile. Un cadere, da immobile, in un oblio privo di leggi fisiche. Gli occhi rimanevano serrati...era meglio forse non guardare cosa succedesse in quei istanti impercettibili di tempo. Tutto fuori dal criterio di valutazione umano, forse persino magico. Era stato come esser manipolati contro il proprio volere, docilmente e rapidamente, senza brusche forze stordenti ma, al contrario, inebrianti e cariche di quel sentimento che in migliaia di anni l'umanita' cercava di riprodurre per trovare il divino; forse Issho, per quella manciata di secondi scorsi velocissimi, ci si era avvicinato involontariamente. La sorpresa e curiosita' presero ovviamente il sopravvento tanto da portarlo a sbarrar gli occhi e osservare il probabile fenomeno che aveva avuto fino ad'ora del metafisico, ma... una strana e inquietante realta' lo accolse. Forse sogno, forse realta'....sicuramente opera dello stato di trans raggiunto, fin troppo reale. Catapultato quasi da un'altra parte del mondo, in verita' sconosciuta. Si, sempre natura, ma molto distante da quella inglese e sicuramente rara da trovare in quella giapponese. Rimaneva ancora a terra, seduto, scrutante la zona. Il suo bastone di bambu' non era presente; la sua compagna di ciliegio neppure...i suoi vestiti? Diversi e insoliti. Il tatto c'era, insieme a tutti gli altri sensi di vista, olfatto, udito...gusto, svegliato dal sudore che grondava dalla sua fronte. Faceva caldo e l'umidita' era atroce. Aria salmastra e davanti a se'...mangrovie.
mangrovie
Uno scenario quanto assurdo quanto reale si palesava come complessi intrighi di rami uscenti dalle paludose e salate acque di zona, per contorcersi con altre simili, innalzandosi nel cielo coperto da frondose e folte foglie verdi che, dalle loro estensioni, lasciavano intravedere ulteriori grovigli ora penzolanti, ora ramificati verso il terreno, cercando terra d'approdo in un zona che ne era sprovvista o forse sommersa da quella rada e difficoltosa macchia vegetativa impegnativa e pericolosa. Questo erano le mangrovie: un terreno maledetto dai cercatori di avventura. Un terreno non praticabile facilmente, non seminabile, dove tutto venivano bruciato dall'alcalinità salina delle acque salmastre che continuamente venivano re-disegnate dalla luna e dal suo effetto di alta e bassa marea. In quelle zone, la vita aveva trovato fra flora e fauna un compromesso che lasciava essere in un momento cacciatori e in altri preda. Rapidi pensieri e prese di posizione. Issho prese a mettersi in piedi. Sentiva il freddo della tensione e della paura penetrargli le ossa, trovando entrata dai piedi nudi sul terreno bagnato ma ancora al di fuori dalle acque. Era forse giorno, la luce era filtrata da quelle foglie che ora lasciavano disorientato il giapponese che cercava il sole o qualsiasi altra cosa per orientarsi. Era come se tutto gli ruotasse attorno...come se fosse stato costruito tutto appositamente per lui, ma con quale scopo? Si sarebbe portato il dubbio per un bel po di tempo, mentre un secco e malevolo, forse, rumore si poteva sentire dalle fronde degli arbusti esperti della zona. Molto lette nei libri babbani...viste poche volte nei documentari; le mangrovie non erano uno scenario al quale il giapponese era pronto e avrebbe dovuto fare affidamento alle pochissime nozioni base di quei posti spesso reame di tragedie nelle storie di sopravvissuti. Una cosa solamente tornava in mente al ministeriale, ora in posa di guardia per quanto l'eta' potesse concedergliene. Cacciati o esser Cacciati...Preda o cacciatori. Alla fine torna tutto al tuo discorso, Pa-san. Avrebbe pensato, ricordando in quel momento le sole parole del padre lasciate in eredita'. Avrebbe sondato il terreno. Si sarebbe piano piano immerso nelle acque, stando attento ai dintorni. Camminava col fianco sinistro avanti, quello con l'occhio sano. Si sarebbe premurato di osservare se ci fossero rami spezzati utili sostituti del proprio bambu' e ne avrebbe preso possibilmente uno per aiutarsi. Sarebbe stato anche un buon modo per frapporre qualcosa fra se e eventuali minacce animalesche dell'habitat in cui si era ritrovato. Avrebbe seguito il rumore, svolazzando le mani in aria per scacciare zanzare e insetti vari, dannatamente irritanti e fastidiosi. Il sudore continuava a scendere irrefrenabile dalla fronte, sarebbe potuto finire assiderato con quei ritmi, ma carico di un coraggio celato, avrebbe avanzato ancora. Qualcosa lo richiamava all'attenzione e la sua natura lo portava a non saper resistere alle tentazioni. Da questo momento avrebbe dovuto cominciare a giocar bene le sue carte e quell'esperienza con la natura maturata fin'ora.
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Il Fato

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All is Cold




Pochi dubbi e molte certezze. Issho era stato catapultato in un luogo ostile e crudele: il clima non risparmiava nessuno, sia di giorno che di notte, e l’ambiente non era da meno con le proprie trappole naturali e le creature che vi abitavano.
Il Ministeriale sondò il terreno cercando il modo migliore per non lasciarci subito le penne e fu saggio da parte sua mettersi subito in guardia e guardarsi da ciò che lo circondava, poiché il pericolo era sempre in agguato, silenzioso e letale.
Lo sguardo ceruleo vagò tra le fronde dei fitti arbusti in cerca del caldo abbraccio del sole, ma tutto ciò che riuscì a notare furono delle piccolissime e quasi impercettibili scie di luce chiara che filtrava - di tanto in tanto - tra le foglie; con un po’ d’attenzione, Issho avrebbe notato tali scie luminose alla propria destra. Il clima stesso lo avrebbe aiutato a capire in quale momento della giornata si trovasse: le chiome degli arbusti, ancor più serrate e fitte tra loro a causa della presenza di svariati tipi di infestanti e piante rampicanti, avevano infatti impedito al freddo pungente della notte di sfuggire in fretta e furia.
Il Giapponese riuscì ad ingegnarsi nel volersi un minimo armare contro potenziali minacce, oltre che a trovare un maggior sostegno alla propria figura. Vagando in quel lembo di terra rimasto intoccato dall’acqua torbida e stagnante, i piedi scalzi a contatto con un terreno freddo, umido e in alcuni punti vagamente scivoloso, riuscì a trovare qualcosa che facesse al caso suo. Un vecchio e secco ramo era adagiato accanto alla base di un albero alla propria sinistra, nodoso in alcuni punti, ma robusto e poco più spesso di una canna di bambù. Fu il massimo che riuscì a trovare, tutto il resto era apparso fragile o marcio ai suoi occhi.
Deciso a seguire la fonte del rumore percepito nei primi attimi del suo arrivo, l’Uomo si sarebbe infine deciso ad immergersi nelle acque del luogo e addentrarsi in quell’intricato labirinto naturale. Il contatto con il gelo dell’acqua lo fece rabbrividire da capo a piedi, penetrandogli fin dentro le ossa, mentre il grezzo indumento prese a serrarsi attorno al suo corpo, sfregando contro la pelle in maniera alquanto fastidiosa. Il terreno a contatto con i suoi nudi piedi era una melma vischiosa e che avrebbe comportato facili rischi di scivolamento, sebbene Issho fosse in possesso di un robusto sostegno per evitare l’insorgenza di tali e vergognosi episodi. Ad ogni passo che il Giapponese compiva, l’acqua diventava ancora più scura, con pezzi di legno e di piante che galleggiavano, rendendo impossibile scorgerne il fondo.
Di nuovo, le chiome si mossero con violenza inaudita, sovrastando i rumori della fauna circostante, composta prevalentemente da uccelli e insetti. Rami spezzati, versi concitati e acuti di un gruppo di animali della stessa specie, risuonarono nell’aria con prepotenza. Issho non avrebbe esitato un attimo nel riconoscere il tipo di animale al quale apparteneva un simile verso, in quanto poteva vantare di averne una come propria compagna di avventure e disavventure casalinghe: delle scimmie, infatti, stavano disquisendo con animosità tra le fronde, disturbando la calma del luogo.
Ma che avevano da blaterare? Che si fossero svegliate con la luna storta?


