Il Pozzo dei Desideri

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view post Posted on 8/1/2019, 09:58
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Il Fato

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Nevicava da giorni, ma nessuno sembrava preoccuparsene. Le strade di Londra erano piene di gente alla ricerca del regalo giusto, quello che facesse davvero emozionare. Era davvero possibile trovarlo? La perfezione in grado di rispondere ai desideri più profondi di un essere umano? Esisteva il regalo perfetto?
Molti avrebbero detto di No, ma non siamo tutti uguali. La diversità fa la differenza molto più di quello che si possa immaginare.
Nella piccola bottega sembrava muoversi solo la polvere. Granelli di pulviscolo dondolavano nell’aria immobile, andando ad accarezzare i numerosi oggetti esposti sugli scaffali e sul pavimento. Non era mai regnato l’ordine in quel posto e nessuno se ne era mai preoccupato. Numerose scatole erano ammassate in fondo al negozio. Alcuni oggetti in esse contenuti avevano mille ricordi da raccontare. Nel corso della Storia erano passati di mano in mano, facendo la fortuna o la disgrazia dei loro possessori. Nessuno era immune al loro fascino.
Fitte ragnatele drappeggiavano le pareti, colme di polvere, piccoli insetti e sporcizia. Uno dei suoi inquilini era attaccato alla parete, come se facesse parte dell’arredamento. Una scopa che nessuno aveva più usato riposava a terra poco lontano dalla cassa. Una tazza macchiata di the, faceva bella mostra di sé sul bancone, ma non faceva parte della collezione. Attaccato al muro, l'antico orologio a cucù aveva smesso da parecchio tempo di far sentire la sua voce.
Dal soffitto penzolava un logora lanterna cinese, di un rosso ormai spento. Vicino ad essa, una lampada orientale che prometteva di esaudire i desideri, ma solo tre come vuole la leggenda.
La porta dal vetro sudicio, scricchiolava ad ogni colpo di vento. Sembrava che nessuno avesse varcato quella soglia da tempo immemore. Ma era davvero così? Un occhio attento avrebbe notato che il cartello affisso sul vetro era di nuovo voltato su OPEN.
L’antico medaglione con la testa di grifone era uno dei pezzi più misteriosi della collezione. Si diceva che potesse donare immensi poteri a chi avesse il coraggio di portarlo, ma anche che si nutrisse dell’anima del suo possessore. Era solo leggenda o esisteva anche un fondo di verità?
Sotto ad uno sgabello di legno intarsiato, una maschera di ferro osservava i clienti con i suoi occhi vuoti. Vicino a lei, un drago di giada a cui mancava una zampa. Il tappeto logoro vicino all’ingresso, portava in modo innaturale i segni di due file di passi.
Sembrava che nessuno avesse cura di quel luogo, eppure ogni cosa occupava il suo giusto ordine nel Caos. Tutto aveva un senso.
Un gatto tigrato uscì dal retro, la coda che carezzava lo stipite della porta. Dietro di lui un uomo dall’aspetto antico da sembrare ammuffito. Posò gli occhi sul gatto e il suo volto si deformò in un sorriso indecifrabile.
Dusty, muoviti con garbo, potrebbe arrivare un cliente da un momento all’altro
Il felino emise un miagolio che sapeva di protesta. Il pelo si arruffò all’indirizzo dell’uomo.
Sì, lo so che odi questo nome, ma è perfetto per la nostra deliziosa location. Ne convieni?
Il gatto si allontanò stizzito, l’uomo non lo degnò di un secondo sguardo.
Nulla di avventato e lascia fare a me

In strada il vento faceva sentire la sua voce. Scompigliava senza gentilezza le acconciature delle signore e faceva volare i cappelli dei loro accompagnatori. Juliet si spostava tra loro, anche lei alla ricerca di qualcosa da comprare. Si muoveva rapida, ma qualcosa di imprevisto sembrò intralciare il suo cammino. Un rettangolo di anonima carta bianca, prese vita a contatto con il corpo della giovane strega. Chinandosi avrebbe notato un volantino dai colori soffici che sbatteva ritmicamente contro la sua caviglia. L’avrebbe raccolto ed esaminato, non sembrava nulla di speciale. Solo la foto di un vecchio negozio e una scritta in caratteri quasi medievali: “Se cerchi il regalo perfetto lo troverai al Pozzo dei Desideri”.
Sul fondo c'era un indirizzo che l'avrebbe guidata in una strada ad un paio di isolati.
Era forse quello il capolinea del suo vagare? Quel negozio aveva davvero tutte le risposte?
Alla giovane Grifondoro non restava che andare a vedere.


Juliet, benvenuta alla tua quest.

Per favore, posta le tue statistiche e inventario.

Per qualsiasi problema o perplessità inviami pure un MP.
Ti auguro buon gioco e buona fortuna.

Prossima scadenza : 15/01/2019







 
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view post Posted on 15/1/2019, 22:36
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Molti luoghi ha la tua anima, ivi alberga natura magnanima. Di coraggio e lealtà fanne bandiera, di Grifondoro potrai essere fiera!

