Minare il suo ego le sarebbe bastato, se solo il linguaggio usato dall’Auror non si fosse opposto tanto duramente al suo, al punto da costringerla ad usargli una nuova violenza verbale sotto forma di un sarcastico rimprovero.
«
Che modi, signor Weiss!» rimbeccò allora, approssimandosi a lui e guardandolo con aria di sfida. Non c’era nulla da aggiungere, poiché il suo sguardo ostinato e rabbioso fu tutto ciò di cui la strega avesse bisogno per sapere di aver vinto la disputa.
Anche Aiden lo sapeva e l’orgoglio di Auror e uomo adulto doveva gemere di dolore nell’essere stato messo a tacere con una mossa semplice e prevedibile come quella della Tassorosso. Possibile che si fosse tanto beato della sua supposta superiorità al punto da non rendersi conto di chi, davvero, avesse di fronte?
Con un ultimo sguardo divertito, questa volta sinceramente, Thalia proseguì lungo il sentiero, lasciando Aiden solo a leccarsi le ferite.
*
Adesso capisco la Alistine.* pensò incredula *
Andare d’accordo con lui è impossibile.*
Ripensò alla compagna e alla sera della Festa di Fine Anno, iniziando a comprendere - pur senza conoscerne la ragione - le motivazioni della Alistine. Era stata severa, anche se di quell’evento ricordava ben poco, e Aiden aveva incassato il colpo con dignità dilenguandosi subito dopo.
*
E non poteva farlo anche stavolta?*
Evidentemente, non sapeva con chi avesse a che fare.
Lo sentì muoversi dietro di lei, dapprima a distanza, mentre i piedi calpestavano il tappeto di foglie secche e i piccoli ramoscelli; una o due volte pensò addirittura di voltarsi e di fargli capire di lasciarla in pace, ma desistette dal progetto soltanto perché - dopotutto - ignorarlo sarebbe stata la migliore arma da usare contro di lui.
Grande e grosso com’era, Thalia si aspettava che Weiss avrebbe capito l’antifona se avesse continuato a seguirla in silenzio, rispettando la distanza che lei gli aveva imposto. Non poteva pensare che, per la seconda volta, lui l’avrebbe raggiunta e superata.
Per un attimo, pensò che avesse capito e la stesse lasciando finalmente sola. Osò persino respirare a pieni polmoni la fredda aria della sera, convinta com’era di essere libera da ogni senso di colpa per la rivelazione fatta, dai litigi e dagli uomini cocciuti. Il pensiero corse a Mike, che probabilmente in quel momento stava lasciando il negozio in cui lavorava per tornare al Castello. Forse, se si fosse mossa più rapidamente, sarebbe anche riuscita a raggiungerlo.
Vederlo le avrebbe fatto bene di certo: solo lui era capace di consolarla con la propria silenziosa presenza ed un braccio avvolto attorno alle sue spalle. A quel pensiero, con la testa ancora china, sorrise tra sé e fu solo quando vide due piedi ben piantati di fronte ai propri che sollevò il volto, trovando Aiden Weiss immobile.
«
Ti sposti?» e in quella richiesta non c’era l’ombra di gentilezza, il sorriso svanito e risucchiato da una smorfia più severa e affatto accomodante.
Lui la fissava in modo impertinente, pensando a chissà quali frasi in gaelico - offensive magari - rivolgerle. Provò a scartarlo, prima a destra e poi a sinistra, ma tra il suo corpo e gli alberi ai lati del sentiero le fu impossibile riuscire a passare.