mangrovie



Dunque, danygel, è mio dovere farti presente alcuni dettagli del tuo ultimo post che sono andati a “cozzare” con quanto ti ho fornito io in partenza. L’ambiente in cui Issho è capitato non è caldo, bensì freddo. Non puoi dirmi che è caldo e secco e che inizia a sudare, temendo poi l’assiderazione. Se volevi descrivere che Issho sudava per il nervosismo non ci sarebbero stati problemi, in una situazione del genere chi non suderebbe freddo?
Cerca solo di prestare un po’ più di attenzione o farai confusione.
Semmai dovessi avere ulteriori dubbi riguardo determinati dettagli, non esitare a contattarmi, sono qui apposta. Sii chiaro e conciso, segui le mie indicazioni e ricordati che, come già ti accennai per mp, non ti è concesso modificare i post per nessun motivo, se non per mia esplicita autorizzazione.
In ogni caso non c’è nessuna fretta, hai tutto il tempo che vuoi.

 
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view post Posted on 12/9/2018, 13:54
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Uno sguardo vago scrutava tutto il circondario alla ricerca di qualcosa ancora non chiaro nell'immaginario dell'orientale. Cosa avrebbe dovuto fare esattamente? Catapultato in quella realta' insolita, quale poteva esser un suo obiettivo? Quesiti che per il momento sembravano averlo confuso con i sensi... era freddo il vero clima. Un alito di vento, forse prima poco percepito, lo aveva colto di sorpresa, facendogli accapponare la pelle adesso d'oca in tutte le membra. Era stato forse un sudore nervoso quello precedente? Era probabile...era stato sviato dallo sguardo di quell'ambiente poc'anzi. Ora che cominciava a prendere controllo e analisi della situazione, poteva distintamente capire che era la frescura che lo contornava in quel momento in quella simil oasi che invece di crear riparo dalle sabbie lo creava dalla fitta vegetazione e acque salmastre tipiche delle zone infestate da mangrovie, con la differenza che al riparo di chi o cosa doveva portare al viaggiatore non era chiaro. La vista, per meta' assente e per l'altra piu' che attiva, scrutava ancora in alto tra le fronde selvatiche; riusciva raramente a scrutarne dei raggi passanti attraverso, provenienti da destra, filtrati ancora da quella ``cappa`` di foglie e rami contorti. Con un veloce e abbozzato ragionamento aveva forse chiaro per lo meno il momento di giornata. Raggi da destra, fresco trattenuto dalla ``cappa`` frondosa, gli ricordavano le mattine fresche del lavoro nei campi a casa sua, in Giappone, con i suoi genitori. A dar man forte alla teoria era la provenienza dei raggi solari, destra, EST, dove sorge e nasce il sole. Se era davvero la prima mattinata, aveva anche senso l'assenza del caldo penetrante tipico di quell'ecosistema: il freddo era della notte forse passata. Mentre cercava di convincersi del momento giornaliero, nella sua avanzata scorse quelli che potevano esser ottimi punti d'appoggio e di sostegno o armi di difesa; differenti e mutevoli legni, quando galleggianti sull'acqua torbida e quando intrappolati fra le contorte radici di mangrovie. Sembravano, a rapidi viste, marci e piu' un pericolo che una salvezza. Un vecchio e secco ramo posto poco piu' in la' di un albero alla sua sinistra fu l'ultima scelta del giapponese per sostituire il proprio bambu': nodoso in taluni punti ma robusto e leggermente spesso in altri.
zatoichi
Comincio' la sua graduale immersione in quello che era a tutti gli effetti un labirinto con possibilità di trappole e incidenti spiacevoli. Le nude piante dei piedi ``tentavano`` di scivolare in quella conformazione terrosa che non sapeva che elementi potesse combinarla, se non carpirne la scivolosità e il freddo che ora raggiungeva le ossa per quanto fosse pungente. Complice di tutta questa situazione, le vesti sconosciute e bagnate da quelle acque ``sporche`` che rendevano difficile osservar il fondale, insieme a galleggianti rurali quali foglie, rami spezzati e altri piccoli elementi di zona. Il bastone appena scoperto rimaneva ancorato saldo nel terreno, per sorreggersi e non cadere in quelle non possibili salutari acque. Il vestiario bagnato lo appesantiva, aderendo quasi come un secondo strato di pelle che, personalmente, lo infastidiva...ne limitavano i movimenti a suo pensare Uccelli e insetti, con i loro versi e ``canti``, accompagnavano quasi come coro di un'opera in piena suonata quella ``marcia`` del ministeriale sempre attento, vigile e cauto nelle proprie mosse. Batteva i denti, non si sarebbe aspettato di soffrir in quel modo il fresco. La fronte corrugata per limitare i tremori che lievi prendevano spazio nei propri arti e poi....le fronde in alto degli alberi ripresero a echeggiare, sovrastando i versi degli animali precedenti. Sembrava che fosse finito il primo atto degli uccelli e insetti, per lasciar proseguire l'opera con quei versi sin troppo ricordati e scoperti da poco da Issho. Lo ``scimmiottare``, come piaceva dire a lui, era da poco entrato nel suo quotidiano. Grazie all'esperienza casalinga del suo compagno Ambipom, non fu difficile ricondurre i versi a un gruppo di quei animali; versi che trovavano voce unica e prepotente mista a rumori di anonimi rami spezzati. Forse si muovevano poco distanti dal giapponese che non riusciva a scrutarne le sagome o forse litigavano per qualcosa. L'unica cosa che potesse tornargli a mente era un simile comportamento concitato e quasi troppo attivo di Ambipom; quando si comportava in quel modo era sempre per qualcosa di nuovo che arrivava, che fosse una nuova conoscenza, un male, un bene o comunque una scoperta. In quel caso, Issho, preparo' mentalmente due possibili scenari. La concitazione poteva esser o per via del territorio violato dallo stesso ministeriale o dall'arrivo di una minaccia per quelle creature stesse. Non era in qualunque caso un buon segno e defilarsi in qualche modo era fra le poche possibilita'. Avrebbe sfruttato eventuali coperture di zona offerte possibilmente dalle stesse mangrovie e avrebbe dovuto cercare di isolarsi, di passar incognito all'olfatto degli animali...forse avrebbe aiutato la stessa acqua salmastra della zona e la ``fanghiglia`` del suolo umido che avrebbe potuto trovare durante l'avanscoperta e che avrebbe imbrattato il suo corpo. Il resto, movimenti lenti e piu' impercettibili possibile. Rendersi invisibile sarebbe stata la sua priorita' e avrebbe potuto aiutare anche a studiare qualcosa da piu' vicino.
fujiora

