Crepuscolo, Per Aiden.

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view post Posted on 27/3/2019, 14:26
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entropia.

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16 Anni ↝ Prefetto Grifondoro ↝ III anno

Nieve Rigos

I WAS IN THE DARKNESS, SO
D A R K N E S S I B E C A M E


L
a lingua di Nieve strofinò sul palato una volta, due volte, infine anche una terza. Aveva impresso sulle papille il sapore del ricostituente che Grimilde si era incaponita di somministrarle. Gliel’aveva presentato come un beverone dalle proprietà mirabolanti contro gli effetti dello stress, sicché non perdeva occasione per dargliene un goccetto durante i loro incontri a Hogsmeade. “Così ti rimetti in sesto! Guarda che faccino hai!” continuava a ripeterle e Nieve annuiva, sospirava e beveva. Che altro avrebbe potuto fare, del resto?
Camminando sotto l’arancione acceso del cielo all’imbrunire, stretta nella sua mise primaverile e coi capelli legati in alto sul capo, la Grifondoro mantenne il passo spedito quanto bastava a completare quell’ultimo giro del villaggio. Dopo un’intera mattinata di lezioni e uno sfiancante turno da Safarà, la proiezione di sé stessa nel futuro, china sui libri in Sala Comune, le pareva il peggiore degli epiloghi. Da quando Wolfgang aveva abbandonato il posto come garzone, la mole d'impegni rimasta a gravare sulle sue spalle si era improvvisamente ingigantita e il datore di lavoro si era ben guardato dal farle uno sconto. Gli affari venivano prima di qualsiasi cosa ed era avviso dell’uomo che la sparizione del Serpeverde dalla scena non potesse che giovane anche a Nieve: avrebbe, sì, faticato il doppio, ma non avrebbe dovuto spartire i propri guadagni con nessuno. Per quel che lo riguardava, era un win-win che non lasciava spazio a lamentele.

«Certo! Se ne sta seduto tutto il giorno a inventariare, lui. S’è inventariato pure l’anima, il maledetto,» borbottò, seccata, stanca e di malumore. Il fatto di aver giocato al rimpallo con un cliente particolarmente noioso — che l’aveva costretta a sbattersi da Hogsmeade a Londra almeno tre volte e, poi, da parte a parte della metropoli — aveva, se possibile, perfino aggravato l’aria di tempesta che si sprigionava dal suo corpo spigoloso. Era più arrabbiata del solito, con tutti. «E quell’altra, poi! Ci manca solo che mi ficchi in gola il preparato a forza come si fa coi polli ripieni. Mi sta aromatizzando!»

Grugnì e si fermò sul finire di un sospiro, decisa ad ascoltare l’invito carezzevole del vento che le intimava di darsi tregua — una ciocca sfuggita all’elastico cedette alle spirali tracciate dall'aria con un’arrendevolezza che finì per ispirarla. Un istante più tardi, Nieve aveva poggiato entrambi gli avambracci su uno steccato ai margini di Hogsmeade e proteso il viso ai baci caldi del sole morente.
Le scappò un risolino divertito, quando le dita sfiorarono il tessuto della giacca che Grimilde le aveva portato come regalo e che non aveva perso tempo ad indossare, trovando che il giallo vivace del giubbino nuovo si abbinasse perfettamente al bianco del proprio maglione. Il gesto le aveva fatto piacere in un momento in cui davvero pochi elementi riuscivano a rischiarare l'etra tempestosa delle sue emozioni; le aveva talmente scaldato il cuore da rendere irrilevante il fatto che si trovassero da Madama Piediburro e che tanto bastasse a rovinare la sua reputazione di garzona di Safarà. Era un buon compromesso, d'altra parte, considerato che Grimilde non fosse più tornata sull'argomento con l'intenzione di farla licenziare e che i Tre Manici di Scopa fossero decisamente troppo per Nieve: uno sforzo ardito d'immaginazione in un momento in cui aveva abbassato le difese e l'impressione di intravedere Astaroth dietro al bancone la spingeva a torturarsi le mani fino al ferimento.
Aveva ancora le labbra incurvate all'insù e la mente dedita a rivivere il recente ricordo. Nel sistemarsi la giacchetta addosso, dinanzi allo sguardo soddisfatto di Grimilde, le era stato impossibile non cogliere l’occasione di sottolineare quanto bene s’intonasse al septum. La madre adottiva le aveva lanciato un’occhiata penetrante — un modo come un altro per riportare in vita la cara comunicazione non verbale: “non tirare troppo la corda, fringuella” era il messaggio — e Nieve aveva finto di non intendere. A pensarci bene, si disse, non era stato un pomeriggio tutto da buttare.
Raddrizzata la schiena, chiuse gli occhi e si spinse sulle punte dei piedi col proposito di favorire un allungamento muscolare. Hogsmeade, in primavera, era infinitamente caratteristica e le ricordava Borgarbyggð. A confronto con Hogwarts, che torreggiava alle spalle del paesetto dall’alto della sua austera maestà, sembrava un luogo d’incanto dove potersi sottrarre ai doveri del castello. Nieve si guardò intorno, risoluta a oltrepassare la staccionata, stendersi sul terreno tiepido e godersi gli ultimi bagliori del giorno. Invece, i suoi occhi si spalancarono prima e assottigliarono dopo.

