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view post Posted on 8/10/2018, 22:57
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss

▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Da quando aveva ricevuto quel gufo inaspettato da Thalia, più e più volte il contenuto della lettera lo aveva incuriosito e lasciato perplesso al tempo stesso. La ragazza non si era sbilanciata troppo nel discorso: aveva detto tutte e niente, quel tanto da stuzzicare l’attenzione dell’Auror, come se avesse sempre saputo quale corda pizzicare per potergli strappare una risposta affermativa. “... Tu sei l’unico che possa aiutarmi davvero.” E lui, da bravo coglione buon sammaritano, era partito alla carica, pronto a darle il proprio sostegno indipendentemente dalla natura di tale richiesta d’aiuto. C’era poi da aggiungere quel sottile desiderio nel voler approfondire la loro conoscenza, così da poter stabilire se il fulvo si fosse dimostrato degno di conoscere i segreti di lei; come se ella volesse - in un certo senso - ricambiare quello che lui le aveva concesso senza nessuna pretesa.
E quel riferimento all’incontro a Limerick, non del tutto casuale secondo quanto Thalia aveva scritto nero su bianco, aveva divertito Weiss tanto da strappargli una risata. Forse, secondo un’attenta riflessione, in fondo lei ci credeva al Fato, ad eventi già stabiliti che dovevano compiersi nel tempo; forse, nonostante il silenzio ostinato di quel giorno sulla riva del fiume, Thalia aveva manifestato in minima parte il suo punto di vista riguardo alle Profezie. Eppure, Aiden lo sapeva, era una teoria ancora da confermare e il giorno in cui l’avrebbe rivista si stava avvicinando sempre di più, finché non avrebbe scoperto finalmente la verità, semmai la rossa di Cork gliel’avrebbe concessa.
Fino a quel momento Thalia Moran rimaneva un mistero vivente per lui e questo lo innervosiva.

L’Auror avvanzò lungo il vialone principale di Hogsmeade, gli stivali che affondarono nel terreno rimasto umido dalla sera precedente. Ottobre avanzava inesorabile, portando con sé la presenza dell’Autunno e preannunciando al tempo stesso l’arrivo dell’Inverno ma, prima, quello di Samhain.
Inspirò a pieni polmoni l’aria fresca che aleggiava nel villaggio scozzese, avvertendo il forte odore di legno bagnato che veniva dalle abitazioni o da qualsiasi altra struttura nei dintorni. Non era male dopotutto, lo aiutava a rilassarsi, sebbene preferisse di gran lunga gli odori della foresta in cui sorgeva la propria dimora. Ciò nonostante, lo aiutò a trascorrere la mattinata in servizio in maniera piuttosto tranquilla ed armoniosa, senza troppe noie o problemi di sorta. Hogsmeade infatti rimase tranquilla per tutto il tempo, immobile, senza nessuna minaccia che osava disturbare il ritmo dei cittadini: gli adulti svolgevano regolarmente le loro faccende lavorative o casalinghe, i bambini invece correvano per strada e gettavano un pizzico di allegria all’atmosfera. Proprio alcuni di quest’ultimi provarono in tutti i modi a convincere Aiden ad unirsi a loro: si erano affezionati - nonostante tutto - a quel gigante buono dai capelli rossicci che vedevano spesso e volentieri muoversi tra le vie del villaggio; tuttavia Weiss declinò ogni volta le loro insistenti preghiere con gentili parole, cercando di convincerli che si sarebbe unito ben volentieri più tardi, ma che prima doveva svolgere il proprio lavoro senza distrazioni.
«Red, dai. Solo un tiro!» piagnucolò un bambino paffuto di nome Septimus, i capelli color steppa incollati sulle tempie sudate. Gli mostrò un pallone in cuoio un po’ consunto, ma che a prima vista sembrava bello robusto.
Aiden sospirò, stretto al proprio mantello per non sentire troppo freddo, mentre i lunghi capelli rossicci sporsero da sotto il cappuccio. «E va bene. Solo uno. Poi mi lasciate procedere fino a Zonko senza troppe storie?»
«Prima tira!» urlò un altro bambino di quella allegra brigata, i capelli ricci e mori, che rispondeva al nome di Martin.
Il rosso alzò gli occhi al cielo. Piccoli ruffiani in miniatura, so già che vi avrò alle calcagna fino all’ora di pranzo!, pensò esasperato. Afferrò il pallone e lo alzò appena in aria, per poi colpirlo con potente calcio che spedì quell’oggetto infernale che combinava solo guai proprio dritto dritto contro la vetrata di un’abitazione. Serrò i denti, imprecando mentalmente e preparandosi a dover riparare personalmente al danno appena causato.
«Grandioso! Ecco cosa succede quando mi faccio persuadere da voi!» borbottò sommessamente, estraendo la bacchetta e cercando di operare il prima possibile sulla vetrata, prima che il proprietario se ne accorgesse tanto da decidere di inchiodare Aiden sul posto per una sana discussione tra gentiluomini.
Tutto filò liscio, fortunatamente. L’Auror risolse tempestivamente il danno e fu in grado di defilarsi in un battito di ciglia, seminando la gang di bambini con un Seòcculto ben piazzato.
Il resto del turno di lavoro passò senza ulteriori intoppi: riuscì addirittura ad addentare un panino al volo grazie alla gentile benevolenza di Madama Rosmerta, sebbene a volte non sopportasse granché la vista del rosso nel proprio locale tra fiumi di alcol, canzoni comiche e balli poco coperti sui tavoli. L’unica cosa che andò un tantino per le lunghe, fu il tempo di attesa davanti a Mielandia in cui avrebbe dovuto ricevere il cambio da un altro collega.

Davanti alla Testa di Porco, l’Auror attese con estrema pazienza e puntualità, appoggiato contro una delle colonne di legno che davanti all’ingresso del locale. Le mani erano infilate nelle tasche dei pantaloni scuri, mentre da sotto al cappuccio giunse un distinto fischiettio allegro: era il ritmo di Whiskey in the jar, una tipica canzone irlandese. Avrebbe potuto fungere da faro per Thalia, nel caso non riuscisse ad intravvedere le ciocche vermiglie fare capolino dal cappuccio una volta arrivata, oppure no; in ogni caso era quasi certo che se era vero che il primo incontro non era stato casuale, allora anche il secondo non lo sarebbe stato e il Fato avrebbe operato per entrambi.





Edited by Aiden Weiss - 9/10/2018, 16:45
 
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view post Posted on 9/10/2018, 15:06
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Il riflesso sulla vetrina di Mielandia offriva un ritratto piuttosto smunto del suo viso, più allungato rispetto al normale e decisamente più opaco. Pizzicò con leggerezza le guance piene, lasciando che quel lieve rossore le imporporasse il viso.
La via principale era gremita di studenti in libera uscita e di tanto in tanto qualche viso noto la riconosceva e la chiamava per un saluto al volo. Dal canto suo, ricambiava immediatamente elargendo sorrisi di circostanza ben mascherati. L’ansia di incontrarlo era tanta, forse troppa visto il gramo compito ad attenderla; non era la sua figura in attesa alle porte del pub meno raccomandato del Villaggio a causarle quell’agitazione, bensì l'obiettivo che ella stessa aveva dato modo di stabilire per quel giorno.
Era stata lei a scrivere la prima lettera ed era stata lei ad attendere una risposta che non si era fatta troppo desiderare.

Svegliandosi quel martedì mattina - lo ricordava piuttosto nitidamente - si era sentita leggera, come se il passo più difficoltoso fosse ormai un ricordo. Rannicchiata tra le lenzuola, si era lasciata cullare dal respiro delle compagne addormentate e si era voltata in direzione della porta rotonda, quasi che quell'immagine potesse essere il giusto incitamento per alzarsi ed iniziare quella giornata. Ripensava al mattino precedente e a quanto fosse stata sciocca nel pensare che una cosa simile potesse turbare la sua quotidianità o quella dello stesso Auror. Solo in quel momento si era resa conto della pergamena arrotolata sul suo comodino, adagiata di traverso sopra al manuale di Incantesimi. Si era alzata di scatto, ritraendosi con l’intero set di coperte stretto in una mano e sollevato fino alla gola; con l’altra coprì la bocca, le labbra schiuse in un'espressione colma di stupore, impedendosi di proferire qualunque ingiuria le fosse saltata per la testa.
Le aveva risposto immediatamente: un veloce ragionamento le permise di calcolare il tempo che Clio aveva dovuto impiegare per coprire la tratta Hogwarts-Londra, scoprendo che la civetta doveva aver fatto ritorno nella notte e qualcuno le avesse lasciato la posta sul comodino.
Era rimasta lì immobile, fissando il foglietto con lo sguardo di una lepre spaventata, dopodiché - decisa a lasciarsi alle spalle ogni incertezza - aveva sciolto ogni riserva ed i suoi occhi gonfi di sonno, ma tutt'altro che distratti, avevano letto velocemente la missiva.
L'aveva stupito, diceva, e non era l'unico a pensarla in quel modo. Lei stessa si era giudicata duramente dopo aver lasciato la Guferia, augurandosi che - una volta tanto - Clio perdesse la lettera che così fiduciosamente le aveva affidato. Era cresciuta nel benessere, faticando poco o nulla per ottenere ciò che il suo cuore ed il suo spirito desideravano; questo, però, non le aveva impedito di sviluppare la propria personalità in un’unica direzione: l'autosufficienza. Chiedere aiuto non le era mai piaciuto e si sarebbe tagliata una mano piuttosto di ammettere di essere in difficoltà. Aiden, però, era riuscito a convincerla che da sola non sarebbe arrivata da nessuna parte. E così aveva deciso di chiedere aiuto, senza sapere che nei giorni seguenti avrebbe dovuto ricorrere all’umiltà ben più di una volta soltanto.