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Svariate ipotesi sfiorarono la mente di Issho nel disperato tentativo di trovare una risposta a quell’immane Caos che era esploso all’improvviso tra le fronde degli alberi, ancora discretamente lontano dalla sua attuale posizione; quale fosse quella più veritiera non gli era ancora dato sapere. Forse lo avrebbe scoperto di lì a poco oppure non lo avrebbe mai saputo: tutto ruotava attorno alla decisione dell’Uomo, poiché Cernunnos non lo aveva di certo privato del libero arbitrio. I piatti della bilancia erano ancora vuoti e il peso da porvi sopra era e restava nelle mani del Giapponese.
I rumori molesti delle scimmie non accennavano a diminuire, piuttosto era un continuo crescere di intensità: i toni erano sempre più accesi, più violenti, così acuti da perforare i timpani. Poi, tutto sembrò spegnarsi all’improvviso, come se una mano invisibile avesse sollevato il braccio di un giradischi, interrompendo così lo scorrere di quel distorto brano musicale. Cosa stava accadendo restava un mistero.
Nel mentre Issho fu abbastanza furbo dal volersi muovere lentamente e con circospezione, evitando così di commettere mosse avventate e che potevano compromettere la sua stessa persona. Procedeva silenzioso tra le acque putride, abbastanza nauseabonde da coprire il suo odore umano, cercando di sfruttare le coperture naturali che le mangrovie stesse potevano offrire. Una decisione audace ma che non sembrò volgere a suo favore: nell’avanzata il piede sinistro del Ministeriale andò ad incagliarsi inaspettatamente in una delle radici subacquee, celate dalla torbidità del liquido nel quale era immerso fino alla cintola, e rendendo impossibile al Mago di procedere oltre. Per poco non scivolò in avanti, pronto ad impattare contro la superficie gelida dell’acqua, ma sembrò trovare la propria stabilità all’ultimo. La presa delle nodose radici sul proprio piede sembrò serrarsi maggiormente, senza pietà, come se volessero trascinarlo a forza verso il fondale, cosicché quelle acque putride gli invadessero i polmoni, segnandone la fine.
Se da un lato la strategia di isolarsi per passare inosservato era stata la più saggia da adottare, dall’altro fu un vero azzardo: Issho non aveva tenuto conto delle radici subacquee degli arbusti e dell’impossibilità di individuarle a causa dell’acqua stagnante. Ora, però, stava a lui trovare una soluzione a quel pericoloso imprevisto.


mangrovie



 
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Il caos sembrava degenerare in mezzo a quelle fronde; quasi come un allarme che si faceva sempre piu' intenso, cosi' erano i versi di quei animali ancora celati fra il fogliame di quell'ambiente micidiale. Vagante per le torbide acque, favorito dai malo-odori delle stesse per rendersi invisibile, concentrava ancora i sensi verso il pericolo supposto che sarebbe potuto venire dall'alto. Ancora rumori minacciosi e movimenti anonimi fra le aeree ramificazioni lignee e poi...silenzio. Un ordine impartito a un esercito di soldati in marcia? Comando di un dio alla creazione della fauna? Tante le possibili similitudini, ma il dato reale restava unico: la pace dei sensi. Dove il verso era prima violenza e acutezza tale da render fastidioso l'ascolto al giapponese, ora si trovava il silenzio teatrale. Un mistero lento, quasi inquietante, di terrore silente. Il freddo sembrava ancora piu' prenderlo, ma questa volta per la tensione con cui muoveva gli arti in quelle acque stagnanti. La pesante acqua putrida chissa' quale segreto celava sul suo fondale ancora inconcepibile per Issho che, anomalamente, perse concentrazione e fece dimenticanza del campo di gioco dove si stesse muovendo; infatti, disgraziatamente, il piede sinistro del ministeriale ando' ad ``ancorarsi`` involontariamente in quelle che erano le nodose radici delle mangrovie li' presenti sott'acqua. Fu solamente fortuna se non cadde di peso e completamente con il corpo nelle acque gelide, complice dell'aiuto anche il bastone da poco improvvisato con il quale si sarebbe aiutato a far perno puntandone la punta sullo stesso suolo. Rapida vista nei dintorni per veder se il disturbo delle acque momentaneamente smosse dalla massa dell'uomo avessero richiamato l'attenzione di qualcosa e poi si sarebbe concentrato sull'arto imbrigliato nella presa radicale che sembrava farsi piu' forte e chiamarlo verso il basso. Come un criminale che chiede la vita della propria vittima in pieno silenzio e abbracciandolo in una morsa letale, fredda e sfiatante, cosi' quelle malevole acque chiamavano a loro il sacrificio umano.
zatoichi
Muoversi e ingegnare qualcosa erano le uniche possibilita' del ministeriale. Se non avesse trovato una qualche modalita' di salvezza, sarebbe stata solo questione di tempo il ritrovarsi immerso completamente sotto la superficie gelida e mortale di quella trappola naturale che lo avrebbe potuto portare all'annegamento. Forse il prezzo da pagare per la troppa cautela e il troppo volersi tenere isolato? La prudenza estrema era evidentemente una di quelle regole NON naturali in un ambiente che in brevi istanti decretava la morte di tanti e la sopravvivenza di pochi? O semplicemente pagava la dimenticanza del terreno d'azione? Ancora i soliti dubbi, ma il tempo scorreva e sta di fatto che lui teneva alla sua vita. Fece spazio ai nervi saldi e ai pensieri positivi e propositivi. Soggiunse solo un ulteriore memoria delle lezioni del passato sui terreni paludosi e sabbie mobili. Per tirarsi fuori bisognava evitar i movimenti celeri, evitar di sollevar ulteriore terreno dal fondale e aiutarsi con la presa verso qualcosa che fosse poco distante e ben ancorato al suolo. Quanto poteva esser differente una simil situazione da questa difficolta' appena incontrata dal giapponese? Penso' a due possibili strade da seguire: la prima si sarebbe concentrata sull'individuare la mangrovia piu' vicina possibile, dove poter incastrare il proprio bastone per aiutarsi a mantenere sopra la superficie dell'acqua il mezzo busto, tentando nel mentre di tirar fuori il piede incastrato con la massima calma e lucidita', evitando ulteriori e possibili intralci al di sotto delle acque tastando prima il terreno col il piede libero. Nel caso in cui cio' non fosse stato possibile, si sarebbe disteso a ``morto``, supino sulle acque gelide con il bastone posto dietro la schiena per sfruttarne la resistenza contro l'acqua (se potesse galleggiare), smettendo di muoversi per trovare un equilibrio sullo stesso legno e dunque allentare la tensione sul piede incastrato e concedergli con la calma di trovar la liberta'. Erano le uniche due alternative al momento che prevedevano solo un obiettivo in primis: Vincere la forza che lo voleva trasportare giu' e tener il piu' possibile la parte superiore del corpo al di sopra delle acque. Due le condizioni di gioco, due le possibili e meditate modalita' di vittoria, due gli obiettivi prioritari e il resto...pensieri positivi, nervi saldi e calma piu' possibile da mantenere.
mangrovie2

