What I've done? Anyway I'm sorry, Concorso a Tema: Quarantasettesima Edizione con Mireen Fiachran

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Lia Soxilia
view post Posted on 10/1/2019, 10:56





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Erano passati più di due mesi da quando la bionda e sicura Lia aveva varcato la soglia di casa Seaborn: da quando i suoi occhi ghiacciati avevano incontrato il cioccolato di quelli della piccola Aida, da quando quel assennato di Colin le aveva raccontato ciò che aveva fatto, da quando era scappata dal suo sensei piangente in cerca di rifugio e sicurezze, da quando la sua vita era cambiata costringendola a decidere fra il rischio e la rinuncia, fra il rimpianto e il rimorso. Da quel giorno, da quell'ultimo giorno di Agosto, Lia aveva concentrato tutte le sue forze per riavvicinarsi alla bambina con cui condivideva un legame di sangue e per cui aveva scoperto provare un desiderio affettivo nuovo e incontrollabile; da quel giorno si era prodigata per far unire le sue tre personalità in modo da controllarle e non esserne più osservatrice immobile com'era successo molti mesi prima con la rossa per cui aveva sentito un'affinità ineguagliabile; da quel giorno la Veela aveva preso la sua vita per le corna.
Lia, però, non aveva più sentito l'amica Mireen da molti mesi prima quando la rossa aveva troncato la relazione ancora non nata; stranamente la bionda non era corsa a parlarne con l'irlandese, si era fiondata sull'alcol e su incontri di una notte, ne aveva accennato al cugino e poi ne aveva parlato con il suo sensei, ma inspiegabilmente non era riuscita a parlarne con la migliore amica vista appena quando aveva dovuto gestire la scomparsa di Sybella. Si erano allontanate, o meglio, Lia aveva allontanato Mireen silenziosamente senza nemmeno dare una vera spiegazione, ma da quando aveva cominciato a rimettere la sua vita a posto con le nuove scelte si era accorta di quello strano sentimento che l'attanagliava quando pensava a Mireen. Era come un malessere diffuso che le stringeva il petto e la gola in un respiro affannoso e la sua mente non faceva che regalarle strani pensieri germogliati da chi sa dove: era come sentire un coro di voci accusarla di aver allontanato la sua Mireen, di averla ignorata e abbandonata, di non essersi minimamente preoccupata del suo stato o di ciò che stava vivendo. Ed era stato proprio così che Lia aveva conosciuto un'emozione a lei tanto familiare quanto nuova: il rimorso, il senso di colpa.
Aveva passato giorni pensando a come poter far fermare quelle voci, a come chiedere clemenza a quella giuria di boia, a come placare quella sua mancanza d'aria fino a quando, dopo averla vista alla festa di Halloween con Vath, Lia aveva trovato un buon motivo per mandarle un messaggio babbano sul cellulare con l'invito a festeggiare con lei la sua quasi festa di compleanno: il due di novembre, la festa dei morti. Così le aveva scritto uno sproloquio fitto di suppliche e idee e spiegazioni sul perché quella data tanto da occupare tre messaggi di testo, avrebbe fatto prima a mandarle un audio messaggio pensando a posteriori; poi era corsa a comprare tutto il necessario per la serata che fortunatamente cadeva nella sera libera prima del giorno di riposo. Voleva che Mireen si sentisse accolta e a suo agio, ma soprattutto che il rimorso che provava sparisse con quelle mille attenzioni, con quei palloncini colorati di blu e d'oro che galleggiavano sul soffitto, con quelle coperte calde e pelose sovrapposte da cuscini buffi che decoravano il divano e il pavimento attorno al tavolino da thé, con quella musica di sottofondo e i vari piatti da lei cucinati che spandevano il loro profumo dalla cucina. Tutto solo per Mireen, tutto solo per attenuare il rimorso di Lia.



Edited by Lia Soxilia - 31/1/2019, 14:01
 
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view post Posted on 11/1/2019, 10:44
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8-DNuj-mod Mìreen K. N. Fiachran
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A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh ​​gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.

{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin


Era da così tanto tempo che non vedeva la sua amica Lia che quando le aveva inviato quel messaggio lunghissimo di scuse e la supplicava di andare da lei per una serata solo tra loro due, aveva subito accettato, felice di quella bellissima occasione per stare finalmente insieme e da sole.
Aveva così tanto da raccontarle… i sogni che ultimamente faceva, la vita affettiva incasinata che da quando si era trasferita a Londra sembrava portarla sempre verso i ragazzi sbagliati, e il rimorsi che l’attanagliavano a casa.
Soprattutto quest’ultimi erano i peggiori, aveva bisogno di distrarsi, l’inverno si avvicinava e a casa c’erano atmosfere contrastanti: la gioia del Natale, che per loro si trattava di Yule, il Solstizio d’Inverno, ma anche il dolore della morte del padre, avvenuta poco dopo.
Era il periodo in cui di giorno si appendevano le decorazioni e si preparavano dolci cantando canzoni gioiose, e la notte si piangeva la mancanza del padre/marito.
Mìreen cercava di stare più vicina possibile alla sua famiglia ma non poteva cancellare il dolore dal loro cuore, soprattutto da quello della madre che tra tutto era quella che più di tutti ne soffriva, si sforzava di apparire “normale”, ma con risultati scarsi a volte.
La sera dell’incontro, non si tratteneva più dall’eccitazione, aveva preparato la borsa per dormire da Lia molto prima, ma l’aveva continuamente riaperta per aggiungere sempre qualcosa, finchè non era diventata così pesante che se non fosse esistita la smaterializzazione, avrebbe impiegato secoli ad arrivare a casa dell’amica con quel peso sulla schiena, e buona parte della roba non le sarebbe neanche servita!
Aveva anche comprato qualche dolcetto e soprattutto alcool, tanto alcool! Voleva che quella festa di “quasi compleanno” fosse la più divertente dell’amica e soprattutto aveva intenzione di eliminare la sua tristezza, in un modo o nell’altro!


Per l’occasione aveva scelto di colorare i capelli di un bel rosso che sicuro avrebbe scioccato l’amica, sapeva aver un debole per quel colore di capelli, oltre al suo azzurrino, ma di fare di nuovo la fata turchina non le andava quella sera, voleva stare comoda, così aveva optato per un semplice paio di jeans e una maglia con motivi floreali stilizzati, lunga ma leggera, che le lasciava le spalle scoperte.




Arrivata a casa sua, aveva zaino e borse della spesa più grandi di lei, quando entrò, un enorme sorriso le comparve sul volto nel vedere l’enorme appartamento completamente invaso da palloncini blu e d’oro che fluttuavano in aria appoggiati al soffitto.
Già dall’ingresso poteva sentire una musica di sottofondo, ma ciò che più l’attirò fu l’invitante profumino che sentì appena entrata e che dalla cucina riempiva ogni stanza promettendo gustosi piatti fatti in casa.


<< Oddio Lia… ma quanto ci avrai messo a gonfiarli tutti?? O hai usato un incantesimo per far prima?
Confesso che non me l’aspettavo, ti sei impegnata tantissimo per questa serata, non posso che sentirmi lusingata e viziata! >>


Appoggiò le borse per terra per poter abbracciare l’amica, quasi le veniva da piangere dalla gioia di poter stare finalmente in sua compagnia… quei mesi senza lei erano stati più difficili di quanto potesse immaginare.

<< Mi sei mancata tanto.
Spero che hai fatto tutto questo perché è il tuo compleanno… Sai bene che non c’era bisogno ti dessi tanto da fare per me, mi sarebbe accontentata anche di una pizza ordinata da asporto, mangiata sedute per terra.
Mi basta stare con te e poter finalmente godermi la mia migliore amica, non mi serve nient’altro.>>


Dopo una stretta più forte, la lasciò e riprese le sue borse in attesa le dicesse dove lasciarle, non vedeva l’ora di iniziare la serata.

<< Allora, mia bella festeggiata, dove lascio queste?
Ma soprattutto, con cosa vuoi iniziare la tua mini-festicciola?
Io direi di partire dal... raccontarmi TUTTO, e quando dico TUTTO intendo proprio TUTTO quello che ti è successo in questo periodo, che sia bello o brutto non m'interessa.
E intanto che te parli, voglio assaggiare ogni tua prelibatezza che ho una gran fame!>>


Stando attenta alla sporta più pesante, gliela allungò con un ghigno sul volto, volutamente sottolineato da una voce tra il minaccioso e il provocante:

<< Non è una festa tra amiche senza qualcosa con cui abbattere la vergogna e dare una spintarella alle chiacchiere più maliziose, per non parlare di tutti i segreti che ho intenzione di estorcerti!
Non conoscendo bene i tuoi gusti in fatto di bere, ho portato un po’ di opzioni bevibili sia così lisce lisce, sia mescolate con qualcosa di analcolico se vogliamo evitare di crollare subito a terra.>>





Edited by LadyShamy90 - 31/1/2019, 22:39
 
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Lia Soxilia
view post Posted on 11/1/2019, 11:32





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Pochi minuti prima che la sua invitata si palesasse alla porta, Lia aveva indossato un paio di pantaloncini di maglia grigi e una maglietta color crema ampia con maniche a pipistrello e una grande banda verticale centrale che dava vita ad un'arricciatura, stava per piastrarsi i capelli e acconciarli quando il campanello aveva sfarfallato segnalando l'arrivo dell'ospite gradita. In ciabatte la bionda era corsa ad aprire all'amica che fra zaino per la notte e borse della spesa sembrava una clochard ma che aveva lasciato senza parole la padrona di casa per quel colore di capelli tanto nuovo quanto conosciuto: Mireen si era tinta di rosso i capelli per farle una sorpresa, sapendo che la bionda aveva un certo debole per le rosse, ma inconsapevolmente le aveva conficcato un pugnale nel cuore rigirandolo nella piaga formatasi mesi prima. Lia si era ritrovata ad annaspare alla ricerca di aria mentre l'amica commentava felice la vista di tutti quei palloncini che aveva gonfiato con un semplice incantesimo ore prima, non riusciva a muoversi oltre o a rispondere e sentiva che avrebbe potuto scoppiare lì davanti in quel mare di lacrime e sensi di colpa che le stavano mangiando il cuore; ma non era il momento, non poteva lasciare che il suo rimorso per quella litigata orribile rovinasse la serata dedicata a Mireen ed al farsi perdonare per la sua assenza. Così quando l'irlandese la strinse in un abbraccio confessandole la sensazione di lontananza e le sue semplici aspettative per la serata, Lia non fece altro che rispondere all'abbraccio calorosamente più per rimettere insieme i pezzi di sé per poi ridere di gusto confortando l'amica sui suoi dubbi. "No, in realtà è tutto per te! Era da tanto che non ci vedevamo e mi sembrava giusto festeggiare anche questo!"
Un'ultima stretta forte, poi Mireen si caricò nuovamente le borse allungandogliene solo una con tono minaccioso e divertito: la rossa aveva proprio deciso che quella sera sarebbe stata all'insegna dell'alcol e delle chiacchiere, probabilmente per poi terminare con una bella dormita e una mattinata con i postumi. Lia afferrò la borsa colma di bevande alcoliche e quindi fece strada nel corridoietto d'entrata fino alla camera a sinistra dove avrebbe lasciato dormire Mireen, subito dopo la biblioteca, per permetterle di scaricare lo zaino; quindi sarebbero tornate un po' indietro fino alla scala che portava al piano superiore dove la sala e la cucina le attendevano addobbate: le grandi vetrate mostravano la sera che si faceva largo nel cielo e le luci del London Eye che girava per i turisti, il divano era completamente adornato di coperte e cuscini dai più sgargianti colori mentre sul bancone della cucina una sfilza di piatti decorati a mo di quadri attendeva le due amiche."Ecco qui la festa sobria e tranquilla!" disse ridendo Lia mentre aiutava Mireen a scaricare le borse. Avevano tutto per poter cominciare, così la bionda invitò la rossa a sedersi sul divano mentre con la bacchetta faceva levitare i piatti dalla cucina fino a loro. "Allora... Abbiamo dei vol-au-vent ai gamberetti, delle capesante gratinate in conchiglia e una mousse al salmone come antipasto... Poi Stoofvlees accompagnato da un'insalatina mista come portata principale e infine... Dorayaki con cioccolato e composta di frutti di bosco e Mochi al thé verde!"
Lia aveva cucinato tutto il pomeriggio e la cosa le aveva fatto davvero piacere, impegnarsi tanto per organizzare quella festa di scuse le aveva fatto sentire che avrebbe potuto rimediare a quel rimorso che si portava dentro: aveva fatto davvero tanto per poter lesinare una briciola del perdono di Mireen, che fra tutte le persone a cui aveva fatto male era forse l'unica con cui avrebbe potuto avere una possibilità di rimediare. In quei sei mesi di lontananza Lia era riuscita a far del male in modi che nemmeno credeva e ciò le aveva creato una nuova conoscenza, che mai prima d'allora aveva sperimentato o pensato, e così aveva cominciato a ripensare al passato ed ogni piccolo ricordo era andato ad aumentare il numero di motivi per cui la giovane donna aveva motivo di sentirsi colpevole: c'era l'incendio nella biblioteca dello zio, le parole dette al padre, il modo in cui trattava i compagni, l'aver abbandonato Aida e il disinteresse per la sparizione di Ab, l'essersi uccisa ed essere scappata, quel tramonto giapponese da cui era scappata e le mille e più cose che aveva fatto. Ricordare e conoscere le avevano fatto sperimentare come il rimorso potesse mangiare vivi , ma nessuno le aveva spiegato come si può superare il rimorso e ciò la rendeva vittima inerme a quel lento consumarsi.
"Direi di cominciare un uno shoottino e con i tuoi racconti, mia cara!" Lia aveva preparato due bicchierini con dentro della vodka liscia e ne aveva sollevato uno per poi invitare l'amica a raccontare con tono malizioso: voleva sapere tutto di ciò che era successo e raccontare i suoi sei mesi non era esattamente il caso se volevano una serata allegra.

