| Parole su parole, che si ripetevano in una nenia fastidiosa ma che sapevano di realtà. Era vero, Rowena Abyss nascondeva parte di se, di quello che era stata tra cui, tra le tante cose, anche una codarda. Nella sua vita aveva fatto molte scelte che avrebbero potuta esporre ad un vita forse ancora più pericolosa ma che le avrebbe regalato gioie che aveva oramai smesso d'assaporare. Era fuggita da quella che poteva essere felicità per paura delle conseguenze, anteponendo la paura di morire a qualcosa di reale e tangibile. Il ricordo di tutto, la investì come se fosse nel mezzo di un tempesta, ma cercò di allontanarlo, non era il momento ideale per farsi coinvolgere da sentimenti ed emozioni che aveva accantonato oramai da anni. Cercò quindi di fare leva sulla propria freddezza per scuotersi, per ridestarsi da quell’oblio prima che l’anello terminasse la propria funzione e fare quello che più di lucido la ragione le suggeriva: occludere la propria mente e agire. Aveva pensato lungamente prima di quella sera come poter raggiungere l’oggetto e aveva escluso la possibilità di lanciare un Accio verso questo, dato che, non aveva idea di quanto potesse essere grande e ingombrante. Inoltre si aspettava sicuramente delle contromisure magiche nel luogo che probabilmente facevano decadere incantesimi così banali ma anche cose più complesse come la smaterializzazione, il che l’era stato parzialmente confermato dalla camminata in compagnia di Carlisle. Erano supposizioni le sue, ma che le facevano pensare che le carte che a breve avrebbe sceso, sarebbero state vincenti. Tuttavia si doveva occupare prima di quella voce e della malia che rischiava di gettarle addosso. Socchiuse appena gli occhi quindi, tentando di isolare se stessa e la scatola nel luogo, tenendo lontano la voce del banditore, il sommesso vociare dei presenti, gli scalpitii dei passi di chi abbandonava il luogo, gli scricchiolii delle sedie sulle quali erano sedute le persone più corpulente. Ogni rumore fu dismesso, allontanato da lei, ogni pensiero ed ogni emozione sviscerate dalla sua essenza e gettate via. Doveva rimanere un guscio vuoto, fatto di ossa, muscoli e tendini pronti a scattare. Fu per questo che quelle parole e qualasi altra parola le fosse stata rivolta, veniva incarcerata in un quadrato infinito e complesso, quasi irreale eppure, tangibile. Quel quadrato non aveva mattoni, non vi era calce che poteva assemblare pezzi e che poteva essere intaccata, non erano nemmeno blocchi compatti ed uniformi, che lasciavano spiragli per via di fuga, era semplicemente uno spazio bianco che si faceva man mano più piccolo, che toglieva il respiro diventando claustrofobico mentre un oscurità nera divorava tutto attorno. Non vi erano ombre in quel buio, non vi erano fattezze, visi, brillanti occhi che osservavano in un riverbero di luce, c’erano solo tenebre infinite nelle quali perdersi e morire. Se mai l’ometto accanto a lei si fosse ridestato in tempo, tutto questo procedimento l’avrebbe vissuto anche lui. Solo quando fu certa che tutto fosse andato a buon fine, che nella sua mente non vi fossero presenze estranee, si sarebbe alzata, infilando la mano nel vestito, apparendo probabilmente agli occhi del banditore, come una persona che voleva fare un offerta e prendendo forse il tempo necessario per poter agire ulteriormente. Avrebbe provato quindi ad afferrare rapidamente, mentre quello ciarlava, la bacchetta che teneva in tasca al vestito estraendola con un movimento fluido e deciso, stendendo rapidamente il braccio da se al palcoin un movimento privo di fronzoli, puntando esattamente in direzione del palco e con la precisione sul banditore ed enunciare a gran voce, la formula di un incantesimo che aveva già usato più volte nel corso della propria esistenza.
-Proiècto!-
L’intenzione era tutta lì, ovvero quella di raggiungere il palco e mettere fuori uso il banditore con il proprio peso. Avrebbe provato infatti a dargli la parte più dura di se, il fianco, cercando in volo di compiere una leggera rotazione con il busto, facendo leva sugli addominali e donare alla figura dell’uomo , il suo fianco e la sua spalla sinistra, in modo così anche di proteggere la bacchetta, che avrebbe stretto fortemente in mano in modo da non perderla, da eventuali incidenti. Era incurante di tutto in quel momento, del caos che avrebbe creato e del dolore che avrebbe provato, annebbiata solo dal suo obbiettivo: portare la scatola al Signore Oscuro.
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