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L’acqua smossa dalla distrazione quasi letale del Giapponese non sembrò in alcun modo infrangere la quiete appena calata sul posto: anzi, fu proprio Issho a sconvolgerla, ormai alle prese con lo scotto da pagare per quella sua breve perdita di concentrazione e desiderio di isolamento. L’uomo però si dimostrò lesto e giudizioso nello stabilire una linea d’azione per liberarsi da quel increscioso intralcio, in cui i movimenti bruschi e celeri furono istantaneamente esclusi.
Con un po’ di sangue freddo e pazienza, Issho avrebbe potuto individuare senza troppi problemi la presenza di una porzione di radice che fuoriusciva dall’acqua sulla propria sinistra: era abbastanza robusta e spessa, contorta in svariati punti e coperta da una coltre putrida e scivolosa di erbacce marcescenti; sembrava quindi l’unica àncora di salvezza a cui poteva appellarsi, l’unica abbastanza vicina e resistente per permettergli di allungare la mano ed aggrapparsi.
Il fondale, invece, si presentava molto più scivoloso nel punto in cui si trovava; infatti, se Issho avesse provato ad indagare un minimo con il piede libero, sarebbe riuscito a percepire uno spesso strato di residui vegetali, foglie e altri tipi di infestanti che rendevano il terreno disgustosamente viscido.
Dalla parte opposta di quella putrida distesa d’acqua, vi era un invisibile spettatore e giudice: Cernunnos se ne stava beatamente appollaiato su una grossa radica sporgente, gli occhi puntati sulla scena con un certo divertimento, pregustando l’imminente svolgersi degli eventi; pareva un dispettoso e malizioso burattinaio, intenzionato a tirare i fili sbagliati dei propri burattini, come a volerli fare impigliare ad ogni minimo ostacolo sul loro cammino. Eppure non era esattamente così: Cernunnos aveva concesso al Ministeriale carta bianca sulle personali scelte e modi d’agire, ma non era stato altrettanto generoso con gli ostacoli. E poi il bello doveva ancora venire…
Dalla cima dell’arbusto sotto al quale sostava Issho, sopraggiunse un verso ferino: all’inizio parve come delle flebili fusa o qualcosa di vagamente simile, poi tutto fu più chiaro e all’orecchio dell’uomo sarebbe giunto l’indistinto suono di un ringhio sommesso e guardingo. Una coda a strisce nere e arancioni fece capolino tra i rami, esattamente a penzoloni sopra la testa del Giapponese, muovendosi placidamente e senza alcuna apparente minaccia.
Il vicino di casa pareva essersi destato dal suo sonno ristoratore e,
forse, avrebbe invitato Issho a fare colazione con lui.

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Un movimento e poi un altro. Delicato e quasi aggraziato, si muoveva il giapponese in quella macchia liquida e viscida. Grande aiuto, sia psicologico che fisico, soggiunse da una di quelle stesse radici micidiali; infatti, sebbene la stessa razza infestante al di sotto delle acque lo avesse avvinghiato, ora sembrava porgergli una mano per risollevarsi e divincolarsi. L'adocchio' subito dopo il movimento brusco e l'increspatura delle acque che, fortunatamente o meno non avrebbe saputo dire, sembro' non richiamar attenzione di nulla in particolare. Robusta e spessa, come sue simili andava ad annodarsi e contorcersi in piu' punti e, a una buona e calma indagine, si sarebbe potuto ben vedere un sottile strato di erbe marcescenti simil a muffa o licheni che la coprivano. La combinazione di acqua e erbe sarebbe stata probabilmente scivolosa al tatto, tanto da far ingegnare velocemente l'orientale che avrebbe provato a strappar un pezzo della propria veste,dalla manica sinistra, per avvolger la presa della mano sulla nodosa ancora di salvezza, in modo tale da poter aver una salda e precisa presa sull'arbusto d'acqua salmastra tenendo il tessuto fra la radice e la mano. Sott'acqua, invece, la situazione esplorata col piede libero sembrava confermare sempre la solita cosa, ovvero un terreno scivoloso, scomodo e quasi disgustosamente repellente; tirando a indovinare, avrebbe abbozzato alcuni elementi che componessero il terreno, fra i quali vi erano foglie, vegetali in generali dai caratteri infestanti, che nella loro combinazione e mutevolezza avrebbero di sicuro costituito piu' che una fatica per gli sventurati. Avrebbe continuato cautamente, con sangue freddo e riflessiva calma, a muoversi e farsi forza sia col bastone piantato alla sua destra, che con l'arbusto alla sua sinistra per mollare la salda e mortale presa dell'infestante sotto fondale. I movimenti non erano precisi, l'acqua rimaneva ancora putrida e sporca, dunque non avrebbe saputo esattamente verso che direzione andare, se non tirar su con piu' forza possibile il piede, esercitando gran forza sull'arto inferiore incastrato e aiutandosi come appoggio e punto di pressione ai due strumenti ancorati per bene al suolo, il suo bastone improvvisato e la radice salvifica.
isshospalancato
Non avrebbe saputo quanto cio' lo avrebbe impegnato; poteva trattarsi di questioni di secondi come di minuti, se non ore nei livelli piu' critici. Il fresco continuo delle acque gli ricordavano costantemente di come fosse possibile un ulteriore complicazione nel caso di perdita di lucidita' come quella che lo porto' al momento attuale. Tuttavia, stranamente, non fu tanto la natura a interromperlo in quella scelta e manovra di salvezza, quanto la fauna. Vagamente a fusa feline, storpiate e attutite forse dalla stessa flora nei dintorni, giunsero suoni non del tutto ben accetti al giapponese. Quando sembrava che tutto fosse sotto controllo, ecco che l'orientale volgeva lo sguardo verso l'alto, l'arbusto proprio sopra la sua testa, da dove proveniva quel verso che ora si prefigurava distintamente come un ringhio. Non un verso, non un ringhio ne tanto meno il caos precedente avrebbero urtato sensibilmente l'emotivita' di Issho, ma...NANI'?! (COSA?!). A penzoloni sullo stesso arbusto sopra la sua testa, una coda si lasciava cadere portando il ministeriale all'esclamazione. I movimenti cessarono, il freddo sudore misto alle acque sollecitate dalle precedenti azioni prese a scorrere dai pori della pelle, dalle tempie. L'indiscusso colore alternato fra strisce nere e arancioni fece realizzare il pericolo. Cominciava forse a collegare tutto: il rumore scimmiottesco cessato d'improvviso, la calma per la presenza di un ``capo`` della zona; era forse la tigre il re di quello scenario? Il dominante all'apice di quella gerarchia naturale? Non poteva dirlo con esattezza, ma Issho realizzava che lui come umano stava sicuramente al di sotto. Se prima, alla sua assenza, cori, balli e versi di varia natura avevano caratterizzato quello scenario, adesso il direttore d'orchestra, desto, aveva fermato la suonata e Issho, come comunissimo spettatore, rimaneva in attesa del prossimo atto, tenendo forza nelle braccia ancorate ai legni, continuando a non muoversi lestamente e bruscamente a eccezione del piede cercante liberta' che mai come ora lo avrebbe giovato e rimanendo fisso, con lo sguardo impaurito e nervoso, con gli occhi a mandorla mai come ora piu' vispi e un respiro affannato controllato. Lui era l'ospite, l'invasore, l'estraneo a casa di un altro. Tora! Avrebbe proferito come era solito fare dai cacciatori delle sue terre per avvertire compagni e colleghi, assenti disgraziatamente per lui. Stupore e terrore erano regnanti nella sua psiche...ma forse una coraggiosa curiosita' aveva trovato il suo piccolo posto in mezzo a quel mix sicuramente originale. Lui in primis non sapeva cosa aspettarsi e come sarebbe stato giusto muoversi. Al padrone gli onori di casa.
coda