«Tu.»

Rigida come uno stoccafisso, percepì la poca pace che aveva appena conquistato a fatica venire brutalmente soppiantata da un sentimento indocile, veemente.
Aiden Weiss: la sua preda.

The stars, the moon, they have all been blown out. You left me in the dark.
No dawn, no day, I'm always in this t w i l i g h t.


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Edited by Trhesy - 30/11/2019, 21:40
 
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Aiden Weiss
◇ Auror ◇ 27 anni ◇ Ex Grifondoro


[...] Si era scagliata su di lui per proteggere Thalia e tenerlo alla larga dall'amica. Una mossa degna di rispetto, ma che aveva lasciato l'amaro in bocca a Weiss, facendolo sentire marcio dentro oltre che tradito. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da lei, decidendo di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altro, piuttosto che farsi da parte e lasciare che i due rossi risolvessero da soli i loro attriti.
Il Sapore della Cenere


Nelle ultime settimane aveva avvertito un impellente necessità nel svolgere delle ore di straordinario, che fossero ronde o la compilazione di scartoffie in ufficio, piuttosto che tornarsene a casa e distogliere la mente dai brutti pensieri - che nell’ultimo periodo lo tormentavano - con abusi eccessivi di alcol e fumo; fumare peggio di un Turco e bere come una spugna, infatti, non lo avrebbero affatto aiutato a risolvere i propri problemi. Vomitare l’anima tra le vie di Hosgmeade aveva quindi aiutato Aiden a darsi una sana calmata e a riprendere in mano le redini della propria vita, gettando anima e corpo solo e soltanto nel proprio lavoro.
Sua madre non si era più detta preoccupata una volta constatata l’assenza del puzzo di alcol e di fumo sulla figura del figlio, trovandolo finalmente più curato di se stesso e - soprattutto - più equilibrato. Le loro sessioni di allenamento all’Occlumanzia infatti erano stabili: non erano più presenti dei cali a causa dello scarso controllo emotivo del giovane o per una mancata concentrazione, però non riusciva nemmeno a migliorare. Annabelle Weiss dovette accontentarsi di quella stabilità appena ritrovata, per quanto cercasse in tutti i modi di spronare Aiden a dare di più.

«Almeno ti sei tagliato i capelli.» La donna lanciò a suo figlio un mezzo sorriso, soddisfatto, mentre la mano si protese verso la testa rossiccia e sistemargli una ciocca ribelle e fuori posto. Annabelle aveva una sorta di mania per la cura personale e non sopportava la vista dei suoi figli con aspetti trasandati o capelli troppo lunghi: riteneva che con una capigliatura troppo folta a coprirne gli occhi, presto o tardi uno di loro sarebbe finito con lo sbattere il naso da qualche parte; non a caso aveva sempre cercato di persuadere Aiden a tagliarsi i capelli quando era nel periodo dei capelli lunghi e decisamente leonini.
Uscirono dai Tre Manici di Scopa dopo essersi presi una Burrobirra insieme a fine ronda. Erano rari i casi in cui finivano in coppia per le ronde, ma quando capitava a fine turno andavano sempre a bere qualcosa insieme, con lei che non faceva altro che dispensare saggi e materni consigli.
Aiden rise alla battuta di sua madre: fino a qualche minuto prima avevano parlato della sua clamorosa fuga dalla festa di compleanno di Maeve O’Kelly e di come suo nonno stesse facendo il possibile per stanarlo e strigliarlo come mai accaduto prima d’ora[*]. «Ho anche dato una sistemata alla barba, sai?» esclamò lui, toccandosi i lati della barba, dopo averle permesso di agganciarsi al suo braccio.
La signora Weiss non disse nulla ma si limitò ad annuire soddisfatta e assestandoli pacche affettuose sul suo braccio muscoloso, mentre presero a camminare lungo la via principale, per poi imboccare il sentiero che gli avrebbero condotti verso il limitare del villaggio, diretti in quella parte di campagna che divideva il centro abitato con il bosco in cui risiedeva la casa di Aiden. Non volevano Smaterializzarsi, ma godersi una passeggiata tra madre e figlio al chiarore degli ultimi raggi solari presenti durante il crepuscolo, prima di separarsi.
E proprio mentre passavano accanto ad una lunga staccionata, sua madre iniziò a dire: «Sei… sei sicuro di non volerti...» La frase però venne brutalmente spezzata da una voce femminile, giovane e assai famigliare per Aiden; c’era qualcosa in quella singola parola sputata in tono accusatorio che mise in allerta madre e figlio, facendoli scattare come delle molle.
Esattamente vicino allo steccato, a qualche metro da loro, Aiden vide lo sguardo di fuoco di Nieve Rigos e lo sostenne con strabiliante pacatezza. Non ebbe alcun dubbio, quindi, che quel “tu” era stato destinato a lui e quanto fosse sinonimo di un confronto che gli avrebbe visti al vertice di quanto era accaduto al Ballo della Fenice mesi addietro.
Nel vederla non provò nessun tipo di timore, nemmeno quando ricordò con perfetta precisione le parole che la giovane Islandese gli aveva vomitato addosso con rabbia quella sera. L’unico sentimento che colmò il suo cuore in quel preciso momento fu rimorso, tanto rimorso, per averla sacrificata per Thalia, per averle permesso di tagliare i ponti con lui senza concederli l’opportunità di dare la propria versione dei fatti; e, forse proprio in virtù di ciò, un po’ arrabbiato e risentito lo era.
«Vai pure, mamma. Non preoccuparti.» mormorò lui dopo aver distolto lo sguardo da Nieve e lanciando un rapido e significativo sguardo a sua madre. «Ci vediamo al Quartier Generale domani mattina.» La salutò con un frettoloso bacio sulla fronte, poiché era decisamente più alto di lei, mentre la donna non sembrò voler staccare gli occhi da Nieve ma che sembrò tuttavia annuire senza dire una parola. Lui la fissò scomparire tramite Smaterializzazione, mentre il suono tipico sembrò riempire lo spazio che lo separava da Nieve.
Era da molto che desiderava vederla, parlarle se possibile, e trovare un punto d’incontro; ma aveva ritenuto più saggio concederle i suoi spazi e i suoi tempi, lasciandola stare in un qualsiasi modo pur non di indispettirla ancora di più. Sapeva perfettamente infatti che la Rigos era alimentata da un fuoco che soltanto lei stessa poteva estinguere e che, proprio per tale motivo, aveva cercato di darle tempo per sbollirsi e approcciarsi a lei una volta che i tempi fossero stati maturi. Ma Nieve ora era davanti a lui, a fissarlo con sguardo assottigliato e per niente pacifico, algida proprio come l’ultima che si erano lasciati.
«Buonasera Nieve.» salutò con calma e in modo cortese. Non aggiunse altro, nemmeno un banale “Come stai?” o “Ti trovo bene.”, perché se la prima era una domanda scontata e superflua, l’altra era decisamente la bugia più grossa e mal assortita che potesse dire in un momento del genere.
Rimase fermo dov'era, esattamente a diversi metri da lei, con il vuoto a fare da divisorio: con tutta quella tensione palpabile tra loro era decisamente più saggio delimitare un confine, in cui Nieve si sarebbe potuta prendere tutto lo spazio di cui necessitava.



