Quel succo di pera [s]corretto., Privata

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view post Posted on 2/1/2019, 18:52
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Anche senza volerlo, Killian pianificava le cose. La sua giornata, il lavoro, gli impegni, la spesa... tutto veniva programmato, anche se con minimo anticipo. Non era una mania, non si auto-imponeva l’organizzazione scrupolosa di ciò che lo attendeva, non si trattava di essere precisi e puntuali. Più che altro voleva sempre sapere cosa fare, quando farlo e come per agire senza indecisioni, con la sicurezza che lo contraddistingueva. Che poi quei progetti venissero rispettati o meno era tutta un’altra storia. La sua vita era così frenetica che raramente gli permetteva di dare per certo anche solo il minuto seguente. A volte i cambi repentini di schema d’azione dipendevano direttamente da lui, altre volte vi era lo zampino del destino, del caso o di altre forze superiori, compresa la signora McCramble. L’idea di rientrare senza attirare l’attenzione della donna, concedersi una lunghissima doccia bollente, preparare e consumare la cena per poi portare a spasso Milkshake era stata gettata alle ortiche con una rapidità preoccupante, prendendosi gioco di tutti i buoni propositi del ragazzo di trascorrere una serata tranquilla di riposo. Tra il dire e il fare ci si era messo in mezzo un succo di pera speciale e una certa Tassorosso devastata dall’alcool. Accoppiata vincente per mettere a dura prova i nervi dell’Auror. Eppure, nonostante vasi rotti e pulcini soporiferi, parte dei suoi progetti si concretizzarono comunque una volta lasciata la ragazza nel mondo dei sogni, finalmente privata della possibilità di combinare altri guai. La strategia successiva era semplice: prolungare il sonno di Amber fino ad essere certo della sua ripresa almeno parziale e nel mentre portarsi avanti con il punto tre dell’immaginaria tabella di marcia, ovvero la preparazione del pasto. Si trovava proprio in cucina quando anche quel secondo programma riarrangiato trovò il proprio fallimento con il flebile lamento che lo raggiunse alle spalle, annunciando il prematuro risveglio della giovane. Senza troppa sorpresa si voltò quel tanto che bastava per scorgere la figura titubante sulla soglia della stanza, ma lo sguardo che le rivolse non durò abbastanza per incontrare gli occhi verdi e quello che vi era dentro. Non voleva scoprirlo. Non ancora.

«Ah, sei sveglia », constatò senza molta enfasi con la voce secca riemersa da un Killian di nuovo padrone della situazione.

Forse qualcosa traspariva da quell’apparente muro di inespressività: era seccato, sì. C’era una lista infinita di motivi per cui l’uomo poteva dirsi contrariato: la presenza di Amber lì, la sua allegra bevuta in compagnia di Azalea, il crudele appellativo che gli aveva affibbiato, il tentativo di sfiorarlo. Era giusto che lei sapesse l’ammontare di guai in cui aveva cacciato entrambi. Le lasciò il tempo di realizzarlo mentre abbassava la fiamma del fornello su cui una grossa pentola borbottava sommessamente, come se il suo arrivo in cucina non lo avesse smosso affatto da ciò che stava facendo. Attese qualche altro secondo in silenzio, ma poi si rese di come fosse una tortura più per lui che per l’altra: quella storia doveva finire il prima possibile. Prese uno strofinaccio dal ripiano laccato, vi pulì le mani con gesti rapidi e lo lanciò di nuovo al proprio posto con la stessa noncuranza che aveva riservato ai guanti e al berretto prima di cimentarsi con la preparazione del Rimedio. Poi finalmente si voltò e senza preavviso raggiunse il punto in cui sostava la ragazza per lasciare la stanza dall’arredamento moderno. Lei non comprese immediatamente le intenzioni dell’uomo e rimase lì, confusa come non mai, fissando il punto della felpa scura dove arrivavano i suoi occhi. D’altro canto Killian si arrestò per non travolgere la figura immobile della strega e si chiese quanto tempo avrebbe dovuto attendere prima che lei liberasse il passaggio. Di sicuro non avrebbe aperto bocca per chiederle di farlo, non la stava nemmeno guardando, puntando lo sguardo dritto davanti a sè su un angolo indefinito del salotto diversi centimetri sopra alla chioma bionda. Sembrò una pausa lunghissima, in realtà ci vollero pochi secondi affinché lei facesse qualche passo indietro per consentirgli di uscire e fatto questo lui si chiuse immediatamente la porta alle spalle e non certo per nascondere chissà quali grandi segreti visto che vi era solo un minestrone in lenta ebollizione là dentro. Ora che lei era di nuovo sveglia e vigile stava inconsciamente facendo di tutto per comunicarle quanto fosse fuori posto nell’appartamentino a Rosegarden St n. 9. E non si fermò lì perché la sorpassò di nuovo (ostinatamente tenendo ancora e ancora gli occhi grigi altrove dalla sua figura) per raggiungere lo schienale del divano e appoggiarvisi contro. Solo allora, dopo aver incrociato le braccia eloquentemente, alzò il volto affinché entrambi potessero studiarsi in viso.

«Prima che tu dia le spiegazioni che mi aspetto, c’è qualcosa che hai detto ad Azalea per cui dovrei obliviarla?»

Perchè Amber doveva essere così bella, delicata e indifesa persino ora che rappresentava il suo antagonista? Perchè? Perchè la guardava e non poteva essere semplicemente furioso come pretendeva di mostrarsi e aveva tutto il diritto di essere?

❖Killian Resween❖
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Edited by Killian Resween - 2/1/2019, 19:21
 
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view post Posted on 2/1/2019, 22:21
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Chiuse il palmo tra le dita, stringendo appena la presa sulla benda non più immacolata. Nemmeno un minuto dopo aver pensato di meritare la stretta più dolorosa della fasciatura, comprese che l'avrebbe attesa ben di peggio. Oh, dal giudizio di quel piccolo Universo non avrebbe avuto alcuno scampo. In sincrono con la lenta ma inevitabile presa di coscienza, aumentava la consapevolezza di essere finita in un guaio ben più grande del previsto. Avrebbe voluto maledire la vecchia babbana che aveva aggiunto qualcosa di squisitamente alcolico all'innocente succo di pera, ma non aveva cuore di andar contro i suoi occhi vitrei e determinati. L'aveva accolta quando nemmeno lei sapeva più cosa fare, l'aveva tenuta al caldo e anche se aveva contribuito a cacciarla a piè pari in quella situazione, l'aveva aiutata a modo suo. Forse avrebbe dovuto ringraziarla. Era molto più di quanto si sarebbe potuto dire di tanti altri. In fondo, era Amber quella che non doveva avvicinarsi al numero 9 di Rosegarden Street, la McCramble al contrario aveva tutto il diritto di trovarsi lì. Diritto, già. Faticò a riportare lo sguardo sulla schiena di Killian quando un secco "Ah, sei sveglia" fece esplodere la bolla di sicurezza annebbiata in cui aveva sperato di vivere un po'. Non poteva pretendere di ricevere così, gratuitamente, il beneficio del dubbio, ma non nascose l'assenza d'aria che costrinse i suoi polmoni ad un respiro più profondo. Abbassò il capo e fissò con insistenza i piedi avvolti dalle calze scure. Mancò lo sguardo grigio per un battito, cogliendolo solo con la coda dell'occhio. Non meritava nemmeno un confronto, lo sapeva. Doveva aver mandato in fumo anche l'unica possibilità di scendere a patti con quanto successo mesi prima... e pensare che aveva creduto di non poter toccare il fondo un'altra volta. Sciocca. Invadere la quotidianità di Killian con così tanta prepotenza non era quel che aveva progettato ed, in effetti, non aveva pianificato proprio nulla. Forse era stato quello il primo grande problema. Se solo avesse pensato prima di agire, se avesse frenato la delusione frustrante che l'aveva condotta lì.. beh avrebbe almeno potuto mantenere il controllo e forse evitare l'offerta gentile della donna al piano di sotto. Ma - e doveva rendersene conto - prima o poi le gambe l'avrebbero condotta lì. Seguì da distante, immobile e raggelata, l'animarsi del padrone di casa che si ostinava a non considerarla, continuando con le sue mansioni, dandole la chiara visione di quanto lei fosse fuori posto. Sconfitta dall'evidenza, abbassò la mano finché quella non ricadde inerme lungo il fianco. Indossava ancora il cappotto con cui era uscita ore prima, avrebbe davvero potuto fare qualche passo indietro e andarsene, ma non voleva farlo.

Non poteva dire di essere tornata totalmente in sé, anche se era sulla buona strada. Difatti l'avvicinarsi di Killian, intento a non guardarla nemmeno per sbaglio, la spiazzò al punto tale che per più di un istante Amber si chiese se non avesse deciso di perdonarla. Voleva abbracciarla? Perché in tal caso lei non lo avrebbe ostacolato per niente, solo Morgana sapeva quanto avesse bisogno di essere stretta in un abbraccio avvolgente e sicuro, ma stonava il fatto che fosse certa di non meritarlo per niente. Non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo oltre punto scuro della felpa all'altezza dei suoi occhi. Sapeva, da una parte, che se avesse alzato il mento non le sarebbe piaciuto quanto avrebbe scorto oltre le imperscrutabili Nubi di Londra e, d'altro canto, si illuse lo stesso. C'era solo da ringraziare la vodka - o quel che ne rimaneva - per la coltellata improvvisa. Era rimasta immobile per pochi secondi che in quel momento le parvero un'eternità, ma quando comprese come la possibilità che quel mezzo sogno ad occhi aperti si realizzasse non avesse alcun senso, fece un passo indietro e due a lato, consentendo a quel Killian in statico movimento di non frenare la sua corsa. Amber era l'ostacolo, non la meta. Una sconfitta da aggiungere alla pila su cui ora pendeva una spada affilata. Rimase ferma anche quando lui chiuse la porta della cucina impedendole di posare lo sguardo su qualcosa e usarla per distrarsi. Non le sarebbe dovuto servire altro per comprendere di non essere la benvenuta, ed a quel punto non si sarebbe permessa di illudersi del contrario. La cascata bionda si mosse mentre il profilo fragile della strega veniva illuminato dalle fiamme del caminetto in lontananza. Dopo aver chiuso gli occhi nel sentirlo superarla, li riaprì e si voltò il tanto che bastava per vederlo sul serio.

