добрый утренний друг, Continuazione della Quest del Guardiano.

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view post Posted on 11/11/2018, 21:12
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добрый утренний друг.
Capitolo I
Vath Remar
28
Purosangue
Dip. Ministeriale V° Livello C.M.I.
Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Vladimir Petrovic, questo era il nome dell'uomo che aveva raggirato Tuco e gli oggetti che il guardiano voleva avevano degli effetti più potenti rispetto a quelli venduti dal Safarà. «Non ho forse detto che ti porterò quegli oggetti? Sarò qui con quanto abbiamo pattuito e sarà esattamente ciò che tu hai chiesto, niente più niente meno.» Odiava ripetersi e che il suo onore fosse messo in dubbio gli dava fastidio. dalle informazioni che l'uomo gli rilasciò il russo era alloggiato nei pressi del Safarà e la descrizione corrispondeva ad un uomo alto, giovane e prestante con capelli biondi e il corpo ricoperto da tatuaggi. Vath non fece commenti sulle considerazioni di Tuco sul suo egocentrismo ma si annotò a mente l'informazione che l'uomo girasse a petto nudo, un modo molto più semplice per notarlo. Avendo le sue informazioni il ventottenne iniziò ad alzarsi proprio mentre il guardiano gli fece un ultima stoccata, avrebbe rubato pur di ottenere quegli oggetti? Se si aspettava una risposta l'uomo sarebbe rimasto a bocca asciutta, certo Vath non sarebbe andato a dire una cosa del genere a quell'uomo: un sorrisetto sardonico si limitò a comparire sul suo volto. La DESTINAZIONE era chiara, Vath era stato moltissime volte ad Hogsmeade e conosceva quel posto come le sue tasche, la mente focalizzata sul visualizzare la via principale creata da due file di edifici con i loro tetti spioventi e le pareti storte che lo caratterizzavano: avrebbe potuto vedere Zonko, dagli infissi rossi e l'insegna di color giallo e nero Vath visualizzò "I Tre Manici di Scopa" a quel luogo il ventottenne era legato intimamente. Vath poté rievocare alla mente i profumi di quel luogo, l'odore di erba fresca l'ex Serpeverde visualizzò la posizione che voleva raggiungere, al centro della strada, leggermente sopraelevato rispetto al terreno, La DETERMINAZIONE era parte fondante del carattere della propria persona, Vath aveva realizzato tutto, nella sua vita, grazie a quella. Niente e nessuno aveva mai fermato il giovane ministeriale e una volta fissato il proprio punto d'arrivo si focalizzò sulla volontà di raggiungerlo. Con DECISIONE Remar compii quel movimento fluido che anticipava la Smaterializzazione, l'intenzione di entrare nel vuoto ben fissa nella mente Vath fece la giravolta su se stesso.

//Come da accordi in attesa del Master.

INVENTARIO ATTIVO:


Fede nuziale d'oro all'anulare sinistro.
Bastone da passeggio lasciato in eredità da un vecchio parente con l'impugnatura in argento a forma di testa di serpente dove, all'interno, si cela la propria bacchetta in legno di Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Scarsella medievale (originale) +5 corpo +2 mana [Possibilità di contenere 8 oggetti di medie dimensioni.]
Stivali Elisabettiani +5 corpo +5 mana +2 salute
Anello del Potere - Blocca l'avversario per 2 turni. Utilizzabile solo in Quest.
Perla di Afrodite +8 mana +7 corpo +7 Salute


Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”
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tremanicidiscopa negozio zonko

Tuco non replicò, ma quel suo ghigno melifluo fu l’ultima cosa che Vath Remar vide prima di decidere il da farsi. La partita era quindi cominciata e i pezzi avevano preso a muoversi in quella gigante scacchiera.
Il giovane Ministeriale possedeva una memoria davvero straordinaria, meticolosa ed ordinata, non gli fu affatto difficile visualizzare a dovere la propria meta, ovvero la via principale del famoso villaggio di Maghi. Il negozio di Zonko e l’insegna dei Tre Manici di Scopa resero l’immagine nella mente di Vath ancora più reale, nonché pulsante di vita. Il primo punto fu quindi compiuto a dovere, se non addirittura in maniera a dir poco magistrale: la Destinazione fu quindi la punta di diamante dell’intero processo. L’intero procedimento venne alimentato da una giusta dose, ben equilibrata, tra Determinazione e Decisione, concedendo a Vath la spinta decisiva.
L’uomo ruotò e la Materializzazione si innescò in un turbine di colori accesi, per poi sparire nel nulla con uno schiocco secco. Apparve qualche istante dopo sulla via principale di Hogsmeade, tinteggiata dai colori autunnali e satura degli aromi provenienti da Mielandia. Non c’era molta gente in giro per le strade, se non per i bambini che urlavano mentre giocavano a rincorrersi oppure che si radunavano in un angolo per ammirare l’ultimo acquisto fatto da Zonko.
Un venticello leggero andò a solleticare i capelli del Ministeriale, scompigliandogli appena e dando un fresco benvenuto al Mago inglese che era appena giunto nelle Highlands scozzesi. Anche l’insegna dei tre Manici di Scopa si mosse ritmicamente sotto quel freddo soffio, facendo cigolare i ganci metalli, mentre la proprietaria - Madama Rosmerta - era intenta a spazzare via le foglie secche che si erano radunate davanti all’ingresso. Vath, che aveva familiarità con il pub più noto nel villaggio, avrebbe potuto facilmente interpretare il gesto della donna, come una sorta di abitudine: il locale, probabilmente, non era così ghermito di avventore a in quel particolare momento della giornata e per tanto stava cercando di sfruttare il proprio tempo in qualche faccenda di poco conto, pur di non annoiarsi o per non trascurare troppo l’aspetto estetico del locale.
Vladimir Petrovic alloggiava nei pressi di Safarà, questa era stata l’informazione - forse un po’ grossolana - che Tuco aveva fornito al giovane Remar, tuttavia la zona di Safarà era piuttosto ampia e non definire in modo concreto e chiaro dove alloggiava di preciso avrebbe sicuramente richiesto più tempo ad investigare. Vath avrebbe potuto benissimo chiedere in giro se qualcuno avesse visto l’uomo gironzolare per le vie del villaggio oppure immedesimarsi nei panni del famoso Sherlock Holmes e indagare senza alcun aiuto.
La decisione spettava a lui e mentre decideva, il sottofondo della scopa di Rosmerta che raspava le assi di legno davanti all’ingresso riempì le sue orecchie.




Ottimo, Vath! La Materializzazione è andata a buon fine. Ora sta a te decidere come rintracciare l’alloggio di Vladimir chiedendo alle persone locali oppure in una qualsiasi altra maniera che reputi adatta.

