When the snow falls, the fox tries to survive , Apprendimento Animagus

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view post Posted on 8/4/2019, 08:45
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Il Fato

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"Le antiche foreste e i luoghi selvaggi emanano i miei poteri "
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Alla fine l'aveva raggiunta, quella Torre.

Non rideva più di lui, né si allontanava, seguiva invece la scia di un silenzio a dir poco innaturale. L'intera roccaforte viveva di continui contrasti. Il rosso intenso dell'edera svettava e vinceva contro la pietra grezza e rovinata. In un mondo etereo, una struttura aveva trovato lo spazio necessario per crescere, alimentata dai più intimi segreti del suo proprietario: ma chi era il padrone del castello? Di colpi ne aveva subiti, eppure non v'era nei paraggi nessun villaggio nemico, nessun palese avversario. Chi aveva fatto a pezzi l'ala est e chi aveva permesso che l'ala ovest rimanesse in piedi? La natura sembrava voler curare le ferite dell'uomo, insinuatasi come una stampella di sangue e tessuto, una corda vermiglia che reggeva un'impalcatura ferita. La verità non attendeva altro che essere scoperta. Il viaggio era iniziato, il viaggiatore era pronto?

Ignorato il pozzo, l'Auror non faticò a compiere i pochi passi che l'avrebbero introdotto all'interno dell'antica dimora. Appoggiato il palmo sul grande portone, questi non avrebbe faticato ad aprirsi al semplice tocco, rimandando in risposta una vibrazione bassa. Un brontolio d'assenso o di dissenso, impossibile capirlo in quel momento. Indubbiamente un "benvenuto" degno del viandante in causa. Niente si sarebbe frapposto tra lui ed l'apertura del pesante uscio, e così niente gli avrebbe impedito di cogliere il più possibile del nuovo contrasto.

Un solo passo ed il piede sarebbe affondato in un soffice strato di neve fresca. Gelido come il ghiaccio più puro. Il respiro si sarebbe trasformato in un soffio glaciale e le membra sarebbero state scosse da lenti brividi. L'inverno aveva avvolto l'interno della roccaforte escludendone l'esterno, come se due diverse stagioni si fossero date battaglia. Il corridoio d'ingresso presentava uno squarcio sul tetto ad est, da cui filtrava una luce fredda, un lucernario che altri non era che una ferita. Il sangue? La neve che scendeva a grandi fiocchi da quella porzione di cielo. Illuminato a metà, quindi, l'ingresso non avrebbe faticato a mostrarsi per quel che era: un insieme di rocce ricoperte di neve e armature - alla sua sinistra - erose dal tempo, ricadute una sull'altra come figlie di un inclemente maestro di domino. Tre porte "sane" si alternavano a quegli ammassi di ferraglia, tutte chiuse e tutte uguali, cambiavano solo le venature del legno, in alcuni casi più accentuate che in altri. Nei pressi dello squarcio, una porticina più piccola aveva l''ingresso bloccato dalla neve appena caduta. In fondo, al culmine di un corridoio lungo all'incirca dieci metri: un altare spoglio, risparmiato dall'inverno imperante, ma corroso dalle tarme del legno. Ma qualcosa brillava, lì sopra. Impossibile da identificare.

L'antagonismo era in ogni respiro. Perché?

~
La vera introspezione inizia adesso.
Muoviti nel castello come ritieni opportuno, lascia a me la descrizione di cosa può esserci o meno dietro le porte, qualora intendessi aprirne una.
 
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view post Posted on 12/4/2019, 16:16
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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When the snow falls, the fox tries to survive
Chapter IX - The falling snow

▿▿▿


La bassa nota che vibrò quando l’Auror aprì il portone lo fece rabbrividire, finché un nuovo scenario si aprì davanti a lui e a quel punto capì l’esatta natura di quel brivido. Bastò un passo e il piede nudo incontrò uno strato soffice e gelido, scricchiolando sotto il proprio peso, inducendo il corpo a muoversi sotto la potenza di spasmodiche vibrazioni. La figura del rosso era completamente alla mercé di quella neve, che inspiegabilmente dominava incontrastata all’interno del rudere, poiché soltanto una sobria quanto umile tunica ne ricopriva le forme. Al che l’istinto di stringersi le braccia attorno al petto sopraggiunse con altrettanta repentinità quanto l’impatto avuto con quel cambiamento di stagione, aggrappandosi come meglio poteva a qualsivoglia appiglio che aveva a propria disposizione pur di tenersi ancorato alla vita; un istinto di sopravvivenza che sarebbe stato certamente agevolato se soltanto fosse stato provvisto di una folta pelliccia, proprio come quella di un lupo, un orso… o una volpe. Il respiro parve congelarsi e ben presto la gola avrebbe sicuramente iniziato a fargli male a seguito delle basse temperature, ammesso che non avesse preso ad esalare aria calda sulle mani pur di tenere in caldo sia gli arti che la gola stessa.
Non aveva la bacchetta magica con sé e questo avrebbe richiesto uno sforzo maggiore nel cercare di sopravvivere, un po' come era avvenuto a Skellig qualche anno prima, anche se in quell'occasione aveva sempre avuto con sé il proprio catalizzatore. Era come una sfida e che Aiden decise di accettare muovendo qualche altro passo in avanti.
Il capo si alzò verso l’alto, studiando quella spaccatura sul soffitto ad est che pareva essere una sorta di ferita aperta, da cui filtrava una luce fredda quanto la neve stessa. Fissò i fiocchi di neve scendere sul resto del corridoio, provando un senso di tristezza senza precedenti e che addirittura pareva capace di superare il gelo che gli stava lentamente entrando nelle ossa.
Lui era lì in cerca di se stesso, ma era stata la prematura dipartita di sua nonna ad averlo spinto in quella ricerca: era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e ora Weiss bramava raggiungere il proprio obiettivo con tutte le forze che aveva in corpo. Sua nonna aveva pagato per lui il prezzo di quel viaggio mistico e ora aveva anche il compito di renderla fiera di lui, facendo in modo che potesse correre libero proprio come lei avrebbe voluto.
Da un lato, ricoperte dalla neve ed erose dal tempo, giacevano a terra alcune armature in mezzo a diversi detriti. Aiden si sentiva proprio come un vecchio cavaliere appartenente ad un’Era passata, ormai completamente superfluo e abbandonato al proprio Destino, tra le macerie di quella che era stata un’infanzia tutto sommata piacevole con il resto della sua famiglia. Quel luogo, inspiegabilmente, sembrava rappresentare in maniera metaforica la sua essenza e cominciò a domandarsi se, a questo punto, fosse proprio lui il castello oppure il padrone di casa.
Qualunque fosse la verità, Aiden era pronto ad accettarla per quella che era.
Il rosso analizzò la struttura nella sua interezza: fuori l’edera rossa ricopriva una buona porzione della parete, come a celare il vero stato del castello, con solo una torre crollata; e, invece, all’interno regnava l’inverno e tutto appariva a pezzi e se non per le tre porte dalle venature diverse, più o meno accentuate, oltre ad una porta più piccola e bloccata dalla neve. Era tutta una facciata la situazione esterna del castello, solo un modo per nascondere il gelo e i detriti, anche se vi erano evidenti segni di cedimento e che - prima o poi - avrebbero portato l’intera struttura a collassare su se stessa. E lui non era poi così diverso da quell'ammasso di rovine: il suo cuore sanguinava proprio come la neve che cadeva dal soffitto e la sua anima si stava sgretolando proprio come quelle quattro mura, celando come meglio poteva la verità agli altri, anche se aveva preso a mostrare i primi segni della propria sofferenza.
Era passato dal rosso della foresta al bianco della neve in pochi attimi e, quando prese a studiare le porte di legno dalle strane venature, la mente di Weiss venne catapultata ad alcuni dettagli riguardanti la Profezia.

Il Potere si risveglierà,
a seguito di una grande necessità.
Manto bianco e rosso,
la sua stessa pelle avrai indosso.
[1]

Non aveva idea di quale pelle avrebbe dovuto indossare, né se era davvero quello il tipo di “potere” a cui si riferiva la Profezia; c’erano tante possibili interpretazioni, ma Aiden era quanto mai certo che la sua più grande necessità in quel preciso istante era quella di sopravvivere, mentre cercava di ritrovare l’altra metà di se stesso.

Tre saranno le perdite che subirai
e sottrarti non potrai.
[2]

Tre. Erano tre le porte sane e libere dalla presenza della neve. Tre le morti che non avrebbe potuto impedire e che avrebbero sconvolto la sua vita. Ma ormai era tardi per i rimpianti, aveva accettato di sopportare il peso delle conseguenze della Profezia e di non lasciarsi sopraffare dalla sofferenza di esse. Ora, invece, era giunto il momento di accettare qualcos’altro, con una natura ben diversa e strettamente personale, che non andava solo ad incidere al livello fisico o psichico ma che era per lo più spirituale. Ciò che doveva accettare era ciò per cui aveva invocato Cernunnos e per il quale si trovava in quel posto: se stesso.
Sia quello che sia. pensò con decisione.

Qualunque cosa stesse brillando sul fondo del corridoio, lì dove pareva esserci una sorta di altare risparmiato dalla neve ma consumato dalle tarme del legno, avrebbe dovuto aspettare. Qualcosa dentro di sé lo spinse a voler oltrepassare una delle porte a sua disposizione, ma non tra quelle sane e libere dalla neve, bensì quella più piccola e bloccata.
Per sua stessa natura Weiss non aveva mai preso la scelta più facile, né quella più scontata, ma aveva sempre imboccato il sentiero più impervio e complesso che aveva trovato sul proprio cammino; c’era sempre una lezione da imparare e le difficoltà della vita erano tutto ciò che permettevano all’essere umano di fortificarsi e migliorarsi.
Oltrepassò dunque i cumuli di macerie e le armature, dirigendosi verso la porta più piccola, finché non si accovacciò per poter scavare meglio con le mani. Il freddo avrebbe anche potuto intorpidirgli le dita, ma Aiden non si sarebbe di certo fermato alla prima avversità: avrebbe continuato a scavare finché la porta non sarebbe stata sufficientemente libera per poter essere aperta ed entrare, ammesso e concesso che Cernunnos fosse d’accordo su quella scelta. Se tutto quello scavare si fosse rivelato passabile, allora l’Auror avrebbe provato a fare leva sulla porta nel tentativo di aprirla, semmai i cardini si fossero ghiacciati a tal punto da rendere quel processo più impegnativo del solito.

▵▵▵

Aiden Weiss
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Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;Assente*
• Anello e ciondolo d'argento;
Tomo "Trasfigurazione Umana Avanzata Volume III: l'Animagus";Assente*
Polvere di Cernunnos;Utilizzata
• Bracciale Celtico originale.

(*): Rimasto nel piano materiale.

Note Off:
[1] e [2] sono degli estratti provenienti da quest Contest [x].
L'azione dell'aprire la porta l'ho messa al condizionale dato che è quella sbarrata dalla neve.