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L’ingegno era una dote sconosciuta ai più e ricercata da molti, ma Issho Fuji-Tora non rientrava di certo in queste due categorie, bensì ne era già in possesso. Eppure quanto gli sarebbe giovato un simile talento se combinato con la fretta del momento?
Ancora una volta la sorte gli si rivoltò contro, dettata forse dalla foga di quell’idea appena generata dal proprio intelletto o ancor più l’istinto di sopravvivenza che pulsava con insistenza nel petto dell’uomo, conducendolo all’ennesimo sconsiderato errore. Nel tentativo di strappare un pezzo di tessuto della propria grezza veste, troppo robusta per cedere alla forza bruta di una sola mano, l’uomo dovette implicare l’intervento dell’altra, sacrificando così la presa sul proprio bastone pur ottenendo una porzione di indumento. Il pezzo di legno, infatti, cadde in acqua con un misero e flebile rumore, per poi ritrovarsi a galleggiare sulla superficie a pochi centimetri da Issho; ma non era detto che sarebbe rimasto troppo a lungo sul filo dell’acqua, forse il Tempo avrebbe decretato una fine più misera per quel nodoso e robusto bastone, trascinandolo verso il fondale e lasciando l’uomo completamente inerme in quel luogo denso di pericoli.
Quella piccola avventatezza non gli costò solamente un solido strumento di appoggio e di difesa, ma fu solo l’antipasto per quella che fu una dura lezione da parte della Natura stessa: la radice, infatti, si serrò maggiormente attorno alla caviglia del Ministeriale, causandogli una fitta di dolore che probabilmente - con il passare dei minuti - avrebbe lasciato un segno violaceo (-2 PC) sulla sua pelle già provata dal freddo.
A rendere la situazione ancora più disparata vi era la belva che torreggiava sopra la testa di Issho. La consapevolezza di avere una tigre a pochi metri di distanza scatenò nell’uomo un forte nervosismo, tra sudorazione e movimenti talmente lenti da poter essere considerato quasi paralizzato. Il lezzo della Paura poi sembrò giungere alle sensibili narici del grosso felino, il quale fiutò rumorosamente l’aria; la coda striata prese a muoversi con una certa insistenza, come se anche la tigre fosse nervosa oppure era semplicemente indecisa sul da farsi. Si udì un altro flebile ringhio, seguito da un potente sbuffo, mentre una piccola porzione del muso fece capolino attraverso il fogliame: le fauci vennero messe ben in mostra a seguito di uno profondo sbadiglio, affilate e letali, mentre la lingua rosea e ruvida fendette l’aria per qualche secondo, per poi scomparire dentro la bocca dell’animale. Issho avrebbe potuto intravvedere un’altra cosa, un altro piccolo dettaglio di quel pericoloso padrone di casa: un occhio blu profondo ma con delle particolari tonalità brillanti, facendolo sembrare - a tratti - addirittura azzurro, lo stava fissando con intensità.
Il Re della Mangrovia non era di certo timido, però sembrava curioso e, in un certo senso, stava temporeggiando. Il Giapponese aveva ancora Tempo, per rimediare, per pensare, per liberarsi.


mangrovie



Dunque danygel, come potrai notare è sorto un altro intoppo.
Il fatto di provare a strappare un indumento con una mano sola è veramente difficile e richiederebbe un notevole sforzo da parte di Issho, per tale motivo si richiedono entrambe le mani per svolgere l’azione; oltretutto in una delle mani era presente un oggetto, un bastone, che purtroppo è finito con l’essere sacrificato per permettere al personaggio di strapparsi l’indumento poiché non hai specificato cosa farne durante l’operazione.
Confido sia stata solo una svista, ma consiglio maggiore attenzione in certi dettagli, non solo nelle azioni ma anche agli oggetti in possesso.

Facendo un piccolo riepilogo della situazione, sei riuscito a strappare una porzione di indumento ma hai perso la presa sul bastone che ora galleggia a pochi centimetri da te, ma non ancora per molto, quindi decidi bene cosa fare. La tigre invece si mostra un altro pochino, vedi le fauci e un occhio solo, ma non sembra intenzionata a darti fastidio. Per ora.

Per domande o dubbi contattami pure per mp. Per il resto, procediamo pure!


Issho Fuji-Tora

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Stretta dolorosa attorno alla caviglia sinistra; si formerà un livido.

 
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isshonome
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L'uomo puo' esser ingegnoso, valoroso e volenteroso quanto e quando vuole ma... cosa sono simili qualita' dinanzi al tempo? Forse era questa una delle tante domande che si sarebbe dovuto porre il giapponese piu' avanti nel tempo. La fretta, la scostanza d'azione e intelletto, l'impeto, tutti fattori che non aiutavano l'attuazione di strategie ben pensate e ragionate; se un'idea si palesava come buona, ecco che la sconsideratezza dei dettagli prendeva il sopravvento, portando al fallimento. Fallimento fu infatti il possibile aggrapparsi saldamente alla radice piu' distante, solo per colpa sua e di nessun'altro. Una mal riposta fede nella forza di un suo unico arto lo porto' non solo a perder il bastone improvvisato e salvifico, bensi' gli procuro' una stretta maggiore della caviglia, dolorante e quanto mai chiedente un pronto intervento. Ancora una volta si frego' con le sue stesse mani, mal pensando di strappare una porzione della sua veste che, invero, con entrambi gli arti liberi fu riuscito a ottenere, ma a quale prezzo? Era ancora li'...distante qualche centimetro da se', ancora galleggiante in quelle putride acque. Il tessuto in mano, ma il dolore lancinante della morsa, misto al terrore psicologico della belva capeggiante sopra di se' erano cose che non aiutavano a ragionar con lucidita'. Il freddo pungente salente dagli arti sommersi in acqua, complice del nervosismo e della goffaggine di movimento, erano ulteriori aggravanti di tutta quella situazione che ora cominciava ad assumere connotati molto piu' pericolosi e difficoltosi. Non era da escludere il panico che si stava facendo strada nelle membra del ministeriale e tanto meno era da escludere una sua resa a quegli elementi rurali; tuttavia, era un fisso e unico pensiero che ora andava a prender coraggio nella mente dell'orientale. Il pensiero del come fini' in quel posto, del perche' ci si trovasse e da quale punto di partenza si era visto iniziare... un pensiero preciso e allo stesso tempo confortante. Non metteva in dubbio la realta' o meno del tutto, ma il suo valore celato e ricercato. Non poteva pensare sempre e solo a sfortune capitate e disattenzioni (esistenti sicuramente), ma lasciava spazio anche a bizzarre coincidenze, simil a prove. Un pensiero tanto potente quanto sovrastato dal continuo timore suscitato da parte dell'animale attraverso un ringhio dalla facile captazione e provenienza; dal fogliame, un muso si mostro' in tutta la sua scontatezza, corredato da fauci letali mostrate per mezzo di sbadiglio e una lingua famelica suscitante gusto macabro della carne d'uomo. Tante erano le storie nella sua terra circa le tigri, delle volte eroine di una civilta' e altre volte semplici mangiatrici d'uomini e poi.... un'occhio. Brillante, scintillante, di tonalita' accesa e chiamante un colore blu intenso celante un azzurro piu' misterioso; lo scrutava, lo soggiogava nell'animo, tenendosi ancora sulla difensiva e quasi...spiandolo a sua consapevolezza.
tigreblu
Quale meraviglia possono celare gli incontri piu' inaspettati. Una similitudine avrebbe voluto pensare Issho; tutto questo palesarsi di cose e fatti...adesso una tigre dall'occhio particolare. Una reazione a catena di pensieri e rimuginamenti del passato cominciarono a occupargli la mente. NON poteva permetterlo in quel momento. C'era un problema da risolvere prima di sbagliare nuovamente a lasciarsi trasportare dal passato. Sguardo fisso sul muso dell'animale. Con la mano destra cercava il bastone poc'anzi perso nelle acque infestate; avrebbe possibilmente richiamato a se' l'acqua nei dintorni del bastone, per avvicinarlo delicatamente il più vicino possibile a se' per tentar di afferrarlo nuovamente. Nel tutto, mantenendosi sempre attento con il felino, avrebbe cercato di ritrovare una calma persa, per allentare la morsa dolorosa della radice che forse lo voleva in quel posto preciso in quel momento preciso....alleata dell'animale, avrebbe ipotizzato, in un universo dove flora e fauna cooperavano per lo stesso obiettivo. Non avrebbe cercato ancora avidamente una presa da qualche altra parte; in primis non poteva permetterselo con quell'animale dinanzi e in secundis era piu' ``sicuro`` e coscienzioso aspirare a riprender possesso del bastone precedente, piantarlo nuovamente al suolo e tener duro contro la morsa, giocando con il piede docilmente e lentamente per provare a sbrogliarsi senza compier movimenti bruschi che potessero mettere in allarma la tigre. Il tutto lo avrebbe fatto nascondendo dietro un sorriso forzato il forte dolore dello stesso arto che richiamava un sudore freddo che scendeva dalle tempie del giovane-vecchio che non osava distoglier il suo occhio unico funzionante opposto a quello blu della bestia...ceruleo, avrebbe cercato di corregger il suo pensiero, come il colore dei suoi occhi, per meglio dire, del suo unico occhio. Uno specchio che ripercorreva i tratti di Fuji in altri tempi non sospetti. Poteva cominciare tutto a prender senso? Poteva cominciar a lasciarsi a libere interpretazioni di quella scena cosi spaventosa, particolare, surreale ma dannatamente attuale e passata? Si, ``attuale`` nella ricerca di quel qualcosa che Issho aveva studiato e letto nei libri fino a qualche giorno prima e ``passata`` nell'incidente che lo aveva condannato e allo stesso tempo ispirato a cercar la soluzione all'errore. Nulla piu' era da escludere....nemmeno una tremenda confusione. Che ingenuo sono stato. Esplicito', quasi involontariamente, ammonente se' stesso da giovane.
isshotigre