Camminando per le strade di Hogsmeade respirava l'aria dell'autunno alle porte, con il profumo fresco degli abeti ad impregnarle i capelli rossi, raccolti in un treccia tutt'altro che ordinata. Stretta nel suo cappotto grigio e con le mani in tasca, ripercorreva quella settimana appena trascorsa, cercando di trovare un senso all’avventatezza che l'aveva condotta sin lì.

La lezione di Difesa del mercoledì aveva avuto il solito peso sul suo spirito già provato: non era Midnight a contribuire a quel malessere - una volta tanto il neo Vicepreside sembrava non avere colpe - bensì un Serpeverde e non uno qualunque.
William Black.
L'aveva fissato ad intermittenza durante tutta la lezione di due ore, tanto che la Alistine - seduta accanto a lei - aveva dovuto richiamarla all’ordine con bisbigli e gomitate gentili più e più volte.
Come poteva anche solo pensare che lui accettasse di scambiare con lei i rispettivi turni da Zarathustra? Ne aveva un disperato bisogno e se solo Black avesse percepito una simile urgenza, di sicuro la sua risposta sarebbe stata un sonoro e secco “Scordatelo.” - una risposta alle sue richieste che lei, d’altro canto, non gli aveva mai riservato. Contava sul fatto di riuscire a prenderlo in contropiede, un miracolo insomma, e magari di farla franca una volta tanto nella vita.
Alla fine della lezione - mescolandosi alla folla del secondo piano - si era avvicinata a lui, affiancandolo in silenzio. Si aspettava che lui dicesse qualcosa, ma se un anno di collaborazione al negozio le aveva insegnato qualcosa era proprio che Black non le avrebbe mai dato soddisfazione, né le avrebbe rivolto il saluto per primo. Mai. *A meno che non abbia qualcosa sulla faccia e si prenda la briga di farmelo notare con un po’ di sano sarcasmo.*
«Sabato non sarò al negozio, perciò dovrai cavartela da solo.»
Più che una richiesta era una comunicazione telegrafica e sperava che fosse sufficiente a sancire il patto silente tra lei e quel collega taciturno ed ambizioso «Dopo pranzo avviserò il proprietario, ma dubito che si faccia scrupoli a riguardo.» e così dicendo aveva accelerato il passo, sgusciando via e augurandosi che lui l'avesse udita nonostante la confusione.

L’aveva ottenuto quel permesso, con l’augurio del proprietario a risolvere quanto prima ‘lo spiacevole imprevisto’ secondo cui, proprio quel giorno, non si sarebbe potuta presentare a lavoro.
Si sentiva un po’ vigliacca, forse troppo considerate le circostanze. Nieve avrebbe etichettato quei sensi di colpa come una sciocchezza e le avrebbe dato una spintarella affettuosa, esortandola a proseguire la propria passeggiata tra i negozi.
Bibliomagic era proprio dietro l’angolo e per la seconda volta cercò di specchiarsi sulla vetrina: era un’ottima scusa per cercare di vedere Mike all’opera all'interno. Stava servendo una strega e sembrava concentrato, troppo assorto per notarla al di là del vetro spesso e dei libri esposti al pubblico.
*Lui è qui e io sto per confessare tutto ad un estraneo. Brava T. Davvero.*
Quel pensiero la stava divorando dall’interno dalla sera precedente, quando - a furia di scrivere il nuovo saggio sulla Pozione Corroborante - aveva finito per mandare tutto a monte in funzione di sensi di colpa travolgenti.
Benché Fiona avesse cercato di capire chi fosse Aiden anche dopo aver lasciato Limerick, il Prefetto non aveva ceduto alle insidie della sorella: non c’era alcun interesse romantico nell’incontrare Aiden Weiss.
E allora perché, nel scorgere la sua figura appoggiata ad una colonna traballante, il suo cuore aveva saltato un battito?
*Lui ha le risposte. E le risposte mi spaventano. Tutto qua.*


Thalia J. Moran | Prefect | Hufflepuff | 17

Immaginati Thalia come un cerbiatto abbagliato dai fari di un'auto, immobile in mezzo alla strada. Sta fissando Aiden con l'espressione più innocente e spaventata che si possa immaginare. :flower:

Aggiungo che William, Niah e Ninuzza non sono stati maltrattati durante la stesura di questo post :gelato:
 
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view post Posted on 9/10/2018, 17:30
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Aiden Weiss

▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Si sarebbe messo a ballare sul posto o quanto meno a muovere i piedi a ritmo pur di tenersi occupato, mentre l’attesa diventava sempre più opprimente e carica di agitazione. Non lo sapeva bene nemmeno lui perché avesse iniziato a percepire uno strano formicolio alla base del collo, facendogli rizzare una buona porzione di capelli all’altezza della nuca; la sensazione era analoga a quella di un fantasma che passava attraverso un essere vivente, percependo una sensazione di freddo spasmodico. Thalia, però, non era un fantasma, era una persona viva e calda, seppure un po’ criptica; decisamente troppo per il proprio orgoglio e ancor di più per uno che voleva assolutamente vincere a tutti i costi.
Si grattò la barba quando finì di fischiettare, con fare pensieroso e distratto. Il silenzio della ragazza dominava ancora nella sua mente, persino l’immagine di quella testa rossa che cercava a tutti i costi di evitare il suo sguardo indagatore; Aiden si chiese se una volta che Thalia si fosse presentata a quell’incontro inaspettato, avrebbe ripetuto la cosa piuttosto che parlare e lasciarsi aiutare come ella stessa aveva esplicitamente scritto per lettera. Si domandò se quella fosse un’effettiva grossa perdita di tempo nel caso in cui alla rossa fosse partita la rotella di mollare baracca e burattini, per poi tornarsene al castello con quel pesante silenzio che a lui dava - in certo senso - un discreto fastidio. La cosa peggiore, poi, era che probabilmente l’avrebbe fermata dal farlo e avrebbe preteso almeno una spiegazione circa la lettera, forse addirittura con poca gentilezza, ma era ovvio che tutto sarebbe stato dipeso dal comportamento della Moran; Aiden, invece, si sarebbe adeguato di conseguenza, conscio che avrebbe dovuto lottare in ogni caso contro il proprio animo focoso e iracondo.
Con un sospiro profondo Weiss cercò di scacciare via ogni possibile eventualità di vedere la propria calma infrangersi in mille pezzi, liberando così la Bestia che si era annidata in lui fin dall’adolescenza e rischiando in tal modo di rovinare ogni cosa, persino la propria immagine, o peggio ancora la sua stessa natura gentile e benevola. Non che questo avrebbe necessariamente implicato la nascita di animo violento, tanto da nuocere a Thalia, ma ci teneva a non doversi comportare in maniera brusca e fredda, come un’animale.
Fu in procinto di estrarre dai pantaloni la propria scatolina di latta e concedersi una sigaretta mentre quell’attesa snervante proseguiva inesorabile, finché non intravide l’ombra di una figura a pochi passi da lui. Lì, in quelle che parevano miglia di distanza, stretta in un cappotto grigio, c’era Thalia Moran a guardarlo con lo sguardo più spaventato che ci fosse e questo sembrò gettare Aiden nell’Abisso più cupo e senza fine.
Deglutendo a vuoto, sentendosi un completo idiota a rimanere impalato come uno spaventapasseri a fissarla in attesa di vederla finalmente rilassarsi o fare la propria mossa, avanzò appena qualche passo verso di lei, incerto; non era sicuro che stesse facendo la giusta manovra per tranquillizzarla, ma il proprio corpo sembrò fuori controllo, come se un burattinaio si stesse divertendo a tirare i fili che lo teneva legato a quel mondo, negandogli il libero arbitrio.
«Buon pomeriggio, Thalia.» mormorò, esalando un profondo sospiro. Sperò solo che lei non mal interpretasse quel suo modo di fare, era solo a disagio, dopotutto. «Come stai?», aggiunse automaticamente. Domanda scontata, bello. Prova con quella di scorta. Ma nonostante la coscienza provasse a dargli suggerimenti, l’Auror gli ignorò, sordo come una campana. I suoi occhi blu come il mare non lasciarono un secondo quelli grigi di lei, nella speranza di rassicurarla oltre che ad infonderle sicurezza. Non aveva nulla da temere con lui e cercò di farglielo capire, se non in quel modo allora avrebbe tentato in un altro.
Attese.


Povera stellina :flower:

 
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view post Posted on 9/10/2018, 22:25
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Era rimasta ad osservarlo in silenzio, mordicchiandosi il labbro inferiore, indecisa se fare dietro front e fingere di non essere mai stata lì. Respirava lentamente, cercando di pensare lucidamente al da farsi: restare zitta e aspettare una sua mossa qualunque oppure cercare un approccio pratico che potesse togliere d’impiccio entrambi? Sapeva di essere la causa di quell’imbarazzo, era consapevole di aver messo in campo forze ben al di là delle proprie aspettative e di quelle di Aiden. Concetti come fiducia, rispetto e libero arbitrio s’intercambiavano alle sensazioni ed emozioni più ancestrali, quali la paura e l’istinto di sopravvivenza. Non c’era spazio per nient’altro in quell’osservazione reciproca, ora che anche Aiden aveva percepito la sua presenza.
Nell’incrociare il suo sguardo, il Prefetto scorse la bonarietà dell’uomo che l’aspettava e percepiva in sé l’infantile natura delle proprie paure. Erano così diversi, l’uno adulto e pronto a correre i rischi di una vita incerta e l’altra così abbarbicata nel proprio castello - metaforico e reale - fatto di compiti, esercitazioni e drammi adolescenziali. Eppure lui era lì, pronto ad assecondare i suoi timori e, in un certo senso, a farli propri. Era pronto ad ascoltarla, cosa che nessuno aveva mai dimostrato di sapere o di voler fare.