 
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view post Posted on 29/4/2019, 09:41
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Tre porte, tre anime pronte ad andarsene.
Ma allora perché scegliere la quarta?

Piccolo, indifeso e bloccato dalla neve, l'uscio in legno era debole e privo di qualsivoglia interesse, almeno per chiunque non fosse stato Aiden Weiss. Spinto dall'eco dei suoi stessi pensieri, l'Auror non si interrogò più di tanto su una delle scelte più ovvie che Cernunno gli stava fornendo, preferendo invece una quarta via. Le dita, affondate nella neve, scavarono con perizia e decisione, permettendo la liberazione della porticina e regalando al ragazzo un brivido freddo lungo tutta la spina dorsale. Arrossate dal gelido scavo, le falangi sembrarono insensibili all'abbassarsi della maniglia, quasi non fosse lui a muovere. Il muso ibrido del Dio della Caccia, invisibile, si sporse oltre la fessura sul tetto aperto del Castello, non avrebbe mai perso di vista il viaggiatore onirico. Lo aveva indirizzato, gli aveva mostrato un percorso, ma gli intrecci e le vie secondarie avrebbe dovuto sceglierle sempre e solo Aiden.

Incredibilmente, bastò una lieve pressione per aprire la porticina, ora libera dal cumulo di neve. Il ragazzo, grande com'era, avrebbe dovuto piegarsi di parecchio per poter entrare, ma a quel punto niente lo avrebbe fermato. Nessun impedimento gli avrebbe nascosto la vista della nuova stanza del castello. Piccolina, come l'uscio poteva far presagire, era essenzialmente scarna. Le pareti integre e per nulla intaccate da neve ed edera, rilucevano come nuove. Non fosse stato per la consapevolezza di aver mosso dei passi in una roccaforte in frantumi, il giovane avrebbe potuto dire di essere di una struttura appena eretta. Larga non più di due metri per tre, possedeva un alto soffitto e nessun quadro appeso. L'arredamento era in effetti composto solo da un'armatura arrugginita - quasi fuori contesto per l'ambiente intonso - e una culla. Il legno che componeva il lettino scricchiolava mentre il dondolio della cesta proseguiva incontrastato. Chiunque fosse al suo interno, al momento taceva. Dall'ingresso, l'Auror avrebbe potuto solo vedere un fagottino di lenzuola, ma una stretta al cuore avrebbe cercato di indurlo a trovare una soluzione prima ancora se vi avvicinasse alla culla ondeggiante.

~
Ottimo, sei sulla buona strada!
Continua così!
 
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view post Posted on 6/5/2019, 19:13
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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When the snow falls, the fox tries to survive
Chapter X - The nature of everything

▿▿▿


L’ennesimo brivido gelido lo scosse da capo a piede, ma Aiden lottò affinché la natura di quel luogo e - soprattutto - della neve non prevalesse su di lui. Per quanto avesse le dita intorpidite dal freddo e i muscoli doloranti per via dell’irrigidimento, non si sarebbe mai rassegnato, questo perché l’istinto di sopravvivenza era talmente radicato in lui dal non conoscere la sconfitta. Ma il fulvo era ben lungi dalla disfatta: infatti, la porticina non si rivelò per lui alcun tipo di ostacolo e permise all’uomo di accedere all’interno della stanza senza sforzi eccessivi. Un sospiro di sollievo si levò dal suo petto muscoloso, percependo come un senso di consapevolezza nell’aver preso la scelta giusta e che - forse - si stava avvicinando alla tanto ambita meta.
Piegò la schiena in avanti e oltrepassò la soglia, curioso di scoprire quale tipo di tesoro la stanza avesse gelosamente celato a sguardi indiscreti fino a quell’istante. Le dimensioni della porta avevano come anticipato le dimensioni della stanza, piccola ma dalle pareti integre: non una crepa solcava le pareti di pietra, né vi erano tracce di neve o dell’edera rossa come invece era presente all’esterno. Era tutto molto strano, misterioso, su come una stanza simile fosse riuscita a rimanere perfettamente intatta e senza mostrare quantomeno la presenza di qualche crepa. Ad occhio e croce, per Aiden, quel luogo poteva essere il cuore pulsante del castello, l’ultimo baluardo in caso di un crollo.
Mosse un passo e l’occhio scorse altri dettagli, importanti ed inquietanti al tempo stesso. Nessun arredamento era presente nella struttura, se non per la presenza di un’armatura arrugginita e una culla che, senza un come o un perché, stava dondolando incessantemente. Il legno scricchiolava ad ogni ondeggiamento e lo sguardo vigile dell’Auror captò la presenza di un fagottino di lenzuola. Una stretta al cuore lo travolse, accendendo quel campanello d’allarme che indusse la propria mente ad elaborare la prossima mossa da compiere.
Se la culla si muoveva, scricchiolando addirittura sotto il peso della cesta, e l’occhio aveva intravisto la presenza di un fagotto, allora non poteva esserci che una sola spiegazione: qualcuno o qualcosa doveva esserne all’interno. Nemmeno avrebbe potuto dare la colpa al vento, le pareti e il tetto erano intatti e non un filo d’aria si era insinuato all’interno una volta aperta la porta. Ciò indusse Aiden a credere con fermezza all’unica interpretazione dei fatti che si era dato: la culla non era vuota e la sua natura curiosa, oltre alla ragione che lo aveva spinto ad intraprendere quel viaggio, bramava una risposta.
I peli delle braccia si rizzarono e non di certo per colpa del freddo, semmai per quella sensazione di pericolo che aveva percepito.
Chi o cosa lo attendeva in quella culla? La sua natura era veramente pericolosa oppure era solamente frutto del proprio stato d’animo?

Come da un sogno, l’anima di Aiden Weiss sembrò destarsi e manifestarsi in tutta la sua potenza. Diffidente e scaltro, il giovane Auror si sentì come catapultato in una delle sue consuete missioni lavorative, in cui il sospetto lo induceva a muoversi in modo guardingo e a pensare in grande sulle possibili manovre d’azione. C’erano mille ipotesi, mille scelte e mille tipologie di risultati, ma il rosso sapeva di dover misurare bene ogni cosa e di sfruttare l’astuzia che lo contraddistingueva.
Aiden non possedeva alcun tipo di arma, la magia tanto meno, per cui dovette arrangiarsi con quanto la natura di quel luogo sapeva offrire. Opportunismo e grande capacità di adattamento, oltre che versatilità, condussero i passi dell’uomo verso l’armatura arrugginita, cercando di essere lento e silenzioso come un’ombra, mantenendosi il più possibile distante dalla culla. Tentò disperatamente di regolarizzare il battito cardiaco, cercando di rimanere quanto più calmo possibile e pensare - di conseguenza - con più lucidità, oltre a respirare in modo flebile e appena percettibile.
Non aveva zanne e nemmeno degli artigli propri, pertanto la scelta più saggia e sensata fu quella di provare ad impossessarsi dei guanti metallici dell’armatura. Il suo piano era quello di indossare uno dei guanti e usarlo come arma difensiva e offensiva all’occorrenza, mentre il secondo guanto sarebbe stato lanciato con forza contro la culla con l’intento di rovesciarla e, di conseguenza, far uscire l’ospite misterioso.

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view post Posted on 16/5/2019, 10:48
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Qualcosa animava il moto ondeggiante della piccola struttura bardata.
Cupa, dondolava nel silenzio di una roccaforte spezzata.

Ignobile, come gran parte delle emozioni umane, anche la paura fece la sua comparsa. Niente di infantile o inspiegabile, ma qualcosa di talmente antico e basico da spingere anche un Auror a chiudersi nel tentativo di aggrapparsi alla calma. Battiti accelerati, pupille dilatate e sensi all'erta affinché niente di quanto racchiuso nella culla potesse nuocere alla salute di Aiden Weiss. Eppure, Cernunno acuì i sensi divini, era possibile che vi fossero messaggi nascosti ben oltre il simbolismo fisico? A cosa si poteva associare un oggetto simile? Che senso aveva per un Dio che non era nato e non era morto, aprire un varco in una direzione tanto netta? Ma il giovane era proprio sicuro che quel percorso non puntasse un faro verso un'interiorità propria?

Qualche eco metallica, ed il guanto dell'armatura perse il suo aggancio, finendo poco dopo contro la culla scura. Colpita, senza opporre alcuna resistenza, cadde a terra ed una piccola coperta candida ondeggiò nel vuoto per pochi secondi, per poi posarsi al freddo e svelare il suo contenuto. Vetro.
Un frammento di vetro, dalla superficie riflettente, della grandezza di un palmo della mano del ragazzo, rifletteva la scarsa luce che filtrava dalle rocce sporche. Se l'ospite si fosse avvicinato a sufficienza avrebbe potuto vederne la forma irregolare, vagamente triangolare. La porzione di una sagoma, dopo, sarebbe scivolata attraverso lo specchio cancellando l'espressione del rosso e mostrando due zampe sottili e agili. Le estremità di un marrone più scuro, incontravano il rossiccio del pelo di un animale molto simile a quello incontrato in mezzo alla foresta. Ormai l'identità era quasi inequivocabile.

Uno sguardo attento, ed uno strappo netto avrebbe riportato l'Auror alla "realtà", sbattendolo di malo modo fuori dalla porticina. Se avesse tentato di tornare sui suoi passi, non l'avrebbe più trovata; quasi non fosse mai esistita. E si sarebbe ritrovato quindi nuovamente all'ingresso, con le tre grandi porte identiche a sinistra, nulla a destra e l'altare in fondo alla stanza.

Unica differenza: il frammento di specchio stretto in mano. Che ricordasse o meno di averlo afferrato, era rimasto con lui in quei tachicardici istanti.


 
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view post Posted on 20/5/2019, 17:08
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When the snow falls, the fox tries to survive
Chapter XI - Step by step

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Più fissava la culla, più Aiden avvertì l’eco del proprio passato farsi sempre più gravoso nel suo petto. Non era solamente questione di paura, della suggestione che quell’oggetto infantile gli stava suscitando con i suoi movimenti sinistri, ma era anche per via dei ricordi che gli affiorarono nelle mente.
Era soltanto un bambino quando suo padre, sotto consiglio dello stesso Regan, aveva iniziato ad educare Aiden, affinché un giorno potesse unirsi al Quartier Generale degli Auror. Una forgiatura alla quale non si era minimamente opposto, ma che aveva abbracciato sia per rendere fieri i membri della propria famiglia, sia perché i racconti di suo padre lo avevano sempre affascinato. Una forgiatura che era partita con un concetto di base, puro e semplice, con il solo scopo di garantire un ferreo autocontrollo: non avere paura; quella era stata la sua prima lezione, il primo colpo di martello sulla sbarra d’acciaio appena uscita dal fuoco.
«La paura è la peggior nemica di sempre. Molte persone compiono brutte cose a causa di questa emozione. Ricordatelo sempre, figlio: non lasciarti mai dominare dalla paura. Una persona deve provarla, certo, o non si avrebbe il coraggio, ma senza ritrovarsi schiavo di essa. Mi hai capito?»
E lui aveva fatto tesoro delle parole di suo padre, le aveva seguite come una sorta di dettame, tranne quando lo sguardo si posava sulla cosa che lo terrorizzava più in assoluto: i clown. Aiden Weiss temeva quegli strani esseri truccati più di qualsiasi altra cosa al mondo e lo aveva scoperto proprio da bambino, con un fratello che non aveva dimostrato alcun riguardo nei suoi confronti e che aveva saputo rendere vani gli insegnamenti di Charles. Questo almeno finché Aiden non fu abbastanza maturo e dimostrare, di conseguenza, di possedere la forza necessaria per tenere a bada le proprie emozioni. Non aveva forse ucciso il bambino che era in lui per permettere all’uomo di nascere? O non era così?

