Ethereal real ethereal real ethereal realSentiva la pelle ardere lentamente, e con intensità crescente, al contatto sempre più insistente di indice e pollice sull'amuleto propiziatorio. Non avrebbe potuto chiedere di meglio, lo sapeva bene. Con ogni probabilità, ci sarebbe stato un giorno in cui avrebbe ricordato quel prezioso incontro con il più dolce dei sorrisi stampato sul volto: perché Leah era speciale più di chiunque altri, e tuttavia Oliver non credeva di essere stato ancora in grado di farle capire quanto lo fosse per lui. Le rivolse un altro sorriso, sollevando appena per un attimo il capo in sua direzione; un incontro repentino, il cuore ancora in tumulto, mentre le mani danzavano sulla superficie di rame dell'amuleto. Non c'era cosa più bella. Lo stava analizzando fin nei dettagli, ne sondava la forma e la struttura, il valore simbolico e il suo richiamo; e nel suo sguardo, poteva essere limpido anche agli occhi dell'altra studentessa, si annaspava ancora un senso segreto, qualcosa che avrebbe voluto comunicare con tutto se stesso, e che tuttavia non sentiva di poter dire. Non quel giorno, non con la bellezza più luminosa a fare da cornice. C'era un tempo per le ombre, diceva sua nonna, e non poteva essere quello.
«Tu mi vedi, Leah.»La scelta delle parole, l'uso di alcuni verbi a favore di altri, tutto era un equilibrio cui Oliver non si sarebbe sottratto; se solo la Tassina avesse saputo, se solo avesse potuto intendere il suo messaggio, quel "vedere" appena sussurrato a fil di voce, allora tutto avrebbe avuto un altro valore, ben più profondo, ben più attivo.
«Tu mi vedi per come sono e credimi, sento di essere il ragazzo più fortunato di Hogwarts.» Non si trattava, a quel punto, solo del regalo; l'amuleto era delizioso, lo sapevano entrambi, e la manifattura così pregiata non poteva che provenire da Ars Arcana, a Diagon Alley. La conoscenza che aveva dei negozi più ambiti e belli del Mondo Magico non era da poco, per il Caposcuola: un giorno in giro da una parte, il successivo dall'altra, mappe vere e proprie di acquisti e desideri si erano delineate per bene alla sua memoria. Forse, inoltre, Leah non lo sapeva, ma Oliver aveva già fatto visita alla teca di amuleti dell'antico ritrovo della cittadella lontana. Ars Arcana era una miniera d'oro e così lo erano i tesori di carattere e fascino mitologici che custodiva con parsimonia. Annuì, più a se stesso che per una risposta vera e propria. Le mani sfiorarono ancora una volta l'amuleto, stringendosi al punto di annodo della cinghia di caucciù. Si sbottonò di poco la cravatta rosso ed oro della propria Casata, spingendola leggermente verso il basso, così da scoprire il collo parzialmente.
«Un attimo e ci sono.» L'artefatto protettivo scivolò attorno la pelle, infine con le mani portate all'indietro, Oliver legò le due cinghie rapidamente tra sé. Sul petto, ora in mostra, il Simbolo di Apollo risplendeva per bene. Infilò subito dopo l'amuleto sotto il maglione, esattamente sul cuore come gli piaceva pensare.
«Ecco fatto.» Si lasciò andare ad un sorriso luminoso, uno dei più sinceri in assoluto in quelle ultime settimane, e subito dopo recuperò la borsa al suo fianco, portandola vicina. Non occorse molto per recuperare un sacchetto di carta, semplice e spoglio, senza fiocchi né decoro alcuno. Lo poggiò sul tavolo, al centro, in direzione della Tassina di fronte.
«Anch'io ho qualcosa per te, Leah, ma non potrà reggere mai il confronto, perché il tuo regalo è molto più sentito e bello. Potrei dire che per una volta mi perdonerai, potrei dire che negli ultimi giorni sono stato immensamente impegnato, distratto e preso da altro, ma il fatto è che... è che per quanto sia vero, comunque ti pensavo. Ho improvvisato qualcosa di semplice, ma che spero tu possa lo stesso apprezzare.» Indicò finalmente la confezione di carta.
«Non è pronto, ma mi piace pensare che in questo modo sia anche più bello, che possa ricordarti come sono io.» Un bozzolo vero e proprio, al contatto delle mani sarebbe parso come antropomorfo, fin quando appena scartato si sarebbe rivelato in tutta la sua semplicità. Intagliato in legno, scalfito in più punti, di piccole e tozze dimensioni si delineava in quel modo una creatura interamente immobile, dalle fattezze forse inizialmente grezze ma riconoscibili di un passerotto piuttosto basso. Un lavoro manuale, dalle sfumature naturali del castagno scuro e in parte chiaro ai lati, dove le ali piegate dell'uccellino quasi attendevano di spalancarsi. Oliver avrebbe atteso Leah prima di sfilare la bacchetta dalla tavolata e di stringerla tra le mani. Immaginò in quel momento il primo volo di un passerotto, il corpo scosso da un fremito di vita, il soffio del vento già capace di scivolare al cuore e fin nel petto, mentre le piume si districavano in legno e fissa dimora, divenendo così libere. La punta d'Abete sulla testolina sgraziata - a più punti, là dove il materiale era stato sminuzzato alla grossolana maniera - finalmente Oliver diede via all'Incantesimo scelto. Un primo cerchio in senso orario, sinuoso e leggero, il polso in movimento non troppo impegnativo, eppure deciso. Uno scatto successivo, a sfidare la stessa aria dall'alto verso il basso, in prossimità del cuore del passerotto, sulla scia della formula magica, accentuata come dovuto.
«Gargòllo»E così in principio spento, il passerotto si districò dalla morsa del legno.
Finalmente libero, in un risveglio di un sonno profondo, salutò al suo primo volo la ragazza più bella di Hogwarts.