Sollevò il palmo sinistro in un pigro gesto di saluto, muovendo a propria volta un passo nella sua direzione. Come quel martedì mattina si sentì leggera, grata che il primo ostacolo di quel nuovo incontro avesse ceduto alle insidie dell’imbarazzo; eppure, Aiden si stava avvicinando a lei e nel concederglielo, Thalia capì di non essere pronta a guardarlo negli occhi, non ancora.

Le settimane trascorse a Cork dopo la breve vacanza a Limerick l’avevano vista pensierosa e taciturna, isolata dal resto della famiglia alla quale, lo sapeva bene, avrebbe dovuto dedicare più tempo. Nonostante tutto, non voleva ammettere a se stessa la terribile verità che aveva complicato ogni cosa sulle sponde dello Shannon: aveva paura dello sguardo di Aiden, ma non perché egli se ne potesse servire per leggerle la mente, bensì per il timore di essere giudicata per quello scomodo silenzio. Desiderava che il suo sguardo fosse ricambiato, ma la sua diffidenza le aveva impedito di essere lucida nel momento del bisogno. Era innegabile: aveva pensato a lui in quel periodo, forse perché per la prima volta sapeva di non essersi comportata come ci si sarebbe aspettato da lei o come avrebbe dovuto secondo la propria morale. Aveva analizzato quel pomeriggio in lungo e in largo, provando a spiegarsi perché - dopotutto - fosse così diffidente di fronte al genere umano. Se ci rifletteva con attenzione, solo Nieve era riuscita a sfondare quel muro senza ferirsi e ancora la rossa non si capacitava di come ella vi fosse riuscita.
Aiden, dal canto suo, poteva aver scelto il modo sbagliato, ma le sue ragioni erano guidate dalla bontà d’animo. Ne era convinta. In fondo, l’Auror era proprio lì e l’aspettava senza pretese.

Il suo unico vero rimpianto sarebbe stato quello di avvicinarsi a lui in uno stato emotivo simile, col cuore in gola per l’agitazione di quanto sarebbe avvenuto da lì in poi e per le parole che avrebbe potuto pronunciare. A gettarla nel panico, però, non erano soltanto le emozioni; paura, agitazione, appagamento e sollievo avrebbero veicolato ciò che più temeva: la Legilimanzia.
Di episodi ce n’erano stati tanti, troppi per essere ricordati. Lo stress per un’esercitazione importante, la rabbia per una valutazione o più semplicemente la stanchezza fisica e mentale, l’avevano gettata in pasto agli sguardi assorti dei compagni in Biblioteca, in Sala Comune e persino in Aula. A nulla era servito evitare gli sguardi, specie se si trattava di Nieve; la bionda cercava sempre le sue iridi grigie in cerca di rassicurazione o rimprovero a seconda dell’occasione e a poco servivano i suoi tentativi di sfuggirle.
Non voleva entrare nella sua testa, non se lo meritava.
«Ti va se camminiamo un po’?»
Scartò la sua domanda con l’eleganza di un elefante in una cristalleria, capendo dal suo sguardo che il suo obiettivo fosse fallito prima ancora di aver visto la luce.


Thalia J. Moran | Prefect | Hufflepuff | 17

 
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view post Posted on 10/10/2018, 15:05
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Aiden Weiss

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E poi ci fu quel gesto, quelle labbra che vennero torturate dai denti in un chiaro segno di incertezza. Per quanto i suoi pensieri stessero cercando di coniare quel dettaglio al corrispettivo significato, i propri neuroni sembrarono spegnersi all'improvviso, in quello che fu - in tutto e per tutto - un blackout a livello internazionale. Weiss dovette battere più volte le palpebre, cercando di ritrovare la propria lucidità ed evitare di rimanere a fissarla con lo sguardo da pesce lesso; quel gesto rientrava nella categoria dell’illegalità per lui, uno dei pochi che potessero effettivamente portarlo ad un passo dal capitombolare, spingendolo infine a sviluppare pensieri decisamente fuori dal contesto di bravo ragazzo. Thalia poi aveva una bellezza tutta sua nonostante la giovane età e non era passata inosservata a Limerick, figurarsi poi alla Festa di Fine Anno ad Hogwarts, lì dove il Fato gli aveva voluti far incontrare la primissima volta. Solo che l’orgoglio dell’Auror era più forte di qualsiasi altra forza in campo e semmai fossero sfociati pensieri, vennero repressi e negati: già, negati, e questo perché anche il proprio sistema di autodifesa era diventato più forte che mai.
Per un momento Thalia gli aveva ricordato una persona che doveva essere ritenersi come morta ormai, considerando il finale amaro e rivoltante che aveva dovuto digerire per dei mesi interi. Odiò - per un solo e microscopico istante - la Tassorosso per avergli fatto provare una punta di agonia, mischiata a nostalgia, ma non era colpa sua e lo sapeva; non meritava il suo rancore, non lo meritava nemmeno un po’ e perciò si decise a lasciarsi scivolare tutto addosso come una massiccia ondata di acqua gelida.
Si ritrovò quindi a fissarla incedere verso di lui, concedendogli un sobrio saluto con la mano, probabilmente non sentendosi pronta a rivolgergli la parola, ma non sembrò nemmeno volerlo guardare in viso, ancora. Questo fu peggio del gesto precedente e percepì chiaramente la propria irritazione salire, sebbene dovette contenerla con tutte le proprie forze.
Respira, bello. Respira e dalle tempo. Pazienta, aspetta, ascolta. suggerì la propria coscienza, ma questa volta il fulvo sembrò dargli credito, tant'è che esalò un profondo respiro nella speranza di reprimere il fastidio, celato addirittura dietro una bianca maschera di indifferenza.

Si fermò a pochi passi da lei, lo sguardo che vagava su ogni centimetro di quel corpo slanciato e reso leggermente voluminoso per via del cappotto, nel disperato tentativo di trovare un segno, una reazione, un indizio qualsiasi che potesse aiutarlo a comprendere lo stato d’anima di Thalia, così da poterla capire meglio e aiutarla.
Che qualcosa la spaventasse era ovvio, voleva però capire cosa, se lui era in minima parte responsabile di ciò e se magari poteva porvi rimedio. Lei però continuava ad essere indecifrabile e questo lo condusse ad un passo dall'esaurimento nervoso, tant'è che si morse la lingua con forza e contrasse allo stesso tempo la mascella; il sapore metallico del sangue riempì la sua bocca e solleticò le papille con prepotenza, finché non si costrinse a succhiare la propria ferita ed evitare che qualche gocciolina scarlatta sfuggisse al suo controllo, uscendo dalle sue labbra per andarsi a mischiare alla barba rossiccia. Serrò anche i pugni lungo i fianchi, ma la presenza del lungo e ingombrante mantello avrebbe celato alla vista quel gesto di stizza.
La domanda improvvisa di Thalia lo lasciò esterrefatto, tanto che batté le palpebre più volte, come se stesse cercando con tutto sé stesso di recepire il messaggio. «Va bene...» disse in un flebile sussurro, appena percettibile grazie alla poca distanza che li divideva. Aiden si mise su un fianco e allungò un braccio nella direzione di una distesa verde poco fuori il villaggio, verso la foresta in cui risiedeva la propria dimora, invitandola a fare strada. Ovviamente non ritenne opportuno condurla fino alla Tana, probabilmente avrebbe solo aggravato il disagio tra loro e non le avrebbe garantito un certo confort per parlare; tuttavia esisteva un sentiero noto solo a lui e a Sam e che conduceva ad un lago con tanto di cascata. Forse Thalia avrebbe trovato più stimolante discutere delle proprie afflizioni o qualsivoglia argomento in un luogo simile e completamente immerso nella natura, mentre il rombo dell’acqua faceva da sottofondo.
Poi, accadde l’impensabile, e Aiden giurò che il cuore gli fosse saltato fino a gozzo, ostruendolo e soffocandolo: lei lo aveva guardato e quegli occhi grigi e terrorizzati parvero congelarlo sul posto. Una cosa però l’Auror la capì al volo: lei aveva davvero bisogno di lui.
Nessuno dei due sarebbe potuto andare via da quel momento in poi, avevano raggiunto il punto di non ritorno, come se il Fato avesse deciso di fare un nodo ai fili delle loro matasse. La Via si era chiusa.