Fissò i risultati del proprio gesto, mentre il subconscio suggerì una sorta di affinità con la culla e - al tempo stesso - persino con l’armatura arrugginita. Erano collegamenti con se stesso, con il proprio passato e il proprio presente, con ciò che era stato e ciò che era in quel momento, in cui la culla rappresentava il suo lato infantile che aveva dovuto cedere il passo al suo lato adulto, simboleggiato appunto dall’armatura. Un passaggio di testimone necessario, voluto o non voluto che fosse non aveva alcuna importanza, se non per giungere a quel preciso istante e in quell’esatto luogo.
La copertina candida ondeggiò nel vuoto per qualche istante, finché non divenne immobile sul freddo pavimento. L’Auror non abbassò la guardia, non ancora, non fino a quando non avrebbe avuto la certezza assoluta che nulla gli avrebbe arrecato danno; perciò si mosse lentamente, il collo proteso in avanti per permettere alla testa di sporgersi quel tanto oltre il bordo della culla per indagare al su interno.
E poi lo vide: un pezzo di vetro, non più grande del suo palmo e dalla forma irregolare, che lo lasciò letteralmente spiazzato. Com’era possibile che la culla avesse dondolato sotto il peso di quel pezzo di vetro? Cosa significava tutto ciò?
Si sporse verso di esso per poterlo studiare meglio e si ritrovò a fissare il proprio riflesso. Due occhi blu e confusi, una porzione del proprio naso e la cicatrice bianca che aveva proprio sotto all’occhio sinistro, vennero improvvisamente sostituiti da due zampe sottili e ricoperte da uno strato di peluria decisamente inconfondibile. Non era riuscito a riconoscere le impronte prima di allora perché non le aveva mai viste, ma ora che quelle due zampe erano apparse sulla superficie vetrosa, tutto iniziava ad avere senso. La mente tornò indietro ai primi istanti in cui Cernunnos lo aveva portato in quello strano mondo, quando Aiden aveva interrotto la propria corsa verso la torre e il proprio sguardo aveva intravisto un piccolo occhio ambrato; una colorazione tipica delle volpi, così come il pelo che ne ricopriva le zampe, e stessa cosa potevano dirsi delle dimensioni degli arti in relazione all’occhio e alle impronte che aveva trovato nel terreno. Quindi era questa l’identità della creaturina che aveva inseguito fino a quel momento: una volpe.

Fu sul punto di esclamare quella sua scoperta con una tale gioia che l’ombra di un sorriso trionfante aveva preso a farsi strada sulle sue labbra, ma l’ennesimo strappo sembrò riportarlo ad un altro livello di realtà, come se quanto era successo in quella stanza fosse stato il frutto di un sogno.
Aiden si ritrovò dunque all'ingresso, con solo le tre porte identiche alla sua sinistra, l’altare sul fondo e il “nulla” nella parete di destra. Non seppe spiegarsi come era finito nuovamente lì, non ricordava di essere uscito di sua spontanea volontà, eppure era così e la neve che ricopriva il pavimento, trasmettendo ai suoi piedi nudi la sensazione pungente del gelo, glielo dimostrò. Ma qualcosa di nuovo ed inedito, oltre alla scomparsa della porticina alla sua destra, giaceva nella sua stessa mano ed era reale; il pezzo di vetro era in suo possesso, ma l’Auror non ricordava di averlo mai sfiorato.
Lo stato confusionario, però, non durò a molto e Aiden strinse al petto quel pezzo di vetro, come un prezioso tesoro dal quale non voleva saperne di separarsi. Aveva visto le zampe di una volpe, solo e soltanto quella porzione dell’animale, il che fece intuire al giovane che probabilmente mancava un pezzo per concludere l’opera. E se la volpe era la risposta alla sua domanda interiore, la tappa finale di quel suo viaggio, la parte mancante della sua anima, allora doveva prima completarla.
Lo sguardo andò verso la zona dell’altare e ricordò che al suo arrivo aveva intravisto qualcosa brillare, ma che aveva deciso di pensarci dopo aver esplorato la stanza celata dietro la porticina sulla destra. Ora che aveva portato a termine quella fase, poteva dedicarsi interamente all’altare e - se le proprie supposizioni si fossero rivelate corrette - allora forse avrebbe trovato la parte mancante dello specchio.
Si avviò lentamente verso il fondo, lo sguardo fissò sull’altare con maggior fiducia in se stesso e con il cuore a mille per la Speranza.

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Aiden Weiss
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Musica cambiata.


 
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Aiden era chiamato a scegliere; lo era sempre stato.
Scegliere cosa fare dopo la morte tragica del padre,
scegliere come comportarsi di fronte alle reazioni dei fratelli,
scegliere se seguire istinto, ragione, o semplicemente...cuore.

Con il frammento in mano, una roccaforte a pezzi e la naturale confusione dopo un passaggio tanto rapido in quella piccola stanzina, l'Auror era chiamato a scegliere di nuovo. Tre porte, tre morti; era quello il messaggio? Cosa sarebbe successo se, invece che muovere i passi verso l'altare avesse aperto una porta, o tentato di farlo? Una profezia aveva orchestrato i pensieri più remoti del giovane mago al punto da sottolineare le azioni compiute come derivate da essa. Le sue spire, venefiche, si erano radicate talmente in profondità da rendere troppo arduo ogni tentativo di liberarsene. Ma quel viaggio nel regno dell'incontrastato Cernunno, stava richiedendo un sacrificio, per donare in cambio una libertà da apprezzare oltre misura. Destino e fato non si plasmano dal vuoto o dalla paura, e non sempre sono a portata di quei miseri esseri mortali. Ma vi sono momenti in cui più mondi si allineano, le realtà si fondono e si può scavare così in profondità da temere di non riemergere mai più. Ecco cosa sarebbe successo, se Aiden Weiss avesse dato ascolto alla zavorra di cui non era stato capace di liberarsi all'inizio. I vestiti che giacevano a due passi da lui, in realtà, ma ad ere di distanza dal castello, non erano quanto di più deleterio per lui, non era necessario sbarazzarsi di quelli, quando il peso a gravar sull'anima era un altro. Dietro le gemelle di legno avrebbe anche potuto celarsi la verità sulla profezia, avrebbero potuto nascondersi i nomi di chi avrebbe perso secondo il veggente, o la sibilla, ma niente sarebbe cambiato. Così facendo, la prova a cui fin dall'inizio il Dio della Caccia lo aveva sottoposto, sarebbe miseramente fallita. Troppo ancorato ad un timore sicuro, Aiden non avrebbe mai capito cosa invece celasse il suo stesso Io, quello che aveva rinchiuso per troppo tempo in una gabbia di doveri e certezze. Basta imposizioni, basta regole del buon mago, basta anche con quel continuo seguire le orme altrui. Doveva scrivere la sua storia.

La sua natura, la sue vera esistenza, sarebbe ripartita da lì, da quell'immagine che il frammento di specchio - ora visibile - adagiato sull'altare, rivelava. Una volpe, un essere schivo. Un osservatore dalla notte dei tempi. Un predatore notturno dai colori vivaci. Aggressivo per difesa. Inarrivabile per natura. Non addestrabile. Non raggiungibile da chi non sapeva trattarlo. Racchiusa tra i frammenti uniti, c'era proprio lei, la creaturina che aveva rifiutato il suo gesto di pace, guidandolo in quello che altri non era che se stesso. Ma, se l'avesse guardata con attenzione, Aiden avrebbe visto il corpo dell'animale irrobustirsi, alzarsi il garrese e le sfere d'ambra avrebbero assunto un tono blu. Piccoli ma inconfondibili segni, di una versione più "Weiss" della bestia. Un solo sguardo e l'immagine sarebbe rimasta impressa nella mente, prima che tutto svanisse.

Un respiro, fu quanto richiese lo strappo successivo, mozzando il fiato. Tutto scomparve, e la realtà riprese a battere come un tamburo incessante. Solo allora, quando l'atmosfera gelida sfiorò le membra spoglie di Aiden, il ragazzo comprese di dover aprire gli occhi; era tornato lì dove aveva chiesto a Cernunno un consiglio, seduto a terra, solo con se stesso.


--
Bene Aiden, passiamo ora alla fase finale del tuo apprendimento.
Prenditi lo spazio che ti necessita per realizzare ciò che il PG vede attraverso lo specchio, ed eseguire il tuo primo tentativo di mutazione.
Lascia l'esito a me.

Buona fortuna!

 
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Chapter XII - The true colors of the Soul

▿▿▿


Un passo dopo l’altro, senza esitazioni o rimpianti, senza voltarsi mai indietro o rivolgendo il benché minimo sguardo ad una delle tre porte identiche che erano rimaste alle sua sinistra. Non c’era spazio per gli errori, per le scelte avventate, per farsi divorare dalle proprie paure e preoccupazioni. Era armato di una volontà senza precedenti, un’armatura resistente e per nulla arrugginita come quelle che giacevano a terra in quel corridoio invaso dalla neve.
Aiden Weiss seguì il proprio istinto verso l’altare, percependo che solo lì avrebbe trovato il suo prezioso tesoro, la parte mancante della sua anima; seguì la ragione a seguito della sua attenta riflessione riguardo il pezzo di specchio mancante e per ricordarsi costantemente di non cedere alle inibizioni che la Profezia poteva scatenere; seguì il cuore perché sentiva che era quella la sua strada, la sua storia, la sua vera natura. Insieme, queste tre costanti, condussero i passi dell’Auror verso l’unica risposta che Cernunnos aveva scelto appositamente per lui. E ogni suo passo verso l’altare era un grazie al suo Dio, la propria decisione nel voler abbracciare quel dono che sapeva di aver conquistato, di voler accettare ogni sfumatura di se stesso. Perché era questo che stava facendo: stava dimostrando che Aiden Weiss non avrebbe mai rinnegato ciò che la propria Anima bramava di voler fare emergere.
La Profezia non contava più ormai, nulla di quel contesto Oscuro che lo attendeva pazientemente aveva importanza; non in quel momento, non in quel luogo, non finché non si sarebbe realizzata per davvero.
Era pronto, lo sapeva e lo percepiva in ogni fibra del proprio essere. E fintanto che si fosse ricordato chi e cosa era, allora il giovane Auror non avrebbe avuto paura.

