No one will ever understand how much it hurts, Privata

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view post Posted on 2/3/2019, 14:35
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
▽ Auror ▽ Ex Grifondoro ▽ 27 anni


Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze.
♖ ━ Paulo Coelho


Fili bianchi, alcuni grossi ed altri sottili, presero a salire verso l’alto, per poi disperdersi nell’aria del primo pomeriggio. L’odore di tabacco bruciato aleggiava pesantemente nella zona scelta dall’uomo, il quale stava sostando su una panchina solitaria a ridosso di Mielandia. Quella che si era appena acceso era la decima sigaretta da quando si era messo a sedere, circa un’ora prima, e non gliene importava granché di quei suoi eccessi; a volte erano l’unica cosa che aveva e che poteva permettersi, almeno fintanto che era solo nel proprio limbo malinconico e colmo di sofferenza. Uno sfogo dunque di cui sentiva la necessità, piuttosto che soffermarsi su un dato pensiero troppo a lungo e reagire in due possibili alternative: lasciar libera la propria indole rabbiosa oppure rannicchiarsi in un angolo e piangere come un bambino sperduto.
Stordire la mente, a volte, era la scelta che più preferiva piuttosto che arrabbiarsi o piangere. Il furore lo rendeva una macchina d’assedio inarrestabile e capace di ferire chiunque vi fosse a portata; piangere, invece, lo rendeva fragile quanto un vaso di ceramica. O soffrivano gli altri o soffriva lui, ma questo il suo smisurato orgoglio volle impedirglielo a tutti i costi, incapace di accettare quelle due possibili condizioni tanto precarie quanto crudeli.
Poche ore prima di scendere a valle e sistemarsi sulla panchina, Aiden Weiss aveva affogato i propri dispiaceri nell’alcol, arrivando a scolarsi un’intera bottiglia di Cognac e qualche bicchiere di Porto invecchiato. Solitamente preferiva la birra ma le scorte alla Tana della Volpe erano calate drasticamente dall’ultima volta che si era lasciato andare, perciò aveva optato per qualcosa che solitamente conservata per le occasioni speciali, nonostante non amasse alla follia il vino o il Cognac.
Il fumo e gli alcolici erano i suoi vizi, lasciarli a briglia sciolta non era mai un bene, specialmente se si andava incontro alla dipendenza da essi, ma cos’altro poteva fare pur di non pensare a niente?
Si era attaccato alla bottiglia pur di non pensare nuovamente a quanto aveva commesso nei confronti di Thalia, né alla conseguente rottura dei ponti con Nieve. Se da un lato sacrificare Nieve aveva permesso ad Aiden di trovare un punto d’incontro con Thalia, garantendogli una magra consolazione, dall’altro era disperato come non mai. Aveva perso un’amica che aveva sempre visto come una sorellina minore pur di non farsi scappare via un’occasione di riconciliazione, ma il costo era stato troppo elevato, troppo doloroso per non sentirsi deluso e pentito. E la consapevolezza di aver perduto una persona a lui cara per inseguire una chimera si era rivelata davvero intollerabile.
Pesava come un macigno sullo stomaco e ben presto l’organo parve contorcersi su se stesso, in un miscuglio di fattori chimici e mentali. Il colorito bordeaux che aveva, fino a quel momento, tinto le gote dell’Auror scomparve, e ora facendole apparire bianche come un lenzuolo appena sbattuto. La sensazione di malessere non sembrò diminuire, ma indusse il fulvo a produrre sudore freddo, finché non giunse al culmine e a quel punto non vi fu altra scelta se non sporgersi oltre lo schienale della panchina. Il corpo venne scosso da una forte scarica e qualsiasi liquido ingerito nell’arco dell’intera giornata uscì con potenza inaudita, soffocando i gemiti di un uomo moralmente a pezzi.
Cosa doveva fare per rimediare ai propri errori? Come poteva far smettere alla sofferenza di tormentarlo?
«Oh Dei...» grugnì con voce soffocata e il respiro affannato. Lo stomaco doleva ancora, come tutto il resto tra l’altro.




Si può avere il titolo grassoccio e con questo colore #5A0014? Thanks. :flower:


Edited by Keyser Söze. - 3/3/2019, 01:15
 
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view post Posted on 6/3/2019, 18:17
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Jolene White

Poco tempo era passato dal Ballo delle Ceneri, l'ultimo evento degno di nota in un'esistenza monotona come quella di Jolene. La giovane vi era ritornata con la memoria in svariate occasioni, incapace di trovare nella quotidianità la giusta distrazione ad un pensiero fisso. Continuava a rivedersi mentre fronteggiava lo specchio che le aveva aperto gli occhi, la gemella stralunata che, con la sua lingua tagliente, incrinava un'armatura costruita con cura nel corso del tempo. Aveva vissuto quei momenti come immersa in un incubo terribilmente reale e ora, a distanza di giorni, non era più sicura se determinate verità fossero uscite allora dalle labbra dell'Altra o se fossero frutto di successive elucubrazioni. Questo fatto, da solo, bastava a dimostrare quanto le due figure fossero sovrapponibili, in un'identificazione che aveva rinunciato a rigettare.
L'accettazione, tuttavia, era ben lungi dall'essere stata raggiunta. La giovane era continuamente sovrappensiero, e un'espressione piuttosto cupa si poteva leggere sul suo volto nei momenti in cui non credeva di essere osservata. Non aveva cessato di svolgere i propri doveri con la dedizione e l'efficacia che la contraddistinguevano, ma qualcosa in lei si era mosso. Quanto avrebbe impiegato la sua nuova forma ad assestarsi, non le era dato sapere. Tutto ciò che poteva fare era nascondere il nuovo squilibrio a coloro che la circondavano: si trattava di una battaglia personale, credeva. D'altronde, chi avrebbe potuto curarsi del malessere dell'Infermiera? Fintanto che avesse svolto il suo dovere, avrebbe potuto considerarsi quasi invisibile tra le mura del Castello.
Quel giorno, a tavola, aveva alzato lo sguardo dal proprio piatto e lo aveva diretto verso il punto in cui, per una notte, la porta era stata accessibile a tutti. Sotto al soffitto incantato della Sala Grande, che in quell'occasione rispecchiava un cielo coperto di grigio, Jolene si era poi affrettata a congedarsi. Sentiva l'impellente bisogno dell'aria aperta, e non solo della sua illusione. Mancavano ancora un paio d'ore al momento in cui avrebbe dovuto riprendere il proprio turno in Infermeria, quindi decise per una passeggiata a Hogsmeade, dove sperava di trovare qualche distrazione a quello stato d'animo tanto morboso.
Indossati i vestiti con cui era arrivata ad Hogwarts quella mattina, imboccò a passi decisi la strada che portava al villaggio magico. Era piacevole sentire l'aria fredda contro il viso, poter mirare verso il punto in cui lo sguardo non riusciva più a stare dietro alla strada. Nel Castello gli spazi erano limitati, e ciò che di infinito si poteva scorgere dall'altezza delle sue finestre apparteneva all'esterno delle sue mura, la cui pesantezza Jolene aveva iniziato a percepire.
Le prime abitazioni si delinearono in lontananza, come acquerelli sbiaditi, e la giovane accelerò il passo. Le costruzioni divennero più solide ad ogni metro percorso, e presto arrivarono a costeggiare la sua strada su entrambi i lati. Jolene era intenta ad osservare ciò che la circondava, quando una figura attirò la sua attenzione per il colore sgargiante che ne caratterizzava la chioma e la barba folta. Si chiese se anche lei saltasse all'occhio in quel modo, con i lunghi capelli rossi che il vento aveva preso a spingerle davanti al viso. Più si avvicinava, più si faceva marcata l'impressione di conoscere quell'uomo, per quanto non potesse ricordare in quale circostanza lo avesse incontrato.
Un movimento repentino del rosso la distrasse del tutto: chiunque fosse, si piegò sulla panchina su cui era seduto e, letteralmente,
vomitò anche l'anima. La prima reazione di Jolene fu di ritrarsi storcendo il naso perché, per quanto abituata al corpo umano e ai suoi più bassi sfoghi, non aveva ancora fatto il callo a certe scene. Fu solo un momento, prima che la giovane si affrettasse verso il malcapitato, il cui stomaco sembrava essersi momentaneamente calmato.
«Ti senti bene?» Domandò ingenuamente, piazzandoglisi vicino e piegando il busto in avanti per guardarlo meglio in volto. In quel momento l'odore dell'uomo la colpì con violenza: fino ad allora il vento aveva portato lontano il fetore di fumo e alcool, ma ora era troppo vicina perché vi fosse scampo. Si ritrasse con un'espressione poco lusinghiera, prima di riprendere il controllo di sé. Mai diagnosi fu più lampante. «Ehm… Ti posso trasfigurare un bicchiere d'acqua?»

