"Vattene finché sei in tempo"
Gridò, muta, la coscienza.
Debole, Amber non riuscì ad assecondarla, perché in fondo sapeva benissimo cosa voleva: accertarsi che Killian stesse bene - era lì perché non si era dimenticata di lui - e poteva farlo solo seguendo quella donna. Era così stanca di lottare internamente su più fronti che aveva scelto semplicemente di smettere di farlo, aveva alzato bandiera bianca. Aveva già dato il peggio di sé, aveva già rovinato tutto quanto, il fatto che poi se ne fosse pentita era tutt'altra faccenda e non le avrebbe dato comunque il diritto di pretendere che le aprisse la porta, perché lui non lo sapeva. Ma le sarebbe andato bene anche parlare attraverso un muro, purché lui fosse dall'altra parte anche solo ad ascoltare senza dire nulla. Una frase, gli avrebbe detto quella frase e poi se ne sarebbe andata, pronta a smettere di tormentarlo per sempre. Oh, non era pronta per niente ma doveva sforzarsi di esserlo. Forzare una capacità che non aveva, quella di dimenticarlo, la stava lentamente distruggendo. Aveva condiviso ogni passo di quel percorso con lui e doveva convincersi di non aver davvero ucciso a mani nude la possibilità di rivederlo. Le braccia aumentarono la stretta attorno al busto quando la vecchina la accusò di avere freddo. Non aveva torto, e forse era meglio che scegliesse quello come motivo principale per la sua aria stravolta, si era detta, piuttosto che cercare di indagare più a fondo. Chiaramente non conosceva Azalea McCramble. Con l'aprirsi del portone si mosse in automatico superando di pochi passi la padrona di casa che, prontamente, richiuse l'uscio alle spalle della bionda. Scacco Matto. Da quel momento Amber poteva dirsi realmente in trappola, ma doveva indicare se stessa come unico colpevole. Aveva visto chiaramente quella morsa aperta sul terreno, praticamente l'aveva messa lei lì e poi ci aveva infilato il piede con fin troppa facilità. Il primo impatto con l'ingresso però la privò di ogni ulteriore pensiero: da quando c'erano tutte quelle piante? Era passato più di un anno dalla sua ultima visita e - per quanto la McCramble non contenesse la passione per la flora - l'androne non era mai stato così affollato, come poteva trovare la via di casa? Quel posto era diventato una giungla! La foglia larga e spessa di un ficus le sfiorò il collo costringendola ad arrestare i passi un attimo prima di inciampare sul vaso della stessa pianta. Da qualche parte, tra un bonsai e l'altro, c'era il punto esatto in cui si era lasciata andare ad uno sfogo disperato e che nessuno, per fortuna, aveva visto, ma che lei ricordava benissimo. Lo cercò con lo sguardo ferito di chi sa di infliggersi dolore gratuito. Le si strinse il cuore; quella volta aveva creduto di aver impresso la parola "fine" al rapporto con l'Auror, era stata un'ingenua anche allora, incapace di prevedere che li avrebbero attesi giorni peggiori. Se già al tempo la flora "locale" le era sembrata ostile, quella giungla non sarebbe stata da meno. Fu la mano della donna, che aveva capito di doverla guidare, a farla trasalire più di tutto. Annuendo, la seguì lungo il sentiero che sembrava essere l'unico in grado di farle uscire dal labirinto. Il raggiungimento della porta avrebbe potuto significare un bel traguardo, ma la bionda non riusciva a convincersi di aver fatto la scelta giusta. Cosa avrebbe pensato Killian se l'avesse trovata lì, per di più in compagnia di quella babbana che fin dal principio sembrava averlo tanto a cuore? Temeva di scoprirlo.