Lo sguardo si posò sul vetro adagiato sull’altare, mentre il cuore batté risoluto nel proprio petto, come un tamburo che proclamava la vittoria. Commosso, il fulvo si portò una mano sulla bocca e lacrime di gioia presero a scendere silenziosamente lungo le sue guance arrossate dal freddo. Non provava vergogna, solo tanta felicità nell’essere riuscito a giungere fin lì.
Ora che la figura completa della volpe gli era apparsa, tutto aveva finalmente acquistato un senso. Suo padre lo aveva sempre saputo, aveva visto nel figlio lo spirito scaltro ed indomito della volpe, ma Aiden non aveva mai pensato - o creduto - che quella fosse la sua vera natura, il riflesso della sua essenza animale.
La conferma arrivò nel momento stesso in cui notò il corpo della creatura irrobustirsi, alzarsi il garrese e le iridi ambrate tingersi di un blu inconfondibile. Era lui.

Era un Uomo.
Un Auror.
Un Guerriero.
Un Celta.
Una Volpe.


L’ennesimo strappo e Aiden ritornò alla realtà, la propria. Il respiro gli si mozzò in gola e non appena avvertì il gelo sfiorare le sue forme ancora nude, aprì gli occhi di scatto e prese a respirare a pieni polmoni, bramoso di ossigeno.
Il cuore batteva ancora all’impazzata e il petto si alzava e abbassava con prepotenza mentre tentava di regolarizzare il respiro, ma nulla gli impedì di sorridere. La sua storia sarebbe partita da lì, in quella radura totalmente immersa nella natura, sentendosi finalmente completo e in pace con se stesso. Avrebbe imboccato il sentiero dell’Animagus, proprio come un tempo fecero suo padre e suo nonno, rispettivamente nei panni di un lupo e di un orso, mentre lui avrebbe indossato la pelle di una volpe. L’immagine era ancora scolpita nella sua mente, indelebile, e pronta a fondersi con il corpo umano di Aiden grazie alla Trasfigurazione.
«Grazie, Grande Padre.» mormorò, dopo aver chiuso gli occhi e alzato lo sguardo al cielo. Un ringraziamento al suo Dio, al Padre della Natura, che non lo aveva abbandonato nel momento del bisogno e che aveva aperto una via verso la verità soltanto per lui, un suo fedele discepolo.

Non gliene importava granché se l’incantesimo che si era lanciato addosso prima del rituale era svanito, né voleva alcun indumento durante il suo primo approccio con la mutazione. Il freddo non sarebbe stato un problema una volta assunte le fattezze della volpe, gli indumenti invece sarebbero stati solo d’intralcio, un di più che non voleva assolutamente avere durante quella sua prima esperienza.
Prese posizione su un grosso masso, abbastanza largo da contenere due persone e dalla superficie piatta. Il suo esordio come volpe sarebbe iniziato da lì, da quel punto leggermente rialzato, per poi estendere il proprio territorio fin dove fosse stato in grado di correre. E sarebbe stato libero di essere ciò che desiderava, di vivere secondo le proprie regole e principi, di circoscrivere i confini della propria esistenza.
Era il Sovrano di se stesso e gli bastava.

Ora che la bacchetta di Biancospino era assicurata nella sua mano destra, la dominante, Weiss poteva iniziare il capitolo seguente di quell’avventura.
Un respiro profondo e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal suono dell’acqua e dal canto degli uccelli in sottofondo, così da liberare la mente da qualsiasi tipo di affanno e prepararla alla concentrazione massima. La Trasfigurazione Umana era la branca più difficile e pericolosa e un singolo errore poteva causare danni davvero catastrofici; non era un caso, quindi, che molti Maghi e Streghe si tenessero alla larga da simili magie, piuttosto che rischiare. Aiden Weiss, però, era risoluto e sarebbe andato avanti a qualsiasi costo, almeno fintanto che avrebbe avuto le forze necessarie per farlo.
La decisione quindi fu la prima spinta che il giovane Mago usò per giungere alla concentrazione, appellandosi al proprio potenziale magico racchiuso nel proprio sangue. Soltanto quando fu certo che non vi fossero elementi disturbanti o pensieri di troppo, l’Auror colmò la propria mente con l’immagine della volpe che aveva visto nel mondo onirico; il riflesso del suo Io animale ripercorse i dettagli intravisti sulla superficie vetrosa, dall’ingrossamento del corpo come esemplare maschio agli occhi blu. Ma sarebbe bastato? Era una fedele rappresentazione di se stesso nel futuro corpo animale?
Non era abbastanza, ne era certo; non poteva basarsi su un'immagine approssimativa, doveva assolutamente focalizzare le proprie caratteristiche e fonderle nella volpe. Conosceva molto bene i tratti del proprio fisico e, del resto, chi non conosceva il proprio aspetto?
Dunque Weiss iniziò a visualizzare la sua futura forma animale in maniera nitida e dettagliata: oltre alla stazza più grossa e alla colorazione degli occhi, provò ad immaginare la pelliccia della stessa tonalità dei propri capelli, un rosso acceso, con zone bianche e una spruzzata di nero nelle zampe e nella punta delle orecchie; i tatuaggi, segni indelebili sulla propria pelle umana, sarebbero stati sicuramente celati da tutta quella peluria, perciò immaginò di doverli escludere. Non fu così, tuttavia, per la cicatrice bianca e sottile che suo fratello gli aveva gentilmente procurato, situata poco sotto l’occhio sinistro; dovette quindi immaginare una piccola striscia di pelo più rado, se non addirittura glabro, nella zona corrispondente alla cicatrice.
Una volta terminata quella fase di focalizzazione della forma che voleva assumere, Aiden portò la bacchetta al centro della propria fronte e, senza smettere di pensare alle fattezze della volpe, tentò di incrementare la propria concentrazione e potenziale magico. Potenza, volontà e determinazione avrebbero dovuto guidare il Mago verso il successo, senza mostrare cedimenti o imperfezioni: perché lui desiderava ardentemente diventare una volpe, lui era la volpe. Aveva accettato di buon grado quella sua natura, in un certo senso l’aveva sempre sentita affine al suo carattere, ma gli ci era voluto quel viaggio spirituale per abbracciarla totalmente ed indissolubilmente. Qualunque fosse stato il prezzo da pagare per assumere quella forma, lui l’avrebbe saldato senza esitazioni o rimpianti.
Cercò di convogliare la propria magia nella bacchetta e poi, quando si sentì pronto, diede inizio alle danze. «Mutas...» La propria voce echeggiò nella radura con decisione e potenza, pronunciando la formula con chiarezza. «... vulpes!»
Qualsiasi cosa fosse successa da quel momento in poi, Aiden se lo sentiva nell'anima: la volpe che era in lui era pronta ad uscire e lo sarebbe stata, in un modo o nell’altro.

Lui era la volpe.



▵▵▵

Aiden Weiss
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Inventario:
• Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
• Anello e ciondolo d'argento;
• Tomo "Trasfigurazione Umana Avanzata Volume III: l'Animagus";
Polvere di Cernunnos;Utilizzata
• Bracciale Celtico originale.

Note Off:
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Il tempo del dolore era ad un passo.
Ossa spezzate, pelle dilaniata.

Fremente, il Dio della Caccia rimase in ascolto, muto spettatore di quell'ultimo passaggio del rito. Non si contavano nei secoli i deboli che, pur sapendo cosa celava l'altra faccia della medaglia, dopo un primo attimo di panico avevano abbandonato i buoni propositi. Essi vagavano per il mondo come maghi spezzati, eternamente consapevoli di non essere completi, ma troppo fiacchi per porvi rimedio. Ora che Aiden Weiss conosceva la vera natura del suo animo, sarebbe riuscito a renderla libera? Dov'era la volpe?

Tornato alla nudità nel mondo a lui noto, l'Auror si appropriò del tempo necessario per interiorizzare l'informazione più importante, consapevole di quale fosse il passo successivo. Senza fretta, scelse il punto preciso in cui la nuova vita sarebbe cominciata, visualizzando al meglio il riflesso animale che lo specchio della roccaforte aveva palesato. Su un punto sopra elevato, infine, pronunciò la formula e godette di un intero minuto di totale silenzio. Solo il vento che sferzava gli fece compagnia. Poi, alla fine di un calmo respiro, lo colse un dolore acuto al petto che lo costrinse a piegarsi in avanti e subito in successione gli arti tremarono, come mossi da fili interni che si intrecciavano a legamenti ed ossa e stringevano con prepotenza. Un crack sinistro fece partire l'ennesimo picco di dolore, obbligando Aiden a poggiare il ginocchio destro a terra, perché la gamba era irrimediabilmente rotta in più punti. Come operai instancabili, i filamenti di magia della mutazione colpivano e ricostruivano, rimodellando un corpo tanto grande fino a ridurlo a qualcosa di ben più minuto. Ma era solo l'inizio, quello. Altri picchi di dolore gli fecero stringere i denti, e come aghi che forano in carne viva, banchi di peli rossicci iniziarono a ricoprire il corpo del mago, trafiggendolo come lame appuntite e scagliate dal peggior nemico, dalla punta dei piedi alla vita. La pelle pulsava sotto il peso di un cambiamento che non era mai stato tanto doloroso. Niente aveva a che vedere con le rapide trasfigurazioni scolastiche, quelle intorpidivano, ma non dolevano così tanto. Calore e dolore andavano di pari passo, rendendo il malcapitato sordo ai richiami del vento gelido che sferzava. Sommato alle fitte che ripetutamente amplificavano la sofferenza, il braccio sinistro iniziò a tremare maggiormente e, guardando la mano alla sua estremità, Aiden avrebbe potuto riconoscerne il motivo: stava cambiando. Anulare e mignolo non si distinguevano più, in quella che per metà sembrava la zampa più grande mai vista su una volpe. Spezzati, i respiri seguenti ebbero più tregua, perché il moto di mutazione si era momentaneamente arrestato, necessitava di altro carburante. Ma questo non avrebbe reso meno dolorosa la stasi raggiunta. La scelta era sempre solo una: proseguire o non farlo

--
La mutazione è iniziata, quasi tutte le tue ossa dolgono terribilmente, tienine conto. Il cranio è l'unico ancora libero dalla morsa della trasformazione. Conservi la bacchetta nella destra. Al netto di quanto specificato nel mio post, sei ancora per 3/4 umano.

Si continua...