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view post Posted on 10/3/2019, 18:51
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Aiden Weiss
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Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
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L’Auror si passò una mano tra i capelli umidi di sudore, riavviandoli all’indietro, per poi cercare con l’arto libero un fazzolettino di carta per potersi ripulire la barba sporca e un tantino maleodorante. Fu a quel punto che avvertì qualcuno accomodarsi accanto a lui sulla panchina di legno, mentre la voce giunse alle sue orecchie come una sorta di àncora di salvezza, femminile e calda.
Se non fosse stato per la presenza di quella persona estranea che si era avvicinata per accertarsi che stesse bene, Aiden si sarebbe senz’altro sporto in avanti per poi sputare a terra la sensazione di vomito che ancora avvertiva in bocca, ma preferì evitare di farlo pur di non passare per villano.
«Vorrei tanto saperlo, non ne sono così tanto sicuro.» rispose con un timbro di voce roco e piuttosto stanco. Aiden si sentiva confuso ed insicuro, non aveva la minima idea di come si sentisse; il proprio corpo prese a reagire in maniera positiva a mano a mano che il tempo passava, permettendo allo stomaco e ai muscoli restanti di rilassarsi, ma emotivamente era come un vaso pieno di sabbia che veniva scosso ritmicamente, in un miscuglio confuso tra positività e negatività.
Cosa provava oltre alla tristezza e al desiderio di non voler pensare a nulla?
Alla seconda domanda della ragazza, il fulvo schioccò le labbra secche e - infastidito dal sapore ancora presente del vomito in bocca - annuì appena. «Volentieri… Grazie...» biascicò.
Trovò finalmente anche il fazzolettino nella tasca dei jeans e prese a pulirsi la barba con una certa frenesia: odiava percepire la propria barba umida di quella sostanza nauseabonda che lui stesso aveva espulso. Una volta terminato quel processo di pulizia un po’ spartana, Aiden volse appena il capo verso la persona accanto a lui e abbozzò un sorriso imbarazzato, ma grato. Era una ragazza giovane e dai capelli rossi come i suoi, i lineamenti gentili e - in un certo senso - quasi familiari. Che l’avesse vista da qualche parte?
I capelli rossi e leggermente mossi gli ricordarono Thalia e, in un momento come quello e nelle condizioni in cui riversava, sarebbe stato più saggio non soffermarsi a fantasticare sulla rossa di Cork. Anzi, non doveva proprio pensare a lei, in alcun modo e in nessuna occasione: doveva dimenticarla per il bene di entrambi.
Distolse lo sguardo con fare impacciato, mettendosi a scrutare le dita della propria mano posata sul ginocchio. Il gesto poteva equivalere come un senso di vergogna, mentre la voce di Nieve gli tornò alla mente come una sorta di monito, nel disperato tentativo di tenerlo lontano da Thalia. E in quel momento, benché il proprio corpo fosse ancora piuttosto spossato, l’uomo avvertì il bisogno di fuggire da tutto e tutti e nascondersi; eppure, bramava allo stesso tempo un po’ di gentilezza e compagnia da parte di un altro essere umano.