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L’occhio della tigre pareva una perla dai mille riflessi e sfumature e in esso il Giapponese sembrò trovarvi qualcosa, una rassomiglianza forse, probabilmente dettata dal fatto che l’uomo credette vi fosse ben più che una semplice coincidenza. Il Fato però aveva un suo ritmo e Issho non avrebbe avuto modo di manomettere quella che era la Ruota del Tempo, la forza motrice dell’Universo e che regolava il ciclo degli eventi. Avrebbe avuto le sue risposte, a tempo debito, avrebbe sciolto ogni nodo presente nella propria matassa ma prima aveva una scelta da compiere; un’opzione che Cernunnos non voleva proprio risparmiargli, in nessun caso, perché solo così Issho avrebbe avuto accesso alla tappa successiva.
Nonostante i ricordi del passato furono sul punto di investirlo, il Mago tirò fuori una volontà d’animo sorprendente, imponendosi una ferrea disciplina al proprio autocontrollo. Ritornando padrone di sé stesso, lo sguardo fisso verso il punto in cui il maestoso felino lo stava osservando con estrema attenzione, Issho allungò la mano destra e non faticò più di tanto a ritrovare il bastone. Il contatto con quel legno nodoso venne percepito dai propri polpastrelli intorpiditi dal gelo dell’acqua, mentre le radici subacquee non sembravano più intenzionate a tendersi, ad attorcigliarsi maggiormente attorno al suo arto, martoriandolo dal dolore e condannandolo ad una fine cruenta; non finché non si fosse mosso bruscamente, ma finché avrebbe mantenuto la calma e il sangue freddo non avrebbe avuto nulla di cui temere.
Poi, silenziosamente, la tigre scomparve tra il fogliame dell’arbusto in un mutismo disarmante. Issho avrebbe potuto trarre le proprie conclusioni da sé: o si era annoiata di lui oppure stava decidendo il suo Destino.
La quiete dell’anima tornò ad avvolgere come una coperta il Mago, intento a scovare la giusta via per la salvezza. Il supporto di legno venne ben piantato nel terreno scivoloso e melmoso e fornendo un ottimo appiglio, mentre il piede dolorante e leso prese a muoversi lentamente, ruotando nella remota possibilità di scovare una via di fuga da quella presa mortale. Il tallone percepì un piccolo spazio vuoto nel medesimo momento in cui Issho ammise di essere stato un ingenuo; a quel punto, sotto un’attenta riflessione, il Giapponese avrebbe potuto capire quale fosse la chiave giusta che il Fato aveva riservato per lui, per far sì che si liberasse senza ulteriori affiliazioni.
Un ruggito giunse diversi metri più avanti, tra le fitte sterpaglie, nella medesima direzione da cui erano giunti i cori delle scimmie: la tigre si era appollaiata sopra una roccia nascosta dall’erba alta, ma permettendo al Giapponese di scorgerne il busto. In un modo alquanto
misterioso, la padrona di casa doveva essere scesa dall’albero per guadagnare più terreno possibile rispetto ad Issho senza che lui se ne accorgesse e con un motivo ancora ignoto. L’uomo, dalla distanza da cui si trovava, non avrebbe potuto distinguere bene i dettagli di quel muso feroce e allo stesso tempo maestoso; solo l’occhio ceruleo era ben visibile, distinto come un faro nella notte, mentre l’altro era ben celato da una spessa foglia di una pianta accanto alla sua massiccia figura.
Emise un altro ruggito, una sorta di richiamo, verso l’uomo.
Aspettava lui. La tigre attendeva solo che Issho Fuji-Tora si liberasse e la raggiungesse.


mangrovie



Issho Fuji-Tora

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Stretta dolorosa attorno alla caviglia sinistra; si formerà un livido.