 
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Chapter XIII - Unbowed, Unbent, Unbroken

▿▿▿


Silenzio.
Il minuto che trascorse parve infinito, gravoso della spregevole sensazione del fallimento. Ma quel lasso di tempo non avrebbe segnato la disfatta dell’Auror, bensì fu la quiete che avrebbe anticipato l’arrivo della tempesta, annunciando l’imminenza della prova più terribile: quella del dolore.
Aiden ebbe giusto il tempo di trarre un piccolo e calmo sospiro, interrogandosi su dove poteva aver sbagliato, finché l’agonia sopraggiunse, meschina ed improvvisa, colpendolo all’altezza del petto. Fu così intenso che si sentì costretto a piegarsi in due, i denti serrati con lo scopo di soffocare l’urlo di dolore e tramutarlo in un ringhio sofferente. Gli arti presero a tremare come in preda alle convulsioni e quando l’ennesima fitta di dolore lo trafisse alla gamba destra, seguita da uno schiocco secco, allora i propri polmoni liberarono l’urlo più disumano che l’uomo potesse generare.
Un dolore simile non l’aveva mai provato in tutti quegli anni di esistenza e l’incidente avvenuto molti anni prima durante la partita di Quiddich, in cui suo fratello l’aveva disarcionato dalla scopa con un Bolide e causandogli diverse fratture alle costole, non era nulla in confronto a quello che stava vivendo in quel momento; certo, non era stata una passeggiata farsi sistemare le costole per mezzo dell’Ossofast, ma almeno l’Infermiera dell’epoca aveva fatto del suo meglio per alleviare le sue sofferenze. Ora, invece, in quella radura, Aiden era solo e con una gamba rotta in diversi punti.
Digrignò i denti quando gli sembrò di percepire tanti piccoli aghi perforare la pelle, mentre la sensazione di calore andò a sostituire il gelo del vento che fino a pochi attimi prima gli aveva tenuto compagnia; tutto ciò lo avvertì estendersi dai piedi fino alla vita. Tutto pulsava dolorosamente, finché l’arto sinistro non prese a vibrare maggiormente e lo sguardo di Aiden si posò sulla propria mano, gli occhi che si sbarrarono dallo stupore. Non aveva fallito, ma il processo di trasformazione si era innescato improvvisamente, cogliendolo impreparato. Anulare e mignolo erano assenti, rivelando la presenza di una zampa troppo grande per una volpe.
Il processo sembrò arrestrarsi all’improvviso, lasciandolo ancora più uomo che animale; ma Aiden approfittò di quella tregua per cercare di riprendere fiato, ancora spezzato dal dolore, oltre a realizzare fin dove era riuscito ad arrivare. C’era del pelo rossiccio e un arto era sproporzionato ma impostato per essere una zampa, mentre la gamba destra era semplicemente distrutta.
Cercò di rimettersi in piedi, puntellandosi sulla gamba ancora sana, nel disperato tentativo di avvertire meno dolore: se fosse rimasto in ginocchio, l’arto spezzato gli avrebbe causato soltanto un maggiore tormento, schiacciato dal proprio peso e rischiando di compromettere la propria concentrazione e lui questo non poteva permetterselo. Non voleva arrendersi, non così, non alla prima avversità.
Le persone sostenevano che Aiden Weiss non fosse in grado di riconoscere i propri limiti, reso cieco dal proprio orgoglio e testardaggine, ma non era così, non era quella la verità; il giovane fulvo conosceva se stesso e sapeva di avere dei limiti - come tutti del resto -, ma era altresì certo che tali limitazioni non si sarebbero potute fermare alla prima difficoltà. E l’unica cosa che poteva fare per scoprire se quel determinato ostacolo era o meno al dì là della propria portata, oltre le proprie forze e capacità, era quello di tentare e ritentare diverse volte. Perciò lui avrebbe proseguito con quell’ennesima prova di Cernunnos, non si sarebbe tirato indietro soltanto perché il dolore lo stava supplicando di porre fine a quell’incessante tormento.
Se sua madre fosse stata lì con lui, se lo avesse visto ridotto in quel modo, lo avrebbe supplicato di invertire il processo di mutazione. «L’Immūtas! Aiden, ti prego, pronuncia l’Immūtas!» Era questo quello che Annabelle gli avrebbe suggerito di fare, di usare il controincantesimo per annullare gli effetti che il Mutas aveva causato sul suo corpo. E invece…

Chiuse gli occhi e cercò di regolare il respiro, affinché gli fosse più facile mantenere il controllo sulle proprie afflizioni e sulla concentrazione che l’intero processo richiedeva.
La prima fase che si accinse ad affrontare, fu quella di sposare il dolore che la mutazione portava con sé. Era inevitabile, era scontato, era naturale. Aiden era un uomo alto e grosso che doveva passare ad una forma più minuta, che camminava a quattro zampe, con un’ossatura decisamente più fragile e con muscoli decisamente più elastici; era ovvio che avrebbe sofferto nel diventare una volpe, era quello - dopotutto - il prezzo da pagare. Accettare di soffrire quindi era necessario, né più né meno.
Uno, due e tre respiri. Il rosso di Galway realizzò che la testa era stata risparmiata e che nessuna fitta lancinante avrebbe compromesso il fluire dei suoi pensieri e, di conseguenza, che vi era una remota possibilità di giungere ad una svolta positivi e - forse - definitiva; oltre a ciò, perfino il braccio destro, quello dominante e che ancora reggeva la bacchetta, non era stato influenzato più di tanto o comunque non era diventato inabile da rendergli impossibile puntare il catalizzatore alla centro del proprio cranio. Era una magra consolazione e che ora andava sfruttata a pieno.
L’immagine di se stesso nella pelle della volpe tornò nuovamente ad occupare la propria mente, giacché era stata impressa in maniera indelebile, marchiata a fuoco, e che ora andava cucita sul proprio corpo umano. Stavolta tentò di immedesimarsi di più nella creaturina, di poter correre a quattro zampe e di agitare la coda a proprio diletto; desiderava con tutta la propria anima, ora resa integra da quella nuova scoperta di sé, di poter balzare su una preda ignara e affondare le zanne nella tenera carne, mentre la tratteneva sotto il peso delle proprie zampe munite di piccoli artigli. Voleva poter contare sui propri sensi sviluppati, di sentire odori nuovi e udire suoni che all’orecchio umano sfuggivano. Voleva poter vivere pienamente quella sua doppia identità.
Ancora una volta visualizzò la folta pelliccia di un rosso intenso, tinta di bianco nella zona del collo fino al ventre e di nero sulla punta delle orecchie e nelle zampe; se la immaginò soffice al tatto, proprio come lo erano i suoi capelli. Gli occhi blu come il mare, gli stessi che aveva da umano, ma solcati da una linea sottile e nera. Il muso era affilato, allungato e provvisto da folti vibrisse, oltre a dei canini appunti e minacciosi. La coda era lunga e gonfia, ottima per coordinare i movimenti agili della volpe. Il naso sarebbe stato sensibile, un eccellente strumento per individuare e decifrare qualsiasi tipo di odore anche a diverse distanze; così come le orecchie, appuntite e secondo elemento essenziale sia per cacciare che per sopravvivere. Le zampe sarebbero state esili, ma munite di una muscolatura tale da consentire degli ottimi salti e agilità nelle corse, oltre ad essere dotate di artigli non così dissimili da quelli di un gatto, se non più resistenti. La stazza era più grande, più robusta, poiché una volpe maschio aveva delle dimensioni un poco maggiori rispetto ad un esemplare femmina. Infine, la cicatrice sotto l’occhio sinistro, una linea sottile e distinguibile dalla presenza di una zona di peluria più rada se non addirittura glabra. Tutto ciò era assai nitido, reale, e Aiden cercò di sentirla anche come tangibile, proprio come quei primi segni che ancora portava sul corpo.
Prima aveva solo immaginato la volpe, ora si sentiva una volpe, dentro e fuori.
Un fluire continuo di concentrazione, costante nel tempo, senza tralasciare nulla ma bilanciando gli aspetti visivi dell’immagine della volpe con il proprio desiderio e istinti che lo rendevano affine a quell’animale. Era furbo, era intelligente, era agile e silenzioso. Un essere che non si lasciava avvicinare facilmente, sospettoso, solitario e curioso. Nella cultura celtica le volpi erano tra le creature più rispettate, ritenute sagge e guide eccellenti; quindi era questo che sarebbe stato d’ora in poi: più saggio e una guida per chiunque avesse avuto bisogno di lui, non solo per la sua famiglia.
Aiden abbracciò la volpe e la sentì sua, proprio come fece con il dolore, al quale si sarebbe abituato pur di ottenere quelle nuove sembianze. Era pronto, se lo sentiva, poteva compiere il passo con una maggior consapevolezza di sé e delle proprie forze. Drenò dunque tutto il proprio potenziale magico che aveva ereditato da svariate generazioni di Maghi e Streghe, di Weiss e di O’Brian, deciso più che mai a sfruttarlo a pieno e rendere così orgogliosi e partecipi ognuno dei suoi antenati. Avrebbe raggiunto suo nonno e suo padre tra le schiere di Animagus della famiglia, sarebbe stato il volpacchiotto di Charles Weiss per il resto della vita.
Ribelle, deciso a sfidare la sorte ancora una volta pur di non pronunciare quel dannato Immūtas che sapeva di resa, armato di una volontà ancora più solida e sicura, l’Auror portò la stecca di Biancospino al centro del propria fronte. Un respiro profondo, simbolico, quello di un guerriero che non si inginocchiava facilmente e che non voleva saperne di spezzarsi, fu quanto precedette la formula magica. «Mutas vulpes!» Un comando, deciso e cristallino quanto le acque del lago poco distante da lui, segnò quello che per Aiden Weiss era l’inizio di una storia nuova: la sua, quella di un uomo che avrebbe conquistato il proprio centro di gravità e vissuto sia come uomo che come volpe.
Un sorriso e poi attese la benevolenza di Cerunnos.

▵▵▵

Aiden Weiss
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Inventario:
• Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
• Anello e ciondolo d'argento;
• Tomo "Trasfigurazione Umana Avanzata Volume III: l'Animagus";
Polvere di Cernunnos;Utilizzata
• Bracciale Celtico originale.

Note Off:
Cercherebbe di tenersi sulla gamba sana, Master permettendo.
Ultimo cambio di musica.


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Solo tendini, ossa e muscoli.

I nervi martoriati dell’Auror ebbero tregua solo in quella pausa, ma l’inarrestabile flusso di magia non avrebbe smesso di farlo soffrire. Ottusi, come solo gli umani potevano essere, molti credevano che la parte più complessa fosse realizzare quell’ Io animale che alberga nel profondo di alcuni. Ed ogni volta che uno di questi finiva sotto lo sguardo severo di Colui che illumina il percorso, egli rideva nel sadismo del suo guscio immortale, consapevole che ognuno di essi era troppo debole per abbracciare un culto che aveva finto di conoscere. Aiden Weiss aveva intrapreso un cammino che l’avrebbe portato ad elevarsi sopra coloro che non ce l’avevano fatta, se fosse riuscito a proseguire. I polmoni, premuti in modo innaturale contro la cassa toracica, gridarono pietà, ma lui era sordo ad ogni preghiera, perfino quella che in un ipotetico universo la madre avrebbe invocato affinché il figlio rinunciasse a sottoporsi a quella tortura. Lei, però, non sapeva. L’eco dell’urlo fece inarcare le labbra strette del muso del Divino, che a distanza irrisoria osservava la scena. Occhi intangibili fissi sul mago che annaspava.

