Tora, Tora, Tora!, Quest Animagus principiante Issho Fuji-tora

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view post Posted on 30/11/2018, 22:49
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Fredom




Verità. Consapevolezza. Accettazione.
Lo stallo in cui Issho era caduto, come una mosca nella tela di un ragno, sembrò - infine - giungere alla sua conclusione.
Prima di quel preciso istante l’Orientale non aveva saputo vedere la Verità che gli era stata deliberatamente servita su un piatto d’argento, finché la mano di Cernunnos non venne forzata e a quel punto non ebbe altra scelta che sbattergliela in faccia. Issho era stato davvero cieco: non aveva saputo cogliere gli indizi che gli erano stati lasciati come tante molliche di pane, sparse sul sentiero d’acqua sul quale era finito, e dei quali non era stato capace di coniarvi un determinato significato. Ora, però, il Giapponese sembrò capire quale marcia ingranare e affrontare la Verità che lo aveva atteso a braccia aperte fin dal principio.
La richiesta d’aiuto che il Ministeriale supplicò di avere non tardò arrivare e, infatti, udì chiaramente la voce che aveva cercato di solleticargli la mente. La tigre sembrò molto soddisfatta nell’essere stata udita, poiché era stata proprio lei a parlare. Emise un verso profondo, simile a delle fusa: a quel punto Issho avrebbe potuto facilmente intuire il nuovo stato d’animo della belva e pareva essere davvero orgogliosa di lui.
A mano a mano che i secondi passavano, tre nodi giunsero al pettine e il Mago fu in grado di riconoscerli, uno ad uno. Il maestoso felino possedeva un occhio davvero particolare, una gemma cerulea, simile in tutto e per tutto all’unico occhio sano dell’uomo; i lamenti poi, coordinati alla stessa sofferenza di Issho, erano stati il secondo indizio che avevano permesso all’uomo di affacciarsi sul piatto d’argento che reggeva la Verità di quella serie di eventi, della ragione stessa per il quale quell’uomo maturo e diligente si trovava lì. Infine, nonché ciliegina sulla torta, la voce fu l’ultimo nodo a rivelarsi. La stessa voce di Issho, solo molto più esperta e più saggia, probabilmente di una tonalità che un giorno sarebbe riuscito ad avere; quella fu decisamente la Chiave di Volta e che smosse gli eventi rimasti in sospeso per troppo a lungo.
Giunto quindi alla conclusione che la tigre era Lui stesso e che faceva parte del suo Spirito, Issho non poté fare altro che accettare quella consapevolezza e lasciarsi andare, liberando sé stesso, sia nell’Anima che nel Corpo. Scivolò dunque all’indietro, finché anche il cuoio capelluto non venne a diretto contatto con il liquido gelido e maleodorante, avvolgendolo come una coperta. Le radici in cui era intrappolato l’arto ferito e dolorante, infine, si schiusero e liberarono Isho dalla sua prigionia.
Il Giapponese poté assaporare quella sua vittoria sulla Natura, consapevole di ciò che era e del dono che Cernunnos si prestava a concedergli in maniera ufficiale. Tuttavia, un’ultima cosa veniva richiesta, un ultimo sforzo, al fine di poter uscire spiritualmente dal mondo onirico. La tigre quindi ruggì nella direzione dell’uomo, per poi balzare tra le fitte e alte sterpaglie, scomparendo alla vista: era chiaro, però, che quello fosse un invito a seguirla. L’ultimo invito che avrebbe ricevuto, poi sarebbe rimasto in quel luogo per sempre se non prendeva una decisione alla svelta.


mangrovie



Bravo, ti sei liberato!
Sei finalmente giunto alla conclusione che la Tigre sei tu e che fa parte della tua stessa anima. Ora puoi seguire la Tigre, che ti mostrerà come uscire dal mondo onirico.

Per qualsiasi cosa, mi trovi per mp.


Issho Fuji-Tora

Punti Salute: 171/171
Punti Corpo: 113/115
Punti Mana: 115/115
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Stretta dolorosa attorno alla caviglia sinistra; si formerà un livido.



 
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isshonome
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Come una goccia piovana cadente in un vasto oceano, lentamente, impercettibile e anonima, cosi' il giapponese si lascio' andare alle acque torbide di quel campo che stava vedendo confrontarsi Consapevolezza e Realta'. ``Cadeva`` all'indietro, inesorabile, col sorriso nelle labbra...aveva capito; una conferma venne dalle ``fusa`` della fiera piu' avanti, non piu' gementi o sensibilmente turbate, ma quasi in festa, meglio dire orgogliosa...lui orgoglioso di se' stesso. Le membra da capo a piedi erano ora sprofondate nelle maleodoranti ``fauci`` di quel corso d'acqua putrida; non importava piu'. Come battesimo, accettava con carne e spirito le sorti che la natura impartiva, lavandosi delle colpe fin'ora commesse. Il freddo temprava la nuova scelta, la nuova verita' trovata dopo esser stata cercata, battuta a caldo e lavorata; come le nobili katane giapponesi, ognuna sui generis e lavorate per mesi affinche' metallo dolce e duro si amalgamino nel perfetto equilibrio letale per parare con eccellenza e attaccare con rapido pericolo, cosi' Issho sentiva ogni suo muscolo lasciarsi andare al gelido delle acque salmastre, facendosi modellare dalle onde e movimenti inerti e spontanei del corpo a mollo. Le radici, martello e incudine di quella lavorazione, lasciarono la presa sul tallone del ministeriale, avendo completato il proprio lavoro di formazione...una natura che era l'abile artigiano che batteva il proprio ferro, forzando la lama a trovar la forma. Questa era la metafora di quell'uomo quasi alla mezz'età che andava a scoprire il proprio nuovo io. Solo quando lo spirito fu forgiato, temprato e pronto sarebbe stato accolto dal contenitore che era il corpo provato e conoscente ora l'esperienza materiale del lavorar su di se'. Se tutto poteva esser descritto nel modo piu' lento possibile, nella realta' dei fatti l'azione ebbe una velocita' piu' che naturale. Era come se fosse la cosa piu' scontata lasciarsi andare fino a quel momento, ma per qualche fortuito caso, un'ostinazione nata da chissa' cosa, non venne mai a mente all'uomo la volonta' di intraprendere quella strada finche' se stesso da un'altra prospettiva non avesse mosso le carte in tavola a favore di questa scelta. Il dolore all'arto tornava, l'occhio s'apri e Issho riemerse da quel bagno ``corroborante`` nel suo essere pericoloso.
tigrerau
La ``vittoria`` sulla natura, momentaneamente, lo aveva in qualche modo reso felice, piu' che altro contento di se' stesso. Aveva aperto gli occhi, simbolicamente, su cio' che fino ad'ora era stata precluso alla sua vista solo per colpa propria. Il ragionar logicamente e avanzare con senso erano caratteristiche che evidentemente in questo mondo non funzionavano. Adesso, sveglio da quel sonno apparente fatto nei pensieri fra le acque, avrebbe avanzato con un certo fare meccanico, rallentato dal freddo che procuravano le vesti bagnate, cercando di raggiunger la tigre che nello stesso momento ruggiva verso lui per poi sparire fra le fronde. Lo avrebbe visto in maniera non del tutto nitida per via dell'acqua ancora fastidiosa in volto, ma era chiaro che avrebbe voluto esser seguita. Non era piu' tempo di pensare troppo. Doveva muoversi. Avrebbe fatto in modo di poter uscire il piu' velocemente possibile da quelle acque per seguire l'animale con fretta verso il punto in cui era sparito. Non avrebbe piu' pensato al possibile trovarsi in difficolta'....aveva forse imparato a conoscere e a comportarsi secondo le regole nella natura. Si sarebbe districato fra le radici, i rami e le foglie come piu' naturale possibile potesse venirgli. Avrebbe tenuto stretti i denti per il dolore alla caviglia, senza cercare ulteriori bastoni di supporto....solo i fusti e appigli naturali avrebbero potuto aiutare quello che doveva esser un inseguimento il piu' lesto possibile, prima di perder traccia. Nessuna domanda avrebbe preso posto nei pensieri del giapponese, ansimante sia per la fatica della possibile corsa che del freddo poc'anzi provato. Era un animale che tornava ad essere e a scoprirsi tale, in contatto col creato intorno. Avrebbe dovuto assaggiare il salato delle acque, toccare il ruvido dei rami, odorare gli odori dell'insieme....e perche' no, avrebbe dovuto osservare bene l'ambiente, giocante fra luci e ombre dettate dall'alto cielo nascosto dalle folte fronde. Avrebbe seguito l'istinto, senza badare a possibili problemi dettati dalla ragione se non al momento stesso del palesarsi di tali fatti. Era un'animale, un uomo, che come tale avrebbe cominciato a comportarsi. Eta', giudizio, intelletto, difetti....erano tutte cose che non avrebbero trovato tempo, spazio e scuse....solo l'inseguimento di Tora avrebbe avuto importanza, perdendosi con essa.
MixIssho

