| Mìreen K. N. Fiachran A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.
{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}
cit. Xavier De Montépin “Temevi potesse aiutare Lia a dimenticarsi di te, eh?” “…farò il possibile perchè si dimentichi completamente di te, anche se ciò comportasse obliviarle l'intera infanzia!”Mìreen aveva detto quelle parole per spaventare Ecate, ma sembrava non aver ottenuto l’effetto desiderato, solo un leggero turbamento, niente paura o timore nell’esser dimenticata, anzi era sembrata quasi divertita, forse sorpresa che la ragazza sotto di lei, invece di cedere era partita al contrattacco. Cosa le disse prima che le loro bocche si reincontrassero, provocò una fitta a Mìreen. Ora che era un po’ più lucida grazie a quella “finta richiesta di aiuto di Lia”, simulata alla perfezione da Ecate, sapere che la sua migliore amica era contraria alla possibilità che lei e suo cugino potessero aver una relazione la ferì. La mente corse a ripetersi che non era vero, che era solo la nemesi di Lia che voleva ferirla e segnare un punto a proprio favore, eppure la reazione dell’amica quando le aveva raccontato della cena non giocava a suo favore… Era sembrata così preoccupata, incerta, aveva bevuto bicchieri su bicchieri e solo dopo un profondo respiro le aveva risposto, come che prima dovesse “pensare a cosa e a come dirglielo”. Un’amica felice per la notizia avrebbe fatto i salti mortali no? Gridato dalla gioia di quella bella novità… la possibilità di diventare “parenti acquisiti” altre cose… correre con la fantasia ma in favore alla possibile futura unione. Invece lei non l’aveva fatto. Certo, non le aveva detto di stargli alla larga o comunque apertamente di non provarci neanche, solo di andare cauta perché quasi sicuro lui al momento voleva solo divertirsi e non aveva dimenticato la moglie. E se si fosse trattenuta dal dirle cosa veramente pensava? Se in verità non volesse quella possibile storia tra lei e Vath? Magari non la voleva uccidere come diceva Ecate, ma era contraria?
“So che è un uomo capace di attrarre e farsi desiderare, ma non siamo ad Hogwarts e non abbiamo sedici anni!” “Se le tue intenzioni sono serie e non il semplice desiderio di qualcuno…” Era lei sbagliata per lui? Pensava non fosse una ragazza seria?! Cazzo, aveva 25 anni ed era ancora VERGINE perché voleva trovare l’amore prima di farlo! Aveva respinto, limitandosi ad un bacio da orgasmo, quel figone di Maurizio, quando avrebbe potuto concedersi in uno dei bagno del pub, al loro primo incontro! E sicuro sarebbe stata una prima volta da sogno anche se con quello che in quel momento era uno sconosciuto, certo non poteva immaginare sarebbe diventata una sua collega Antimago. Un moto di rabbia e delusione era cresciuto dentro di lei. Perché l’amica non poteva essersi mostrata un minimo felice per quella possibilità?! Perché aveva dovuto distruggere l’emozione provata quella sera facendola passare per una poco di buono che voleva divertirsi con un vedovo con 3 figli, di bell’aspetto?![Se non posso avere lui… avrò TE!]Un pensiero non suo le attraverso la mente, sporcando e facendole dimenticare tutti buoni propositi di salvarla, l’affetto per quell’amica che forse non la vedeva giusta per il cugino messo da parte per un sentimento più simile alla vendetta. Lasciò che le abbassasse la gamba con cui aveva cercato di fermarle la ritirata, ma tanto non sembrava intenzionata ad andarsene. Quell’incontro-scontro stava diventando sempre più pericoloso e vizioso, soprattutto adesso che Mìreen provava un misto di dolore e rabbia, tanto da cambiarle i piani su come doveva succedere quella notte. Neanche la fermò quando sentì il tessuto della maglia scivolarle lungo la pelle, divenuta più sensibile nel momento in cui i loro corpi avevano iniziato a scivolare e a cercarsi l’uno con l’altro. Prima il ventre, poi il petto, infine l’aveva sentita liberarle le braccia, il tempo di un istante aveva separato le loro bocche, per poi ritrovarsi prima ancora che l’indumento venisse sfilato passando dalla testa e gettato lontano. L’amuleto col simbolo della sua famiglia scivolò a lato, sopra uno dei seni coperti dal delicato tessuto a fiori. Come aveva fatto lei con la bionda, ora era la rossa ad avere la mano di Ecate a diretto contatto con la sua pelle, e quel tocco sinuoso non solo le procurò brividi inaspettati, ma sembrava quasi bruciarla.