«
Suvvia, bellezza del papi! Non puoi tenermi il muso per una cosa così piccola. E’ solo un’innocua tinta nera!» La voce dell’Auror parlò forte e chiara dall’altra parte della stanza, come una sorta di misura di sicurezza, rivolto a quella che era una gatta del tutto offesa e contrariata.
Ginga Ninja non l’aveva presa bene che il proprio padrone, di punto in bianco, l’avesse acchiappata a tradimento per sottoporta alla peggior tortura di sempre: la tinta. Da un manto pezzato bianco e arancio, la povera gatta si era ritrovata improvvisamente tutta nera come la notte, andando a simboleggiare il peggior presagio di sempre; ovviamente l’offesa felina sperava con tutto il cuore che la iella colpisse il suo padrone in tutta la sua potenza, dandole la soddisfazione di una magnifica e merita vendetta. I suoi occhi verdi come due smeraldi, infatti, fissavano Aiden con puro astio, minacciandolo di affettarlo con i suoi robusti artigli se solo si fosse azzardato ad avvicinarsi a lei, non dopo il torto subito.
«
Avanti, tesoro! Lo sai che a papino dispiace tanto, ma è Halloween e il costume da zucca proprio non vuoi fartelo mettere, perciò ho optato per qualcosa di più soft. Ora sei il famoso gatto nero delle streghe!» Cercò di essere diplomatico, di parlare alla gatta in toni dolci e cercando di sdrammatizzare la situazione, ma Ginga - di rimando - soffiò come una furia, gonfiando il pelo sul dorso. Ella infatti scoccò un’occhiataccia tagliente al suo umano, ricordandogli di come si sarebbe ricordata di quell’episodio fino alla fine dei suoi giorni felini.
Aiden provò ad avvicinarsi con cautela alla propria amica pelosa, un passo alla volta, mentre quest’ultima soffiava con insistenza crescente: era ovvio che lo stesse minacciando, ma lui era talmente cocciuto e caparbio che avrebbe fatto impallidire un branco di muli messi insieme. Alzò appena una mano quando fu ormai a pochi passi da Ginga. «
Ti prometto che domani tornerai come prima. E’ solo per oggi, per festeggiare Samhain!» Per il fulvo non esisteva la parola
Halloween nel proprio dizionario, bensì il nome originale di quella festa le cui origini erano celtiche e il cui culto viveva ancora tra le mura di qualsiasi Weiss.
La gatta mosse entrambe le zampe e afferrò in un lampo la mano del proprio padrone, attirandola verso di sé per poi affondare i canini appuntiti nella carne, fino a strappare un gemito soffocato ad Aiden. Il fulvo ritrasse la mano con uno strattone, per poi stringersela al petto mentre qualche gocciolina di sangue prese ad uscire dai fori causati dai canini della felina; fissò la sua
piccola con sguardo sinceramente rammaricato. «
Oh, la mia bambina!» mormorò poco dopo, per poi afferrarla velocemente e a tradimento, attirandola a sé e bloccandole le zampe artigliate. La tempestò di baci su tutto il muso, benché lei lanciasse acuti versi adirati. Ci sarebbero voluti ben più dei semplici baci e abbracci per calmarla e ottenere il suo perdono e se solo avesse avuto il dono della parola, probabilmente avrebbe detto qualcosa come: “
Ah ah ah! Folle! Fuggi, sciocco! Ti caverò gli occhi! Illuso!”. Poi, dopo aver combattuto con tenacia con la presa ferrea di Aiden, Ginga riuscì a ribellarsi, affondando gli artigli sulla sua faccia e disegnando delle strisce sanguinolente e brucianti: ora sembrava la brutta copia di Deadpool.
***
Nonostante il brutto incidente
domestico con la gatta, Aiden dovette ringraziare la semplice maschera che aveva scelto di indossare quella sera alla festa che Zonko aveva organizzato alla vecchia fabbrica di tappeti volanti.
Aveva visto i volantini della festa in giro per Hogsmeade e non aveva impiegato troppo tempo per decidere di prendervi parte tra il desiderio di svagarsi con del sano divertimento e il senso di dovere, spingendolo quindi ad accertarsi che la festa fosse nella norma e priva di pericoli per i partecipanti più giovani. La scelta del costume poi era ricaduto su qualcosa di estremamente semplice e sobrio, ma che gli permettesse di muoversi nell’anonimato più sicuro, sfruttando appunto l’utilizzo di una maschera; l’elmo da Trooper di Star Wars, un film Babbano che aveva fatto breccia nel suo cuore, sarebbe stata la punta di diamante, poi - per il resto - Aiden si sarebbe presentato con una maglietta sempre a tema, raffigurante la Morte Nera. E se Zonko si riteneva un burlone nel fare scherzi, allora Aiden non era da meno: un prosciutto era serrato nella sua mano destra, succulento e fonte di un delizioso profumino; se qualcuno avesse provato a chiedergli una fetta di una tale leccornia, allora l’Auror l’avrebbe senz’altro accontentato, con un panino magari. Infatti, nell’altra mano, reggeva un sacchetto pieno di piccoli panini dall’aria morbida ed invitante.
Temete gente! Stanno arrivando i panini più buoni del mondo! recitò nella propria mente, cercando di esercitarsi con le frasi da dire durante la festa.
Non appena arrivò davanti alla vecchia fabbrica, rimase sbalordito nel constatare che non si doveva pagare per entrare, bensì ingerire una strana pasticca. «
Una fetta di prosciutto?» tentò di chiedere, tanto per ricambiare, prima di ingerire la misteriosa pasticca. Poi, con un ghigno maliziosetto dietro al casco bianco e nero, imboccò l’entrata della fabbrica, per poi ritrovarsi nel buio più totale. Aiden rimase confuso davanti ad un simile scenario, mentre nella propria visuale riuscì a stento a scorgere una strana luce di rosso brillante provenire a diversi metri dall’entrata. «
Per tutti i prosciutti! Non ci vedo una fava bucata! E che cavolo, Zonko!» sbraitò a gran voce, la voce fattasi più cavernosa e profonda, così sinistra e
demoniaca che ci mise una manciata di secondi per realizzare che qualcosa non quadrava e che una simile voce era venuta da
lui. Si portò la mano sinistra in corrispondenza della bocca, mentre il sacchetto di plastica fu sul punto di urtare la maschera e sfilargliela.
Non è possibile!, pensò.