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«Spostati nanerottolo non ho tutto il tempo» avrebbe "sputato", metaforicamente parlando, quelle parole con crescente acidità la giovane rosso-oro in direzione di un ragazzino tutto intento a intralciare, con il suo passo, quello della ragazzina, diretta chissà dove. Non si sarebbe soffermata neppure per un secondo sul bambino, forse intento pure a squadrarla. Ma non le importava, non in quel momento per lo meno. Quel giorno aveva altri grilli, come altri che le giravano attorno diretti verso i negozi della cittadina in cui tutto era iniziato per la testa, e non aveva voglia di perdere altro tempo. Avrebbe scosso la testa con la chioma fulva nascosta dentro il berretto di lana che la riparava dai fiocchi di neve che volteggiavano attorno. Scosse la testa per tutto quello che le stava succedendo e non succedendo in quel periodo. E la gente lì intorno non la stava affatto aiutando *Perbacco che giornataccia di merda* avrebbe pensato Juliet senza nascondere il suo disappunto sul fatto di non riuscire a trovare un regalo perfetto per la sua gemella. *Merda! Spero di non aver calpestato qualcosa* pensò nel momento esatto in cui il piede destro slittò sopra qualcosa che si trovava sul selciato. *Fa che non sia quello...fa che non sia quello* si sarebbe ripetuta come un mantra mentre timidamente provava a controllare cosa effettivamente avesse pestato o pescato. Avrebbe tirato un sospiro di sollievo quando si accorse che non era nulla di grave. Avrebbe continuato a camminare se non fosse per la scritta sul foglio che sembrava ammiccare a lei. E la curiosità prese il sopravvento per dare una ventata alla giovane grifona così cupa in quei giorni. «Mhhh… sembra interessante» disse la ragazza con curiosità che avvampava sempre di più. Con l'indirizzo in mente si sarebbe recata sul posto. Man mano che avanzava si rendeva conto di lasciare strade affollate per strade sudicie e poco trafficate, a dirla tutta anche poco raccomandabili. Ma come dice il saggio il vino buono si trova nella botte vecchia. Per questo motivo si convinse a compiere quei piccoli passi che la separavano dal luogo che era segnato sul foglietto che teneva ancora in mano. Il suo sguardo scuro avrebbe adocchiato il negozietto tutt'altro che lindo e di bell'aspetto. Sarebbe rimasta a decidersi se fare il passo in avanti oppure uno indietro, ma se non fosse andata avanti avrebbe perso forse un'occasione importante. la sua mano avrebbe spinto la porta e un po' di neve sarebbe entrata con lei. Si sarebbe guardata attorno per la stenza cercando di capire, attraverso gli oggetti esposti, il carattere del proprietario di un simile negozietto. Sono gli oggetti che rivelano la verità che gira attorno ai possessori. Il suo sguardo scuro sarebbe stato calamitato con forza quasi possessiva su un oggetto che sembrava reclamare la sua attenzione. La ragazza si sarebbe avvicinata a un medaglione, aveva l'aria di essere un medaglione. Sembrava trasudare potenza ma era solo un piccolo oggetto. Come poteva essere un oggetto così piccolo e forse quasi inutile trasmettere una tale potenza? Non sarebbe riuscita a toccarlo per paura…
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La porta si aprì lentamente mentre i suoi cardini arrugginiti gracchiavano una dolce sinfonia di benvenuto. Il legno vecchio e marcio scricchiolò nel silenzio, dando l’impressione di doversi sbriciolare da un momento all’altro. Il cartello con scritto Open dondolò appena prima di tornare diligentemente al suo posto. Una folata di vento lanciò uno spruzzo di neve fresca all’interno del locale, facendola atterrare sul pavimento sporco e impolverato. Rimase lì qualche istante, per poi sciogliersi lentamente impastandosi a ciò che c’era a terra.
La ragazza fece il suo ingresso accompagnata dal respiro degli elementi, che si placò non appena la porta si richiuse. Fu di nuovo silenzio, malinconico e preoccupante. Era davvero possibile che non ci fosse nessuno? Era aperto eppure totalmente abbandonato?
La bruna Grifondoro concentrò la sua attenzione su cosa il luogo avesse da offrirle, senza perdere tempo a domandarsi dove fosse il presunto proprietario. Si guardava intorno curiosa, così come le imponeva la sua giovane età. I suoi occhi scuri si muovevano sugli scaffali alla ricerca di un qualcosa di cui non era ancora a conoscenza. Lo trovò. Illuminato dalla luce giusta, il medaglione attirò la sua attenzione, così bello che non avrebbe potuto fare a meno di guardarlo.
L’uomo, ancora celato nell’ombra, arricciò le labbra in un sorriso maligno. Non poteva desiderare di meglio quel giorno. Nulla era stato ancora portato a termine, nulla sarebbe stato fatto invano. Lui era lì per questo. Tutto il resto sarebbe svanito come i fiocchi di neve su quel pavimento consumato. Il gatto ai suoi piedi rimase quasi immobile. Si concesse di far ondeggiare appena la coda, nascosta dietro il polpaccio dell’uomo. Una bacchetta intarsiata venne sollevata in aria, quel tanto che bastava. Il pulviscolo nella stanza sembrava quasi impazzito al suo passaggio, anche se tutto avvenne nel silenzio di un incantesimo non verbale. Juliet avrebbe visto il medaglione saltare fuori dal suo immoto alloggiamento e volare verso il fondo del locale. Una mano venne fuori dall’ombra per ghermirlo. Il pendente venne avvolto dalle dita mentre la catena scivolava tra pollice e indice.
L’uomo fece un paio di passi in avanti, quindi si fermò di nuovo, palesandosi così alla Grifondoro. Il gatto lo seguì, arrotolandosi languidamente tra le sue caviglie.
Bene, bene, bene due occhi verde giada si sollevarono alla ricerca del primo vero contatto visivo con la sua ospite Mi pare di capire che tu abbia già scelto. Sbaglio?

Per ora niente di nuovo. Juliet è in negozio e si rende conto di non essere sola.