 
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view post Posted on 15/1/2019, 03:00
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{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin


Doveva ammettere che la reazione dell'amica al suo colore di capelli l'aveva lasciata un poco confusa.
Si aspettava che si facesse una risata o le dicesse qualcosa di simpatico o comunque un piccolo commento visto che aveva scelto il colore per cui sapeva aveva un debole, ma l'unica cosa che fece fu guardarla come avesse visto un fantasma e restare immobile con un'espressione difficile da decifrare, ma non era sicuramente quella che l'Irlandese si aspettava.
Si era quasi pentita di quel suo gesto, forse sarebbe stato meglio optare per uno dei suoi colori stravaganti...
Preferì lasciar perdere e chiedere spiegazioni più tardi, non era il massimo iniziare una serata di festa con un "Perchè non ti è piaciuto il mio colore di capelli? Ci sto così tanto male o è successo qualcosa che non ti piacciono più le rosse?"
L'accompagnò prima a depositare lo zaino per la notte, poi al piano superiore dov'erano la sala e la cucina.
Lo stupore suscitato già dai palloncini colorati sul soffitto aumentò esponenzialmente quando vide come aveva preparato la casa per quella loro serata: il divano e il pavimento intorno al tavolino da thè erano decorati con calde e pelose coperte dai colori più stravaganti, e con buffi cuscini dall'aspetto morbido, invece sul balcone della cucina piatti belli come quadri invitavano all'assaggio col loro aspetto e profumo invitanti.
Quando le disse che in realtà aveva fatto tutto proprio per lei e per quella serata tanto aspettata e desiderata dalle amiche, Mìreen non potè che sorridere, leggermente rossa, era meravigliata ed eccitata come fosse il suo compleanno e non quello di Lia, saltellò e applaudì all'amica.


<< Complimenti! E ancora Tanti Auguri!
Grazie davvero infinitamente, non mi sarei mai aspettata una simile accoglienza, non ce n'era bisogno, ma non posso che apprezzare!>>


Probabilmente lei avrebbe fatto lo stesso per Lia, ma era tutta un'altra cosa quando erano gli altri a compiere di propria iniziativa un così bel gesto... e doveva ammettere che dall'amica non se l'aspettava, era stata così riservata in quel periodo che non credeva di esserle mancata tanto, specie perchè tra le due era lei quella più emotiva ed espansiva.
Quando lo stomaco le ricordò di aver fame, seguì l'amica sul divano, i piatti levitarono sul tavolino da thè insieme ad alcune bottiglie col bere. Si sarebbe leccata i baffi tipo gatto se solo non le fosse sembrato troppo stupido, ma il bavino che quasi le colava a lato della bocca rischiò di scoprirla.
Iniziò subito con un assaggio dell'antipasto, prima la mousse di salmone che non aveva mai sentito, era leggera e fatta alla perfezione, una piacevole scoperta, prese un vol-au-vent ai gamberetti che finì in soli due bocconi, per poi servirsi delle capesante gratinate in conchiglia, saporite e cotte al punto giusto.


<< Ma quanto sei brava?? Non credevo nascondessi una cuoca dietro quel viso da dea! Bella e brava sia in casa sia ai fornelli...
Posso sposarti io prima che qualcun altro o altra lo faccia?>>


Prese un altro assaggio di mousse, ma prima che potesse puntare ad altro, l'amica le allungò un bicchierino con vodka liscia dentro invitandola a bere e ad iniziare lei col raccontare.
Sorrise di rimando all'amica, accettando la proposta.


<< E così devo iniziare io eh?
Ok, direi di partire dalle cose più tranquille così quando saremo abbastanza sbronze, dovrai sorbirti qualche mia noiosa crisi esistenziale... e io naturalmente farò lo stesso con te.>>


Sollevò il bicchiere e bevve alla goccia il liquido trasparente e mentre parlò se lo riempì nuovamente...

<< Vediamo... qualche novità interessante... - ci pensò sù mentre prendeva un'altra capesanta gratinata, per poi sbrigarsi nel finirla appena avuta l'illuminazione - Ah, Sì! Nonna mi ha messa a studiare perchè vuole che mi preparo a prendere il suo posto come officiante delle cerimonie religiose del mio villaggio... ed essendo un percorso parecchio lungo e complesso, devo partire subito ed impegnarmi al massimo.
Ho già iniziato a farle da aiutante durante i riti, sia nell'organizzazione, sia durante la cerimonia... ma...
- si morse il labbro e bevve di getto il contenuto del bicchierino per poi riempirlo di nuovo... - devo confessarti che ho una peppa assurda!>>

Prese una delle bottiglie, ipotizzò vino, e se ne versò un po' nel bicchiere, per poi tornare a guardare l'amica...

<< Una cosa è stare dietro le quinte e decidere come decorare l'altare ecc... anche seguire lei durante il rito davanti agli spettatori e i fedeli è ancora facile, infondo sai che non sono una persona timida o con l'ansia da palcoscenico... Ma un'altra è essere IO quella che dirige e si occupa di TUTTO!
E se sbaglio??? E se metto in ridicolo la mia famiglia? Da SECOLI ci occupiamo di queste importanti tradizioni, arrivo io e potrei mandare tutto all'aria...>>


Fece di nuovo una pausa, ma questa volta guardò verso la finestra, dove ormai la sera era scesa col suo scuro manto e benchè la città impedisse di vedere le stelle alte ne cielo, loro c'erano sempre, benchè fossero nascoste da altre luci, più colorate, più artificiali e più ingannevoli... più luminose solo perchè più vicine.
La sua bocca s'inclinò in un leggero sorriso, era strano parlare di quelle cose con qualcuno che non fosse un suo familiare, non era neanche mai stata così sincera sul compito religioso della sua famiglia e quella che sarebbe diventata la sua "eredità"...


<< Però sono felice e onorata che mia nonna creda tanto a me da darmi una simile responsabilità...
Per noi credenti l'officiante è il collegamento con gli Spiriti e il Dio, ma soprattutto significa comunicare con la Dea Madre, interpretarne il volere e impersonarla durante queste cerimonie...
E' un dovere e privilegio accettare un simile ruolo.>>


Le tornò il buon umore ripensando a quanto sua nonna si fosse mostrata determinata e convinta sulla scelta di istruire lei tra tante "possibili candidate" a quel posto.
Per quanto avesse paura di non esserne all'altezza, l'enorme emozione provata quando era stata nominata degno successore, con inizio ufficiale del suo apprendistato, le aveva dato la forza di accettare e la spronava a dare il meglio.


<< Poi cos'altro? Mmm....
A lavoro hanno iniziato a darmi missioni niente male, tipo catturare contrabbandieri di oggetti e ingredienti illegali.
Non è come catturare maghi oscuri, ma almeno non sono seduta dietro una scrivania a compilare roba burrocratica, anche se alla fine della missione devo scrivere il rapporto, ma sicuramente meglio delle scartoffie di cui si occupano Issho e Vath ogni giorno!>>


Alzò le braccia in alto come gesto di vittoria per poi curiosare tra gli alcoolici a disposizione trovandone qualcuno a lei sconosciuto...
Riempì il bicchierino, sta volta con un liquido ambrato che le bruciò la gola appena la sfiorò, si mosse sul divano nella speranza di trovare una posizione comoda, ma imprecò contro i jeans aderenti alle gambe che glielo impedivano.
Così si alzò e fece avanti e indietro per la cucina di Lia, incapace di starsene seduta tranquilla.
Era tremendamente agitata, non le stava raccontando tutto e ciò la faceva sentire in colpa, ma temeva il suo giudizio, e al tempo stesso desiderava rivelarle ogni cosa, voleva le dicesse qualcosa, un pensiero, un commento... qualsiasi cosa che l'avesse aiutata in quella spirale emotiva in cui era caduta e che finalmente si stava aprendo all'unica persona al di fuori della sua famiglia il cui pensiero era tanto importante da darle il tormento.
Sapeva che più la serata andava avanti, più le cose sarebbe andate a "peggiorare" scendendo sempre più nel riservato, ma quella doveva essere la loro, niente segreti.
Voleva buttare fuori tutti i dubbi e ripensamenti, tutti i rimorsi che in quel lungo periodo senza di lei si era dovuta portare dentro, rifiutandosi di dirlo ad altri e aspettando l'amica di cui si fidava ciecamente.


<< Basta! Voglio togliermi 'sti pantaloni del cavolo... Non sono comodi come credevo.>>

Scattò verso le scale per andare di sotto, tornò nella stanza dove aveva lasciato la propria borsa, sapeva che Lia l'aveva seguita, ma non si preoccupò di chiudere la porta, erano tutte e due donne e pure amiche, dove stava il problema di cambiarsi con lei nella stessa stanza?
Cercò di sfilarsi i pantaloni da in piedi, ma perse l'equilibrio e si ritrovò gambe all'aria cadendo di sedere dove avrebbe dormito quella notte, per fortuna era morbido.
Borbottando imprecazioni in irlandese, si sfilò i pantaloni da seduta, restando con delle semplici mutande color rosa antico e fiorellini; si capiva fossero coordinate al reggiseno perchè le spalline che s'intravedevano dalla ampia porzione di pelle che la maglia lasciava scoperta, erano dello stesso colore e identico motivo floreale.


Si chinò sulla propria borsa e vi tirò fuori un paio di comode pantacalze nere che con la maglia abbastanza lunga, ora che l'aveva sfilata da sotto i jeans, ancora stavano bene.

<< Ora Sì che sono comoda!>>

Sorrise tutta soddisfatta, rinfilando i pantaloni da uscire nella borsa così da mantenere l'ordine nella stanza.
Si girò verso l'amica e saltellando tornò con lei in cucina sedendosi al bancone questa volta.


<< Parlando di tuo cugino...
Lo sai cos'è successo qualche mese fa'? Sarà stata fine estate o inizio autunno...
Ti anticipo che non ho ancora avuto modo di parlarne con lui, non l'ho più visto fino alla festa di Halloween da Zonko, ma anche in quell'occasione non è che abbiamo parlato più di tanto, ero più concentrata a tirare i tacchi contro un puzzolente troll... >>


Fece una pausa, si vergognava un po' a raccontare una cosa del genere all'amica, soprattutto perchè non sapeva come avrebbe reagito, ma era la sua migliore amica e se non lo raccontava a lei, chi altro avrebbe potuto consigliarla? Soprattutto quando si aveva a che fare col cugino.

<< Ehm... Avevo finito il mio "turno" da babysitter e Vath mi aveva invitata a restare per cena.
E... Non lo so, era una persona diversa...
Non era il solito Vath Remar, cugino della mia migliore amica, quindi "amico acquisito", sposato con 3 figli e mio collega al Ministero benchè su piani diversi... con aspirazioni di conquista al ruolo di Ministro, e ascesa al potere. Era quasi come che non lo avessi mai conosciuto veramente...
Io ero la solita cretina che lo provocava, lo stuzzicava e che gli faceva le battutine, ma per la prima volta lui rispondeva col mio stesso tono!
Prima era sempre stato freddo e distaccato nei miei confronti, facevo una battuta, rispondeva solo perchè orgoglioso, competitivo, e di solito aveva a che fare con la rivalità tra le nostre ex-casate, ma quella sera NO!
Mi provocava con malizia, come che avesse un interesse nei miei confronti, non dico che ci stava provando, ma non era più così distaccato! Mi stava vicino, c'è stato uno sfiorarci... un avvicinarsi che...>>


Sapeva esser diventata paonazza, probabilmente era dello stesso colore dei capelli, dire che le era venuto caldo era poco, si tirò su le maniche della maglia per poi riprendere quel racconto che non sapeva a cosa dovesse portare.
Il tono della voce era incerto, agitato, accaldato... lei stessa non sapeva come sentirsi.


<< Non so come fartelo capire, non era il solito Vath! Non si era mai comportato così con me, e io ora sono... confusa... più lui ricambiava le mie provocazioni più io avevo voglia di sfidarlo, di metterlo alla prova.
Ma forse ho sbagliato a stuzzicarlo quella sera, forse non dovevo iniziare quel gioco di sguardi... di sfide...
Non so come comportarmi con lui, non so cos'ha in mente quella serpe!
Cazzo, ero riuscita a prendergli quel suo maledetto bastone da passeggio per ricattarlo, e TI GIURO che mi ha lanciato tanti di quei doppi sensi, che ho sentito le vampate di calore benchè indossassi un vestitino leggero preso a caso dall'armadio!>>


Appoggiò la fronte sulla superficie fredda del ripiano, ripensare a quella cena la faceva sentire confusa e stordita, oltre che aumentarle la sensazione di accaldata che già l'alcool stava contribuendo a darle.

<< Oddioooo stiamo parlando di Vath! Tuo cugino!
Forse ho frainteso io, forse aveva solo bisogno di distrarsi per una volta da quando la moglie è scomparsa e ha voluto ricambiare le mie stupide attenzioni per passare una serata diversa dal suo solito...
Eppure mi sembrava così.. sincero?
Non so cosa fare, non so cosa pensare! Adesso è un uomo giovane, di bell'aspetto e SINGLE...
Non lo avevo mai visto sotto questa luce perchè prima era diverso, sia la situazione, sia lui.
E non dimentichiamoci che sono decisamente sfortunata coi ragazzi!
Lo sono sempre stata, e soprattutto non capisco mai quando è una causa persa quella che ho davanti o se vale la pena tentare...>>





Edited by LadyShamy90 - 31/1/2019, 17:43
 
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Lia Soxilia
view post Posted on 15/1/2019, 13:48