[*]: Dal contest di Marzo 2019.
:ue:


Edited by Aiden Weiss - 28/3/2019, 23:21
 
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E
ra solo una sua impressione o il tocco del sole s'era d'un tratto fatto rovente? Percepiva il profilo destro del viso, esposto ai raggi, pizzicare appena — un formicolio piacevole, quasi che la pelle stesse giocando una partita a scacchi in cui il pesca tenue dell'Arrossamento stava avendo la meglio sugli avversari dello schieramento Candore.
Gli occhi di Nieve mantennero la presa sul volto di Aiden. Aveva un'espressione granitica sui lineamenti pronunciati e un messaggio brutale nascosto sul fondo delle iridi venate di arancione. Si trattava di un messaggio nato da un ragionamento complesso, in costante divenire. Per far fronte alla rivelazione dell'ultimo ballo, la Rigos aveva dovuto fare i conti con la certezza di aver commesso un errore e col brivido di un pericolo scampato. All'Auror Weiss piaceva sfogare i propri istinti e le proprie frustrazioni sulle ragazzine, giocando a un gioco in cui l'esperienza e l'autorità gli rendevano semplice vittoria e impunità. Dopo quanto emerso dal confronto con Thalia, la prospettiva che potesse aver nuociuto anche a Niahndra le aveva fatto attorcigliare in modo così virulento lo stomaco che, per settimane, si era chiesta se non fosse il caso di superare lo screzio che le aveva avute per protagoniste e pretendere qualche dettaglio; accertarsi che stesse bene. Era stato il proprio riflesso nello specchio, stavolta immobile, a dissuaderla con lo stesso atteggiamento recriminatorio del gemello cattivo, incrociato in Sala Grande.

“Cos’è? Hai intenzione di creare uno stupido esercito per ogni persona che pensi ti abbia fatto un torto?”

