| Cercava di non farsi piegare, come un fantoccio senza volontà propria, dalle parole del proprietario che cercava di guardare oltre le apparenze che lei stessa ostentava a far mostrare con ostinazione come se fosse appesa ad un filo che sembrava in procinto di spezzarsi e farla così cadere nel baratro della disperazione. La sua vita era costernata dalle bugie e apparenze e per tutto il tempo aveva creduto che fossero la verità. Era stufa e per questo motivo ostentava una facciata non sua. Una facciata che sembrava vacillare al cospetto di colui che la stava scrutando. Una facciata che si sgretolava di notte mostrando la vera Juliet, fragile e al contempo coraggiosa. Sembravano andare a braccetto quei due termini diametralmente opposti, così lontani tra di loro. «No, non mi piace, ma non mi fido più» avrebbe detto sorprendendosi di se stessa. Era la prima frase che aveva un fondo di verità da quando aveva messo piede nel negozio. Se doveva essere sincera, senza manie di presunzione, lo sarebbe stata cercando di non mentire anche a se stessa. Sarebbe stato, forse, il primo passo a comprendere in profondità la vita e le sue mille sfaccettature. Quando il proprietario la lasciò lì si costrinse a buttare fuori l'aria come se fosse stata sotto pressione per tutto quel tempo. Si costrinse ad avere un'espressione più sua. Con fatica aveva cercato di essere quella che non era mai stata in quel tempo: una ragazza sì forte, ma anche impertinente. Era comunque forte, ma anche fragile, bisognosa dell'approvazione degli altri. Mentre ritornava ad essere semplicemente Juliet il suo sguardo si sarebbe abbassato verso il gatto: «Non sai quanto t'invidio» avrebbe detto sconsolata mentre fissava lo sguardo sul micio. Il cambiamento avvenne davanti a lei e il fatto alquanto strano era che non si sarebbe spaventata dinanzi a quel cambiamento così radicale. Il fatto, più strano che raro, era che il suo sguardo avrebbe seguito quel mutamento. O forse lo seguiva senza però accorgersene veramente perché i suoi pensieri vertevano sulle frasi del proprietario. Perché cercava di essere ciò che non era? Non voleva più mostrarsi fragile. Perché avere un cuore buono cos'era se non fragilità? Poteva anche essere una sorta di coraggio, un coraggio che la contraddistingueva. Un coraggio che solo in pochi avevano. O quel coraggio era solo una forma più subdola di debolezza. Una debolezza di cui gli altri di erano approfittati. Non voleva essere più succube e per questo motivo s'era armata di ostentazione che sembrava sul punto di cadere in presenza di uno sconosciuto. A proposito del proprietario dove s'era andato a cacciare? Con lo sguardo avrebbe cercato di dare un'occhiata alla stanza alla ricerca di colui che sembrava perforare quella calma. La porta del retrobottega si aprì rilevando un personaggio che non sembrava proprio il vecchio proprietario che solo qualche minuto fa aveva passato quella soglia. Avrebbe fissato lo sguardo sul nuovo arrivato cercando di capirci qualcosa e quando questi parlò si sarebbe trovata a socchiudere gli occhi notando una certa somiglianza nel timbro di voce. Un timbro di voce che aveva già sentito. Si trovò quasi sorpresa arrivando alla consapevolezza di ciò che il suo istinto le faceva notare. Era lui. Il proprietario. Solo che era giovane a quanto poteva notare nonostante la maschera né oscurasse il volto. Nonostante tutto si trovó a sorridere, senza malignità, come se quel fatto fosse da incorniciare. «Me l'ha fatta proprio sotto il naso» avrebbe detto senza vergognarsi a mostrare sorpresa e un pizzico di ammirazione. «Complimenti a tutti e due» avrebbe detto facendo scorrere lo sguardo dall'uno all'altro e viceversa senza mostrare qualche forma di risentimento. Doveva capirlo fin da subito. Era stata una sciocca, o meglio dire una ingenua. «Lo so che è già segnato... Ma si ricordi che ci sono mille vie per arrivare dove il Destino vuole che arriviamo. Siamo noi che scegliamo. Siamo noi che facciamo tesoro delle scelte» avrebbe detto e quasi con pigrizia avrebbe portato la bacchetta su Dusty il cui volto era nascosto da una maschera i cui colori le davano un certo coraggio. Il coraggio di osare. Doveva solo non farsi prendere dalla paura e dalla smania di finire subito le torture psicologiche. Sorrise al giovane: «Non ci vorrà molto» avrebbe detto facendo in modo che la sua voce suonasse rassicurante. Non poteva dettare le leggi, ma poteva agire. Il suo sguardo non sarebbe vacillato ma si sarebbe fissato sulla maschera. Le avrebbe dato ciò che cercava? Il suo sguardo e la sua bacchetta sarebbero stati puntati verso quello che era prima un semplice gatto, ora un giovane con la maschera con i colori di Godric Grifondoro. Avrebbe cercato di allontanare i pensieri che potevano essere fuorvianti nascondedoli in un antro del cervello attorno al quale avrebbe costruito una una barriera indistruttibile e invalicabile che avrebbe fatto da diga a ciò che era veramente il suo obiettivo. Non sarebbe stato palese a nessuno dei suoi uomini in sua presenza. La sua mano sinistra sarebbe stata portata nella tasca del mantello dove teneva un oggetto, la Scaglia di Drago, che le avrebbe permesso con convinzione a fare ciò che doveva fare da molto. Il suo polso sarebbe stato né rigido né mobile del tutto. Doveva mostrarsi decisa nelle sue azioni. Dette qualche tempo per assimilare quell'evento e poi con decisione, senza perdere il controllo della situazione, con velocità, avendo chiaro, fin da quando aveva puntato la punta della bacchetta sull'ex gatto, in mente l'obiettivo che si era prefissata, avrebbe portato la bacchetta sull'oggetto che l'aveva chiamata quando aveva messo piede in quel negozio. Quel medaglione la chiamava e lei gli stava rispondendo. Con velocità, senza però tralasciare nessun dettaglio, avrebbe portato la punta della bacchetta sul medaglione nelle mani del proprietario e poi, con continuità, avrebbe ruotato il polso verso destra muovendo la bacchetta dal basso verso l'alto, come per lanciare una fune invisibile all'oggetto dei suoi desideri e nello stesso tempo, senza perdere tempo, avrebbe pronunciato l'incantesimo che in quel momento sembrava l'unico che potesse fare al suo caso, con voce chiara e senza tentennamenti di alcun genere: «Wingàrdium Leviòsa» e poi con velocità avrebbe, avrebbe cercato di portare l'oggetto verso di lei, con la punta della bacchetta ancora in direzione dell'oggetto, come se dovesse riavvolgere la fune appena lanciata come un lazo. Sarebbe riuscita a sortire l'effetto sorpresa? Se fosse riuscita veramente a farsi beffe dei due uomini quel medaglione sarebbe stato al sicuro tra le sue mani. P unti Salute: 128P unti Mana: 56P unti Corpo: 54P unti Exp: 7I nventario: Bacchetta Magica, nanosticca, amuleto dorato, mantello vulcano, molliccio oppugnabile, detonatore abbindolante, ciondolo scaglia di drago ©Suguni | harrypotter.it
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