 
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view post Posted on 10/10/2018, 17:16
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Aveva cercato in ogni modo di non intercettare il suo sguardo, ma far sì che un pensiero e una volontà si traducessero in realtà non era mai stato tanto difficile. Così aveva sollevato il capo - fino a pochi istanti prima il mento le aveva sfiorato il petto - e, alla fine, i suoi occhi grigi avevano trovato quelli blu di Aiden. Era stato uno shock constatare quanto si fosse avvicinato a lei e allo stesso tempo si trovò ad esultare intimamente. *Non è successo niente.*
Nessun flashback, nessuna visione distorta di una realtà diversa da quella presente. Fu osservando i lineamenti del suo viso, tesi in un’espressione a dir poco seria e forse delusa, che le parve di scorgere l’ombra di un malessere. Per la prima volta dopo l’incontro allo Shannon, si sentì libera di indagare il suo volto, scoprendone i tratti peculiari: la cicatrice sullo zigomo sinistro - una linea biancastra appena visibile -, gli occhi di quel colore tanto intenso e persino la linea dura della mandibola. Era spettacolare anche soltanto l’idea di poterlo studiare così da vicino senza entrare nel dettaglio, per una volta. Ed il pensiero che la colse in quel momento fu devastante, tanto quanto stucchevole. *E se fosse… come me?*

Per sua natura non poteva fare a meno di indagare il mondo circostante, così come non poteva esimersi dall’idea di conoscere il proprio compagno di banco, i propri insegnanti e - perché no? - persino gli Auror incrociati ad una festa. Era curiosa, adesso che il dubbio si era insinuato in lei come un tarlo, di scoprire ogni dettaglio della sua esistenza. Farlo, però, avrebbe messo in secondo piano il suo intento per quel giorno, vanificando gli sforzi che lui doveva aver fatto per trovarsi lì.
«Ti ringrazio di essere venuto fin qui.» esordì, annuendo ed iniziando ad incamminarsi nella direzione che lui le aveva gentilmente indicato.
In ogni suo gesto si percepiva una sorta di intento cavalleresco, qualcosa che andava ben oltre la comune educazione; appaiati a quel modo, Aiden avrebbe potuto facilmente precederla, assumendo un ruolo di comando nella direzione che quel percorso avrebbe preso di lì a breve, ma sembrava volerle stare accanto senza superarla o dandole l’impressione di trovarsi sola in un sentiero sconosciuto. Ironico che quel concetto potesse esprimersi anche - e soprattutto - in virtù del motivo del loro incontro.
«Spero che Clio non sia stata scorbutica.» proseguì incerta, sorridendo e scoccandogli un sguardo in tralice «Non frequento molto la Torre di Divinazione, oltre alla Guferia, e ogni tanto penso che abbia voglia di disfarsi delle mie lettere per ripicca o di rifarsi contro i destinatari che scelgo.»

Eccolo lì, il primo segreto.
Senza esitare e lasciando da parte il desiderio di testare la propria teoria sull’impenetrabilità della mente di Aiden, lo scrutò di sotto in su, quasi cercasse da parte sua la benevolenza e la comprensione per aver soltanto trascurato la propria civetta postina.


Thalia J. Moran | Prefect | Hufflepuff | 17

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view post Posted on 10/10/2018, 18:54
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Aiden Weiss

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Il grigio che dominava gli occhi di Thalia erano come il cielo autunnale dominato da nubi decisamente non ancora pronte a rilasciare la pioggia, come se fossero immature, esattamente come un frutto in attesa di presentarsi dolce e succoso. Sembravano l’esordio di una possibile tempesta di arrivo, silenziosa ma violenta, pronta ad abbattersi all’improvviso. E, in un certo senso, Aiden avrebbe potuto giurare che oltre la paura riflessa in quegli occhi vi fosse una silente promessa di un’imminente detonazione, come se Thalia gli stesse dicendo: Prima o poi esploderò e ti travolgerò, sciocco.
La prospettiva di aver a che fare con una Thalia nel pieno della potenza lo entusiasmava ed incuriosiva più dello stato spaurito attuale, tanto che l’Auror avrebbe pregato gli Dei dei suoi antenati affinché la ragazza mostrasse il proprio lato combattivo, dato che - se la memoria non lo ingannava, il che era un evento raro - ella aveva professato di voler seguire le orme del nonno nella carriera Auror quel giorno a Limerick; dunque, a conti fatti, avrebbe dovuto avere un qualche spirito guerriero assopito da qualche parte. O no?
Esplorò, ancora una volta, i lineamenti del volto della Tassorosso, come per accertarsi di non aver dimenticato niente e che fosse tutto come l’aveva visto la prima volta: la spruzzata di lentiggini, le labbra piene, la curva del mento e del naso. Sì, dopo un attento esame poté confermare che era tutto apposto, che era la stessa Thalia con cui aveva conversato sullo Shannon, eccetto per i capelli dai riflessi infuocati che parevano essere stati fissati in una treccia disordinata. Aiden, però, sembrò non curarsene: restava lei, dopotutto, e a lui non dispiaceva affatto.

Presero a camminare, lentamente, fianco a fianco. Lui, dal canto suo, non diede alcuna impressione di volerla superare o restare indietro, ma semplicemente fece in modo che i loro passi fossero ben coordinati come due persone sullo stesso piano d'importanza, alla pari.
«Ma figurati.» rispose, le labbra incorniciate in un sorriso gentile e disponibile, fissando il percorso davanti a sé, godendosi il paesaggio sempre definito e dettagliato che si stava formando ad ogni passo che compivano. Poi esplose in una piccola risata mentre si strinse maggiormente al proprio mantello. «E’ stata una civetta molto educata, non preoccuparti.» Anche se mi deve un mignolo nuovo... aggiunse mentalmente. Non diede voce a tale pensiero, conscio che l’avrebbe fatta preoccupare oltre che farla sentire mortificata per lo spavento che la sua civetta gli aveva fatto prendere tanto da causare il piccolo incidente; non era proprio il caso di angustiarla più del dovuto quando, quasi sicuramente, stesse già faticando parecchio nel parlare con lui. Piuttosto cercò di metterla a sua agio con un commento più divertente. «Non posso dire lo stesso del mio esemplare di civetta bianca. Merlino è pigro, ruffiano e praticamente ad un biscotto dall'obesità! Lui si farebbe divorare volentieri dalla gatta piuttosto che consegnare la posta.»
L’Auror fece un respiro a pieni polmoni, beandosi dell’aria fresca di quella giornata di Ottobre, per poi stiracchiarsi le membra intorpidite per tutto quel marciare avanti e indietro per il villaggio di Hogsmeade dalle prime luci dell’alba, e nel farlo urtò il cappuccio che aveva ancora tirato sulla testa, rivelando infine una cascata di capelli rosso vivo che ondeggiavano lungo le spalle larghe e robuste. Non era trasandato ma sembrava un selvaggio, qualcosa di simile ad un Vichingo se solo si fosse fatto qualche treccina, il che - forse - non sarebbe stata così male come idea futura, magari per Samhain.
«Ti ascolto.» disse soltanto.
Un invito semplice, garbato e delicato. Senza fretta, Aiden continuò a camminare in silenzio e guardando verso la direzione da prendere, aspettando che Thalia desse inizio a quelle strane danze tra loro. Il dado pareva più tratto di quanto si potesse pensare, ma l’Auror non osò tirare più di una volta per turno.





Edited by Aiden Weiss - 11/10/2018, 06:37
 
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Un sorriso impacciato s’impadronì con prepotenza delle sue labbra, curvate appena a formare due piccole fossette sulle guance. Odiava quel lato di sé che di rado mostrava agli altri; ai più poteva apparire aggraziata ed educata - come se ammantarsi di un simile vello morale ed emotivo bastasse a celare la sua vera natura, aperta ad ogni possibilità (tranne a quelle stupide, s’intende) -, ma il suo spirito era ben diverso da come desiderava che apparisse. C’era sempre un obiettivo più ambizioso a cui aspirare, un confine da superare e un dettaglio da nascondere. Ed era proprio in quei casi, quando ometteva scomode verità, che odiava davvero se stessa.
In quel preciso istante, nascondeva l’imbarazzo per aver disturbato Aiden nel proprio ufficio, quando sapeva perfettamente che il Quartier Generale fosse un luogo particolarmente attento ai rigidi schemi di un protocollo. E se qualcuno avesse intercettato quella lettera? Il solo pensiero, per quanto sciocco visto il contenuto della missiva, bastò a provocarle un brivido lungo la schiena che si premurò di celare con un colpetto di tosse stringendosi ancor di più nel cappotto.

Non era mai stata all’interno del Quartier Generale degli Auror, naturalmente, ma sognava di accedervi sin da bambina, incuriosita dalle parole di Connor. Suo nonno non era un uomo di molte parole, preferendovi i fatti, eppure quando si trattava del luogo in cui era cresciuto come uomo e come mago specializzato nella lotta alle Arti Oscure, Connor poteva perdere ore intere a raccontare delle proprie missioni, dei propri compagni e dei processi al Wizengamot cui aveva assistito. Era stato in quel momento che Thalia aveva osato sognare, per la prima volta, di poter diventare un Auror.
Era un pensiero infantile, fatto di mezze verità raccontate davanti ad un caminetto acceso con la legna pronta a scoppiettare ogni volta che il momento più misterioso di un racconto divenisse tremendamente spaventoso. Fiona sussultava sempre in quelle occasioni, mentre lei si limitava ad ascoltare e ad assimilare quante più informazioni possibile. Non le importava del pericolo - non era mai stato un gran deterrente - e si diceva convinta di poter seguire le orme del nonno a soli sette anni.
Poi era subentrata Leanne e con lei ogni sogno di gloria aveva lasciato il posto al buon senso. Connor era fuori dal circuito degli Auror da lungo tempo, mentre lei cavalcava l’onda del successo per le imprese svolte presso il Ministero della Magia statunitense. Era stato in quel periodo che sua madre, una donna austera e pragmatica nonostante il suo lavoro si servisse delle parole giuste al momento più opportuno, aveva instillato in lei il desiderio di influenzare il mondo attraverso le parole. Un’inversione di tendenza che aveva riscontrato il suo favore, poiché un ambiente più sicuro e protetto di un vicolo qualunque da pattugliare a tarda notte.