Braccia conserte, schiena appoggiata al divano, sguardo imperdonabile. Ma l'attenzione rivolta totalmente a lei. Un faro in una notte senza Luna, puntato dritto sopra la testa, inquisitorio. Voleva risposte, ed una parte di quella ragazza non vedeva l'ora di fornirle. Morgana! Scioccamente, nonostante l'intransigenza delle iridi grigie, Amber si ritrovò immediatamente a pensare che, in fondo, a lui gli abiti babbani stavano benissimo. Si costrinse comunque a non disincastrare lo sguardo, le sole pozze di giada non l'avrebbero protetta dal pietrificante potere del Basilisco, ma il bisogno di parlare con lui era talmente alto che avrebbe corso il rischio. Non c'era un briciolo di ostilità in lei, ma solo un pentimento estremamente sincero. Si tormentò le mani, pronte a raffreddarsi di nuovo, mentre veniva inevitabilmente costretta dalle parole di lui a ripercorrere i passi più nebulosi della sua alcolica avventura. Per il lume della ragione passò anche l'idea e la certezza di avere davanti un Auror. Un Ispettore Auror. E cosa sarebbe successo se davvero avesse messo a rischio lo Statuto in... casa sua? Si sentì morire finché non ebbe il coraggio di parlare, e lo fece solo quando fu certa di non aver smascherato il mondo magico. «No. Non sa nulla di problematico per il nostro mondo ma...» si fece coraggio, mantenendo il tono cauto e lo sguardo su di lui. Nascose il lampo di vaga speranza aggiunto dal suo esigere spiegazioni, perché almeno quella sera avrebbe potuto spiegare il perché si fosse spinta fin lì. Un "perché" che la stava logorando.«... non escludo che sia meglio obliviarla comunque.» Concluse con una punta di amarezza. Rabbrividì al pensiero che la McCramble - Azalea - rivelasse stralci delle loro conversazioni. Se avesse potuto avrebbe agito lei stessa, le riuscivano bene gli incantesimi legati ai ricordi, ma sospettava che anche solo proporre l'idea non le avrebbe fatto guadagnare alcun punto, anzi. Amber era mentalmente distrutta, ma non per questo si aspettava pietà, ragion per cui ingoiò l'amaro nodo in gola prima di aggiungere: «Avrei dovuto accontentarmi della sua prima risposta. E' colpa mia.»

❖Amber Hydra❖
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view post Posted on 3/1/2019, 16:42
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Solo nel momento in cui i suoi occhi nuvolosi si puntarono contro la figura ancora immobile vicino alla porta chiusa della cucina, Killian realizzò come quella fosse la prima volta che la vedeva sul serio. Quella era Amber, non la ragazza che traballando gli aveva picchiettato il dito sul petto, non l’adolescente sbronza che aveva ritenuto una buona idea provare a sfiorarlo durante la medicazione o la bambina capricciosa che non voleva bere il Rimedio, né la giovane assopita che aveva messo a tacere tutte le precedenti e l’uomo stesso. Era lì, scalza, con ancora il cappotto indosso, ora stropicciato. Era lì, con i capelli un po’ scompigliati, ombre scure sotto gli occhi chiari e il rossore sulle gote dovuto ai residui dell’alcool o al caldo. Era lì e lui la stava squadrando, attendendo nient’altro che dovute risposte. Accertarsi che la sua babbana padrona di casa non avesse udito nulla di più compromettente che un “basilisco” scambiato per “basilico” dalla bocca disinibita della strega costituiva la priorità, ma non era certo l’unico quesito che lui aveva intenzione di porgerle, quasi che si trattasse di un interrogatorio al Quartier Generale. Attese in silenzio che Amber raccogliesse i fili imbrogliati della propria memoria per tessere insieme un quadro di ciò che era accaduto nel tempo passato insieme all’anziana, impegnandosi per non iniziare a tamburellare con le dita sul braccio dove aveva serrato la mano in una rigida posa ostile. Non perché temesse di metterla a disagio – quella era proprio l’ultima preoccupazione del mago e non si sforzava affatto di nasconderlo – ma aveva bisogno di un responso definitivo visto che si stava pur sempre parlando di possibile infrazione della Legge Magica. Ovviamente alla negazione della Tassorosso, Killian ebbe un moto interiore di gratitudine che si premurò di celare all’esterno: non si aspettava una tale buona notizia dopo aver sventato per una manciata di secondi il tentativo della ragazza di castare un incantesimo proprio davanti agli occhi impiccioni della McCramble. Il sollievo interiore fu però sostituito da un’urticante insofferenza non appena lei concluse la frase.

«Certo. Semplice, no?», ribatté immediatamente sopprimendo a fatica una risata piena di caustica ironia che esitò in uno sbuffo contrariato mentre si passava rapidamente una mano sul volto e tra i capelli scuri ancora umidi, incredulo della proposta che aveva appena ascoltato. «Ora forzare la mente altrui e incasinarla a proprio piacere è diventata la tua soluzione a tutto?”»

Era arrabbiato, i motivi per cui si trovava in quello stato di aggressività repressa non si contavano nemmeno più. Sicuramente la volontà di Amber di obliviare la donna non era dettata da cattive intenzioni ma dal bisogno di eliminare qualsiasi rischio, ma se era certa che nelle loro conversazioni nulla aveva messo in pericolo il Mondo Magico che bisogno c’era di giocare con la memoria dell’anziana? Non si rimediava ai propri errori nascondendoli così vigliaccamente e pur andando sicuramente contro agli interessi del ragazzo stesso (oramai avrebbe scommesso qualunque cosa che la sua non-relazione con la ragazza fosse stato l’oggetto principale del dialogo tra le due), non era giusto manomettere i ricordi di qualcuno soltanto perché si era in grado di farlo con facilità. Non era giusto nemmeno ricondurre tutto ciò, in modo nemmeno troppo velato, al dono della strega, ma oramai Killian non aveva motivi per trattenersi. Tutti i sassolini stavano uscendo dalle scarpe, i nodi sarebbero venuti al pettine e non ci sarebbero stati più assi nelle maniche da giocare. Aveva creduto che nella camera da letto di Eveline Snow si fosse consumata la resa dei conti definitiva, evidentemente si sbagliava. Il tempo intercorso tra la fase preparatoria e lo scontro attuale avrebbe dovuto smorzare il suo fervore – e lui aveva davvero creduto, scioccamente, di essere riuscito a superare la cosa! - ma scoprì quanto ciò non corrispondesse a realtà: si sentiva pronto a rimettere in discussione tutto, dal primo approccio davanti alla Gelateria Fortebraccio al momento in cui le aveva voltato le spalle un’ultima volta dandole sostanzialmente dell’immatura.

«Perchè sei qui»

Ignorò bellamente il prendersi la colpa di Amber (lo trovava piuttosto inutile a quel punto) né volle indagare ulteriormente a cosa si riferisse lei sulla prima risposta datale da Azalea: i “se” rivolti al passato non gli erano mai interessati. Piuttosto, voleva rapidamente giungere al fulcro di quel complicato e folle pomeriggio e lo fece con tre semplici parole che caddero come macigni troppo pesanti persino per sostenere un tono interrogativo.

Sembrava così piccola e indifesa e lui si sentiva così furioso e “tradito”, come se il punto messo alla fine del loro rapporto fosse stato stabilito di comune accordo e ora lei venisse meno ai patti.
Lo squilibrio tra i due stati d’animo era così evidente che non avrebbero retto a lungo. Questo Killian lo sapeva.

❖Killian Resween❖
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view post Posted on 3/1/2019, 19:10
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Volentieri avrebbe chiuso gli occhi una seconda volta, abbastanza a lungo da permettere a quella rassegnazione terrificante di lasciare il suo corpo. Ma non poteva farlo ora che quell’ultima le si era aggrappata addosso con tutti gli artigli. Stringeva. Era sempre questione di attimi. Sofferti, concitati, a volte perfino sospirati, ma sempre crudeli e rapidi. Un secondo prima poteva dire di camminare su un terreno stabile, solido. Il secondo dopo si stava scavando la fossa del mancato equilibrio. Le pupille si dilatarono non appena Killian rispose. Ancora una volta aveva sbagliato, ancora una volta il suo piede era finito su una mina. Ancora una volta Amber aveva istigato il Basilisco, eppure per la prima volta aveva scelto di guardarlo negli occhi. Quel giorno aveva toccato il fondo con talmente tanta foga da poter sopportare il peso del mondo. Cosa poteva esserci di peggio di quanto aveva udito uscire dalle labbra di Mayline? L’ultima persona da cui credeva di poter essere tradita, nonché l’unica figura femminile su cui aveva per anni potuto contare. E cosa poteva esserci di peggio dell’urtare Killian in quel fragile momento della loro storia-non-storia? A guardarvi bene, però, in quelle iridi acquamarina non era evidente quanto l’affermazione del mago l’avesse ferita, ma piuttosto quanto lei fosse dispiaciuta di aver avanzato una proposta tanto stupida. Fu facile - anche troppo - tornare indietro nel tempo a quando il delicato argomento sui "domestici magonò" era uscito allo scoperto. E via di corsa verso la visione veloce di tutti quei ricordi dati alle fiamme dal loro ultimo confronto, ora distanti ed ora vicini, in una danza infinita. Arrendevole, rispose abbassando il tono. Non erano così distanti, avrebbe potuto udirla benissimo. Anche se in difficoltà, non era mai stata tanto se stessa quanto in quel momento, quando finalmente riaprì bocca. Non poteva che dargli ragione, dal momento che lui ne era stato vittima. « No, no... Non è la soluzione.» Non lo è mai stata. Sospirò trattenendo con una forza disumana il vuoto che sentiva crescerle in petto. Non ancora, si disse. Non di nuovo, implorò. Al pari di un cerbiatto di fronte al cacciatore con l’arco già armato, avrebbe dovuto fare un passo indietro, ma non lo fece. Non voleva scappare, non doveva. Sebbene l’insinuazione che lei giocasse con le menti altrui per hobby avesse assestato un terribile colpo, sapeva in cuor suo di averlo meritato fino all’ultima goccia di sangue al suolo. Non voleva apparire come martire, ma sperava vivamente che lui realizzasse - prima o poi - quanto innocua fosse in realtà. Era lì, nonostante tutto, perché non era riuscita a dimenticarsi di lui quanto avrebbe dovuto e probabilmente era lì perché mancava ancora un pezzo alla loro storia e sentiva di meritare che quello si avventasse su di lei senza alcuna pietà.