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Si erano sedute sul divano assieme, Lia aveva incrociato le gambe come quando faceva yoga e fissava l’amica con la schiena appoggiata al bracciolo su cui era posto un cuscino morbido; avevano buttato giù alla russa lo shootino e si erano presto avventate sui piatti prelibati che la bionda aveva cucinato. Mireen aveva cominciato assaggiando la mousse di salmone mentre Lia si era lanciata sui vol-au-vent che tanto apprezzava addentando la sfoglia fragrante che le scricchiolava fra i denti, poi si erano date il cambio e la padrona di casa aveva potuto gustarsi la mousse spalmandola su alcuni crostini con cui aveva abbellito il piatto, la capasanta era stata poi la conclusione ideale di quell’antipasto croccante per la gratinatura e morbida per il mollusco al suo interno. L’amica le aveva fatto i complimenti per il suo talento in cucina scherzando sull’idea di sposarla prima che altri lo potessero fare, ma Lia aveva dovuto trattenere una smorfia di amarezza ricordando che aveva promesso alla Rossa di cucinarle dei mochi la prima volta che l’avesse invitata a casa: era successo ere prima al loro primo incontro fuori da Florian mentre fumavano tranquillamente una sigaretta, ed ora le sembrava una cosa così improbabile da farle male.
Mentre Mireen pensava a cosa raccontarle di quei mesi Lia, che cercava di nascondere quel tormento colpevole, si era affrettata a riempirsi di rum un bicchiere da acqua bevendolo a grandi sorsate come se quel liquido ambrato e bruciante potesse anestetizzare quel mal di vivere di cui unica colpa era il celato affanno di un errore imperdonabile da lei stessa commesso. Ogni volta che la guardava, con quei capelli rossi che ondeggiavano dietro la sua schiena ad illuminarla di una luce fantastica, Lia sentiva il cuore perdere un battito quasi come se stesse facendo piccoli infarti e il muscolo cardiaco perdesse fibre essenziali: era dannatamente bella e purtroppo le ricordava troppo quella donna per cui aveva perso cuore e testa.
Quando saremo ubriache non dubito che faremo discorsi apocalittici sulla nostra vita... E mi aspetto sicuramente di avere crisi melodrammatiche con te!” rise mentre il calore dell’alcool la scuoteva appena; voleva pensare a cose belle, cose allegre, cose felici che non riguardassero perdite e rimorsi.
Vide l’amica trangugiare una capasanta e cominciare un discorso mentre ancora masticava l’antipasto, fu spontaneo ridere di quella buffa scena che si adattava perfettamente al desiderio della bionda: l’amica le stava raccontando che sua nonna l’aveva scelta per tramandare l’usanza di officiante nella sua comunità e quindi passarle il testimone una volta completato il percorso necessario. Mireen sembrava emozionata come una bambina e impaurita come un topolino, passava da momenti di euforia per la notizia a momenti di assoluta disperazione e Lia finalmente riusciva a capire ciò che stava sentendo l’irlandese; con calma attese che quest’ultima finisse e, nel mentre, si riempì nuovamente il bicchiere di rum che era diventato il suo miglior alleato contro i momenti di tormento.
Ti vedo assolutamente emozionata e contenta per questa notizia, però capisco la tua paura di non farcela e di sbagliare... Ma dimmi un po’ sai chi è che non sbaglia mai? Chi non fa nulla!” Aveva cominciato con gentilezza pulendosi le mani dalle briciole del vol-au-vent e poi aveva continuato con piccante determinazione. “Sbagliare è necessario e giusto, altrimenti dovremmo nascere conoscendo già tutto e che vita sarebbe?! Guarda cosa ho dovuto sbagliare io per poter finalmente conoscere le emozioni!” Aveva lasciato brillare un sorriso sincero, consapevole che il suo era un errore ben più grande e ben più rischioso, sollevando il bicchiere a mo’ di coppa della vittoria: si, aveva cominciato a credere che fosse una vittoria quella che aveva vissuto e che il male e il suo esser sempre contrita dipendevano unicamente dal suo non accettare il passato. Poi si era portata vicino all’amica e le aveva messo una mano sulla spalla piantandole i suoi occhi seri in quelli di lei, aveva lasciato che un sorriso le riempisse il volto e che la voce assumesse un tono clinicamente dolce e poi aveva lasciato che le sue parole facessero il resto. “Sbaglierai e ti sentirai umiliata, ma da lì imparerai e riuscirai a fare il meglio! Non fallirai duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente troverai millenovecento-novantanove modi su come non va fatta una lampadina... O almeno era questo quello che diceva Edison.

L’allegria nell’amica tornò presto tanto che si mise a parlare delle belle novità del lavoro, dove finalmente aveva missioni e non più solo scartoffie e burocrazie che era evidente non le piacessero granché; Lia non sapeva bene cosa dire sul suo lavoro, era sempre quello con qualche caso interessante come quello di Maurizio, ma non sapeva se poteva dire quel particolare all’amica vi era il segreto professionale e lei non era intenzionata ad infrangerlo. Così semplicemente sorrise, ma non fece in tempo che Mireen era già in piedi in agitazione cercando qualcosa che la calmasse: le stava nascondendo qualcosa di grosso, era evidente! Così, vedendola scendere di corsa sbraitando che voleva togliersi gli skinny troppo aderenti, Lia finì il suo secondo o terzo bicchiere di rum e si apprestò a seguirla; erano nella camera adibita agli ospiti e Mireen era caduta sul letto nel tentativo di togliersi i jeans rimanendo in brasiliana e maglietta davanti a lei, sembrava non curarsene e Lia per un momento solo ricordò che a maggio aveva dato sfogo a tutta la sua libido da ubriaca pur di dimenticare Drinky senza riuscirci davvero. Lia si appoggiò alla maestà della porta della camera a braccia conserte fissando l’amica che continuava la sua opera di cambio look, vi era qualcosa in quella situazione che la faceva allontanare nel suo immaginario ricordandole come alcune notti si svegliasse convinta di avere nel suo letto il fisico scattante e pallido della rossa che spesso le invadeva i pensieri: era come vivere in due mondi costantemente, ma trovarsi bene in uno soltanto.
Quando finalmente Mireen si sentì a suo agio in pantacollant saltellò in cucina con Lia al seguito e finalmente cominciò il discorso nascosto che la agitava: riguardava Vath, il cugino che da pochi mesi aveva perso la moglie scomparsa chissà dove, e non sembrava essere una cosa tanto leggera. Lia sentì di dover assolutamente bere per affrontare un discorso simile ma non riuscì a non piantare sull’amica uno sguardo intenso e che parlava da solo. Da come l’irlandese parlava sembrava che tra i due fosse scattato uno strano corteggiamento e un’affinità che prima era inesistente, o quanto meno invisibile ad occhi inesperti, ma la cosa che più lasciava interdetta la Veela era il modo imbarazzato e adolescenziale con il quale Mireen le raccontava il tutto: era come ascoltare una sedicenne innamorata del ragazzo più bello della scuola, o almeno era ciò che credeva Lia avendo analizzato alcuni film sul tema. La bionda rimase interdetta per minuti che le parvero ore mentre il racconto procedeva e la sua mano continuava a farle arrivare alla bocca un bicchiere pieno da finire in poco più di un sorso. Non aveva mai pensato a suo cugino ed all’amica come ad una coppia, non che realizzandolo stessero male ma non era quello il punto, eppure ora le sembrava di vedere l’inizio di quella che sarebbe divenuta davvero una relazione e Mireen sembrava sentirsi in colpa più per il fatto di parlare di suo cugino che non per il fatto di esserne attratta! Quando la rossa smise di parlare Lia dovette prendere un lungo respiro profondo e abbandonare il bicchiere nuovamente vuoto sul bancone dove ora erano sedute: da una parte voleva essere una buona amica e consigliare giustamente, dall’altra sentiva il senso di protezione per Vath accanirsi contro Mireen; poi però il magone inarrestabile nel ricordare che era stato proprio il cugino a farle conoscere Drinky la sovrastava, gli doveva qualcosa dopo tutti gli sforzi da lui compiuti e da come aveva rovinato quella storia Lia doveva al cugino qualcosa, magari ciò l’avrebbe fatta sentire meglio. “Allora... Tu mi stai dicendo che hai cenato con Vath e che lui si è comportato in modo strano perché ricambiava la tua malizia e ti stuzzicava con doppi sensi?” Rimase perplessa anche lei dalla tranquillità con cui aveva posto la domanda retorica. “Si hai proprio ragione... Adesso mio cugino è un ragazzo giovane, di bell’aspetto e single... Prima invece era un semplice uomo sposato, vecchio e brutto!” Rise di quella battuta sulle parole dell’amica anche se aveva capito il senso di quelle parole. “Non ti so dire se Vath lo abbia fatto per un motivo preciso o solo perché era stanco, so che ha appena perso l’amore della sua vita... Purtroppo... E che nulla potrà colmare quel vuoto, ma magari scherzare così con te può aiutarlo.” Aveva lasciato che quel purtroppo non avesse un senso preciso, ma per chi la conosceva bene come Vath o Ab era chiaro che si riferisse all’amore per Blondie. “Ma se mi chiedi un consiglio sul continuare ad uscire con mio cugino sperando in una storia un po’ più seria allora ti dico di aspettare: ha perso Sybella meno di tre mesi fa! Non puoi credere che sia interessato a ciò che tu vorresti... So che è un uomo capace di attrarre e farsi desiderare, ma non siamo ad Hogwarts e non abbiamo sedici anni!” Non era sicura che fosse il consiglio più adatto e qualcosa dentro di lei le faceva credere di aver usato più gli artigli che i guanti, qualcosa dentro di lei rideva di una gioia finta e crudele che sapeva appartenere solo a qualcuno che non faceva scelte giuste così provò a rimediare incupendosi e addolcendosi. “Se le tue intenzioni sono serie e non il semplice desiderio di qualcuno, dovresti dargli tempo e permettergli di superare il lutto... Dovresti essere pronta ad accettare che non è solo lui ma ci sono anche tre figli a cui badare... Devi ricordarti che è un purosangue e ha certe idee, potrebbe non accogliere alcuni tuoi tratti e te lo dico io che ho dovuto combattere per farmi accettare come Veela...”
Lia andò a sprofondare nel divano accompagnandosi con un ennesimo bicchiere pieno e coprendosi la fronte con il dorso della mano necrotica che aveva prontamente nascosto con un incantesimo, era una delle poche cose che non riusciva ancora a dire a nessuno ed era stato l’alcool a rivelarlo a Vath. Si sentiva spossata come avesse fatto a pugni con Ecate per riuscire a dire quelle parole, sembrava sempre che la vecchia sé stessa volesse crearle situazioni negative in cui avrebbe sbagliato e poi se ne sarebbe pentita: era come essere masochisti o addirittura autolesionisti, ma senza un vero motivo.
Sai, poco tempo fa ho deciso di andare a trovare un’amica che avevo ad Hogwarts e che non vedevo da quasi dodici anni... Condividevamo tutto e mi aveva attratta il suo modo malinconico di vedere il mondo, spesso dipingevamo e disegnavamo sulle sponde del lago nero, parlavamo di arte e conoscenze babbane, credevo non ci saremmo mai allontanate ma poi... Sono successe tante cose e non ci siamo sentite per anni. Così quando ci siamo riviste credevo che avremmo potuto sistemare, che saremmo tornate a parlare, che tutto quello che è successo nel mentre potesse sparire. Ma niente sparisce mai davvero.” Lia aveva un tono apatico e la sua voce era leggera come una piuma, eppure una nota di disperazione si poteva cogliere nei suoi respiri fra una frase e l’altra. “Sono andata da lei per chiarire le cose ed ho scoperto che il motivo principale per cui non ci sentivamo era mio padre... Colin ha deviato le nostre lettere impedendoci di comunicare e noi abbiamo creduto che l’altra non volesse scriverci. Per una cosa così sciocca abbiamo smesso di sentirci, ci siamo odiate ed io...” Non terminò la frase semplicemente si toccò la piccola scarnificazione a forma di cuore che aveva dedicato ad Aida. “Le ho urlato contro che era colpa sua se mi sono suicidata, volevo che soffrisse come avevo sofferto io... Ma ad essere sincera volevo solo che si sentisse in colpa, proprio come mi sento io...” Si ridestò appena accorgendosi dell’errore nel tempo verbale e cercò di rimediare invitando con una mano l’amica ad accomodarsi accanto a lei sul divano per poi parlare accentuando al massimo un tono divertito che però era finto. “Ma quindi hai avuto sei mesi ricchi di novità incredibili! Ne sono felicissima! E poi immagino che le missioni ti rendano entusiasta, anche se non sono esattamente come quelle degli Auror ma so che tu riuscirai ad arrivare fino a là!

Avrebbe davvero voluto raccontarle di quello che era successo a lei, ma non riusciva, erano tutte cose sempre più brutte che andavano ad intaccare l’allegria della serata e che come macchie d’olio riempivano di un’oscura sensazione di pentimento tutto ciò che la circondava: perché avrebbe dovuto voler far rattristare la sua amica? Ricorda bene Lia-san, che adesso che hai la famiglia accanto, amici e futuri amori, non aver paura di aprirgli l'animo in situazioni difficili e dolorose. Il dolore può badare a sé stesso, ma per capire il pieno valore della gioia bisogna avere qualcuno accanto con cui condividerla. Issho le era tornato in mente così, era stato la sua ancora dopo quell’incontro e lo era anche in quel momento.
Vieni, ti dev...ti voglio raccontare una cosa e non so come la prenderai, ma per favore non accusarmi... Ho sbagliato, lo so rimpiango ogni giorno ciò che ho fatto, ma non posso più cambiarlo... Non il passato almeno e il futuro sto provando a renderlo migliore...” Lia trasse un respiro profondo, chinò lo sguardo attendendo che l’amica le si sedesse di fronte e quindi cominciò a raccontare con aria colpevole abbandonando il bicchiere pieno sul tavolino da thé. “Quell’amica di cui ti stavo parlando... Abigail...Abbiamo smesso di sentirci per diversi motivi, fra cui anche mio padre, ma soprattutto perché le avevo chiesto di badare per me ad un mio sbaglio... Avevo quindici anni, non avevo la più pallida idea di cosa volesse dire amare o gioire, mi interessava solo conoscere, sapere tutto a qualunque costo. Non avrei mai potuto continuare la vita di allora se non le avessi chiesto di occuparsene lei. Ma quando sono andata a rivederla, quando ho visto come se n’era occupata, quando ho potuto capire e sentire davvero io... Io avrei voluto solo tornare indietro e rifare tutto da capo, fatto bene. Sono stata un mostro, non merito alcuno sconto di pena o alcuna comprensione, ma vorrei davvero poter rimediare a quell’errore... Perché non riesco più ad accettare che non sia con me...” Era stata enigmatica lo sapeva, ma faticava ancora a dirlo ad alta voce; così si era sfilata la maglietta, mostrando il reggiseno a balconcino cipria con un fiocchetto nero al centro, e aveva mostrato la scarnificazione a forma di cuore che stava sullo sterno poco sotto il cuore alla sua amica. “Questo cuore è per la figlia che quasi dodici anni fa ho abbandonato ad Abigial perché la ritenevo un peso... Avrei voluto chiamarla Venere come la prima stella del mattino, che in realtà è un pianeta, ma Ab non sentendomi ha deciso di chiamarla Aida... Da circa due mesi frequenta Hogwarts e alla festa di Halloween era con me perché sto cercando di riavvicinarmi sperando che un giorno lei possa perdonarmi per ciò che ho fatto.

 
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view post Posted on 20/1/2019, 07:05
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8-DNuj-mod Mìreen K. N. Fiachran
Contest-Gennaio-2019-INVERTITOmod

A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh ​​gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.