Ecco una mappa indicativa per farti capire dove sei esattamente e dove si trova la zona di Safarà. (Purtroppo era una mappa già fatta, non ti scandalizzare se ho aggiunto io Safarà con un font differente.)
La V viola sei tu e ti trovi nell'incrocio tra la via principale e un’altra, prevalentemente vicino ai Tre Manici di Scopa.

Quest-Vath-1

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добрый утренний друг.
Capitolo II
Vath Remar
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Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
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«La conoscenza è potere.»

La materializzazione era una pratica magica che lo aveva da sempre affascinato, il giovane Remar osservava con invidia suo padre e, ancor di più, suo nonno. La ferita che Albert Charles Remar si era procurato durante la famosa caccia a Günther Schröder lo faceva zoppicare ancora a distanza di anni, eppure l'anziano e distinto capofamiglia Remar sapeva materializzarsi con grande eleganza arrivando a non perdere mai l'equilibrio nonostante l'infortunio portando il nipote in musei, teatri trasmettendogli passioni che sarebbero perdurate nel corso degli anni. Per Vath emulare simili esempi di vita anche nelle più piccole cose era imperativo e così, quando apparve all'incrocio tra la strada principale e una stradina secondaria, il ventottenne sorrise soddisfatto da quel nuovo, per quanto piccolo, successo. L'aria fresca scozzese lo aveva accolto e, il dipendente del C.M.I., si alzò il colletto della giacca per ripararsi dal freddo. Se avesse saputo che quella mattina si sarebbe recato in Scozia avrebbe indossato una sciarpa tuttavia quelo non era il vero problema della mattinata e, anche non era mai stato soggetto al clima scozzese se non durante gli anni trascorsi ad Hogwarts, il ministeriale ci avrebbe convissuto senza problemi. Il vero problema era che solo per avere l'accesso al reparto proibito si era abbassato al rango di fattorino, un compito che reputava per elfi domestici. Ora, come trovare il russo? Tuco non era stato parco di informazioni, aveva specificato solo che Vladimir Petrovic abitava vicino al Safarà, biondo più di Vath e che girasse per strada a torso nudo. L'ex Serpeverde aveva quei tre elementi che uniti al nome avrebbero potuto far rizzare molte orecchie all'interno della ristretta comunità magica di Hogsmeade. Il giovane avrebbe potuto indagare, seguendo il principio deduttivo che Sir Arthur Conan Doyle aveva attribuito ad Holmes tuttavia il ventottenne era più un professor Moriarty, curioso che lui, aracnofobico, si identificasse nel genio del male di Arthur Conan Doyle che lo descrisse come un ragno al centro di una tela dai molteplici fili che si diramano in centinaia di biforcazioni dove il suo nome scorre come un flebile sussurro fino a scomparire. Il ventottenne vide la proprietaria de "I Tre Manici di Scopa", Madama Rosmerta, pulire l'ingresso del locale dalle foglie secche. La donna avrebbe potuto far di tutto ma, quel suo ramazzare, a parere del ventottenne era quasi sinonimo di "Non ho da far nulla ma non voglio stare con le mani in mano". Secondo l'ex Serpeverde di certo la proprietaria non si sarebbe ricordata di lui, né che a servire quel the arancia e cannella assieme a dei biscotti allo zenzero il fatidico primo appuntamento dei due futuri sposi era stata proprio lei anni prima. Si era perso in quelle considerazioni per un momento per poi riflettere su un altra informazione che il guardiano gli aveva rilasciato a 'mo di sfottò ai danni del russo: "E’ un uomo alto, giovane e prestante, con dei capelli più biondi dei tuoi e con il corpo ricoperto di tatuaggi. E’ talmente egocentrico che va’ in giro a petto nudo, sperando di attirare qualche ingenua fanciulla nella sua tela." Se il ragionamento del ministeriale si sarebbe rivelato corretto almeno una volta il russo si sarebbe diretto a "i tre manici di scopa" per bere qualcosa e provarci con le avventrici. Si sarebbe avvicinato al locale e solo quando sarebbe stato a portata d'orecchio, con i suoi soliti modi cortesi, avrebbe attaccato discorso. «Madama Rosmerta, buongiorno. Come sta?» Solo se la donna avrebbe accolto la richiesta del giovane di parlare Vath si sarebbe lanciato nella sua domanda. «Perdoni questo mio importunarla di prima mattina. Lei, come proprietaria de "I Tre Manici di Scopa" e membro di spicco della comunità di Hogsmeade, possiede una profonda conoscenza di tutti gli abitanti del luogo. Mi è stato riferito che qui risiede un certo Vladimir Petrovic, di origine russa. È un uomo dai capelli biondi, alto, giovane e prestante, pieno di tatuaggi, mi è stato detto anche che abita vicino al negozio Safarà. Avrei necessità di trovarlo e se ha qualche informazione in più mi farebbe una cortesia.»

INVENTARIO ATTIVO:


Fede nuziale d'oro all'anulare sinistro.
Bastone da passeggio lasciato in eredità da un vecchio parente con l'impugnatura in argento a forma di testa di serpente dove, all'interno, si cela la propria bacchetta in legno di Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
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Rapida ed energica, la scopa serrata tra le mani esperte di Madama Rosmerta continuò a raspare con insistenza davanti l’uscio del locale; questo finché la voce del giovane uomo non segnò l’interruzione di tale pratica, tant’è che la donna - con una certa età sulle spalle, ma che sapeva portarli bene e con una certa compostezza! - si voltò quel tanto con il busto da poterlo guardare direttamente in viso. Rivolse a Vath un sorriso di pura cortesia, giacché lo sproloquio dell’ex Serpeverde sembrò adularla a tal punto dal strappargliene un secondo, più ampio e grazioso, ringraziando silenziosamente l’uomo per quelle parole davvero carismatiche. Quindi, se già l’adulazione del Ministeriale sembrò andare a buon fine, forse non avrebbe dovuto faticare più di tanto per strappare qualche parolina in più a Rosmerta, ammesso e concesso che ella sapesse veramente qualcosa sull’uomo che il Mago stava cercando.
«Oh mio caro...» La voce che la proprietaria del locale più famoso e rinomato di Hogsmeade adottò nei confronti di Vath, fu tra le più materne ed accoglienti che vi fossero in circolazione. Probabilmente era anche dovuto dal fatto che spesso e volentieri la donna aveva tra la clientela giovani Maghi e Streghe, che per via della scuola erano costretti a stare lontani da casa, e che - probabilmente - dovevano risentire moltissimo di questo allontanamento dalla famiglia; Rosmerta quindi non poteva fare altro che mostrarsi affettuosa nei loro confronti, né poté risparmiare la cortesia che Vath le rivolse, trattandolo comunque con estremo riguardo e tatto. «Vedo che ti sei fatto più alto.» asserì, studiandolo.
Non vi furono dubbi a riguardo: lei si ricordava di lui, forse non nel dettaglio per via dell’enorme quantità di clientela che frequentava il suo locale, ma probabilmente lo aveva etichettato come un viso noto.
«Oh, beh, non c’è male. Anche se a quest’ora di clienti si scarseggia… A parte un gruppo o due di vecchi e assatanati giocatori di Gobbliglie.»
Si fece più attenta e seria nell’ascoltare le parole che fluirono dalla bocca dell’uomo, con rinnovato interesse. «Ti è stato riferito bene. Bah! Una faccia così chi se la dimentica, dico io!» commentò sardonica, appoggiando la scopa contro la parete ed incrociando le braccia al petto. «Pare che si sia divertito un po’ troppo a fare il galletto con una delle mie cameriere e io non amo le cameriere distratte. L’ho sbattuto fuori in neanche un soffio di Eolo e gli ho precluso l’accesso al locale finchè campo!» Con un cenno del capo, la donna indicò la via principale, verso il cuore del villaggio stesso. «Prova alla Testa di Porco.» suggerì, mentre la sua espressione si fece sempre più seria, quasi preoccupata. «Sii prudente, però. Quell’uomo è imprevedibile.»