Prossima scadenza : 27/01/2019







 
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Se ne stava lì a contemplare quasi fosse un oggetto da adorare e da avere nella collezione privata. Era un oggetto che riluceva di luce propria come se la luce stessa provenisse da lui e illuminasse l'ambiente intorno a sé. La mora non era avvezza ad ammirare gli oggetti, quali essi fossero, ma quello possedeva qualcosa di antico e misterioso che sembrava far cadere in balia dello stesso la povera Juliet. Le sembrava di trovarsi davanti a Lucifero, così demone e così umano allo stesso tempo. Scosse la testa bruna cercando di sbrogliarsi da quelle fantasticherie e si accinse a provare con mano che quello che vedeva non era solo frutto della sua immaginazione. Era lì in bella mostra e sembrava le dicesse di prenderlo. La sua mano non toccò l'oggetto che desiderava *Davvero lo desidero con tutta me stessa?* Si trovò a toccare soltanto l'aria perché l'oggetto si era mosso, non nella sua direzione, ma lontano come se lei non fosse degna nemmeno di toccarlo. Seguì con lo sguardo l'oggetto che si trovava, ora, nelle mani di un tipetto. Il suo sguardo scuro avrebbe percorso lo sconosciuto fino a che non si trovò immersa nel mare più limpido. Non aveva mai visto un simile colore su una persona, per giunta su una persona di nobili origini. Quella sembrava provenire dai suoi incubi. Sembrava affettato nei modi, modi un po'melliflui poté constatare quando le parló. Non volendo sembrare un ragazza facile né tantomeno dipendente dal fascino che il medaglione emanava si sarebbe comportata con durezza «Oh, intende quello? Sembra un cimelio di poco conto» si comportava come fa la volpe con l'uva che non riesce a prendere considerandola non degna. Sembrava così dura, ma il groppo in gola l'avrebbe tradita. Certo che ne era affascinata e ora che era lontano dallo sguardo e dalle mani quell'oggetto si era rivestito di più mistero e aveva voglia di conoscerlo e sì, anche di possederlo. Con garbo e senza far trapelare niente avrebbe mostrato il foglietto che aveva raccolto da terra prima: «Mi illumini» Avrebbe detto soltanto, su cosa poi era a discrezione del losco individuo
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La stava osservando già da un po'. Gli occhi nascosti sotto le sopracciglia folte e leggermente brizzolate, la bocca serrata in una smorfia dovuta alla concentrazione. Non era certo che potesse fare davvero al caso suo. Era solo una ragazzina, entrata in quel negozio abbandonato per rincorrere il regalo dei sogni. Una giovane strega ancora ben lontana dal sapere cosa rappresentasse davvero la Magia.
Cosa si aspettava di trovare in quel posto? Davvero era mossa solo dalle promesse di quel volantino pubblicitario? Magari era solo alla ricerca di uno sconto che le permettesse di risparmiare i soldi della paghetta di fine anno.
Più la guardava e più si convinceva che non fosse la persona giusta, ma ora era lì e non sarebbe mai uscita senza essere stata prima sottoposta al suo “esame”. Edward non era solito buttare le occasioni al vento e l’avrebbe spremuta come un limone maturo. Se quella ragazzina avesse avuto anche solo una goccia di sangue da dargli, lui l'avrebbe presa senza farsi il minimo scrupolo.
Le labbra secche si tesero in un sorriso quasi malinconico mentre la mano nodosa stringeva ancora il pendente. Fece dondolare la catenella che lo custodiva.
Una provocazione.
Una tentazione.
Due parole potenti e piene di implicazioni pericolose. Lui le conosceva bene, ma lei?
Lei sapeva rispondere a tono ad un attacco che toglie le parole di bocca? Era, quella ragazzina dai capelli corvini, in grado di resistere alle parole di un serpente ammaliatore?
Menti
Era una voce flessuosa e maligna quella che pronunciò quell'unica parola, capace di domare anche lo spirito più ribelle.
Non sei abile nella sottile arte del raggiro, mia cara.
Il gatto tigrato emise un miagolio soffocato, palesando la sua presenza tra i piedi dell'uomo misterioso. Il suo sguardo era affilato, al pari di quello del suo enigmatico padrone.
Ti direi di ritentare, ma questa sera non esiste una seconda occasione. Tienilo bene a mente prima di pronunciare altre incaute parole.
Una candela, ormai consumata, si spense al lato della sala e l'atmosfera divenne più cupa. In fondo, non c'era bisogno di quella fiamma per giocare a nascondino.
Luce, ombra, cosa importa? Tu lo desideri ed io voglio sapere il perché.
Cosa avrebbe dovuto fare la giovane Grifondoro in quel momento? Confessare di essere stata attratta da quel medaglione fin dal primo momento o nascondere i suoi desideri dietro un muro di bugie?


Prossima scadenza : 11/02/2019







 
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view post Posted on 5/2/2019, 16:36
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Sentiva a pelle che c'era qualcosa di molto più profondo e antico in quel negozio. Quali arcani misteri celava a chi non era degno di vedere oltre?
Forse non era stato un caso che proprio lei prendesse quel foglietto e ne scoprisse il luogo. Forse quello stesso, che teneva ancora in mano, nascondeva più di quanto volesse far intendere. Una trappola per attirare gli sprovveduti come lei.
Giovani e inesperti nell'arte della menzogna.
Si costrinse a tornare alla realtà e a quell'individuo che la squadrava quasi con lascivia come se fosse intenzionato a farsi carico dei suoi problemi e farla rimanere vuota come un guscio.
Era sì curiosa di sapere di più sull'oggetto che tanto desiderava perché era come se l'avesse chiamata a sé. Ma nello stesso tempo si sarebbe armata della sua miglior corazza che avrebbe nascosto sia all'uomo che a lei stessa le sue vere emozioni e i suoi veri desideri. Si sarebbe avvalsa a creare una sorta di barriera in quella sua parte della mente dove tutto sarebbe stato chiuso per dare spazio alla freddezza e all'indifferenza. Avrebbe fissato l'uomo come faceva il gatto con il topo.
Solo che in quel momento lei sarebbe stata il gatto.
Le parole di lui ovviamente avrebbero cercato di fare breccia in quella corazza. L'espressione di Juliet Little sarebbe stata imperscrutabile. Nessun muscolo facciale avrebbe tremato, nemmeno lo sguardo che sarebbe stato spento e non avrebbe mostrato quanto fosse dura non cedere ai due serpenti che attentavano alla sua persona. Le parole di lui sembravano mettere a nudo.
Se avesse ceduto avrebbe perso un'occasione ghiotta per giocare.
Lei voleva giocare e avrebbe fatto che lui stesse al suo gioco. Era stufa di essere un giocattolino nelle mani di altre.
Ora era arrivato il suo momento.
Si sarebbe presa un attimo di tempo prima di scoccare la freccia. Gli avrebbe dato l'illusione, in quel lasso di tempo, di vederla vacillare, ma non sarebbe stato così.
Senza nessuna inflessione nella voce, forse un accenno di scherno sarebbe stato percepito dal proprietario, avrebbe detto così:
«Come potrei sapere che è lei che non sta mentendo? Chi dice che qualcuno mente è la prima persona a far uso della menzogna.» Avrebbe detto guardando negli occhi l'uomo senza che lui stesso potesse leggere nel suo.
Doveva essere lei che portava avanti il gioco e non avrebbe permesso agli altri di poter giocare con lei.

«Non ha risposto alla mia domanda a quanto posso vedere. E poi, in fin dei conti, sono una cliente e i clienti a questo mondo sono sacri.» avrebbe detto sorridendo senza gioia o alcuna emozione.
Avrebbe messo il foglietto sul bancone del locale, lontano dalle dita del proprietario e si sarebbe munita della sua bacchetta. La stessa sarebbe stata messa, senza allentarne la presa dalla stessa, sul foglio facendogli intendere ciò che lei voleva fare senza che la sua voce facesse intendere ciò che lei stava per fare.