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The Chase




La figura invisibile di Cernunnos alzò le mani al cielo come per celebrare simbolicamente quel battesimo del suo nuovo figlio appena acquisito. Issho Fuji-Tora poteva anche essere uno straniero, un uomo che non aveva nulla a che vedere con le Divinità celtiche, ma che si era appena guadagnato il favore di una di esse.
Benedì l’Acqua affinché lavasse via ogni traccia del peccato sul corpo del figlio, benedì il Fuoco che avrebbe riscaldato l’animo forte e saldo che era appena stato forgiato, benedì l’Aria che una volta riemerso l’avrebbe finalmente baciato con il suo fiato caldo e benedì la Terra che avrebbe permesso all’uomo di camminare in maniera sicura verso la sponda asciutta.
Il senso di gelo avvertito durante quel battesimo fu l’ultimo che il Giapponese avrebbe percepito su di sé, per poi bearsi di un nuovo cambiamento climatico: ora vi era una sensazione di caldo davvero piacevole, né troppo flebile ma nemmeno troppo cocente. Trovando quindi, nella parte di corpo riemersa, un po’ di ristoro, Issho avrebbe imboccato una scia sicura che gli avrebbe permesso di non imbattersi in alcun ostacolo. Né radici, né rami galleggianti, né lo strato viscido presente nel fondale lo rallentarono e il Mago poté finalmente sentirsi più al sicuro.
Il bastone venne infine abbandonato, restituito al proprio ambiente, dopo aver svolto il proprio onorato servizio, lasciando spazio a quello che doveva essere un inseguimento in tutto e per tutto. Una fitta lancinante trafisse il Giapponese da parte a parte, come se una mano invisibile avesse deciso di infierire ulteriormente sul suo piede leso, il quale ben presto prese a gonfiarsi e a mostrare i primi segni di un livido che andava sempre di più a definirsi. Per quanto il Mago avesse scelto di appellarsi ai primi appigli naturali in cui si fosse imbattuto durante quell'inseguimento, l’istinto di appoggiare il piede e mantenere il passo fu inevitabile (-1 PC); ciò nonostante la tempra e la volontà ferrea furono leve più che sufficienti per permettere ad Issho di sopportare il dolore e di proseguire nel proprio intento a testa alta.
In fin dei conti la tigre che era in lui lo spronava a guardare oltre il proprio dolore fisico e, di certo, non si sarebbe arreso proprio ora. Non ora che l'epilogo iniziava a stagliarsi all'orizzonte.
Con un po’ di attenzione, Issho avrebbe potuto scorgere che a qualche metro più avanti le sterpaglie si muovevano, ondeggiando flebilmente sotto quello che doveva essere il nobile e leggero incedere della tigre. A parte il rumore che lui stesso stava producendo nel muoversi e il proprio respiro, l’animale invece fu silenzioso e discreto: dalla sua zona non provenne il benché minimo rumore.
Quell’inseguimento sembrò non avere fine, finché le orecchie del Ministeriale non vennero travolte da un rumore acuto e improvviso: le scimmie, che fino a quel momento avevano taciuto come se fossero state con il fiato sospeso, ripresero con il loro insistente schiamazzare. L’occhio di Issho poté intravedere l’erba alta muoversi verso la direzione da cui provenivano quei versi litigiosi, per poi arrestarsi bruscamente.


mangrovie-1



Issho Fuji-Tora

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Caviglia sinistra dolorante e gonfia; inizia a formarsi il livido.



 
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isshonome
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Lo spettacolo dello scoprire se stessi con la natura era qualcosa che sarebbe stato da augurare come benedizione a ogni essere vivente. Vivere i sensi, limitare i pensieri e scoprire attitudini erano quelle esperienze di vera vita che portavano l'uomo a elevarsi. Dove era il freddo, con i suoi rumori glaciali e atmosfere quasi malinconiche, adesso venivano a scoprirsi il calore di un amore, di un'accettazione e di una partecipazione al quotidiano senza pari. Un tepore interno che anche il piu' nobile e selvaggio animale dal sangue freddo non avrebbe saputo resistere dallo sciogliersi da dubbi e premonizioni erronee. Tutte sensazioni che soggiunsero dalla riemersione all'inizio della corsa; un battesimo in acque fredde e torbide che lo portarono alla solare e pura liberazione di concetti materiali, improntati ora sullo spirito. Un visione d' insieme che vedeva la fortuna, anche questa partecipante attiva alla vita, portarlo a non imbattersi contro nessun ostacolo durante la spasimante ricerca e rincorsa dell'uomo e la tigre. Il viscido veniva meno, permettendo una corsa salda coi piedi a terra; radici e rami sembravano aver aperto varchi per la corsa alla liberta', riconducibile a un animale cresciuto in cattivita' che aveva trovato la via di fuga; bastoni di supporto, fino a quel momento fondamentali, non avrebbero trovato spazio nel nuovo stile ritrovato, piu' sicuro e istintivo. La corsa procedeva, finche' il momento di estasi fu leggermente sconsolato dalla fitta alla caviglia sinistra gia' infortunata; Una natura beniamina ma punitiva nell'ingenuita'. Sarebbe stato opportuno almeno ricordare le condizioni in cui si versava durante l'agire... questo fu l'insegnamento, che in spirito di accettazione, con ferree volonta' e tempra, Issho prendeva come consiglio dalla stessa per sopportare e proseguire l'inseguimento.
tigrerau
Nella corsa, ponendo l'occhio dinanzi a se' e cercando di non perder la traccia dell'inseguito, Issho sembrava notare le sterpaglie muoversi, docilmente e silenziosamente, come un ladro che si intrufola anonimamente nelle case altrui per non farsi scoprire. Se da quei movimenti, presumibilmente riconducibili al felino ricercato, non proveniva alcun suono o maccheronico rumore, lo stesso non si poteva dire del giapponese che, contrariamente, sembrava esser piu' che distante dalla buona movenza in corsa; dopo tutto non era prettamente nelle sue corde, avrebbe dovuto lavorarci duramente con il tempo. Sembrava tutto procedere senza fine, quasi infinitamente finche' ,come disturbato nel sonno, schiamazzi, macello e disordine soggiungevano alle orecchie del ministeriale. Ancora una volta la processione di pensieri subentro' lesta nella mente dell'orientale, che rimando' subito il tutto al coro di scimmie che in precedenza, alle prime battute, avevano orchestrato lo spettacolo musicale all'arrivo del Fuji. Muoveva capo e corpo in ogni direzione, cercando di capirne la fonte. Si concentro', cercando di sentire variazioni di toni e versi finche', trovato secondo lui il giusto verso dove guardare, scruto' attentamente con il suo unico e ceruleo occhio; l'erba alta verso quella zona sembrava muoversi; lo intravide, dal momento che poi bruscamente si fermo'. Non era nemmeno piu' sicuro di aver visto bene. ``Quasi pericoloso``, ci sarebbe stato da pensare....come gli agguati che fanno sapere quando sta per succedere qualcosa avvertendoti implicitamente. La natura curiosa dell'uomo e lo spirito istintivo ritrovato da quest'ultimo portarono solo a una conclusione. Non era piu' il tempo di star fermo, ne' di aspettare. Avrebbe fatto i passi verso quelle piante criptiche, tenendo vispo l'occhio e i nervi saldi. La tigre pose in precedenza il silenzio nella foresta...lui era la tigre e avrebbe dovuto imporsi come tale.
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The Treasure




L’istinto del predatore si era destato in Issho, tant’è che prese ad immedesimarsi nella tigre stessa. Notare quindi quell’improvviso arresto nella marcia silente del felino, condusse la mente del Ministeriale a coniare il giusto significato per quel determinato comportamento, esattamente come un giovane cucciolo che si apprestava ad imparare dalla madre, nonché saggia maestra di vita. Di conseguenza Issho scelse di non indugiare e proseguì oltre, verso la zona in cui aveva visto le piante tornare immobili, lì dove sperava di trovare la tigre.
Ancora una volta, il dolore si fece sentire e una fitta sembrò nuovamente trapassarlo da parte a parte come una lama fantasma (-1 PC). La caviglia pulsava con insistenza ogni volta che l’istinto di appoggiare l’arto prevaleva, eppure ciò non impedì al Mago di giungere a destinazione, come una sorta di imperativo, così che non perdesse di vista la sua nuova amica.
Bastò scostare appena un piccolo gruppo di canne secche e alte per accorgersi che il felino era misteriosamente scomparso chissà dove, ancora! Tuttavia un nuovo scenario si aprì dinanzi ad Issho, scorgendo una serie di sequenze attraverso il canneto: le figure pelose ed esili di un gruppo non molto numeroso di scimmie, stavano lottando tra loro come furie selvagge a pochi metri da lui, appostate accanto ad un piccolo specchio d’acqua. I versi, particolarmente accesi, accompagnarono quelle intense colluttazioni animalesche per il possesso di un particolare tesoro.
Alcuni dei raggi solari che riuscivano a filtrare tra le chiome degli alberi, colpirono più e più volte l’oggetto della contesa che la scimmia più grossa del gruppo reggeva, facendolo scintillare di un bagliore bluastro e brillante. Semmai Issho avesse aguzzato la vista, avrebbe potuto stabilire l’esatta natura di quell’oggetto: una perla cerulea, una tale meraviglia che avrebbe potuto equiparare il valore di uno scettro reale, e che di certo non vi era nulla da biasimare in quella faida in corso.
La perla scintillò nuovamente, investita da un nuovo raggio di luce, e il cui riflesso andò a colpire con brutalità l’occhio sano del Giapponese, accecandolo per qualche breve istante. Un richiamo irresistibile ed intenso sarebbe cresciuto nel petto dell’uomo, infiammandolo di desiderio nel volersi riprendere quanto era suo di diritto.


mangrovie-1



Issho Fuji-Tora

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Caviglia sinistra dolorante e gonfia; inizia a formarsi il livido.