Squadrò Aiden coi modi sprezzanti che aveva rispolverato in tempi recenti e che le veniva così semplice sfoggiare tutte le volte in cui si sentiva sotto assedio. La disgustava, adesso, la consapevolezza di aver concesso alla bestia — perché di uomo proprio non poteva parlarsi — l’occasione di avvicinarsi a lei e preparare il terreno per l’ennesimo inganno, l’ennesima delusione. E la infuocava d’odio il pensiero dei cambiamenti innescati in Thalia da quel maledetto bacio, non tanto nel corpo quanto nella mente. Tornò a ronzarle nell’orecchio la frase che la Moran le aveva rivolto sui gradini del piano terra come in preda a un delirio febbrile — “L'unico modo che aveva per fermarmi è stato quello”. Aiden era riuscito a instillare nell’amica, chissà come e chissà perché, una forma di astrusa tolleranza verso quel genere di violenza che si declina attraverso la costrizione e l'umiliazione della vittima. Forse, col tempo, Nieve avrebbe potuto trovare spazio nel proprio cuore per perdonargli di aver causato le lacrime di Thalia; perfino farsi da parte rispetto a un’interazione che la riguardava solo marginalmente. Non avrebbe mai potuto perdonargli, tuttavia, di aver inciso così in profondità le capacità di giudizio di una delle persone più brillanti che conoscesse, offuscandole con la messa in dubbio e un discutibilissimo (ancorché riuscito) ribaltamento di ruoli.
Nieve portò entrambe le mani alla cintola e agganciò i pollici ai passanti del pantaloncino, del tutto immune alla scena che si stava consumando dinanzi ai suoi occhi. Aiden poteva recitare la parte del ragazzo amorevole quanto gli pareva, distribuendo baci sulla fronte a destra e a manca, ma ormai entrambi sapevano chi fosse veramente. Gli rivolse un sorriso strafottente, bruciante in ogni venatura di sarcasmo, mentre si guardava intorno e ispezionava studiatamente la radura in cui si trovavano.

«Toh! Manco a farlo apposta! Una zona un po’ isolata e una ragazzina sola soletta di cui approfittare. È lo scenario perfetto per te, giusto? O mi sfugge qualche particolare che non ho ancora avuto modo di scoprire?» Era una versione di Nieve molto diversa dalle esternazioni di intemperanza che avevano avuto occasione di succedersi negli anni. C'erano gli estremi per una sovrapposizione non del tutto fallimentare tra lei e il riflesso che tanto timore, sconvolgimento e incertezza aveva saputo suscitarle. Inclinò il capo. «Cosa farai adesso, mh? Proverai a stordirmi? Oppure speri di entrarmi prima nella mente e solo dopo nelle mutande?» La freddezza che emanava da lei rese onore ai territori in cui era cresciuta. Poi, d’improvviso, un mutamento brutale. Nieve cominciò a guardarlo con l’attitudine selvatica di una bestia ferita che, proprio per non aver nulla da perdere, fosse pronta a battersi senza esclusione di colpi. «Se pensi di poterla fare franca anche con me, stai sbagliando di grosso. Non sono Thalia e non provo nessuna pietà per te. Sei stomachevole,» ringhiò.

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Edited by ~ Nieve Rigos - 1/4/2019, 15:21
 
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[...] Si era scagliata su di lui per proteggere Thalia e tenerlo alla larga dall'amica. Una mossa degna di rispetto, ma che aveva lasciato l'amaro in bocca a Weiss, facendolo sentire marcio dentro oltre che tradito. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da lei, decidendo di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altro, piuttosto che farsi da parte e lasciare che i due rossi risolvessero da soli i loro attriti.
Il Sapore della Cenere