 
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view post Posted on 30/10/2018, 13:02
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isshonome
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Un turbinio di pensieri cercavano disperatamente di emergere nella mente dell'uomo che con altrettanta potenza tentava di tenerli quanto piu' sopiti la' dove erano stati relegati. Non era saggio rimuginare sul passato in una situazione come quella attuale, oramai ne era convinto. Continuava a mantenere questo suo conflitto interiore abbastanza sotto controllo nonostante lo sguardo fisso della fiera dinanzi non aiutasse a farlo con semplicita'...d'altronde, non tutti i giorni si avevano prove psicologiche/fisiche di tali entita'; a modo suo, Issho, si riteneva sotto esame dalla natura e dalla vita in una modalita' che non gli era del tutto chiara... molte le ambiguità e i tratti misteriosi. Primeggiava il comportamento dell'animale ancora immobile a fissarlo con quella ``gemma`` blu brillante come occhio, mentre il giapponese lentamente pote' afferrare con la mano fredda, gelata e tremante il bastone perso pochi istanti prima; la flebile calma ritrovata e controllata sembrava aver giovato all'arto incastrato nel groviglio di radici subacquee, segno che qualche ragionamento lo aveva azzeccato, forse quello di equiparare quella situazione a sabbie mobili, dove la tranquillita' del caso era la chiave per sfuggire alla morsa mortale. Tutto comincio' a diventar ulteriormente piu' sfuggente alla ``logica`` d'azione, causa e effetto quando in quello stallo la tigre si ``ritiro'`` nel piu' completo silenzio e anonimato, senza che il giapponese potesse comprenderne il comportamento; avrebbe pensato qualche minuto piu' tardi alla questione, dato che ora il bastone piantato fermamente nel terreno lo sorreggeva con una buona e ritrovata speranza. Si accorse, durante lo stallo con la bestia e la sua unica affermazione, che il tallone del piede intrappolato risultava quasi senza limitazione in un certo punto del groviglio. Nel relativo silenzio della zona rurale, in assenza della tigre, mantenendo sempre quel comportamento razionale, un misto fra tensione controllata e calma necessaria, avrebbe fatto giogo con l'arto nella morsa di radici di mangrovie cercando di liberarsi anche con movimenti lenti e ``strani``, facendo perno sul bastone per sorreggere non solo il peso ma anche l'equilibrio non del tutto stabile per l'agilita' che l'uomo potesse mostrare in quelle condizioni. Nel cercar di portare a casa quella vittoria ``uomo VS flora`` un nuovo elemento avrebbe scandito i tempi del tutto fuori misura per il ministeriale. Elemento gia' conosciuto ma sempre preoccupante quanto pauroso: il ruggito di chi invitava a casa propria una preda.
tigreblu
Diversi metri piu' distante, dove v'era sterpaglia fitta e dove in precedenza pote' sentir il verso delle scimmie in coro confuso, avrebbe potuto osservare, scorgere meglio dire, con il suo unico occhio quella che era la sagoma della tigre, forse distesa, quasi appollaiata, come fosse (e lo era quasi sicuramente) a casa sua. Quel ruggito gli aveva nuovamente fatto riscoprire la natura pericolosa che lo circondava. Il sangue ribolliva, quasi stressato, nelle vene del ministeriale e il fatto di non poter capire e osservare bene da lontano l'animale, se non il suo unico occhio brillante, lo innervosiva particolarmente, tuttavia non poteva permettersi di indugiar a quei sentimenti, non era nelle condizioni ideali per farlo e non avrebbe giovato alla soluzione con la trappola celata fra le acque torbide della zona. Come era arrivata in quella zona piu' distante se un attimo prima era praticamente sopra la sua testa, su di un albero? Si sarebbe dovuto accorgere per lo meno di qualcosa, rumori maldestri, suoni di tonfi o acque smosse....nulla di nulla, degno dell'animale che vantava, al contrario del ministeriale, una eccezionale agilita', mista a potenza, vista e olfatto, caratteristiche tipiche della razza. Un altro ruggito avrebbe investito l'udito dell'orientale, che ancora ``calmo`` e risoluto smuoveva l'arto incastrato, cercando di metter a fuoco maggiormente la figura dell'animale...tentava di scrutarne il volto, per ritrovar lo sguardo diretto con essa, ma eccezion fatta per l'occhio splendente, non riusciva a notar ulteriori dettagli; avrebbe voluto scorgerne almeno l'altra meta' del muso, con occhio corrispondente, ma una pianta dalle grosse foglie ostacolava ulteriormente la lontana vista dell'uomo. Cosa stava facendo quella fiera? Lo chiamava? Gli stava dando la possibilita' di scappare? Forse si era gia' sfamata e adesso doveva riposare? Perche' non lo attacco'? Le solite domande cercavano di sfociare e esondare come un fiume in piena, ma non era ancora il momento. Sapeva solamente che avrebbe cercato ancora di liberarsi da quella presa fastidiosa, fredda e dolorante e che sarebbe stato determinato e risoluto a cercar le risposte che stava continuamente rimandando e, per farlo, avrebbe dovuto percorrere solo una strada: liberarsi e accettare l'invito di un animale a casa propria.
tigrebluseduta_0

simbolo2issho




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Il Fato

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First the Spirit




Il Mondo dei Sogni aveva dei misteri da risolvere, come un oscuro segreto in attesa che una degna mente riuscisse a portarlo a galla e a rivelarlo al resto del mondo. Tali congetture, però, rimanevano per lo più ignote agli essere umani che mettevano piede nel piano onirico, incapaci di interpretare i segni che Cernunnos lasciava appositamente per loro; in tal caso, gli ospiti diventavano prigionieri di un mondo al quale non appartenevano.
Il Dio celtico, infatti, aveva come gettato una chiave in quell’acqua putrida e marcescente e che avrebbe favorito Issho nel liberarsi di quell’impiccio ancora persistente, se solo si fosse accorto dell’indizio che gli era stato piazzato davanti in modo molto enigmatico. L’uomo però era rimasto con il pensiero costante sulla tigre, sentendosi continuamente in pericolo di vita, sebbene la bestia non avesse ancora manifestato alcuna intenzione di nuocergli. Come mai il Mago continuava a restare cieco? Com’era possibile che non avesse capito il giusto modo per liberarsi?
Aveva affrontato una Verità disarmante, aveva riconosciuto una parte di sé stesso, forse involontariamente, ma lo aveva comunque fatto. Aveva percorso una piccola porzione del giusto sentiero, poi tutto sembrò ritornare in stallo e a quel punto Cernunnos sospirò mestamente: quel Mago doveva trovare la propria Illuminazione, prima che si dissipi per sempre, prima di smarrirsi per sempre in quelle mangrovie senza fine. Semmai Issho fosse riuscito a venire a capo di un tale enigma, allora avrebbe trovato la chiave della propria liberazione, uscendo da quella prigione naturale che con tanta crudeltà voleva trattenerlo.
Il tallone aveva sì trovato un buco vuoto, ora però stava all’Uomo trovare il successivo. Cosa avrebbe fatto?
La tigre gettò il capo all’indietro, verso il cielo infinito ma oscurato dalle fronde, per poi lanciare un acuto verso carico di afflizione e sofferenza. Eppure non vi era nulla che stesse nuocendo all’animale o quantomeno non un male tangibile e visibile. Quell’agonia straziante avrebbe dato al Ministeriale qualcosa su cui riflettere e non da ignorare, qualcosa che poteva essere interpretato come un indizio.
Il verso cessò pochi istanti dopo, mentre l’aria ancora vibrava sotto la potenza di quelle note sofferenti; la tigre tornò a guardare Issho ed emise un verso colmo di sofferenza, come se qualcosa l’avesse ferito.
Poi, all’improvviso, l’acqua placida e puzzolente della mangrovia andò ad incresparsi fino a raggiungere la figura del Ministeriale. Quando ciò avvenne e la pelle di Issho percepì le piccole onde infrangersi contro il proprio corpo, un brivido profondo l’avrebbe investito in pieno, seguito infine da una strana sensazione che avrebbe potuto stravolgergli l’anima. Se il Mago fosse stato propenso ad accettare quella comunione con il mondo onirico, allora avrebbe potuto udire una strana voce nella propria testa, altrimenti sarebbe stato sordo ad essa. Nel Mondo dei Sogni tutto era possibile, bastava solo volerlo davvero.