 
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view post Posted on 17/3/2019, 15:05
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Jolene White
Non le era ben chiaro in chi si fosse imbattuta. Sarebbe stato fin troppo facile guardare quell'uomo dalla brutta cera, forse troppo ubriaco per reggersi in piedi, e formarsi un giudizio sulla sua natura di poco di buono fatto e finito. Jolene, però, scelse di sospendere l'urgenza classificatoria cui normalmente obbediamo, e così facendo ebbe modo di notare alcuni particolari che le fecero vedere il rosso se non con simpatia, quantomeno con curiosità. Era debole, e fortunatamente non pareva incline all'aggressività. Al contrario, le sue parole e i suoi modi rivelavano un tentativo di gentilezza che la fecero sorridere di rimando, un fugace istante prima che lo sguardo dell'altro si abbassasse sulle proprie mani. Jolene poteva già immaginare l'occhiata inorridita e preoccupata di Virginia quando le avrebbe detto di essersi seduta affianco ad uno sconosciuto ubriaco a Hogsmeade, le raccomandazioni che sarebbero seguite circa il “limitare la tua sindrome da crocerossina al posto di lavoro”.
Eppure si sentiva tranquilla, mentre estraeva il proprio catalizzatore dall'apposita tasca nel cappotto scuro e frugava nelle altre in cerca di un oggetto da poter trasfigurare in bicchiere. Da quando aveva appreso l'incantesimo di estensione irriconoscibile, non si degnava nemmeno più di portarsi dietro una borsa: le sue tasche erano diventate autentici microcosmi, sorprendentemente vasti e apparentemente privi di un senso logico. Le sue dita scartarono le chiavi di casa, uno specchietto per il trucco, quello che poteva essere il coupon del ristorante thailandese dell'altra sera e cento altre cianfrusaglie, prima di imbattersi in qualcosa che potesse andare bene.
«Oh, eccolo!» Estrasse un calamaio ben sigillato, poi fece ondeggiare l'inchiostro violetto di fronte agli occhi. «A volte mi dimentico di tirare fuori quello che compro.» Spiegò candidamente, come se al poveretto potesse interessare qualcosa. Eseguì l'incanto senza troppe difficoltà, scandendo nella propria mente Fèravèrto e ruotando il polso in senso antiorario, senza arrivare a toccare il calamaio. In seguito un altro incanto silenzioso, Aguamènti, riempì di acqua il calice in cui la boccetta si era trasfigurata: capiente, panciuto verso il fondo e ristretto all'imboccatura, conservava una curiosa colorazione violetta che faceva sembrare l'acqua cristallina buon vino rosso.
Lo porse al familiare sconosciuto.
«Sei fortunato, dicono che l'ametista sia la pietra della sobrietà.» Sorrise, priva di intenzioni maliziose o denigratorie. Pensava di aver trasfigurato semplice vetro colorato, ma la somiglianza con l'ametista era così palese che le erano venute in mente vecchie storie, che vedevano la pietra capace di donare alle bevande il colore del vino, ma non le sue proprietà inebrianti. Se la leggenda fosse stata vera avrebbe offerto un grande aiuto in quel momento.
Si domandò che pensieri confusi gli vorticassero ora in testa, se avessero sostituito altre riflessioni che forse, da sobrio, non gli davano tregua. Le prime parole che aveva pronunciato le avevano suggerito una certa confusione, uno stato d'animo in lotta. Oppure era semplicemente il riflesso della sua stessa realtà, che proiettava inconsciamente sull'Altro?
«Io sono Jolene, comunque.» Esitò, incerta su come sapere qualcosa di più sul suo stato senza sembrare invadente o priva di tatto. Aveva scorto in lui un certo imbarazzo, temeva che un passo falso potesse farlo chiudere in se stesso. E lei aveva terribilmente voglia di parlare, anche per distrarsi da se stessa, se mai qualcosa del genere fosse possibile. «Posso fare qualcos'altro per te? Non hai una bella cera.»

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view post Posted on 18/3/2019, 15:53
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Aiden Weiss
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Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze.
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Una fragilità che odiava esternare ma che non sapeva più come contenere: Aiden si sentiva alla pari di un vaso di porcellana posto in bilico sul bordo della mensola più alta. Sarebbe bastata una spinta, una vibrazione, forse addirittura una folata di vento, a farlo precipitare vertiginosamente verso il terreno e infrangersi in mille pezzi.
Era stanco, ovviamente, di quella sua condizione che tutti potevano facilmente vedere riflessa nei suoi occhi tristi e spenti; era stanco di venire catapultato in una moltitudine di sentimenti che sapeva di non dover provare e che nemmeno meritava. L’amore e l’amicizia erano due cose tanto rare quanto speciali, difficili tra trovare quanto da conservare, ma soltanto una di questa era ciò di cui l’Auror aveva un disperato bisogno, pur di scacciare via quella solitudine che per anni lo aveva tenuto incatenato senza una via di fuga e senza pietà; da una parte era stato lui stesso a volerlo, disegnando così un proprio spazio personale, ma dall’altra era stato il lutto a spingerlo verso una simile scelta.
La sensazione di disagio durò fintanto che udì i rumori dell’intensa e disperata ricerca della ragazza seduta accanto a lui, finché la sua voce non attirò l’attenzione dell’uomo. Gli occhi blu si posarono quindi su quanto ella non dichiarò di aver trovato, sorridendo con genuino divertimento nel constatare che si trattasse di un calamaio.
«Ammetto che non ho mai provato a bere l’inchiostro...» disse con voce roca, ma con una nota divertita, quasi convinto che al posto dell’acqua gli sarebbe stato propinato dell’inchiostro: se non altro così avrebbe imparato a non bere più così tanto in quel modo. Rimase però affascinato dall’incantesimo trasfigurativo appena eseguito dalla ragazza e, sotto l’influsso della magia, il calamaio divenne un bellissimo calice con una curiosa colorazione violetta. Era stata molto brava e avrebbe applaudito per quell’incantesimo eseguito magistralmente che si ritrovò invece le mani occupate da tale oggetto; senza accorgersene lo aveva infatti afferrato con un sorriso grato.
«Vorrei esserlo davvero… fortunato, intendo.» esalò con un sospiro. «Ma grazie. Sei molto gentile.» Si rigirò il calice tra le mani, osservando la fattura e i riflessi che la colorazione lanciava sull’acqua al suo interno, facendola apparire simile al vino. E lui di vino ne aveva bevuto parecchio, anche non era un gran amante di esso. Il solo ricordo di quanto ne aveva bevuto e della generosa pozza del medesimo colore che aveva lasciato a terra con poca grazia, fecero storcere il naso all’uomo, disgustato e deciso più che mai a non bere mai più del vino.
Si sforzò tuttavia di bere e di riprendere un minimo di contegno e lucidità, oltre a non voler rischiare di offendere la gentilezza della ragazza, svuotando tutto il contenuto con delle poderose sorsate. La barba si bagnò e lavò via quel che era rimasto del vomito, ma non il cattivo odore; quello rimase ed era mischiato a quello del fumo. Bramò con tutto se stesso aver modo di farsi un bagno caldo e ristoratore, ma non aveva ancora abbastanza forze per affrontare una Smaterializzazione, figurarsi poi camminare.
«Aiden...» mormorò dopo essersi passato il dorso della mano sulla bocca umida. Almeno quelle sorsate d’acqua avevano contribuito a levar via il cattivo sapore dalla bocca, anche se non del tutto. «Io… ehm… non lo so. Ho un pacchetto di Api Frizzole, se vuoi le dividiamo e magari ripago il tuo aiuto… la tua acqua… Insomma, la tua gentilezza...»
Tastò con le mani la giacca, nel tentativo di individuare alla svelta la giusta collocazione dei dolciumi. Ma da quanto tempo si portava dietro quel pacchetto con sé senza mai realmente aprirlo e goderselo in un momento di puro relax? Era sempre stato un grandissimo goloso, ma anche se le Api Frizzole non erano tra le cose che preferiva in assoluto, se le sarebbe sicuramente mangiate in pochi minuti se fosse stato colto da un improvviso attacco di fame. Ringraziò di non averle mai mangiate, ora almeno aveva qualcosa con cui ricambiare il gesto di Jolene.
«O anche solo due chiacchiere...» propose dopo aver sfilato il pacchetto da una delle tasche interne e agitato davanti a lei, rivalandone lo stato intatto e che quindi non aveva cattive intenzioni nei suoi confronti.