{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin


Adesso che aveva le pantacollant si sentiva decisamente più comoda, mentre si cambiava ripensava alle parole dell'amica di poco prima.
Non poteva che ringraziarla per il sostegno e l'incoraggiamento che provò a darle sul ruolo che nonna le aveva dato, ma sicuro non sarebbe arrivata a sbagliare così tante volte...
Primo perchè sua nonna le avrebbe tolto l'incarico molto prima in caso di errori ripetuti, e secondo perchè dalla vergogna sarebbe scappata nella foresta sparendo dalla faccia della terra.
L'aveva ascoltata rassicurarla, ma quando aveva detto "Sbaglierai e ti sentirai umiliata, ma da lì imparerai e riuscirai a fare il meglio! Non fallirai duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente troverai millenovecento-novantanove modi su come non va fatta una lampadina..." pensò che Edison non conosceva Kathleen Fiachran se no la lampadina l'avrebbe brevettata prima dei 30 anni.

Bevve un bel sorso dell'ultima cosa che si era versata, ma col mischione di alcool che stava facendo manco si ricordava cosa fosse... Aveva rivelato all'amica cosa stava forse succedendo tra lei e suo cugino, ma si era sentita intimorita dal suo inteso sguardo che per tutto il tempo le era rimasto inchiodato addosso, per non parlare del numero di bicchieri che si era scolata durante tutto il suo racconto.
Il profondo respiro che aveva fatto prima di dirle qualcosa, non preannunciava niente di buono, infatti quello che disse dopo un poco l'avvilì... Come temeva, e Lia le aveva dato la conferma, era più probabile che Vath a quella cena si fosse comportato così solo perchè stanco dei mesi passati a cercare di superare la scomparsa della moglie e voleva divertirsi o almeno distrarsi per una volta.
"...ha appena perso l’amore della sua vita..."
"..ha perso Sybella meno di tre mesi fa! Non puoi credere che sia interessato a ciò che tu vorresti..."

Era vero, come poteva credere che i suoi sentimenti fossero "altri"?
Era troppo presto per credere (forse sperare?) in qualcosa di più.
Si era "preoccupata" come una stupida per cose che non esistevano, e ora si sentiva tanto stupida.
Lei non era ragazza "da divertirsi una notte e basta", se no si sarebbe concessa a Maurizio quel giorno che l'aveva conosciuto al pub, se Vath aveva voglia di divertirsi, e forse i doppi sensi volevano arrivare a quello, avrebbe dovuto trovarsi un'altra ragazza.
Si sentì sollevata dalle parole dell'amica, ma dentro di lei, una piccola fitta di delusione si fece sentire...
Perchè c'era rimasta un poco male? Forse le erano piaciute le attenzioni del giovane ministeriale?
Era vero, non era una ragazzina di 16 anni, ma aveva avuto così poche esperienze col sesso opposto, da rimanere confusa quando qualcuno ricambiava il suo provocare, giocava a provocare i maschi per poi tirarsi indietro perchè non voleva buttare la sua prima volta col primo che passava.

Ancora seduta al bancone della cucina, aveva ascoltato Lia raccontarle di quell'amica di scuola con cui aveva perso i contatti, che poi si erano risentite, ma le cose erano finite male tra loro, ora era in colpa per aver sfogato la propria rabbia su quest'altra ragazza e si capiva ne fosse dispiaciuta parecchio, rammarico e dolore erano ben visibili sul volto delicato della giovane medimaga.
Che relazione avevano per restarci tanto male? Non l'aveva mai vista così a terra, soprattutto non era da lei manifestale con tale chiarezza le proprie emozioni.
Non servì che la chiamasse lei, Mìreen aveva seguito preoccupata la storia e intuendo come andasse a finire, aveva preso un altro sorso del suo drink, riempiendoselo a caso, si era avvicinata alla spalliera del divano, per poi appoggiarlo sul primo ripiano vicino, e mentre Lia cercava di cambiare argomento, l'abbracciò da dietro le spalle.
Affondò il viso tra i suoi morbidi capelli profumati, per poi dirle con voce triste e risentita:


<< Mi dispiace di averti abbandonata per tutto questo tempo.
A me non è successo niente di chè in questi mesi a parte la serata con Vath, invece te hai passato momenti terribili!
Perchè non mi hai chiamata?? Perchè mi hai tenuta allo scuro di cosa ti stesse succedendo?!
Sei una scema! Bastava un messaggino e mi sarei smaterializzata da te!
Io che ti pensavo occupata col lavoro o con una nuova fiamma... e temevo di disturbarti...
Mi sento in colpa... dovevo farmi viva anch'io! Dovevo tirare fuori tutto il mio esser "rompipalle" e chiamarti, pedinarti finchè non accettavi di vederci.
Sono stata una cretina insensibile, perdonami!>>


Aveva dato per scontato che lei stesse bene, che se non si sentivano era per i troppi impegni e non avesse novità da raccontare...
Un groppo al petto le si era formato dalla vergogna del proprio comportamento, la strinse ancora più forte, non aveva mantenuto la promessa di darle vicina, di esserle amica e nel momento del bisogno lei non c'era.
Appena le disse che voleva rivelarle una cosa importante e, dal tono si capiva esser poco "allegra", la lasciò e si sedette affianco a lei sul divano, appoggiando il proprio bicchiere vicino al suo dopo un breve sorso.
Ciò che disse la lasciò scioccata, se non glielo avesse detto in quel modo serio e dispiaciuto, se non conoscesse l'amica, avrebbe pensato ad una battuta di poco gusto. Quando poi si tolse la maglietta per mostrarle lo sfregio a forma di cuore dedicato alla figlia, che a quanto pare Mìreen aveva pure incontrato alla festa di Halloween qualche giorno prima, dovette reggersi al bracciolo del divano e bersi un bel sorso di chissà qualche diavoleria alcoolica si era versata prima distratta.
Il contrasto della bevanda fredda, col bruciore alla gola dell'alcool la risvegliò da quella situazione che le sembrava così pazzesca quanto reale.


<< Te hai una figlia.
La ragazzina incontrata ad Halloween di nome Aida.
Avuta a 15 anni.
Che hai abbandonato alla tua amica Abigail.
E che ora stai "frequentando" senza che lei sappia chi sei veramente...
Per riavvicinarti e poterle raccontare un giorno la verità.>>


Aveva riassunto tutto in poche brevi frasi, ad ognuna aveva intervallato un sorso dal proprio bicchiere fino a finirlo.
Si era alzata, aveva preso una bottiglia a caso dal bancone, era poi tornata sul divano e riempito entrambi i loro bicchieri senza proferir parola, ma nella sua testa dominava il caos, cercava di elaborare le informazioni sconvolgenti appena ricevute dando loro un senso temporale e logico, ma senza riuscita perchè erano troppo "fuori dal comune" per poter esser ponderate.



Appoggiò la bottiglia sul ripiano da thè in modo goffo, ormai i fumi dell'alcool iniziavano ad annebbiarle la ragione, ma simili scoperte riuscivano ad attraversarli senza problemi.




<< Ok. ok. ok.
Confesso che non me l'aspettavo. Sicuramente hai sbagliato, ma l'hai già capito da sola quindi non voglio certo farti ramanzine o domande inutili poichè le motivazioni me le hai già date e io poi non sono nessuna per venir a fare la morale a te e su cosa ti ha spinto a certe azioni.
Ma come hai detto te, il passato è passato. Vivi il presente e migliora il futuro.
Gli sbagli del passato ormai sono stati fatti, l'importante è averlo capito e impegnarsi sia nel non ripeterli, sia, quando è possibile, risolvere ciò che si è fatto.
E lo stai facendo! E' questo ciò che conta.>>


Guardo la bella donna che le stava davanti con solo il reggiseno, sfiorò la cicatrice che si era auto inflitta con delicatezza, per poi abbassare lo sguardo sconfortata e rattristata.

<< Io sono l'ultima persona che dovrebbe "rimproverarti" per aver ferito chi si ama...
L'anniversario della morte di mio padre si avvicina... è successo poco dopo Natale.
A casa mia fino al Solstizio d'Inverno, per noi Yule, si respirerà aria di festa, ma lentamente l'aria diventerà sempre più pesante, máthair sempre più triste e chiusa in sè stessa, fino al giorno che daidí è morto.
Appena arriva questo periodo noi facciamo il possibile per starle vicina, lei è quella che più di tutti ancora ci soffre, come una ferita perennemente aperta che in questo periodo inizia a sanguinare e a bruciare.
Ma non sono sempre stata così vicina a lei, come lo sono ora... Poco dopo che è morto, la trattavo da schifo, lei mi cercava sia per consolarmi sia per chiedermi aiuto e io non solo la respingevo e la cacciavo via, ma le rispondevo pure male! Sfogavo tutta la rabbia, la frustrazione, il dolore della perdita su di lei ed ero "gelosa" delle attenzioni che davano a mio fratello quando ero IO quella che aveva visto athair senza vita, IO avevo salvato mio fratello dall'incendio e sempre IO avevo dato l'ultimo saluto al corpo di mio padre prima di scappare con Lyam in braccio e che le fiamme inghiottissero casa mia, ma soprattutto il suo corpo.
Non lo abbiamo potuto compiangere come si dovrebbe ad un funerale, perchè quello che era rimasto era un ammasso di carne bruciata.>>


Le lacrime iniziarono a rigarle il volto, non riusciva a trattenerle perchè era da così tanto che voleva raccontarlo a qualcuno, da tanto sentiva quel peso sul cuore, un macigno che le schiacciava l'anima...
Le parole iniziarono a uscirle dalla bocca come una cascata, aiutate dall'alcool che aveva completamente abbattuto le barriere, quella protezione costruita intorno a quella sua più grande vergogna per nasconderla agli altri, ma soprattutto a se stessa erano crollate e ora diga dei ricordi e dei rimorsi era libera di inondarle l'anima.


<< Quanto ero egoista. Ancora mi faccio schifo da sola. Invidiavo le attenzioni per mio fratello, ma quando venivano date a me, le ripudiavo... per cosa? Orgoglio? Stupidità? Vergogna di come mi stavo comportando? Eppure continuavo a farlo, sapendo di sbagliare, ma la mia boccaccia parlava da sola, allontanando tutti... nonna con la scusa che non sapeva come mi sentissi, e pure mio fratello!
Non lo so perchè... forse mi ricordava quella orribile notte?? Non l'ho voluto aver vicino per tanto... e lui mi cercava continuamente...
Volevo stare con loro, ma volevo anche allontanarli.
Sapevo solo piangere, ferire chi amavo e pormi stupide domande tipo: "Perchè mamma non c'era a salvarlo? "Perchè non sono rimasta vigile come lo era mamma e nonna da giorni?! "Perchè mentre mo athair combatteva per la vita sua e di Lyam, io ero addormentata in camera con uno stupido libro su Storia della Magia sulla faccia?!>>


Quella notte aveva anche fatto uno strano e inquietante sogno, ma ancora non se la sentiva di raccontare dei suoi incubi che lentamente tornavano alla memoria e dei recenti incontri con Muìryn all'amica, ne avevano abbastanza da raccontarsi che per quella sera bastavano.

<< Vedevo mamma così calma, controllata, "tranquilla", troppo per i miei gusti!
La volevo a terra e abbattuta come me! Forse era per quello che la trattavo male...>>


La voce le tremava, non era mai stata così male da quando aveva superato la morte del padre, ma doveva ammettere che più raccontava a Lia del suo rimorso più grande, più iniziava sentirsi leggera, come che ad ogni parola, ad ogni ammissione, il peso sul cuore si facesse sempre più piccolo.
Prese un fazzoletto per soffiarsi il naso, cercando di asciugare le lacrime che però non si fermavano e continuavano a bagnarle il viso.
Fece un profondo respiro cercando di darsi un contegno, e continuò:


<< Poi una notte, poco dopo Halloween, mi sono svegliata di soprassalto per via di un..... incubo.... ho guardato a caso dalla finestra e l'ho vista andare nella foresta... così l'ho seguita.
Era andata a piangere sulla tomba di babbo, per poi tornare a casa e continuare a piangere fino alla mattina dopo... ma il giorno dopo si era mostrata come sempre: affettuosa, controllata, FORTE.
Ogni notte e ogni giorno la storia si ripeteva e io mi sentivo sempre più male, sempre più una merda.
La notte crollava e piangeva da sola, invece di giorno si mostrava l'ancora di cui la famiglia aveva bisogno.>>


Aveva finalmente lanciato via macigno dal petto e ora respirare le sembrava una cosa più facile di quanto le sembrasse da tempo. Prese un sorso e con voce più tranquilla finì finalmente quella sua dolorosa confessione:

<< Una sera non ce l'ho fatta più, mi sono ingoiata il mio orgoglio e prima che lei si alzasse per il suo "rituale notturno", mi sono infilata nel suo letto.
Quando ha sentito che l'abbracciavo e le chiedevo scusa, non si è alzata per andare alla tomba di babbo, è rimasta lì stretta a me e abbiamo pianto insieme...
Da quella volta non l'ho più vista ripetere quella triste abitudine la notte, e se aveva bisogno di me, io correvo da lei.
Sono tornata lentamente la Mìreen di sempre e la gioia che vidi sul volto dei miei familiari, mi fece ancora di più capire che razza di stupida egoista imbecille io sia stata... per non dire le parole ben terribili, che mi meriterei.>>


Tornò a guardare l'amica, sperando che non le sputasse in faccia.
Un sorriso triste sul volto.


