Aiden Weiss
Tracce sulla Neve
▿▿▿
I am the Sword in the darkness. I am the Watcher on the walls. I am the Fire that burns against the cold, the Light that brings the dawn, the Horn that wakes the sleepers, the Shield that guards the realms of men.
George Martin, A Clash of Kings
Anche lui, a seguito delle parole della Medimaga, annuì con risolutezza. Erano dunque venuti a patti in maniera tempestiva e senza mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda, consapevoli delle priorità di entrambi e Aiden poté ritenersi più che soddisfatto.
Solamente quando ebbe terminato di intimare ai presenti di sgomberare la zona, il rosso poté dedicarsi interamente alla donna che era rimasta accanto alla vittima e notare l’ormai evidente chiazza di sangue sulla neve. La Medimaga non aveva quindi mentito riguardo alla gravità delle condizioni del ragazzo, ma si convinse a pensarci più tardi ai dettagli sulla scena del crimine, dedicandosi
in primis a quella che poteva essere una possibile testimone.
«
Mhm-mhm...» grugnì, annuendo lentamente. Era un vero peccato che la donna non fosse in possesso di una testimonianza vera e propria, ma non gliene fece una colpa. «
Si è presa cura di lui fino al nostro arrivo...» E con quel “
nostro” intendeva se stesso e la Medimaga, un modo come un altro per intendere i soccorsi. «
Probabilmente senza la sua gentilezza non sarebbe ancora tra noi. E al San Mungo sapranno cosa fare, sono ben preparati.» Tentò di essere rassicurante, non voleva che la donna tornasse a casa preservando lo stesso grado di sconforto per quanto era accaduto al ragazzo. Era suo preciso dovere tranquillizzarla un minimo, così come doveva riportare l’ordine e la sicurezza all’interno del villaggio, poiché i cittadini si aspettavano questo da lui e dal resto del Dipartimento Auror.
Il commento successivo della signora lasciò ad Aiden un senso di amarezza: non condivideva quel pensiero sulla sanità mentale del genere umano, tuttavia si impegnò nel non manifestare il proprio disappunto. Cercò quindi di indossare la maschera più impassibile e controllata che aveva, oltre che seria, per poi dire la propria. «
Se così fosse allora saremmo tutti fritti...» mormorò con il tono più neutro possibile, senza risultare eccessivamente asciutto o sarcastico: non voleva offendere nessuno. «
Credo che ognuno di noi abbia un proprio grado di resistenza, signora. Non che questo significhi che il ragazzo sia un debole, ma probabilmente quanto ha vissuto è stato troppo per lui. Ma la ringrazio per avermelo detto, ora può tornare a casa.»
L’Auror non aveva altro da chiedere alla donna e non avrebbe temporeggiato oltre il dovuto necessario. Quanto gli era stato rivelato circa i deliri del ragazzo, lo lasciò più turbato che mai e sapeva perfettamente che non era da escludere un possibile intervento degli Obliviatori, qualora il San Mungo lo ritenesse necessario per la salute della vittima. Proprio per tale motivo doveva mobilitarsi nel trovare indizi e qualche possibile risposta, e di certo quel “
L’orso ha mangiato la civetta” gli diede qualcosa su cui riflettere.
L’orso, per sua stessa natura, era un animale che poteva farsi molto aggressivo se sfidato ed era considerato un feroce predatore; la civetta, invece, era più mansueta e notturna, ma ritenuta a sua volta un predatore. Per quanto l’orso fosse decisamente più pericoloso, la civetta però aveva molte più possibilità di sfuggire ai grandi predatori terrestri. A meno che…
A meno che la civetta non avesse avuto la malsana idea di volare a bassa quota per poter stuzzicare l’orso, facendo in questo modo la fine di una preda.
Che la civetta fosse solo una metafora in grado di ricondurre al ragazzo e alla sorte che gli era toccata? Aveva forse provocato le persone sbagliate? E per quale motivo? Che tutto fosse, inspiegabilmente, riconducibile ad una versione dei fatti? E l’orso chi era?
Soltanto dopo aver sviluppato tali supposizioni ed essersi accertato che la donna si fosse allontanata dalla zona, l’Auror poté dedicarsi alle misure di sicurezza da adottare affinché nessuno interferisse con le indagini, andando ad alterare le prove sulla scena del crimine.