Sorprendentemente però, quel primo scambio di battute non divenne l’ultimo, e fu un sollievo. Era sciocco sentirsi graziata dal modo in cui Killian si era rivolto nuovamente a lei, perché era lampante anche per la mente più annebbiata come quelle tre parole fossero le ultime concesse alla fine dell’Odissea. Avrebbe dovuto calibrare ogni mossa, imporsi un certo rigore per mantenere un briciolo di controllo. Ma scelse di non farlo, così deliberatamente. Annuì, solo per rendere palese come avesse compreso il cambio di registro, e lo sguardo si riempì di triste e frustrante rassegnazione, assolutamente non rivolta a Killian. Lo volse al fuoco, alleato scoppiettante per quella rivelazione. Aveva pensato - anche se sotto shock - a come dirglielo, nel percorso da casa sua fin li, ma le lacrime avevano annacquato la ragione ancora prima della vodka, lasciando Amber priva di qualsivoglia aiuto o protezione o enfasi. Così, disarmante, il discorso lasciò le labbra rosate. Iniziò dalla fine. «Azkaban» strinse il tessuto del cappotto, ma lo lasciò andare subito dopo, assieme ad un sospiro che sembrava bruciare in fondo alla gola. Non aveva la forza di combattere quella realtà. C’era troppo di lei in ballo, e solo lui avrebbe potuto capire quanto. Ma una parola certo non sarebbe bastata. «L’assassino di mia madre è ad Azkaban.» chiuse gli occhi, strinse le palpebre, e solo dopo tornò a cercare lo sguardo di Killian. Sconfitta anche più di prima. «Da nove anni. E' ... è finita nove anni fa». La voce divenne un filo labile sul finale, segno tangibile di come tutto il fallimento del suo intero piano progettato per anni, bruciasse da morire. Soprattutto ora che anche davanti a lui sembrava solo una sciocchezza. Più lo guardava più pensava di non riuscire a togliersi dalla testa le immagini di quell’assurdo pomeriggio e di tutte le volte che era stato ad un soffio da lei e non l’aveva guardata. Perché aveva pensato che l'avrebbe accolta? E perché all'improvviso quell'idea sembrava solo un'egoistica sciocchezza? «Io-» al difficile non c’era mai limite, e così trovò estenuante continuare a rimarcare la sconfitta subita, ma non si fermò. Era lì per dirgli tutto, anche se non sarebbe cambiato nulla. «Mayline ha confessato ogni cosa, nei dettagli, compresi gli anni di bugie insensate e...io dovevo dirtelo.» Allargò le braccia, alzò le spalle, e poi lasciò ricadere ancora le mani ai fianchi, prima di afferrare il braccio sinistro con la destra. Strinse le labbra in un sorriso di puro e amaro sarcasmo. Non un velo a frapporsi tra le iridi chiare e lo sguardo del padrone di casa. Seria, limpida, leggibile, Amber non avrebbe potuto essere più sincera di così. «Sono stata io a cercarti per prima, ho dato il via ad una cosa che... -mi sembra solo che adesso sia tutto così stupido» La verità che alimentava la confessione era proprio lì, impigliata nelle pagliuzze dorate. Fece proprio il gesto di passarsi una mano tra i capelli e le dita affusolate scesero fino ad aggrapparsi al collo. Aveva la nausea. Anni di progetti, distrutti in meno di mezz'ora.

Non era quello l'unico motivo ad averla spinta a camminare fino al quartiere babbano, ma era quello che con più urgenza doveva esporre. In superficie c'era il tradimento.

❖Amber Hydra❖
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view post Posted on 10/1/2019, 21:04
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Il modo in cui l’uomo aveva parlato, ancora più delle cose che aveva detto, era indice importante di come la rabbia fosse tornata a premere sotto la sua pelle deturpata in più punti dall’inchiostro. Far riferimento alla capacità sorprendente e spaventosa della ragazza era stato un terribile colpo basso, ma il Killian che ora la stava fissando con gli occhi attenti da falco era ancora più pericoloso di quello che l’aveva fronteggiata a casa dei nonni materni. Alla furia dell’inverno precedente si aggiungevano infatti mesi e mesi di frustrazione maturata con la consapevolezza di non riuscire del tutto a voltare pagina come invece aveva desiderato ardentemente sin dal primo momento dopo aver spiccato il volo dalla proprietà degli Snow. D’altro canto però, la Amber in piedi nel suo salotto non era nemmeno lontanamente riconducibile alla ragazza che nella stessa occasione aveva riversato contro di lui altrettanta delusione e collera. Svuotata di qualsivoglia animo combattivo, aveva accettato la tremenda insinuazione dell’uomo senza controbattere o indignarsi, limitandosi a negare. E questo fece scattare il primo vero campanello d’allarme nella mente del mago nonostante le parole di Azalea e il comportamento stesso della giovane avessero fatto intuire più e più volte come qualcosa non andasse affatto in lei, aldilà dell’alcool. Infierire sulla ragazza a quel punto sarebbe risultato addirittura crudele, non umano. E per quanto il Resween potesse lasciarsi sopraffare dall’ira giunto al proprio punto di rottura, tacque senza aggiungere null’altro che sottolineasse ancora gli evidentissimi errori che lei stava collezionato in quel pomeriggio autunnale. Il portamento rigido, le braccia incrociate e l’espressione marmorea tuttavia continuarono a conferirgli un aspetto torvo mentre attendeva risposta alla domanda che aveva posto, fulcro di ogni cosa. Amber parlò dopo una pausa infinita, indice della sua difficoltà a reperire i termini adatti o anche solo un filo logico da dare al discorso. Lentamente e non senza sforzo, le prime parole ruppero la quiete data dallo scoppiettio del fuoco, ignaro di cosa stesse accadendo nel bagliore delle sue calde fiamme. Quando la prima incredibile sentenza riempì lo spazio tra di loro, le pietre acquamarina della strega si chiusero brevemente, forse perché incapaci di sostenere il peso di ciò a cui stava dando voce flebilmente. Quando si riaprirono, il mondo per lei era cambiato di nuovo. Era bastato un attimo e il giovane prima appoggiato allo schienale del divano in un posa ostile ora si era raddrizzato, segno inconfondibile di come la sua attenzione fosse stata completamente attirata dalle frasi udite. Anche sul giovane volto barbuto si leggevano emozioni e pensieri nuovi che andavano oltre quelli ostentati sino ad allora nei confronti di Amber.

« Sei sicura di quello che stai dicendo? ». Non intendeva mettere in dubbio la parola della Tassorosso, ma la portata delle affermazioni appena rilasciate era talmente ampia da calamitarsi stupore e incredulità. «Che motivo aveva tua zia di nascondere una cosa del genere?»

Ora capiva. Gli occhi umidi, l’aspetto stanco, la disperazione. Lo smarrimento e tutto ciò che in Amber gridava aiuto in silenzio. Non quello che l’Auror gli aveva dato salvandola da una babbana pettegola e da una sbronza colossale, ma il tipo di sostegno che da sempre avrebbe dovuto fornirle, più profondo e intangibile. Non ne era stato in grado in passato sebbene si fosse illuso del contrario, come sarebbe riuscito a farlo ora che la Verità si era palesata così crudamente, facendosi beffe del proposito che un tempo li aveva uniti?

❖Killian Resween❖
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view post Posted on 11/1/2019, 16:09
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Era tutto vero, tristemente. L'assassino di Eveline Snow era dentro una cella nella prigione magica più sicura del Regno Unito. Da nove anni. E per nove anni Mayline aveva mentito.

Tamburellò tetra con le dita lungo il collo, mentre la mano ancora vi si aggrappava. Quei pensieri bruciavano in gola più del Whisky incendiario di Nonno Dustin. Oh, quello sì che l'avrebbe riconosciuto all'istante, anche nascosto da litri di innocuo succo di frutta. Le corde vocali pizzicavano dal fastidio incessante che il pronunciarli aveva generato. A voce alta suonavano anche peggio che sussurrati. Amber non era mai stata tanto delusa da qualcuno in vita sua. Era arrabbiata, ma al contempo era disarmata. Voleva intraprendere una guerra e non aveva che bastoni in legno, mentre il nemico era armato di tutto punto. Come avrebbe potuto combattere se già sapeva di aver perso in partenza? E per cosa doveva battersi, poi? La realtà era già lì, da anni, doveva solo prenderne atto. Eppure una parte di lei non poteva arrendersi così all’idea di essere stata raggirata per tanto tempo. Ancor meno da una persona cara. Inspirò. Si era imposta di non piangere, e non era servito ripeterselo perché il sentimento che ora invadeva quasi ogni frammento del suo essere non vedeva sfogo in lacrime salate. C'era solo una tristezza infinita e incredula a bloccare i suoi passi. Era stata tradita. Tutte le paranoie, tutte le fobie che, come avvoltoi su una carcassa, l'avevano fatta a pezzi per anni, non avevano più basi. Ma invece di sentirsi libera, Amber si sentiva... vuota. Il non avere una ragione per esistere, alla fine, non sembrava essere sufficiente a far sparire le ombre con cui aveva convissuto così a lungo. Era ancora troppo presto. E tutto era racchiuso in due espressive iridi verdi. Aveva chiuso gli occhi per un solo istante, inutilmente perché certo niente sarebbe cambiato nel suo stato d'animo ora che la verità aveva scalzato ogni cosa. Eppure il battito di ciglia era bastato a trasformare lo stallo ostinato in cui si era rinchiuso Killian, in qualcosa di diverso, meno minaccioso. La stanchezza fisica che subdolamente si era impossessata del suo corpo, lasciò allora spazio ad un fremito.

