Le parole di Thalia provocarono un senso di bruciore nel fulvo, percependo di non essere stato capito fino in fondo. Mascherò il fastidio e si limitò ad alzare un sopracciglio, conscio che reagire in maniera impulsiva e sconsiderata, mostrandosi offeso, non avrebbe giovato a nessuno dei due. Per quanto ella desiderasse a tutti i costi la completa comprensione da parte sua, anche Aiden anelava essere ricambiato, ma le sue stesse parole era passate come incomprensibili se non addirittura intollerabili alle orecchie della rossa.
«
Ascolterò ben volentieri la tua storia, Thalia, sono qui per questo dopotutto. Ma forse hai frainteso tu le mie parole.» Si schiarì la voce, non volendo apparire in alcun modo brusco o scortese; eppure quelle parole gli era scivolate via con una natura disarmante, punteggiate da una leggera sfumatura di esasperazione. Non voleva farle capire quanto la sua pazienza fosse al limite, se non addirittura instabile, ma gli era uscito senza nemmeno volerlo e per questo se ne pentì, tanto dal voler correre ai ripari. «
Mi rincresce averti dato l’impressione di aver travisato i tuoi gesti o parole, ma ciò che volevo dire è che ammiro il fatto che tu abbia provato a tenermi fuori, infondo siamo ancora estranei. E ammiro anche tu mi stia dando fiducia, in un certo senso. Posso anche solo immaginare come ti stia sentendo ora. Però, davvero, non ce l’ho con te per questo.» Cercò di essere chiaro e conciso in ogni singola parola, ci teneva particolarmente che Thalia capisse che la stava comprendendo, anche se poteva sembrare il contrario. Lui era lì con lei e non l’aveva abbandonata - non ancora almeno - e probabilmente nemmeno l’avrebbe fatto.
Se solo si fossero conosciuti in circostanze diverse, se solo avessero condiviso qualche dialogo in totale calma, permettendo di conoscersi a vicenda, probabilmente la rossa avrebbe saputo che non era
assolutamente nell’indole dell’Auror abbandonare qualcuno; a meno che, ovviamente, non gli fosse stato arrecato un torto gravissimo. Thalia, di certo, non l’aveva compiuto e presto avrebbe imparato a conoscere quel lato di Aiden.
Si era fermato a sua volta, voltandosi per guardarla dritta negli occhi, facendole capire che - nonostante il tono che gli era sfuggito nel replicare alle parole di Thalia - non era in nessun modo arrabbiato con lei e che semmai lo fosse stato, per una qualche manciata di secondi, l’avrebbe perdonata con altrettanta velocità. Aveva inteso che in fondo la ragazza non si era rivolta a lui con durezza o aggressività, cogliendo invece la nota di tristezza. Avrebbe voluto avvicinarsi e darle conforto con una carezza, ma si era promesso di non farlo, conscio che non l’avrebbe gradita affatto e che - piuttosto - l’avrebbe fermato come l’ultima volta.
No, Aiden rimase fermo dov’era e sostenne lo sguardo di Thalia con decisione ma anche con un uno spiccato senso di empatia: la capiva in fin dei conti, iniziava a comprenderla. Forse, con il dovuto tempo, le barriere protettive che avvolgevano la rossa si stavano abbassando e non appariva più come un immenso mistero.
«
Sono certo che avete le vostre buoni ragioni per pensarla in questo modo, ma presumo avremo modo di parlare degli Dei con il dovuto tempo.» tagliò corto. Se lei aveva preferito accantonare la sua proposta nel vedere una delle prove per quella sua visione dei fatti, Aiden non si sentì minimamente in colpa nel seguire il suo esempio e restare sull’argomento principale.
Aiden tornò a voltarsi verso il piccolo sentiero, riprendendo a camminare. Lo fece perché altrimenti sarebbero rimasti lì tutto il giorno senza concludere nulla e all’Auror non piaceva passare le proprie giornate senza ottenere qualcosa di concreto.
La brezza era sempre più gelida, segno che la stagione stava cambiando radicalmente, ogni giorno che passava, portando inevitabilmente verso il periodo più freddo dell’anno: l’Inverno. A lui non dispiaceva affatto come stagione, si poteva sciare ed indossare maglioni di lana caldi, oltre che a starsene seduti davanti al camino scoppiettante con una calda tazza di cioccolata calda.
La porzione di distesa aperta alla furia del vento e di tutti gli altri eventi atmosferici, terminò e lasciò spazio ai pini e alle betulle. Il boschetto si aprì davanti a loro e Aiden, da bravo padrone di casa, fece strada a Thalia su quei piccoli sentieri di caccia, cercando non starle troppo davanti onde evitare di farla sentire a disagio, o peggio ancora inferiore a lui.
«
E’ vero...» mormorò, scoccandole un’occhiata in tralice. «
Ma sono dell’idea che non crederci sia decisamente peggiore, perché ti rende in un certo senso vulnerabile. Essere consapevoli della remota possibilità che un dato evento possa avvenire, ti rende in parte pronto a non rimanerne completamente schiacciato.» Con voce calma e seria, Aiden cercò di spiegarle il proprio punto di vista. «
Mi padre è morto, Thalia. Io invece voglio vivere e se non imparo ad accettare il mio possibile Futuro, a trarne i lati positivi, i vantaggi, probabilmente uno di questi giorni ti ritroverai al mio funerale.» Sfiorò la corteccia di un pino e lì, poco più in alto della sua testa, una piccola sagoma intagliata nel legno sarebbe potuto saltare alla vista di Thalia, se solo l’avesse voluto. La volpe segnava il sentiero che conduceva alla casa di Aiden, tranne per arrivare nel posto dove lui voleva portarla. Quel simbolo era il riflesso di sé stesso e presto la giovane Strega lo avrebbe scoperto.
«
Dimmi di più, quello che ti senti è ovvio. Quello che presumi possa aiutarmi nel darti l’aiuto che mi hai chiesto. Ti ascolto.» Un sorriso gentile apparve sulle sue labbra, cercando di trasmetterle un senso di conforto, benessere e sicurezza. Voleva che lo percepisse sempre più vicino a sé, in una qualsiasi forma che ella avrebbe voluto da lui. Un amico, una valvola di sfogo, un protettore. Qualsiasi cosa pur di darle ciò che desiderava, per farla sentire più libera e meno spaventata.
Lui c’era ed era lì solo per Lei.