Schiarendosi la voce, Thalia prese con garbo e naturalezza le distanze da Daniel; si posizionò lateralmente rispetto al bancone e rimase lì, in silenzio, seguendo la traiettoria dei Fagioli letteralmente lanciati nel mortaio. La disapprovazione per quel gesto si dipinse a vive tinte nello sguardo della ragazza, che si allungò a raccoglierne uno sfuggito al canestro di fortuna. Nel tentativo di dissuaderlo dal progetto che campeggiava chiaramente nei suoi occhi, anche senza un vero e proprio annuncio verbale, la Tassorosso aveva osato troppo ed aveva dato inizio ad una conversazione ancor più spinosa della precedente. Si maledì, non poté farne a meno, mentre gli angoli della bocca si curvavano verso il basso in una smorfia di incertezza. «
Le cose che si possono fare con la magia sono tante.» mormorò vaga, incrociando le braccia al petto ed aspettando che un intervento divino la potesse trarre d’impiccio. In quel momento desiderò non aver mai seguito il proprio istinto e assolto al proprio dovere, imboccando la strada dei Sotterranei per la Sala Comune, dove Evelyn la aspettava per cominciare il tema di Storia della Magia. Non imparava mai da propri sbagli in quel periodo e si convinse che tutto ciò sarebbe stato il culmine di una fase; per quanto quella persistesse da settimane - addirittura mesi - covava la speranza che presto o tardi sarebbe tornata ad essere la ragazza giudiziosa di sempre, con un pizzico di pepe e sana ironia. Studiò per un momento il volto di Anderson, cercandovi una minima parvenza di curiosità accademica e non già l’ambizione di portare a termine un piano fallace sotto troppi punti di vista. Il dolore per la perdita di una persona amata, che Thalia non aveva sperimentato, doveva essere straziante. Provò pena per Daniel, cominciando a capire perché, ad un certo punto della sua giovane vita, quel ragazzino avesse cominciato a comportarsi come il più ribelle e il più sprovveduto tra gli studenti. Era un adolescente come ce n’erano molti altri in quella Scuola, ma sembrava che tutti fossero in grado di gestire la propria sofferenza. Tutti, certo, tranne Anderson. Scosse il capo lentamente, l’espressione pensierosa a corrucciare i tratti del bel viso e cercò di addolcire l’ennesima manifestazione di disapprovazione. «
Puoi cancellare il ricordo, ma non le sensazioni. Le emozioni faranno sempre parte di te, Daniel. Chiunque tu abbia perso… il Vuoto che senti resterà. Non ricorderai il come o il quando... ma non dimenticherai mai come ti senti adesso. Per quello non esiste cura né palliativo.» e nel pronunciare quelle parole, si sentì stringere il cuore, immaginando la delusione e il risentimento che, innegabilmente, sarebbero potute sorgere in lui. «
E poi, se proprio vuoi saperlo… se anche conoscessi un rimedio, non lo praticherei. La magia ci aiuta, ma non risolve nulla.» concluse in tono asciutto. No, non si sarebbe spinta tanto oltre, né a parole né coi fatti. Daniel era un ragazzino e non capiva l'importanza del ricordo come fonte di rinnovamento e non di malessere. Seppure quelle fossero fasi necessarie erano anche transitorie. Si augurava che l'avrebbe capito e che non vi sarebbe stato bisogno di continuare quella conversazione. In funzione di ciò, sollevando il mento, Thalia gli indicò il mortaio ed il pestello. «
Dovresti cominciare a schiacciare tutto insieme, senza foga... sai, vorrei arrivare in Sala Grande prima del dolce.» mormorò abbozzando un sorrisetto.