«» Fu il sussurro rassegnato che sfiorò le sue labbra, mentre annuiva debolmente. Vederlo in piedi, concentrato su di lei e su quanto - nel bene e nel male - avevano condiviso, diede una spinta d'acceleratore al cuore sovraccarico della ragazza. Avrebbe affrontato la sua ira, era pronta a lasciare che scagliasse ogni freccia della faretra, perché era sicura di non avere più nulla da perdere e di meritare ogni singolo colpo, ma contro ogni previsione lui aveva cancellato i segni del guerriero dal suo volto, ed era di nuovo Killian. Non era l'Auror che l'aveva ascoltata a Diagon Alley, e non era quel mostro leggendario con cui si era scontrata dai nonni. Era Killian, lo stesso che aveva intravisto tra un temporale e una tempesta... e voleva ascoltarla. "Sì, mi hanno fatto questo" sembravano dichiarare gli occhi stanchi, mentre la mano scendeva lungo il fianco. Lentamente, il peso della verità, che come un mantello si era posata sulle spalle indebolite di Amber, si sollevò appena, permettendole di respirare a pieni polmoni la sensazione di primordiale liberazione che rispondere alle domande procurava. Inesorabile come il più puntuale dei Tristi Mietitori, però, la coltre di tristezza tornò a rendere seria anche l'espressione incredula - quasi grata - che la biondina aveva assunto nel vedere il ragazzo interessarsi all'argomento. Il sarcastico incurvarsi delle labbra fece da premessa al tono disilluso con cui proseguì. Non v'era bisogno di specificare come rimbombasse la voce della zia nella sua testa. Alzò lo sguardo che - complice la frustrazione mal celata - si era posato ancora una volta sul fuoco, fino a raggiungere e ricercare l'incastro con le iridi grigie. «Si vergognava del suo passato.» Scosse il capo, incredula, l'espressione ferita ricomparve fresca come nel momento in cui la confessione aveva avuto luogo, come se Amber non fosse mai uscita di casa e Mayline fosse ancora a pochi metri da lei. «L'uomo che ha ucciso mia madre, aveva dei conti in sospeso con May e per anni lei ci ha nascosto di averlo preso perché non voleva che... » la velocità con cui le parole avevano preso a scorrere, venne frenata da un respiro richiesto a gran voce dai polmoni. «Non voleva che mio padre parlasse con lui, non voleva che sapessimo la verità.» Incrociò le braccia al petto, imponendosi una calma innaturale, mentre per rabbia stringeva le maniche del giaccone. «Mia madre è morta perché quell'uomo voleva vendicarsi di mia zia. Fine. E.. e nella sua lista c'ero anche io, ma sembra non abbia avuto il coraggio di... uccidere anche me» Era tutto così assurdo che raccontarlo non faceva che aumentare la sensazione di disagio che le si agitava in petto. Faticò a frenare il tremolio della voce per quell'ultima frase, a dimostrazione ulteriore di come fosse stata demolita dalle fondamenta ogni sua teoria, e come fosse stato vano ogni suo sforzo. Banale vendetta, ecco cosa aveva ucciso Eveline Snow. «Per anni è venuta da noi, Killian, e per anni ci ha raccontato solo bugie. Io non -... non so cosa dire o pensare. Anni in cui io-» Espirò. Non finì la frase, incapace di aggiungere altro che le suonasse sensato. Gli occhi spalancati e persi. Non si rese conto di averlo chiamato per nome, da sobria. Amber non aveva osato pronunciare quello del mago fino a quel momento. Dimentica delle sue stesse regole che le imponevano di stargli distante - come se già lo sguardo serio e pericoloso di lui, poco prima, non fosse un deterrente valido - si era lasciata sfuggire un “Killian” tanto colloquiale quanto raro. Per un attimo, alla fine, aveva dimenticato quanto fossero ai ferri corti. Era stato istintivo e tremendamente semplice.

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Più il tempo passava, scandito dai rintocchi ovattati di un orologio a pendolo nascosto in qualche angolo dimenticato dell’appartamento, più la triste Verità finalmente riemersa da un abisso di menzogne penetrava nella consapevolezza del ragazzo. Era terribile. Termini diversi non avrebbero potuto esprimere il doloroso sconcerto che l’inaspettata rivelazione suscitava, amara e velenosa come la più infima delle pozioni. E se risultava così crudele a Killian, ritornato praticamente estraneo ai fatti fino a quel momento, l'uomo poteva solo immaginare cosa il tradimento della zia avesse scatenato nella ragazza. Molti dei suoi comportamenti venivano così spiegati e non per dover trovare solo una mera giustificazione, ormai non ce n’era alcun bisogno: azzerato. Tutto quello che aveva preceduto la loro conversazione corrente si era semplicemente dissolto e diradandosi si era portato con sé anche la collera e l’ostilità dell’uomo. La sconvolgente realtà venuta a galla aveva disarmato anche lui e finalmente gli stati d’animo che pervadevano i due giovani erano tornati ad essere simili, a risuonare insieme come un tempo era stata normalità. Per l’ennesima volta la mano destra dell’uomo passò sul viso per giungere poi alla chioma scura ancora umida dove sostò appena il tempo di un sospiro carico di frustrazione. Se in precedenza quei gesti erano stati sintomo dell’insofferenza verso la situazione che l’aveva costretto ad assumere il ruolo di una specie di baby-sitter nei confronti della Amber poco lucida, ora erano stati dettati da turbamenti radicalmente diversi. Un pensiero si era acceso immediatamente nell'apprendere dell’incarcerazione del colpevole: avrebbero potuto far calare il sipario molto tempo prima se solo la sua volontà di farsi affidare l’incarico non fosse rimasta solo tale. Attendere il “momento giusto” non si era rivelata la scelta migliore, visto che poi il frantumarsi di ogni loro accordo ne aveva annullato la necessità.

«Sarebbe bastato mettere mano sul fascicolo…», mormorò mentre il braccio ricadeva stancamente tornando al fianco.

In realtà, c’era ben poco da rimpiangere. Non era utile a nessuno e la ragazza avrebbe potuto ritenere quell’uscita pregna di amarezza come un atto egoistico da parte dell’uomo che per una sorta di deviazione professionale tendeva a ricondurre tutto al semplice “risolvimento di un caso”. Non era così. Si stava solo chiedendo quanta sofferenza avrebbe potuto evitare: era chiaro che a far impazzire Amber era il carico di falsità con cui l’avevano oppressa sin dall'infanzia. Eppure, ragionando, venire a conoscenza della condotta a dir poco discutibile di Mayline grazie a terze parti avrebbe reso il tutto ancora più terrificante. Almeno la Verità era stata proferita dalla sua bocca, magra consolazione. Il tempismo tuttavia era stato fatalmente mancato. O forse no?

«E se te lo avesse detto anni fa, appena raggiunta l’età per comprenderlo? Sarebbe cambiato qualcosa?»

Una domanda non semplice, non dovuta. Sembrava quasi che volesse trovare un modo per difendere la collega, ma non si trattava di questo e se lei si ricordava un poco come era solito agire il giovane l’avrebbe capito. La stava indagando, con quei suoi quesiti diretti e lo sguardo vibrante in cerca della risposta prima ancora che venisse espressa in parole. Indurla a scrutare dentro di sé e a mettersi in discussione era stato il suo compito durante la prima fase del loro rapporto ed ora quel Killian era tornato, dopo essersi negato infinite volte. Finalmente la ragazza venne accolta in un silenzio che prometteva ascolto anziché rabbia o rancore.

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Sussultò quando la scomoda ammissione di Killian cadde nell'eco delle sue stesse parole, dando il via ad un primo "e se". Cosa sarebbe successo se alla fine lui fosse riuscito a conoscere la verità prima ancora di lei? Un'idea l'aveva; sarebbe rimasta per sempre con la certezza amara che Mayline non avrebbe mai detto loro come stavano le cose davvero, e non le avrebbe creduto se le avesse raccontato delle sue intenzioni in futuro. Forse, alla fine di tutto, era stato meglio così... anche se accettarlo le costava immane fatica. Avrebbe voluto cancellare l'amarezza dal tono del mago ma l'angoscia che provava anche solo ad immaginare scenari impossibili le chiuse la gola. Mosse solo il capo, nel semplice tentativo di fermare quelle ammissioni di colpe che non dovevano appartenere all'Auror. Quando la ragazza aveva deciso di non proseguire oltre per non finire vittima di quella che nel tempo era diventata un'ossessione logorante, aveva sollevato l'uomo da qualsiasi incarico o colpa o dovere. No?

A far luce nella nebbia dell'oblio in cui Amber avrebbe voluto rifugiarsi; una domanda. Sarebbe stato più corretto dire che quella fosse "LA" domanda per eccellenza, quella che non avrebbe mai voluto porsi e quella verso cui solo lui poteva spingerla. Prima o poi - inutile negarlo ora che niente aveva più senso in quel caos - se la sarebbe fatta ed avrebbe dovuto trovarvi una risposta per non impazzire, ma Killian sembrava voler anticipare i tempi e la mente della giovane strega sembrava non poter reggere altre riflessioni. Ma gli sguardi si incastrarono di nuovo e nelle Nubi di Londra la biondina trovò il placarsi del suo animo, il rallentare dei suoi battiti - più intensi sì, ma meno ansiosi - e le pupille si dilatarono quel tanto che bastava a mostrare uno sincero stupore nel non leggervi alcuna tempesta. Finché lui avesse cercato una risposta nei suoi occhi, lei avrebbe potuto trovarla. Il cuore la invitava a fidarsi di nuovo come un tempo, quasi potesse percepire oltre la tuta del mago il suo vecchio compagno d’armi. L’eco dei momenti in cui avevano battuto lo stesso ritmo non sembrava più uno sterile miraggio.