Il fulvo non batté ciglio e non si mosse di un millimetro. Sapeva fin troppo bene che perdere le staffe con Nieve non sarebbe servito a nulla e che avvicinarsi a lei avrebbe soltanto aggravato la situazione, in una serie di reazioni a catena irreversibili.
Sfoggiando un’aria del tutto pacata, nonostante l’immenso disagio che si era venuto a creare da quando ne aveva udito la voce, Weiss infilò le mani nelle tasche dei jeans e concesse alla ragazza di infierire il primo colpo. Sentiva di meritarlo, sapeva anche che Nieve si sarebbe presa quel vantaggio perfino se si fosse opposto con tutte le proprie forze, perciò ingoiò l’amaro che prese ad avvertire in bocca mentre la fissava in remoto silenzio. Nulla però poteva dirsi altrettanto amaro quanto lo sguardo affilato e straripante di veleno che quelle iridi lo stavano trapassando da parte a parte. Aiden vi lesse sdegno, odio e accusa, oltre che ad un velato senso di pregiudizio; era proprio quest’ultimo che - da dietro il sipario - stava smuovendo le emozioni di Nieve nei suoi confronti? E cos’era diventata Nieve Rigos nel frattempo?
Aiden Weiss non era un Legillimens come sua madre, ma lo sguardo della Grifondoro parlava da sé, tanto quanto un tomo lasciato aperto a chiunque si fosse degnato di dargli una sbirciata. In questo - si disse - erano uguali.
L’Auror permise a quella ragazzina insolente di riversagli addosso tutto quel torrente di parole sprezzanti e irrisorie, forse nella remota speranza di istigarlo nel dare un senso di veridicità in tutta quella sporca menzogna. Le labbra si incurvarono in una smorfia amara. «Te ne sfuggono parecchie di cose. La verità, tanto per cominciare.» E con quella frase andò ad accrescere maggiormente la tensione che si era venuta a creare tra loro. Dover rischiare di innescare un litigio proprio con lei non gli piaceva affatto, eppure non aveva altra scelta se non quella di incassare e rispondere a sua volta: soccombere a Nieve solo per farla star meglio, per darle un contentino, per farla sentire come la voce della ragione non sarebbe servito a nulla.
Cercò di fare buon viso a cattivo gioco.
«Se avessi davvero voluto farti del male, te ne avrei già fatto tempo addietro.» replicò, statico. Poi un sopracciglio si alzò con aria severa, mentre la cicatrice sotto l'occhio sinistro sembrò tendersi sotto la furia di quella accusa tanto ingiusta quanto infondata. Era questo che pensava Nieve di lui? Che fosse così abile dal circuire la mente di qualcuno e poi, successivamente, abusarne del corpo? I muscoli del proprio corpo vibrarono, per un piccolissimo istante, prima di riprendere il controllo di se stesso e trovare le forze per replicare. «Pensi davvero che voglia toccarti in quel senso? Pensi davvero che toccherei una persona che reputo come una via di mezzo tra una sorellina minore e il tipo di figlia che vorrei tanto avere?» Una scintilla, minuscola ma comunque pericolosa, sembrò prendere forma nel suo petto: la rabbia, nata dalla delusione e afflizione alla quale Nieve lo stava sottoponendo senza pietà, prese vita ma che Weiss non voleva assolutamente liberare. Per quanto la Rigos si stesse rivelando una delusione con quelle parole, Aiden non voleva assolutamente passare dalla parte del torto per averla ricambiata con la stessa identica momento. Per una moltitudini di fattori, non solo dovuti al fatto che ancora nutriva sincero affetto per quella testolina argentata e dura come la roccia, non voleva affatto cedere ai propri istinti. Aveva sbagliato già diverse volte, sia con lei che con Thalia, ma ora sapeva che doveva ad entrambe più del proprio Fuoco distruttivo.
E per fortuna non sei come Thalia! pensò.
«E tu una vera delusione...» mormorò in tono asciutto. «Sai, sono fiero che tu sia riuscita a trovare in Thalia un’amica per cui vale la pena lottare, ma avvalerti delle nostre divergenze per dipingermi come qualcosa che non sono, è qualcosa di talmente scorretto e doloroso, che da parte tua non me lo sarei aspettato. Ti avevo promesso una spiegazione e lo avrei fatto se solo tu non avessi avuto così tanta fretta di mandarmi al patibolo!»
Gli occhi blu vennero attraversati da puro sconforto e fece di tutto affinché Nieve potesse leggerglielo in faccia. La Grifondoro avrebbe potuto facilmente notare un’altra cosa, nel suo sguardo, dal significato profondo e decisamente chiaro: Conto così poco per te?



 
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A
iden Weiss era deluso da lei. Aiden Weiss, il molestatore di ragazzine, proprio lui.
Nieve avrebbe riso sguaiatamente, gettando il capo all’indietro e tenendosi il ventre con entrambe le mani, se nel presente i deliri dell’altro non le avessero lasciato addosso una fastidiosissima sensazione di sporco — era una viscosità sospetta, che sembrava volersi inerpicare lungo le pareti dell'anima e della mente per imbrattare di titubanza le convinzioni sulle quali si reggeva il suo mondo. Ora, cominciava a capire cosa potesse aver fatto a Thalia, di quale sordido meccanismo solesse servirsi per passare dal torto alla ragione.
Furiosa, pensò che gliel’avrebbe spaccata volentieri, quella faccia da apparente cucciolo bastonato che esibiva in pubblico con tanta padronanza. E sputò a terra, schifata.

«Non sono mai stata così felice di essere orfana come in questo momento,» decretò, caustica. «Se pensi di impietosirmi con questi discorsetti da padre premuroso, risparmia le energie,» ringhiò, mentre le spire del vento ne catturavano i capelli. «Con me non attacca.»

Compì un passo in avanti con una spavalderia scellerata e lo fece per infrangere quel labile, lordo equilibrio che Aiden pensava di aver conquistato, mantenendo intatte le distanze. Nieve viveva la vita in un modo molto diverso dagli altri — non perché fosse speciale, unica e inimitabile, ma perché non aveva altra scelta. Così, le regole assumevano un aspetto sempre nuovo ai suoi occhi e lei si divertiva a piegarle, manipolarle, aggirarle a rigor di diletto. Confrontarsi con una persona come la Rigos richiedeva uno sforzo disumano in termini di pazienza e comprensione. Interfacciarsi con quella versione di Nieve aveva pressoché dell’impossibile.

«Ma cosa cazzo vuoi spiegarmi, tu?» La domanda sfrecciò in direzione dell’Auror, sibilando come uno Schiantesimo. «Pensi davvero di potermi convincere che ci fosse qualcosa di giusto in quello che hai fatto a Thalia?» Il tono di Nieve divenne più acuto e le dita, che ancora indugiavano sulla cintola, si raccolsero in due pugni. «Sei un cazzo di depravato, Aiden! Metti le mani addosso alle ragazzine e pensi di cavartela con l’occhiata del cucciolo ferito, con le manfrine sulla famiglia. Una sorellina minore e la figlia che vorrei avere,» gli fece il verso. «Preferirei morire di fame altre quattro vite che avere lo stesso sangue di un coglione come te,» urlò. «Mi-Fai-Schifo!»