 
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view post Posted on 23/3/2019, 19:33
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Jolene White
Naturalmente, un po' d'acqua non fece miracoli; forse esisteva una magia che potesse restituire la lucidità – aveva sentito di alcuni dolcetti con tale proprietà -, ma usciva dalle sue conoscenze. Il suo potere era minuscolo in quel contesto, ma le sembrò ugualmente di percepire la gratitudine dell'uomo. Le ricordò i motivi per cui era così riluttante ad interiorizzare la consapevolezza che lo specchio le aveva gettato addosso: quando ci si mostrava bassi, vili o in qualsiasi modo meno brillanti della perfezione, gli altri potevano percepire la debolezza che stava dietro a simili caratteristiche. Bastava guardare l'uomo, in quel momento ridotto alla debolezza e alle nebbie dell'alcool, per rendersi conto che qualcosa nella sua vita non andava. Uno squilibrio, una disarmonia di forme e contenuti, un avvenimento recente o lo strascico di una vita intera; non poteva sapere quale fosse il suo caso, ma era certo che vi fosse di mezzo una sofferenza di qualche tipo. Le sue lotte personali, invece, la Jolene ferita e in difficoltà che inevitabilmente esisteva sotto la superficie, non sarebbero mai emerse, se lei lo avesse potuto impedire. Fino ad allora non aveva mai dubitato di poterlo e di volerlo fare perché, a dispetto del suo altruismo, pensava di dover combattere le proprie battaglie da sola.
Non che la sua fosse solo una facciata: quando Aiden propose di ricambiare la sua gentilezza, Jolene gli rispose con un sorriso sinceramente luminoso.
«Volentieri, grazie.» L'entusiasmo venne in parte smorzato dall'immagine di Virginia: questa volta la sua voce era percorsa da una vena acuta, quasi isterica. “Pure le caramelle dagli sconosciuti?!” «Sono anni che non le mangio, ma quando studiavo ad Hogwarts non potevo venire qui al villaggio senza passare da Mielandia e fare scorta di Api Frizzole e Cioccorane.» Mise a tacere le preoccupazioni di Virginia: il sacchetto era intatto e, oltre a quello, Jolene si era appena ricordata dell'occasione in cui aveva visto il rosso per la prima volta. Se lo era domandato fino ad allora e, a furia di vederne il singolare aspetto e sentirne la voce, seppure innaturalmente roca, finalmente le era sovvenuto il giusto ricordo.
Non era passato inosservato nell'Infermeria di Hogwarts: in parte perché erano pochi gli adulti che si recavano lì – e quasi nessuno che non fosse del personale scolastico -, in parte per il suo comportamento. Inizialmente aveva temuto che averebbe creato qualche problema: pareva così impaziente, ferito e preoccupato non per se stesso, ma per la ragazza che accompagnava. Mentre lo curava era palesemente impaziente di tornare al suo capezzale, ma non aveva più recato disturbo a lei o agli altri ricoverati. L'ultima immagine nitida che aveva di lui lo vedeva, ancora una volta, dedicato alla ragazza a cui tanto doveva essere legato. Jolene era passata per caso accanto a loro, controllando con uno sguardo che fosse tutto in ordine, ma aveva improvvisamente rallentato. Appena udibile, la voce del rosso aveva raggiunto il suo orecchio, modellata in una ninna nanna in una lingua a lei sconosciuta. Ricordava di aver sorriso, anche in quella situazione disperata, e di essere tornata dagli altri pazienti con il cuore qualche grammo più leggero, felice di aver assistito per qualche momento ad una manifestazione d'affetto leggera come le note a cui era affidata.
Così, ora aveva un nuovo indizio per capire chi fosse Aiden. Non sembrava che lui ricordasse il periodo di ricovero, e per il momento Jolene preferì tacere. Sperò che il suo sguardo non la tradisse, mentre osservava l'uomo nella situazione attuale e cercava di sovrapporlo a colui che aveva visto allora.
«Ma certo! Due chiacchiere sono la mia specialità.» Proferì, e annuì con eccessiva serietà. «Quindi ti senti poco fortunato?» Domandò poi, riprendendo parole uscite dalle sue stesse labbra. Con una domanda tanto generica sarebbe stato libero di entrare in profondità o di buttarla sul ridere, e lei si sarebbe adeguata.

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view post Posted on 26/3/2019, 19:11
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Aiden Weiss
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Per una volta tanto, dopo gli eventi avvenuti al Ballo di Dicembre, Aiden si sentì un po’ meglio. La tristezza andò ad affievolirsi, seppur ancora presente in minima parte, lasciando spazio ad un senso di pace e di gratificazione: il sorriso sincero di Jolene alla sua proposta era riuscito a risollevarlo, nonostante entrambi fossero due perfetti sconosciuti e che quindi lei avrebbe potuto benissimo declinare l’offerta. Forse non se l’era sentita, pur di non offendere un uomo ubriaco, pur di non rischiare di imbattersi in uomo violento; e la prima lezione che un genitore impartiva ai figli, dopotutto, era appunto di non accettare nulla dagli sconosciuti, ma Jolene aveva deciso di non seguire quegli schemi. Aiden però non era un uomo violento e, ben consapevole che un pacchetto intatto non faceva sempre la differenza, dovette abbandonare il bon-ton e accaparrarsi lui la prima Ape Frizzola, così che lei potesse sentirsi più tranquilla sulla sua indole ubriaca ma comunque benevola. Weiss quindi afferrò un dolcetto e se lo portò alla bocca con la stessa grazia di un mammuth che danzava su un lago ghiacciato con un tutù rosa, per poi allungarle il pacchetto con un sorriso timido.
«Fammi indovinare… Tassorosso?» azzardò dopo aver confinato il dolcetto contro la parete della guancia sinistra, affinché potesse parlare in modo comprensibile mentre cercava di far sciogliere l’Ape. «Io non facevo altro che fare scorte massicce di torte al cocco o alla cannella.» E quella fu un’informazione di sé che la diceva lunga: il rosso infatti andava matto per il cocco e la cannella e mangiava qualsiasi cosa, indipendemente dalla tipologia di dolce, purché avesse uno di quei due ingredienti. Godere di tali sapori era per l’Auror come l’erba gatta per i felini: una vera e propria droga.
L’Ape Fizzola si sciolse e schioccò la lingua contro il palato a seguito dell’intensa sensazione frizzantina che avvertiva sulle papille. «Non ho molta fortuna nelle relazioni umane… Le persone non mi capiscono fino in fondo e questo mi fa pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in me. Non voglio passare per persona perfetta, ma nemmeno come l’uomo più pessimo del mondo. Non mi si attribuisce il giusto valore, ecco.» Era dunque quello il motivo per cui non riusciva a tenersi strette le persone a cui si affezionava e legava? Era quella la ragione per cui, ora, il suo rapporto con Nieve si era spezzato? Era lui il problema o gli altri che non sapevano capirlo ed apprezzarlo per ciò che era veramente?