«Le posso proporre un accordo che ha regole ben precise. Ora sta a lei decidere» avrebbe detto sorridendo nell'oscurità del locale.
Un sorriso senza emozione e che non arrivava allo sguardo....
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La presunzione non è mai una bella qualità, soprattutto se non te lo puoi permettere. Era esattamente ciò che stava avvenendo in quel locale in cui una ragazzina sprovveduta aveva la sfrontatezza di pensare di poter venire a capo di qualcosa molto più grande di lei.
Questo non potrai mai saperlo, ma si capisce molto bene che la menzogna ti piace e che vorresti imparare a servirtene meglio storse la bocca secca in un sorriso sghembo Peccato che, con me, i tuoi giochetti infantili non abbiano alcun effetto
Annuì con aria ironica.
I clienti forse sono sacri per gli altri, ma non è il mio caso
Se lei continuava ad ostentare imperturbabilità, l’uomo non faceva nulla per nascondere il divertimento che provava davanti a quella fatica inutile. Edward la guardava attento, pensando che la cosa più grave era che lei non ascoltava ciò che le veniva detto e non ne faceva tesoro. Stava continuando sulla sua strada, senza tenere conto dei fattori che potevano in qualche modo compromettere il suo cammino.
Non l’ho fatto a parole, ma conto di farlo a breve con i fatti, mio piccolo coniglietto
Lo sapeva che mancava poco, ormai aveva imparato a calcolare i tempi a mente e forse quella, di tutte, era stata la sua migliore interpretazione.
Restò a guardarla un attimo per poi esplodere in una risata sguaiata Non sei proprio nella posizione di dettare le regole e sai perché?
Guardò l’orologio e il suo sorriso divenne irriverente perchè non sai che gioco stai giocando, non ancora
Il medaglione era ancora nelle sue mani e ci sarebbe restato ancora a lungo. Juliet avrebbe potuto guadagnarselo, ma doveva capire come muoversi in un terreno complicato e ostile, perché nulla le sarebbe stato regalato.
Dusty, credo che sia giunto il momento si rivolse al felino con tono imperativo vado a prendere qualcosa che sancisca il nostro accordo lo disse in tono pacato prima di sparire attraverso la porta che dava sul retro.
Il gatto emise un miagolio e avanzò al lato del tavolo dove si mise a sedere. Davanti agli occhi di Juliet si sarebbe palesato in pochi minuti per quello che era davvero. La zampa anteriore si allungò verso di lei come se volesse salutarla, si allungò sempre di più, finché non assunse la forma di un arto umano, la cui mano impugnava una bacchetta corta e scura. Quello che sembrava essere un gatto si trasformò in un ragazzo di altezza media, spalle leggermente spioventi e capelli rossi pettinati all’indietro. La giovane Grifondoro non sarebbe stata in grado di vederne il viso, nascosto dietro ad una maschera. Questa aveva un fondo bianco latte su cui prendevano vita, partendo dai fori degli occhi, sfumature cangianti dal rosso caldo all'oro luminoso. Erano colori che Juliet avrebbe trovato familiari.
Benvenuta sghignazzò il rosso. Lui era quello più giovane, ma anche il più buono dei due, ed era tutto dire. Dov’era finito il vecchio esercente? Cosa stava cercando nel retro? Sapeva mentire come sosteneva Juliet, o sapeva farlo molto meglio?
Dal retro un uomo nel fiore degli anni fece il suo ingresso alla luce spettrale del negozio. La Polisucco che gli aveva fatto assumere le sembianze del vecchio negoziante aveva appena esaurito il suo effetto. Anch’egli aveva il volto celato da una maschera, perché mai la giovane Grifondoro avrebbe avuto il piacere di vedere il loro vero volto, non le era concesso. Anche la sua maschera era di un bianco splendente, ma in questo caso le sfumature si allargavano dalle guance, giocando con i toni più freddi del blu cupo e dell'acquamarina. Stringeva la bacchetta nella mano destra, mentre dalla sinistra faceva dondolare il medaglione che la ragazza tanto desiderava. Le mani erano muscolose e tozze e la bocca secca del vecchio aveva lasciato il posto a delle labbra purpuree e carnose.
Hai ragione, mio piccolo coniglietto, sono io a decidere e lo farò. Chiamami Destino, se ti fa piacere, perché il tuo è già segnato.
Era questo quello che Juliet si aspettava di trovare? Davvero pensava di poter modellare quello sconosciuto al suo volere?


Prossima scadenza : 27/02/2019







 
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view post Posted on 6/3/2019, 14:41
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Juliet Little
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Cercava di non farsi piegare, come un fantoccio senza volontà propria, dalle parole del proprietario che cercava di guardare oltre le apparenze che lei stessa ostentava a far mostrare con ostinazione come se fosse appesa ad un filo che sembrava in procinto di spezzarsi e farla così cadere nel baratro della disperazione.
La sua vita era costernata dalle bugie e apparenze e per tutto il tempo aveva creduto che fossero la verità.
Era stufa e per questo motivo ostentava una facciata non sua.
Una facciata che sembrava vacillare al cospetto di colui che la stava scrutando.
Una facciata che si sgretolava di notte mostrando la vera Juliet, fragile e al contempo coraggiosa. Sembravano andare a braccetto quei due termini diametralmente opposti, così lontani tra di loro.