Ora ti trovi davanti ai Tre Manici di Scopa. VP è Vladimir e secondo Rosmerta è alla Testa di Porco. Non ti resta che provare.

Quest-Vath-2

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Capitolo III
Vath Remar
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Stava diventando una dannata caccia al tesoro quella situazione e il ministeriale le aveva odiate da sempre o almeno, lo aveva fatto fino all'apprendimento dell'incantesimo di appello. Tuttavia, anche se trovava tutta la situazione estremamente spiacevole, Vath comprendeva che quella era la sua unica occasione per poter entrare senza limiti nel reparto proibito e, conscio di questo, maledì mentalmente Tuco e i suoi trascorsi con Petrovic. Vath si dovette rassegnare a far buon viso a cattivo gioco, la piacevole conversazione con la donna di fronte a sé sembrò rasserenare l'animo del ministeriale vedendo che non aveva perso il proprio tocco, sorrise alla donna che, probabilmente, lusingata dai modi cortesi del ventottenne sembrò apprezzarne la dialettica. Quando la voce di Madama Rosmerta rispose a Vath, cosa che lui non riteneva possibile, evidenziò il fatto che lei si ricordasse di lui probabilmente da Hogwarts dato che aveva fatto un commento sulla sua altezza. Il giovane Remar le sorrise sinceramente e fece cenno del capo per ringraziarla. «Sarò sincero, non ritenevo possibile che vi ricordavate ancora di me Madama Rosmerta.» Vath avrebbe ascoltato la donna senza più replicare, attento a carpire ogni minimo dettaglio dalla conversazione con la proprietaria del rinomato locale di Hogsmeade. La donna, una volta compreso chi, il giovane stesse andando a cercare si fece seria in volto e spiegò che l'uomo aveva provato a corteggiare una delle sue cameriere e che lo aveva cacciato dal proprio locale, soggiunse anche, da parte sua, l'avvertimento di esser prudente, poiché quell'uomo era imprevedibile. Vath non disse nulla, era stato, è e sarà sempre un Serpeverde, la prudenza era insita della sua persona e ogni sua mossa era ponderata fino alle minime considerazioni, tuttavia all'anziana Rosmerta, sempre gentile e a tratti materna, volle spendere poche parole per rassicurarla. «Ecco, Madama, vede ora lavoro all'ufficio Cooperazione Magica Internazionale. Se quest'uomo ha fatto qualcosa a danno vostro o di una vostra dipendente sarà mio dovere informare il mio dipartimento per prendere provvedimenti nei confronti del visto di Petrovic.» Un sorriso, un cenno del capo in saluto fecero da congedo. «Arrivederci Rosmerta, farò attenzione, grazie per il consiglio.» Detto quello Vath si sarebbe indirizzato verso il pub Testa di Porco, la mano libera dal bastone da passeggio andò nella tasca del soprabito, trovando tepore dal freddo scozzese. Durante il tragitto avrebbe riflettuto sia sulle parole di Tuco che su quelle di Madama Rosmerta. Chi era Vladimir Petrovic, era così poco raccomandabile se due persone su due lo ritenevano pericoloso? Il dipendente del C.M.I. decise di non fasciarsi la testa prima del tempo, avrebbe affrontato anche questa sfida come si conviene ad un Remar, uscendone vittorioso come sempre. Fu con questo pensiero che avrebbe raggiunto la porta del locale indicato da Madama Rosmerta e, guardandosi attorno alla ricerca del biondo russo avrebbe fatto il proprio ingresso al Testa di Porco.

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via negozio cosacco

«Ho sempre avuto una buona memoria visiva. Non scordo mai i visi dei miei clienti, specialmente di quelli più giovani. Non trovi che sia straordinario osservare un giovane viso maturare nel tempo fino a prendere le forme di una persona adulta e responsabile?» La proprietaria dei Tre Manici di Scopa osservò il giovane uomo davanti a sé con un sorriso divertito, mentre una delle sue mani affusolate e leggermente rugosa andò a posarsi lungo uno degli esili fianchi. Era ancora una bella donna dopotutto, il tempo non era stato così crudele con lei - non del tutto per lo meno! - e le aveva concesso di godersi ancora diverse gioie della propria esistenza. Per quanto Rosmerta fosse una delle tante donne alla quale era meglio non chiedere mai l’età, di sicuro - nonostante molti dettagli di Rosmerta fossero ignoti ai più - i suoi anni li portava benissimo.
La sorpresa sembrò colpire all’improvviso la donna, che prese a fissare Vath con un misto di interesse ed entusiasmo: se il Mago aveva trovato la propria strada, il lavoro della sua vita, una posizione solida al Ministero, allora Rosmerta non poté che ritenersi felice per lui.
«Una carriera davvero brillante, mio caro. E riguardo a Petrovic… Semmai troverai una soluzione, noi cittadini te ne saremo davvero riconoscenti.» Lo sguardo della donna era serio ma anche fiducioso: se Vath fosse riuscito a risolvere la faccenda con quel Mago russo, di certo i cittadini di Hogsmeade non avrebbero potuto fare altro che onorare il favore e l’impegno del Ministeriale. Tuttavia, Remar aveva ricevuto un avvertimento, pertanto avrebbe fatto meglio a non dimenticarlo o chissà quali conseguenze avrebbe dovuto pagare di tasca propria.
Il Mago di Canterbury si avviò dunque verso la Testa di Porco, mentre la leggera brezza andò a sfiorargli il volto e a scomporre una ciocca di capelli che, ribelli, presero ad ondeggiare come una bandiera verso l’alto. Lungo il tragitto avrebbe potuto notare un gruppo di bambini radunato vicino alla vetrata del negozio del vecchio Zonko, intenti a fissare le meraviglie racchiuse in quel magico e divertente posto. Una coppia di anziani, invece, procedette lentamente, mano nella mano, verso il negozio del fornaio; e la vecchia, di tanto in tanto, soffocava una risata a certe battutine del marito, palesando dunque quanto il loro amore fosse ancora vivo e pulsante.
Vath avrebbe continuato a camminare in maniera tranquilla fino a quando giunse all’incrocio che lo avrebbe condotto sia da Safarà che alla Testa di Porco. Lì, a ridosso del muro che faceva angolo, il giovane uomo avrebbe potuto constatare la presenza di uno strano individuo vestito con un lungo cappotto di pelliccia nera come la pece e un Futrzane del medesimo stile. La barba era bruna e lunga quanto la cascata di capelli che uscirono come onde dal cappello e sfioravano le spalle ampie; pareva un uomo robusto e piuttosto alto, sulla quarantina ed era intento a fumare con aria assorta. Non si era ancora accorto di Vath...