 
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view post Posted on 4/4/2019, 17:45
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Jolene White
Jolene era sempre stata un'attenta osservatrice: da qualche anno a quella parte si era perfino degnata di rivolgere il suo sguardo alla realtà materiale, facendole posto tra le sue fantasie ingombranti. Anche se a volte capitava ancora che si assentasse – all'improvviso, senza nessun indizio se non una insolita vacuità dello sguardo -, tendeva a seguire con grande interesse le movenze di chi le stava intorno, volendo vedere in esse un riflesso dei caratteri e delle personalità. Pertanto non le sfuggirono i gesti grossolani e sgraziati di Aiden, che lo facevano appropriare dello spazio come se non sapesse bene da che parte approcciarsi, o fino a dove si spingesse il suo posto legittimo. Non sapeva quanto fosse dovuto al suo stato alterato e quanto, invece, lo denotasse costantemente; fatto sta che quel modo di fare impacciato, sommato alla timidezza dei sorrisi e dei gesti di gentilezza, glielo fece prendere in simpatia.
«Corvonero», disse, prendendo a sua volta un sorbetto. In confronto al rosso, Jolene si muoveva come una macchina ben oliata accanto ad una dagli ingranaggi arrugginiti. «Ma il Cappello Parlante era indeciso. Credo anche di essere cambiata, in questi anni. Non so, forse se venissi smistata adesso andrei a Tassorosso. Credi che sia possibile una cosa del genere? Ad esempio, ti vedresti mai a...uhm.» Cercò di indovinare i colori in cui non lo avrebbe mai immaginato. «Serpeverde?»
Era buffo che proprio lei, figura statica per eccellenza, riflettesse su cambiamenti tanto profondi. Non che si illudesse di trovare, da un giorno all'altro, qualità che non le erano mai appartenute. Ma quanto era possibile oscillare tra aspetti diversi della propria personalità? Vi rifletteva, senza trovare risposta, mentre fluttuava dolcemente a pochi centimetri dalla panchina. Amava le Api Frizzole soprattutto per quella piccola magia, forse dovuta ai pungiglioni di Billywig essiccati o forse no, che per qualche istante faceva librare il suo corpo come in cerca dei pensieri costantemente per aria. Poi dell'Ape non rimase che il fresco retrogusto, e lei planò di nuovo a contatto con il sedile in legno.
Quando Aiden tirò in ballo le torte, Jolene sorrise e annuì, perfettamente d'accordo che dolci al cocco e alla cannella fossero qualcosa di cui valesse la pena fare scorta. Le svolte della conversazioni non furono altrettanto leggere o piacevoli, ma i due passarono da un argomento all'altro con naturalezza invidiabile. Era una delle ragioni per cui le piaceva conversare con chi aveva alzato un po' il gomito: prendevano la discussione molto più sul serio. Avrebbe giurato, ad esempio, che il cittadino britannico medio non avrebbe mai risposto in quel modo così personale, non ad una perfetta sconosciuta.
La ragazza ponderò con attenzione le nuove rivelazioni. Non poté impedirsi di creare un parallelismo con se stessa: i loro problemi erano opposti ed uguali ad un tempo. Entrambi litigavano con la percezione che il mondo aveva di loro e, inevitabilmente, con le loro stesse idee di sé. Aiden non si vedeva attribuito il giusto valore, Jolene se ne vedeva attribuito troppo. In entrambi i casi, avrebbero dovuto trovare il giusto equilibrio, la giusta tonalità di grigio. Come?
«Come mai queste persone si sono fatte questa idea di te?» Chiese prendendo un'altra Ape e lasciando che si sciogliesse lentamente, e nel frattempo meditava. «Le incomprensioni devono pur nascere da qualcosa. Forse hai dato un'impressione sbagliata, oppure quello che per te non è importante lo è per gli altri.»

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view post Posted on 18/4/2019, 15:06
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Aiden Weiss
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La risposta di Jolene lasciò Aiden piacevolmente sorpreso. Era davvero sorprendente di come - a volte - le aspettative non corrispondessero affatto alla realtà e che la prima impressione non sempre era quella che contava.
«Se il Cappello Parlante dovesse provare a sfiorarmi la testa nuovamente...» incominciò a dire con un sorriso divertito a fior di labbra. «Probabilmente finirebbe in prognosi riservata!» Non era una vera e propria risposta, ma confidò che Jolene capisse cosa intendesse dire. Come lei stessa aveva asserito, anche lui era cambiato e il verdetto del Capello si sarebbe potuto rivelare diverso rispetto alla decisione presa in passato. Un tempo era stato un fiero Grifondoro, smistato senza alcuna esitazione per i valori che lo aveva sempre contraddistinto; ora, però, nuove aspetti erano affiorati, mutati o migliorati e - Aiden ne era certo - avrebbero potuto portare ad un risultato diverso. «Forse… ma penso che non lo sapremo mai. Nel corso degli ultimi anni ho capito che una Casa vale l’altra, indipendentemente dai valori che esse rappresentano, perché c’è un po’ di ogni Casa in ognuno di noi. Lo era quando eravamo degli studenti e lo è ora che siamo adulti, anche se siamo cambiati.»
Osservò Jolene sollevarsi di pochi centimetri dalla panchina a seguito dell’Ape Frizzola, mentre lui nemmeno si accorse di essere nella stessa condizione di lei, troppo preso dagli effetti ancora presenti dell’alcol e dalla conversazione con lei. Avrebbe voluto ridacchiare, ma si contenne in virtù del fatto che non la conosceva e non voleva sembrare sgarbato.
Si rabbuiò quando la ragazza gli chiese il motivo per il quale le persone la pensavano in quel modo di lui. «Quando cerco di trovare una risposta a questa domanda, spesso finisco con l’attribuirmi la colpa. E’ più facile avercela con se stessi che con gli altri.» Sospirò profondamente. «Le ipotesi che hai formulato forse non sono poi così sbagliate, probabilmente hanno contribuito ad influenzare le impressioni degli altri. Ma credo che sia più una questione di pregiudizio.» Prese un’altra Ape e la porta alla bocca con più grazia questa volta, masticando lentamente con aria sempre più grave e afflitta. «Io vorrei solo essere accettato per quello che sono...» mormorò, infine. «Senza passare per qualcosa che non sono, senza farmi dubitare persino di me stesso.» Sospirò nuovamente in modo pesante, mentre una lacrima solitaria sembrò solcare la guancia non esposta allo sguardo di Jolene. «Sono stanco...»