E Aiden non avrebbe potuto nutrire alcun dubbio sulla veridicità delle parole di Nieve. Non c’era sfumatura, nella sua espressione, che non richiamasse le tonalità acri del disgusto; e non c’era spazio per nessuna forma di empatia, men che meno per il perdono. Era l’immagine del viso di Thalia, rigato di lacrime, ad alimentare la sua furia e a filtrare di fiamma le sue emozioni.

«E sai cosa penso di te? Penso che avresti dovuto fare l’attore e non l’Auror, che hai un talento naturale per infinocchiare le persone, perfino quelle di molto più brillanti di te. La tua fierezza puoi metterla dove diavolo ti pare, possibilmente in uno dei tuoi buchi e non in quelli di una minorenne.» Assottigliò lo sguardo, il figurino asciutto infuocato dal bagliore intenso del sole. «Tu non sai con chi hai a che fare, credimi.»

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[...] Si era scagliata su di lui per proteggere Thalia e tenerlo alla larga dall'amica. Una mossa degna di rispetto, ma che aveva lasciato l'amaro in bocca a Weiss, facendolo sentire marcio dentro oltre che tradito. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da lei, decidendo di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altro, piuttosto che farsi da parte e lasciare che i due rossi risolvessero da soli i loro attriti.
Il Sapore della Cenere


Il rosso sospirò pesantemente, facendo vibrare il petto sotto la potenza della disperazione che aveva preso ad affondare le radici in lui. Percepiva distintamente di avere la pazienza ormai al limite e notare il modo in cui Nieve sputò a terra per enfatizzare il proprio disgusto, non fu di grande aiuto per l’uomo; tuttavia lottò con tutto se stesso per conservare la propria dignità e posizione, perché - e lo sapeva - Nieve stava quasi certamente mirando a destabilizzarlo e vincere su tutti i fronti. E lui non voleva cedere terreno, non voleva passare totalmente dalla parte del torto.
Più guardava la Grifondoro, più Weiss iniziò a domandarsi se l’aveva davvero conosciuta, e viceversa. Era come se lui non avesse mai saputo comprendere e scoprire il vero essere che animava l’esile figura di Nieve e lo stesso valeva per lei nei confronti del fulvo; come se tutto il tempo speso in compagnia l’uno dell’altra non fosse servito a niente, ma limitandosi a parlare del più e del meno tra due perfetti estranei. Era davvero così? Oppure c’era dell’altro?
L’impulso di rimetterla in riga fu forte, molto forte, ma non si mosse di un millimetro: era perfettamente consapevole che se solo si fosse azzardato a compiere una simile manovra, allora avrebbe fatto in modo che Nieve vincesse senza eccessivi sforzi, e questo non poteva permetterselo. Restare calmo e saldo era l’unico modo per evitare tragici scivoloni, attutire i colpi, non cedere troppo terreno.
«Non ho mai detto di aver fatto la cosa giusta nei confronti di Thalia!» sbottò di rimando, capendo fin dove Nieve si stava spingendo con i propri pregiudizi e, soprattutto, travisando le sue parole. «Mai!» E quella singola parola echeggiò nell’aria come un tuono, scuotendo l’aria e, solamente quando il suono si disperse nella zona, Aiden capì di aver urlato. Ma c’era dell’altro a cui avrebbe voluto dare una voce, una confessione che premeva con arroganza sul suo petto dolorante e che bramava strenuamente la libertà. Eppure Weiss dovette ingoiare il groppone che gli stava intasando la glottide, ponendo quindi un freno alle proprie esigenze e non dando ulteriori armi a Nieve. Ne aveva fin troppe, anche se molte sbagliate, e non rientrava nei suoi desideri dare un motivo alla ragazza di usare una verità per sconfiggerlo. No, Aiden non le avrebbe concesso più di quanto le doveva.
«Un bacio...» mormorò con sdegno, puntando i suoi occhi blu - ora più oscuri e profondi come l’Abisso - in quelli della Grifondoro, osservandola con una tale intensità che avrebbe dato qualsiasi cosa per poter avere - anche solo per un giorno - la stessa capacità di sua madre, di poter varcare la soglia mentale di quella testolina argentata e scoprire cosa poteva averle detto Thalia, tanto da indurla a comportarsi in quel modo. «E’ bastato un bacio per scagliarti contro di me, per odiarmi, per giudicarmi come un depravato. Un bacio per cancellare la nostra amicizia. Un bacio che rimpiango con tutto me stesso...» Abbassò il capo per qualche istante, osservando le proprie mani con impotenza. Un bacio che mi ha reso suo e che tu non potrai mai comprendere, bambina mia. pensò.
Quando riportò lo sguardo sull’Islandese, il rosso la guardò come se una forza misteriosa l’avesse svuotato di ogni emozione, permettendo quindi al suo lato da Occlumante di fare il resto.
«Io non ho mai voluto giocare simili tiri a Thalia e nemmeno a te, ho sempre cercato di essere onesto… Ma riconosco che sì, rovino sempre tutto, volendo o non volendo.»
L’Auror aveva una propria natura, così come l’avevano la Rigos e la Moran, ma ciò che aveva appena detto era la verità. Non aveva mai desiderato prendersi gioco di loro, benché mai di Thalia. Io provo dei sentimenti per lei e diventano sempre più forti... E quella era la confessione che avrebbe voluto tanto urlare al mondo, ma che invece aveva scelto di tenere per sé, senza darle voce alcuna se non nella propria testa. Scegliere il silenzio fu la scelta più ardua che poté prendere in quel preciso momento, ma era decisamente la più saggia.
«Oh no, Nieve, ti sbagli. Lo so eccome.» parlò, infine, in tono misurato. «E mi trovo davanti ad una Nieve che non conosco. Una sconosciuta. Una nuova versione, a quanto pare. E anche se non posso dire di conoscerti come avrei voluto, una cosa inizio a capirla: questa non sei tu!»
Come poteva ignorare quella scoperta? Come poteva passare oltre a quel comportamento che iniziava a vedere come anomalo?