“Non mi importa di chi è Lia, non ho interesse a possedere qualcuno di così fragile... Mi interessi tu. Il tuo corpo... La tua mente... Voglio che tu sia mia.”[Anch’io.]La mano della donna sopra di lei arrivò all’orlo delle sue pantacollant, iniziò con decisione a farle scendere lungo la pelle e Mìreen la lasciò fare, anzi lentamente le sue mani scesero a slacciarle i pantaloncini. Il cuore le batteva impazzito nel petto, lottava determinato con la ragione. Il primo voleva farlo, sia per consolarsi col corpo dell’amica, visto che le era stato negata la possibilità futura di avere Vath, sia come ripicca a come si era mostrata ben poco felice della loro possibile storia. Il secondo invece continuava a ricordarle che lei non era così, non era una subdola approfittatrice, e soprattutto non era Lia che voleva, ma un’altra persona… Era forse il bel ministeriale del V° livello? Per Vath aveva iniziato a provare interesse solo di recente, ma c’era qualcun altro che per un anno intero era stato il pensiero fisso nella mente di Mìreen… Il suo cuore ricordò quegli occhi blu come il suo amato mare d’Irlanda e il rosso dei suoi capelli e della sua barba, prima ancora che lo facesse la mente. Il volto di Aiden che le sorrideva al loro ultimo incontro le comparve nella testa. Il suo cuore perse un battito, poi un altro, e un altro ancora… Più l’immagine dell’uomo di cui si era innamorata in quello stupido pub inglese di Londra si faceva nitida, più i fumi dell’alcool si diradavano, e sempre di più le sembrava sbagliato tutto quello che stava facendo. Il colpo di grazie venne quando potè percepire chiaramente, la sua Lia riuscire a mandarle un messaggio: “Scappa Mire...”[E’ lei quella “controllata da Ecate” ed è proprio lei a dire a me di scappare… benchè prima mi abbia chiesto di salvarla. Pensa sempre prima agli altri che a sè stessa. Stupida sexy Veela. Cosa sto facendo?! Non posso fare una cosa del genere a Lia! Con quale faccia la guarderei se lasciassi che Ecate la controlli tanto da portarsi a letto la sua migliore amica?? E poi a me non interessano neanche le donne! Avrei usato il corpo di Lia per pura vendetta e piacere personale come che mi debba “accontentare”! Che razza di schifosa stronza sarei?!]Un senso di vergogna e rimorso per quello che aveva pensato, per quello che stava per fare la invase, ma cercò di nasconderlo il più possibile alla ragazza sopra di lei.[Ho aspettato tanto a farlo, per poi perderla così? Per un motivo tanto sbagliato? E poi ha ragione: non è solo Vath a non esser pronto ad una nuova relazione, ma anch’io… devo togliermi della testa, e soprattutto dal cuore, Aiden se voglio andare avanti.]Approfittò della distrazione di Ecate e della sua convinzione di averla sottomessa, per alzare il busto e far toccare i loro seni, coperti solo dallo strato sottile dei rispettivi reggiseni, fece scorrere le mani in modo sensuale sulla sua pelle nuda, fino alle sua spalle, fingendo che il suo intendo fosse di abbassarle le spalline del reggiseno e al contempo, alzò leggermente il ginocchio libero. Attese il momento in cui si sarebbero separate per respirare, godendo di quell’ultima effusione, per poi inclinare la gamba, far forza sulla spalla destra trascinandosi contro la sinistra e con un goffo tentativo, riuscito unicamente dall’aver trovato un corpo completamente preso alla sprovvista, riuscì a bloccarla contro lo schienale del divano e il proprio corpo. Anche se non alla perfezione, ora era lei sopra Ecate, le gambe intrappolate in quelle di Mìreen e le spalle tenute ferme dal peso della ragazza. Come poteva fermare la donna che si voleva suicidare nel lago?