<< Non penso tu abbia dato ad Abigail tua figlia solo perchè la consideravi un peso. Penso che tu in verità l'abbia fatto perchè credevi... sapevi... che con lei avrebbe avuto una vita migliore di quella che pensavi avrebbe avuto con te.
A 15 anni è difficile sia sapere come occuparsi di un bambino, sia il significato dei propri gesti.
Io invece ne avevo 17 quando è morto mio padre, e credevo che il mondo mi girasse intorno... come forse tutti a quell'età.
Si sbaglia, si fanno cazzate, perchè non si conoscono i significati di certe azioni e gesti, perchè non si pensa alle conseguenze.>>


Fece un respiro e sta volta il sorriso divenne più vero e dolce, completamente rivolto a Lia e ai suoi sentimenti per lei:

<< Sei una brava ragazza, una meravigliosa amica, e una bionda sexy Veela.
Pensa a questo.
Accettalo.
Hai poca autostima, ti sottovaluti così tante volte, senza renderti conto che fai tanto per gli altri, come hai fatto sta sera per me, come hai fatto in passato per Vath.
Accetta di esser stata Ecate, accetta di essere Lia e accetta di avere un'arpia dentro di te che più farmi a pezzetti che ti faccio incazzare.
Ma se anche dovesse, per un qualche motivo, venir fuori l'arpia, io sarò lì pronta a bruciarmi le chiappe pur di riavere la mia Lia senza squame e artigli, per quanto possano esser arrrrrrapanti per alcuni...
Io ci sarò SEMPRE per te. SEMPRE.
La tua amicizia è la cosa più bella che mi sia successa da prima ancora arrivassi a Londra.
Confessarti questa mia vergogna, questo mio peso, è stata la cosa più difficile ma anche la più giusta e liberatoria che io abbia fatto da ormai parecchio tempo.
E ora puoi offendermi, cacciarmi, sbattermi la porta in faccia, ripudiarmi come amica, ma io sono così egoista e irreparabilmente legata a te, che sarò sempre davanti alla tua porta a chiederti anche solo un abbraccio, o un tuo incantevole sguardo. >>





Edited by LadyShamy90 - 31/1/2019, 22:34
 
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Lia Soxilia
view post Posted on 20/1/2019, 17:52





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Perché non l’aveva chiamata? Perché fra tutte le vicende accadute lei aveva preferito tacere e buttarsi fra alcool e notti folli? Perché aveva impedito alle persone care di starle vicino in momenti che richiedevano proprio l’affetto di amici e familiari? Lia non lo sapeva. No,Lia lo sapeva perfettamente. Aveva deciso spontaneamente e liberamente di non coinvolgere nessuno in quel suo lento degrado perché non voleva essere salvata, voleva crogiolarsi nel dolore incessante e inutile che si era creata nella vana speranza di potersi sentire non più colpevole, si era auto punita per i suoi peccati in modi così ridicoli che a raccontarli sembravano esagerazioni. Lia aveva amaramente scoperto che Ecate era vittima del senso di colpa, si sentiva un mostro che meritava di soffrire e ciò era esattamente un buon modo per allontanarsi dagli altri; era questo il motivo principale che l’aveva spinta a tante scelte deleterie portandola a compiere azioni quasi barbare. A volte non voleva essere migliore, a volte non poteva essere rimessa a posto, a volte le sembrava difficile credere che qualcun altro potesse essere incasinato come lei, a volte voleva solo far soffrire gli altri come soffriva lei. Ma Mìreen si dava la colpa di non averla cercata e ciò le lasciò un semplice sorriso sul viso, una sorta di felicità amara e gratitudine triste. “Non mi hai abbandonata … Ho cercato di allontanarti il più possibile, l’ho fatto con tutti e sinceramente credo che sarà una cosa che continuerò a fare... La cosa che non sai, che non sapevo neppure io, è che Ecate non è morta! Lei è qui! Non sono padrona del mio corpo, certe volte riesce a battermi e comincia a fare ciò che le pare, parla e si muove come decide lei ed io devo solo osservare incapace di fermarla. Vorrei davvero essere come mi descrivi ma io, io sono davvero un casino …” Le aveva risposto debolmente mettendole una mano su quella di lei in cerca forse di calore o di contatto umano oppure della consapevolezza di essere in sé, eppure si sentiva anni luce più distante da quella dolce irlandese che le dava conforto: lei aveva fatto cose riprovevoli che non meritavano alcun compianto e non doveva essere Mìreen a cercarla, anche perché l’avrebbe respinta. Ma poi l’amica seduta davanti a lei sembrò in procinto di svenire e Lia si apprestò ad afferrarle il braccio per impedire che cadesse, la rossa cominciò a bere il liquido velenoso e veritiero mentre riassumeva il suo racconto in frasi intense, non sembrava stare bene; la vide alzarsi per recuperare una bottiglia dal bancone, ma i suoi passi erano incerti, e poi riempire nuovamente i bicchieri vuoti di entrambe. Un ennesimo sorso quindi Mìreen cominciò un discorso in cui cercava di evitare di mortificarla più di quanto stava, ma nonostante ci provasse le aveva comunque detto di aver commesso un errore e Lia aveva dovuto ingurgitare il suo bicchiere per non crollare sotto quella consapevolezza: era la prima a dirle che aveva sbagliato, la prima che non si tirava indietro nel giudicare le sue azioni, era la prima a renderle palese la realtà e ciò a Ecate aprì un vuoto incolmabile. Aveva sbagliato, aveva commesso un errore, non era stata perfetta: tutto ciò che lei non aveva mai commesso lo aveva realizzato abbandonando la figlia, quella figlia che lei definiva uno sbaglio ed un peso.

Li aveva abbandonato il bicchiere per terra per afferrare direttamente la bottiglia nel tentativo di far annegare tutte quelle emozioni nell'amaro sapore dell’alcol bruciante, sentiva che sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro e lei voleva solo poter dimenticare come si stava sentendo: era furiosa e addolorata, era corrotta e demoralizzata, era colpevole e inumana. Avrebbe preferito rimanere a rimuginare da sola o capitolare in un bar per trovarsi un’amorevole ragazza o ragazzo con cui darsi all'ebbrezza rea del piacere fisico, dimentica di ogni sua responsabilità, ma Mìreen non era dello stesso avviso e dopo averle sfiorato la scarnificazione aveva cominciato a raccontarle del suo comportamento dopo la morte del padre. Le aveva parlato di come fosse stata orgogliosa e punitiva nei confronti dei familiari che cercavano di esserle vicini,di come aveva odiato la madre e il fratello,di come poi si era odiata lei resasi conto del male fatto: diceva di essere stata egoista e schifosa, di non capire il motivo di quel suo comportamento e di come si sentisse in difetto per il modo che aveva usato. Lia la vide piangere con gli occhi bassi e il volto turbato, sembrava soffrire di un dolore imparagonabile e per la prima volta la veela si chiese se quel suo corrodersi l’anima in compianti futili sui suoi errori non fosse altro che una bambinata, fu per quello che non si permise di dirle nulla: non avrebbe potuto giovare con le sue parole e piuttosto che usare frasi fatte o meri stereotipi preferì tacere. Ma Mìreen era forte, come la madre in base al racconto, e le aveva detto di essere riuscita a cambiare e di aver riallacciato i rapporti con la famiglia abbandonando la rabbia e il dolore che provava, l’orgoglio insomma che la voleva allontanare da tutti perché l’avevano vista crollare mentre loro si mostravano forti. Era forse l’orgoglio che Ecate provava a portarla a fare quelle azioni sconsiderate? Era per l’orgoglio che Ecate aveva ferito ed insultato Drinky fino a farla scappare? Era per l’orgoglio che Ecate aveva rinunciato alla figlia e a quel futuro con lei? Era per l’orgoglio che si era suicidata? L’orgoglio di cosa?

E fu proprio quando Mìreen tornò sull'argomento Aida per poi farle un discorso motivazionale su come la vedesse, che Lia si sentì toccata nel profondo: Mìreen dava quasi per scontato che Ecate fosse sensibile come Lia, che Ecate fosse di animo buono e che credesse di voler dare un’opportunità migliore alla creaturina da lei generata, ma Mìreen non aveva idea di chi fosse Ecate. La bionda si alzò in piedi, nella mano sinistra la bottiglia che di tanto in tanto portava alle labbra per bere, negli occhi rabbia e dolore si mescolavano tempestando gli occhi ghiacciati con effetti colorati di azzurri misti a verdi, aveva una stabilità precaria e un sorriso bizzarro, la voce però era di una decisione conturbante in quella situazione. “Oh Mìreen, certo che accetto di essere stata Ecate … Perché lo sono ancora!” Vi era qualcosa di diverso nella bionda che parlava: aveva lo stesso aspetto di Lia, ma il modo di muoversi e di parlare, anche solo di muovere le labbra, erano completamente diversi; intrisi di una perversione misteriosa e di una totale assenza di rimorso da lasciare sbigottiti e desiderosi di conoscere le impetuose acque in cui sapeva muoversi la figura. “Credi che quella sciocca e debole Veela sappia tenermi a bada?! Credi che il dolore che prova non sia opera mia?! Credi davvero che io volessi abbandonare quel poppante per dargli una chance migliore?! Ah! Ti illudi di aver capito chi sono, di potermi affrontare ed uscirne vincente …” La bionda si avvicinò a Mireen con una sicurezza invidiabile e si chinò su di lei sorreggendosi con un ginocchio appoggiato al divano, avevano i visi ad una distanza minima ma certamente l’amica non si sarebbe aspettata di essere davanti ad una persona forse intravista nel passato. “Io mi ricordo di te, di quella bambina sciocca che seguiva le regole e credeva nella giustizia del mondo, vivevi nelle favole e solo grazie alla morte di tuo padre ti si svegliata eppure ancora credi che le persone siano buone e giuste, che possano superare i propri demoni… Beh ti sbagli bambolina, io non permetterò mai alla tua amichetta smidollata di battermi o di farmi sparire, sarò sempre pronta ad intervenire quando sta per essere felice e le toglierò tutto fino a distruggerla e a chiedere nuovamente di morire!E sai perché? Perché il mondo ha voluto intrappolarmi, voleva che fossi brava e buona, voleva che scegliessi come morire, mi hanno tolto tutto ed io toglierò tutto a loro!” Non rise, rimase a fissare la rossa che aveva costretto ad abbassare la schiena fino a stendersi sul divano ed ora la fissava dall'alto della sua posizione dominante con intenzioni disegnate sul viso che non erano assolutamente perbene. “Sai, assomigli molto alla rossa che ho fatto scappare … com’è che si chiamava?... Ah, si! Drinky! Oh lei era davvero uno schianto, piena di problemi e di dubbi mi sarei potuta divertire un mondo a distruggerla, ma la tua amichetta voleva innamorarsene e non potevo permetterle di farlo … non dopo aver sentito che comprendeva l’aver abbandonato la poppante! Così l’ho terrorizzata, l’ho ferita, l’ho minacciata e lei è fuggita! Dovevi vedere quanto c’è stata male la tua amica, era ridotta peggio di una pezza da piedi! E quando ti sei presentata con questi capelli rossi, sarebbe morta da quanto le somigli, quasi piangeva… Io invece immaginavo ben altro…” Quella volta il sorriso della bionda era mutato in un ghigno malizioso che aveva ben superato la semplice frecciatina; poi gli occhi della bionda si erano chiusi e quella distanza minima che si era creata era stata superata senza alcun problema, le labbra piene erano andate a dischiudersi su quelle della giovane irlandese che non sembrava volersi ritrarre da quel gioco, quando finalmente entrambe poterono godere del sapore dell’altra la bionda puntellata sulle ginocchia mise la mani fra i capelli rossi e trasse maggiormente la ragazza a sé affinché esse non potesse abbandonare quel suo capriccio e quel suo sadico misfatto. “Ecate vuole essere un mostro, non vuole essere salvata , non vuole stare bene, non vuole essere amata. Ma io non voglio essere come lei… Ti prego, Mìreen, non mi abbandonare a lei! Ho bisogno di te…”Aveva sussurrato quelle parole mimando la disperazione e la dolcezza che sapeva provare la sua antitesi, e in parte era davvero ciò che Lia avrebbe voluto dire a Mìreen ma non in quella circostanza, poi era tornata a godersi quel bacio galeotto che avrebbe potuto solo portare ad un oltre ben più divertente.







Edited by Lia Soxilia - 31/1/2019, 12:47
 
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8-DNuj-mod Mìreen K. N. Fiachran
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A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh ​​gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.

{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin


Quando Lia le aveva detto che Ecate, così si chiamava prima di rinascere come veela dopo essersi suicidata affogandosi nel Lago Nero, non era morta e che a volte prendeva il sopravvento su di lei, tanto da non riuscire a controllare il proprio corpo, credette parlasse per metafore, era una cosa troppo complicata e "strana" da capire.
Che il passato li seguissero sempre era inevitabile, soprattutto quando c'era stato un cambiamento tanto grande, nel caso di Lia aveva addirittura cambiato razza.
Anche lei aveva alle spalle una personalità diversa da com'era adesso, gli eventi successi, soprattutto la morte del padre e quasi la sua, avevano influito più di tutti nel farla diventare ciò che ora era, avevano formato il suo carattere, portandola prima a chiudersi in sè stessa allontanando gli altri o limitandosi a vivere per inerzia... Ma poi si era trasferita a Londra, aveva fatto nuove conoscenze, tra le più importanti proprio Lia, aveva provato sentimenti forti, che da tempo erano rimasti assopiti, come la delusione del non aver passato il colloquio per diventare Auror, si era innamorata, non lo credeva possibile eppure era successo! Anche se non era stata corrisposta, il suo cuore era tornato a battere per qualcuno...
E ancora più forte era stato il bisogno di tornare ad aprirsi alla vita e a ciò che le offriva, emozioni belle e brutte, ma almeno tornava a vivere, a sperare, ad illudersi e a sperare ancora.
Non voleva tornare la Mìreen di prima, perchè non si sentiva più quella ragazza, si sentiva diversa e per questo voleva esser diversa... vecchio e nuovo unito per creare lei.
Nella vita nessuno restava uguale, tutti cambiavano, chi di meno, chi di più, chi letteralmente rivoluziona se stesso, perchè erano le esperienze a formare il carattere e il comportamento di una persona e soprattutto poneva nella situazione di chiedersi "Chi sono?" "Cosa e come voglio essere veramente?"
La risposta era la conseguenza delle proprie azioni.

Davanti a lei vi era una ragazza che nella vita aveva tanto sofferto, ne aveva passate di tutti i colori, tra famiglia e "problemi" fisici e mentali, fino a spingerla al gesto estremo, ma dire che dentro a lei ci fosse un'altra personalità, come fossero due cose distinte era qualcosa di complesso e difficile da comprendere.
Eppure nella sua mente l'immagine di Muìryn comparve nitida come che il suo pensiero l'avesse evocata... Nei suoi sogni non faceva che ripeterle che ripeterle che erano una cosa sola, unite da sempre, ma cosa significava veramente?
Non si accorse che l'amica si era alzata, distratta com'era nel rapportare le parole di Lia alla sua situazione; solo quando tornò a parlare la ridestò dai propri pensieri e vide due occhi di ghiaccio carichi di rabbia e dolore che la fissavano.

"Perché lo sono ancora!"

Cosa voleva dire? Confusa osservò la bionda muoversi e parlare in un modo che le parve.... diverso?
Il rimorso per le azioni compiute di cui le aveva raccontato poco prima era di colpo sparito completamente dal volto.
Si rivolse a lei parlando in 3° persona, come che fosse un'altra a parlare di Lia e non il suo corpo, e ciò che disse la confusero e stupirono ancora di più, quando parlò dell'abbandono della bambina, ma furono soprattutto quelle riguardanti lei e com'era a scuola che più la irritarono.
Restò in silenzio, ascoltando cosa avesse da dire la persona davanti a lei, più parlava, più la guardava con attenzione, più le sembrava diversa dalla sua migliore amica.
Quando si avvicinò a Mìreen, con tale sicurezza, non si mosse, rimase immobile, in attesa di vedere le intenzioni della donna che non era più tanto certa si trattasse sempre della sua amica.
Continuò a restare ferma anche quando appoggiò le ginocchia sul divano e avvicinò così tanto il viso, da sentirne l'odore di alcool... la testa le girava dal troppo bere, ma non avrebbe permesso a chiunque fosse di capirlo.