Il pensiero di sua madre la riportò tristemente alla realtà, inspirando profondamente il profumo pungente dei pini che, grazie al vento, giungeva sino all’imboccatura del sentiero lastricato. Era una viuzza stretta, acciottolata e protetta da muretti di sasso tutt’altro che dritti. Le asperità nella roccia sembravano raccontare la fatica delle mani - o della magia, non sapeva molto di Hogsmeade da quel punto di vista - che li avevano eretti centinaia di anni prima, così come lei aveva appena ricostruito il proprio viale dei ricordi, lastricato di buone intenzioni, aspettative e prese di posizione.
Aveva scelto di tornare sulla strada maestra, metaforicamente parlando, soltanto l’estate dell’anno precedente ed era stata la decisione più vera e consapevole di tutta la sua vita. Certo, diciassette anni non erano poi molti, ma in fondo era proprio a quell’età che si richiedeva loro il sacrificio di prendere una posizione chiara e netta rispetto alla propria personalità e alla comunità. Scoccò uno sguardo in tralice ad Aiden, che continuava a tacere, e si chiese se anche lui avesse saputo da sempre di voler diventare uno dei tanti giovani maghi al servizio della giustizia. Forse non spettava a lei porre quella domanda, ma sentiva che quello fosse lo spunto perfetto per cominciare. *Perché devo farlo.*

«A Limerick mi hai detto che c’era troppo dell’Auror, in te, per poter essere qualcos’altro.» sussurrò flebilmente «Ed è strano che tu non mi abbia chiesto perché io voglia diventarlo.»
Aveva appena toccato l’argomento principale, ma Aiden non se ne sarebbe accorto immediatamente. Parlare del Quartier Generale era un buon passo - o così credeva - per poter iniziare a sviscerare tutti i suoi problemi.


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Avrebbe gonfiato il petto con orgoglio, sfoggiando così la miglior posa vittoriosa che avesse nel proprio repertorio quando, con la coda dell’occhio, intravide l’ombra di un sorriso sul volto di Thalia; e quelle tenere fossette che andavano a incorniciare maggiormente le labbra piena della rossa, fecero tentennare Aiden ancora una volta, mettendone a dura prova - ancora una volta - il proprio equilibrio precario, mentale e fisico. L’effetto provocato era analogo ad un ciottolo lanciato a gran velocità su una superficie cristallina di un lago: rimbalzava con estrema maestria ma quando giunse il momento dell’epilogo, ecco che il ciottolo non solo affondò nell’acqua, ma si abbatté addirittura contro una parete invisibile, con prepotenza e producendo un suono simile a quello di un gong. Aiden era il vero artefice di quella barriera, consapevole che se non l’avesse fatto probabilmente quel ciottolo avrebbe potuto sfondargli la gabbia toracica.
Non voleva. Non voleva farsi raggiungere da niente, da nessuno, certo che se lo avesse fatto ne sarebbe rimasto scottato ancora una volta e non avrebbe resistito ad un’altra delusione, indipendentemente dalla sua natura e grandezza. Aveva eretto una spessa muraglia di ghiaccio attorno a sé e per la prima volta nella sua vita capì come doveva sentirsi sua madre, vittima di un lutto che aveva segnato per sempre il suo cuore e la sua anima; per la prima volta si sentì più come sua madre che come suo padre, riparandosi dietro l’armatura più spessa che ci fosse, diventando così intoccabile agli stimoli esterni.
Eppure Thalia aveva quasi trovato un modo per disarmarlo, per insinuarsi nella sua armatura e scioglierne le cinghie. E quello - secondo il punto di vista del fulvo - era un colpo basso all’ennesima potenza, perché lui non tollerava simili scorrettezze.
Avrebbe voluto odiare la ragazza per quei semplici gesti che lo stavano portando sempre più vicino al baratro, ma non era colpa sua e Aiden non era il tipo di persona facile all’odio. C’era rabbia, però, tanta rabbia e non poté fare a meno di temere di perdere il controllo da un momento all’altro, come se rischiasse di appiccare l’incendio più vasto che la Scozia avesse mai visto. Era teso e, in un certo senso, spaventato ma non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva, benché mai a sé stesso.
L’orgoglio, a volte, era la Bestia peggiore in assoluto.
Più della gelosia.
Più dell’odio.

A placare le proprie turbe emotive fu la voce di Thalia, dolce come il miele e soffice come la seta, riportandolo sulla terra ferma e controllato come il più ligio dei soldati che scattava sull’attenti al primo ordine del Generale in carica.
Ruppe il proprio silenzio con una specie di grugnito di assenso, annuendo in maniera appena percettibile. Quella della Tassorosso era stata un’ottima osservazione: lui non lo aveva chiesto e ora voleva una risposta. «E’ vero.» mormorò. «Ma non puoi negare che eravamo più estranei di ora e che se lo avessi fatto sarei potuto apparire inopportuno e far sembrare la domanda come una sorta di interrogatorio senza mandato. Oltre a ciò ci sono altre due ragione del perché non te l’ho chiesto: in primis, tu eri troppo sulla difensiva e quindi evasiva nelle risposte; in secundis, io non sono il tipo di persona che pretende dagli altri una risposta, a meno che non lo reputi necessario. Se ti avessi torchiata a dovere, dubito che saremmo qui a parlare, non trovi?» Seguì una breve pausa, finché non si concesse l’occasione di aggiungere altro: «Però ti dissi anche che se nel tuo cuore sentivi davvero che la via dell’Auror era quella giusta per te, allora avresti dovuto combattere per imboccarla.»
Aveva detto il vero, era stato onesto e non aveva omesso nulla in quel breve ma conciso discorso. Aiden approfittò di quella piccola pausa tra loro per lanciare un rapido sguardo nella direzione della ragazza al suo fianco. Sì, forse non avrebbe dovuto attendere molto nel vedere il lato combattivo della rossa, non se aveva tirato in ballo l’argomento “carriera Auror”. Si domandò, però, come mai avesse deciso di affrontare la questione con lui e non con suo nonno, una persona che la conosceva come le proprie tasche, probabilmente, e che avrebbe saputo indirizzarla senza troppi problemi o timori. Perché proprio lui? Cosa si aspettava Thalia dal fulvo di Galway?
Ipotizzò che forse la Tassorosso si aspettava un’opinione più neutra e non quella di un parente che avrebbe potuto o appoggiarla su tutti i fronti o contrastarla con fermezza e con ogni mezzo lecito ed illecito.
O si aspettava una sorta di Mentore nel fiore degli anni e con una carriera in corso?
Oh Thalia, ti prego, se stai cercando un Mentore sono l’ultimo a cui chiedere. Non penso di essere nemmeno lontanamente all’altezza del compito..., pensò con una smorfia amara ad alternare i lineamenti gentili del viso. Non si curò se Thalia avesse notato la sua espressione, non poteva di certo sapere con certezza la ragione di quella smorfia, ammesso che non si rivelasse una Legillimens. Ma anche in quel caso sarebbe stato difficile: Aiden si sarebbe accorto di un’intrusione mentale e avrebbe lottato con le unghie e con i denti per non farsi scavalcare da nessuno. Perciò si mise il cuore in pace.
«Se però vuoi dirmelo ora, io sono qui.» mormorò, estraendo la scatolina di latta dai pantaloni e sfilando dal suo interno una sigaretta che aveva preparato con cura.



 
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Connor diceva che esistevano mille motivi per diventare Auror, ma che soltanto uno riusciva a farti ottenere il posto con tutti gli onori e gli oneri del caso.
Il vecchio Moran aveva scelto la via del Quartier Generale per scoprire la verità sulla morte del proprio padre - un dettaglio che l’anziano non desiderava più condividere coi nipoti come invece aveva fatto tempo prima -, ma che poi, inseguendo Maghi Oscuri e lottando per la propria vita, aveva compreso che dovesse essere un altro lo scopo della propria missione: assicurare la Giustizia nella misura necessaria a proteggere la comunità. E se di comunità si doveva parlare, allora il Prefetto aveva già scelto quella a cui avrebbe votato la propria fedeltà.