Prima lo Spirito, poi il Corpo.


Maschile, calda e saggia. La voce fornì ad Issho uno spunto, forse un’altra chiave, ma ora stava a lui decidere se raccoglierla o meno.


mangrovie



Eccoci ad una svolta decisiva.
Ti invito ad esaminare accuratamente il post, aiutandoti anche con quello che ti ho fornito nel turno precedente, al fine di trovare la giusta chiave per liberarsi. Non manca molto, ci siamo quasi e lo step successivo è quasi alle porte.

Se non ti fosse chiaro qualcosa o necessiti di altre informazioni, contattami pure.


Issho Fuji-Tora

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isshonome
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Non sapeva effettivamente quanto tempo fosse gia' trascorso. Fra una movenza e l'altra, occhiate lanciate all'animale e sguardi cercanti soluzioni, il giapponese stava mantenendo uno stallo con se' stesso. Ancora futili risultarono i movimenti sotto le torbide acque di quella foresta, scenario di misticismo, tensione e paura che ora stavano scoprendo altri valori nella mente dell'orientale; infatti, se da un lato quelle sensazioni furono innate e giuste per la situazione creatasi, adesso sembravano dilatarsi, sfumarsi verso qualcos'altro, ma cosa? Rimuginava ora stanco per via del dinamismo subacqueo, qualcosa non tornava...o forse non doveva tornare. Ancora li' distesa, osservante. Cosa voleva da lui? Cosa cercava? Cosa chiedeva? Cesso' del tutto di muoversi, lasciandosi sconfiggere dal libero proliferare dei pensieri nella mente soggiogata da nuovi sentimenti non comprensibili al momento. Vorticavano come correnti e venti d'alta potenza, pronti a sfondare e tirar giu' ogni logica affermazione che si palesasse come idea o soluzione. Il dolore alla caviglia lo riportava momentaneamente e lestamente nella situazione ingarbugliata attuale, ma cominciava ad abituarcisi, aiutato verosimilmente dallo stesso libero pensiero sfruttato come adrenalina e sostanza dopante. Cercava risposte, riassumeva fatti, scrutava dettagli...poi un ruggito lo riporto' con lo sguardo sulla tigre. Ancora sfocatamente visibile da parte del giapponese, questa portava il capo verso il cielo, lanciando versi quasi strazianti e paradossali. Perche' mai avrebbe dovuto emettere quei gemiti stramazzanti quando la situazione non lo richiedeva? Poi una nuova fitta all'arto intrappolato. L'aria si fece carica di misticismo...il felino ripose per un ulteriore volta il capo verso il cieco: ruggi' malinconica un'altra volta. L'animo ministeriale fu scosso mentre le acque putride sembravano chiamare in scena il dramma e la sofferenza che Issho avrebbe percepito come propria. Lui fissava la fiera e la fiera fissava lui. Uno sguardo che tornava a incrociarsi e tentare di scoprirsi. Un'occhio brillante e conosciuto, un dolore condiviso, uno stallo enigmatico e sensazioni nuove. Rimase incantato per qualche secondo, dimenticante della situazione nella quale annaspava e, involontariamente, tergiversava. Nelle vibranti onde d'acqua stagnante gli sembro' di trovare una momentanea tregua e soluzione...un sentimento unico piu' che una reale azione da compiere. Un sentimento placido, leggero, rinvigorente ma ancora celato dal velo di maya. La vista l'avrebbe affievolita e concentrata solo sul volto dell'animale, perdendosi negli sguardi.

``Prima lo Spirito, poi il Corpo``


tigreblu
Scosse il capo come se avesse avuto un brivido di freddo. Era come se si fosse svegliato da un momentaneo e veloce stato di simil trans. Aveva sentito qualcosa....gli era parso per lo meno di sentirlo. Ricordava le parole e il fissare l'animale; non solo, sembrava aver captato la voce e il tono di qualcuno: caldo... umano, un maschio saggio. Lo sconcerto avrebbe disegnato il volto del giapponese. I pensieri si sarebbero fermati. I movimenti cessati. La logica...l'avrebbe abbandonata e il puzzle, nella sua probabile idea generale del tutto, avrebbe cominciato a prender forma. Se solo avesse colto fin dall'inizio gli inviti della foresta. Un uomo nella foresta trova il suo istinto animale e sopravvive grazie a questo, non scordarlo Iss. Le parole del padre nuovamente avrebbero trovato spazio in quel fisso mettere insieme i pezzi, come collante. Come sono stato cieco, amica mia. Avrebbe detto stranamente tranquillo e quieto in netto contrasto con la spiacevole situazione. Si sarebbe dunque rivolto all'animale feroce come un'amica, perche'? Esistono al mondo le coincidenze, ma quando queste sono molteplici e brevemente cadenzate compongono una volonta', un fatto. Era coincidenza il fatto che la fiera possedesse un' occhio ceruleo brillante come una gemma come lo stesso Issho poteva vantare come unico occhio abile? Il dolore lancinante alla caviglia era coincidenza che sembrava quasi andar di pari passo con i gemiti precedenti dell'animale? Cosi' come di pari-passo era avvenuta l'entrata in scena della tigre: dal nulla e improvvisamente come un uomo catapultato dal nulla e improvvisamente in un altro mondo. Se ci avesse ancora pensato, lui si era mosso e insieme a lui anche tutto il resto...quando trovo' lo stallo nella trappola, tutto trovo' lo stallo, la natura, l'animale, lasciando scorrere solo pensieri e sentimenti. Aiutami!. Avrebbe docilmente chiesto al felino, portando avanti la mano sinistra libera mentre con la destra si sarebbe retto in piedi facendo pressione col bastone piantato al suolo. ''Prima lo Spirito, poi il Corpo`` avrebbe ancora echeggiato nella sua mente...non trovava la sistemazione di quel tassello. Cosa sfuggiva? Poteva aver dedotto che le azioni dell'animale erano quasi parallele a quelle sue, ma... questo inghippo avrebbe rovinato tutto. Avrebbe abbassato il braccio teso, quasi come una nuova sconfitta. Un altro buco nell'acqua? Prima lo spirito. Avrebbe sussurrato a se stesso. La sua stessa voce...calda, di un ``vecchio`` che consigliava e dispensava saggezza e che evidenziava un sconforto dell'uomo. Aspetta... la mia voce. Ho sentito la mia voce! Solo dopo avrebbe trovato vigore il volto afflitto. Un sorriso che fino ad'ora non aveva mostrato in quelle circostanze sarebbe sorto nelle sue labbra e poi: Devo aiutarmi! Cosa stava dicendo? Aiutarsi? Perche'? Come? Aveva forse trovato la soluzione del tutto? Si... per lo meno, lo credeva come una probabilita' certa nella sua testa. Avrebbe seguito il suo istinto, cosi' come evocato da quelle parole del padre e dalle parole misteriose, le SUE probabili parole, la sua probabile voce. Se tutto non aveva funzionato fino ad'ora era perche' probabilmente il soggetto era sbagliato. Non era una storia parallela all'animale. Lui ERA l'animale in questa nuova probabile rivelazione. Una metafora viva. Una tigre immobile, che soffriva, che attendeva, che cercava e che forse consiglio'! Prima lo Spirito! Avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe lasciato cadere nelle acque. Nessun pensiero, nessuna azione. Tutto poteva essere reale come No, giunto a quel punto si sarebbe sforzato a essere qualcosa e verificare il tutto
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