 
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isshonome
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Giunse a penetrare fra le varie macchie vegetative dove credeva di poter scovare la tigre ma....nulla. Di essa nessuna traccia; unica rinnovata scoperta fu il dolore alla caviglia, ancora una volta pulsante per l'incuranza sull'arto in corsa. Il dolore svegliava la responsabilita' sopita del giapponese ma niente e nessuno avrebbe ancora potuto separarlo da quell'obiettivo che da inizio avventura si era posto e che ora sfumava nel pensiero, in quel sogno che ancora vedeva lontano il risveglio. Tornare a casa vincitore, ma di cosa e per cosa non era possibile definirlo nel pensiero dormiente del giapponese...tutto reale ma al tempo stesso tutto un mondo parallelo e quasi assurdo, che non riusciva a vedere nitidamente nei ragionamenti e nei rapporti di causa e effetto che nel mondo reale invece trovavano continuamente applicazione. Spostava con i propri arti il canneto palesato dinanzi, stringendo i denti per il dolore che sentiva e allo stesso tempo non sentiva; adrenalina o altri ormoni non poteva saperlo, ma fatto sta che il dolore c'era ma non gli impediva di andare avanti con decisione e una certa scommessa con se stesso cinquantenne. Del felino maestoso ancora nessuna traccia ma, d'altro canto, un ripetuto spettacolo animalesco poteva esser intravisto fra ulteriori macchie vegetative. Se all'inizio dell'avventura nelle mangrovie aveva potuto solo sentirle, ecco che adesso le poteva adocchiare: un gruppo di scimmie, ``urlatrici`` naturali in quella quiete fin'ora surreale, saltellanti selvagge e in scontro fra esse nei pressi di un piccolo rivolo d'acqua; un macello tipico di quei animali...bastava pensare ad Ambipom per arrivare a dedurre come fossero naturalmente portatrici di disordine, con i loro modi di fare e essere scimmie: versi, schiamazzi, spinte e beffe....ma per cosa? La luce del sole che riusciva a filtrare fra le alte fronde lasciava delle volte luccicare e per certi versi abbaiare la vista sana del giapponese per mezzo dell'illuminazione di un particolare e nuovamente gia' conosciuto o ricollegato oggetto prezioso. Acuendo lo sguardo, una pietra cerulea, quasi una perla, risplendeva nobile quando esposta alla luce solare...una luce quasi provvidenziale, ma per cosa?

scimmiegruppo

Era li' che se la contendevano. Issho rimaneva ancora immobile, quasi smarrito nella sua vista. Sentiva un senso di possesso crescente per quell'oggetto, come se gli fosse stato sottratto, rubato. Somigliava verosimilmente all'occhio ceruleo della tigre....giusto, l'occhio della tigre, perla splendente anche a distanza e tratto caratterizzante dell'animale e contestualizzato in Issho umano. Forse il senso di possesso era cosi' giustificato? Come i ladroni, le scimmie stavano ``giocando`` e contendendo per loro quell'oggetto prezioso per la fiera e per il ministeriale? Un profanare di qualcosa per noi stessi quasi santo? Veniva richiamato da quei sentimenti cosi netti e dettati dalla natura non solo umana ma quasi giustizialista...era suo di diritto...non sapeva perche', ma era affare della tigre e quindi anche suo. Non si giocava con le cose di altri e non se ne privava un essere senza consenso. Una rabbia controllata, quasi ragionata per non perder il senso nell'istinto feroce. Fissava senza mollare un attimo quella pietra ora in mano a una scimmia piu' grande che, per rapporti di natura, poteva esser una capeggiante del gruppo, regnante col suo scettro che non gli spettava per diritto naturale. Ecco che la giustizia, il suo senso e valore, cominciavano a emergere forti nel giapponese, mescolandosi con la natura animale. Aveva scoperto nuovi tratti e comportamenti che fino ad'ora non aveva avuto modo di approfondire in vita...adesso li adattava senza difficolta' alla sua morale e lo contestualizzava nel suo lavoro. Doveva riottenere e pretendere quel suo diritto. Avrebbe pensato, anomalamente al suo modus operandi, lestamente di agire. Non importavano le parole...erano animali e con gli animali si ragionava con le azioni e la presenza. Si sarebbe dovuto imporre e reclamare il suo ``trono``. Se l'oggetto era il mezzo del comando, era suo diritto e dovere tornare a possederlo perche' privatone ingiustamente. Forse la tigre non era piu' un qualcosa da trovare ma da diventare. Aveva gia' deciso di agire come un animale, adesso doveva solo diventarlo e imporsi come tale. Avrebbe cercato di scattare nel massimo delle sue forze non appena si sarebbe potuto leggermente avvicinare nell'anonimato, senza perder di mira l'oggetto in mano alla scimmia piu' grande; Avrebbe concentrato vista e udito, per rendersi meno prevedibile e scopribile possibile ma senza perdere il contatto visivo. Non appena sarebbe stato sufficientemente in traiettoria favorevole a una dissennata corsa verso la meta, avrebbe fatto lo scatto per tentar di atterare l'animale scimmiottante e accaparrarsi l'oggetto secondo legge naturale, con la caccia alla preda secondo catena alimentare. Era il suo tesoro e avrebbe lottato con le unghia e con i denti per riottenerlo. Watashi no mono DESU! ( Mi appartiene). Avrebbe ``ruggito``.
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The First Step...




Uh uh uh!
La scimmia in possesso della perla si batté un pugno sul petto e il rumore sembrò echeggiare nella zona circostante; il significato, tuttavia, era chiaro e palese a tutti: “Io sono il capo, qui.” Persino Issho l’avrebbe facilmente capito, spettatore silente oltre la barriera fatta di canne.
Uh uh uh!
Il pelo lungo e nero come la pece di quel novello capo banda ondeggiò sotto i movimenti repentini delle braccia, come a voler dimostrare a tutti che era l’unico ed indiscusso vincitore di quella faida e che, da lì in poi, nessuno si sarebbe più preso la briga di sfidarlo. Eccetto…