«Touché.» una risatina divertita completò l’ammissione di colpa e fu con naturalezza che scostò la ciocca di capelli vermigli dal viso per assicurarla dietro all’orecchio, mostrando la pelle candida del collo. Un gesto ripetuto centinaia di volte, ma che solo chi l’avesse conosciuta davvero avrebbe saputo interpretare correttamente. Era il segno dell’imbarazzo o, per meglio dire, della consapevolezza del fatto che Aiden - in questo caso - avesse ingranato una marcia alla quale la Tassorosso non era affatto pronta.
Aiden aveva centrato il punto e, senza eccessiva difficoltà, ammise di non potersi aspettare nulla di diverso da parte sua. Non sapeva quale fosse il suo status operativo, quanti Mangiamorte avesse assicurato alla giustizia né se avesse avuto modo di partecipare alle azioni di cui tanto si parlava sulla Gazzetta del Profeta. Di lui sapeva soltanto che nella tasca del suo mantello - o in quella dei jeans - si trovava il distintivo per il quale avrebbe lavorato duramente. Lo desiderava e lo avrebbe ottenuto ad ogni costo.
«Quando avevo sette anni volevo diventare un Auror per compiacere Connor.» ammise «Anche se devo ammettere che i guai mi inseguono ovunque io vada e… beh. Quale lavoro migliore potrebbe assecondare questo mio innato desiderio di morte prematura? Sbaglio?»
Non poteva fare a meno di condire quelle parole con un pizzico di sarcasmo ed un sorriso sornione, lasciando che fossero i suoi occhi a trasmettere ad Aiden la verità celata tra le righe. Avrebbe potuto giurare che nel tono del giovane vi fosse l’ombra di una curiosità malcelata, quasi che non si aspettasse altro che una completa apertura da parte sua, sulla sua vita e sulla sua personalità. Di norma, si sarebbe sottratta volentieri a simili questioni, lasciandolo immerso fino al collo nell’incertezza di una risposta mai fornita. Aiden aveva dimostrato, però, di non meritare un simile trattamento e, oltretutto, era stata lei a volerlo lì.

«A sedici anni ho capito che voglio essere un Auror per togliere di mezzo il marciume che, ammettiamolo, sta dilagando. Prendi i fatti di Londra… pensa a quello che è accaduto ad Hogwarts.» si lasciò trascinare dalla forza delle proprie parole, rivelando un impeto sino a quel momento nascosto in un angolo della propria anima. «Voglio avere gli strumenti per proteggere la nostra comunità e so di poterci riuscire.» proseguì, il tono accorato e lo sguardo spento da una preoccupazione sopraggiunta repentinamente «Voglio proteggere la mia famiglia. Perché Connor non ci sarà per sempre. E… la fine potrebbe essere già domani.»
Deglutì a fatica, la voce spezzata al pensiero di Cordelia e dei suoi dannati corvi. Aveva unito le tessere di quel puzzle nel corso degli anni ed era sicura che la visita a Bath avrebbe confermato ogni sospetto.
Se e quando ci fosse andata.
Osservò Aiden accendere la sigaretta, stretta tra le labbra sottili. Si domandò a cosa stesse pensando, ma non si soffermò abbastanza su quel desiderio, non come avrebbe voluto. Preferì concentrarsi sui suoi lineamenti marcati, piuttosto che cedere alle insidie della mente.
*Non devo. Non posso.*


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Udire la risatina di Thalia fece sorridere il fulvo con un misto di divertimento e soddisfazione. Soddisfazione, sì, perché dopo essere riuscito a strapparle un sorriso ora era invece riuscito a farla ridere. Non l’avrebbe mai creduto possibile ma lui, che di ragazze ci capiva quasi nulla, era riuscito a farne ridere una senza nemmeno troppo sforzo; il che fu un traguardo più che soddisfacente, era un evento raro e unico dato che non era mai riuscito nell’impresa prima di allora.
Con la coda dell’occhio scrutò Thalia, mentre continuavano a costeggiare il muretto di pietre, diretti verso il sentiero stretto e nascosto tra gli alberi di pino e betulle. La vista di quel collo esposto come un bersaglio per il predatore più feroce, gli provocò una strana scarica lungo la colonna vertebrale, ma che sembrò piuttosto bravo nel mascherarlo come un semplice brivido di freddo. Fu una fortuna che Aiden avesse i capelli lunghi e voluminosi, tanto da coprire totalmente le proprie orecchie infuocate dall’imbarazzo; Thalia non avrebbe avuto modo di notare la cosa e lui fu molto fortunato di essere arrossito solo in quella zona piuttosto che ritrovarsi con le guance accaldate dalle sfumature rossastre.
Thalia sembrava essere fatta apposta per tormentarlo: era come se qualcuno stesse gettando dell’acqua sul fuoco e invece di spegnerlo lo alimentava e basta, fino a toccare il cielo. Quindi lei era l’Acqua e lui un Fuoco greco che non sembrava capace di estinguersi.
La sua Mente diceva di calmarsi e non sperare in nulla, il suo Cuore non voleva saperne di rispondere e giaceva come morto nel proprio torace, ma la sua Anima - invece - supplicava.
L’incertezza e il timore, però, regnava incontrastati e finché sarebbero perdurati nell’Auror, egli sarebbe destinato ad annichilirsi, come una fiamma che veniva privata dell’ossigeno.

Ascoltò tutto con estrema attenzione ed interesse.
Aiden dovette ammettere che Thalia non era poi così diversa da lui, che il suo aneddoto poteva essere facilmente accostato agli episodi avvenuti nel proprio passato, quando non era stato altro che un giovane ragazzino sognatore ma determinato. Persino Regan aveva piantato un seme in Aiden, un desiderio, una prospettiva, affinché il nipote abbracciasse la tradizione di famiglia e si unisse agli Auror, proprio come avevano fatto in passato i suoi antenati. In un certo senso, i Weiss avevano sempre avuto un loro strano motto: Deve esserci sempre un Weiss al Quartier Generale Auror. Un dogma che nessuno, a parte i fratelli di Aiden, aveva infranto.
Il rosso non aveva quindi deluso le aspettative del Vecchio Orso, anzi, lo aveva oltremodo compiaciuto e reso orgoglioso. Tuttavia sia Aiden che Regan sapevano che la carriera Auror andava ben oltre al semplice desiderio di un vecchio di vedere la professione di famiglia andare avanti, ma piuttosto che lo spirito indomito del Guerriero e il senso del dovere verso la Comunità fossero riusciti a perdurare di generazione in generazione con costanza.
Aiden aveva poi passato molti anni ad indagare e scoprirsi adatto, oltre che pronto, ad una simile professione, finché alla fine l’aveva abbracciata nonostante i mille tentativi di sua madre nel tenerlo al sicuro, lontano dai pericoli della Morte.
«Probabilmente allevare Draghi...» replicò Aiden con una nota sarcastica, facendo eco al tono sarcastico di Thalia.
La fiammella del clipper con i panda andò a solleticare l’estremità della sigaretta, serrata tra le labbra del fulvo che si stirarono a seguito delle prime tirate che diede al tabacco. A rendere più divertente la propria battuta fu il getto di fumo che si premurò di far uscire dalle narici, simulando il respiro di un vero drago. Poi sorrise.
Trovò Thalia un soggetto molto deciso, con idee ben chiare e sicuramente degli ottimi valori che l’avrebbero resa una valida candidata al ruolo di Auror. Le motivazioni erano nobili, giuste sotto molteplici punti di vista, ma che andavano amplificati se voleva assicurarsi un futuro all’interno del Quartier Generale, soprattutto se voleva strappare un sì a Wilde. Vederla poi liberare il proprio animo guerriero, sembrò spronarlo a spremerla a puntino, ma si trattenne dal farlo: non era ancora giunto il momento.
«Hai le idee molte chiare e mi sembri molto decisa. In che modo hai avuto l’effettiva conferma di voler intraprendere una simile carriera? Hai vissuto un’esperienza particolare?» E ci andò leggero.





Edited by Aiden Weiss - 12/10/2018, 07:02
 
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Allevare draghi era una faccenda pericolosa, tanto quanto correre a destra e a manca alla ricerca di Maghi Oscuri. Aiden scherzava, ma le due professioni non erano poi tanto diverse: in fondo, si disse, ogni Auror aveva il proprio drago da domare. Desmond era finito in Galles proprio per assecondare quello spirito d’avventura, il desiderio di percepire adrenalina pura nelle vene era stato più forte della supplica di sua madre a scegliere un’occupazione meno rischiosa. Lei, poi, che aveva trascorso gran parte della propria vita ad evitare Bolidi e scontri corpo-a-corpo con i giocatori di Quidditch più in gamba del Regno Unito.
Se ci rifletteva meglio, tutta la sua famiglia - perlomeno il ramo dei Moran - sembrava aver nel sangue quel non del tutto trascurabile desiderio di Morte. Auror, pozionisti esperti con i propri esperimenti azzardati, promesse del Quidditch ed allevatori di draghi. Si poteva dire che essere un Moran ed essere ancora vivo per raccontarlo fosse una vera e propria fortuna.

Aiden aveva affrontato l’argomento con lo spirito di un bambino mai cresciuto, con la leggerezza necessaria a consentirle di trovare il coraggio di proseguire. Era diventata un’impresa, una vera e propria missione, ed il fatto che lui fosse lì senza pretese - anche se pur sempre impegnato ad emettere fastidiose nuvolette di fumo - la faceva sentire meglio, nonostante l’amara consapevolezza di ciò che sarebbe arrivato in seguito.
Agitò la mano nell’aria, scostandosi appena dalla sua figura, per scacciare il fumo che controvento l’aveva appena investita. Persino quel piccolo fastidio sembrava mitigarsi di fronte alla prospettiva di rivelare ogni dettaglio del suo segreto più grande. Aveva paura ed era sciocco fingere che non si sentisse sotto pressione all’idea di coinvolgere Aiden in quella storia assurda.
«Forse.»