I pensieri più cupi, a quel punto le attraversarono la mente, e fu allora che l’idea di farlo scivolare di nuovo lungo il sentiero in discesa sopraggiunse nuovamente in suo aiuto. Stava per sollevare di nuovo la bacchetta di salice, quando - seppur celato in buona parte dalle tenebre - distinse chiaramente i lineamenti del suo viso farsi più rigidi. *
Ma che--*
Accadde velocemente, troppo per i suoi gusti: a causa dell’oscurità, si era concentrata sul corpo massiccio che sembrava volerla contrastare sul piano fisico. Aveva proteso le mani, con la bacchetta ancora stretta in pugno, per creare una distanza tra lei e il suo aggressore. Era stato strano fin dal principio definirlo in quel modo, visto i presupposti amichevoli che li avevano spinti sin lì, ma era chiaro ormai che i ruoli fossero cambiati e il risvolto non le piacesse affatto.
Fu vedendola indietreggiare che lui colse l’occasione per afferrarla e, quando la barba ispida le irritò il viso, Thalia seppe di non avere vie d’uscita. Le labbra di Aiden premettero sulle sue e non poté farci nulla, se non guardarlo con odio e ribrezzo allo stato puro. Le sue mani premevano sul petto dell’uomo per allontanarlo e quando lui le morse appena il labbro, si scostò con un movimento repentino.
Sfiorò le labbra col dorso della mano libera, indietreggiando inorridita.
Avrebbe potuto rivolgergli la bacchetta al petto, usare un incantesimo e scappare al Villaggio, ma per qualche ragione non lo fece. Non era capace e sentiva che le gambe lunghe fasciate da normalissimi jeans babbani erano preda di una mancata dinamicità dettata dalla paura. Non si era chiesta perché o come avesse potuto permetterglielo, perché in cuor proprio sapeva di non avergli dato alcun permesso. Si era arrogato il diritto di baciarla - poteva davvero definirsi un bacio, quello? - senza chiedersi quali sarebbero state le conseguenze di un atto simile.
Di nuovo, sentì montare una rabbia crescente che nulla aveva a che vedere con quella provata nella radura davanti alle accuse di Aiden; era un’ira diversa, quella dettata dal sopruso operato ai suoi danni. Non c’era incantesimo che potesse risolvere l’accaduto, né Oblivion che potesse cancellare dalle sue labbra il peso del ricordo di quell’atto ignobile.
Lo fissò in silenzio, indietreggiando ancora, e nella sua mente vorticarono le idee più folli ed assurde che la sua mente avrebbe mai potuto partorire. Se le sue gambe non potevano muoversi, del resto, nemmeno il resto del corpo sembrava rispondere ai suoi comandi. Si limitava a fissarlo, l’odio crescente nell’espressione dura delle labbra che lui aveva violato, negli occhi che tante volte lui aveva osservato. Forse le avvisaglie c’erano state e lei non le aveva sapute vedere. Forse non aveva voluto.
Si sentì in colpa, stupidamente, per avergli permesso di toccarla, di superare il normale spazio tra corpi dettato dal rispetto reciproco.
Non solo l’aveva accusata ingiustamente nella radura, ora aveva persino violato la sua dignità.
Abbassò lentamente il braccio, lasciato a protezione delle labbra sino a quel momento, e rinfoderò la bacchetta nella tasca interna del cappotto. Non smise mai di guardarlo, mentre le dita s’industriavano coi bottoni della giacca per richiuderla e, quando finalmente mosse un passo verso di lui, le uniche parole che riuscì a pronunciare furono cariche di odio e disgusto.
«
Non rivolgermi mai più la parola.»
Superandolo, pregò per la
sua anima che rimanesse dov’era: se per lui quello era stato un gioco, allora non aveva capito nulla; se non aveva saputo reagire
prima, da lì in avanti una reazione di ben altro genere sarebbe stata d’obbligo.
Giunta alla Testa di Porco e dopo aver proseguito in silenzio lungo la via sempre meno affollata, Thalia vide una figura uscire dal negozio di libri. Il pensiero di Mike, del suo viso dolce e dei suoi occhi scuri, le provocò una fitta al petto e le lacrime, questa volta, scesero copiose sulle sue guance infreddolite.
Thalia J. Moran | Prefect | Hufflepuff | 17
Auf Wiedersehen