 
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view post Posted on 26/4/2019, 19:26
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Jolene White
Il pensiero di Aiden era ragionevole e sorprendentemente lucido per la sua condizione, segno che doveva averlo sviluppato in un'altra occasione, e che ne era convinto. Jolene non poteva che essere d'accordo con lui: le quattro Case, come qualsiasi tentativo di incasellare la complessità degli individui, erano da prendere con le pinze. Si trattava di un buon sistema per favorire una prima autocomprensione e per spingere i ragazzi a sviluppare le qualità che rendono unici i colori delle loro divise, ma sarebbe stato un errore farsi limitare da esse. Ultimamente si stava convincendo che più si andava a fondo nel cercare la propria identità, più i confini venivano abbattuti e cresceva la difficoltà di orientarsi. Il rosso lo sapeva, e Jolene aveva sorriso alla precedente battuta sul Cappello Parlante, trovando confortante il fatto che non fosse l'unica persa nella ricerca.
Inconsapevolmente, si stava aggrappando a qualsiasi indizio di somiglianza tra lei e Aiden per fare di lui un compagno di viaggio. Per questo, quando lo vide piangersi addosso come la vittima della crudeltà altrui, Jolene si sentì presa in causa più di quanto avrebbe dovuto. Quello non era l'atteggiamento che avrebbe voluto avere, eppure la rispecchiava perfettamente: indifesa, abbattuta, a contemplare la sua sorte avversa come se non avesse una volontà con cui affrontarla. Non era così che voleva vedersi; non era così che voleva vedere nessuno.
Si sorprese a parlare con amarezza:
«Non è così che risolverai la situazione. Nessuno ti capirà solo perché lo vuoi. Devi mostrarglielo.» Questa volta non si limitò a cercare Aiden con lo sguardo, ma voltò l'intera figura, ancora seduta, verso di lui. Voleva sondarne gli occhi, incurante di ciò che lui avrebbe potuto leggere nei suoi – una luce che era più di semplice empatia, una rabbia che non era diretta verso di lui. Non sapeva da dove provenissero le parole che pronunciò successivamente, ma non poté trattenerle. «Io non ti conosco, ma ti posso dire che impressione potresti farmi in questo momento.» La pausa di un respiro, prima che le proprie emozioni prendessero forma. «Potresti sembrarmi una persona che non ha voglia di lottare, che per giustificarsi non accetta le responsabilità che ha nei propri problemi.»
Non era sua intenzione infierire ulteriormente su un uomo che era già in difficoltà: Jolene non lo avrebbe mai fatto, e anzi avrebbe cercato di rincuorarlo con la sua dolcezza. Quella, però, era una situazione particolare, in cui, attraverso l'Altro, si rivolgeva soprattutto a se stessa. Ricordava ancora con sorprendente vividezza ciò che aveva visto nello specchio – la gemella rinnegata, dalla lingua tagliente e velenosa come una serpe. Attraverso le sue labbra era stata ferita e messa a nudo; ora cercava di adottare la stessa schiacciante sincerità, ma quando guardò nuovamente Aiden – quando lo guardò davvero – il suo tono si addolcì percettibilmente.
«Non mi permetto di dire che tu sia così, e probabilmente non lo sei affatto. Però è facile dare e formarsi un'impressione sbagliata. Senza che nessuno sia ingiusto, bastano le situazioni a farci formare certe idee.»
Si appoggiò allo schienale della panchina, abbassando lo sguardo sulle proprie mani. Che cosa stava dicendo? Non sapeva nemmeno dove volesse arrivare, sentiva solo l'urgenza di mettersi in moto.
«Ovviamente, i miei consigli valgono quel che valgono. Non mentirò dicendo di essere fiera di come sono.» Si lasciò sfuggire quella piccola confidenza, assieme a un sorriso sfuggente.

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view post Posted on 7/5/2019, 14:25
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Aiden Weiss
▽ Auror ▽ Ex Grifondoro ▽ 27 anni


Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze.
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L’amarezza trasparita nel timbro di voce di Jolene sembrò aiutare il rosso a ritornare in asse, almeno quel tanto per riflettere quanto più lucidamente possibile, sebbene l’alcol rendesse l’intero processo assai arduo. Corrugò la fronte e cercò di analizzare bene le parole della ragazza, trovandovi una verità tanto giusta quanto scomoda. Aveva perfettamente ragione: lui, che era sempre stato un combattente, si era lasciato andare ed era finito con il piangersi addosso, quando invece avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche per mostrare agli altri chi e cos’era. Era anche vero, tuttavia, che ci aveva sempre provato e pochi si erano rivelati veramente capaci di vedere il vero Aiden Weiss; gli altri, invece, si erano dimostrati sordi e ciechi dinanzi alla vera natura dell’uomo.
«E’ vero, non lo è, ma io sono stanco. Combatto, sì, però sono stufo di sprecare le energie con chi si rifiuta di vedere.» Aveva percepito un movimento nella direzione di Jolene e Aiden si ritrovò la sua intera figura rivolta verso di lui, lo sguardo fisso ed indagatore a cui lui non seppe sfuggire e che nemmeno voleva farlo. Sentiva di dover concedere la verità alla ragazza e l’avrebbe certamente intravista riflessa nel mare dei suoi occhi, come uno specchio verso la propria anima afflitta e sanguinante dalle delusioni. Lui, invece, lesse una rabbia così simile alla propria in quelli di Jolene e si chiese se i ruoli si fossero invertiti, dove era lui quello mansueto come un agnellino e lei quella furibonda quanto un drago.
Le successive parole della ragazza, strapparono un sorriso amaro al giovane uomo. «Probabilmente è anche colpa mia. Non sono mai stato bravo nelle relazioni umane, specialmente con le ragazze. Da sobrio sono molto impacciato, sai? E sono sempre stato un solitario...» Cercò l’ennesima Ape Frizzola e se la mise in bocca con una certa rassegnazione.
A lui pesava molto il suo status di solitario, da quando era ritornato dal proprio esilio aveva sempre cercato di trovare il proprio posto nella società, tra le persone, senza però trovarlo davvero. Ci provava con tutto se stesso, sperimentava cose nuove e tentava nuovi tipi di approcci con le persone, ma in un modo o nell’altro finiva sempre con il rovinare tutto, e questo lo feriva più della solitudine stessa.
«Lo sono anch’io, Jolene, credimi. Però a volte ripenso ad una cosa che mio fratello mi disse non molto tempo fa...» Sospirò e a sua volta appoggiò la schiena contro lo schienale della panchina, alzando la testa e contemplando le nuvole. «Sono troppo buono...» aggiunse, dopo aver finito di masticare. «E ora come ora non so qual è il mio posto. Non so come comportarmi. Non so come riprendermi una persona che ho perso e a cui voglio molto bene. Sono confuso.»