Ti trovi all'incrocio e noti un Cosacco (C) che però non si è accorto di te.

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Dunque anche Rosmerta aveva una memoria simile alla propria, di certo, alla proprietaria dei Tre Manici di Scopa veniva comodo una capacità simile per far fronte ai numerosi clienti della struttura. Ascoltò i ringraziamenti di lei per il suo intervento come dipendente ministeriale e, infine, si separò da lei. Le strade, quel sabato mattina, erano animate: di fronte a Zonko vide un gruppo di bambini intenti ad osservare le vetrine con i numerosi prodotti esposti. La mano libera uscì dalla tasca del soprabito e andò a sistemarsi la ciocca di capelli scomposta dal vento freddo, per poi ritornare velocemente al caldo tepore della tasca. Un sorriso spuntò alla vista dei bambini, il suo pensiero corse a quelli che lui stesso aveva lasciato da sua nonna Eleanor e Vath si sarebbe andato a chiedere come i tre figli sarebbero cresciuti grazie alle proprie amorevoli cure. Poco dopo il suo sguardo si posò su un anziana coppietta, i coniugi procedevano verso il fornaio e l'amore che mostravano l'uno verso l'altra era un qualcosa che il ventottenne comprendeva perfettamente. La mano del bastone andò agli occhi umidi asciugandoli, chi l'avesse visto avrebbe potuto pensare che la lacrimazione fosse stata dovuta al forte vento in volto ma, Vath, aveva visto in quella coppietta ciò che lui non sarebbe più potuto essere con Sybella e la cosa lo distruggeva internamente. Assorto in questi pensieri quasi non notò il cosacco all'angolo ma, solo per via del Futrzane, si decise a rallentare il passo. L'incontro non poteva essere una casualità, l'uomo era sulla quarantina e a differenza della descrizione fatta da Tuco, aveva una folta barba e lunghi capelli bruni. Vestiva alla maniera dei cosacchi e solo grazie all'anno speso in Russia il giovane ministeriale aveva riconosciuto gli strani abiti. Che ci faceva un secondo Russo ad Hogsmeade? Che fosse Petrovic sotto mentite spoglie? Vath cercò di riportare alla mente tutte le informazioni che aveva racimolato durante l'anno a Mosca e sotto le dipendenze dell'ufficio Cooperazione Magica internazionale. Che fosse un dipendente del Ministero Russo? Se sì, che ci faceva in Inghilterra? Stava tenendo d'occhio il proprio connazionale? Certo era che doveva esser cauto, se si fosse trattato di Petrovic sarebbe stato quanto mai problematico per lui trovare gli oggetti che a Tuco interessavano. Decisa la propria linea strategica Vath si sarebbe avvicinato e, cordialmente avrebbe rivolto un saluto allo straniero. «добрый утренний друг.»¹ Si sarebbe rivolto all'uomo nella sua lingua nativa con un cenno del capo nella direzione del Russo.

//¹ Buongiorno amico.

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via negozio cosacco

La mente del Mago di Canterbury venne investita da un’ondata di pensieri: quelli amorevoli e premurosi di un buon genitore e quelli cupi di un marito infelice e consapevole di un finale impossibile con la propria amata moglie.
Il vento avrebbe potuto addossarsi la colpa per quella lacrima solitaria che solcò la guancia dell’uomo, invece scelse di tacere; tuttavia fu custode di quella manifestazione emotiva, agitandosi al tal punto che spinse Vath ad abbassare il capo durante l’atto in cui raccolse quella lacrima diamantina. Un piccolo atto misericordioso per aiutare l’uomo a proseguire lungo quel sentiero che aveva scelto di intraprendere pur di realizzare i propri scopi e desideri più reconditi.
Il Cosacco staccò l’imboccatura della pipa di legno scuro dalle proprie labbra e rilasciò nell’aria un denso anello di fumo. Era rilassato, immerso nei propri pensieri e a proprio agio nel clima scozzese e per nulla comparabile con quello rigido della propria madre patria. Quando poi la voce di Vath giunse alle sue orecchie, l’uomo girò il capo di scatto, colto totalmente alla sprovvista da quell’individuo a lui ignoto ma che sapeva parlare la sua lingua.

«Io no conosce te.» grugnì sonoramente, alla pari dello stesso orso che portava indosso. Si sistemò meglio il cappotto e si girò completamente verso Vath, lo sguardo arcigno e guardingo. Non parlò nella propria lingua madre, ma concesse a Vath qualche parola in inglese, benché l’accento russo fosse decisamente ben marcato e stretto. «Tu però parla bene mia lingua. Tu inglese, da? Che desidera? Pellicce?» E indicò il proprio cappotto: era di ottima fattura, così come il Futrzane; probabilmente l’uomo era un negoziante e certamente vendeva capi di ottima qualità se ogni singola merce si presentava tanto quanto quella che aveva indosso. «Io vende te bella pelliccia per tua donna o per te, da? Prezzo onesto.»



Il Cosacco ti vede e ti si approccia. Le posizioni sulla mappa rimangono le stesse.