Corrugò la fronte ed una lieve ruga di pensiero si inabissò oltre la cascata dorata. Poco importava la confusione concitata che la vodka le aveva lasciato come dono, Amber era chiamata a pensare e ... lo fece. Cosa sarebbe successo se Mayline avesse detto la verità fin da subito? Senza nemmeno doversi impegnare troppo, spostò lo sguardo verso il fuoco alle spalle dell'Auror e la loro storia venne riscritta con l'innalzarsi della prima fiammella. Un frenetico agitarsi di pagliuzze dorate avrebbe reso ben chiaro al ragazzo come gli ingranaggi stanchi ed abbattuti di Amber si fossero rimessi in moto per cercare un "cosa" al suo "e se?". Le iridi vagarono in cerca di un freno a quel flusso senza fine, finché un lampo non le attraversò rivelando un mondo di infinite possibilità a cui lei palesemente non sembrava voler accedere. Cosa sarebbe successo se non lo avesse mai cercato? Se lo avesse ignorato a Diagon Alley in quel pomeriggio di tante stagioni prima? Riportò lo sguardo su di lui, mentre le parole divenivano frasi oltre il velo acquamarina. Lo guardò senza il timore di essere giudicata, percorse il suo volto come chi sa più di quanto vorrebbe ammettere, senza vergogna. (Tanto che il peggio l'aveva indubbiamente già mostrato e sul fondo aveva perfino raschiato, fosse mai che ce ne fosse un altro da raggiungere). Davanti a lei c'era una possibilità in cui si era imposta di non sperare fino a quel momento. «Io-...» il processo di realizzazione era lento, ma era lì davanti a Killian e avrebbe solo dovuto guardarne con attenzione il risultato. Non c'era nessuno che più di lui fosse in grado di far ragionare Amber anche quando niente di razionale appariva all'orizzonte. Se ci fosse riuscito dopo l'exploit alcolico allora sarebbe salito sul podio del vincitore indiscusso. «... credo di si. Credo che fin troppe cose sarebbero state diverse, ora che... ci penso. Ma non riesco a capire come... Non sarei mai stata... quella che sono. Se così fosse stato forse-» pensieri sconnessi che via via avrebbero preso forma, legati al sincero stupore di una lenta ma inesorabile scoperta... era stato meglio così allora? Quello che voleva dire era celato appena sotto lo strato confuso dato dalle mille incognite che si rincorrevano alla rinfusa. Sfoggiò un tremulo sorriso che sottolineava lo sconforto sarcastico del momento. Troppo debole per reggere l’impalcatura delle morbide labbra e troppo forzato per resistere tanto a lungo. Pensierosa, distolse lo sguardo per osservare la situazione in cui si trovava. Era in un salottino in cui probabilmente non avrebbe mai messo piede se non avesse avuto l'urgenza, anni fa, di cercare un Auror. Rialzò lo sguardo. Di cercare Lui, si corresse.«- non sarei qui... ora.» La voce spezzata dalla consapevolezza sembrava non rivolgersi totalmente al destinatario della risposta, ma perdersi nell'etere attorno ai due. Era sbagliato, tutto il concetto suonava fin troppo male nella mente di Amber che proprio non la voleva considerare quell'ipotesi. Diretto, il pigolio flebile non nascose la mancanza di enfasi che l'idea in sé generava. Se avesse potuto ripercorrere davvero i suoi passi, non avrebbe mai cancellato quel primo incontro. Allo stesso tempo però non voleva chiedersi (o leggere oltre le Nubi) se Killian sarebbe stato meglio senza di lei, senza averla mai conosciuta. Un po' s'immaginava che si sarebbe volentieri risparmiato almeno la metà delle ferite che gli aveva inferto. Come biasimarlo? Anche in quel momento - si ricordò la ragazza - non aveva diritto di stare lì con lui, e la parte più meschina di sé si chiedeva perché non l'avesse ancora mandata via. «E sai cosa? » Chiese, retorica, facendo appello ad un'espressione appena più decisa: d'altronde aveva appena capito qualcosa di concreto dopo ore di nebbia ed alcool. « Sta bene così. Non vivrò mai la vita che avrei avuto se May avesse scelto una strada diversa ma, ad essere sincera, non la voglio. Non sarei la stessa Amber di...adesso.» Concluse il ragionamento con una scintilla di razionalità che finalmente era tornata a casa. Aggiustò una ciocca ed i cinque orecchini dorati specchiarono la luce del fuoco. «Forse è preferibile che ce l'abbia detto ora. Lo dobbiamo affrontare.»

Iniziava a crederci, e questo indeboliva l'espressione sconsolata con cui aveva varcato la soglia della casa di Azalea. Non che fosse il periodo più felice della sua vita per scoprire un tradimento simile - e si era visto con l'abbondare di vodka che aveva iniziato a fare a gara con il sangue nel suo corpo -, ma davanti alla possibilità di una riscrittura del suo passato, si ritrovò a tremare. Doveva voler dire qualcosa. Cercò la calma mentre con le dita della mano destra giocava con la benda della sinistra, all'altezza del cuore, forse infierendo un po' troppo con il pollice sul palmo, sulla macchiolina rossa rappresa.

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Per dar voce ad una domanda scomoda, la sfrontatezza e il non curarsi delle conseguenze erano solo due dei prerequisiti, ma non bastavano. Si doveva essere disposti ad attendere che l’altro capisse e ragionasse; possedere abbastanza forza per scrutare ogni minima reazione e altrettanta per sopportare di essere a propria volta indagati. Le iridi cristalline di Amber parvero perdere per un attimo il contatto con la realtà e vagare in qualche altro luogo remoto in cerca di risposte alle parole di Killian, ma poi eccole. Tornare presenti e pronte ad affrontare il volto dell’uomo che avvertiva lo sguardo posatosi su di sé quasi come tangibile, caldo e familiare. La sua espressione non cambiò dopo esser divenuta il centro dell’attenzione della strega: se lo era aspettato e sebbene fosse passata un’infinità di tempo, ricordava il modo in cui lei soleva fronteggiare i ragionamenti complessi e giungere a personali conclusioni. Lo rendeva partecipe. L’aveva sempre fatto, anche se inizialmente in maniera controversa o costretta da lui stesso. Forse era questo il motivo per cui sin dagli albori era riuscito a comprenderla, capacità che poi sembrava essersi dissolta nel nulla una volta aver scoperto che in realtà era l’inverso, che era lei quella in grado di cogliere con un semplice sguardo ciò che lui nascondeva nell’animo. La paura della Legilimanzia ora però non si ergeva più come un’ombra scura a coprire i comportamenti del’Auror: davanti a sé vedeva solo Amber e la sofferenza che finalmente stava combattendo ed accettando. Cercare di alleviarla gli era venuto naturale, come un istinto mai realmente soppresso. Lentamente stava tornando l’appiglio solido che era stato il suo vero ruolo per anni e gli occhi grigi comunicavano tale fermezza, senza vacillare, senza sottrarsi fino a quando lei ne avesse avuto bisogno. Così rimasero per tutto il lungo discorso della giovane, incidentato da varie pause, una più significativa dell’altra.

“Sei solo una bambina, Amber”. Questo le aveva detto come addio. Non era stata semplicemente un’accusa dettata dall’ira come spesso capita quando la rabbia prende il sopravvento su ciò che realmente si pensa. Dell’immaturità della giovane circa certi argomenti e certe battaglie Killian se ne era convinto nel profondo e il prenderne consapevolezza aveva recato dolore anche a lui, costituendo una sconfitta personale visto che si era impegnato ad accompagnarla in un cammino di crescita. Ma ora? Il flusso di pensieri che le labbra rosee della Tassorosso aveva articolato costituiva una presa di posizione senza precedenti. Il venticinquenne ne fu quasi stordito, incredulo delle risposte che lei era riuscita a trovare da sola in quella confusione che doveva essere la sua coscienza. Aveva davvero detto che andava bene così? Improvvisamente la figura della giovane donna si era riappropriata di una sicurezza d’animo che nemmeno l’uomo era stato in grado di prevedere, sebbene l’intento ultimo del suo indagare fosse proprio questo. I mesi di separazione erano stati tanti, eppure ora sembravano troppo pochi per poter giustificare una crescita così rilevante.

«Forse era proprio questo il momento giusto… o la Amber adatta»

Apparentemente, il basso e rauco commento non aveva aggiunto altro alle conclusioni già espresse dalla diretta interessata, ma per lui la correzione finale aveva spalancato un nuovo mondo. Era corsa al n. 9 di Rosegarden St in cerca del suo aiuto e la ragazza persa nei fiumi dell’alcool di certo ne aveva avuto bisogno sul serio, ma adesso era avanzata nel vuoto senza alcun sostegno se non una spinta iniziale da parte dell'uomo. La sua necessità non era stata quella di avere una persona affianco che la guidasse lungo una strada accidentata, ma solo qualcuno che la costringesse a muoversi. E lui lo capiva solo ora in un’epifania improvvisa che richiese diversi attimi prima di poter essere superata. Quando finalmente riuscì a realizzare tutto con chiarezza e ad interiorizzarlo, decise di dover sfruttare ad ogni costo la marea innescata dalla forza emersa di Amber.

«Sono sicuro che tua zia avesse molto di più da dirti di quello che è riuscita a fare nel tempo che le hai concesso»

Terapia d’urto. Non la chiamava così e non la metteva in pratica con così tanta convinzione da tempi immemori. Solo ora sentiva di potersene riappropriare come arma che non feriva ma incentivava. Fece ripiombare il silenzio dopo quella che poteva apparire come una pura critica e che invece era solo un definitivo saluto di bentornato ai loro vecchi sè.