 
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view post Posted on 18/5/2019, 18:19
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Jolene White
Un'immensa stanchezza traspariva dall'intera persona di Aiden: sembrava contenere i suoi gesti, avvolgersi intorno alle sue parole ovattandone il suono. Figlia ultima del dolore che gli si leggeva negli occhi, era ciò che più destava la volontà della ragazza di ribattere. I suoi tentativi non sortirono però altro effetto se non quello di rimarcare, ancora una volta, ciò che tanto la contrariava. Braccia abbandonate, testa pesante; nocche bianche, la piega tesa delle labbra. Uno accanto all'altra, ma talmente immersi in se stessi che, forse, Jolene si immaginava di parlare ancora con lo specchio.
Furono gli occhi dell'uomo a destarla, a ricondurla verso un autentico dialogo. Non si poteva specchiare in quella tonalità marina, , né nella trasparenza che si affacciava su un fondo di pura afflizione. Si rese finalmente conto che la distanza tra le loro persone non poteva essere annullata da qualche emozione condivisa, e poté davvero interessarsi all'Altro.
«Non sono mai stato bravo nelle relazioni umane, specialmente con le ragazze. Da sobrio sono molto impacciato, sai?»
Si ritrovò a sorridere impercettibilmente di fronte a quella schietta ammissione, che non la lasciò particolarmente stupita Aveva già notato una timidezza e un'incertezza nei gesti del rosso che trovavano in quelle parole una conferma. Dunque era probabile che fossero problemi di cuore quelli che lo affliggevano: l'ennesimo amante sofferente, figura talmente sfruttata nel corso dei secoli da rappresentare ormai un archetipo. Vi era una venefica dolcezza in quel ruolo, un'aura di immortalità che avvolgeva chi si ritrovava ad inscenarlo. Come molte realtà, era conosciuto da Jolene soltanto attraverso le testimonianze di vite altrui. Ciò che aveva sperimentato nei propri panni aveva presentato una natura differente, che nulla aveva di poetico. Aveva sempre vissuto troncamenti netti, senza mai sentire il sapore di uno strascico di incertezza e speranza. Era stato relativamente semplice, in seguito, riprendere le redini di se stessa. Le sue ferite si erano rimarginate al chiuso, al lume di candele protratto fino a notte fonda. Mai, nemmeno una volta, aveva messo in discussione la parola
fine. Al contrario, era la sospensione a pesare sull'animo di Aiden, che riguardasse davvero un amore o un affetto di altro tipo.
Aiden, che era troppo buono. Un nuovo tassello con cui comporre la sua identità, questa volta di tonalità simile a quelli che modellavano Jolene. La ragazza era commossa nell'ascoltare quello che immaginava essere un uomo messo a nudo. Provava la stessa sensazione di quando, tempo addietro, lo aveva sentito cantare per la studentessa ferita: una tenerezza che la convinceva del fatto che si trovasse di fronte a una persona autenticamente buona. Non apprezzava il tono di lamentela che leggeva nelle sue parole, ma non sarebbe più stata aggressiva come poco prima. Allo stesso tempo, però, non aveva nessuna intenzione di piangere insieme a lui sulla sofferenza.
Improvvisamente Jolene si alzò in piedi e, con pochi passi leggeri, si pose di fronte a lui.
«Che ne dici, te la senti di camminare un po'? Stare fermi qui mi mette tristezza.» A volte passeggiare poteva favorire lo scorrere dei pensieri, e lei ne sentiva la necessità. «Puoi raccontarmi quello che è successo tra te e questa persona, se ti va. A volte mi è capitato che mi bastasse parlare di qualcosa per vederlo da una prospettiva diversa. Mette in ordine i pensieri, li rende concreti.» Sorrise, tendendogli la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. «Io starò zitta e ti ascolterò.»

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view post Posted on 31/5/2019, 15:56
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Aiden Weiss
▽ Auror ▽ Ex Grifondoro ▽ 27 anni


Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze.
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Più studiava i lineamenti del volto di Jolene, più Aiden si convinse di aver trovato una compagnia davvero piacevole. Per quanto il tasso alcolico ancora in circolo nel proprio corpo non lo aiutasse affatto nell’esprimere un giudizio preciso e adeguato, il rosso era comunque convinto della bontà della ragazza e che - in un certo senso - lo stesse aiutando a star meglio, semplicemente ascoltandolo. Nessuno aveva mai prestato molta attenzione a come si sentiva lui, aveva sempre cercato di dare più agli altri che a se stesso; ma ora che la situazione era ribaltata, ora che era lui quello che veniva ascoltato, percepiva di meno la stretta della sofferenza. Forse, pensò, poteva bastargli semplicemente quello per tornare a camminare a testa alta.
«Camminare?» mormorò dopo essersi leccato via i residui di zucchero dalle dita. «Certo che sì! Un vero Irlandese è mai ubriaco finché può tenere in mano un filo d’erba e non cade con la faccia a terra!» Lentamente, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio, si alzò in piedi. Si strofinò lo strato di peluria rossiccia sopra al labbro superiore e si assicurò che fossero puliti e non appiccicosi. «Scegli tu il percorso...» le disse una volta che fu pronto e la affiancò, reggendo quanto restava delle Api Frizzole.
Arrossì vistosamente quando udì la proposta di Jolene nel raccontargli cosa fosse successo tra lui e la Rigos. Non che la causa vera e propria fosse per il solo pensiero di Nieve, della crepatura che si era creata tra loro, semmai per il fatto che i propri pensieri andarono a Thalia; era lei, dopotutto, la ragione che aveva indotto la Grifondoro a prenderne le difese.
«I-io… Sono stato un’idiota con una persona, l’ho baciata senza permesso dopo averci discusso e… e questo ha incrinato il mio rapporto con questa persona e con un’amica comune. Ho chiesto scusa, ovviamente. Mi sono reso conto di essermi comportato davvero ingiustamente e sto ancora cercando di fare ammenda...» Aiden prese a raccontare in modo un po’ vago, esponendo solo i dettagli principali, poiché non aveva la minima idea su quanto poteva fidarsi di Jolene e lui era sempre stato un uomo riservato e schivo; oltre a ciò, il rosso si vergognava ancora da morire per quanto aveva compiuto ai danni della Moran e più ci ripensava, più i sensi di colpi tornavano a tormentarlo. Per di più le persone in questione erano due studentesse e lui non voleva di certo passare per un maniaco o chissà cos’altro. «Il problema è che questa nostra amica comune ora non vuole più vedermi. Io non potevo spiegarle tutto in quel momento, dovevo rincorrere la persona che avevo ferito per chiederle scusa. Capisci? Ho perso il suo affetto e non ho fatto nulla per evitarlo, perché… perché ho dato la precedenza all’altra persona…» Sospirò pesantemente, seguendola lentamente. «Oh, lasciamo perdere! So di meritarmelo!»
Non voleva la pietà di Jolene e temeva le conseguenze se si fosse aperto troppo con una persona che conosceva da appena pochi minuti.
Era indeciso...


