Elijah Sullivan
Prefetto Serpeverde - 17 anni
La mano destra trovò il pacchetto di sigarette. Elijah lo aprì e, picchiettando appena sotto la scatola, ne fece saltare fuori una proprio nel centro. La sfilò, afferrandola con la punta delle dita e la mise tra le labbra, lasciando che dondolasse appena. Il pollice fece scattare la rotellina dell’accendino babbano e la sigaretta brillò di rosso nella luce soffusa del locale. Il Serpeverde buttò l’accendino sul tavolo e questo rimase a girare su se stesso un paio di volte.
- Non voglio saperlo perché sono sicuro che hai fregato i miei turni, giusto? Quindi meglio fare finta di non aver sentito.
Il tono divertito con cui rispose non lasciava dubbi. L’ultima domanda di Wolfgang era stata una confessione in piena regola e quello gli bastava. A modo loro, era come se glielo avesse scritto nero su bianco. Con lui non erano mai servite troppe parole, era il suo migliore amico.
-Oh, beh, il sonetto lo avrei gradito parecchio, in effetti, ma le cose preferisco ascoltarle faccia a faccia, lo sai.
Abbandonò per qualche istante la sigaretta, tornando ad occuparsi del boccale di fronte a lui. Più lo guardava a più gli veniva voglia di bere. Il whisky al momento però era più necessario di tutto il resto e il Serpeverde lo buttò giù in un paio di sorsi. Era una sensazione pazzesca, lo era sempre stata fin dalla prima volta, sebbene avesse rischiato di restarci quasi secco. Fece un ghigno.
- Altro giro di whisky, bro?
Non attese nemmeno la risposta e, sollevando il bicchierino vuoto, fece cenno alla cameriera di portare una seconda dose.
- Non serve che ne parliate apertamente, certe cose si sentono e basta. Sono contento per voi, davvero.
Prese il boccale e lo sollevò pronto a brindare. In seguito avrebbe portato la birra alla bocca, facendosi coccolare le labbra da una schiuma deliziosa.
Era fresca e davvero ottima. Per il prossimo girò, però, voleva assaggiare anche la scura. Quello era uno di quei momenti in cui non voleva negarsi niente di niente.
- Nieve Rigos – rivelò senza alcuna enfasi - per questa ragione ti ho chiesto di scambiare i turni quella sera, avevo bisogno di parlare con lei.
Fece un tiro importante, la cenere si accese con rabbia e irritazione. Trattenne il fumo nei polmoni e lo liberò piano, insieme alle parole che ne seguirono.
- Ero andato al campo a fumare e l’ho trovata che si stava allenando. Ho fatto finta di non saper volare, lei ha fatto finta di crederci – fece un ghigno divertito, gli occhi fissi in quelli di Wolf – mi ha fatto lezione, era un gioco, insieme sulla stessa scopa, attaccati, io davanti e lei dietro. Aveva addosso una T-shirt fina fina...è stato un tormento.
Un altro tiro alla sigaretta, necessario per dare ritmo a quel racconto – Poi mi sono avvicinato e lei mi ha baciato in un modo ...Wolf, se Thalia non ci avesse interrotti, non so davvero come sarebbe andata a finire…Meglio così comunque.
La testa si appoggiò al muro, gli occhi chiarissimi cercarono qualcosa sul soffitto – Zero sentimenti Wolf, zero. C’era ben altro, non so se mi spiego.
Si concesse un altro momento di silenzio, un altro tiro di sigaretta.
- Mi ero riproposto di non raccontarlo a nessuno, per correttezza. Potevo dirtelo quando abbiamo scambiato il turno, ma non l’ho fatto. La Rigos l’ha raccontato a qualcuno e quel qualcuno l’ha detto a Midnight. Immagina cosa è potuto succedere quando ho fatto la ronda notturna con lui...si è concesso subito il lusso di prendermi in giro. Sapeva ogni minimo particolare.
Un’aria rabbiosa cominciò ad aleggiare sul suo volto, non gli era andata giù che quell’uomo sapesse le sue cose private e continuava a non andargli giù.
- Mia madre ha iniziato a picchiarmi quando avevo tre anni e ha smesso quando non è stata più grado di raggiungermi la faccia. Voltava gli anelli verso il palmo e mi sfregiava, facendomi sanguinare. Ogni giorno, bro, ogni giorno e mia sorella mi curava. Qualsiasi cosa io faccia è sbagliata. Non sono degno di lei, del suo nome, di portare l’anello di famiglia che mi spetta.
Si strinse nelle spalle, determinato a cambiare argomento dopo quella parentesi poco gradevole. Fu una confessione rapida e quasi indolore. Parlare di sua madre gli provocava i crampi allo stomaco e, in quel momento non aveva alcuna intenzione di rovinarsi al giornata.
- E’ l’infermiera, Wolf – confessò a voce bassa – quella nuova con i capelli rossi, Jolene.
Non serviva dire a Wolfgang di non dirlo a nessuno, sapeva benissimo che suo fratello era una tomba, come lo era lui.
- Quando sono con lei, quando la bacio...non te lo so spiegare...è come se diventassi quello che avrei dovuto essere e che non sarò mai. Lei è riuscita ad aprire una porta chiusa, nemmeno io sapevo cosa ci fosse lì dentro, nemmeno io. Per quello sto incasinato dentro. Io non capisco come mi sento, non capisco cosa stia succedendo. Non so se mi spiego...sono cose che non conosco e non riesco a catalogare.
La porta in questione, però, era stata chiusa per troppo tempo. Elijah era certo che quello che conteneva non avrebbe mai preso forma.