Quest-Vath-3

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Non appena le parole uscirono dalle sue labbra Vath si accorse di aver fatto un errore tattico. Appellarsi al russo nella sua lingua natia faceva svanire la possibilità di ottenere informazioni aggiuntive sfuggite dal cosacco nella lingua Russa. L'irritazione del ventottenne tuttavia non trasparí dal suo volto che, invece, si produsse in un sorriso cordiale, annuendo all'uomo. Con toni pacati il dipendente del C.M.I. avrebbe risposto all'uomo tornando ad usare la lingua Inglese. «In effetti no, non ci conosciamo. A meno che l'uomo non sia Petrovic sotto qualche effetto trasfigurativo. Il pensiero e la preoccupazione di Remar fu proprio che l'uomo di fronte a sé potesse essere il biondo russo che stesse cercando. Madama Rosmerta era stata chiara nell'avvertirlo: "Sii prudente, però. Quell’uomo è imprevedibile." Un ricordo fanciullesco gli passo per la mente proprio in quel momento. Lui, seduto sulle gambe di suo nonno Albert mentre ascoltava una storia. "Günther era un esperto di Incantesimi e Trasfigurazione ed era inoltre un metamorfomagus, un mago che può cambiare aspetto a suo piacimento senza l'uso della Magia." Rapido come era venuto quel ricordo lasciò la mente del ministeriale. Se Petrovic possedeva quella capacità Vath doveva riconsiderare la sua intera strategia. Quante probabilità c'erano che in un villaggio di maghi della Scozia ci fossero due maghi russi? «Ti ringrazio per il complimento, non ho mai avuto modo di usare la tua lingua qui in patria. Si, sono inglese.» L'uomo chiese a Vath se questo desiderasse qualcosa. Il giovane originario di Canterbury non fece in tempo a replicare che il russo palesò le sue intenzioni, mostrò la pelliccia che indossava chiedendo se voleva acquistare qualche cappotto per se o la sua donna. A quella stilettata il Ministeriale stette in silenzio, ragionando sul da farsi. L'uomo era un venditore e, Vath, si chiese se possedesse una regolare licenza. A seguito di quel pensiero l'ex Serpeverde tuttavia, la sua mente giovanile, gli concesse un idea. Se nel caso l'uomo non avesse avuto la licenza da negoziante Vath ne avrebbe avuto riprova a breve. «No, grazie, non mi servono pellicce. Piuttosto...» Il tono di voce si fece più circospetto, avvicinandosi al tipo lasciando tuttavia un metro circa di spazio tra loro. «Hai per caso della pelle di Moke?» Vath sapeva bene che quell'oggetto faceva parte di quelli illegali in Inghilterra, lui stesso più di un anno prima aveva trattato con il cinese Yan Li a Soho un accordo commerciale a beneficio della Gran Bretagna. La pelle di Moke non era stata inserita tra gli oggetti legali ed era da ritenersi a tutti gli effetti merce di contrabbando. La maschera di freddezza che indossava e la sicurezza della propria strategia, supportate entrambe dalle proprie intuizioni, lo avrebbero forse condotto all'agognato ingresso della sezione proibita? Solo il Fato avrebbe potuto determinarlo.

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Fede nuziale d'oro all'anulare sinistro.
Bastone da passeggio lasciato in eredità da un vecchio parente con l'impugnatura in argento a forma di testa di serpente dove, all'interno, si cela la propria bacchetta in legno di Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
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Il giovane Mago poteva anche aver commesso un piccolo errore di valutazione, ma il Fato ancora non sembrò voler mostrare i propri frutti, né in Bene né in Male. C’era ancora tempo, forse, per rimediare e seguire quella prassi che si era imposto di seguire: Vath, d’altro canto, fece buon viso a cattivo gioco e non si scompose di un millimetro, conservando le proprie intenzioni dietro una maschera di assoluta compostezza.
Allo stesso tempo la mente dell’ex Adepto di Salazar si domandò se vi fosse la remota possibilità che quel Cosacco, dall’aria affabile e incline ad intavolare un normalissimo affare, fosse in realtà Petrovic. Una pozione? Un incantesimo? La Metamorfomagia? Qualunque fosse la verità, che risiedesse in una risposta affermativa ad una qualunque ipotesi o che le escludesse tutte quante, non era dato sapere e Remar poteva solo appellarsi al proprio acume e ad una profonda pazienza.

«Tu allora visitato Madre Russia, da?» L’uomo manifestò una certa curiosità verso il Ministeriale inglese, trovando davvero interessante quella sua padronanza della lingua russa. Si portò la pipa alle labbra e, rilassato, soffiò nuovamente il fumo denso che andò a disegnare un cerchio perfetto nell’aria, fino a risalire e a diradarsi a mano a mano. Pareva davvero affabile, un bonaccione, o quanto meno non pareva affatto una persona egocentrica e imprevedibile.
Il Cosacco sembrò dispiaciuto da quel rifiuto, rabbuiandosi un poco e rafforzando ancora di più l’impressione di essere un semplice e mite commerciante affezionato al proprio lavoro. Tuttavia, a seguito della domanda di Vath, l’uomo si umettò le labbra e fissò in silenzio il giovane Mago direttamente negli occhi, scrutandolo con serietà e con un certo sospetto, ma senza apparire minaccioso o preoccupato. Solo dopo qualche secondo spense all’improvviso la pipa, svuotando il contenuto a terra, incurante nel lasciare della sporcizia sul suolo pubblico.

«Tu no vuole pellicce, ma chiede pelle di Moke.» mormorò, infine, in tono morbido. Un'osservazione, non una domanda. Non era uno stupido quindi, glielo si poteva benissimo leggere in faccia, ma piuttosto un uomo molto attento ai dettagli. «Tu vuole merce molto pregiata, da? Io no Moke, ma tu può parlare a mio amico.» La rivelazione dell’uomo avrebbe potuto gettare il primo campanello d’allarme a Vath, confermando o meno una delle sue tante teorie sull’identità del Cosacco. Se il russo che aveva davanti era un commerciante, onesto o meno, allora chi era l’amico appena accennato? E il dubbio ben presto si sarebbe impossessato di Remar, come un tarlo annidato nell’orecchio.
«Lui responsabile di pelli, io vende e basta.» Si volse appena verso la via che portava verso la Testa di Porco, che fino a quel momento era stata alle proprie spalle, accennando verso quella direzione con un movimento secco del capo. «Tu vuole parlare con lui, da? Io presentare te.» Mosse le braccia verso la strada, invitando Vath a seguirlo in quella che poteva essere una meta a lui conosciuta… o forse no.