Issho Fuji-Tora aveva finalmente percepito l’affinità che lo legava - almeno per quanto riguardava l’aspetto caratteriale e comportamentale - alla tigre, ormai radicalizzata in maniera indissolubile con il suo spirito, diventando così un tutt’uno con essa. Una parte umana e l’altra animale, questo significava essere figli di Cernunnos, questo era l’Animagus. Ben presto l’uomo avrebbe imparato a tirare fuori anche l’aspetto fisico dell’animale, indossandone la pelle e agendo come tale. Ora, però, il Giapponese si limitò a sposare lo spirito del proprio animale guida, smosso dai propri principi morali umani e lasciando che fossero gli istinti animali ad indurlo ad agire.
Dunque si impegnò ad avvicinarsi a quel branco di ladruncole chiassose quanto più silenziosamente possibile, così come aveva da poco imparato dalla sua “guida”. Non c’era vento e questo fu un punto a favore dell’uomo-tigre: le scimmie non avrebbero potuto fiutare la sua presenza in avvicinamento e pertanto continuarono i loro affari in maniera del tutto tranquilla ed indisturbata. Questo finché il terreno non prese a risuonare nella corsa furiosa del Fuji-Tora, fattosi ancora più lesto e minaccioso, nonostante la caviglia continuasse a protestare quel continuo tormento (-1 PC). L’urlo del Giapponese spaventò il gruppo di scimmie a tal punto che queste presero ad agitarsi e a schiamazzare in maniera allarmata e acuta, sparpagliandosi alla rinfusa per la paura e cercando un qualunque riparto di fortuna. Il capo branco, per quanto fosse determinato con le sue simili nel voler affermare il proprio comando, non fu da meno: fifona come tutte le altre partì in corsa verso l’albero più grande della zona, ma lasciando cadere l’oggetto che l’aveva resa così spavalda. La perla rimbalzò sul terreno per due volte, finché non prese a rotolare verso lo specchio d’acqua. Ad Issho sarebbe bastato effettuare un balzo per afferrarla al volo ed evitare che si disperdesse sul fondale, rischiando quindi di non ritrovarla mai più.
Una volta stretta tra le proprie mani, Issho avrebbe percepito un senso di sollievo e completezza: la perla era - a tutti gli effetti - una rappresentazione elegante e pregiata del proprio occhio, quello cieco. Per quanto non fosse più funzionale come un tempo, era comunque una parte di se stesso e doveva prenderlo per quello che era: un tesoro unico e raro, una caratteristica che lo rendeva particolare, non difettoso. E semmai il Giapponese si fosse specchiato su quel velo d’acqua cristallina, sarebbe riuscito a vedere il suo aspetto animale: una tigre dal pelo striato di nero e arancio, leggermente brizzolato sul muso, la cicatrice che andava a ramificarsi sul suo volto così come lo era in quello umano, gli occhi cerulei come la perla che reggeva in mano, sebbene il destro fosse più spento per via della cecità che lo affliggeva.
Cernunnos annuì soddisfatto: la prova era stata superata, ora Issho poteva tornare a casa.
Soffiò nella direzione del suo nuovo discepolo, benedicendo e permettendogli di ritornare nel mondo materiale.

Il Ministeriale avrebbe quindi avvertito un forte vento abbattersi su di lui e che lo avrebbe costretto a serrare gli occhi, per poi avvertire uno strattone finale all’indietro. Perse ogni tipo di sensazione, come se l’Oblio l’avesse risucchiato in un limbo privo di Spazio e Tempo, ma che durò pochissimi istanti. L’anima di Issho tornò ad ancorarsi al suo corpo fisico e la prima cosa che l’uomo avvertì fu il canto dell’allodola, poi l’odore del legno che gli riempì le narici ed infine la frescura mattutina di Hampstead Heath.
Era ritornato al suo presente e, con sua enorme sorpresa, la caviglia non doleva più e non mostrava alcun segno di quella sua avventura/disavventura nel mondo onirico. Tutto era ritornato come prima, eccetto se stesso.
Ora che sapeva chi e cos’era, Issho Fuji-Tora poteva tentare di mettere in pratica quella branca della Trasfigurazione accessibile a pochi, ardua e pericolosa: la Trasfigurazione Umana.
Tutto attorno a lui taceva, immobile, in una calma quasi insolita per una città come Londra. Forse, a conti fatti, anche la capitale inglese voleva sapere come Issho Fuji-Tora avrebbe affrontato l’ennesima sfida ed il suo verdetto
.

mangrovie-1



Molto bene, danygel, siamo giunti alla parte che riguarda l’incantesimo.
Prima, ovviamente, procedi come di consueto nel descrivere cosa ti accade fino al tuo ritorno al mondo materiale (come avrai notato, i punti persi nel mondo onirico non si ripercuotono su di te nel mondo reale), dopodiché procedi con il primo tentativo.
Segui attentamente le indicazioni riportate nella Lista degli Incantesimi (Descrizione Incanti), dopodiché attendi il mio giudizio.
Non manca molto!


Issho Fuji-Tora

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La frenetica corsa fu studiata bene; il vento, la natura, sembravano aver voluto giocare a favore del giapponese, restando inerte, ferme, come in attesa di scoprire il risultato. Il fiuto non avrebbe aiutato gli animali antagonisti, cosi' come anche la vista. Restare immobili, cosi' come l'ideologia di Issho premeva di fare nel momento di scelta, ancora una volta fu di grande aiuto. Spettacolosa e pretoriana, la scimmia vantava dinanzi alle altre il suo figuro e la sua abilita', nonche' marcava la sua posizione, finche'....l'urlo, quel grido, quel ``ruggito`` come gli piaceva pensare, echeggio' per quello spazio minaccioso e poderoso, marcando il terreno di guerra e vincendola fondamentalmente, dal momento che le scimmie batterono in ritirata, capa giullare compresa. Dove v'era stato schiamazzo e giubilo ora vi era un terreno lasciato di fretta e furia per il ``re`` indiscusso di quell'ecosistema....l'uomo? Forse si e forse no, ma sempre un animale sicuramente. Tuttavia il fulcro di tutta la faccenda, il perche' della corsa e della lotta fra scimmie....la perla cerulea, che fine aveva fatto? Con la coda dell'occhio la pote' osservare rimbalzare per terra facendosi strada verso lo stesso rivolo d'acqua dove si festeggiava. Fu tutto un attimo, quasi innaturale e inaspettato per lo stesso giapponese che di quei tratti felini non si era mai vestito e mai immaginato. Quasi un salto, come una gazzella in fuga o una tigre in attacco, solo che invece di una giugulare da azzannare, v'era il prezioso oggetto e invece di zanne v'erano braccia distese e mani aperte. Si ritrovo' a terra, a pochi centimetri da un immersione che si sarebbe mostrata come precedentemente provato, fredda e possibilmente dolorosa. L'aveva in mano...sorpreso da se stesso. Le scimmie scapparono gia' negli alberi e lui rimaneva li' fermo sdraiato a terra post balzo con il tesoro in mano. C'era riuscito? Cosi sembrava essere. Se prima era stato dominato da uno spirito minaccioso e lesto, adesso sembrava aver scoperto quella tranquillita' e quel sollievo che gli appartenevano sin da bambino...non solo, anche un senso di completezza prese parte del suo sentirsi. Lo possedeva adesso, lo rigirava fra la mano che l'afferro', vedendone sempre piu' i collegamenti coi tratti del suo volto, finche'.... chi era specchiato su quello stesso rivolo d'acqua? Non un uomo di sicuro. La fiera...la stessa che aveva seguito lungo quel tragitto, che seguiva i suoi movimenti, quasi mimandola ma essendone fondamentalmente la proprietaria. Una tigre dal manto nero e arancio, dal muso piu' brizzolato, come i suoi capelli. Caratterizzante e confermante quanto fino ad'ora volenteroso di apprendere, fu la cicatrice in volto nella stessa immagine della fiera: la stessa lunga cicatrice che partiva dalla fronte pelosa e si diramava nei due occhi, in quello sano e quello cieco. Lui poteva finalmente osservare il se stesso, il suo spirito guida, la tigre in lui. La luce degli occhi, rispettante le reali fattezze dell'orientale: uno spento e uno brillante come la perla tenuta in mano. Si sentiva realizzato e finalmente accettato da quell'essere che anni prima lo aveva punito. Un errore era verso la correzione? Il tempo avrebbe dato le risposte... il vento soffiava adesso, impetuoso tanto da far chiudere gli occhi all'uomo che si senti' strattonato all'indietro e poi....quiete.

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Il ``risveglio`` era avvenuto nel piu' bello. Sentiva il canto di un'allodola e la frescura solitaria soffiante a Hampstead Heath. Era ancora una delle ore mattutine e gli odori del legno vibravano nel suo ``muso`` divertendolo e impreziosendo quegli attimi. Il dolore alla caviglia? Sparito...come un incubo, lo lascio' li' sepolto nei pensieri meno interessanti da spolverare e riesumare. Non era cambiata una virgola da quando aveva cominciato il suo viaggio se non il se stesso, nello spirito, mutato....come un Ulisse al ritorno dal suo nostos, dal suo tragitto per il cambiamento. Un viaggio inaspettato e paradossalmente interessante e ricco di esperienza che alla sua eta' pensava non aver mai avuto piu' modo di assistere. Il libro di trasfigurazione lo ritrovo' li' stesso dove lo aveva lasciato. Ancora una volta non lo tocco' ne sfoglio' una pagina...lo sapeva a memoria. La bacchetta era ancora in mano, cosi' come era rimasta per tutto il tempo del suo sonno. Il prossimo step? Lo spirito era oramai pronto...era il corpo che adesso si sarebbe dovuto imporre al nuovo modello. Aveva gia' sperimentato da giovane e stupido ragazzo la forza dell'assumere connotati animaleschi e in un certo senso aveva ``imparato`` e conosciuto cio' cui andava contro. Il rituale e l'identificazione dello spirito guida erano state un successo probabilmente. Rimaneva adesso la pratica, la vera magia, la vera trasformazione. Rimase seduto li nel cerchio, quasi in preghiera, osservando il libro e sfogliandolo mentalmente nelle sue pagine cariche di inchiostro. Non era tanto un lavoro d'azione e movimento, quanto piu' un discorso di psiche e focus. Ritornavano alla mente ancora quei dannati istanti dello spaccamento in gioventu'; pensare a un atto cosi' ingenuo, pericoloso e devastante, pensandosi grande, peccando di superbia e bypassando quelle tappe che da poco aveva fatto...quanto era stato immaturo? Un sorriso prese vigore in volto...un auto-ammonizione. Ricordava adesso il movimento di bacchetta che andava posta verso il centro del cranio pronunciando la formula del ``mutas`` con il nome dello spirito guida nell'antica lingua morta del latino. Semplice, come aveva gia' pensato, ma era la mente a dover far la vera fatica. Forte di una visione dell'animale, lo stesso che vide nel mondo del dio celtico, Issho punto' dinanzi la sua testa la bacchetta e richiamo' l'incanto: Mutas Tigris.
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Il Fato