Trovare le parole giuste per non aizzare l’Auror contro di sé a causa delle proprie omissioni non sarebbe stato facile, ma desiderava con ogni fibra del proprio essere riuscire a rivelargli la verità che per tante settimane gli aveva taciuto. *E sono solo settimane.*
«A Limerick mi hai chiesto che cosa pensassi della Divinazione.» sospirò, gonfiando il petto alla ricerca di un maggior quantitativo d’ossigeno. Chinò il capo e la ciocca ribelle tornò ad oscurarle il viso; fu grata per quella protezione naturale allo sguardo di Aiden. Forse avrebbe capito da solo dove stesse andando a parare e probabilmente sarebbe stato meglio così. «Non giudicarmi troppo duramente. Per favore.»
Non poteva fare a meno di scusarsi e, nel mentre, arrestò la propria marcia, lasciando che lui proseguisse da solo per pochi, ma necessari passi.
«A Limerick non ti conoscevo e a dire il vero non ti conosco nemmeno ora.» *Così sì che si sentirà più motivato a darti ascolto.* «Però ho capito che non importa. Insomma, tu mi hai raccontato qualcosa di te che forse non hai mai detto a nessuno.» deglutì, umettandosi le labbra con la spiacevole sensazione del fiele sulla lingua.
«Quindi ci sono tre cose che devi sapere, prima che possa proseguire. Voglio che tu le tenga bene a mente, perché poi non ci sarà modo di tornare indietro.» *E se non scappa adesso, allora non scappa più.*


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view post Posted on 12/10/2018, 16:16
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Aiden Weiss

▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Un ghigno silenzioso si stampò sulla faccia dell’Auror: aveva notato con la coda dell’occhio il gesto disperato di Thalia nell’allontanare la nuvola di fumo che aveva cercato di investirla; a quanto pare non era una particolare amante delle sigarette e si chiese se anche lei, come molte altre persone, disapprovava il vizio del fumo.
Aiden aveva iniziato a fumare all’età di quindici anni, un anno dopo aver iniziato a bere, di nascosto dalla famiglia e dal personale scolastico quando era ad Hogwarts. Era stata tutta colpa di Sam e Richard, che lo avevano trascinato nei peggiori vizi esistenti sulla faccia della terra, tra una sfida e l’altra; e lui non aveva mai rifiutato una sfida, tranne una. L’alcol e il fumo avevano avuto il via libera con il fulvo, ma non il sesso o il semplice flirtare con le ragazze. Si era sempre tenuto alla larga dal gentil sesso, non volendo diventare come qualsiasi altro uomo, non volendosi abbassare nel soddisfare i propri bisogni fisiologici con qualsiasi essere vivente di sesso femminile entrato nel proprio radar visivo.
Si era sempre comportato bene, aveva dimostrato di essere forte e capace di mantenere le proprie promesse: tranne una volta. Sopraffatto dal senso di abbandono, il cuore gonfio di dolore e l’animo distrutto, Aiden si era ubriacato così tanto da dimenticarsi veramente ogni cosa, finché il mattino seguente non si era ritrovato nudo in una camera da letto non sua. Aveva commesso uno sbaglio, aveva infranto una promessa e ora ne portava il segno indelebile: lì, in un angolino nascosto della propria anima, vi era una piccola macchia nera e che era ritenuta troppo vasta per il proprio onore, per il suo stesso orgoglio. Quella macchia era diventata un segreto, ma che a differenza della Profezia non esisteva nessuno - eccetto Charity stessa - a conoscere quella verità.
Thalia aveva dei segreti, come tutti del resto, ma non aveva idea di quanti ne avesse lui, di come fossero ben sigillati nella propria mente e per cui si sarebbe battuto fino alla morte pur di tenerli al sicuro. A confronto con essi, la Profezia pareva essere la meno, o così sembrava agli occhi del fulvo.

Ancora una volta Thalia sembrò eludere la domanda, concedendogli una vaga risposta. Lui, dal canto suo, cercò di non badarci molto e alzò un sopracciglio, deciso a volerle strappare una risposta più dettagliata più avanti.
Una cosa che lo caratterizzava era il voler far credere di lasciar perdere, come se la questione fosse nata e morta nello stesso punto senza alcun approfondimento, ma solo chi lo conosceva davvero poteva sapere che egli stava solo archiviando mentalmente la cosa, di come stesse semplicemente temporeggiando per poi ritirare fuori la questione nel momento che riteneva più opportuno; era una tecnica per mettere in scacco agli altri, evidenziando il suo lato da vero ascoltatore, restio a tralasciare i dettagli per strada ma dimostrandosi piuttosto meticoloso e - in un certo senso - persino pignolo.

Non si rese conto di aver voltato completamente il capo verso Thalia, come se ella fosse in realtà un Pesce Lanterna e lui la povera preda che veniva attirata dalla fonte di luce. In realtà fu la frase sul non giudicarla con eccessiva durezza ad averlo indotto a guardarla con un misto di serietà e preoccupazione. Aiden ebbe la netta sensazione che la Tassorosso avesse ingranato quella marcia perché mossa da un senso di colpa che lui stesso aveva innescato e questo lo capì quando udì la parola Divinazione; il proprio istinto gli suggerì che da lì a poco sarebbe partito un discorso analogo a quello che lui stesso aveva avviato quel giorno a Limerick.
Thalia si era fermata e lui fece appena due passi in più, finché sospirò pesantemente e fece marcia indietro, piantandosi davanti a lei con la sua imponente stazza. La supplica di lei l’aveva indotto a muoversi in maniera tempestiva, come se volesse fin da subito far chiarezza sulla questione. Gettò la sigaretta per terra, come se ormai non vi fosse più un senso o semplice voglia di fumare, spegnendola con la punta del piede; poi afferrò la ragazza le spalle e si abbassò appena verso di lei, in cerca del suo grigio sguardo, pronto ad infonderle un po’ di tranquillità e conforto. «Chi sono io per giudicarti?» mormorò in tono piatto, calmo. Avrebbe voluto scuoterla, come per farle capire che era da stupidi pensare una cosa del genere di lui, ma infondo era vero: ancora non si conoscevano e lei non poteva di certo saperlo. «Non mi azzarderei mai, a meno che non sia tu a chiedermi un giudizio. Va bene?»
Ci fu un altro sospiro, più flebile, mentre continuava a scrutare le varie espressioni e gesti di Thalia, cercando di trovare il modo adeguato per farla sentire a suo agio, per non forzarle troppo la mano. Era già partita in quarta, probabilmente mossa dall’agitazione, ma lui l’avrebbe aiutata a trovare il proprio equilibrio e ad affrontare l’argomento in arrivo con un po’ più di calma.
Lentamente le allungò la mano, il palmo rivolto verso l’alto in un silenzioso invito ad accettare e lasciarsi guidare in un viaggio verso la meta che Aiden aveva avuto sin da subito in mente di condurla. «Non qui, Thalia. E ad ogni modo… io non torno mai indietro. Mai. Perché se anche osassi soltanto voltarmi, sarei perduto. Perciò si va’ avanti senza rimpianti.» La fissò in silenzio per una manciata di secondi. «Prendere o lasciare. Io, d’altro canto, ho già scelto. Ora sta a te.»
Cosa avrebbe fatto la rossa? Lo avrebbe seguito per parlarne altrove?



 
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view post Posted on 15/10/2018, 13:29
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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La leadership non era una sua dote, nè lo sarebbe mai stata. Non era l’incitatore di masse, pronto a mettere la faccia in ogni ambizioso progetto che le fosse passato per la testa; no, era più simile ad un fedele soldato, pronto a partire per la battaglia, disposto a schierarsi sul campo lì dove sarebbe stato più utile il suo intervento. La Scuola di Atene aveva dimostrato che il ruolo di gregario si confacesse maggiormente al suo spirito e così aveva accettato di essere.
Non si era opposta e non aveva lottato per essere qualcos’altro. Tuttavia, non riusciva mai a sopportare troppo bene una risposta negativa, una reazione che non si adeguasse a ciò che lei aveva immaginato per se stessa o per la situazione in genere. Non le piaceva ammetterlo, ma aveva sempre esercitato sulla propria vita un eccessivo controllo; se questo poi influenzasse le vite intorno alla sua, questo le era del tutto ignoto.
Così, quando Aiden smise di camminare e si voltò a guardarla, non ebbe modo di evitare quanto l’uomo fece di lì a breve. Lo osservò avvicinarsi, incapace di decidere se muovere un passo indietro o di restare immobile, immaginando la piega che la situazione avrebbe preso.
Aiden era, come l’avrebbe definito qualcuno, una persona fisica: a differenza del Prefetto, l’Auror prediligeva il contatto diretto, quasi il messaggio espresso dalle parole potesse mantenere più a lungo e costantemente il proprio significato. Aveva già capito a Limerick che tipo fosse e, per quanto quell’atteggiamento potesse infastidirla, non riuscì a scostarsi in tempo: forse non lo aveva desiderato abbastanza velocemente da poter tradurre quel pensiero in un movimento reale, così era rimasta in silenzio, senza temere il contatto visivo che - almeno lui - sembrava cercare disperatamente.

Glielo permise per l’assurda convinzione che lui, tra tutti, fosse l’unico con una volontà abbastanza forte da respingerla, come se di fronte a quegli occhi blu come il mare la sua abilità non contasse nulla. E così nulla accadde, se non un gesto deciso della Tassorosso che, prendendolo per i polsi, riuscì ad interrompere quel contatto e a liberarsi dalla sua presa.
Non le era piaciuto farlo, ma quello era un gioco in cui - per una volta - le regole sarebbero state dettate da lei. Sapeva che le sue intenzioni fossero le migliori in una circostanza simile, ma non poteva permettersi il lusso di lasciarsi andare a sciocchi sentimentalismi e a gesti di cortesia dovuta. Aiden avrebbe imparato presto il modo più giusto di entrare in contatto con lei. «Io non so nulla.» mormorò a quel punto, scrollandosi di dosso la sensazione di essere stata troppo dura. «E nemmeno tu.»
Era proprio necessario creare una distinzione così netta tra due esseri umani con così tante - tanto da essere troppe - cose in comune? «Dovresti ascoltare quello che ho da dire. Qui ed ora. Perché ti sto dando l’opportunità di capirmi e non lo faccio spesso. Con nessuno.»