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Capitolo VI
Vath Remar
28
Purosangue
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Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Che cosa stava pensando il russo? Solo un legilimens avrebbe potuto saperlo, Vath apprendista di questa pratica tuttavia non volle arrischiarsi ad impiegarla con l'uomo. Se il cosacco era davvero Petrovic l'uomo faceva dannatamente bene la parte del negoziante. Alla domanda di lui sorrise e, annuendo, rispose al venditore di pellicce. «Да, я жил в Москве в течение года.¹»
¹ Sì, ho vissuto a Mosca per un anno.
Il purosangue si schiarì la voce e, passando nuovamente all'inglese gli disse. «Ho visto cose che noi occidentali non potremmo mai immaginare. La cattedrale di San Basilio è qualcosa di stupendo, ho visitato la galleria Tret'jakov e il museo statale di storia della Russia e la vostra cultura mi affascina.» Vath non diceva quelle parole per mera convenienza o per adulare il russo la cui patria imponeva un profondo orgoglio nazionale, ma perché, quelle cose, le pensava davvero. Lo slavo sembrò sinceramente dispiaciuto per il rifiuto dell'ex Serpeverde sulle pellicce tuttavia, quando quest'ultimo chiese del Moke, si fece più serio e sospettoso. Vath sorvolò sul fatto che lo slavo ebbe gettato a terra la cenere della propria pipa, sostenendo sempre lo sguardo del russo in quella prova di forza tra chi abbassasse prima gli occhi. Annuì alla constatazione del figlio di Putin e, successivamente, accolse la rivelazione di un secondo uomo, un amico, con stoico silenzio. Il ministeriale si chiese se l'uomo citato dal venditore fosse Petrovic, o se fosse un bluff e Vladimir in persona si sarebbe rivelato a lui da sotto quel Futrzane. Erano tutte possibilità valide, ma se non si fosse trattato di lui? Avrebbe fatto un buco nell'acqua. Quello che tuttavia muoveva l'abitante di Canterbury era la determinazione ad entrare nel reparto proibito, trovare Petrovic e farsi dare i due oggetti che interessavano a Tuco sarebbe stato l'obiettivo della sua giornata. Con un gesto della mano guantata Vath fece intendere al presunto contrabbandiere che lo avrebbe seguito e di procedere pure. Il primo sospetto che la sua strategia si fosse era rivelata buona fu che il cosacco lo condusse lungo la strada che già da sé il membro del C.M.I. avrebbe percorso. Era stata una scelta oculata? Da fine stratega Vath avrebbe atteso lo svilupparsi degli eventi a cui il Fato lo avrebbe sottoposto.

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I dubbi del giovane Remar sembravano accrescere, rafforzarsi, ma ciò nonostante decise di non sviscerare la verità tramite quel tipo di magia che pochi possedevano e sapevano gestire: la Legilimanzia, quindi, venne tenuta a freno pur di non rischiare, pur di non commettere passi falsi. Era stata una mossa saggia?
Il Cosacco sorrise a trentadue denti alla risposta del Mago di Canterbury, palesando una certa simpatia e rispetto nei suoi confronti. Questi furono senz'altro altri elementi che Vath avrebbe facilmente potuto riscontrare e che giocavano a suo vantaggio.
«E tu viste nostre danze, da? Comunque, tu ottimo intenditore.» esclamò con entusiasmo. Era sicuramente un individuo a cui piaceva dialogare, ma cercò di non dilungarsi troppo in quella mera conversazione sulla cultura russa pur di passare agli affari. Agli occhi dell’ex Serpeverde, dunque, il russo apparve deciso nel voler prima cercare di intavolare un buon affare e poi concedersi altri tipi di discussioni.

Lo straniero fece strada a Vath. Immersi in quella parziale oscurità del vialetto, generata per lo più dagli alti edifici che si affacciavano sulla strada, i passi dei due uomini risuonarono lungo le pareti di pietra. Inghiottiti da quella che era la “facciata oscura” di Hogsmeade, proseguirono tranquillamente verso la Testa di Porco in remoto silenzio, il Cosacco leggermente più avanti e maggiormente più stretto nella propria pelliccia nera. I capelli lunghi e sporgenti da sotto il Futrzane furono l’unica conferma della natura umana dell’individuo, poiché dalla prospettiva di Vath poteva apparire più un orso che un uomo.
Ben presto il silenzio tombale della via venne colmato dai rumori provenienti dal pub della Testa di Porco, finché la porta d’ingresso entrò nel campo visivo di entrambi. Vath poté notare la porta aprirsi e una coppia uscì ridendo con una certa euforia ed evidente sbronza, ma l’uomo che vide abbarbicato alla giovane donna dai capelli corvini non corrispondeva affatto alla descrizione fornitagli da Tuco. Che Petrovic si trovasse all’interno del locale?
Il Cosacco superò di poco il pub e svoltò a destra, in vicolo stretto e ancora più tetro, tant’è che dovette avvalersi della bacchetta per farsi luce. E se Vath avesse aguzzato la vista, prima ancora di svoltare, avrebbe potuto intravvedere alla propria destra l’insegna del negozio più losco del villaggio, Safarà.
La propria guida si fermò all’improvviso davanti a questa porticina che dava sul retro del negozio di Pozioni, finché non bussò con le sue robuste nocche. L’ambiente circostante appariva sudicio e in stato decadenza, come se nessuno vi abitasse ormai da anni, eccetto per i ratti che andavano e venivano a loro piacimento senza curarsi della presenza degli esseri umani. Fitte ragnatele pendevano dalle due lanterne spente posta sopra l’ingresso, ingrigite dal tempo e dalla sporcizia, agitandosi sotto la spinta del venticello come tante bandiere. Due finestrelle erano state sbarrate con alcune travi di legno, marce e anch’esse ricoperte da uno strato di ragnatele.
La porta si spalancò con un sinistro cigolio, raschiando con insistenza contro il pavimento roccioso e bloccandosi fino a concedere il passaggio di una persona in senso laterale. La faccia di una vecchia signora fece capolino dall’uscio e scrutò il viso del Cosacco con occhi socchiusi, come se non ci vedesse molto bene, finché non sorrise.
«Signor Ivanov, già di ritorno?» gracchiò, per poi coprirsi la bocca a seguito di un secco colpo di tosse. Era veramente anziana, i capelli color cenere e leggermente arruffati, sebbene fossero tenuti fermi da un’elegante crocchia; era bassa, ingobbita dall’età, ma dalla corporatura non eccessivamente tarchiata. Non ci vedeva granché bene e due piccoli occhiali a mezzaluna pendeva da una cordicella che portava appesa al collo.
«Io cerca Vlad. Lui è di sopra?»
«Sì, ha “quasi” finito.» rispose la donna una volta che si fu ripresa. Poi si accorse della presenza di Vath e allungò il collo come una vecchia oca per poterlo osservare meglio. «Cliente?» domandò soltanto.
«Da! Tu fare accomodare amico inglese in salotto, io avvisare Vlad.» rispose il Cosacco una volta che fu entrato dentro, lasciando spazio a sufficienza a Vath affinché entrasse a sua volta. «Tu tratta bene lui. Tu dare ciò che vuole, intesi?»
«Non si preoccupi, signor Ivanov. Il suo ospite è in buone mani.» asserì la donna, avvolta in un pesante cardigan di lana grigia.
L’interno dell’edificio non era nemmeno paragonabile con l’esterno: nulla era trascurato, ma tutto appariva in perfetto ordine e non vi era traccia nemmeno di un granello di polvere. Le pareti erano ben illuminate, facendo rispondere la carta da parati di un verde smeraldo e le cornici dei quadri in oro o argento. Vath avrebbe potuto scorgere la presenza di due porte in quel piano, una dalla parte opposta dell’ingresso, l’altra alla sua destra; invece una massiccia scala in quercia partiva alla sua sinistra, fino a svoltare a destra e giungere al piano superiore, ricoperta da una moquette di un grigio tendente all’argento.
La donna fece strada verso la porta a destra, guidando Vath in una delle due stanze presenti al pian terreno.