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Come accadeva ai serpenti, era giunto il tempo di mutare pelle. Per Issho Fuji-Tora il momento del proprio debutto era arrivato e doveva assolutamente imparare a vestire i panni della tigre, lasciandosi alle spalle le sue consuete spoglie umane.
Un orologio invisibile scandì l’ora, ma il Giapponese avvertì il rintocco sotto forma di desiderio e determinazione: il tempo del predatore, infine, era giunto. Issho non si lasciò scoraggiare dai propri ricordi passati, dagli errori sanciti dall’immaturità e sconsideratezza giovanile, ma fece tesoro di ogni lezione di vita appresa nel corso degli anni e maturando proprio come un frutto a lungo rimasto acerbo. Ora che aveva finalmente completato se stesso, ora che aveva trovato il proprio equilibrio, poteva assaporare e godersi la dolcezza di una simile consapevolezza, ma non ancora quella della vittoria.

Il Mago mostrò di avere un spiccato senso di disciplina se si era imposto quella sorta di auto-ammonizione, moderandosi, controllando la propria mente affinché la concentrazione non lo abbandonasse neanche per un misero istante. Il movimento svolto con l’arto armato fu preciso e privo di qualsiasi esitazione, così come la pronuncia della formula magica. Tuttavia, per quanto il Giapponese si fosse imposto di restare concentrato, la visualizzazione del proprio animale guida non sembrò del tutto sufficiente.
La magia sembrò, in ogni caso, sprigionarsi e iniziò a modellare il corpo umano in alcune zone. Il dolore travolse Issho all’altezza del bacino, avvertendo le ossa sacrali allungarsi fino a formare una coda dalle striature nere e arancioni; stessa sorte avvenne nella zona del cranio, in cui ossa e muscoli si spostarono e allungarono così da permettere alle orecchie umani di cambiare in due orecchie appuntite e pelose.
La trasformazione fu quindi parziale, ma Issho aveva ancora la mano dominante ancora libera dall’influsso della magia, pertanto poteva tentare nuovamente nel completare l’intero processo di trasfigurazione.


codatigre



La trasformazione è avvenuta in parte, ma non è stato sufficiente. Puoi continuare a provare con un altro tentativo.
Ricordati che questa parte è tale e quale all'apprendimento di un incantesimo, perciò più dettagliata sarà la narrazione e descrizione con cui affronti l’esecuzione dell’incanto, maggiori probabilità avrai di avere successo; stessa cosa vale per la concentrazione nel visualizzare il risultato finale, poiché è importante.

Per qualsiasi dubbio o curiosità, mi trovi alla consueta casella di posta.


Issho Fuji-Tora

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isshonome
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Ovviamente non era nelle sue corde sperare di affrontare con cosi' poca applicazione un'incanto che nel corso della storia aveva visto diversi scenari spiacevoli, di incidenti e ripercussioni nelle vite delle persone; lui stesso era parte di quel gruppo. La magia sgorgava dalle sue movenze e dalla sua fedele compagna di ciliegio che era la bacchetta. Stava riuscendo? Non sarebbe riuscito ad affermarlo subito, poiche' un dolore decisamente fastidioso prese a irrompere all'altezza del bacino. Come effetto trigger, Issho associo' il dolore ai tempi oramai andati dello spaccamento. All'inizio paura... con la mano destra andava a cercar il volto; lo trovo' li fermo e immobile al suo posto, non stava mutando, ma... da dove veniva il dolore, beh, un'altra storia. Se il piacere aveva un prezzo, questo lo stava pagando; come la metamorfosi di una crisalide, ecco che la coda felina delle tipiche bestie ando' a delinearsi all'altezza del sacro, da dove fondamentalmente proveniva tutto il malessere; da una parte stupore, dall'altra malinconia e dispiacere per via del fatto che la coda sembrava essere l'unica cosa mutata nel suo corpo, se non che' segni di ugual intensita' e dispiacere fisico cominciarono a provenire anche all'altezza del cranio, delle orecchie in particolar modo. Le ando' a toccare, stavolta con piu' prudenza per via del fatto che temeva sempre la sorte di 33 anni prima. Pelo, cartilagini allungate e appuntite...non era solo dotato di coda dunque, ma anche di vere e proprie orecchie animalesche. Come mai fermo per 1/4? A cosa era dovuto questo scarso successo? Scontato era non riuscir subito nell'impresa, ma almeno immaginava un risultato migliore piu' che solo orecchie e coda. Viaggio' indietro con i pensieri, ripercorrendo non solo le ultime vicende nel mondo dei sogni ma anche i personali studi del mondo animale, cosi' come i babbani erano soliti pensarli e documentarli. Non si era mai soffermato tanto su quella razza felina, ma ne aveva spesso letto, ascoltato o sentito storie. Forse una scarsa conoscenza di quel mondo creava la lacuna per l'adempimento dell'impresa? La conoscenza a quanto pare era la solita e comune strada del tutto e non avrebbe fatto eccezione nemmeno l'attuale situazione, probabilmente. Le tigri...nelle varie razze e culture erano sempre state etichettate come forti, caparbie, riflessive e mangiatrici di uomini. I felini piu' grandi nel mondo babbano, dalle zanne poderose e dagli agguati letali. Cibati dalla natura per mezzo dei propri esseri viventi, ora cacciati e ora serviti gia' esanimi. Abili nelle battute di caccia, mimetizzate nelle radure e nelle foreste grazie al proprio manto particolare, solitamente nelle tonalita' dell'arancio e striature nere, cosi' come mostravano le stesse formazioni appena manifestate nell'orientale; vibrisse spesse e lunghe, per una coordinazione perfetta e attacco micidiale. Dieta solita da cacciatore in cima alla catena alimentare. Questo era la Tigre nel suo essere e questo Issho si sarebbe dovuto accinger a diventare, puntando su quelle sue qualita' che riteneva piu' in sintonia con l'animale. Il coraggio e la letalita' delle parole; la stazza innaturale per il giapponese di turno in sintonia con la fiera che vantava il primato fra i mammiferi su terra; la capacita' di riflessione, vera mimetizzazione nella vita di tutti i giorni; la curiosita' come caccia di un qualcosa e la fame vorace della carne, del sapere e della scoperta. Un animale che si riscopriva tale e che ora andava a cercarsi in quel mondo perso che era la voglia di divenire.
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Yare yare... esplico' quasi sconfortato, osservando la sua mano con la presa salda della bacchetta. Meditava circa l'errore fatto...non era forse solo conoscenza, ma anche focus. Aveva peccato forse nell'applicazione dell'incanto? Fino ad'ora aveva sempre focalizzato e fatto presente una generica tigre, tralasciando il verso senso della scoperta nel mondo dei sogni di Cernunnos. Vero era che la tigre era il suo spirito guida, ma era altresi' vero era che la stessa tigre che incontro' dall'altra parte non era ne comune ne generica. Aveva dimenticato l'occhio, singolare e unico, ceruleo? Scordo' il suo dolore, la sua afflizione in sincronia con lo stesso mago in quelle mangrovie? E la voce....saggia, rauca e ruggente che ebbe modo di ascoltare nella difficolta'? Forse era il mix di conoscenza e superficialita' di focus che aveva portato lo scarso risultato. Lui non era una tigre...lui ERA la Tigre dall'occhio ceruleo, zaffiro, che aveva sofferto e scoperto il proprio spirito, che correva senza intralci e fatiche per la natura selvaggia, primeggiando sulle scimmie codarde in festa. Era la tigre dal manto leggermente invecchiato sul muso, dai colori caldi piu' spenti e il nero piu' diffuso e chiazzato da qualche pelo bianco. Una tigre di mezz'età, cieca per un occhio ma pronta nell'animo a rivalutare le proprie qualita'. ``Prima lo spirito, poi il corpo``. Echeggiarono nuovamente nel vuoto pensiero che ora riordinava le scene. Era chiaro oramai...cosa impediva al corpo di esser pronto se lo spirito aveva gia' vinto la sua sfida? Nel sogno delle mangrovie, Issho era gia' una tigre, l'aveva gia' superata quella sfida del passato; si era lasciato vincere dalla natura per, paradosso, vincere contro essa. Accettazione...questo era cio' che fece la differenza in quel mondo. Accettazione...questa era la strada da percorrere anche nel corpo. In questa predisposizione andava affrontata la vera sfida. La paura che aveva provato un momento prima, scaturita dal trigger del passato, del riproporsi di una scena cruciale e negativa della sua vita adolescenziale...era tutto nella sua testa insieme alle ultimissime e fresche illuminazioni concettuali, ma era stato nuovamente cieco fino a quel momento per non veder la strada gia' segnata e in discesa per quel viaggio che sarebbe stato un nuovo essere. Il ragazzo sfregiato come punizione per un livello di magia che aveva studi profondi da portar a termine prima della sua applicazione; le urla e pianti di chi lo aveva spinto a commetter l'atto; quella maledetta tigre viola, risultato del proprio peccato.....erano tutti quei impedimenti che invece di tener sopiti e nascosti, avrebbe dovuto accettare. Il tempo serve per accettar le cose...Issho avrebbe capito in quel momento che l'accettazione e' la cura per i mali del passato.