"...sarò sempre pronta ad intervenire quando sta per essere felice e le toglierò tutto fino a distruggerla e a chiedere nuovamente di morire"

Come poteva essere Lia a dire simili cose?? Poteva veramente trovarsi davanti ad un'ALTRA persona, diversa da quella che aveva organizzato quella festicciola? Poteva aver di fronte ECATE?
Quindi erano due persone diverse come l'amica cercava di dirle?!
Dovette abbassare la schiena fino a stendersi sul divano perchè continuava ad avvicinarsi fino a posizionarsi esattamente sopra di lei, la fissava dall'alto, soddisfatta e poteva scommettere che quello sguardo prometteva male.

Una fitta di dolore le attraversò il petto quando Ecate le disse cos'aveva fatto provare all'amica il presentarsi coi capelli rossi all'incontro... Credeva di farle una bella sorpresa, sapendo il suo debole per quel colore, e invece l'aveva fatta soffrire...
Ora si spiegava quella strana espressione quando l'aveva vista, ora capiva cos'era successo all'amica in quel periodo che non si erano sentite e un moto di vergogna e rimorso per non essersi fatta sentire la invase di nuovo, ancora più forte, facendola sentire ancora più in colpa.

La mente di Mìreen si perse nell'immagine descritta dalla donna sopra di lei: Lia spezzata dal dolore di aver perso la persona che amava... non solo persa, ma lei stessa l'aveva cacciata in un modo quasi irreparabile, e anche se non era stata proprio lei direttamente, ma quell'entità del passato, ugualmente lo straziante dolore lo aveva provato, e Mìreen non era lì per aiutarla, per sorreggerla, per aiutarla.

Troppo tardi vide il ghigno malizioso sul viso della bionda, quando si rese conto che aveva superato la distanza minima mantenuta fino a quel momento, le labbra di Lia, anzi no, Ecate, erano già sopra le proprie.
Stupore e confusione furono i primi sentimenti che le invasero la mente, il troppo bere aveva intorpidito i suoi riflessi, come pure gli inibitori, per non parlare della sua lucidità.
Non era mai stata attratta da una donna, ma l'ultima volta che aveva baciato qualcuno era stato con Maurizio parecchio tempo fa', al loro primo incontro, e le mancava tremendamente la sensazione di sentirsi tanto desiderati.
Era la prima ad elogiare ogni volta la bellezza dell'amica, che fosse colpa dell'alcool o un'attrazione rimasta latente fino a quel momento, non lo seppe dire, ma il suo corpo reagì d'istinto, rispondendo al bacio a sua volta.
La mente era completamente annebbiata, qualsiasi ragionamento le era impossibile come pure chiedersi "Cosa diavolo stesse facendo" .
Forse aveva solo immaginato di vedere e sentir Lia muoversi e parlare come fosse un'altra persona...
Nel momento che le mise le mani tra i capelli rossi per spingerle il viso ancora più vicino, un'ondata di calore le attraversò il corpo, l'affetto per la bionda era diventata pura attrazione e desiderio, come sotto una magia o un incantesimo di ammaliamento...
Continuò a baciarla godendo del suo sapore così buono e del suo odore inebriante.
Non riusciva a staccarsi da lei, quasi gemette contrariata quando fu lei a farlo, per sussurrarle parole che attraversarono i fumi dell'alcool per arrivare dritte al suo cervello:

"Ecate vuole essere un mostro, non vuole essere salvata , non vuole stare bene, non vuole essere amata. Ma io non voglio essere come lei… Ti prego, Mìreen, non mi abbandonare a lei! Ho bisogno di te…"

Sapeva esser stata Ecate a dirle, imitando alla perfezione la disperazione e la dolcezza che adorava nella sua migliore amica, ma risentire la voce della persona a lei più cara da quando si era trasferita a Londra, le diede la scossa necessaria per reagire. Lia aveva bisogno di lei e lei non l'avrebbe abbandonata, per niente al mondo.
Ecate voleva giocare? Era la sua bambolina?
Gli avrebbe dato un assaggio del gioco che riservava ai ragazzi che voleva provocare solo per il gusto di farlo.
Da quando aveva conosciuto Lia, le era capitato di chiedersi com'era baciare una veela, e ora che lo sapeva doveva ammettere che ci sapevano fare di brutto, ma dalla sua parte, la ancora verginella aveva anni di voglia repressa, in attesa "dell'amore", da sfruttarle contro.
Nel momento che il loro bacio si interruppe per prender fiato, la rossa si sollevò su un gomito per avvicinarsi all'orecchio della bionda e le disse, col tono provocante e malizioso che di solito riservava ai ragazzi:


<< Credi che vivo ancora nelle favole? Credi che mi lascio ingannare facilmente?
Tu Lia non l'avrai MAI. Ti è scappata quando hai lasciato che si uccidesse nel lago, e ora che è tornata, lei è MIA o di chiunque lei ami. Io stessa farò di tutto perchè possa tornare a stare con la persona che tu hai cercato di cacciare dalla sua vita!
Temevi potesse aiutare Lia a dimenticarsi di te, eh?>>


Sorrise, sperando di aver un minimo turbato Ecate con le proprie parole.
Il suo viso si spostò davanti a quello di lei, abbastanza vicino da vedere, per la prima volta, che quegli occhi di ghiaccio, non erano perfettamente azzurri, ma un misto di verde... si chiese se c'era sempre stata quella tonalità verde e lei non se n'era mai accorta.
Allungò la mano destra, facendola scorrere delicata e sinuosa sulla pelle morbida della donna sopra di lei, per metà nuda a parte per il reggiseno e i pantaloncini.
Dal ventre piatto, poco sopra l'orlo dei calzoncini, salì lentamente accarezzandole coi polpastrelli il fianco libero dallo schienale del divano, le sfiorò i suoi bei seni, coperti da quell'unico strato di stoffa color cipria e fermò la propria mano sulla spalla nuda.


<< Non sara mai più tua. Farò QUALSIASI COSA perchè ciò non si ripeta.
Non osare neanche lontanamente farle altro male, o farò il possibile perchè si dimentichi completamente di te, anche se ciò comportasse obliviarle l'intera infanzia!>>


Sollevò la propria gamba in modo da posizionarla tra quelle della medimaga e impedirle di indietreggiare, nello stesso momento, la mano sulla spalla si infilò tra i suoi morbidi capelli di un colore più chiaro dell'oro, e con forza la spinse verso il proprio viso.
Le loro bocche si incontrarono di nuovo, in un bacio che aveva il sapore del gioco proibito, ma anche dell'inganno più perverso...
Un bacio così lungo e intenso, da scombussolarle ogni certezza.











Edited by LadyShamy90 - 31/1/2019, 22:29
 
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Lia Soxilia
view post Posted on 26/1/2019, 15:18





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Se Mireen non fosse stata troppo presa da quel bacio, rubato improvvisamente con cui Ecate stava solo dando sfogo alla sua perversa attrattiva per la tortura verso Lia, forse si sarebbe accorta di come la bionda figura dalla duplice personalità stava sogghignando quasi felice: dentro di sé la battaglia fra la Veela e l'umana infuriava impari per colpa di quelle emozioni ancora troppo nuove per poterle domare, Lia era persa nell'uragano di quelle sue sensazioni ed Ecate gliele ritorceva contro consapevole di quali fossero i punti deboli della sua controparte; era come giocare con i dadi truccati e purtroppo Lia non aveva nulla dalla sua parte per contrastarla, anche l'Arpia che solitamente riusciva a placare il ghiaccio di Ecate sembrava sparita.
Ma Ecate di questo non sembrava preoccuparsene, proseguiva il suo gioco con la rossa che si era lasciata prendere da quel bacio fino a gemere contraria a quell’attimo di pausa, era quasi fatta: sarebbe bastato ancora poco alla bionda per completare il suo dovere e porre fine all’ennesimo pezzo della felicità di Lia, l’avrebbe sentita piangere ancora colpevole e consapevole della sua colpa e per lei sarebbe stata musica. Ma Ecate forse aveva fatto male i suoi conti. Infatti quando ella si staccò per usare la disperazione di Lia a suo favore anche la rossa trovò un po’ di lucidità e, sorreggendosi su un gomito, le replicò a tono quasi la divertisse stuzzicarla: una presa di posizione, una contrapposizione netta, una sfida e una dichiarazione di guerra; Mireen aveva stabilito la sua fedeltà a Lia, nonostante non sapesse cosa aspettarsi dalla donna che la sovrastava. Aveva trovato pane per i suoi denti. Ecate la fissò intensamente emettendo un suono che chiaramente indicava dissenso, sembrava divertita dalle parole uscite dalla rossa e anche un po’ delusa, ma non avrebbe lasciato la giovane impunita per quel suo fare. “Sai Mireen, credevo tu fossi un’ingenua e quando hai parlato di come vorresti una relazione con Vath ho quasi riso: tu lo sapevi che la tua amichetta ti avrebbe quasi uccisa?! Non vuole che voi abbiate una relazione, ha cercato un modo gentile per dirtelo ma non era molto chiaro per me... Ma adesso credo che tu sia proprio una stupida! Credi che sia stata lei a portarmi al lago nero?! Ma per favore! E’ una debole, non ne sarebbe in grado. Io volevo morire, volevo che quegli sciocchi come Vath e i miei genitori soffrissero per la loro intera vita... Ma purtroppo ho inconsapevolmente compiuto un rituale antico e sono diventata questa mammoletta.” Ecate aveva parlato sicura e disgustata, a volte divertita, eppure qualcosa aveva turbato appena il suo battito costringendola a richiedere più fiato del necessario: qualcosa in quelle parole aveva fatto scattare una forza nuova nella Veela che aveva ripreso a combattere, anche se quel vuoto immenso della colpa le si era fatto più grande. Fu in quell’attimo di distrazione che Mireen prese a carezzarle la pelle libera in modo sensuale provocandole brividi leggeri che dal fianco destro seguivano la scia delle dita fino alla spalla su cui si era fermata, si era soffermata di più sull’unico pezzo di intimo visibile per poi proseguire la sua corsa e finalmente aveva risposto nuovamente a tono minacciandola di obliviare l’amica. Ecate avrebbe voluto risponderle ma la rossa sembrò essere dominata da quella voglia che aveva rinnegato per anni in attesa della favola e così semplicemente seguì ciò che la giovane proponeva: le aveva sbilanciato la posizione di dominio imponendo una gamba fra quelle di lei e poi le aveva stretto i capelli con la mano con cui aveva percorso la geografia del suo corpo, in fine aveva riavvicinato i loro volti scatenando l’ennesimo bacio spasmodico e vizioso. Era uno scontro incontro in cui le loro labbra nascondevano l’arena in cui i sapori andavano a mescolarsi e confondersi in affondi e prese immaginabili, era un gioco di seduzione e provocazione in cui i loro corpi si stringevano in quella strana posa dove l’una sul bacino dell’altra sembrava dominare nonostante le loro braccia si avvinghiassero in contorte spirali di emozioni, era una follia di statiche idee riproposte in cui i loro respiri accaldati andavano a spezzare il silenzio di quell’ora a tarda notte. L’incontro notturno di due amiche, il desiderio proibito che si faceva peccato.
Ecate sapeva bene come prendere questa situazione per le corna, aveva lasciato quel breve momento alla rossa perché si perdesse nella convinzione della sua capacità di spodestarla ma piano aveva ripreso il controllo: aveva inarcato la schiena affinché la distanza fra i loro busti fosse ridotta e il calore emanato dalle due si mescolasse, si era sorretta su un ginocchio solo mentre con l’altra gamba faceva lentamente scendere quella di Mireen cingendola fra il collo del piede e le dita, la mano necrotica l’aveva abbandonata dietro la schiena della compagna di gioco costringendola a sollevarla. Aveva atteso di sentire le ultime resistenze di quel corpo spezzarsi e sciogliersi sotto quel bacio e quelle movenze che avevano un unico scopo, solo a quel punto aveva fatto scendere la mano libera lungo il corpo della ragazza sulla superficie ruvida di quel tessuto che ancora le divideva, aveva raggiunto il bordo arrotondato che indicava la fine della maglietta e piano aveva fatto scivolare la mano fra il tessuto e la pelle sfiorandola leggera disegnando percorsi di brividi lungo quel corpo allenato. Aveva dunque spinto la giovane a sollevarsi appena giusto lo spazio per sfilarle la maglietta e gettarla lontano per poi ricominciare quel loro troppo intenso bacio, non aveva più senso parlare sarebbero bastate le azioni dei loro corpi e il bisogno intrinseco nei loro gemiti.

Smettila!
Perché dovrei?! E’ lei che lo vuole...
La stai ingannando!
Se lo credi perché non mi fermi...?
Vattene! E’ il mio corpo!
In realtà è il nostro... Ma tu sei troppo debole per aiutare i tuoi amici.
Io sto facendo del mio meglio...
Non è vero e lo sai!
Invece lo è...
Ammettilo avresti voluto farlo tu al mio posto...
Non è vero... Lei è mia amica!
Una gran bella amica che non vedevi l’ora di farti. Ammetti almeno a te stessa che io sono ciò che vorresti essere!
No! Tu fai cose orribili! Ferisci le persone!
E ti piace...! Per questo non riesci a fermarmi!
No... Io...
Ma non fare la santa con me! Ti conosco! Vorresti essere me, ma sei troppo debole e ti fai consumare dal senso di colpa... Dal rimorso... Che cosa sciocca!