«No, non mi piace, ma non mi fido più» avrebbe detto sorprendendosi di se stessa. Era la prima frase che aveva un fondo di verità da quando aveva messo piede nel negozio.
Se doveva essere sincera, senza manie di presunzione, lo sarebbe stata cercando di non mentire anche a se stessa. Sarebbe stato, forse, il primo passo a comprendere in profondità la vita e le sue mille sfaccettature.
Quando il proprietario la lasciò lì si costrinse a buttare fuori l'aria come se fosse stata sotto pressione per tutto quel tempo. Si costrinse ad avere un'espressione più sua. Con fatica aveva cercato di essere quella che non era mai stata in quel tempo: una ragazza sì forte, ma anche impertinente. Era comunque forte, ma anche fragile, bisognosa dell'approvazione degli altri. Mentre ritornava ad essere semplicemente Juliet il suo sguardo si sarebbe abbassato verso il gatto:
«Non sai quanto t'invidio» avrebbe detto sconsolata mentre fissava lo sguardo sul micio.
Il cambiamento avvenne davanti a lei e il fatto alquanto strano era che non si sarebbe spaventata dinanzi a quel cambiamento così radicale.
Il fatto, più strano che raro, era che il suo sguardo avrebbe seguito quel mutamento.
O forse lo seguiva senza però accorgersene veramente perché i suoi pensieri vertevano sulle frasi del proprietario.
Perché cercava di essere ciò che non era? Non voleva più mostrarsi fragile. Perché avere un cuore buono cos'era se non fragilità? Poteva anche essere una sorta di coraggio, un coraggio che la contraddistingueva.
Un coraggio che solo in pochi avevano.
O quel coraggio era solo una forma più subdola di debolezza. Una debolezza di cui gli altri di erano approfittati. Non voleva essere più succube e per questo motivo s'era armata di ostentazione che sembrava sul punto di cadere in presenza di uno sconosciuto.
A proposito del proprietario dove s'era andato a cacciare? Con lo sguardo avrebbe cercato di dare un'occhiata alla stanza alla ricerca di colui che sembrava perforare quella calma.
La porta del retrobottega si aprì rilevando un personaggio che non sembrava proprio il vecchio proprietario che solo qualche minuto fa aveva passato quella soglia.
Avrebbe fissato lo sguardo sul nuovo arrivato cercando di capirci qualcosa
e quando questi parlò si sarebbe trovata a socchiudere gli occhi notando una certa somiglianza nel timbro di voce. Un timbro di voce che aveva già sentito. Si trovò quasi sorpresa arrivando alla consapevolezza di ciò che il suo istinto le faceva notare.
Era lui.
Il proprietario.
Solo che era giovane a quanto poteva notare nonostante la maschera né oscurasse il volto.
Nonostante tutto si trovó a sorridere, senza malignità, come se quel fatto fosse da incorniciare.

«Me l'ha fatta proprio sotto il naso» avrebbe detto senza vergognarsi a mostrare sorpresa e un pizzico di ammirazione.
«Complimenti a tutti e due» avrebbe detto facendo scorrere lo sguardo dall'uno all'altro e viceversa senza mostrare qualche forma di risentimento.
Doveva capirlo fin da subito. Era stata una sciocca, o meglio dire una ingenua.

«Lo so che è già segnato... Ma si ricordi che ci sono mille vie per arrivare dove il Destino vuole che arriviamo. Siamo noi che scegliamo. Siamo noi che facciamo tesoro delle scelte» avrebbe detto e quasi con pigrizia avrebbe portato la bacchetta su Dusty il cui volto era nascosto da una maschera i cui colori le davano un certo coraggio.
Il coraggio di osare.
Doveva solo non farsi prendere dalla paura e dalla smania di finire subito le torture psicologiche.
Sorrise al giovane:
«Non ci vorrà molto» avrebbe detto facendo in modo che la sua voce suonasse rassicurante.
Non poteva dettare le leggi, ma poteva agire.
Il suo sguardo non sarebbe vacillato ma si sarebbe fissato sulla maschera. Le avrebbe dato ciò che cercava? Il suo sguardo e la sua bacchetta sarebbero stati puntati verso quello che era prima un semplice gatto, ora un giovane con la maschera con i colori di Godric Grifondoro.
Avrebbe cercato di allontanare i pensieri che potevano essere fuorvianti nascondedoli in un antro del cervello attorno al quale avrebbe costruito una una barriera indistruttibile e invalicabile che avrebbe fatto da diga a ciò che era veramente il suo obiettivo. Non sarebbe stato palese a nessuno dei suoi uomini in sua presenza. La sua mano sinistra sarebbe stata portata nella tasca del mantello dove teneva un oggetto, la Scaglia di Drago, che le avrebbe permesso con convinzione a fare ciò che doveva fare da molto.
Il suo polso sarebbe stato né rigido né mobile del tutto. Doveva mostrarsi decisa nelle sue azioni.
Dette qualche tempo per assimilare quell'evento e poi con decisione, senza perdere il controllo della situazione, con velocità, avendo chiaro, fin da quando aveva puntato la punta della bacchetta sull'ex gatto, in mente l'obiettivo che si era prefissata, avrebbe portato la bacchetta sull'oggetto che l'aveva chiamata quando aveva messo piede in quel negozio. Quel medaglione la chiamava e lei gli stava rispondendo. Con velocità, senza però tralasciare nessun dettaglio, avrebbe portato la punta della bacchetta sul medaglione nelle mani del proprietario e poi, con continuità, avrebbe ruotato il polso verso destra muovendo la bacchetta dal basso verso l'alto, come per lanciare una fune invisibile all'oggetto dei suoi desideri e nello stesso tempo, senza perdere tempo, avrebbe pronunciato l'incantesimo che in quel momento sembrava l'unico che potesse fare al suo caso, con voce chiara e senza tentennamenti di alcun genere:
«Wingàrdium Leviòsa» e poi con velocità avrebbe, avrebbe cercato di portare l'oggetto verso di lei, con la punta della bacchetta ancora in direzione dell'oggetto, come se dovesse riavvolgere la fune appena lanciata come un lazo.
Sarebbe riuscita a sortire l'effetto sorpresa?
Se fosse riuscita veramente a farsi beffe dei due uomini quel medaglione sarebbe stato al sicuro tra le sue mani.
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Il coraggio: una virtù quasi del tutto sconosciuta alle nuove generazioni. Dietro la sua maschera dai colori rosso-oro, l'ex-gatto se la rideva e contemplava la ragazzina con una macchia di compassione negli occhi. In un gesto fulmineo della mano prese il medaglione al volo, giusto in tempo per ripuntare la bacchetta di Noce Nero - scura come gli inverni più impietosi - sul suo volto. In quel brevissimo intervallo di tempo, proprio dalla sua destra, un raggio di luce rossa venne scagliato contro la giovane, un colpo di frusta che la privò del proprio catalizzatore in Pioppo, il quale rotolò sulla sommità di un armadio a vetri alle loro spalle, dall'altra parte della stanza.
«Immobilus!».
Juliet non ebbe nemmeno il tempo di realizzare che il suo incantesimo - forse per la confusione, per l'emozione o per l'eccitazione che la botta di "coraggio" le aveva riservato - non era quello adatto al suo intento. Il medaglione si innalzò di una decina di centimetri, sì, scivolando persino via dalla mano di Edward, ma vacillò pericolosamente quando la ragazzina tentò di portarlo a sé, cadendo definitivamente non appena il contatto venne troncato dal disarmo. Forse avrebbe potuto intuire la propria sconfitta nel momento in cui l'Immobilus castato dall'Animagus l'avrebbe costretta a fermarsi e a concentrarsi su quanto aveva di fronte: qualcosa molto più grande di lei, qualcosa di insano.
Il secondo uomo, vestito di una maschera color della notte, non perse tempo, e si gettò subito sulla sua vittima. Juliet ne percepì la presa violenta sui capelli, quasi volta a tirarle via il cuoio capelluto, e uno strattone che la fece carambolare all'indietro, fra le sue braccia. Impotente com'era non avrebbe potuto opporre resistenza al dolore che le innescava, né scostarsi quando la voce rauca di lui le bisbigliò all'orecchio, bruciandoglielo col fiato caldo e inondandola del puzzo della pozione trangugiata.
«Vuoi delle risposte, coniglietto? Oh, le avrai, certo che le avrai... te lo prometto. Glielo promettiamo, vero Damien?».
Damien il non-più-Dusty allargò un ghigno sul suo volto. La concentrazione atta a scolpire l'immobilità di Juliet gli serrava la mascella, ma sentire il proprio nome lo rinvigorì. Sapeva che Edawrd possedeva l'ambigua capacità di scegliere i nomignoli più inopportuni per i suoi confratelli, ma gli era altrettanto noto quanto gli facesse gola il terrore negli occhi dei loro "novizi". Loro dovevano andarci pesante: era la prassi per ottenere degli adepti degni.
«Ma prima dovrai rispondere correttamente alle mie domande, coniglietto:» continuò Edward «cosa sei disposta a fare per guadagnarti quel medaglione?».
Chi era Juliet Little? Cosa voleva dire essere "coraggiosi" per lei, figlia di Godric? Vivere la propria vita di tutti i giorni sopravvivendo ai pensieri e ai dubbi? Continuare a credere in ciò che si è e nei propri ideali nonostante tutto ci remi contro? Oppure mostrarsi forti, scaltri, determinati per dar sazio al proprio ego e surclassare quello altrui? Probabilmente queste erano domande che avrebbe dovuto porsi prima di compiere il suo folle gesto, prima di tentare di rubare un medaglione qualsiasi solo perché qualcuno le aveva detto che era "speciale". Prima di confondere il coraggio con la temerarietà. Adesso, infatti, era intrappolata in una situazione in cui difficilmente avrebbe avuto una seconda occasione per scegliere.
«Sii saggio, coniglietto. Sei in grado di rubare, no?». La voce di Edward suonava graffiante, maliziosa ma non priva di disgusto. «Sei in grado di tradire?». Le risa di Damien aumentavano di volume. Juliet avrebbe avuto solo modo di far uscire una sillaba rauca e soffocata dalla gola contratta: sì o no. Altre parole sarebbero state inutili, se non impossibili da pronunciare. E probabilmente sapeva anche quale fosse la risposta in grado di farla uscire da quel negozio. «Sei in grado di... uccidere?».