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Cio' che era successo era stata esperienza accumulata e storia atta a non farlo piu' sbagliare nel futuro. Accettare il passato gli avrebbe permesso di adottare un futuro tranquillo e di successi. Allora basta rimuginare, basta ripensamenti, basta colpe da dar a se' stessi o altri. Accettare tutto, conservarlo e ricordarlo per non sbagliare nel quotidiano imminente era il cammino da intraprendere. Ike, Iss, Ike! Si auto-incitava. Avrebbe pensato a quei ricordi, rendendosi quasi felice di averli potuti rivivere in quella nuova chiave di accettazione. Avrebbe ricordato l'incontro con lo spirito guida, la sua prova, le sfide nelle mangrovie, la scoperta dell'io animale; Avrebbe focalizzato i tratti del felino e li avrebbe tradotti sul proprio corpo cinquantenne, con i propri difetti e pregi, dall'altezza alla cecita', dal nero del capello al ceruleo dell'occhio funzionale. Avrebbe ripensato e trasformato i suoi tratti psichici, le sua abilita' di diplomazia, di riflessione e di presa di coscienza della vita, rivedendoli nel coraggio, nell'istinto, nella forza, agilita' e analisi dell'animale. Si sarebbe immedesimato in essa non come generica tigre ma come Issho-Tigre. Nella mente solo lui animale, grosso, pacato,cicatrici in volto, forte e a contatto con la natura, per la scoperta della stessa. Il suo animo avrebbe ruggito, dilatando i troppi pensieri superflui. Il suo occhio si sarebbe chiuso, per trovare i sensi; il suo braccio con la mano armata di bacchetta avrebbero puntato nuovamente il centro della testa parzialmente mutata e la sua bocca avrebbe proferito, ruggito: Mutas Tigris! per tentare di cambiarlo nella forma e nel colore...per trasformarlo, possibilmente completamente per questa volta.
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Il terrore di aver peccato in qualcosa travolse Issho come un fiume in piena, vittima del suo stesso doloroso passato, in cui i propri fallimenti avevano macchiato il corpo dell’uomo in maniera indelebile. Aveva pagato un duro prezzo per la propria giovanile avventatezza, ora però qualcosa l'aveva ottenuta, seppur minimale. Il suo era un traguardo che andava conquistato pezzo dopo pezzo, con costanza e disciplina, e non poteva di certo arrendersi proprio ora che aveva ottenuto due splendide orecchie feline e una sinuosa coda striata. Adesso che il trampolino di lancio era stato piazzato davanti all'immensa piscina della Trasfigurazione, Issho avrebbe potuto tuffarcisi dentro con più disinvoltura.
L’immaginazione del Mago tentò di focalizzare bene la figura della tigre, carpendone ogni singolo dettaglio e facendolo suo, proprio come doveva essere. Era partito da una comune tigre per poi cambiare alcuni dettagli affinché diventasse quella intravista nel mondo onirico. Sguardo ceruleo come la perla che aveva stretto in mano poco prima di ritornare alla realtà, la cicatrice che come un fiume risaliva e si diramava sul suo volto, il pelo brizzolato sul muso come testimonianza della sua maturità.
Chi era veramente Issho Fuji-Tora?
La tigre. Lui era la tigre e mantenne vivo il riflesso di se stesso in quella forma nella propria mente, mentre la concentrazione non lo lasciò nemmeno per un secondo. Come dei pianeti che si allineavano, l’anima del Fuji-Tora fece altrettanto con quello del proprio animale guida, sposando quell’insegnamento che aveva appreso nella sua recente esperienza; ora, però, era al corpo a cui serviva un allineamento, così che vi potesse essere un perfetto equilibrio tra le varie componenti.
C’era decisione, desiderio e sicurezza, finché la stecca di ciliegio non decretò l’inizio del nuovo balzo verso la nuova forma.

La magia si sprigionò e con essa iniziò il dolore.
La colonna vertebrale fu la prima a risentire i primi effetti dell’incantesimo: spinse Issho a curvarsi in avanti affinché assumesse la postura di un mammifero che si muoveva su quattro zampe, poi l’osso del bacino si spostò quel tanto da permettere agli arti inferiori di trovare il giusto ancoraggio. Le scapole si spostarono di più verso la schiena mentre gomiti e ginocchia parvero sul punto di spaccarsi mentre assumevano la giusta curvatura dell’arto felino.
Le falangi delle mani e dei piedi si ripiegarono, mentre le unghie umane scomparvero nei tessuti tra atroci tormenti, permettendo così la formazione e la fuoriuscita di artigli letali dalla parte opposta. Su quattro zampe solo tre se ne formarono, escludendo l’arto che ancora reggeva la bacchetta.
Infine, sul corpo di Issho apparvero alcune chiazze di pelo striato nero e arancione, facendone presagire - ancora - l'incompletezza del processo di Trasfigurazione. La testa rimase invariata, eccetto che per le orecchie rimaste presenti dal precedente tentativo.
Era una tigre maculata ed incompleta, ma nulla vietava al Giapponese di tentare nuovamente. Tutto dipendeva da lui e dalla propria volontà.


L’uomo era come una farfalla.
Doveva permettere alla crisalide di uscire dal bozzolo.
Poi avrebbe volato.
Issho non era diverso in questo:
doveva lottare affinché la tigre uscisse dal proprio involucro umano.
Poi avrebbe ruggito.



codatigre



Continua così, prosegui su questa linea d’onda ed effettua l’ennesimo tentativo. Potrebbe essere quello definitivo.

Issho Fuji-Tora

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La natura correva dietro il tempo e dietro il richiamo dell'animo umano e dell' animale...due entita' che andavano a mescolarsi per evolvere in qualcos'altro. Cos'era dopotutto quella ``magia``? Il scoprire nuovi mondi, nuovi orizzonti, all'insegna di cio' che esiste di migliore in noi. Una nuova nascita, sotto altra forma. Quell'oggi la natura avrebbe partorito il suo nuovo figlio e Issho non era altro che il suo padrino, il suo richiamo e il suo ritrovo. La mutazione, quella tanto decantata parola che oggi piu' che mai trovava risposta concreta e toccabile... quante volte l'aveva sentita, letta, sperimentata alla propria scuola; quante volte il corpo docenti lo aveva indirizzato e consigliato...quante volte ancora avrebbe ripensato alla propria idiozia? Si, perche' a questo si riduceva perennemente il tutto: un continuo aprire porte e portoni verso posti e mondi inesplorati; il ragazzino di 55 anni prima era sparito nella vergogna del proprio pensiero ingenuo e superbo. Questa era stata l'ulteriore tappa del figliol prodigo tornante sulla via della comprensione e del ``successo``.

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La vitale magia lo avvolgeva e si scatenava sul suo fisico mortale; le ossa cambiavano locazione e conformazione, prediligendo una postura mammifera a quattro zampe, ora piu' consona, entrando in ancoraggio preciso con muscoli e articolazioni del bacino. Scapole e spalle, dopo la schiena, furono quelle chiamate in causa per testare la posizione piu' confortevole nella parte anteriore della curvatura felina. I vecchi arti inferiori e superiori scoprivano anch'essi nuove forme, ripiegandosi fra se e facendo scomparire le cheratinose unghia del giapponese per permettere nella totale nuova disposizione la presenza di zampe dalla tipica e folta peluria e caratteristici artigli letali e infami della fiera. Fu distratto in tutta la procedura dall'estremo dolore provato: un continuo spaccarsi e ricucirsi di tendini, muscoli e ossa, sotto la pressante ritirata dei tessuti e comparsa di derma bestiale e selvaggio. Non stava piu' concentrato sulle formazioni ed escrescenze corporee, tanto era la fatica e la spossatezza che tale incanto e ``incarnazione`` richiedevano e gli stavano facendo sudare. Fu talmente distratto da accorgersi solo sul finale che non era ancora completo. Se da prima orecchie e coda furono i primi coraggiosi elementi a comparire, adesso l'80% solamente era riconducibile al proprio spirito guida: le zampe si formarono per 3/4, lasciando l'arto tenente la bacchetta, in maniera molto scomoda adesso, in forma umana, mentre la peluria sul resto del busto, beh...rimaneva triste e scarsa nella sua timidezza e comparsa, cosi' come anche l'assenza del muso felino lasciava ben poco da sperare all'orientale.