Bene, siamo giunti ad una piccola svolta.
Nella mappa del villaggio noterai che non ho ancora tolto VP dalla Testa di Porco, ma è anche presente nel retro del negozio di Pozioni. Questo perché non hai ancora ricevuto conferma di dove sia, quindi tutto può succedere, anche fare dei buchi nell’acqua. La C è stata sostituita con I dato che hai scoperto l’identità del tuo nuovo amico.
Da adesso, fino a quando resterai all’interno dell’edificio, potrai avvalerti della nuova mappa come riferimento.

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La S è la signora che ti accoglie e ti fa strada nella stanza.


 
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Capitolo VII
Vath Remar
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Purosangue
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Ex Serpeverde
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«La conoscenza è potere.»

Il biglietto da visita di Vath Remar era sempre stato una buona dialettica, un modo di rapportarsi al prossimo cordialmente e l'impeccabilità della propria persona nel vestirsi e curare il proprio aspetto fisico. Anche in quei mesi, travagliati dalla scomparsa della propria moglie, aveva lasciato crescere una barba che tuttavia non lasciò mai allo sbando. Il ministeriale era sempre stato un ottimo oratore e, per l'uomo, la ricerca della conoscenza non era mai fine a se stessa. Le informazioni portavano sempre qualche vantaggio tattico e il dipendente del C.M.I. aveva un obiettivo più grande nel mirino. Il russo ascoltò l'inglese di Canterbury, chiedendogli delle danze russe e complimentandosi con lui per il suo buon gusto. Vath nel suo viaggio aveva potuto ammirare alcune dei balli più suggestivi della terra degli zar e, anche se di certo il commerciante si riferisse alla famosa danza cosacca, quelle che poté vedere compresero anche la Khorovod e la Hahilky. Quindi, con ragionevolezza, il ventottenne poté annuire all'uomo di origine slava. Non ci furono altri intermezzi, nonostante il coontrabbandiere fosse incline a voler conversare con il ministeriale, quest'ultimo ritenne che fosse più interessato a concludere l'affare. I due procedettero in silenzio lungo la stradina e, l'ex Serpeverde, poté vedere che si stavano avvicinando alla destinazione suggeritagli da Madama Rosmerta. Prima della taverna di Aberforth Vath intravide un negozietto alquanto interessante di nome Safarà e si ripromise di andarlo a visitare nei giorni successivi. Una coppia uscì dal locale del Silente e il capofamiglia Remar poté gettare una rapida occhiata all'interno del Testa di Porco. Il ventottenne notò come il circondario, solitamente silenzioso a causa di un incantesimo di imperturbabilità sul locale, fosse invece animato per via della porta aperta. La meta dell'"orso" slavo distava qualche metro poco più in là. Quasi di fronte l'uscita della locanda si infilò in un vicoletto scarsamente illuminato, tanto che dovette avvalersi di un Lumos per poter fare strada. Il mago di Canterbury lo seguì trattenendosi dal palesare sul volto l'espressione schifata dalle condizioni di quel luogo, un brivido freddo corse lungo la spina dorsale dell'ex Caposcuola nel vedere il prodotto tessile del suo terrore più atavico. Mentre attendeva assieme al cosacco che qualcuno rispondesse dalla porta a cui il venditore aveva bussato, Vath osservò con circospezione i dintorni, Russo ed Inglese si trovavano sul retro del negozio di pozioni, luogo che mai, l'ex Serpeverde si sarebbe sognato di visitare. La porta si aprì e, una anziana signora si palesò dalla piccola fessura tra il muro e il legno. Vath apprese che il proprio accompagnatore si chiamasse Ivanov e gioì internamente a quell'informazione. Inaspettato, invece, fu il nome che il cosacco usò per il suo socio: Vlad, diminutivo di Vladimir. Che l'arguzia del ventottenne avesse trovato riscontro? Vladimir Petrovic poteva essere a capo di quel commercio, illegale e non? Il purosangue decise di assecondare le proprie intuizioni e, seguito Ivan all'interno della casa, si trovo in un ambiente completamente diverso rispetto a quello che era l'esterno. Il ministeriale non poté che apprezzare il buon gusto con la quale era stato arredato l'ingresso. Tuttavia, se il suo sguardo si stava perdendo ad analizzare con metodicità l'interno della stanza, le sue orecchie erano ben attente a carpire le frasi che la signora e Ivan si stavano scambiando: Tale Vlad a quanto pareva era al piano di sopra a finire una certa attività. La mente del dipendente del C.M.I. si perse a ragionare su cosa effettivamente poteva trattarsi quella mansione. Racket di droghe, donne, scommesse o altre attività illecite? Non avendo elementi su cui basare queste ipotesi il ventottenne evitò di soffermarcisi troppo ascoltando le ultime battute e preparandosi a seguire la donna nel salotto mentre lo slavo avrebbe salito le scale per chiamare questo Vlad.

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anaconda corno coccodrillo

«Mi può chiamare Madama Drusilla, Sir!» cinguettò la donna, afferrando gli occhiali con entrambe le mani e portandoseli sul naso. «E Voi? Come volete che vi chiami?» Lanciò a Vath una rapida occhiata mentre procedevano verso il salotto, studiandone per lo più l’abbigliamento, soffermandosi qualche secondo in più sul bastone da passeggio. Si strofinò le mani con una certa discrezione dopo essersi accertata che l’uomo fosse alle proprie spalle, per poi spalancare la porta che conduceva alla stanza. Qualsiasi cosa la donna stesse pensando, a Remar non era dato sapere.

L’ambiente in cui Vath si ritrovò poteva apparire sinistro e selvaggio, in cui una moltitudine di trofei di animali imbalsamati davano il proprio benvenuto dalle pareti. Erano per lo più creature africane, quali gazzelle, rinoceronti e zebre, ma non potevano mancare tipologie di animali di altri continenti: come lo scheletro di una lunghissima anaconda, la cui testa partiva da sopra la libreria, fino a scendere e arrivare fino ai piedi della finestra; oppure della presenza di due grossi coccodrilli imbalsamati che affiancavano entrambi i lati di una scrivania stracolma di libri e fiale di pozioni.
Due grossi divani di pelle scura erano al centro della stanza, l’uno di fronte all’altro, con un ampio e robusto tavolino al centro di essi, sul quale spiccava un maestoso e lungo corno sorretto da un supporto di rame. Era molto particolare, probabilmente il pezzo forte di quell’intera collezione, e se Vath si fosse avvicinato ad esso avrebbe potuto notare una targhetta scritta con inchiostro verde su cui era riportata la dicitura
“Corno di Erumpent”. Infine, a rendere la stanza un po’ meno simile ad un mausoleo di caccia, era la presenza di alcune piante dai colori vivaci e diverse fotografie magiche, racchiuse in delle cornici argentate poste sui diversi ripiani all’interno della stanza o in dei piccoli spazi sulla parete. Una di queste salutò il giovane Ministeriale con un profondo nitrito, seguito da un acuto Yeehaw: un uomo di mezz’età stava cavalcando un Abraxas.