 
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view post Posted on 7/6/2019, 18:26
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Jolene White
Una breve risata seguì la battuta di Aiden, che scoprì essere Irlandese. Probabilmente avrebbe dovuto immaginarlo, visti i suoi colori somatici; d'altro canto, però, i suoi stessi capelli rossi erano di origine Scozzese, per cui non dava mai per scontata quel tipo di provenienza. L'uomo si mostrava fiero della sua identità, scherzandovi sopra con uno spirito d'animo che alla ragazza fece sinceramente piacere.
Riuscì a rimettersi in piedi senza il suo aiuto, così Jolene lasciò cadere lungo il fianco la mano che gli aveva teso. Lasciata a lei la scelta del percorso, si direzionò senza nessuna meta precisa verso il cuore del villaggio. High Street era piuttosto sgombra, quel giorno, vedendo solo di tanto in tanto il passaggio di un Mago o di qualche Creatura diretti chissà dove. V'era la giusta tranquillità per poter parlare senza dover alzare la voce: aspetto che avrebbe forse incoraggiato Aiden ad aprirsi a quella richiesta che sul momento parve prenderlo tanto alla sprovvista. Jolene si rendeva conto di chiedergli delle confidenze strettamente personali, ma non sentiva di aver osato una mossa ardita. Era stato l'uomo stesso a svelarle il suo stato d'animo, mentre lei si era limitata a seguire il sentiero da lui tracciato. Non avrebbe guadagnato niente da quelle informazioni: ciò che la spingeva a cercarle era la pura intenzione di essere d'aiuto.
Si lasciarono la panchina alle spalle: su di essa, il calice violetto rimase dimenticato, ad attendere di essere forse ripreso sulla strada del ritorno. A Jolene sparì del tutto dalla mente, e si voltò prima di poterlo notare. Così prese a passeggiare a passo lento, così da non mettere in difficoltà l'equilibrio dell'altro.
Inizialmente, l'esitazione nei modi di Aiden le fece pensare che non avrebbe saputo altro di lui. L'uomo invece decise di fidarsi di quella sconosciuta e, per quanto rimanesse sul vago, le raccontò la causa di tante sofferenze. La promessa venne mantenuta, e Jolene non spiccicò parola. Furono i suoi pensieri a macinare a grande velocità, mentre era intenta ad ascoltare con attenzione.
«Pensavo che fossi solo incompreso», fu il suo primo commento, volto ad evidenziare la contraddizione tra ciò che Aiden aveva detto fino a quel momento e la sua affermazione finale. Lo guardò con curiosità, voltando leggermente il capo nella sua direzione, tentando di scorgere i suoi veri pensieri sul ruolo che aveva svolto. Non c'era malizia nelle sue parole, solo desiderio di comprendere. «Sembra una brutta situazione», affermò poi. Pensò ai baci di troppo che lei stessa aveva dato: quanti malintesi e quali spiacevoli situazioni potevano nascere da un gesto così semplice! Nel suo caso, non era stata una reazione avversa dell'altra parte ad aver causato il problema: tutt'altro. Le delusioni erano subentrate soltanto in seguito, facendo crescere in lei una certa diffidenza verso i cosiddetti “colpi di fulmine”.
«Perché hai baciato quella persona?», chiese dopo qualche secondo di silenzio. Guardò Aiden, incapace di credere che potesse essere lo stesso tipo di ragazzo che lei aveva avuto la sfortuna di incontrare. «Voglio dire, provi qualcosa per lei? O è stato un gesto poco sincero?»

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view post Posted on 4/7/2019, 15:53
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Aiden Weiss
▽ Auror ▽ Ex Grifondoro ▽ 27 anni


Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso.
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Una piccola smorfia increspò le labbra del rosso. C’era amarezza sul suo volto mentre procedevano lentamente lungo le vie del villaggio poco trafficato, ma fu grato con Jolene per avergli concesso il proprio spazio e tempo per decidere se e come dosare le parole, senza nemmeno interromperlo. Ma l’osservazione di lei sembrò incrinare ancora di più la smorfia che non era sparita dal proprio volto. «Ogni cosa è intrecciata con l’altra. In fin dei conti, quando mai un bacio ha ucciso qualcuno? Certo, nella mia cieca arroganza so di aver osato troppo rubandolo con la forza, ma non vuol dire che abbia alzato le mani su questa persona. Non mi permetterei mai, né di usare la violenza né di abusare del corpo di una donna. Era solo un bacio e sono finito comunque per passare come un poco di buono!» E si riguardò bene dal non usare la parola ragazza. Non che vi fosse nulla di male, anche una donna adulta poteva essere chiamata semplicemente con quel termine fintanto che fosse stata di aspetto giovanile, ma non voleva che Jolene sapesse che si trattava di una studentessa sempre più vicina alla maturità. Non voleva che si facesse una bassa opinione di lui, che lo ritenesse come una sorta di pedofilo, perché non lo era. Anche se l’opinione altrui non gliene importava più di tanto, sentiva di dover preservare la privacy anche nei confronti di Thalia. Parlare dunque in modo generico e calibrato era l’unica cosa che poteva fare.
Passò qualche attimo di silenzio tra loro e Aiden ne fu sensibilmente grato, perché la gola aveva preso a seccarsi, facendosi ruvida a tal punto da infastidirlo. Deglutì e si schiarì la voce, fissando la strada davanti a sé per poi cacciarsi in bocca la penultima Ape Frizzola e allungando il pacchetto verso Jolene, concedendole gentilmente l’ultima rimasta. Ma quando la ragazza fece quella domanda, Aiden per poco non si strozzò con il dolcetto e il fatto che il proprio colorito fosse passato da un certo rossore per via dell’alcol al rosso borgogna, fece quasi pensare che fosse davvero sul punto di morire soffocato. Invece, contro ogni aspettativa di una morte prematura da Ape Frizzola, il fulvo si fece improvvisamente timido e avvampò alla stregua di un adolescente alle prese con la sua prima cotta. Sentiva le orecchie scottare e gli occhi farsi leggermente lucidi per via dell’immenso calore che si sentiva su tutto il viso, abbassandolo appena per non farsi vedere da Jolene, mordicchiandosi un labbro con un certo disagio. «I-i-io… E-ecco...» balbettò, iniziando a torturarsi le mani e dopo aver cercato di masticare il dolcetto in fretta e furia. «All’inizio ero convinto di averlo fatto come rivincita, perché lei mi aveva schiacciato in maniera clamorosa e la cosa non mi era piaciuta. Ho agito d’istinto e le dissi che avevo la sua anima in ostaggio… Sono stato un vero idiota, perché solo in seguito ho compreso di averle dato la mia, di anima intendo.» Sospirò lentamente, sentendosi il cuore a pezzi per i propri errori, per i sentimenti che aveva iniziato a nutrire per Thalia e per la lotta interiore che ogni giorno viveva tra ciò che provava e quanto aveva promesso a se stesso. «Ho capito di provare qualcosa per lei e che sono, in un certo senso, suo. Ma non posso dichiararmi e nemmeno lottare per lei: ha un altro e… ho rinunciato a qualsiasi legame romantico con qualcuno. Quel bacio è stato la mia rovina, perché non riesco a reprimere ciò che provo e perché non voglio nessun’altra. Sono suo, ma lei non sarà mai mia...»


 
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