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Baka! Pote' solamente appena affannare il giapponese, evidentemente provato e ansimante. La non totale trasformazione lo aveva messo in una situazione difficoltosa dal punto di vista del portamento e sicuramente il dolore lancinante e chiamante soccorso a tutti i Kami non lo aiutava a trovare la calma e freddezza necessaria per portar a termine l'opera oramai da tanto tempo iniziata e da tanti anni seguita. Non poteva, tuttavia, permettersi di rimanere ancora fermo a frustrarsi e oziare in quell'instabile essere chimerico. Andava portata a termine la sfida e non avrebbe chiesto aiuto a nessuno se non a se stesso, alla sua risolutezza e alla sua caparbia. Cosa mancava a tutto il rituale? Cosa non aveva focalizzato? Cosa aveva tralasciato? Erano dubbi tanto curiosi quanto stupidi da porsi adesso...non era una questione di formazione o studio, ne tanto meno di metodica o spensieratezza. Era scomodo, pensava continuamente...forse non si era ancora deciso ad abbandonarsi all'animale? Poteva esser quello il problema? Cosa si aspettava? Che semplicemente sarebbe diventato Issho/tigre? Beh, forse il vecchio era sul binario sbagliato...il treno lo aspettava forse altrove. Se non avesse ricordato com' era sentirsi una tigre...se non avesse provato ad accettare la nuova dinamica posturale, il nuovo assetto animale, il nuovo istinto primordiale e la nuova visione delle cose, sposandole in tutto e per tutto, forse non sarebbe riuscito a completarsi. Era quasi una lotta fra l'umano inconscio e l'animale volenteroso. Se da una parte voleva ottenere il mutamento, dall'altro il corpo non lo avrebbe permesso facilmente. Che fare allora? Beh....si sarebbe imposto. Ricordo' come era stato liberarsi dalla radice nella mangrovia nel mondo di Cernunnos. Ricordo' come si lascio' andare al venire della natura, al suo freddo abbraccio battesimale....e allora, avrebbe fatto ugualmente anche alla quasi fine di quel suo percorso/calvario, in base a come sarebbe giunta a termine la storia. Non volle piu' aspettare e tanto meno indugiare. Piu' rapido sarebbe stato nei fatti e nelle azioni e piu' lenta sarebbe stata l'agonia dell'incompletezza. La bacchetta impugnata scomodamente riprese per un attimo la stabilita' per esser puntata con l'arto umano verso il centro di capo del Fuji. Mutas Tigris! Lesto e fugace ringhio'....occhi chiusi, pensieri assenti e abbandono al mondo. Si sarebbe perso nella natura, nei suoi odori, nei suoi rumori, nei suoi ``sentimenti``. Basta limitazioni, basta rassegnazioni...solo accettazione. Solo abbandonando la volonta' fisica, avrebbe trovato l'ospite spiritico; non sarebbe stato piu' timido e preoccupato nel rivelarsi come qualcosa che non si poteva immaginare sulla sua personalita'...d'altronde, di cosa esattamente poteva temere? Della sua vera natura? Del suo essere innato? Se era una tigre, beh, forse era il momento di mostrarlo al mondo, senza piu' celarsi o pensare come un vecchio arroccato alla propria fortezza. Che il fisico andasse perduto ...che la tigre nascesse da quelle sue spoglie rassegnate d'accettazione.
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view post Posted on 7/3/2019, 14:35
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Again




Il bozzolo in cui il vero Issho risiedeva e che attendeva di prendere il volo, non accennava ad aprirsi. Per quanto l’uomo fosse molto ostinato nel voler ottenere il proprio premio finale, tra artigli e zanne, la vittoria sembrava essere ancora piuttosto distante.
L’aspirante Animagus aveva tutte le carte in regola per poter chiudere il cerchio, lasciandosi avvolgere dalla potenza del Mutas e indossando la pelle della tigre una volte per tutte. Tuttavia, nonostante i propri desideri e imposizioni, la mente del Giapponese non era stata colmata dall’immagine del proprio animale guida, bensì troppo occupata a preoccuparsi degli errori commessi o del dolore che l’incantesimo portava con sé. Sull'ostinarsi ad accettare quel dolore per quella magia, Fuji-Tora non stava di certo sbagliando, ma aveva dimenticato quanto il tomo di Trasfigurazione Avanzata recitava riguardo ai fattori fondamentali per il corretto funzionamento dell’incantesimo.
Ancora una volta la volontà e l’imposizione non si rivelarono sufficienti, mostrando in vero una natura tanto capricciosa quanto complessa, in cui lo zelo era tutto. E fu così che quando l’uomo portò la bacchetta all’altezza della fronte, caparbio come non mai nel volersi abbandonare totalmente alle forze magiche e pronunciando la formula con decisione, l’ennesimo flusso magico scaturì dalla stecca di Ciliegio. Nessun dolore intenso lo travolse stavolta, non per le vibrisse che presero a spuntare da sopra gli angoli del labbro superiore. Lunghe e sottili, questi organi tattili presenti nei mammiferi uscirono dai tessuti di Issho con un formicolio, nient’altro. Fu l’unica cosa che il Giapponese ottenne, ma non era di certo finita: altre possibilità rimanevano a sua disposizione.


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Ahimé, purtroppo questo tentativo non ha dato i suoi frutti. Eri stato molto preciso nel tentativo precedente e, infatti, eri riuscito a trasformarti molto. Non per questo devi demoralizzarti.
Il Mutas è come un qualsiasi altro apprendimento di un incantesimo, composto da fattori essenziali che ti garantiscono una buona riuscita se rispettati in ogni tentativo e con cura. Il mio consiglio è di visionare ulteriormente quanto hai scritto nel tuo secondo tentativo, perché lì eri stato davvero molto bravo e sicuramente riuscirai a capire cosa hai tralasciato.
E’ richiesto un altro tentativo.
Semmai ti sentissi ulteriormente confuso o vi fossero dubbi di sorta, non esitare a scrivermi per chiedermi delucidazioni; dopotutto sono qui per questo! ;)


Issho Fuji-Tora

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Fermo nel tempo e nello spazio; una definizione di indifferenza e non evoluzione, cio' che era stato quell'ultimo tentativo: un totale insuccesso. Nulla muto' e nulla si ottenne. Solo caparbie e lunghe vibrisse che, formicolando, spuntavano dal labbro superiore. Si, era pur sempre un passo avanti, ma se doveva paragonar il secondo tentativo a quello attuale, si sentiva solo mortificato e demoralizzato; che ne era del giovane studente ben promettente nelle materie di trasfigurazione e incantesimi? Davvero l'eta' avanzata cominciava a giocar cattive azioni al giapponese? Una volta apprendere incanti non gli richiedeva tanto tempo, ma adesso? Cosa aveva sbagliato? Dove peccato? Dolore non se ne aggiunge al precedente, anche questo rimasto fisso nell'immutabile. Allora? Davvero non era riuscito a venir a capo della questione in breve tempo, cosi' come era solito fare? E bene...forse un tiro sinistro l'aveva giocata la sua convinzione in malafede. Tanto convinto da dimenticar le basi.

scimmiegruppo

Per l'amor del cielo. Disse arrabbiato con se', ammonendosi per quell'errore da principianti. Era stato cosi' attento e sicuro fino all'ultimo istante sull'accettare l'idea di se' come tigre regnante del mondo animale che scordo' di focalizzarsi come tale tigre cosi' come era sua proiezione nella foresta di mangrovie. Tanto saggio, tanto abile in quelle meccaniche che si diede da se' una zappata sui piedi, tralasciando i fondamenti del tomo studiato a fondo negli ultimi giorni. Baka! Continuava a insistere nervoso su di se', mentre tentava con profondi respiri e pensieri piacevoli a calmarsi, nonostante la postura scomoda del ``non totale`` animago non aiutasse. A cosa serviva accettarsi per un'altra cosa, convincersi di determinate idee, rimuginare al passato con fare educativo se poi la base principale dell'incanto stesso veniva a mancare per pura dimenticanza e trascuranza? Quasi imperdonabile, c'era da affermare. Un'offesa agli insegnanti della cara Mahoutokoro che tanto premevano sulla fusione di pensieri, azioni e manuali accademici per l'esecuzione perfetta e in sicurezza. Qualche altro secondo di stasi, per chiarirsi le idee e le prossime mosse ideali per il raggiungimento dell'obiettivo. Aveva bisogno di quella nitidezza d'esecuzione e elasticita' di pensiero abbinata, per poter ottenere risultati eccezionali. Uno, due ...tre respiri ancora e comincio' nuovamente a impegnarsi nel castare l'incanto.

