| Interessante. Non si aspettava di trovare subito un ostacolo, dopotutto Voldemort aveva assicurato che sarebbe entrata senza problemi invece, eccoli lí davanti ai suoi occhi i suoi problemi. Uno dei due era una montagna minacciosa e dal volto imperscrutabile, l’altro, meno alto ma comunque tarchiato, se ne stava silente in attesa di compiere la sua mossa. Rivolse verso Carlyse un sorriso timido eppure complice quando le sfiorò una mano, apparendo in tutto e per tutto una coppia altolocata ad un appuntamento. Era ancora ferma con le labbra increspate in modo soddisfatto quando la domanda a bruciapelo arrivò chiara e schietta. Da dove veniva? Che domanda sciocca, il suo accento la tradiva e sulla sua origine, non avrebbe certo mentito,
-Inverness, Scozia.-
Nella mente si formò rapida l’immagine della passeggiata lungo il fiume Ness, il chiacchiericcio della gente, gli alberi verdi che oscillavano alla brezza che si levava dal mare, la cattedrale di Sant'Andre e il suo campanile che svettava sopra tutti, il castello che controllava la città dalla sommità della collina, il Victorian Market e i colori del fiori, il ponte ness sopra il quale da bambina si attardava a guardare il vuoto. Probabilmente non avrebbe tardato molto a sentire l’intruso nella sua mente, Voldemort si dilettava ancora a contorcerla, a frugarla con le dita ossute, strappandole mugolii di dolore verso i quali non aveva mai sollevato obiezione, come avrebbe potuto poi farlo? Era sua e l’oscuro signore glielo ricordava ogni volta che poteva. Ma Finn non era un benvenuto, anzi, si trattava di una presenza invadente e se avesse capito che lui voleva andare oltre al ponte, oltre alla città che si tingeva dei colori del tramonto avrebbe fatto qualcosa, avrebbe agito come quella volta a Villa Malfoy, come l’era stato insegnato. Non gli avrebbe permesso di profanarle la mente e di aprire ulteriori porte. Tabula rasa. L’immagine sfumò, i contorni perdevano la loro nitidezza e i colori si facevano sempre più pallidi, man mano più tenui. Era come se Finn si trovasse all’interno di una cartolina sbiadita, qualcosa conservato per molto tempo tra le pagine di un diario che veniva aperto dopo troppo tempo e all’improvviso di tutto quello che aveva appena visto non rimaneva più nulla. Lo spazio era vuoto, candido e neutro. Non vi erano angoli, non c’erano spigoli, non trovava né un soffitto né un pavimento dove poter fermarsi, Finn sarebbe fluttuato nel vuoto totale, nella vastità del nulla senza trovare porte, senza trovare vie d’uscita o d’ingresso a nuovi fantastici mondi. lo avrebbe obbligato a riemergere se non voleva perdersi, lo avrebbe obbligato ad uscire se non voleva rimanere intrappolato nella sua mente e solo allora, quando avrebbe sentito le difese del Legilimens cadere, quando Finn avrebbe dubitato delle sue capacità, si sarebbe azzardata a creare un ricordo fittizio. Un salotto di una casa ben curata, senza particolari dettagli se non il servizio da the in porcellana su di un tavolo di cristallo, delle poltrone in pelle cremisi, una lampada d’ottone con un paralume in vetro decorato che rimandava riverberi luminosi sul volto di Carlisle che le chiedeva di accompagnarla ad una serata, lei che faceva la ritrosa. E poi nulla più, il pensiero sfumò rapido come aveva fatto la città poco prima, lo aveva fatto apposta Rowena, per evitare che capisse che quella era una menzogna. Tornò a ricreare velocemente lo spazio vuoto e sconfinato, quel nulla opprimente che lo avrebbe calciato fuori dalla sua mente. SE vi fosse riuscita, si sarebbe poi rivolta al suo accompagnatore, rivolgendogli un sorriso rassicurante,
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