 
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view post Posted on 17/5/2019, 18:24
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16 Anni ↝ Prefetto Grifondoro ↝ III anno

Nieve Rigos

I WAS IN THE DARKNESS, SO
D A R K N E S S I B E C A M E


A
staroth era entrata nella sua vita con la semplicità che accompagna ogni buona affinità elettiva. Non c'era stato spazio per i troppi perché; non aveva speso tempo ed energie a valutare pro e contro; non se n’era neppure resa conto. Aveva lasciato che accadesse, semplicemente.
Il giorno dopo l’incontro ai Tre Manici con Urania, Nieve era tornata al locale con l’aria più afflitta che si possa immaginare. Gli impegni da Prefetto l’avevano costretta a spingersi fino a Mielandia — un posto che raramente frequentava di sua sponte. La proprietaria, riconoscendone la chioma argentata, tra un impacchettamento e l'altro, non aveva potuto fare a meno chiederle che fine avesse fatto la sua amichetta biondina e super golosa, una delle migliori clienti del negozio. Quella neppure troppo vaga menzione ad Emma era bastata a guastarle l’umore. Il tempo necessario a completare il pagamento e a bofonchiare una scusa senza senso e aveva lasciato Mielandia col cuore pesante e, per ironia della sorte, un sapore acre in bocca.
«Hai la faccia di chi non se la passi troppo bene.» La voce di Astaroth l’aveva scovata che se ne stava rannicchiata presso un tavolo al buio, lontano dagli altri. Nieve si era decisa a guardarla con gli occhi grandi pieni di tristezza, incapace di rispondere. «Ti porto qualcosa che ti farà stare meglio,» le aveva detto dopo un po’ la barista, ricevendo in cambio una scrollata di spalle.
Non aveva pensato neppure per un istante che le parole di Astaroth potessero celare un fondo di verità. Invece, un’ora dopo, si era ritrovata a sedere lungo il bancone con le guanciotte arrossate, un enorme sorriso sulle labbra, una macchia di cacao all’angolo della bocca e l’alito che profumava d’alcol.
Astaroth aveva sempre saputo come risollevarla.
Era stato così per tutto il tempo che avevano trascorso insieme.

Loneliness has always been a friend of mine
I'm leavin' my life in your hands
People say I'm crazy and that I am blind
Risking it all in a glance
And how you got me blind is still a mystery
I can't get you out of my head

Don't care what is written in your history
As long as you're here with me
I don’t know care who you are,
Where you are from,
What you did,
As long as you love me