Ti chiedo davvero scusa per questo enorme ritardo di due mesi. Ci sono stati molti problemi in off. Da ora in poi riprenderemo con regolarità.
Juliet non può muoversi poiché sotto l'effetto dell'Immobilus di Damien/Dusty. E' stata disarmata e la sua bacchetta si trova sopra un armadio a vetri alle spalle di Damien. Purtroppo il Wingardium Leviosa non funziona così, ed esistono altri incantesimi in grado di fare ciò che desideravi. Controlla pure. Ti invito a motivare le sue scelte nel narrato con concezione di causa.

Prossima scadenza : 12/05/2019


 
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Juliet Little
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Forse tutto quello che aveva in mente fosse stato palese ai due uomini presenti nel negozio. Molti la definivano come un libro aperto, una persona dal cuore puro che non riusciva, per incapacità, a nascondere le sue emozioni e i suoi piani. I due uomini forse avevano notato una scintilla negli occhi quando lei aveva visto il medaglione tremare nella mano dell'ex vecchio. Forse era stata avventata e quell'attimo di debolezza era stato compreso e per questo motivo era stata intrappolata nei loro giochi psicologici. O forse era un loro piano anche quello.
Volevano destabilizzarla ulteriormente.
Non doveva cedere.
Per un attimo sbarrò gli occhi e la bocca si aprì di mezzo millimetro per mostrare la sua totale sorpresa. Quell'immobilità le costò molto.
Moltissimo.
Venne scareventata a terra dal tipo a cui aveva cercato di sottrarre il medaglione. Delle stille di lacrime bagnarono le sue guance per il dolore e la frustrazione nel non essere riuscita a dimostrare ciò di cui era capace.
Non poteva mentire pure a se stessa, nemmeno in quel frangente, con loro due.
Ma avrebbe voluto imparare.
Si costrinse a non provare disgusto nel sentire il tanfo proveniente dalla bocca di quello che l'aveva atterrata. Sentiva il corpo caldo sotto di sé e provò un certo disagio.
Non se ne sesebbe stata ferma a subire quelle torture e la voce di lui nell'orecchio non aiutava di certo. Prima di essere atterrata con violenza aveva sentito la bacchetta scivolare dalla sua presa e l'aveva vista volare sopra un mobile prima di vedere appannato per colpa del dolore. Aveva visto pure Dasty, l'ex gatto, prendere il medaglione.
Cercò di muoversi per sottrarsi alla presa e di non essere poi più vittima.
Ma era inutile.
Andora un volta non poteva nulla.
Il suo cuore avrebbe accelerato quando sentì Edward rivolgerle delle domande ben mirate.
Perché? Perché ancora subiva tutto ciò?
Non gli era bastato sottrarle la bacchetta?
Non aveva finito ancora di combattere. Lei era figlia di Godric e come tale avrebbe mostrato la sua aria da combattente e non pivella, cercò di muoversi ribellandosi alla presa dell'uomo. Mentre lo faceva, avrebbe fatto scivolare la sua mano destra dentro la tasca del mantello che indossava. Avrebbe cercato di mascherare quel movimento furtivo con altri movimenti che avrebbero fatto sembrare che volesse sfuggire alla presa dell'uomo. La sua mano destra avrebbe trovato un oggetto che forse sarebbe stato valso per la sua liberazione. Le sue dita piccole avrebbero trovato l'oggetto che il quel momento sembrava adatto alla sua situazione. Nel mentre stringeva il detonatore abbindolante, avrebbe anche cercato di parlare. Tutto questo per cercare di sviare l'attenzione dei due.