Osservò l'interno dell'appartamento della donna, dai colori delle pareti fino a quelli delle poltroncine, per non parlare del pizzo che sembrava il Re di quel reame tanto caotico. No, non c'era niente che lei avrebbe salvato in quell'arredamento, ma nonostante l'insieme improbabile di gradazioni cromatiche impossibili, non riuscì a non sentire il tepore di un'accoglienza vecchio stampo. Era fuori posto, sembrava un blocco di ghiaccio in un vulcano in piena attività, eppure non c'era altro luogo per lei se non quello e non c'era nessuno pronto a parlarle che non fosse una babbana dal sorriso gentile ed i modi stravaganti. In parte era come se il mondo intorno a lei si muovesse a velocità doppia mentre ancora faticava a mettere a fuoco il vero motivo che l'aveva spinta a non rifiutare l'invito. Masochismo? Si rese conto di quanto stava accadendo nel momento in cui la McCramble con un'aria particolarmente soddisfatta e cospiratoria le accennò il suo piano - nemmeno il tempo di fermarla che già lo stava mettendo in atto. Come intendeva chiamare Killian, e cosa avrebbe voluto dirgli? «Non serv-» non ebbe modo di accorgersi di quanto roca suonasse la sua voce, quasi non parlasse da anni, che la donna aveva già preso in mano un aggeggio comunicativo babbano, molto simile a quello che si trovava nella cabina dell'ingresso per gli ospiti al Ministero. La Tassina doveva solo sperare che non si potesse percepire anche la sua presenza in quella stanza attraverso il corno lilla. Avrebbe voluto allungare la mano e fermare la donna, o almeno specificare che non avrebbe dovuto dirgli che "Amanda" si trovava lì, ma con la propria velocità la vecchina aveva vinto su tutta la linea. Il braccio le ricadde lungo il fianco. Stava accadendo tutto talmente velocemente che per poco non sentì mancale il fiato, come se stesse correndo all'impazzata da ore. Senza minimamente nascondere la sua espressione, mosse un passo verso la donna talmente piano da non infrangere il silenzio di quei tre secondi d'attesa prima che Killian rispondesse. Oh, ma quando lo fece, quando la voce - seppure meno realistica ma riconoscibile - del ragazzo la raggiunse, per lei fu come sprofondare in un abisso di emozioni represse; gli occhi le si velarono all'istante, le labbra tremarono ed un brivido le scosse il corpo mentre le iridi si coloravano di un verde più intenso. Non lo sentiva da così tanto che sembravano passati anni. Ma era lui, non aveva alcun dubbio e l'effetto che quelle parole, il cui contenuto le importava poco oramai, le fece non fu che l'ennesima conferma: le era mancato e si vergognava ancora di più ad ammetterlo all'interno delle pareti strette della sua mente. Avrebbe voluto parlargli ed allo stesso tempo aveva una paura folle di farlo, perché tra i tanti toni che le aveva riservato consapevolmente, l'unico che si sarebbe meritata era l'ultimo: duro ed implacabile. All'improvviso sentì il bisogno di sedersi, ma la conversazione era solo agli inizi e di quella voce non ne avrebbe mai avuto abbastanza, anche se nessuno di quei pensieri espressi era rivolto a lei. Attimi rubati con lui totalmente inconsapevole, che non facevano che farla sentire una ladra, ma per un attimo, un solo dannatissimo attimo si sentì una ladra felice. La mano destra strinse il polso sinistro nel vano tentativo di ricordarsi di non essere sola ed anzi; di essere sotto osservazione da parte di una commediante nata! Azzardò un tiepido sorriso di circostanza quando la vecchia chiese a Killian se sarebbe stato a casa per cena, ammiccando verso Amber. Che doveva fare? Non poteva cedere all'emotività che premeva con forza sull'onda della stanchezza. Ora aveva capito che stava bene, doveva farselo bastare. Un pensiero sciocco quanto concreto seguì lo scambio successivo: c'era una dinamica affettuosa non indifferente tra i due inquilini del numero nove, chi era lei per romperla? Chi era lei per minare la fiducia che i due avevano costruito negli anni?