La stecca di Biancospino venne sfoderata mentre l’uomo giunse all’inizio del vicolo, esattamente nel punto in cui era arrivato e dove le persone avevano sostato fino a qualche attimo prima. Lanciò un primo sguardo indagatore attorno a sé, assicurandosi che non vi fosse anima viva nei paraggi, né che vi fossero sguardi indiscreti puntati su di lui da angoli nascosti. Aveva bisogno di tutta la privacy possibile, di ogni mezzo disponibile affinché nessuno si concedesse un certo vantaggio su di lui. Qualsiasi cosa avesse compiuto da lì in poi, doveva andare a penalizzare
chiunque non fosse un Auror; l’effetto a sorpresa, dunque, era il piatto preferito di Weiss, una leccornia che voleva gustarsi in tutto e per tutto.
Partendo dunque dal presupposto che non voleva nessuno tra i piedi, eccetto appunto altri Auror, nella mente del giovane rosso presero a formarsi diverse figure a cui negare totalmente l’accesso: uomini, donne, bambini; tutti coloro che non possedevano un Distintivo Auror appuntato sul petto o agganciato alla cintura vennero automaticamente esclusi, classificandosi - come l’incantesimo specificava - in dei nemici. Non poteva fare diversamente, sapeva che aveva poche alternative a sua disposizione e che non poteva permettersi di avere riguardi per nessuno, se non per quel povero ragazzo che era stato vittima della crudeltà dell’uomo.
C’era decisione nel suo intento, una volontà talmente ferrea dal non volersi piegare facilmente, e che sfruttò a pieno in quella che fu l’intera procedura dell’incantesimo. Era ciò che desiderava con tutto se stesso, tenere fuori tutte quelle persone che avevano popolato nella sua mente dalla barriera invisibile che aveva intenzione di evocare. Un’area protetta e occultata, rendendo così arduo il visualizzare un punto definito del vicolo per chiunque volesse tentare di Smaterializzarsi, sempre che la persona non conoscesse già il punto da raggiungere; era tutto ciò che poteva sfruttare con le proprie conoscenze ed era meglio di niente.
Partì dal muro della prima casa alla sua sinistra, intenzionato a proseguire verso la parte opposta, delimitando così un confine preciso. Tenendo la bacchetta a mezz’aria, quindi, Aiden tracciò più volte in cerchio, sino al completamento del perimetro da proteggere, una X. Nel mentre che svolgeva tale prassi, pronunciò la formula a bassa voce, ma in modo chiaro e preciso. «
Sàlvio Hèxia!» Fece inoltre molta attenzione ad accentantare la “a” di Salvio e la “e” di Hexia.
Ovviamente cercò di non perdere la concentrazione necessaria né smise di pensare a tutte quelle persone che voleva escludere. Era questo ciò che voleva, ciò che la propria bacchetta doveva sprigionare e rendere
reale. Il Fato ora avrebbe decretato se essere con o contro di lui: in ogni caso Weiss non si sarebbe abbattuto e avrebbe ritentato se necessario, perché la sua missione era quella di assicurare la giustizia e niente gli avrebbe impedito di svolgere il proprio dovere.
▵▵▵
ps: 228 | pc: 172 | pm: 189 | exp: 33.5
• Bacchetta in legno di biancospino, piuma di Ippogrifo, 12 pollici e mezzo, flessibile;
• Distintivo Auror [Agganciato al maglione, nascosto dal cappotto.];
• Anello e ciondolo d'argento;
• Cinturone d'argento con incastonate Perla del Mistero e Punto Luce Corpo;
• Bracciale Celtico originale;
• Orecchie Oblunghe [Tasca sinistra del cappotto.];
• Cappello del Falco;
• 1 x Polvere Buiopesto Peruviana [Tasca destra del cappotto.];
• 1 x Fiala di Essenza di Purvincolo [Tasca superiore del cappotto.].
• Classe I, II, III, IV complete, esclusi i proibiti;
• Proibiti appresi: Iracundia (Classe III), Ignimenti (Classe IV), Claudo/Paraclaudo e Nebula Demitto (Classe V);
• Classe VI appresi: Incarceramus;
• Incantesimi da Auror: Stupeficium, Expecto Patronum, Rompisigillo, Nego Negligetiam, Homenum Revelio, Deletrius.
• Vocazione: Occlumante Apprendista.