Instancabile, il giovane mosse la gamba ancora sana per reggervisi, consapevole che il ginocchio in frantumi non avrebbe retto tanto a lungo. Anche lasciar intercorrere troppo tempo, in quella fase così delicata, sarebbe stato potenzialmente deleterio. Il rischio di dove cercare aiuto o un passaggio al San Mungo, era distante non più di qualche battito. Invece, con il cuore colmo di spirito e la mente pronta ad accogliere la volpe, l’ex Grifondoro ritentò. Veloce, il dolore non lo fece aspettare e subito colpì il palmo della mano, che mancò la presa sull’elsa della bacchetta, ma non ci sarebbe stato modo di preoccuparsene subito. Colpito da ripetute scosse, il corpo riprese a contorcersi e modellarsi. Altre ossa cedettero sotto il peso del mutamento, ma il dolore non era nemmeno paragonabile a quello che invece provò pochi attimi dopo, quando gli arti iniziarono a rimpicciolirsi e il mondo divenne sempre più grande. Stordimento, e confusione in dosi al limite del concepibile, trasformarono la mente dell’Auror in un incoerente insieme di immagini, profumi, suoni e fobie. Uno squittio interiore lo avvertì della pressa che strinse le tempie in una abbraccio soffocante. La costrizione del cranio fu la tortura massima, che lo mise nuovamente in ginocchio, anche se ora tre zampe su quattro erano ben formate – sempre sproporzionate, ma formate – e del braccio dominante rimaneva poco o nulla di umano: un paio di dita, indice e pollice, e nulla più. La folta coda si agitava al vento ed ogni nervo che ne componeva le fibre, ululava di pura sofferenza. Avrebbe avuto la sensazione di essere stato forzato a mettersi a gattoni, ma la verità era che la schiena stessa si era riposizionata e fungeva ora da rigida barriera ad un possibile rialzarsi. Il corpo stava assumendo una forma sempre più chiara e visibile dall'esterno, ma per lui perfino la vista era annebbiata di rosso. L'unico sollievo era dato dalla copertura al freddo, che ora non rappresentava più un grande problema. Le unghie rigide scalfirono la roccia. Il volto, inguardabile, iniziò ad allungarsi ed Aiden avrebbe potuto sentire i canini estendersi a rischio di lacerare le labbra. Forse avrebbe potuto pronunciare un ultimo incantesimo, ma non senza dolore. Come prima, il processo si fermò.

Due dita, una grandezza insolita del corpo ed una parte del volto, erano tutto ciò che gli restava di umano. Nonostante le atroci fitte e la vista compromessa, c'era spazio per un ultimo tentativo, prima che la coscienza venisse meno e richiedesse calcoli più istintivi. Bacchetta a terra, proprio accanto a lui.
--
Molto bene,
siamo prossimi alla conclusione, sei umano solo per 1/3

Si continua...

 
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Chapter XIV - And now it ends

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Una volta decretata la scelta di tentare con un secondo approccio, ecco che la magia non si fece attendere, non come era successo con il primo tentativo: il dolore fu rapido, imprevedibile, fatto di alti e bassi a seconda del livello di sopportazione del rosso. Quando la mano armata del proprio catalizzatore magico venne colpita da una fitta, un gemito sommesso trovò modo di lasciare la sua bocca e la prese venne meno, mentre la mente di Aiden venne proiettata su una cosa che suo padre gli disse tanto tempo prima, durante uno dei suoi anni adolescenziali.
«Le cose non avvengono mai due volte allo stesso identico modo...»
Ed era vero. La mutazione si era innescata molto velocemente, non aveva atteso come all’inizio e sicuramente ora era ben più preparato a sopportare quel supplizio che sapeva di dover pagare per avere una simile magia.
Molteplici scosse si impadronirono del corpo di Aiden, come un burattino nelle mani del proprio Dio, lasciando che venisse modellato come un pezzo di creta. Altre ossa si spezzarono come deboli ramoscelli, rivelando all’Irlandese quanto fragile fosse in realtà, poiché - in fin dei conti - non era altro che un semplice ammasso di sangue, ossa e carne.
Più i picchi di dolore agivano contro di lui, come tante lame sottili che lo trafiggevano da parte a parte, più iniziò ad accusare un certo stordimento, acuito ancor di più da un mix di novità che lo gettarono nella confusione più disparata, tra odori, suoni e immagini nuove. Le tempie vennero compresse con una brutalità disumana, sotto l’influsso di una sorta di pressa invisibile, al tal punto che temette di ritrovarsi con il cranio aperto come un uovo; era l’agonia più estrema che avesse mai provato sulla propria pelle e semmai avesse avuto le forze per urlare, lo avrebbe fatto, ma invece si limitò a crollare in ginocchio per l’ennesima volta. Ogni fibra del proprio corpo urlava pietà per tutta quella sofferenza senza limiti, ma l’anima di Aiden sapeva perfettamente che era l’unico modo per raggiungere il proprio obiettivo finale.
Tre su quattro degli arti divennero delle zampe in tutto e per tutto, anche se decisamente sproporzionate, eccetto per il braccio dominante in cui restavano soltanto due dita umane. Avvertì la presenza della coda, attaccata al proprio bacino per mezzo del coccige e da nervi e fasci muscolari che dolevano come il resto del corpo, mentre la colonna vertebrale impose all’Auror una posizione a quattro zampe e sopprimendo qualsiasi desiderio di rimettersi in piedi. Avvertì però gli artigli che si erano formati grattare sulla roccia e un'assenza di freddo, mentre l’ultima cosa di cui si accorse prima che la mutazione si arrestasse nuovamente furono i lunghi canini che per poco non gli forarono le labbra. La visuale si era tinta di rosso ma ciò nonostante non gli impedì di accorgersi delle uniche due dita umane rimaste e che fosse ancora ridotto ad una stazza troppo “disumana” per una volpe, mentre la fida bacchetta giaceva accanto a lui.
Martoriato, letteralmente a pezzi, con nervi e fasci muscolari che pulsavano senza sostanza e che non accennavano a diminuire, Aiden Weiss comprese di aver ancora un ultimo atto da compiere: doveva solamente scegliere se farlo o tirarsi indietro.
Sollevò appena gli occhi al cielo, stordito e indebolito, osservando il cielo. Pensò a sua nonna, alle parole che si erano detti poco prima dell’addio, a come doveva aver sofferto in quelle sue ultime ore di vita e si sentì vicino a lei, ora più che mai. Lei aveva sofferto ed era morta, ora lui doveva soffrire per vivere e trovare il proprio legittimo posto. Non era equo tutto ciò, eppure Aiden pensò che forse Cernunnos gli stava facendo provare lo stesso quantitativo di dolore che aveva subito sua nonna, così che non si dimenticasse mai del prezzo che era stato pagato per quel Dono che lui stava ancora cercando di conquistarsi. Forse così un po’ equo lo era, ma solo in minima parte: la morte non era mai equilibrata e giusta.
Con le uniche due dita rimaste tentò di impossessarsi nuovamente della bacchetta, sospirando rumorosamente dalle narici, pronto a compiere un altro tentativo con un significativo e profondo atto di fede. Io ci credo..., pensò.
Non avrebbe mollato, poteva ancora farcela.

Credeva di poter gestire la situazione, di essersi dimostrato un degno discepolo di Cernunnos, di aver meritato quel tipo di magia e di aver reso fiera sua nonna. Credeva con tutto se stesso di poter sfruttare al meglio quella nuova forma: non per scopi egoistici, ma per fare del bene, per proteggere le persone da lontano e garantire alla popolazione la giustizia che meritava. A se stesso andava solo la felicità e il senso di completezza che la volpe rappresentava, chiudendo infine un cerchio - un personale Uroboros - che fino a quel momento era sempre rimasto aperto.
Lui credeva in ciò che faceva, nella causa che lo alimentava e in tutto ciò che lo avevano reso tale: credeva il se stesso con ogni fibra del proprio corpo.
Tentò di ignorare la confusione che aveva come annebbiato la sua mente durante la seconda fase della mutazione, tentò di scacciare via ogni residuo di stanchezza e di afflizione, deciso più che mai di colmare i propri pensieri con la concentrazione necessaria e con l’immagine della volpe che era in lui. Era arrivato il momento di spezzare tutte le catene che la tenevano relegata in un remoto angolo della propria anima, permettendole di emergere e di calcare la Terra: il tempo della prigionia, della repressione e negazione di se stesso era finita. La Volpe d’Irlanda era pronta ad uscire in tutta la sua potenza.
Ancora una volta ripercorse i dettagli che avrebbero preso vita nella sua forma animale, desiderandolo con tutto il proprio cuore e spirito: il manto rossiccio, le orecchie a punta, il muso appuntito come quello di un lupo e munito di zanne e lunghe vibrisse, la cicatrice sottile sotto l’occhio sinistro, gli occhi blu come il mare; il tocco di bianco e nero nelle zone del ventre, delle orecchie e delle zampe. Arti agili e sottili, muniti di artigli e la coda lunga e gonfia. Ricordò quanto aveva visto riflesso nello specchio, della giusta stazza dell’animale in quanto esemplare maschile; tentò quindi di imporre al proprio corpo di raggiungere le giuste dimensioni una volta innescato il processo di trasformazione.
Diede una piccola annusata nell’aria, nel disperato tentativo di trovare il giusto slancio per immedesimarsi maggiormente nella creaturina, nonché assaporando quando lo attendeva nel regno animale. Era deciso più che mai nel volersi cimentare in una battuta di caccia una volta completata la trasformazione, e dopo aver compiuto una corsa liberatorio, offrendo la prima preda in onore a Cernunnos. Pregustò già il momento in cui avrebbe scovato e colto di sorpresa la sua prima vittima, delle zanne che affondavano letali nella giugulare e del sangue avrebbe avvertito sulla lingua ruvida.
Oh sì, non vedeva l’ora di provare l'ebbrezza della caccia, di sentirsi proprio come una vera volpe e vivere come lei. Ora sentiva di percepire quella sua natura selvaggia più nitidamente e la brama di esserlo al cento per cento era alle stelle.
La bacchetta andò al centro della propria fronte, dopodiché Weiss si concentrò con il fine di raccogliere ogni residuo di forza che gli era rimasta, facendo leva su quella fede che nutriva e che alimentava la propria determinazione nel voler compiere dell'ennesimo passaggio. Se c’è ancora forza dentro di me, prendila... Una supplica mentale rivolta alla magia che stava per sprigionare per la terza volta, verso Cernunnos stesso, nonché suo Dio e silenzioso Maestro in quella delicata e difficile pratica.
Poi svuotò la mente da tutto ciò che non riguardava l’immagine della volpe e tornò a sentirsi come tale, bramoso di unirsi alla cerchia di Animagus, di uscire vincitore da quella sfida personale che metteva in palio l’altro pezzo della propria anima. Soltanto quando fu pronto, allora all’Auror non rimase altro che agire. «Mutas vulpes!» tuonò in tono chiaro, deciso e di comando. Non gliene importò se si fosse ferito con le zanne appuntite, avrebbe usato la parola finché ne fosse stato in grado, conscio che usare un Incantesimo Non Verbale alla prima esperienza con una Trasfigurazione di quella portata, specialmente se già in un equilibrio precario come quello in cui riversava, era estremamente pericoloso e difficile anche per un Mago adulto: sarebbe bastato un errore per causare una grave catastrofe, specialmente ora che era ad una fase avanzata della mutazione.
Se Cernunnos, detentore del Fato dell’Auror, si fosse dimostrato accondiscente e soddisfatto di lui, decretando la fine di quella prova, allora Aiden Weiss si sarebbe potuto ritenere libero di iniziare quella sua nuova vita con vigore e rinomata speranza. E le catene che avevano trattenuto la volpe si sarebbe spezzate per sempre.

