Subito dopo aver fatto quella domanda Megan sì lasciò cadere poggiando la schiena sulla spalliera. Gli avambracci stesi sul tavolo, le dita a stringere il bicchiere roteandolo lentamente e gli occhi bassi, posati sul cristallo. Nemmeno quando Thalia iniziò a parlare distolse lo sguardo: l’ascoltava senza far trasparire alcun interesse ma sentiva chiaramente ogni parola. Solo alla fine del discorso, solamente quando la parola “Ballo” venne pronunciata di nuovo, accompagnata da una domanda, sospirò e alzò gli occhi verso l’alto lasciando la testa cadere indietro.
«
Il Ballo? Una perdita di tempo.» si ricompose fissando le iridi cineree della Tassorosso.
«
Credi sia servito a qualcosa? Non penso.» Non avrebbe voluto sembrare così cinica e fredda ma d'altronde non era capace di pensarla diversamente. Solo con Alice era riuscita a spendere due o tre parole di conforto ma si trattava di una cosa pressoché personale: aveva consolato un'amica.
Quelle parole si erano slegate dal pensiero che da quel giorno l'aveva accompagnata, palesandosi alla presenza di chi probabilmente avrebbe potuto contestarle. Si fecero spazio fra le sue labbra senza alcuna censura e tentennamento, fredde come il ghiaccio.
Il giorno dei GUFO di Patrick, il giorno in cui Hogwarts venne rasa al suolo, per lei aveva assunto tutt'altro significato e la vita di tante persone, che avevano rischiato e anche perso, aveva un'importanza minore. Una parte sé, però, avrebbe dovuto ringraziare chi quel giorno aveva difeso la sua nuova casa, chi aveva combattuto per non perdere nulla di ciò che aveva costruito, ma non v'era riuscita allora e non lo avrebbe fatto oggi.
«
Posso dire di aver imparato a ballare, però! Non credevo che Sullivan avesse questo genere di "doti".» affermò divertita evidenziando l'ultima parola, poi le mostrò un mezzo sorriso a sancire la fine di quella prima parte. In quel momento l’immagine chiara di quell’evento si palesò davanti ai suoi occhi e Thalia sfumò via.
Ciò che aveva provato quella sera lo aveva definito “strano”, perché cumuli di emozioni si erano contrapposti fra di loro lasciandola vacillare in una limbo dove non aveva alcuna certezza. C’era stata gioia, spensieratezza, vuoto e ad oggi il pensiero di poter avere la possibilità di riviverlo ancora le provocava ansia.
Non si era mai sentita così sopraffatta dalle emozioni che, positive e negative, si erano insinuate nel suo corpo e nella sua mente. Aveva accarezzato Elijah e le loro labbra si erano quasi sfiorate; gli aveva permesso di spingersi oltre e ora si sentiva così confusa da non volerci nemmeno pensare. Perché per lei era chiaro quanto si era esposta quella notte mostrando al Serpeverde ciò che aveva dentro, lasciando che scavalcasse il muro di cemento che aveva eretto e per qualunque persona impenetrabile. Ora lui avrebbe saputo riconoscere i suoi punti deboli e lei non avrebbe mai voluto sentirsi in pericolo.
Così, nei giorni a seguire, si era rifugiata nei suoi pensieri, rimuginando fra di essi e arrivando alla conclusione che non avrebbe mai più permesso a Elijah di farlo di nuovo: di approfittarsi di lei così come aveva fatto con tutte le altre.
La reputazione di Sullivan era nota a molti ma Megan era solita sperimentare sulla sua pelle prima di mettere una croce sopra a qualsiasi persona, o situazione. Aveva visto in lui qualcosa, si era sentita legata a lui dal dolore che, seppur in maniera differente, condividevano. Poi c'era Victoria e Megan aveva un debole per quella ragazzina, che si sentiva in dovere di proteggere. Tuttavia non era lucida quella sera, la bottiglia di Whiskey aveva alleggerito qualsiasi azione e parola. Si chiedeva spesso se tutto ciò che aveva provato fosse stato solo un impulso dettato dalla circostanza, dal fatto di essere una ragazza e lui un ragazzo, oppure se c'era davvero dell'altro.
Ci pensava spesso ma la conclusione giungeva chiara ogni volta: quella notte tutto era stato un tremendo errore.
La sua mente percorreva veloce ogni istante, attimo dopo attimo, e fu per lei impossibile non ricordare cosa l'aveva spinta sulla Torre il giorno del Ballo delle Ceneri. Limpida fu la figura di Wolfgang davanti ai suoi occhi: il suo viso rivolto altrove e una bottiglia in mano, poi le sue parole e con esse la consapevolezza, sempre più definita, di aver sbagliato tutto con lui.