Come una lama affilata, la consapevolezza di doversene andare il prima possibile la trafisse. Una morsa di invidia le chiuse la gola quando si rese conto che tra le tante cose che non avrebbe mai potuto avere c’era anche quella: una conversazione normale con lui. Tranquilla, stabile, basata su una fiducia solida e qualche rimbrotto affettuoso. Dopo la riconsegna degli anelli ogni possibilità di comunicare con il mago a voce era andata in frantumi, come un vaso prezioso posizionato un un tavolino preso di mira da mille incantesimi. Doveva immaginare che si sarebbe rotto, ma non era stata in grado di prevede in quanti pezzi. Abbassò lo sguardo sfidando così la soddisfazione comparsa sul volto della babbana. Un'ora era un tempo accettabile? Il suo stomaco si stava già torcendo come il migliore dei contorsionisti, le falangi si erano ulteriormente raffreddate ed il corpo era scosso in maniera invisibile da piccoli e costanti fremiti. Non tornare, Killian, si ritrovò a pensare, in netto contrasto con il supplichevole Mi dispiace, torna... che aveva tenuto in mente per mesi. Doveva una risposta alla donna che la stava ospitando, però quella se n'era andata oltre la porta a vetri e prima ancora che Amber potesse prendere una decisione un fulmine di pelo candido le si era fiondato addosso. Sopraffatta dall'esaltazione del cucciolo, da quel tartufo umido e dalla codina che si muoveva a ritmo costante, si ritrovò a sorridere con una dolcezza spezzata solo dalla sua anima frammentata ed ancora distante. «Ehi... e tu chi sei?» il tono gentile fu accompagnato da una carezza sul morbido pelo di Milkshake che non fece che permettere al piccolo inquilino dell'appartamento di agitarsi ancora di più e richiederne altre. Le piacevano i cani, anche se gli unici con cui aveva contatti erano a villa Hydra, ma quel batuffolo metteva seriamente a rischio la stabilità fragile che si era imposta per poter camminare fin lì. Venne inseguita fino al tavolino e, prima che potesse sedersi sulla sedia - continuava a dirsi che sarebbe rimasta lì solo il tempo di un bicchiere di succo - quella era già stata occupata dal cucciolo, che era pronto a metterle le zampe sullo stomaco per allungarsi e poter raggiungere il suo collo così impunemente. Quando la porta a vetri si aprì, gli occhi nocciola del nipotino peloso si puntarono verso la babbana, quasi volesse confermarle che si sarebbe preso cura lui di Amber, fiero e felice, guadagnandosi un occhiolino complice che la bionda non fece in tempo a vedere. «Amanda, quanti anni hai detto che hai cara?» «Diciotto, ma per-» «Siediti, siediti» Aveva risposto istintivamente mentre ancora dedicava le sue affettuose attenzioni al cagnolino. C'era qualcosa di profondamente sbagliato nello sguardo della giovane strega, e benché un barlume di felicità fosse comparso all'arrivo di Milkshake, il sorriso stonava con il messaggio che gli occhi tristi mandavano... ma per sua fortuna Azalea non mancò di notarlo. Era già pronta a portare il vassoio ricoperto di merletti al tavolo, ma proprio l'aria affranta di Amber la costrinse a fare marcia indietro. La ragazza non poteva saperlo, ma la vecchina aveva corretto di poco la caraffa di succo con qualche goccia - un terzo di bottiglia - di vodka, e vedendola più sconvolta di quanto ricordava fece dietrofront per svuotare una parte più consistente del liquido trasparente dentro il succo di pera. "Meglio abbondare, la situazione mi sembra tragica..", borbottò a se stessa. Soddisfatta delle proporzioni finali, fece il suo ingresso attirando l'attenzione del cucciolo che finalmente lasciò libera la sedia su cui la bionda poté sedersi. «Ecco qui, non fare complimenti» proseguì Azalea condendo il suo tono con una dolcezza quasi serafica, qualcosa che l'altra non riuscì a cogliere, la sua mente era diventata l'esatta rappresentazione della giungla all'ingresso... solo che nessuno si era ancora presentato per condurla oltre la giusta soglia. «Dai avanti, tu non ne hai bisogno!» borbottò l'anziana al cagnolino già pronto a balzarle sulle ginocchia con poca grazia e rubarle il bicchiere, cosa che tentò poi di fare anche con Amber. Seria, sebbene con la mano sinistra continuasse