Un ricordo Una Mìreen dai capelli argentati che chiedeva ad una bionda dallo sguardo triste se divideva una torta al cioccolato con lei. Due storie tragiche raccontate davanti un thè freddo e ad uno caldo. Parole dette tanto tempo prima. “Questo tatuaggio mi ricorda il mio suicidio... ...provavo rabbia e odio e voglia di vendetta.... Mi annegai nel lago Nero, sentii il mio cuore smettere di battere e la vita abbandonarmi. Mi ricordo ogni secondo di quel giorno e questo tatuaggio è come un promemoria indelebile.” Il suo sguardo corse al tatuaggio argentato, il segno della sua morte e rinascita.
“...otto anni fa presi la decisione spontanea di suicidarmi sperando di diventare uno Yurei… Uno spirito di vendetta giapponese…” Ecate si era uccisa per vendetta, l’aveva detto anche poco prima: “…Io volevo morire, volevo che quegli sciocchi come Vath e i miei genitori soffrissero per la loro intera vita...” Perché lo voleva? Perché voleva vendetta e farli soffrire?
Un altro ricordo, veloce come il primo: “Quando ero molto piccola, mi fu diagnosticata una malformazione celebrale che alterava il collegamento con l'ipotalamo, il centro delle emozioni.... il medico disse che non sarei mai stata in grado di provare emozioni differenti da odio, rabbia, delusione, risentimento e dolore. Avrei potuto fingere di capirle, avrei mostrato gioia e affetto senza sapere realmente cosa fossero. Sarei diventata sempre più violenta fino a prendere una strada fra omicida o suicida. I miei rimasero shoccati, avevo solo cinque anni. Ma con gli anni la diagnosi cominciò a rivelarsi sempre più vera fino a quando non decisi di morire.” Quel sentirsi diversa l’aveva portata all’esser stata trattata diversamente, come le aveva raccontato Vath e a volte lei stessa, dai suoi familiari, fino al gesto estremo del suicidio.<< Volevi essere Normale.>>Lo disse con gli occhi spalancati, come che fosse una rivelazione inaspettata, quasi non ci credeva lei stessa alle proprie parole.<< Volevi solo essere Normale…>>Ripetè, ma sta volta con un tono di voce basso, ma fermo. Quella donna vendicativa che teneva bloccata sotto di sé, in verità voleva solo esser trattata come qualsiasi altra ragazza, dalle persone che per prima avrebbero dovuto venirle incontro e darle l’amore di una famiglia invece di dolore e paura. Lo sguardo si spostò dal tatuaggio ai suoi occhi.<< Ti hanno fatto e detto delle cose terribili… solo perché il medico, a 5 anni, ti aveva trovato una malformazione celebrale all’ipotalamo... solo perché una stupida ricerca aveva detto che potevi provare solo odio, rabbia, delusione, risentimento e dolore… Saresti diventata sempre più violenta, fino a diventare o un’omicida o una suicida. Non eri più Ecate O’Connor, ma una psicopatica, una bomba a orologeria che poteva esplodere tra un momento all’altro e per questo facevano di tutto per tenerti perennemente sottocontrollo, ma nel modo più sbagliato, col dolore e la paura di ciò che potevi diventare. Nessuno ha creduto in te, in una possibilità migliore, nella speranza che invece potessi crescere come tutte le bambine e ragazze normali.>>Lentamente, ancora incerta, liberò un braccio di Ecate, per poter accarezzare il suo tatuaggio, poi con dolcezza, appoggiò la mano destra sulla sua guancia per una carezza, come aveva fatto tante volte con suo fratello quando sentiva che il mondo gli era contro e aveva bisogno di qualcuno che credesse in lui.