«Io... Io... Io» Avrebbe cercato di prendere tempo mentre nei suoi movimenti di liberazione avrebbe tirato fuori la mano dalla tasca mentre stringeva l'oggetto.
E in un attimo, come uno spasmi, avrebbe fatto rotolare, cercando di non essere vista, l'oggetto lontano da sé verso l'altra parte del negozio per farlo attivare. Se si fosse attivato e se avesse dato i frutti avrebbe dato uno scossone e se fosse riuscita avrebbe recuperato un oggetto con cui si sentiva una certa affinità, di cui non poteva privarsi, di cui non poteva farne a meno. Avrebbe ceracto di recuperare la bacchetta magica, la sua bacchetta magica. Se fosse riuscita avrebbe provato a dare una risposta, mentre si sarebbe messa sulla difensiva, alle domande poste dal sedicente proprietario di quel negozietto: «No, ma se vuoi, imparo in fretta. E sì potrei uccidere, ma alle mie condizioni» Se loro erano capaci di manipolare le persone, lo avrebbe fatto anche lei.
Ormai non aveva niente da perdere
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Bloccata dall'Immobilus di Damien, Juliet avrebbe potuto fare ben poco. I suoi muscoli, compresi quelli della gola, si erano irrigiditi sotto la presa salda del catalizzatore in Noce Nero e nulla, salvo un passo falso dello stesso mago, sarebbe valso a interromperla.
Il ragionamento della ragazzina si produsse come un prolungato mugolio. La lingua atrofizzata non era in grado di scandire così tante sillabe una dietro l'altra, dunque le vibrazioni si mozzarono in gola provocando solo un cupo suono gutturale. I due uomini, ascoltata quella stranezza, si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
«Che c'è, coniglietto? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» disse Edward. Questi si sedette a gambe incrociate per terra e la lasciò scivolare sul suo grembo - Damien seguiva meticolosamente ogni movimento per non perdere il contatto. Juliet poté vedere così le sue iridi scure incassate nei fori della maschera, vestite di un alone di follia.
Edward prese il suo volto fra le mani. Lo strinse e, ancora col ghigno sul volto, l'arricciarsi del labbro superiore ne scoprì i denti e il disgusto. Fra i lamenti era forse un "no" quello che aveva sentito? Se avesse potuto avrebbe schiacciato quella misera formichina col suo pugno, ma Damien era così fermo nel voler perpetuare quell'insulsa raccolta di adepti che lui avrebbe invece dovuto... stroncare. Tuttavia gli ordini erano chiari, e lui avrebbe rivoltato l'intera situazione a suo vantaggio.
Armato di una luce sinistra negli occhi, si limitò a prendere il polso della ragazzina - ancora in aria dal momento in cui era stata disarmata e poco dopo soggiogata dall'Incantesimo di Immobilità - e schiaffeggiò le sue tenere gote con la sua stessa mano per umiliarla ulteriormente.
«E ora perché ti schiaffeggi da sola?». L'Animagus rise ancora una volta, portandosi la mano libera alla pancia, ma riconobbe che stava diventando una farsa, e che molto presto non avrebbe più retto l'incantesimo.
«Forza, Ed. Portiamola sul retro».
Edward lo zittì con un gesto dell'indice, e risistemandosi il capo di Juliet sulle gambe incrociate, avvicinò il volto mascherato al suo fino a un palmo. I capelli bruni ricaddero ai lati e nascosero la congiunzione dall'esterno, in modo tale che Damien non potesse vedere né sentire nulla.
«Adesso stammi a sentire. Qui le regole le detto io, e tu mi asseconderai. Non mi importa niente di ciò che sei disposta a fare, perché tu non vali niente. Almeno finché non mi avrai dimostrato di cosa sei capace».
Juliet avrebbe potuto intuire che la posta in gioco non era più l'agognato medaglione, ma qualcosa di molto più prezioso per lei: la sua stessa vita. Se è vero che la pasta di un uomo si vede dalle scelte che compie, allora lei avrebbe dovuto comprendere di che tipo di pasta era fatta, e se le scelte che compieva erano atte a soddisfare il povero piccolo ego di una quindicenne ferita ed umiliata, un gatto con una bacchetta, un pazzo che le chiedeva di uccidere o un bene superiore. E quale bene superiore?
Ad ogni modo non vi era più scelta per lei. Le carte di Edward erano ormai state messe in tavola.
«Coniglietto» le sussurrò ancora più piano avvicinandosi «uccidi mio fratello». Poi si chinò ancora e poggiò le labbra sulla sua fronte. Un bacio amaro, denso di sdegno ma carico di una passione apparentemente immotivata. Damien, incuriosito dallo strambo e sadico comportamento del compagno, li avrebbe osservati senza dire una parola; e col sudore che gli colava dalle tempie per lo sforzo non vide la bacchetta di Edward puntata contro di sé.
«Expelliarmus!». Improvvisamente il Noce volò dietro il bancone polveroso del negozio, e Juliet venne messa in piedi da Edward mentre sentiva i muscoli, per quanto ancora intorpiditi, alleggerirsi. Aveva però un'altra bacchetta puntata alla nuca. Un solo passo falso e l'uomo che le aveva dato l'ordine non si sarebbe astenuto dal punirla.
«Che comincino le danze».

Non hai rispettato una parola di quello che ho stabilito nello scorso post. Le tue azioni sono nulle e ciò che hai scritto nel discorso diretto viene percepito come un mugolio. Prendilo come un avvertimento.
La domanda che ti era stata fatta implicava una risposta secca, l'unica che l'Immobilus ti permetteva di dare. Se ti costringo a non muoverti non puoi fare azioni.