a regalare sporadiche carezze a Milkshake, la ragazza afferrò il vetro colorato e si sforzò di non fare scena muta davanti alla gentilezza un po' scorretta della donna. «Grazie, signora McCramble, ma non rimarrò molto.» doveva ripeterselo, se avesse atteso troppo l'avrebbe salutata magari lasciando solo un biglietto sotto la fessura della porta del ragazzo. «Sciocchezze, sciocchezze! Inganneremo l'attesa e passerà in un attimo» una mano ingioiellata tintinnò quando la scosse con noncuranza per rigettare l'idea della giovane che trovava assurda. Quando le sarebbe ricapitato di poter indagare sui misteriosi passatempi di Killian? Ignorava il fatto che la biondina ne potesse sapere ancora meno di lei, ma tanto valeva provare. «Ma ora dimmi: non è un bravo allievo, vero?» Gli occhi cerulei brillavano di curiosità ma erano ben attenti a non rivelare il puntuale controllo del consumo di succo-non-propriamente-succo. D'un tratto non Amber si perse, lo sguardo replicò l'idea di "bersaglio centrato" che rievocò quella domanda. Cosa rispondere? E se la donna non l'avesse più fatta uscire da lì? Bevve il primo sorso, forse anche troppo di fretta, per evitare di rispondere a quella domanda che a bruciapelo andava ad indagare quell'identità di copertura oramai sepolta. «No veramente lui..» Lui cosa? Non aveva idea di come finire la frase ma non poteva nemmeno rovinare qualsiasi rapporto Killian avesse con l'anziana sbugiardandolo. Fortunatamente il sapore vagamente alcolico - possibile? - del succo la costrinse a celare un colpo di tosse inatteso. Strinse gli occhi mentre un sapore più pungente sovrastava quello della pera. «Con cosa ha detto che è questo succo?» Alla donna sovvenne il dubbio di non aver adottato una buona strategia vedendo la reazione di Amber al primo sorso, ma quel pensiero se ne volò via con la stessa rapidità con cui era venuto: "a mali estremi, estremi rimedi" era sempre stato un suo motto. «Oh è succo di pere freschissimo » si affrettò ad informarla sbattendo le pesanti palpebre con fare innocente dietro gli enormi occhiali. «...E una piccola correzione di alcool che mi sono permessa di aggiungere, così, per gradire... Sono piuttosto brava a creare ogni genere di bevande, voglio credere che Killian ti abbia offerto qualcosa di mio almeno una volta, o è stato così scortese? » Rispondere attenuando e schivare magistralmente: forse il Resween aveva imparato dalla sua padrona di casa? O magari era viceversa? Ed Amber come aveva fatto a non capire cosa ci fosse di sbagliato nel succo? O meglio, perché non aveva capito subito che di pera c'era ben poco? Lo sguardo soave che le aveva rivolto la McCramble la lasciò interdetta. Probabilmente a lei sembrava normale, oppure l'aria della ragazza le aveva dato da comprendere di quanto supporto avesse bisogno. La bionda si rabbuiò; era davvero così palese lo stato in cui versava? Aveva smesso di preoccuparsene al secondo isolato percorso con il cuore in gola. La voce di Killian poi aveva aggravato la situazione, l'aveva percepito ad un livello tanto intenso da non riuscire ad evitarselo, era entrato così in profondità che solo a quel punto poté capire dove affondavano le radici del loro rapporto, erano così profonde che... forse un bicchiere non avrebbe fatto male a nessuno, si disse. Gli occhi le si inumidirono di nuovo quando venne gentilmente costretta a ricordare l'offerta dell'infuso alla Ciliegia, anni prima, il cui ricordo ancora le scaldava il cuore - nonostante tutto. Ma proprio rammentare la gentilezza che lui le aveva riservato la ferì tremendamente e desiderò con tutta se stessa di essere sola, di nuovo. Ma le circostanze e la sua testardaggine l'avevano messa in una situazione terribile ed ora doveva dare l'ennesima risposta. «No lui.. è stato gentile, quella volta.. io mi ricordo bene l'infuso alla Ciliegia, era buonissimo. » la voce ridotta a un filo, le era impossibile dimenticare. Strinse il bicchiere e ne osservò il contenuto verdognolo. «.. solo uno» disse, rivolta a se stessa, mentre il sorriso soddisfatto di Azalea non mascherava l'espressione più preoccupata, era chiaro sempre di più anche alla padrona di casa che qualcosa non andava.