Era cambiata e con lei ciò che la circondava, ineluttabilmente. Sì, aveva distrutto il legame che avevano costruito nel tempo ed era stato un errore. Megan ne era cosciente ma non era sicura di poter rimediare, di esserne realmente capace, o di volerlo.
Sempre la stessa storia a tormentarla: non voleva fargli del male, più di quanto non gliene avesse già fatto inconsciamente e sebbene poteva essere considerata una scelta egoistica a lei non importava.
Non sarebbe mai cambiata per questo teneva a debita distanza chiunque.
TUM.Il rumore del vetro sul legno la fece sobbalzare, distogliendola completamente dai pensieri. Si morse il labbro e recuperò il bicchiere, poi lasciò le braccia incrociarsi contro il suo busto in una posizione di totale chiusura.
«
In ogni caso credo di aver perso qualcuno e di aver smarrito me stessa quella sera.» la voce era priva di ogni emozione, scandiva quelle parole come se non avessero senso, come se non scalfissero affatto il suo cuore. Le labbra tuttavia la tradirono, si assottigliarono e un’espressione ferita comparve sul suo volto.
«
Il Ballo delle Ceneri ha cambiato molte cose.» ripeté le parole di Thalia, confermando anche per lei quella condizione. Abbassò lo sguardo mentre un sorriso forzato si fece spazio sul suo volto «
E se devo dirti la verità, beh... sono stanca.»
Tornò a spingersi in avanti verso la Tassorosso, le braccia si sciolsero dalla morsa e la mano sinistra afferrò l’ultimo bicchiere di Whiskey rimasto. Un sorso e lo buttò giù tutto d’un fiato, poi con il dorso della mano cercò di tamponare le gocce sui bordi delle labbra: non lasciò il bicchiere sul tavolino ma lo strinse fra le sue dita con forza, cercando di dare sfogo alle tremende sensazioni che stava provando.
«
Dimmi: come ti sentiresti se improvvisamente il tuo mondo cadesse a pezzi? Se l’unica certezza ti venisse portata via? Se nonostante i tuoi sforzi non riuscissi a liberarti della sensazione di vuoto che ti circonda?» alzò il braccio lasciando oscillare il bicchiere fra le dita.
«
Credi che quassù nessuno possa ferirti e poi?»
La mano si aprì e il bicchiere cadde sulla superficie legnosa frantumandosi in mille pezzi. Un rumore secco che si confuse fra il caos del locale ma che non sfuggì agli occhi attenti della cameriera.
«
E poi qualcuno decide di farti a pezzi. Lasciandoti quaggiù, sola, abbandonata, e tu ti porti dietro ogni scheggia.» aggiunse afferrando un frammento di vetro, spingendolo verso la Tassorosso.
«
Ferire le persone è diventata la mia specialità e sono certa di riuscirci molto bene.» le dita premettero forte e il sangue fuoriuscì dall’indice.
Quanto era difficile per lei accettare tutto quello: la condizione di una vita che non avrebbe mai voluto. Spesso s’immaginava diversa, colmata da una serenità che riusciva a scorgere nei volti di molti studenti a Hogwarts. Era consapevole di non essere l’unica ad avere dei mostri dentro di sé ma non era riuscita mai a trovare qualcuno che non riuscisse a gestirli proprio come lei. Sembrava l’unica al mondo e si sentiva sbagliata, arrabbiata, tremendamente in difetto.
Se era così, se era diventata quello che i suoi genitori non avrebbero mai voluto vedere, era proprio per colpa loro. Per anni aveva vissuto in una teca di vetro, colmata da false verità e illusioni. Ora si portava dietro tutto e questo non poteva evitarlo in alcun modo.
Dove sarebbe arrivata? Non lo sapeva.
«
Sai Thalia, come ti dicevo prima, molte cose sono cambiate. Non sono la persona che ero un tempo ma non credo che tu abbia inciso particolarmente nel mio cambiamento.» portò il dito ferito verso le labbra, succhiando via il sangue, mentre il frammento giaceva nell'esatta metà del tavolino.
«
Sei solamente stata stronza, d’altronde è così facile farla con chi è più piccolo di te. Non trovi? Forse però non lo reputo poi così divertente.» uno sguardo alla ferita e poi portò gli occhi blu verso la figura di fronte a sé. Il tono piatto riusciva a far capire chiaramente alla Tassorosso che quelle parole erano alimentate da una calma sarcastica, che avrebbe ceduto prima o poi nel liberare la vendetta che albergava in lei da anni.
Ma l'alcol che ruolo avrebbe avuto? Stava già dando i suoi primi risultati e tutto sembrava essere in costante mutamento.