<< Ecate, mi dispiace. Per quello che hai passato, per quello che ti hanno fatto provare... fino a cercare la salvezza nella morte. Volevi vendetta verso chi ti trattava diversamente. Volevi la libertà da quella stupida etichetta di “malata celebrale” che tutti ti avevano dato, anche chi avrebbe dovuto aver fiducia in te.>>Le sorrise, un sorriso sincero e anche se un po' malinconico dopo quella rivelazione, il peso di tutto quello che aveva sopportato la ragazza calato sulle sue spalle.<< Sei sempre stata normale. Lo eri prima, lo sei adesso, anche se ora hai risvegliato una “razza” in te latente, più figa e cazzuta. Ognuno di noi è diverso, io lo sono da te, come te lo sei da me, ma in senso buono, sono le nostre differenze a renderci unici e questo la tua famiglia non l’aveva capito.>>Si rattristò per come l’aveva tratta poco prima, davanti a lei non c’era una psicopatica, ma una ragazza che reagiva, com’era stata trattata, nel modo che loro le avevano “detto” di fare per colpa di quel malfunzionamento: con rabbia, odio, violenza. Lo stesso modo che avevano usato loro con lei.<< Hanno scelto di affrontare la diagnosi nel modo più sbagliato possibile, ti hanno trattata male ingiustamente, come fossi un pericolo e non una figlia da amare… Ma se te ora cercherai la vendetta ferendoli e punendoli, darai loro solo la soddisfazione di aver avuto ragione nel classificarti come avevano fatto in passato. Mostra loro che si sbagliavano. Mostra loro lo sbaglio più grande che hanno fatto nel dare per scontato che il tuo futuro poteva esser solo quello e nessun’altro! Ricordati: hai 26 anni, non sei assolutamente come saresti dovuta essere secondo il medico, anzi, sei migliore di tante persone che ho conosciuto e loro neanche avevano la scusa del medico.>>Sapeva di rischiare, ma lo fece lo stesso: le liberò anche l’altro braccio, poi spostò la collana che ora pendeva dal suo collo e con l’altra mano sfiorò la propria cicatrice.<< Ti ho raccontato della mia cicatrice un anno fa’, al WizCafè, davanti una “Foresta Nera” che non avevo il coraggio di assaggiare perché mi ricordava mio padre morto. Anche se ora so chi eri, chi sei, e che cosa sei: Ecate… Lia… una veela che nasconde una pericolosa arpia… Non mi interessa. Siete tutte e 3 uguali, la stessa identica persona che ha accettato di mangiare una fetta di torta con una emerita sconosciuta. Non sei diversa, sei la mia migliore amica. Ma devi essere TE, per prima, ad accettare di non esser diversa… di non esser la malata che tutti credevano, dimostrando di esser sempre stata una normale ragazza, che meritava e merita, di esser trattata con lo stesso rispetto e amore che tutte meritano.>>Fece una cosa che solo un’altra volta aveva fatto, così d’impulso, senza pensarci, come spinta da una forza invisibile: con l’indice, toccò la pelle dell’amica, nell’esatto punto dove Mìreen aveva la propria cicatrice, sopra lo spacco dei seni, e lentamente tracciò il triquetra della sua famiglia, per poi chinarsi e baciarle la fronte.
Sentì la propria anima sussultare, come che si fosse appena legata a quella di Lia-Ecate O'Connor.
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