La donna invitò Vath a mettersi comodo con un dolce gesto della mano e concedendogli il più candido dei sorrisi. «Torno subito, le porterò un rinfresco affinché l’attesa sia meno tediosa.» Madama Drusilla non sembrò dare troppo peso agli anni che gravavano già sulle proprie spalle, ma riservò a Remar degli sguardi colmi di adulazione, mostrandosi al tempo stesso cordiale e servile come Ivanov si era raccomandato. Trovandolo sia aitante, che giovane e presumibilmente ricco, l’anziana non si curò affatto nell’apparire come una squinternata cacciatrice di mariti. E, poco prima di prendere congedo e lasciare la stanza, sbatté le ciglia con eloquenza, atteggiandosi come una fanciulla in preda ai primi palpiti d’amore.

La porta si chiuse dolcemente, lasciando Vath ai propri pensieri e nell’attesa dell’arrivo di Ivanov con il suo amico. Regnava il silenzio assoluto, persino le fotografie magiche avevano deciso di tacere e rimanere immobili.
Semmai il Mago avesse provato a tendere l’orecchio per cercare di udire dei passi lungo le scale o qualsiasi altro suono proveniente dal piano superiore, nulla sembrò annunciare l’arrivo di qualcuno. Nel salotto non era presente alcun tipo di orologio, nulla che potesse scandire il tempo per Vath e garantirgli un silenzio meno opprimente e sinistro di quello che stava vivendo. Gli animali alle pareti avevano sguardi spenti e perduti nel vuoto, lo scheletro dell’anaconda invece ricordò all’ospite quanto quella stanza fosse veramente morta e priva di qualsivoglia compagnia.
Vath Remar era solo in un luogo a lui sconosciuto e che trasudava nervosismo.
Lo sguardo sarebbe potuto cadere facilmente sui due coccodrilli imbalsamati accostati alla scrivania, ma uno scenario inspiegabile sembrò aprirsi dinanzi al Ministeriale: uno dei due era sparito! Dov’era il secondo coccodrillo? E cosa stava accadendo in quella stanza?
La tensione prese a salire in virtù di quell'inspiegabile mistero, finché…

Una mano robusta si agganciò all’improvviso alla spalla destra di Vath, ferrea e minacciosa come non mai.
Ora Vath Remar non era più così tanto solo.




Ora hai anche l’identità della gentil signora, quindi la S viene convertita in D.
In questa nuova mappa puoi trovare quanto viene descritto nel post, i maggiori punti di riferimento per la precisione. Al centro vi sono i divani con il tavolino, il mobile marrone è la libreria con quella figura ondulata che rappresenta lo scheletro dell’anaconda. Infine, in basso, troverai la scrivania con i due coccodrilli, rappresentati dai pallini verdi.

Per qualsiasi cosa mi trovi per mp.

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Capitolo VIII
Vath Remar
28
Purosangue
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Ex Serpeverde
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La donna sembrava cordiale, forse grazie alla raccomandazione di Ivanov. Mentre lo accompagnò verso il salotto si presentò come Madama Drusilla e, il nome insolito, fece scattare nella mente di Vath una serie di collegamenti con personalità a lui note con lo stesso nome. «Come la nobildonna Romana, Madama. Io sono Roderick Valantine, enchanté.» Nessuna esitazione nel pronunciare un nome falso, Vath non voleva compromettere la propria carriera all'interno del Ministero e, non avendo fiducia in quella gente, aveva preferito mantenere l'anonimato. Il ventottenne aveva scelto quel nome a causa del proprio anello, al mignolo sinistro, con il proprio monogramma V.R. Alle sue parole avrebbe portato la mano sinistra, quella che teneva saldamente il bastone da passeggio, dietro la schiena piegando il busto in un inchino e un baciamano. Si sarebbe alzato e, il ventottenne, avrebbe fatto una domanda più per cortesia che per vero interesse. «È da molto che lavora per il signor Ivanov e il suo socio?» Dopo aver posto la domanda alla donna avrebbe osservato il salotto dove si trovava e, a giudicare da ciò che vedevano i suoi chiari occhi acquamarina, qualcuno in quella casa amava darsi all'arte venatoria. La stanza, infatti, era piena di trofei di caccia: gazelle, rinoceronti, zebre, due coccodrilli imbalsamati, avevano addirittura lo scheletro di un anaconda che andava dalla libreria alla finestra ma ciò che era l'oggetto più raro e, molto probabilmente, più pericoloso era il corno di un Erumpent. Vath riportò lo sguardo sulla donna che, come una ragazzina al primo amore, cercava di essere servizievole e civettuola. «Una collezione niente male, davvero. La ringrazio per la sua premura, Madama Drusilla.» Le avrebbe rivolto uno di quei sorrisi che solitamente concedeva alle ragazze cadute nell'apparenza del giovane e ricco rampollo purosangue. Avrebbe seguito l'anziana signora con lo sguardo, osservando la sua uscita di scena, per poi concentrarsi sulla stanza in cui era: gli occhi spenti degli animali fissavano il vuoto di fronte a loro e, l'assenza di suono avrebbe portato alla pazzia chiunque ma, Vath, abituato al silenzio, lo gradiva. Giusto per caso il suo sguardo si posò sulla scrivania alla sua sinistra e il suo volto si fece perplesso. Uno dei due coccodrilli era scomparso. Il ministeriale avrebbe iniziato a chiedersi dove fosse finito, entrambe le mani sul cimelio di suo nonno, quando una mano robusta si agganciò alla sua spalla. Chi era? Ivanov stava andando a chiamare Vlad di sopra, che ci fosse qualcun altro oltre a loro quattro? Il primo pensiero di Vath fu collegare la comparsa della mano alla scomparsa del rettile. Che si trattasse di un Animagus? Come il serpente rappresentante della propria ex casata Vath mantenne il sangue freddo, calmo e compassato labitante di Canterbury avrebbe girato il capo prima, il busto successivamente, per andare ad osservare chi aveva invaso il proprio spazio vitale concedendosi il permesso di posare la propria mano sulla spalla del ventottenne.

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