isshotigre_1

Come esperienze sperimentali e scientifiche, si impose un metodo. Avrebbe cominciato con l'accettare il suo passato ingenuo ma educativo, senza piu' dar colpe al giovane che fu ma ad accettarlo come insegnante per evitare gli errori del futuro cosi' come aveva da poco imparato. Non doveva mancare vigore e incitazione nell'esecuzione, ripensando sempre a quei tempi passati, nel quale ora aggiungeva anche gli ultimi insuccessi della trasfigurazione, in chiave positiva. Torno' alla mente nuovamente anche il suo io animale nel mondo di Cernunnos, dove scopri' la sua vera natura. Ricordo' le difficolta' e i tratti di quell'ultima esperienza nelle mangrovie, il dolore e la ribalta. Tenne a mente il come e cosa volesse significare esser tigre, accettandone la postura e gli istinti, il nuovo essere ``altro``, un animale, con una nuova visione delle cose, cercandone di sposare i tratti saputi: grandi felini, dalle armi letali e tattiche di successo, abili nel cacciare nell'anonimato, sfruttando coordinazione motoria perfetta e elegantemente mortale . Affioravano nuovamente i concetti di lasciarsi andare alla natura, di farsi accettare da essa cosi' come era gia' avvenuto nell'altro mondo, lasciandosi, come aveva gia' fatto, ai tratti della madre terra, ai suoi odori, rumori e sentimenti, accettandoli cosi' come avrebbe accettato il suo essere, il suo ``io`` fieresco, abbandonando la volonta' fisica e trovando l'ospite spiritico. Si sarebbe dovuto mostrare tigre, quella stessa tigre che pero' ora non doveva generalizzare come l'ultimo tentativo, ma tornando alle basi della trasfigurazione: il felino trovato, scoperto e rincorso come sfida nell'altro mondo; il focus era riposto sui suoi tratti animali, che venivano adesso tradotti sul corpo umano, con i propri difetti e pregi, senza dimenticare quelle che erano le variabili trasposte dal cambio di forma: dall'altezza alla cecita', al colore dei capelli e del manto della tigre, fino al famoso occhio ceruleo abile. La sua psiche,la sua diplomazia, la capacita' di riflessione e la presa di coscienza, sarebbero stati ripensati e rimodulati nell'ordine animale come coraggio, istinto, forza, agilita' e analisi insiti nell'animale. Coraggio e letalita' affidate alle sue parole, riflessione e analisi la vera arte di mimetizzazione nel sociale, la curiosita' come caccia di un qualcosa per soddisfare la fame vorace della carne, del sapere e della scoperta. Issho/tigre era questo, quella stessa tigre del mondo onirico, un unico essere grosso, pacato, dal volto segnato da cicatrici, forte e formidabile con la cooperazione della natura. Il ruggito lo sentiva nell'animo, come se volesse allontanare l'inutile dalla sua esperienza; gli occhi sarebbero rimasti chiusi per riscoprire i sensi e la bacchetta impugnata con la propria mano ancora immutata sarebbe tornata a puntarla bene al centro di testa. Solo quando avrebbe accettato il passato, rivisto il suo essere futuro, tradotto i suoi tratti animali, accolto la mutazione, conosciuto l'animale e allontanato gli errori ponendo concentrazione su tutti i passaggi da manuale....avrebbe pronunciato: Mutas Tigris! Lasciare il bozzolo vuoto a favore di una bellissima farfalla in volo...la parafrasi e la visione del divenire altro. Questo era il basamento su cui poggiava la sua ultima metodica. Lasciar quel mortale corpo umano a favore di una ben riconosciuta e voluta tigre, non una qualunque, ma quella dall'occhio zaffiro, che aveva dominato su un gruppo di scimmie e corso contro gli ostacoli della natura....la tigre che avrebbe corretto il passato... la tigre che avrebbe sposato l'uomo, uscendo dal corpo di quest'ultimo, come crisalide.
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view post Posted on 21/3/2019, 14:17
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La mente del Mago vagò in lungo e in largo, nei meandri della propria psiche, affinché riuscisse a tornare l’indiscusso padrone di se stesso e della trasformazione. Il sentiero che fino a quel momento aveva percorso da solo era stato denso di sfide, ma anche ricco di insegnamenti tra uno sbaglio e l’altro. Per quanto fosse un essere umano piuttosto maturo e formato, la vita insegnava che non si smetteva mai di imparare e che errare era insito nella natura di ogni essere vivente.
Una volta ghermito il proprio equilibrio interiore, abbracciando la nuova natura di sé appena scoperta, Issho focalizzò tutti quegli elementi necessari che avrebbe reso il Mutas efficace, sotto ogni aspetto possibile. L’immagine di se stesso nella pelle della tigre si fissò in maniera indelebile nella propria mente, come se si stesse specchiando nuovamente sulla superficie di quello specchio d’acqua in cui la perla cerulea era quasi caduta, mentre i tratti peculiari che lo rendevano unico nel suo genere si fusero con l’animale. La cecità del destro, la brillantezza della pupilla del sinistro, le cicatrici che ne percorrevano il volto, la brizzolatura del manto: un passaggio di testimone, come un'evoluzione, da uomo a tigre. E la stessa cosa sarebbe stata per il proprio temperamento, segnando quel processo come una sorta di matrimonio tra due entità che si erano finalmente trovate e unite.
L’Issho umano sarebbe stato un tutt’uno con l’Issho tigre. Per sempre.
Concentrazione, decisione e buona volontà furono il carburante che andarono ad alimentare la magia racchiusa nel sangue del Giapponese, in un allineamento perfetto e saldo, fino a far convogliare il potere nella fedele bacchetta. La punta toccò la fronte dell’uomo e la trasformazione, dopo aver pronunciato la formula con assoluta chiarezza e determinazione, prese ad agire nuovamente sul quel corpo più animale che umano, rimasto incompleto fino a quel preciso istante.
Il dolore travolse nuovamente Issho, dolce e tremendo allo stesso tempo, ma che avrebbe - infine - segnato l’epilogo di quell’avventura. Ciò che era rimasto della pelle umana venne interamente ricoperta dalla caratteristica peluria striata, soffice e spessa al tatto, mentre i muscoli e nervi del volto presero a tendersi e il resto del cranio si deformò per adattarsi al resto dello scheletro ferino. Il naso umano venne ben presto rimpiazzato da uno molto più sviluppato e sensibile, i denti si allungarono e formarono una chiostra di fauci letali e affilate. La trasformazione fu completata nel momento stesso in cui il dolore cessò e il resto della peluria andò a ricoprire il muso di Issho: ora era la tigre ed era finalmente libera.
Issho Fuji-Tora si era liberato dal suo bozzolo umano e aveva permesso al suo lato animale di uscire. Ora era finalmente completo, in tutto e per tutto, e gli errori del passato saldati ed espiati.


tigreissho



Complimenti, hai sbloccato la Vocazione: Animagus Principiante[Tigre]
CITAZIONE
Abilità conosciuta solo da pochi maghi, richiede infatti molto impegno e ricerche per essere raggiunta. Allo stadio di "principiante" ci si potrà trasformare, ma la trasformazione potrebbe essere instabile (portando a ritornare umani senza volerlo o a non riuscire a diventare animali) e non può in nessun caso durare più di 5 post/azioni. SONO VIETATE LE CREATURE MAGICHE anche per il grado non principiante. Sono consentiti tutti gli animali "babbani"

Una volta che ti sentirai pronto per sbloccare la fase da Esperto, non dovrai fare altro che postare il tentativo direttamente in questa discussione. A te la scelta, inoltre, se registrarti al Ministero per il rilascio del relativo patentino qui.

Aggiungi pure alla scheda, specificando inoltre tutti gli aspetti peculiari che assumerai da trasformato (occhio ceruleo, pelo brizzolato, cicatrice).
Due piccole precisazioni di cui dovrai tenere conto ad ogni trasformazione: 1) Tieni presente che fintanto che non avrai raggiunto la fase Esperta il dolore sarà presente, ma sparirà nel tempo con l’esperienza; 2) Essendo un animale grande e non caratteristico del Regno Unito, oltre che ad essere feroce, ricordati del rischio nel trasformarsi in luoghi pubblici - sia quelli frequentati da Maghi che da Babbani - oltre ad essere piuttosto appariscente in ambienti civilizzati.





 
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