Prossima scadenza: 31/05/2019




Edward:
PS: 150
PC: 130
PM: 130

Damien:
PS: 140
PC: 120
PM:120
 
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11/06/2019

 
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17/06/2019

 
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Juliet Little
Pezzi di verità colti in modo casuale
Non era la prima volta che immaginava un susseguirsi di azioni e poi rimaneva "ferma". Molte volte la sua fantasia galoppava e molte volte quella si scontrava contro un muro indistruttibile qual era la realtà dei fatti. Anche se aveva, tempo addietro, superato la prova della porte con Sherlock Holmes, era molto lontana, purtroppo, dall'essere paragonata a lui. Lo Sherlock, come lo conoscono i babbani, era solito far accadere tutto ciò che gli passava per la testa anche prima di compiere azioni valutando tutte le possibili scelte e così trovarsi con qualche vantaggio in più. Lei invece, nonostante avesse una fervida immaginazione, era, molto spesso, bloccata sul "nascere", bloccata da cause esterne che le impedivano di mostrare il proprio "potenziale".
La causa in quel momento era il proprietario, il presunto tale, del negozietto che la teneva immobilizzata sia con la magia sia con la forza delle sue braccia sia con la forza delle parole.
Avrebbe cercato di guardare il suo carnefice in faccia cercando di trovare un qualche guizzo che potesse far intendere come avrebbe dovuto, come lui avrebbe voluto che lei proseguisse. Le rivolgeva parole non troppo lusinghiere.
Non poteva fare altro che guardare senza riuscire a muovere un dito. Era impossibilitata a rispondere a tono o a fare alcunque gesto.
Uno schiaffo le sarebbe arrivato sulla guancia. Solo dopo avrebbe capito che era lei che si dava gli schiaffi.
La sua mano era mossa da Edward. Il tizio sembrava gustarsi la scena come se fosse un qualcosa di prelibato. Lei invece non si stava divertendo affatto. Se avesse potuto gli avrebbe sputato addosso tutta la sua frustrazione come stava facendo lui adesso. Nella sua immobilità gli avrebbe fatto capire che non si sarebbe piegata alle sue vessazioni. Questo lo avrebbe fatto capire attraverso il suo sguardo. Gli occhi come si sa sono lo specchio dell'anima e in quel momento la sua anima stava ribollendo di rabbia.
Ma non poteva fare altro che subire per il momento.
Se avesse potuto avrebbe trattenuto il respiro mentre il mondo esterno veniva oscurato dalla testa del signore. Avrebbe mosso i suoi occhi marroni, gli unici ancora in movimento, tra le labbra e lo sguardo così ignoto e così stucchevole del tizio che la stava stringendo come se fosse una cosa rotta e senza volontà.
Chiuse gli occhi mentre sentiva qualcosa di caldo scivolarle addosso come una carezza. Come poteva un essere così ignoto e "impuro" nascondere una tale dolcezza? Come poteva essere dolce qualcuno di così cattivo? Lo erano tutti? Tutti loro erano dolci e allo tesso tempo cattivi? Erano loro stessi dei paradossi?
O era solo un trucco? Se fosse stata una trappola lei ci era caduta come un'allodola. Voleva solo rannichiarsi in quell'angolino creato dalle loro membra, un angolo così ambiguo, ma colmo di calore. Aveva anelato a quel contatto ma non lo sapeva il motivo per il quale aveva provato un certo desiderio. Forse così avrebbe capito le trame e forse così avrebbe potuto farcela ad uscire da quella situazione.
Avrebbe aperto gli occhi di scatto: le ultime parole pronunciate da Edward
fecero più male di uno schiaffo in pieno viso.
Le stava praticamente sbandiernando il fatto che sembrava non avesse fegato di fare quel gesto. Solo a sentire la parola "uccidere" sentiva uno strano malessere alla bocca dello stomaco. Era così che si sentiva in quel momento, ma avrebbe tenuto lo sguardo inchiodato in quello del proprietario. Non avrebbe fatto capire che ciò le stava facendo un male immenso.

*Perchè?*
Avrebbe pensato la ragazzina mentre cercava di trarre le sue conclusioni. Voleva vedere dove si spingeva una ragazzina insignificante come lei, per giunta una Grifondoro? Sentì le membra sciogliersi ma questo non le portò sollievo perché significava che doveva fare una scelta. Avrebbe voluto, in quel momento, rimanere ancora inerme, vulnerabile, ma immobile.
Ora invece aveva la facoltà di scegliere. Il suo sguardo avrebbe percorso tutto il negozio, soffermandosi per più di un secondo sulla porta dell'uscio che portava fuori. Per un momento si maledisse per la sua curiosità e per la sua stupidità.

*Che stupido agnello* Pensò mentre ritornava a fissare Edward e Daniel, il fratello del primo. Se il primo fosse stato davvero cattivo, il fratello non sarebbe sopravvissuto fino ad adesso. Se Edward fosse stato cattivo, non sarebbe stato troppo indulgente nel darle una seconda chance.
Di chi doveva avere paura? Di Edward, di Daniel o di se stessa?
Si sarebbe pentita di ciò che le veniva richiesto? Sarebbe riuscita a perdonarsi? O avrebbe rimpianto tutto?
Sapeva dal profondo del cuore che c'era già una scelta delineata.
Nonostante la bacchetta puntata sulla nuca avrebbe mosso le labbra per dire ciò che le premeva di dire già da un po':
«Perché non lo fai tu? Io non uccido. Meglio non uccidere che morire con il rimpianto e il rimorso di averlo fatto. Sono loro la bestia più pericolosa». Doveva mostrare a loro due, e a lei stessa, che si poteva scegliere, nonostante le poche vie d'uscita. Ma una cosa la lasciava perplessa e nonostante avesse pronunciato quelle parole avrebbe proseguito quella "farsa" sosprirando come se fosse l'ultimo che doveva esalare: «Beh, se lo devo per forza fare e non c'è via d'uscita, beh ecco mi servirebbe... La Bacchetta. La mia. O hai paura che possa commettere qualche sciocchezza?» avrebbe detto stringendo lo sguardo per ricercare quello di Edward, il cui viso era nascosto dalla maschera come quello di Daniel. Sarebbe stata capace di temporeggiare? E se fosse successo un miracolo?
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