▵▵▵

Aiden Weiss
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Inventario:
• Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
• Anello e ciondolo d'argento;
• Tomo "Trasfigurazione Umana Avanzata Volume III: l'Animagus";
Polvere di Cernunnos;Utilizzata
• Bracciale Celtico originale.

Note Off:
Ultimo trafiletto tutto in SE il Master vuole.


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view post Posted on 17/6/2019, 10:24
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Il Fato

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"Le antiche foreste e i luoghi selvaggi emanano i miei poteri "
↸↸↸

Spoglie di umanità, stracciate come abiti consunti.

Testardo e convinto, l'Auror non accennò a mollare la presa sulla mutazione che stava facendo stridere ogni osso. Tesi come corde di violino, i nervi si arricciavano in una danza disumana e sofferta. Le zanne ferirono le labbra nell'ostinazione di una pronuncia ancora verbale. Ma quelle gocce di sangue a bagnare la brina gelida che irrigidiva l'erba del parco, non furono nulla in confronto alle ultime lancinanti fitte. Il corpo deforme di Aiden, nel tentativo di somigliare il più possibile all'animale in cui stava mutando, si contorse ancora per altri terribili secondi, prima che le orecchie assumessero l'aspetto corretto ed il muso affilato sostituisse il volto umano. Gli occhi, resi nuovamente grandi, presero posizione e si riaprirono solo quando l'intero organismo confermò di essere pronto. Finalmente volpe

Senza che potesse chiederlo, o averne il controllo, i sensi acuiti del selvaggio inondarono la mente schematica del mago. I più complessi ragionamenti si persero in un marasma di odori e sensazioni istintive, le uniche a guidare un animale di quel calibro. Il freddo passò in ultimo piano, superato di gran lena dalla vista sbiadita del canide. Pungente, il fresco odore dell'inverno pieno, inondò le narici raffinate e scatti istintivi mossero la coda, bilanciere di una camminata ancora scomposta. Imparare a convivere con la natura schiva di una delle creature più venerate dei boschi non sarebbe stato semplice, l'espansività mal si sposava con quella bestia, e così nemmeno il desiderio di un contatto o una vita in comunità enormi. Le orecchie si mossero per captare i suoni più i vicini ed un'acre realtà si insinuò subito dopo nello sguardo blu. C'era ancora Aiden, sotto strati d'istinto volpino, pronto ad abbracciare il vero senso del suo viaggio onirico.

Poi, un ululato.
L'ultima prova di Cernunno?

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Dal masso scelto per trasformarsi, la volpe poteva percepire molto di ciò che la circondava, l'impronta umana nel parco imponeva l'urgenza di allontanarsi dal domestico. Eppure il mondo non aveva ancora finito con lui. Circondato da boschi, l'esemplare di volpe avrebbe dovuto compiere la propria scelta in fretta, e convivere con essa. L'odore del lupo, visualizzato come immaginaria scia dipinta ma imprecisa, indicava il punto esatto in cui, con le zanne snudate e l'atteggiamento aggressivo, si stava avvicinando. Nello sguardo ocra, il desiderio di difendere un territorio che non apparteneva ad Aiden.

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Siamo giunti alla fine del tuo apprendimento, il prossimo post è l'ultimo che ti chiedo. Confermerò il ritorno all'umanità di Aiden nel mio ultimo intervento.

Questo è il primo approccio del tuo PG nei confronti della sua più intima natura, dunque hai carta bianca purché tu tenga a mente i tratti fondamentali del comportamento di una volpe. L'essere schiva, l'agire come prima cosa in propria preservazione, l'essere opportunista e scaltra, selvatica ed istintiva. Da inesperto essa sarà uno dei motori trainanti di Aiden, quindi non sottovalutarne l'importanza e.... divertiti!

La prima trasformazione non dura ore, quindi tieni anche questo in considerazione. E' ancora inverno, il lupo ti sta puntando, agisci come pensi potrebbe agire la volpe, considerala una one shot della prima trasformazione, puoi muovere anche il lupo con l'adeguata coerenza.

 
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view post Posted on 23/6/2019, 17:10
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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When the snow falls, the fox tries to survive
Chapter XV - Home

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Percepì distintamente la punta dei canini pungere la sensibile carne delle labbra, strappandoli via qualche piccola goccia di sangue che andò a bagnare l’erba attorno alla roccia su cui era appostato, già di per sé umida di brina. Altre ossa, muscoli e nervi si tesero sotto la potenza del flusso magico per una terza volta, mentre la mutazione modellò quanto restava delle spoglie umane dell’Auror per poterle adattare a quelle dell’animale a cui era così intimamente legato. Come in bilico su un filo sottile, il volto di Aiden si trasfigurò completamente in quello di una volpe e le dimensioni mostruose vennero corrette con quelle giuste e naturali per una simile creatura.
Soltanto quando non avvertì più lo stesso dolore di prima e le forti scosse che avevano guidato il proprio corpo a quel mutamento, la neo volpe aprì gli occhi blu e scrutò quanto aveva davanti. La vista era come quella di un qualsiasi canide, tendente al grigio, con sfumature più o meno nette che viravano al bianco o al nero in base alla luce; ma quando dilatò le narici per prendere maggiore coscienza di un altro suo strumento sensoriale, il giovane Animagus rimase dapprima stravolto da tutti quegli odori così forti ed intensi, completamente più marcati rispetto a quelli percepiti da umano. Alcuni però si rivelarono addirittura una novità per lui e fu sorpreso ed incuriosito al tempo stesso, scoprendo che perfino il suo stesso sangue aveva un odore proprio, pungente, fresco e dolce; percepirlo innesco un sentimento tutto nuovo, venato da una sottile arroganza e bramosia di possesso: il territorialismo. Dentro di sé sapeva già di aver marcato quel posto come suo, di aver appena designato il primo confine della sua proprietà di volpe.
Era così che si sentiva una vera volpe nel proprio habitat?
L’odore pungente dell’inverno non gli dispiacque affatto, forse avrebbe potuto nevicare nelle giornate successive, ma non ne era ancora del tutto sicuro; nel mentre il freddo accarezzò il suo pelo rossiccio e la coda si mosse istintivamente, permettendogli una maggiore stabilità su quelle quattro zampe di cui non aveva la piena coordinazione.
Aiden era ancora presente, ma la sua mente era come comandata dall'istinto animalesco della volpe e schiacciando la razionalità umana. Forse un giorno avrebbe imparato a bilanciare ogni cosa, non soltanto la trasformazione ma anche il temperamento animale, trovando un giusto equilibrio tra uomo e volpe. Ovviamente non sapeva se ciò era possibile ma lo avrebbe scoperto con il tempo, una volta presa più confidenza con quella sua nuova natura.
Al momento - però - andava bene così.