Ancora una volta il dibattito interno che animava la bionda si era fatto intenso, riempiendola di una carica inimmaginabile con quel contrasto in cui aveva nuovamente affermato la sua supremazia e la sua verità: perché era quello il problema delle loro lotte, sapevano l’una le debolezze dell’altra ed Ecate sapeva troppo bene che la sua controparte non aveva la forza per usarle contro una simile violenza. Caricata di quella vittoria, la bionda si fece più intensa ed interessata alla sua preda che ancora le danzava fra le braccia infuocata da un desiderio che presto lei stessa avrebbe soddisfatto; le morse leggermente un labbro mentre la mano sinistra andava a cullarle la nuca ed i suoi occhi di ghiaccio si riempivano di macchie verdi. “Non mi importa di chi è Lia, non ho interesse a possedere qualcuno di così fragile... Mi interessi tu. Il tuo corpo... La tua mente... Voglio che tu sia mia.” L’ennesimo sussurro deciso e passionale che la bionda riservava alla sua preda con voce ammaliante, poi le liberò la nuca facendo correre la mano fino al limite dei pantacollant che afferrò delicatamente e con decisione cominciò a far scendere lungo la pelle chiara per liberare quel corpo del superfluo indumento e procedere con quell'incontro di corpi, nessuno poteva disturbare quel momento.
Scappa Mire...



Edited by Lia Soxilia - 31/1/2019, 12:48
 
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A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh ​​gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.

{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin



“Temevi potesse aiutare Lia a dimenticarsi di te, eh?”
“…farò il possibile perchè si dimentichi completamente di te, anche se ciò comportasse obliviarle l'intera infanzia!”

Mìreen aveva detto quelle parole per spaventare Ecate, ma sembrava non aver ottenuto l’effetto desiderato, solo un leggero turbamento, niente paura o timore nell’esser dimenticata, anzi era sembrata quasi divertita, forse sorpresa che la ragazza sotto di lei, invece di cedere era partita al contrattacco.
Cosa le disse prima che le loro bocche si reincontrassero, provocò una fitta a Mìreen.
Ora che era un po’ più lucida grazie a quella “finta richiesta di aiuto di Lia”, simulata alla perfezione da Ecate, sapere che la sua migliore amica era contraria alla possibilità che lei e suo cugino potessero aver una relazione la ferì.
La mente corse a ripetersi che non era vero, che era solo la nemesi di Lia che voleva ferirla e segnare un punto a proprio favore, eppure la reazione dell’amica quando le aveva raccontato della cena non giocava a suo favore… Era sembrata così preoccupata, incerta, aveva bevuto bicchieri su bicchieri e solo dopo un profondo respiro le aveva risposto, come che prima dovesse “pensare a cosa e a come dirglielo”.
Un’amica felice per la notizia avrebbe fatto i salti mortali no? Gridato dalla gioia di quella bella novità… la possibilità di diventare “parenti acquisiti” altre cose… correre con la fantasia ma in favore alla possibile futura unione.
Invece lei non l’aveva fatto.
Certo, non le aveva detto di stargli alla larga o comunque apertamente di non provarci neanche, solo di andare cauta perché quasi sicuro lui al momento voleva solo divertirsi e non aveva dimenticato la moglie.
E se si fosse trattenuta dal dirle cosa veramente pensava?
Se in verità non volesse quella possibile storia tra lei e Vath? Magari non la voleva uccidere come diceva Ecate, ma era contraria?

“So che è un uomo capace di attrarre e farsi desiderare, ma non siamo ad Hogwarts e non abbiamo sedici anni!” “Se le tue intenzioni sono serie e non il semplice desiderio di qualcuno…”
Era lei sbagliata per lui? Pensava non fosse una ragazza seria?!
Cazzo, aveva 25 anni ed era ancora VERGINE perché voleva trovare l’amore prima di farlo! Aveva respinto, limitandosi ad un bacio da orgasmo, quel figone di Maurizio, quando avrebbe potuto concedersi in uno dei bagno del pub, al loro primo incontro! E sicuro sarebbe stata una prima volta da sogno anche se con quello che in quel momento era uno sconosciuto, certo non poteva immaginare sarebbe diventata una sua collega Antimago.
Un moto di rabbia e delusione era cresciuto dentro di lei. Perché l’amica non poteva essersi mostrata un minimo felice per quella possibilità?! Perché aveva dovuto distruggere l’emozione provata quella sera facendola passare per una poco di buono che voleva divertirsi con un vedovo con 3 figli, di bell’aspetto?!


[Se non posso avere lui… avrò TE!]

Un pensiero non suo le attraverso la mente, sporcando e facendole dimenticare tutti buoni propositi di salvarla, l’affetto per quell’amica che forse non la vedeva giusta per il cugino messo da parte per un sentimento più simile alla vendetta.
Lasciò che le abbassasse la gamba con cui aveva cercato di fermarle la ritirata, ma tanto non sembrava intenzionata ad andarsene.
Quell’incontro-scontro stava diventando sempre più pericoloso e vizioso, soprattutto adesso che Mìreen provava un misto di dolore e rabbia, tanto da cambiarle i piani su come doveva succedere quella notte.
Neanche la fermò quando sentì il tessuto della maglia scivolarle lungo la pelle, divenuta più sensibile nel momento in cui i loro corpi avevano iniziato a scivolare e a cercarsi l’uno con l’altro.
Prima il ventre, poi il petto, infine l’aveva sentita liberarle le braccia, il tempo di un istante aveva separato le loro bocche, per poi ritrovarsi prima ancora che l’indumento venisse sfilato passando dalla testa e gettato lontano.
L’amuleto col simbolo della sua famiglia scivolò a lato, sopra uno dei seni coperti dal delicato tessuto a fiori.
Come aveva fatto lei con la bionda, ora era la rossa ad avere la mano di Ecate a diretto contatto con la sua pelle, e quel tocco sinuoso non solo le procurò brividi inaspettati, ma sembrava quasi bruciarla.


“Non mi importa di chi è Lia, non ho interesse a possedere qualcuno di così fragile... Mi interessi tu. Il tuo corpo... La tua mente... Voglio che tu sia mia.”

[Anch’io.]

La mano della donna sopra di lei arrivò all’orlo delle sue pantacollant, iniziò con decisione a farle scendere lungo la pelle e Mìreen la lasciò fare, anzi lentamente le sue mani scesero a slacciarle i pantaloncini.
Il cuore le batteva impazzito nel petto, lottava determinato con la ragione.
Il primo voleva farlo, sia per consolarsi col corpo dell’amica, visto che le era stato negata la possibilità futura di avere Vath, sia come ripicca a come si era mostrata ben poco felice della loro possibile storia.
Il secondo invece continuava a ricordarle che lei non era così, non era una subdola approfittatrice, e soprattutto non era Lia che voleva, ma un’altra persona…
Era forse il bel ministeriale del V° livello?
Per Vath aveva iniziato a provare interesse solo di recente, ma c’era qualcun altro che per un anno intero era stato il pensiero fisso nella mente di Mìreen…
Il suo cuore ricordò quegli occhi blu come il suo amato mare d’Irlanda e il rosso dei suoi capelli e della sua barba, prima ancora che lo facesse la mente.
Il volto di Aiden che le sorrideva al loro ultimo incontro le comparve nella testa.
Il suo cuore perse un battito, poi un altro, e un altro ancora…
Più l’immagine dell’uomo di cui si era innamorata in quello stupido pub inglese di Londra si faceva nitida, più i fumi dell’alcool si diradavano, e sempre di più le sembrava sbagliato tutto quello che stava facendo.
Il colpo di grazie venne quando potè percepire chiaramente, la sua Lia riuscire a mandarle un messaggio:
“Scappa Mire...”


[E’ lei quella “controllata da Ecate” ed è proprio lei a dire a me di scappare… benchè prima mi abbia chiesto di salvarla.
Pensa sempre prima agli altri che a sè stessa. Stupida sexy Veela.
Cosa sto facendo?! Non posso fare una cosa del genere a Lia! Con quale faccia la guarderei se lasciassi che Ecate la controlli tanto da portarsi a letto la sua migliore amica??
E poi a me non interessano neanche le donne! Avrei usato il corpo di Lia per pura vendetta e piacere personale come che mi debba “accontentare”! Che razza di schifosa stronza sarei?!]


Un senso di vergogna e rimorso per quello che aveva pensato, per quello che stava per fare la invase, ma cercò di nasconderlo il più possibile alla ragazza sopra di lei.

[Ho aspettato tanto a farlo, per poi perderla così? Per un motivo tanto sbagliato?
E poi ha ragione: non è solo Vath a non esser pronto ad una nuova relazione, ma anch’io… devo togliermi della testa, e soprattutto dal cuore, Aiden se voglio andare avanti.]


Approfittò della distrazione di Ecate e della sua convinzione di averla sottomessa, per alzare il busto e far toccare i loro seni, coperti solo dallo strato sottile dei rispettivi reggiseni, fece scorrere le mani in modo sensuale sulla sua pelle nuda, fino alle sua spalle, fingendo che il suo intendo fosse di abbassarle le spalline del reggiseno e al contempo, alzò leggermente il ginocchio libero.
Attese il momento in cui si sarebbero separate per respirare, godendo di quell’ultima effusione, per poi inclinare la gamba, far forza sulla spalla destra trascinandosi contro la sinistra e con un goffo tentativo, riuscito unicamente dall’aver trovato un corpo completamente preso alla sprovvista, riuscì a bloccarla contro lo schienale del divano e il proprio corpo.
Anche se non alla perfezione, ora era lei sopra Ecate, le gambe intrappolate in quelle di Mìreen e le spalle tenute ferme dal peso della ragazza.
Come poteva fermare la donna che si voleva suicidare nel lago?

Un ricordo
Una Mìreen dai capelli argentati che chiedeva ad una bionda dallo sguardo triste se divideva una torta al cioccolato con lei.
Due storie tragiche raccontate davanti un thè freddo e ad uno caldo. Parole dette tanto tempo prima.
“Questo tatuaggio mi ricorda il mio suicidio... ...provavo rabbia e odio e voglia di vendetta.... Mi annegai nel lago Nero, sentii il mio cuore smettere di battere e la vita abbandonarmi. Mi ricordo ogni secondo di quel giorno e questo tatuaggio è come un promemoria indelebile.”
Il suo sguardo corse al tatuaggio argentato, il segno della sua morte e rinascita.

“...otto anni fa presi la decisione spontanea di suicidarmi sperando di diventare uno Yurei… Uno spirito di vendetta giapponese…”
Ecate si era uccisa per vendetta, l’aveva detto anche poco prima: “…Io volevo morire, volevo che quegli sciocchi come Vath e i miei genitori soffrissero per la loro intera vita...”
Perché lo voleva? Perché voleva vendetta e farli soffrire?

Un altro ricordo, veloce come il primo: “Quando ero molto piccola, mi fu diagnosticata una malformazione celebrale che alterava il collegamento con l'ipotalamo, il centro delle emozioni.... il medico disse che non sarei mai stata in grado di provare emozioni differenti da odio, rabbia, delusione, risentimento e dolore. Avrei potuto fingere di capirle, avrei mostrato gioia e affetto senza sapere realmente cosa fossero. Sarei diventata sempre più violenta fino a prendere una strada fra omicida o suicida. I miei rimasero shoccati, avevo solo cinque anni. Ma con gli anni la diagnosi cominciò a rivelarsi sempre più vera fino a quando non decisi di morire.”
Quel sentirsi diversa l’aveva portata all’esser stata trattata diversamente, come le aveva raccontato Vath e a volte lei stessa, dai suoi familiari, fino al gesto estremo del suicidio.


<< Volevi essere Normale.>>

Lo disse con gli occhi spalancati, come che fosse una rivelazione inaspettata, quasi non ci credeva lei stessa alle proprie parole.

<< Volevi solo essere Normale…>>

Ripetè, ma sta volta con un tono di voce basso, ma fermo.
Quella donna vendicativa che teneva bloccata sotto di sé, in verità voleva solo esser trattata come qualsiasi altra ragazza, dalle persone che per prima avrebbero dovuto venirle incontro e darle l’amore di una famiglia invece di dolore e paura.
Lo sguardo si spostò dal tatuaggio ai suoi occhi.


<< Ti hanno fatto e detto delle cose terribili… solo perché il medico, a 5 anni, ti aveva trovato una malformazione celebrale all’ipotalamo... solo perché una stupida ricerca aveva detto che potevi provare solo odio, rabbia, delusione, risentimento e dolore…
Saresti diventata sempre più violenta, fino a diventare o un’omicida o una suicida.
Non eri più Ecate O’Connor, ma una psicopatica, una bomba a orologeria che poteva esplodere tra un momento all’altro e per questo facevano di tutto per tenerti perennemente sottocontrollo, ma nel modo più sbagliato, col dolore e la paura di ciò che potevi diventare.
Nessuno ha creduto in te, in una possibilità migliore, nella speranza che invece potessi crescere come tutte le bambine e ragazze normali.>>


Lentamente, ancora incerta, liberò un braccio di Ecate, per poter accarezzare il suo tatuaggio, poi con dolcezza, appoggiò la mano destra sulla sua guancia per una carezza, come aveva fatto tante volte con suo fratello quando sentiva che il mondo gli era contro e aveva bisogno di qualcuno che credesse in lui.

<< Ecate, mi dispiace.
Per quello che hai passato, per quello che ti hanno fatto provare... fino a cercare la salvezza nella morte.
Volevi vendetta verso chi ti trattava diversamente.
Volevi la libertà da quella stupida etichetta di “malata celebrale” che tutti ti avevano dato, anche chi avrebbe dovuto aver fiducia in te.>>


Le sorrise, un sorriso sincero e anche se un po' malinconico dopo quella rivelazione, il peso di tutto quello che aveva sopportato la ragazza calato sulle sue spalle.

<< Sei sempre stata normale.
Lo eri prima, lo sei adesso, anche se ora hai risvegliato una “razza” in te latente, più figa e cazzuta.
Ognuno di noi è diverso, io lo sono da te, come te lo sei da me, ma in senso buono, sono le nostre differenze a renderci unici e questo la tua famiglia non l’aveva capito.>>


Si rattristò per come l’aveva tratta poco prima, davanti a lei non c’era una psicopatica, ma una ragazza che reagiva, com’era stata trattata, nel modo che loro le avevano “detto” di fare per colpa di quel malfunzionamento: con rabbia, odio, violenza. Lo stesso modo che avevano usato loro con lei.

<< Hanno scelto di affrontare la diagnosi nel modo più sbagliato possibile, ti hanno trattata male ingiustamente, come fossi un pericolo e non una figlia da amare… Ma se te ora cercherai la vendetta ferendoli e punendoli, darai loro solo la soddisfazione di aver avuto ragione nel classificarti come avevano fatto in passato.
Mostra loro che si sbagliavano. Mostra loro lo sbaglio più grande che hanno fatto nel dare per scontato che il tuo futuro poteva esser solo quello e nessun’altro!
Ricordati: hai 26 anni, non sei assolutamente come saresti dovuta essere secondo il medico, anzi, sei migliore di tante persone che ho conosciuto e loro neanche avevano la scusa del medico.>>


Sapeva di rischiare, ma lo fece lo stesso: le liberò anche l’altro braccio, poi spostò la collana che ora pendeva dal suo collo e con l’altra mano sfiorò la propria cicatrice.