❖Killian Resween❖
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Edited by Killian Resween - 17/4/2019, 22:24
 
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Rumoroso, il caos era esploso in tutta la sua potenza annebbiandole ogni pensiero. Avrebbe voluto dare la colpa solo alla vodka, ma di lei non v'era più traccia negli occhi chiari. Come il sottofondo disturbante delle fiere troppo affollate, aveva aumentato il volume di un grado ad ogni affermazione fino a portare Amber sull'orlo del baratro della frustrazione. I ragionamenti si erano trasformati in una matassa senza né capo né coda, minacciando di intrappolare la giovane mente in spire da cui difficilmente si sarebbe liberata. Ma la cosa peggiore era che ad affievolirsi era anche la certezza di poterne uscire, di poter dare un senso a quello che avrebbe dovuto affrontare. Ma lui aveva parlato. Killian. Concentrata nel disperato tentativo di uscire dalla serie infinita di cunicoli temporali che Mayline sembrava aver costruito così bene, la strega non si era accorta di come la giusta domanda avesse chetato la tempesta prima che questa si abbattesse. Quando, alla fine, la soluzione al quesito tutt'altro che casuale, si era mostrata a lei, Amber aveva capito. Fuori dal labirinto mentale, aveva pronunciato le fatidiche parole che avevano messo fine al rumore, trasformando la matassa in un intreccio ordinato e - finalmente - logico. "Non sarei la stessa Amber"

Un profondo respiro le abbassò le spalle ed impose alle mani di sganciarsi dalla lenta tortura a cui erano inconsciamente state sottoposte. La sicurezza con cui aveva affermato che non c'era una sbaglio di tempistica così grave nella scoperta della verità, le scaldò il cuore. Lo stesso cuore che aveva rischiato di impazzire a forza di rincorrere pensieri sconnessi ed emozioni totalmente fuori controllo. Ma furono i secondi successivi al chetarsi dell'animo che permisero alla Tassorosso di capire qualcosa di ancora più importante. Non nascose lo stupore che ingrandì gli occhi verdi quando questi tornarono a posarsi sul padrone di casa. Sentì le labbra implorarle di permettere che un sorriso delicato e fragile le incurvasse, e fu immane lo sforzo - nascosto - per contenere il desiderio impellente. Non poteva credere alla riflessione che la mente rimandava, eppure sembrava che nonostante tutto Killian fosse lì, davvero. Come lo era stato un tempo e come non credeva sarebbe stato mai più. Ma ora era perfino più facile capirlo e... capirsi. Possibile? Le domande provocatorie, che servivano a farla riflettere ma che al contempo la facevano scattare sulla difensiva - testarda com'era - come una molla, ora trovavano un'accoglienza diversa, più matura. Ora era pronta a mettersi in dubbio, ora sapeva di essere umana ed ora capiva perché i piedi l'avevano portata in quell'angolo babbano di Londra. Lo aveva ferito, eccome, si era ritenuta imperdonabile per mesi e mesi, eppure quando il pericolo di perdersi aveva raggiunto un picco mai visto, era corsa lì. Perché - ed era davanti ai suoi occhi, la verità - lui era l'unico in grado di impedirle di chiudersi in una difesa tanto impenetrabile e rigida quanto mortale. Abbatteva i muri prima che finissero di erigersi. Lui sapeva come riportarla alla ragione ed imporle di muoversi. Era andata lì per sentirsi dire : "non fermarti adesso, vai avanti".

Gli doveva più di quanto avesse mai dimostrato, e quando capì anche questo, si impose di lasciare tregua alle Nubi di Londra e tornare a cercare interesse nel fuoco, un po' meno vivace di prima. Nulla però impedì al suo cuore un tuffo in un oceano come ai vecchi tempi, se non anche di più, quando la chiamò per nome. Le era sempre piaciuto sentirlo pronunciare da lui... rientrava nella serie di piccole sciocchezze che nel tempo avevano iniziato ad assumere un'importanza anche troppo dolorosa. Con il colpo in canna, però, Killian non si fermò e infilò sotto la superficie un'altra lama di consapevolezza che costrinse Amber ad incassare un altro colpo non irrilevante. Lo fece con un livello di accettazione talmente alto, che per prima cosa quasi sorrise. Un sorriso amaro che poteva solo confermare come l'Auror avesse infinitamente ragione. Sul volto un'espressione leggibile, avrebbe potuto dirgli : "e tu come lo sai?" con un pizzico di ammirazione per la deduzione tanto rapida. Tornare ad essere - quasi - un libro aperto era liberatorio ad un livello inspiegabile, se il lettore era lui. Alzò le spalle, le fiammelle ancora danzavano con le goccioline d'oro perse in un laghetto acquamarina, quando lo sguardo tornò all'interlocutore. Amber era scappata prima di permettere a Mayline di esporre ogni dettaglio, troppo sconvolta e confusa per accettare che la verità venisse esposta in più di cinque minuti netti. Non sapeva neppure quanto tempo fosse passato da quando aveva lasciato il Village. «Già... non sono stata poi così magnanima con lei.» strinse le braccia al petto, non serviva nemmeno che gli dicesse di più perché era evidente come lui la conoscesse ormai. L'ombra di una riflessione più seria ripiegò le labbra.«L'ho lasciata con mio padre infuriato, ma non perderò una seconda occasione di conoscere ogni cosa, credimi. E' che quando ce l'ha detto...» ancora consapevole tristezza ad offuscare le iridi. Impossibilmente calma, concluse «... era troppo, dovevo sceglierle se credere o capire.» Ed aveva creduto.

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view post Posted on 19/2/2019, 13:05
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Ricostruire ciò che doveva essere accaduto tra la strega e i suoi familiari non era stato affatto complicato per lui. Era sì abbastanza allenato nel compito per motivi professionali, ma la chiave della giusta intuizione consisteva sostanzialmente nella conoscenza accumulata sulla persona che aveva davanti. Negli alti e bassi dei loro incontri, Killian aveva avuto modo di collezionare a poco a poco informazioni preziose sul modo di essere, di relazionarsi e di reagire della ragazza. Davanti ad una verità così forte e sconvolgente, non c’era alcun dubbio che un’ondata di rifiuto l’avesse travolta e trasportata fin lì. Una decisione assolutamente e indiscutibilmente sciocca, non si poteva definire altrimenti con mezzi termini. Era tornata a cercarlo ed era stato un errore, le sue stesse parole di illuminata consapevolezza ne davano conferma. Non era Killian colui che poteva aiutarla ad affrontare i propri demoni, ma lei e lei soltanto. Il giovane ci aveva provato, ma il fallimento era stato così cocente da imprimere cicatrici profonde nell’animo di entrambi. Un ruolo più marginale che lasciava spazio e tempo ad Amber di sondare ogni possibilità - anche quelle più recondite - stava invece fruttando più delle ore spese ad arrovellarsi su questioni inconcludenti come avevano sempre fatto.

Gli occhi grigi non lasciarono la figura un istante, ma stavolta non per sincerarsi di quanto bizzarro apparisse il suo aspetto con la cascata dorata dei capelli scompigliata dal sonno, il capotto spiegazzato e l’assenza di scarpe. Non si trattava nemmeno dell’attesa di ricevere ragione, di sentirla confessare ciò di cui l’aveva in un certo senso accusata. Ed infatti, nulla che assomigliasse a soddisfazione o compiacimento mosse i lineamenti squadrati del volto dell’Auror quando Amber ripercorse gli ultimi attimi trascorsi in compagnia della zia, confermando l’idea che si era fatto. Essere spettatore della presa di coscienza della Tassorosso richiedeva questo, la minima intrusione al momento giusto e con le parole adeguate. Risultava persino odioso averlo sempre saputo e riuscire a metterlo in atto soltanto ora.

Credimi. Nel mezzo della replica, la voce sottile disegnò nell’aria tiepida e domestica dell’appartamento la richiesta che suonava totalmente superflua al mago.
Credeva alle sue parole. Confidava nel proposito annunciato. Aveva fiducia nella Amber che si stava dimostrando di essere.
Era servito davvero poco per restituirle le redini della situazione ed indirizzarla verso la strada più giusta: non c’erano motivi per sostituirsi ancora come timoniere o per dubitare della riuscita delle sue buone intenzioni. Ma questo non glielo disse, perché era Killian, e Killian non esprimeva il proprio consenso dichiarandolo apertamente. Gli sarebbe sembrato quasi di sminuirlo traducendolo in un semplice incoraggiamento scialbo ed inconsistente. Invece, annuì piano con il capo mentre le labbra scure si stringevano in una smorfia ancora troppo rigida per assumere le sembianze di un sorriso, ma abbastanza visibile da costituire una crepa sul muro che aveva voluto erigere.

«A proposito di tuo padre. Credo che ora abbia bisogno di sua figlia più di quanto tu ne abbia avuto di me»

Non era un modo edulcorato di chiederle di andarsene, anche perché se il ragazzo avesse voluto mandarla via l’avrebbe fatto senza tanti giri di parole molto tempo prima. Ma nessuno dei due poteva ignorare l’esistenza di un’altra grande vittima in quella storia: il signor Hydra. Se la strega aveva perso l’appoggio della donna più simile ad una figura materna, l’uomo aveva subito un tradimento dalla persona in cui aveva probabilmente riposto più fiducia in vita sua. Nonostante l’innegabile tragicità della scoperta, Amber aveva guadagnato un definitivo alleato che poteva comprendere il dolore che stava attraversando meglio di chiunque altro. Meglio di Killian, senza dubbio. Tale messaggio nella sentenza appena emessa era chiaro. La ragazza aveva mostrato la sua resilienza, ma ora le si stava chiedendo qualcosa di più. Non doveva essere forte solo per se stessa, ma anche per gli altri. Forse per la prima volta, il Resween non stava pretendendo da lei qualcosa di impossibile.