Non era un capriccio né un’imposizione. Aiden avrebbe potuto girare i tacchi e andarsene per la propria strada in qualsiasi momento, ma la verità era che né lui né lei avrebbero potuto prendere strade separate. Per quanto poco le piacesse l’idea, in quel mare d’incertezza e solitudine a lungo mantenuta - anche quando sarebbe stato più saggio parlarne apertamente - Aiden era l’unica persona al mondo a poterla capire. Ne aveva la maturità, perlomeno anagrafica, ed il fatto che fosse destinato a qualcosa di molto simile lo rendeva il candidato ideale per un confronto sull'argomento. Non stava cercando un vero e proprio mentore, ma qualcuno abbastanza forte da reggere lo shock di una notizia tanto allarmante, capace di fornirle una chiave di lettura sull'intera faccenda. La mano tesa con gentilezza le suggeriva che, dopotutto, la reazione non fosse stata eccessivamente negativa. *E se lo è... sa davvero fingere bene.*
«Per prima cosa… per me la Divinazione è una stupidaggine. Una disciplina senza capo né coda, fonte di incertezza e irrazionalità.»
Non si mosse di un millimetro, enumerando le sue ragioni sollevando l’indice destro e proseguendo col medio «Secondo.» deglutì, inspirando profondamente «Credo solo in ciò che vedo e posso toccare. Non mi fido delle parole, ma solo dei fatti.»
A quel punto s’interruppe, cercando di studiare l’espressione di Aiden per capire fino a quale punto spingersi. Non sapeva quale fosse il suo limite di sopportazione alle angherie di un’adolescente e se, dopotutto, fosse disposto a seguirla anche dopo quella breve, ma significativa, introduzione.
«Terzo… Nonostante tutto, la Divinazione è la seconda ragione per cui ho deciso che diventerò un Auror.» *Inizi ad unire i puntini, Aiden?*
Gettò uno sguardo alla sua mano, ancora tesa in un invito che ben presto sarebbe stato accolto. Inspirò profondamente e si limitò a seguirlo a passo lento, sperando che lui non le chiedesse nulla, scortandola ovunque avesse pensato di andare sin dall'inizio e lasciandole il tempo di rimuginare per la centesima volta su ciò che avrebbe potuto dire.


Thalia J. Moran | Prefect | Hufflepuff | 17

 
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view post Posted on 16/10/2018, 14:26
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss

▵ Auror ▵ Ex Grifondoro ▵ 27 anni ▵ Irlandese


Represse il proprio fastidio e ogni possibile reazione che avrebbe potuto comportare una frattura tra loro sin da quel semplice inizio, e celò ogni emozione e pensiero dietro la maschera più impassibile e impenetrabile che il fulvo avesse con sé. Il fatto che lei gli avesse afferrato i polsi, interrompendo quel contatto che lui - speranzoso - aveva scelto per cercare di aiutarla a calmarsi, non gli era piaciuto granché. Thalia era stata gentile con lui a Limerick quando il mal di testa lo aveva piegato in due, gli aveva dato un conforto tale che ora Weiss si sentiva in dovere di ricambiare. Per la prima volta in vita sua aveva ricevuto qualcosa da qualcuno che però non voleva essere ricambiato e questo lo aveva sconvolto. Era lui che di solito si comportava così e vedere Thalia che voleva giocare con i ruoli invertiti lo mise in uno stato di totale smarrimento e frustrazione.
Decidere di non reagire in alcun modo, fu la scelta più saggia che poté prendere in quel determinato momento perché più i secondi scorrevano inesorabili, più notava negli occhi grigi di Thalia una silenziosa richiesta di aiuto. Si aspettava più un ascoltatore che un consolatore, probabilmente, e se Aiden avesse osato ancora una volta mettere in gioco il lato fisico anziché quello mentale e razionale, allora probabilmente avrebbe deluso le aspettative della rossa. Dovette appellarsi al proprio buon senso e volontà pur di evitare di cadere ancora in errore.
Dopo aver ritratto le mani da lei, lui la fissò con un ciglio sollevato, incerto, ma comunque serio. Non replicò, non emise nemmeno il più flebile dei suoni, consapevole che se avesse osato farlo allora la rossa avrebbe potuto fare marcia indietro. Semplicemente, per una buona volta, lasciò correre.
Thalia, inoltre, stava disperatamente lottando per avere lei il controllo totale della situazione e, sebbene all’Auror piacesse poco e niente sentirsi “scavalcato” o “sottomesso” a causa del suo ancora presente lato ribelle, dovette ammettere che lo spirito della ragazza non gli dispiaceva affatto. Ah però! Che caratterino quando si impunta! Forse dovrei sculacciarla a dovere… anche se sono più tentato a lasciarla fare per questa volta. pensò con divertimento, ridendo nella propria mente ma rimanendo impassibile davanti a lei.
Con la mano ancora sollevata, Aiden assecondò Thalia nonostante percepisse uno strano desiderio di ribellarsi al controllo di lei e farle vedere che era lui l’adulto lì. La ascoltò in silenzio, con serietà.

Il primo punto era chiaro e conciso, semplice da capire e da ricordare. In un certo senso, in un periodo antecedente alla scoperta della propria Profezia, Aiden avrebbe potuto affermare che quel pensiero lo avrebbe condiviso a pieno e senza riserve, specialmente in virtù del fatto che nella propria carriera scolastica non aveva mai frequentato quel corso, ritenendolo superfluo ai propri scopi oltre che poco interessante, ma preferendo di gran lunga Rune Antiche e Cura delle Creature Magiche tra i corsi a scelta.
Il secondo punto gli fece alzare un sopracciglio, impassibile, mentre non poté fare a meno di diventare più guardingo e attento, volendo a tutti i costi non perdersi alcun dettaglio racchiuso nelle parole della rossa.
Il terzo però lo fece rabbrividire. Finse che fosse colpa del lieve venticello che aveva soffiato tra loro ad avergli strappato quella reazione. Come aveva detto, poi, non osò giudicarla in nessun modo, specialmente con asprezza. Aiden avrebbe potuto non tollerare l’idea che la Divinazione fosse una delle ragioni per cui qualcuno dovesse desiderare diventare Auror, ma senza un quadro completo della situazione che Thalia stava disperatamente cercando di fargli capire, non avrebbe potuto decidere come pensare o comportarsi. Per il momento, la sua reazione fu un brivido, ma più ci rifletteva, più capiva di essere preoccupato. Per Lei. Per Thalia.

Fece per dire qualcosa, qualcosa che almeno potesse farle capire che si sarebbe davvero impegnato nel capirla a pieno, forse addirittura per rassicurarla; ma Thalia sembrò oltrepassarlo ed incamminarsi verso la direzione che avevano tentato di percorrere fino a quel momento, lasciandolo qualche secondo a fissarsi la mano ancora tesa in quel gentile invito.
Si sentì uno scemo per aver cercato di averle dato più di quanto ella voleva, di essere caduto in eccesso, come sempre e per questo percepì un senso di amarezza in bocca. Capì che con Thalia non si sarebbe potuto avvicinare più del dovuto, che lei glielo avrebbe sempre impedito e che lo avrebbe tenuto a debita distanza. Non poteva fare altro che reprimere ogni desiderio di stabilire un contatto con lei, piuttosto che sentirsi respinto per ciò che era e faceva: le avrebbe dato solo ciò di cui ella necessitava. Nient’altro.
«E’ per questo che non hai proferito parola quel giorno a Limerick dopo la mia rivelazione?» domandò all’improvviso, dopo averla raggiunta ed affiancata. Aiden studiò i lineamenti di Thalia, cercando di interpretarne i segnali. Lei voleva essere capita e lui questo voleva concederglielo, solo che non gli stava rendendo il compito facile: Thalia era ancora sulla difensiva e probabilmente stava ancora valutando se concedergli fiducia.
Iniziava a capire, dopotutto, alcune delle ragioni che avevano spinto la rossa a parlarne subito: era nervosa e, con tutta probabilità, spaventata. Avvertiva l’ombra di un segreto che Thalia voleva dirgli ma che non sapeva gestire. Questo almeno secondo l’impressione del fulvo. Forse lei lo sapeva ma non si fidava lui, forse si aspettava una qualche “prova” per vedere se ne era degno.
«Mi hai chiesto aiuto e io sono qui. So che siamo ancora stranieri dopotutto e che non ti fidi di me, ma sono venuto lo stesso. Voglio aiutarti, voglio capirti…» Parlò con calma ma con risolutezza. Voleva che Thalia si aprisse un po’ di più, che capisse che la barriera protettiva che si era alzata attorno gli era solo da ostacolo. «E io ho capito che in un certo senso la Divinazione ti ha turbata, perché se non ci credi, se la reputi davvero una stronzata colossale, ma al tempo stesso ti fidi solo dei fatti… allora significa che qualcosa è successo.»
Avrebbe voluto stringerle una mano, confortarla, farle sentire la propria presenza e supporto… ma non lo fece.



 
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