[...]
«Mi ha detto proooooooooprio così:» Annuì esageratamente e poi, indignata, con le guance arrossate, lo sguardo in debole imitazione di quello di Killian di mesi prima ed il tono volutamente greve tanto quanto incredibilmente fasullo, citò le ultime parole dell'Auror in casa Snow. Non si contavano più i bicchieri che si era lasciata riempire. «Sei solo una bambina, Amber». Scosse il capo, incapace - nonostante lo stato in cui si ritrovava dopo un numero incalcolabile di bicchieri oltre quel "solo uno" - di rendere al meglio senza apparirne ferita. Il cerchio alla testa aveva iniziato a stringere, tanto quanto la lingua si era sciolta e la nebbia aveva invaso la mente. Il bicchiere che ancora teneva in mano venne vuotato delle sue ultime gocce e poggiato sul tavolo con troppa forza. Repentina l'espressione della giovane si fece tanto triste quanto prossima al crollo. Non si accorse subito dello scatto agile di Milkshake. Il cagnolino candido che inizialmente si era appisolato sotto la sedia - quando dal primo bicchiere la bionda era arrivata al terzo - poi era risalito da abile ricercatore di coccole fino a sedersi in braccio all'ospite che, senza più alcuna remora, aveva preso ad abbracciarlo quasi fosse un'ancora di salvezza più potente della vodka. Ma proprio mentre quell'imitazione scadente e frutto di troppo alcool in corpo veniva espressa, la bestiolina era saltata giù dalle ginocchia di Amber ed aveva iniziato a mugolare vicino al portone d'ingresso, grattando le fessure con le zampine. Vacuo, lo sguardo della giovane aveva rincorso senza entusiasmo i movimenti del piccolo, ma poi era tornato sulla padrona di casa, quella che certo reggeva l'alcol meglio di lei. «Ma io! Io» si indicò il petto con la mano destra, difficile che Azalea non capisse, ma in quello stato Amber certo non era in sé, forse serviva proprio a lei indicarsi per capire dove fosse! «... le sembro una bambina??!» al domandare gli occhi chiari avevano scelto proprio di donare alla biondina l'aspetto di una bimba a cui non solo era stato portato via il giocattolo ma era anche stato detto non era abbastanza grande per poterci giocare di nuovo. Fu lo scatto da maratoneta della McCramble a schiaffeggiarla in pieno volto. Senza la minima idea di quanto tempo fosse trascorso, quali fossero i punti cardinali, dove fosse suo padre e perché diamine fosse lì, Amber scattò per imitazione in piedi. O meglio: ci provò. Fin tanto che era rimasta seduta non si era accorta di quanto avesse bevuto, ma da in piedi, con l'intero mondo a muoversi attorno a sé, comprese di aver commesso un gravissimo errore di calcolo. La brocca era vuota. I due bicchieri anche, ma il suo sembrava più usato. Senza il minimo accenno di equilibrio, percepì dapprima le gambe pesanti e poi i polsi deboli e dovette reggersi al tavolo per non ricadere seduta. L'espressione incredula si fece spaventata, poi di nuovo indecifrabile mentre si massaggiava le tempie con la mano. Cosa ci faceva lì? Da quando aveva un cane? Appoggiò i palmi sul tavolo e chiuse gli occhi: tutto girava a velocità incredibile, ma quanto era reale? E perché si sentiva così... persa? I volti in successione di Mayline, e poi John, e poi Killian e la vecchia e.. tutti, vorticarono paurosamente sfrecciandole davanti alle palpebre serrate come scope impazzite. Avrebbe voluto urlare ai suoi pensieri di fermarsi, ma non sapeva come fare. Ed allora, quando le iridi vodkamarin acquamarina si fermarono sulla porta in lenta apertura, il silenzio cadde nei suoi pensieri. Un barlume di lucidità. Oh no
❖Amber Hydra❖
Prefetto Tassorosso - 18 anni - Outfit