Ricettive, le orecchie della volpe captarono l’ombra di un pericolo fin troppo vicino per i propri gusti: l’ululato di un lupo. Ancora una volta annusò l’aria e percepì una scia imprecisa ma che gli permise di trovare il punto esatto in cui emerse la figura massiccia e minacciosa del lupo, nonché lontano cugino della volpe. Le zanne bianche e snudate del suo poco amichevole “vicino di casa” lo misero in allarme e allora intuì che non era lì per accoglierlo in quel nuovo mondo e per fare merenda insieme, bensì per cacciarlo via da un territorio che non gli apparteneva. Eppure l’Animagus aveva già marcato quel posto come suo col proprio sangue. Mio. Mio. Mio. pensò in ogni caso, irrigidendo i muscoli così da poter scattare il più prontamente possibile.
L'istinto indusse la volpe a capire al volo la portata di un simile incontro: non sarebbe mai sopravvissuto ad uno scontro diretto con un predatore più grosso di lui e che, di conseguenza, avrebbe dovuto rimandare la propria colonizzazione del territorio pur di mettersi in salvo e ritentare un altro giorno. Avrebbe voluto alzare la coda voluminosa, rigida come un ramoscello, per poi sbatterla contro la roccia su cui “era venuto in quel mondo”, permettendo così alle ghiandole odorifere poste sulla coda di secerne un po’ del suo personale aroma e marcare nuovamente la roccia; invece si limitò solamente ad alzarla piuttosto che sottomettersi, in quello che sarebbe potuto sembrare comunque un chiaro segno di sfida. Al giovane esemplare di volpe poco importava dell’opinione del lupo: sarebbe tornato e gli avrebbe soffiato quel posto da sotto al naso.
Aiden decise di lasciare l’istinto della volpe completamente a briglia sciolta, di lasciarsi sopraffare da esso se voleva imparare a padroneggiarne i sensi. Ora come ora non aveva tempo da perdere, doveva fuggire e il più velocemente possibile, poiché non sapeva se il lupo l’avrebbe inseguito. Percepì i muscoli delle zampe scattare e guizzò via con fare lesto, per quanto i propri arti lo consentivano.
Si diresse verso Nord, verso la sua casa umana, unica meta che la propria razionalità riuscì a far combaciare con la natura animale, ma solo perché era un’esigenza necessaria alla propria sopravvivenza.
Mentre i propri simili si godevano la stagione degli amori, impedendo al novello Animagus di ricevere qualsivoglia tipo di supporto contro il lupo che lo stava inseguendo - ne percepì distintamente l’odore che si era ritrovato automaticamente registrato in un piccolo anfratto della sua memoria animalesca -, perciò doveva sbarazzarsi del proprio inseguitore in un altro modo e il prima possibile. Sentiva infatti il proprio cuore battere all’impazzata e i polmoni della volpe non erano lì stessi che aveva da umano: per quanto fosse un animale resistente, Aiden sapeva che non avrebbe retto all’infinito e che, se non per via del lupo, allora avrebbe tirato le cuoia per sfinimento.
Saltò diversi tronchi abbattuti e riversi a terra, a volte persino delle piccole rocce o balzando contro la corteccia di alcuni alberi ancora in piedi per darsi una maggiore spinta nei salti: tutto con quanta più agilità riuscì ad ottenere da quelle sue nuove sembianze. Di tanto in tanto cercava di fare dei giri in tondo a qualche arbusto, sfiorandoli con la coda affinché le ghiandole odorifere potessero secernere un po’ dei propri odori e marcare il punto, così da depistare il lupo.
Dilatò le narici e annusò profondamente mentre correva per la propria vita, cercando delle possibili scappatoie da sfruttare per sbarazzarsi del lupo e salvarsi. Captò uno strano odore poco distante da lui, forte e pungente, di urina fresca mescolata a quella del muschio e del terriccio. Non aveva idea a quale animale coniare un simile odore, era tutto così nuovo per lui, ma era vicino e poteva solamente sperare che non fosse l’ennesimo nemico da aggiungere alla sua lista giornaliera. Era la sua prima volta da volpe e già aveva un lupo alle calcagna: mai avrebbe pensato di ricevere un simile battesimo a quella sua nuova vita.
Emise un profondo e acuto verso mentre si avvicinava, un chiaro segnale di allarme, ma che non sapeva se sarebbe stato compreso da qualunque animale l’avesse udito o se valeva solo per i propri simili. Wow-wow-wow! Una specie di latrato, un chiaro suono con uno specifico significato: pericolo.
Davanti a sé individuò un grosso tronco cavo con un’apertura sufficiente perfino per il lupo, ricoperto da un soffice strato di muschio e svariati licheni, in cui decise di infilarsi. Dal momento in cui mise piede all’interno di quella naturale struttura, l’Animagus notò che il passaggio dalla parte opposta era leggermente più stretto e - forse - il lupo avrebbe potuto tornare maggiore difficoltà ad uscirne senza una discreta dose di insistenza. Di buon grado la volpe sfruttò quella situazione per rallentare l’inseguitore e guadagnare più tempo possibile. Uscì dunque con un certo slancio, atterrando sulle zampe con poca grazia dato che non era ancora molto coordinato e abituato a simili fughe, ritrovandosi nella zona esatta in cui aveva avvertito il pungente odore di urina.
Lo sguardo blu si posò su un buco nel terreno, esattamente poco più a destra rispetto al tronco da cui era uscito e sotto alle radici di un arbusto che invece si ergeva imponente, ma sprovvisto di corteccia; sul legno nudo ed esposto si potevano notare profondi e lunghi solchi, lasciati da robusti e possenti artigli. Era davanti alla tana di un tasso e simili creature avevano uno strano rapporto con le volpi: i due animali si tollerano l'un l'altro in una sorta di commensalismo, con il tasso che manteneva pulita la tana e la volpe che portava gli avanzi di cibo nei pressi di essa, contribuendo involontariamente al sostentamento dell'ospite; a volte però i tassi si rivelano aggressivi nei confronti delle volpi e le scacciavano via e, in alcuni casi, uccidendone i cuccioli. Si poteva quasi considerare una sorta di amico e, constatando che il lupo era sempre più vicino e poteva non averlo seguito dentro il tronco come premeditato, non sarebbe rimasto lì a domandarsi se il tasso l’avrebbe accolto o meno nella propria tana. Era fatta per animali piccoli, quindi il proprio inseguitore non sarebbe mai riuscito ad entrarci; pertanto approfittare dell’ospitalità del tasso era l’unica carta che aveva a propria disposizione, l’unico modo per mettersi in salvo piuttosto che rimetterci la pelliccia.
Si infilò dentro la tana in tempo, poiché avvertì il ringhio del lupo su di sé e le zanne ad un passo dal ghermigli la coda rossiccia. Era riuscito a scamparla e ora il suo nemico grattava con insistenza il terreno attorno all’entrata, infilando il muso - di tanto in tanto - per ringhiarli contro. Al sicuro tra quelle quattro mura terrose, la volpe ringhiò a sua volta contro il lupo, sentendosi più che mai legittimato nel rispondergli a tono per averlo inseguito con così tanta assennatezza; ma non lo fece troppo a lungo, poiché la propria razionalità umana suggerì di muoversi il prima possibile per trovare un’uscita secondaria, dato che non aveva il pieno controllo della trasformazione e che, se non voleva tornare umano e morire in quella tana di tasso, avrebbe fatto meglio ad uscire di lì. L’istinto della volpe però prese il sopravvento e assestò un morso improvviso sul muso del lupo quando lo vide tentare un nuovo assalto, nell’infilare dentro la testa e cercare di arrivare ad Aiden; il gesto strappò al proprio avversario un guaito di dolore misto a sorpresa, facendolo retrocedere.
A quel punto si diresse velocemente dalla parte opposta, percorrendo quei cunicoli bui e sotterranei con l’aiuto del proprio olfatto e udito, oltre alla vista notturna, deciso più che mai a lasciare al tasso l’ingrato compito di allontanare il lupo da casa propria. Percepì infatti dei movimenti repentini in un cunicolo alla sua sinistra - in cui aveva percepito l'odore di chiuso e probabilmente del tasso stesso - mentre lui non smise di seguire l’unica scia d’aria pulita che aveva individuato.
Trovò l’uscita diversi secondi dopo, anticipata da un fascio di luce che sapeva di libertà. Lentamente sporse la testa oltre la fessura e si guardò intorno, annusando intensamente l'aria e muovendo le orecchie in cerca di rumori che potessero destare ulteriori allarmi; ma la zona era libera, piena di alberi e di qualche cespuglio di more, il cui profumo gli riempì le narici, mentre dei versi insistenti giunsero dalla galleria da cui era uscito. Il tasso probabilmente stava dando una lezione al lupo, ma a lui poco importava ormai, non era più un suo problema. Piuttosto si fiondò sulle more e prese a mordicchiarle con attenzione, evitando le spine del cespuglio, e sentendosi finalmente a casa e bisognoso di un ristoro.
Non voleva più dirigersi verso la meta che si era prefissato durante la fuga, non voleva tornare alla propria Tana; sentiva che c’era troppo di umano in quel posto e non se la sentiva di andare in un luogo che la parte animale riteneva come contaminata, voleva restare in quella parte di mondo selvaggio che sapeva di appartenergli. Ora che la volpe era finalmente libera non voleva più sottostare a nessuna regola, se non alle proprie, e se qualcuno si fosse azzardato ad avvicinarsi o a braccarla, allora sarebbe fuggita via per preservare la propria libertà e pace.
Era a casa, finalmente.

▵▵▵

Aiden Weiss
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• Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
• Anello e ciondolo d'argento;
• Tomo "Trasfigurazione Umana Avanzata Volume III: l'Animagus";
Polvere di Cernunnos;Utilizzata
• Bracciale Celtico originale.

Note Off:
Ho cercato di accennare al lupo e al tasso il modo vago, non volevo rischiare di andare oltre il consentito. Non ho nemmeno voluto azzardare un possibile sesso del lupo, lasciando comunque a te questo onere. Spero di aver fatto bene, in caso contrario chiedo scusa. :^^:


 
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view post Posted on 25/6/2019, 10:43
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Il Fato

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"Le antiche foreste e i luoghi selvaggi emanano i miei poteri "
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Correre, mettersi in salvo con il cuore in gola e voltarsi ogni tanto in cerca del predatore più grosso e con più denti. Zampe leste che aggredivano il terriccio alla ricerca di un posto in cui assicurarsi di aver salva la vita. L'astuzia di vivere di espedienti in un posto che non è la tua vera casa, così da rendere l'intera foresta, tua. Era quella la vita di una volpe in un luogo che non le apparteneva. Come una iena per un leone, la creatura dalla pelliccia fulva non avrebbe mai potuto avere la meglio su un lupo. La catena alimentare non la vedeva in cima, e lei stessa non avrebbe desiderato esserlo, quanto piuttosto avrebbe preferito possedere tutti gli strumenti per "farla franca" con il giusto stile. Combattere contro l'istinto si tradusse per Aiden in confusione e fastidio. La mente selvatica della volpe e le sinapsi semplici e immediate, agivano per sensazioni primarie e richiami semplici. C'è un lupo? Ringhia? Scappo.

E così fece.
Libera di sgranchirsi gli arti, e con un nemico a battere il ritmo alle sue spalle, la volpe corse a perdifiato, rammentando ad Aiden di prendere nota di quanto questo potesse durare fin tanto che l'adrenalina scorreva selvaggia. Tronco, sasso, corteccia, tana. Ogni zampata era un piacere per il corpo scattante della bestiola ed un punto a suo vantaggio contro la pesantezza del lupo. Più correva e meno le preoccupazioni umane infrangevano la barriera. Problemi, pensieri, fastidi e questioni in sospeso erano qualcosa di talmente lontano da lui che niente avrebbe potuto distrarlo. Le orecchie scattavano quasi senza controllo, già un tutt'uno con i micro-movimenti del corpo. Stava facendo tanto, si stava letteralmente immergendo nella vita che avrebbe potuto avere - quasi - ogni volta lo avesse desiderato. Avrebbe dovuto allenarsi, aumentare le proprie capacità di sopportazione del dolore dato dalla mutazione e della resistenza sotto forma animale. Da esperto avrebbe potuto allungare la durata dell'incantesimo a dismisura, conservare integro il vestiario e non vivere nel timore dell'instabilità... ma fino ad allora, avrebbe affrontato a modo suo la verità. Vivendo con la volpe. Diventando una volpe.

E la scomodità della natura umana si palesò proprio alla fine della corsa, quando il Lupo ed il Tasso erano ormai storia vecchia. Il sapore dell'ultima mora si perse oltre le papille volpine, divenute più neutre e umane. Aiden si ritrovò rannicchiato accanto al cespuglio di bacche, esattamente come era partito. Avrebbe impiegato qualche secondo a rendere nuovamente complessi i proprio pensieri e ragionamenti, per poi alzarsi e proseguire nella direzione scelta.

Cernunno, soddisfatto, avrebbe poi abbandonato il mondo terreno.

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Siamo giunti alla fine del tuo apprendimento. Ottimo!
Sei ufficialmente un ANIMAGUS PRINCIPIANTE (volpe rossa)
CITAZIONE
Abilità conosciuta solo da pochi maghi, richiede infatti molto impegno e ricerche per essere raggiunta. Allo stadio di "principiante" ci si potrà trasformare, ma la trasformazione potrebbe essere instabile (portando a ritornare umani senza volerlo o a non riuscire a diventare animali) e non può in nessun caso durare più di 5 post/azioni.

Puoi registrarti al Ministero --> QUI

Buon Gioco!

 
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