❖Killian Resween❖
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Edited by Killian Resween - 17/4/2019, 22:26
 
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Si maledì per la fretta da cui si era fatta guidare mentre, sconvolta, usciva a ritroso dal numero 23. Non aveva dato il tempo a May di spiegarsi a dovere, aveva creduto di aver sentito abbastanza per sopportare oltre e che avesse ragione o meno, ora si mordeva le mani per non avere tutte le risposte alle domande di Killian. E non perché volesse ripagarlo dell'ospitalità con chissà quale notizia, ma perché lei per prima avrebbe voluto placare tutta la serie di quesiti che iniziava ad ammassarsi in un angolo della mente. Sapeva di avere lo sguardo dell'Auror puntato addosso e per una volta non desiderò che fosse diversamente. Fin troppe volte aveva sognato le iridi grige posarsi su di lei, a volte con affetto ed altre - il più delle volte a dir il vero - con disprezzo, con rabbia e, negli incubi più tormentati, anche con odio. Eppure la neutralità che l'accoglieva ora era quasi il più caloroso dei benvenuto. Non sapeva quanto sarebbe durata, ma rimpianse ogni battito perso nella speranza di allungare il silenzio calmo ed accogliente. Perché più a lungo quello durava, più lei temeva di potersi abituare alla sensazione che scaldava il cuore così tanto, e meno desiderava appellarsi alla ragione. Lei, rigida sul suo scranno d'argento, osservava la piccola strega come fosse l'ennesima sciocca in procinto di perdersi ancora in una selva minacciosa ed ignota, una moderna "Alice" a cui non sarebbe spettata alcuna meraviglia. Ma la rinnovata Amber, lottava invece per far valere il diritto di crescita acquisito nei mesi e l'esperienza nell'affrontare il suo personale labirinto di rovi, antri oscuri e creature leggendarie. Poteva farcela.

Attese con pazienza che l'annuire del padrone di casa desse origine ad una frase, ma questa arrivò anche troppo in fretta e, sebbene il sapore dolce di un'imposizione - non imposizione - piuttosto gentile, non poté non percepirlo come un congedo. Il congedo. Ma aveva torto? No Lo stato in cui aveva lasciato Johnathan era a dir poco indescrivibile e, colpita dalla verità più assoluta, piombata su di lei sotto forma di un senso di colpa pulsante, non poté che annuire di rimando. Lo sguardo serio di suo padre, rivolto alla donna che per prima aveva gettato nell'abisso il suo lavoro, era stato sostituito da una maschera di dolore che aveva iniziato a sgretolarsi, ma lui era già di spalle e la figlia era già fuori casa. Poteva essere preoccupato per lei, ne aveva motivo. Logico sarebbe stato ascoltare quel soffio al cuore che suggeriva di pensare al povero mago che forse aveva già smesso di sfogare l'angoscia su Mayline ed aveva iniziato a cercare sua figlia. Aveva così tanto pelo sullo stomaco per aggiungere preoccupazione all'uomo che già di per sé non si capacitava di quanto udito? Le iridi verdi vibrarono di intensa consapevolezza, a tratti triste, segnata dalla colpa che sapeva di avere, ma non solo nei confronti di John. Lo sguardo passò da Killian ai suoi piedi, scalzi. Avrebbe dovuto recuperare i suoi stivali, e l'atavico istinto era già pronto a chiederle dove avesse lasciato la bacchetta, prima che muovesse anche solo un muscolo. Eppure Amber non agì. Non allungò lo sguardo oltre il divano in cerca delle calzature dai lacci intrecciati, non impose alla mente di individuare l'ultima volta che aveva ricordato l'uso del catalizzatore in sorbo. Lo scoppiettare di una fiammella, nel fuoco in lenta morte - per abbandono? Un tronchetto sembrava ormai non avere più nulla da bruciare - rimbombò nelle sue orecchie come fosse l'unico suono presente nella stanza, e fu così che la ragazza si convinse a parlare. Impossibile ignorare il cuore balzatole in gola in un istante. Da dove cominciare? Con la ragione e la consapevolezza erano arrivati anche i ricordi e di certo non aveva scordato il motivo, il secondo, per cui aveva deciso di rimanere nonostante l'assenza di Killian. «Forse dovrei, io, non l'ho mai visto così...»

Inespresso ma intuibile, un "ma" sembrava farsi strada oltre le incastonature dorate in quell'iride più colorata, che ora tornava a cercare le Nubi di Londra. "Killian deve sapere", aveva sussurrato un secondo prima di abbandonarsi all'oblio di un sonno senza sogni. Killian deve sapere. Sempre ferma nella sua posizione, Amber si riappropriò delle mani, scese lungo i fianchi, affinché l'una fornisse all'altra il sostegno necessario per continuare. Il modo in cui l'Auror l'aveva ascoltata fino a quel momento, sembrava rendere più stabile il terreno su cui la studentessa si sarebbe mossa da lì a poco, ma niente - e lo sapeva bene - era certo. Ci erano volute settimane per capire gli errori commessi, ma era bastato un secondo per essere sicura di essere nel torto. La mente, di nuovo rinchiusa nella stanza di Eveline, fece riemergere l'amarezza che tutta la situazione aveva portato e la dipinse ancora sul volto già sconvolto di Amber. Liquide e inarrestabili, come la vodka che era scesa lungo l'esofago, incontrastata, le prime parole fluirono lasciando - in seguito - la ragazza perfino stupita della solidità del tono mesto usato. «Avevi ragione, Killian.» Ma poi si arrestò. Voleva capire, voleva leggere nelle iridi opposte la consapevolezza del cambio d'argomento, forse perfino a tradimento. Al contempo non lasciò eccessiva replica e proseguì. «Io ero troppo ostinata per vedere.» a quel punto sospettava che l'intuito di Killian ed i ricordi - terribili - l'avrebbero condotto lì dove lei voleva fosse. Non c'era ripicca, non c'era aggressività e nemmeno un briciolo di spavalderia. Al loro posto un pentimento sincero, quasi adulto, che stava sfruttando per assumersi le colpe che sapeva avere. Non chiedeva perdono, non sperava accadesse, quello andava guadagnato e lei era sicura di aver perso il diritto di farlo. Ma non poteva andarsene senza parlargli davvero. Tra le tante cose che si recriminava, una frase si ergeva oltre misura e da lì doveva iniziare. Strinse le mani tra loro. Non mosse nessun altro muscolo. Non un passo avanti per affrettare i tempi, né uno indietro per sminuire le intenzioni. «Non avrei dovuto dirti che non potevi capire. So che non era vero, e forse eri uno dei pochi che avrebbe potuto farlo sul serio.» Tutto tristemente declinato al passato, quando con un colpo di spugna avevano cancellato il futuro. «Mi dispiace.» Asserì, sincera. Contò i battiti. La lista dei suoi errori si allungava più di così, ma non sapendo cosa avrebbe seguito la confessione si fermò.

❖Amber Hydra❖
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view post Posted on 19/2/2019, 14:39
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Nell’ultimo, tragico, confronto/scontro che avevano avuto a casa dei nonni materni di lei Killian l’aveva accusata di molte cose. L’immaturità constatata non risiedeva solamente nel non riuscire ad accettare quanto le veniva criticato, ma anche ad una forma sottile di egoismo. Un’altra delle affilate armi di difesa costruite nel tempo, un meccanismo involontario, ma pur sempre un limite che le aveva impedito di mettersi nei panni delle altre persone, soprattutto quelle più vicine e più esposte. Era stata sopraffatta dalla propria sofferenza così a lungo e tanto ferocemente da dimenticarsi di come anche gli altri potessero esperire qualcosa di altrettanto tremendo. Ma non era più così. Gli occhi nuvolosi dell’Auror videro concretamente la preoccupazione per il padre materializzarsi in Amber. Era bastato un solo accenno all’uomo e subito la ragazza aveva accettato di rimettere in discussione ancora una volta le azioni che l’avevano condotta al n. 9. Non era lì il suo posto, ne era consapevole. Quando la osservò riappropriarsi del tempo e dello spazio ed indagare con lo sguardo dove fossero i propri averi, con un gesto automatico la mano tatuata si infilò nell’ampia tasca della tuta scura. Afferrò il legnetto tanto diverso dalla sua rigida bacchetta e lo porse alla legittima proprietaria sollevando il braccio nel vuoto che li separava dopo essersi avvicinato di qualche passo. Si era assicurato di sottrarre alla strega il catalizzatore in via precauzionale data la minaccia di compiere magie a rischio e pericolo dell’intero isolato, ma ora era inequivocabilmente in grado di riappropriarsene coscientemente. E… E di varcare la porta dell’appartamento per affrontare ciò che la attendeva a casa, in famiglia. La “nuova” Amber aveva molto di cui occuparsi e Killian sapeva che non poteva provvedere alla sua personale rivalsa rimanendo lì, scalza, nel suo salotto. O meglio, Killian credeva questo. Ma la strega era di altro parere.

Prima il “forse”, poi il condizionale. L’atteggiamento della giovane e l’esitazione. L’uomo capì prima ancora che il discorso proseguisse che le battute finali non erano ancore giunte. Non avrebbe ricevuto un saluto e, forse, un ringraziamento al quale non dare risposta alcuna. Non ancora.
Nonostante la giusta intuizione, tuttavia, le parole che effettivamente Amber scelse di usare per infrangere il silenzio carico di consapevole attesa lo colpirono come un agguato non preventivato. Gli occhi per un attimo si sgranarono dalla sorpresa e tra le iridi di fumo la pupilla si dilatò. Sospese anche il respiro e la mano con la bacchetta si abbassò di qualche centimetro verso il basso. Stavolta non era stato bravo a mascherare la propria reazione, no. Non poteva mica nascondersi dietro all'imperturbabilità per sempre, dopotutto.

«Questo-»

E quello cos'era? Un rantolo? Si schiarì immediatamente la voce che era fuoriuscita troppo roca persino per il suo timbro basso. Riacquistò il controllo su di sé il secondo dopo, perché l’incertezza non era un lusso che poteva permettersi. Così rinsaldò la presa sulla bacchetta lucida e aggraziata e la elevò di nuovo per insistere che l’altra la accogliesse nelle proprie mani.