<< Ti ho raccontato della mia cicatrice un anno fa’, al WizCafè, davanti una “Foresta Nera” che non avevo il coraggio di assaggiare perché mi ricordava mio padre morto.
Anche se ora so chi eri, chi sei, e che cosa sei: Ecate… Lia… una veela che nasconde una pericolosa arpia…
Non mi interessa. Siete tutte e 3 uguali, la stessa identica persona che ha accettato di mangiare una fetta di torta con una emerita sconosciuta.
Non sei diversa, sei la mia migliore amica.
Ma devi essere TE, per prima, ad accettare di non esser diversa… di non esser la malata che tutti credevano, dimostrando di esser sempre stata una normale ragazza, che meritava e merita, di esser trattata con lo stesso rispetto e amore che tutte meritano.>>


Fece una cosa che solo un’altra volta aveva fatto, così d’impulso, senza pensarci, come spinta da una forza invisibile: con l’indice, toccò la pelle dell’amica, nell’esatto punto dove Mìreen aveva la propria cicatrice, sopra lo spacco dei seni, e lentamente tracciò il triquetra della sua famiglia, per poi chinarsi e baciarle la fronte.

Sentì la propria anima sussultare, come che si fosse appena legata a quella di Lia-Ecate O'Connor.



 
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Lia Soxilia
view post Posted on 29/1/2019, 12:16





Ecate Soxilia O'Connor 8DNuj


L'uomo caduto nella colpa ha pur troppo una tendenza a persisterci...Anzi è cosa riconosciuta che il reo aggiunge spesso colpa a colpa per estinguere il rimorso.


Lia era riuscita momentaneamente a vincere Ecate: aveva superato la furiosa tempesta delle sue emozioni e l’amara consapevolezza della sua colpa di non essere in grado di fermare la controparte, aveva abbattuto la violenta crudeltà che le scatenava contro e finalmente era riuscita a prendere consapevolezza di un briciolo del suo corpo, un nonnulla con cui era riuscita ad avvertire Mireen che qualcosa non andava; già, perché per quanto Ecate fosse desiderosa di giacere con la rossa, il suo reale obbiettivo era poi sopprimere ogni tentativo che ella potesse rivelarsi una minaccia. Non sapeva bene cosa l’avesse aiutata ad affrontare quell’imperversa traghettata fino alla coscienza, non sapeva cosa avesse fatto tremare il cuore dell’umana che si portava appresso, non sapeva come spiegarsi quella strana sofferenza e l’improvviso abisso di disperazione che le si erano abbattuti contro sollevandola verso la proprietà del suo corpo, ma era successo e lei lo aveva usato a suo favore. Anche Mireen l’aveva usato a suo favore e finalmente aveva sottomesso la bionda che con sguardo stranito si era ritrovata a non capire cosa fosse accaduto: per la prima volta Ecate aveva vissuto ciò che capitava a Lia quando si scambiavano e ciò l’aveva confusa, frastornata. Poi l’amica aveva cominciato a parlare, dapprima con sé stessa e poi rivolgendosi direttamente ad Ecate: sembrava aver capito qualcosa che mai nessuno aveva lontanamente notato in quella ragazzina strana che vagava per la villa e la scuola in solitaria, forse solo Abigail...
Quando Mireen le fissò il tatuaggio Lia poté chiaramente avvertire qualcosa spezzarle il cuore in milioni di frammenti ed Ecate dovette mordersi le labbra così forte da farle sanguinare per impedire alla controparte di uscire; vi era qualcosa in quella situazione di anomalo e assolutamente normale. “Ma infatti io provo solo quelle emozioni! Rabbia, odio, disprezzo, dolore! Dovevano controllarmi! Dovevano tenermi a bada! Avrei ucciso tutti! Anche il bel biondino che vorresti amare! L’avrei fatto bruciare vivo! Io sono quella che loro descrivevano! Io non posso essere normale e non lo sono!” Ecate aveva sputato quelle parole con un disprezzo ed una rabbia così palpabili da riempirne l’aria e renderla viziata; ma poi Mireen le aveva liberato un braccio, fortunatamente quello sano, e le aveva accarezzato la guancia con dolcezza sotto quello sguardo allucinato che tradiva non poche emozioni. Ma era pur sempre Ecate, la gelida e spietata, non poteva permettere che le rivolgessero quelle premure e così aveva afferrato rude la mano della rossa e l’aveva allontanata da lei come fosse uno scarafaggio. “Perché ti dovrebbe dispiacere?! E’ quello che merito! Sono un mostro! Una bestia feroce da mettere in gabbia!” Le aveva nuovamente sputate fuori dai denti quelle parole, avrebbe voluto urlarle contro quella figura che sembrava convinta di poter curare una ferita dell’anima inesistente, ma non lo aveva fatto.

Non ci avevo mai pensato... Anche tu puoi sentire dolore...

Taci!” Questa volta Ecate aveva urlato, ma non parlava solo con Mireen; stava accadendo qualcosa sotto lo sguardo malinconico e colpevole dell’irlandese, qualcosa che avrebbe segnato il futuro della triplice amica. “Io sono ciò che loro temevano! Lo sono! Sono cattiva! Sono violenta! Non provo amore! Non provo gioia! E non le proverò mai! Avevano ragione a trattarmi così!” Ancora urla, urla a fermare quelle parole dell’amica che le stavano riempiendo la mente e che sembravano farle perdere il senno; qualcosa si stava spezzando, quella corazza con cui aveva affrontato il mondo si sbriciolava sotto le parole di Mireen.

Per questo hai pianto prima di morire... Tu volevi solo che ti vedessero come una di loro... Era di questo che parlavi quando alla figura nera avevi detto che odiavi ciò che ti hanno fatto... Ed io non l’ho capito... Scusami, perdonami, è colpa mia. Avrei potuto farti sentire quelle cose che tu non sai provare, avrei potuto ma non l’ho fatto perché ho seguito ciò che facevano gli altri con te. Ti ho ferita, ti ho vista cattiva... Ma in realtà mi stavi solo proteggendo... Perché noi siamo diverse...

Mentre Lia parlava ad Ecate con una rinnovata consapevolezza delle azioni compiute, Mireen liberava la mano necrotica e andava a scarabocchiarle qualcosa sul petto con le dita per poi baciarle la fronte, probabilmente le due entità si erano perse parte del discorso della rossa ma ciò non era una cosa che avrebbe fatto molta differenza: per la prima volta si stavano parlando, stavano scoprendo verità che non sapevano e per la prima volta sentivano qualcosa di nuovo, una quasi certezza di poter condividersi a vicenda. Ma se era possibile che le due entità umane potevano mescolarsi perché non lo avevano scoperto prima? Perché non lo avevano fatto prima? Cosa aveva impedito loro di potersi dare pace a vicenda? “No! Sono colpevole! Merito quel trattamento!” Ecate combatteva ancora, non voleva arrendersi a quello che aveva cercato di sopperire con la morte e che ora Lia le riversava contro come un fiume in piena: nascosto oltre le barriere protettive da sadica che si era creata la controparte umana aveva un’infinità di dolore creatosi in anni ed anni che sperava di uscire il prima possibile. Copiose lacrime rigavano un volto che sembrava nuovamente diviso: gli occhi di ghiaccio avevano da una parte pagliuzze verdi e dall’altra luminose righe azzurre, la bocca mostrava dolore e pentimento in una smorfia impossibile da replicare; quasi per assurdo il braccio sano apparteneva alla parte dove Lia si manifestava mentre quello necrotico seguiva la disperazione di Ecate, che stranamente non si era ancora incattivita.

Potremmo essere di più di due nemiche che si litigano un corpo... Potremmo perdonarci, smettere di provare rimorso per ciò che non abbiamo fatto e per ciò che abbiamo fatto... Potremmo liberarci di quelle catene... Come diceva Issho-sama abbiamo un unico carceriere e siamo noi... Ma possiamo liberarci! Non dobbiamo per forza essere qualcuno che crea rimorsi a sé stesso... Potremmo smettere di essere Lia ed Ecate... Potremmo essere Susilla, come nonna ci chiamava... La giusta, la retta, la virtuosa...

Ma io ho fatto tanto male... Ho ferito Drinky e Mireen... Ho fatto soffrire Colin e Vath... Ed Abigail... E ho abbandonato Aida... Non mi perdoneranno mai...” Ora la voce della bionda era un connubio stravagante fra la sicurezza di Ecate disperata e la fragilità di Lia speranzosa. “Non puoi saperlo. Dobbiamo dargli la possibilità di capire e dobbiamo darcela anche a noi una possibilità. Dobbiamo perdonarci.” Forse Mireen guardando quel dibattito che l’amica compiva da sola avrebbe potuto trovarlo così particolare da riderne o così assurdo da provarne paura, eppure le due entità che si davano battaglia fino a pochi attimi prima ora si erano come unite sotto il compito più gravoso di ogni essere pensante: la capacità di perdonare i propri rimorsi, i propri peccati, le proprie colpe. Quando finalmente gli occhi ghiaccio assunsero entrambi le stesse rigature azzurre e le stesse pagliuzze verdi e il viso mostrò un triste e speranzoso sorriso qualcosa sembrò ricomporre la spaccatura che l’universo aveva creato. “Avremo bisogno di te Mireen, per riuscire a trovarci... Per poter smettere di essere Ecate e Lia e magari diventare Susilla. Puoi perdonarci?



Edited by Lia Soxilia - 31/1/2019, 12:52
 
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8-DNuj-mod Mìreen K. N. Fiachran
Contest-Gennaio-2019-INVERTITOmod

A gníomh olc, mar rimonti san am atá caite i bhfad i gcéin, duilleoga i gcónaí rian de suaitheadh ​​gan chuimhneamh, malaise morálta a bhfuil Chonaic doiléir go bhfuil rud ar bith más rud é nach Remorse.

{Una cattiva azione, per quanto rimonti a un lontano passato, lascia sempre una scia d'involontario turbamento, un malessere morale di cui si ha una vaga coscienza e che non è altro se non Rimorso.}


cit. Xavier De Montépin


Non era sicura che la sua conclusione sul motivo per il quale Ecate si fosse comportata in quel modo, sia in passato sia adesso, fosse giusta, ma la sua reazione e le sue risposte gliene diedero conferma.
Aveva continuato a parlare fregandosene di cosa lei le dicesse, più andava avanti, più le sembrava chiaro il conflitto che non vi era solo in Lia con la sua controparte Ecate, ma la stessa Ecate lottava tra quello che gli avevano diagnosticato e quello che avrebbe potuto o voluto essere.
Quando per tanto tempo veniva ripetuto ad un bambino com'era e come sarà, senza possibilità di cambiare, poi era "naturale" che esso crescesse convinto di essere come gli era sempre stato detto e senza altre speranze, perchè conosceva solo quella realtà.
La stessa cosa era successo con la ex-Corvonero sotto di lei, tanto che ora non era in grado neanche di immaginarsi diversamente perchè non credeva possibile esserlo.


<< Non sei un mostro. Mostri lo sono chi ti ha trattato in quel modo orribile.
Sei solo una ragazza a cui non hanno dato altre scelte, e hai imparato solo quello che loro credevano potessi essere... senza provare, o anche solo pensare potessi essere altro... Normale...>>


Continuava a risponderle con rabbia, si agitava sotto di lei, come un animale messo in gabbia, ma non perchè minacciato, ma posto davanti alla verità dei propri sentimenti.
Sembrava quasi aver paura o timore nelle parole di Mìreen.
Piano piano la donna che l'aveva minacciata stava abbassando le difese, qualcosa era cambiato, si era rotto sotto il peso di quelle rivelazioni... poteva sentirlo e vederlo, nel suo tono di voce, nell'espressione del viso... finchè non si ammutolì.
Guardava Mìreen, ma i suoi occhi non la vedevano, erano persi, vacui, come fosse concentrata su altro, o su qualcun'altro.
La conferma gliela diedero le frasi chiaramente non rivolte a lei che pronunciò dopo le baciò la fronte:
"Ma io ho fatto tanto male... Ho ferito Drinky e Mireen... Ho fatto soffrire Colin e Vath... Ed Abigail... E ho abbandonato Aida... Non mi perdoneranno mai..."

Ecate stava discutendo mentalmente con qualcuno, probabilmente Lia, un conflitto nella loro testa, che lei non poteva sentire, ma che ugualmente dovevano risolvere da sole.
Così liberò anche le gambe dell'amica e scese da divano, mettendosi in ginocchio sui cuscini disseminata intorno al divano e al tavolino da thè.
La osservò ancora stesa, non si era mossa di un cm, solo parlato... prima con una voce, poi le parve con un'altra leggermente diversa, non poteva esserne certa, solo il significato della frase le aveva fatto capire chi fosse delle due.
Attese in silenzio.
Di colpo la vide sollevarsi e mettersi seduta sul divano, per poi guardarla, guardarla veramente.
Le mostrò un triste ma speranzoso sorriso, e le disse parole che Mìreen certo non poteva aspettarsi, soprattutto perchè dette al plurale:
"Avremo bisogno di te Mireen, per riuscire a trovarci... Per poter smettere di essere Ecate e Lia e magari diventare Susilla.
Puoi perdonarci?"


Il suo sguardo aveva qualcosa di diverso.
Lentamente Mìreen si alzò, portò la propria mano sotto il mento dell'amica e le sollevò il viso, si chinò su di lei avvicinando il proprio volto a quello di lei e la guardò attentamente.
I suoi occhi, prima puro ghiaccio con rigature azzurre, poi di un verde che non le aveva mai visto, ora erano tornati come li aveva sempre visti, ma nuove pagliuzze verdi li rendevano unici e bellissimi.

Un sorriso sincero e quasi divertito comparve sul volto della rossa, mentre abbassava la mano e liberava il viso della bionda.
Appoggiò il ginocchio destro sul divano, a lato della veela ancora seduta, così da essere alla sua stessa altezza, e le disse con voce dolce e sicura:



<< Non so chi sia Susilla.
Ma non vedo l'ora di conoscerla!>>





E felice strinse in un forte abbraccio la sua migliore amica, sollevata di averla ritrovata, oltre ad averne guadagnata un'altra di completamente inaspettata.




Contest-Gennaio-2019-FINE-CONTEST



Non ho resistito, SORRY! :flower: :ue:


Edited by LadyShamy90 - 31/1/2019, 22:40
 
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