«Non è un qualcosa di cui dobbiamo parlare adesso»

Risultare autoritario gli costò fatica dopo il cedimento, ma si costrinse alla risolutezza dello sguardo e del tono. Riscrivere il capitolo non poteva rivelarsi una buona idea, il tempismo era semplicemente quanto di più errato esistesse. Una conversazione matura e proficua, questo doveva rimanere il loro incontro del pomeriggio. Riaprire il baule della sua camera da letto non avrebbe consentito di mantenerlo tale. Già solo al primo “Avevi ragione” Killian aveva avvertito il crepitare di vecchie fiamme che se ne erano rimaste sopite fino ad allora. Farle divampare non necessitava che di qualche attimo e qualche altra parolina ben mirata che facesse tornare a galla tutti i discorsi dell’inverno precedente. Amber non poteva voler questo, no? Né quella che l’aveva aizzato mesi prima, né la giovane donna che gli era difronte.

❖Killian Resween❖
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Edited by Killian Resween - 17/4/2019, 22:26
 
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view post Posted on 19/2/2019, 20:56
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Seguì la bacchetta con la coda dell'occhio, mentre chi gliel'aveva sottratta tornava a porgergliela. Era stata una precauzione necessaria, e la giovane Amber razionale - libera dalle grinfie dell'alcool - si era imposta di pensare che avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata nella situazione opposta. Seppure fosse certa che la situazione opposta non si sarebbe mai presentata. Non solo perché non immaginava Killian perdere il controllo così scioccamente, parte della bellezza (poteva negarlo?) della maturità del ragazzo, stava proprio nel fatto che non l'avrebbe fatta assistere a scene simili, ma anche perché quella conversazione assumeva sempre più il colore di un addio. L'ennesimo, a cui però avrebbe opposto strenua resistenza. Così, sebbene l'istinto le suggerisse di impugnare il catalizzatore, ringraziare per la fin troppo generosa ospitalità, richiamare gli stivaletti ed andarsene, non alzò nemmeno una mano. Guardò il braccio alzato, tanto consapevole che non avrebbe ceduto alla via d'uscita facile.

Si era arrovellata per mesi, finché l'intuizione non aveva dipinto a tinte chiare la realtà dei fatti: abbandonare i progetti, abbandonare la consapevolezza di quelle critiche costruttive, abbandonare lui recidendo a forza il legame che li univa... era stata la via più semplice. Oh, non che fosse stata meno dolorosa, erano sciocchi coloro che credevano il contrario, ma era stata facile perché così non aveva dovuto proseguire il confronto, non aveva dovuto capire o vedere le ragioni di Killian, che a sua volta aveva agito di conseguenza, cieco come lei. Troppe volte aveva fatto un passo indietro, proteggendosi dietro lo scudo dell'introversione per difendersi da quanto erroneamente giudicato un "pericolo", perché tutto lo era. Un solo accenno ad un umano dolore, ed Amber si tirava indietro, convinta di essersi impegnata il più possibile, ma la maturità di quei mesi di forzato silenzio, l'aveva demolita più di quanto avessero fatto le parole dell'Auror. Non si era mai davvero impegnata, aveva solo fatto il possibile per non cadere, ma non per muovere passi in avanti. Non come invece era pronta a fare al numero nove e, fosse stata l'ultima cosa che le avrebbe concesso di fare, si sarebbe scusata nel modo giusto... sensato. E se si fosse opposto - poteva farlo? - avrebbe resistito il più possibile.

E poi qualcosa cedette nello sguardo di Killian. Qualcosa lo colpì davvero a tradimento, ed il barlume del "forse" scomparve in una nuvoletta di vapore color nebbia. Il braccio teso tra loro due si abbassò, ed Amber non dovette sforzarsi di interpretare alcun segnale per capire che non si aspettava un discorso del genere. Una breccia oltre lo scudo che giustamente aveva eretto? La strega tremò all'udire il tono più basso mai uscito dalle labbra di Killian, sfiorarla. Deglutì a vuoto mentre l'avvertimento del venticinquenne trovava nuova forza, così come la mano ancora stretta attorno al legnetto in sorbo. La ragazza avrebbe benissimo potuto tornare al piano d'origine, ora che sembrava chiaro come lui non volesse toccare l'argomento con cui invece l'aveva bellamente pugnalato, ma d'istinto scosse il capo. Trattenne le labbra perché la debolezza di quella forza non la facesse sembrare più fragile di quanto non fosse. Le costò immensa fatica non soccombere oltre lo sguardo autoritario, in quel momento uno sciocco pensiero rischiò di sopraffarla al punto che si chiese come sarebbe stato avere a che fare con l'Auror che viveva in lui e nel distintivo che portava. Perfino il respiro tremò al pensiero, prima che questo si spegnesse. Sebbene non avesse molto da perdere, non riusciva a fare di quella frase un mantra. Non voleva. Passò lo sguardo dall'una all'altra iride grigia un paio di volte, prima di convalidare il suo non volersi muovere. Strinse le falangi gelide tra loro - era inutile, da sola non se le sarebbe mai scaldate - e lasciò che dita tornassero a sfiorare la stoffa, forse nell'estremo (ed inutile) atto di stirare il cappottino. Senza sfida, senza imposizione e senza rabbia - non aveva ragione di averne da quando aveva capito la gravità dei propri errori - insistette.

«... e invece dobbiamo.» contrapposto al tono risoluto di Killian, si mosse quello rassegnato e cauto di Amber. Ancora immobile nonostante lo sbilanciarsi in avanti di lui. Dal canto suo, sembrava tristemente irremovibile anche lei. Si aspettava un massacro? Sicuramente. Ma era pronta ad assumersi le sue colpe. Sul serio. Ne aveva. E lui aveva qualcosa da dire, lo percepiva. Ruppe la staticità sciogliendo le spalle mentre una mano sistemava una ciocca - per calmare il cuore in lento tumulto - e continuò a guardarlo.

❖Amber Hydra❖
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view post Posted on 2/3/2019, 14:19
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Si era stupito egli stesso di come le poche parole che aveva appena snocciolato si fossero ammantate di autorevolezza e irrevocabilità nonostante la voragine che la volontà di Amber di riesumare il passato aveva aperto sotto ai loro passi sospesi sulla lama di un rasoio. Come provetti funamboli avevano saputo destreggiarsi sino a quella che poteva essere la fine del loro primo incontro dopo lo scorso Febbraio, ma la ragazza osava arrischiarsi a compromettere il precario equilibrio che era stato concesso loro quasi per miracolo. Evidentemente la crescita che Killian aveva constatato in lei non investiva soltanto l’ambito delle problematiche familiari, ma abbracciava la globalità delle sue esperienze negative di cui lui, innegabilmente, faceva parte. Prima ancora che l’altra replicasse, il giovane Ispettore Auror seppe di aver fallito nel dissuaderla dai propri intenti, nonostante la risoluta negazione con cui li aveva accolti. La mano deturpata dai sottili ghirigori d'inchiostro sbiadito fu lasciata ad attendere invano che la bacchetta venisse sottratta dalla presa per tornare alla proprietaria. Amber invece mise in atto altri gesti che tradivano un po’ di agitazione: si rendeva conto che un solo passo falso avrebbe compromesso l’intero pomeriggio – ragionò il mago – ma allora perché insisteva? Perché era ancora lì a guardarlo con quegli occhi verdi dentro i quali sarebbe bastato un attimo per perdersi ed annegare? Da quando la vodka era scivolata via, sembravano essere ancor più luminosi e attenti. Killian vi lesse dentro tanta caparbietà e una punta di incoscienza quando finalmente la voce dolce e calma lasciò cadere la sentenza che si contrapponeva totalmente a quanto stabilito dal venticinquenne.
Contrarietà. Il volto barbuto si contrasse in una smorfia che la esprimeva eloquentemente, con le labbra scure tese in un ghigno affatto allegro e i lineamenti induriti da un qualcosa che si avvicinava all’esasperazione. Si stava trattenendo, era evidente. Per la seconda volta il braccio inutilmente teso verso la figura della ragazza si ritrasse per tornare al fianco. Lo sguardo uggioso come una giornata di pioggia evase per qualche istante dal contatto visivo che avevano innescato per rivolgersi alla porta chiusa della cucina alle spalle della strega. Come venirne fuori senza provocare ulteriori danni?

«D’accordo, allora». Acconsentì, ma non c’era nulla che comunicasse che “andava bene”. «Accetto le scuse e ti porgo le mie per aver reso una colpa il tuo non esser pronta. E’ difficile stabilire chi ha commesso più sbagli in questa storia».

Qualsiasi spiraglio sembrasse essersi aperto, le dure frasi con cui aveva esordito e concluso insieme l’avevano ulteriormente sigillato ermeticamente. Con l’ultimo amaro commento, la questione poteva dirsi chiusa per Killian. Non c’era altro da aggiungere oltre la verità che permeava ogni ricordo dei loro trascorsi e il tono sbrigativo che aveva usato lasciava intendere il desiderio di finirla adesso e subito. Nel caso non fosse stato abbastanza chiaro, mentre parlava si era portato dirimpetto alla giovane e al suo cappotto sgualcito con un breve movimento. Una mano aveva raggiunto la sinistra di Amber, piccola e fredda tra la sua, e l’aveva costretta ad aprirsi mentre l’altra dell’uomo vi lasciava cadere il legnetto finemente intagliato. Un passo indietro a missione compiuta. Silenzio. Non le avrebbe chiesto di andare via, il “cacciarsi” a vicenda apparteneva proprio a quella storia che aveva appena messo via con un’indelicatezza degna delle sue peggiori attitudini. Era vero: gli errori commessi da entrambi erano innumerevoli e difficili da spartirsi, ma lui dimostrava di volerne compiere ancora.

❖Killian Resween❖
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Edited by Killian Resween - 17/4/2019, 22:27
 
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