Nieve scostò lo sguardo da Aiden, rapita dal pensiero di Astaroth.
Della sua mentore e del passato che ne immalinconiva lo sguardo, aveva conosciuto poco o niente. Dall'esterno, molti avrebbero detto che il loro rapporto fosse sbilanciato: Nieve aveva dato tutta sé stessa all’altra, eccezion fatta per poche e irrilevanti non menzioni — la rimozione del ricordo, ad esempio. A uno sguardo più attento, però, chiunque avrebbe capito che il loro legame fosse esente da imperfezioni. Si erano amate nel modo migliore in cui avessero saputo amare un altro essere umano, al massimo delle loro possibilità, oltre ogni schema razionale e relazionale imposto. Su tutto, si erano accettate, rispettate e accolte senza riserve. Nieve non aveva mai rimpianto di non conoscere la natura del sentimento che iscuriva il verde delle iridi di Astaroth; non le aveva mai rimproverato i silenzi e i rimandi a spiegazioni future che non sarebbero mai arrivate — non sapeva farlo neppure adesso che dolore e rabbia avevano imparato ad imbrattare la dolcezza dei suoi ricordi più cari.
Le frasi conclusive di Aiden forarono le barriere dietro le quali si era barricata nei mesi trascorsi, riportando in auge il sentimento che l’aveva legata ad Astaroth. Nella nota spregiativa che l'Auror aveva usato per rinfacciarle il suo cambiamento, Nieve percepì la stessa accusa di inadeguatezza che le era stata rivolta per tutta la vita. Non andava bene così com'era, le aveva fatto intendere. Non era il primo ad arrogarsi quella prerogativa, non sarebbe stato l'ultimo. Con gli occhi che vagavano sulla brughiera, la Rigos si chiese cosa l’uomo avesse apprezzato di lei nel pochissimo tempo passato insieme: l'ingenuità? la remissività infantile di chi si approccia a un adulto e prova sempre una certa soggezione? o l’idea che Nieve avesse avuto così poco nella sua vita di abbandoni — la storia dell’orfanella era una delle microscopiche concessioni che gli avesse fatto, mossa a rivelarsi dalla sua spontaneità e dal peso della solitudine — da accontentarsi delle briciole e serbarle con cura? Non si era nutrita che di quelle per un'intera esistenza, del resto.
Fu allora che la colpì la consapevolezza di quanto avesse perduto: Astaroth non l’aveva mai voluta diversa, non le aveva chiesto di cambiare.
Chinò il capo, le iridi velate di patimento. Si era decisa a indossare la maschera del drago ferito per non avere altra scelta, dopo il tradimento e il confronto presso la torre di divinazione. E l’avrebbe portata ancora a lungo e ostinatamente finché la vita non l’avesse costretta a dismette quei panni. La verità, però, era un'altra — non era sempre andata così, non era sempre stata arrabbiata, ostinata e forte abbastanza da contrastare la sua natura.
Un giorno del quale ricordava poco o nulla, preso atto dell’abbandono della cattedra di divinazione, Nieve aveva tentato di contattarla. Aveva chiesto ad Astaroth di incontrarla dovunque avesse voluto perché pretendeva delle spiegazioni e ne aveva diritto — perché le mancava terribilmente, aveva omesso di scrivere. E aveva vissuto nell'attesa di una risposta. Invece, com'era prevedibile che fosse, Astaroth doveva essere già andata oltre con la sua vita, scordandosi di lei. Il silenzio che era seguito a quell'approccio l’aveva ferita e umiliata. Si era sentita una sciocca.
Astaroth non l'aveva mai voluta diversa, si ripeté.
E adesso, semplicemente, non la voleva più.
Gli occhi tornarono a sondare il viso di Aiden, le dita della mano destra strette in una presa di ferro sulle linee pulite di tiglio argentato.

«Ho intenzione di colpirti, Aiden,» disse dopo un tempo infinitamente lungo, l’atteggiamento placido, l’animo dilaniato. «Se conti di difenderti, è questo il momento per mettere mano alla bacchetta.»

Nieve era cambiata, sì, ma non era quello il problema. Non ne aveva nessuna responsabilità, né esistevano modi per invertire il processo. Rimproverarglielo non avrebbe modificato il fatto che fosse irrimediabilmente corrotta da una sofferenza che, in parte, non sapeva ancora spiegarsi, che non aveva ancora finito di straziarla, che sarebbe presto sopraggiunta a servirle il conto — il più caro.
Non era lei il problema, ma lo sarebbe diventata.
Almeno per Aiden Weiss.
Di lì a poco.

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view post Posted on 20/5/2019, 21:14
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Aiden Weiss
◇ Auror ◇ 27 anni ◇ Ex Grifondoro


[...] Si era scagliata su di lui per proteggere Thalia e tenerlo alla larga dall'amica. Una mossa degna di rispetto, ma che aveva lasciato l'amaro in bocca a Weiss, facendolo sentire marcio dentro oltre che tradito. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da lei, decidendo di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altro, piuttosto che farsi da parte e lasciare che i due rossi risolvessero da soli i loro attriti.
Il Sapore della Cenere


Per un attimo, quando notò lo sguardo di Nieve distogliersi dal proprio, Aiden non pensò nemmeno per un misero istante di aver trovato un modo per fare breccia in lei, né di averle scalfito un minimo la spessa corazza in cui si era reclusa. No, sapeva che non sarebbero bastate due misere paroline. L’Auror, piuttosto, aveva desiderato con tutto se stesso che la sua capacità da Occlumante venisse - in un qualche modo - convertita nel suo opposto, nella Legillimanzia. Aveva sempre ritenuto scorretto entrare nelle menti altrui, abusare di quei pensieri e ricordi solo per avere un vantaggio sull’altro, incurante di invadere uno spazio prettamente intimo; ma il desiderio di Aiden andava ben oltre il semplice vantaggio: voleva comprendere lo stato d’animo di Nieve e trovare un modo per farsi ascoltare da lei, oltre che aiutarla.
Un peccato aver mandato via sua madre, lei che possedeva la Legillimanzia e gli faceva da maestra, lei che con un solo sguardo avrebbe potuto danzare con i pensieri di Nieve. Eppure era stata la cosa più giusta da fare: Annabelle non aveva nulla a che vedere con la Grifondoro, e viceversa.
Mille e mille altri pensieri emersero nella mente del fulvo, domande del tutto lecite su cosa poteva aver influito su un cambiamento del genere nella ragazza, se vi fosse invischiata una persona, se Thalia sapeva qualcosa a riguardo. Fu naturale, ovviamente, pensare alla rossa di Cork: le due erano amiche e se si erano imposte di non avere segreti tra loro, allora forse la Tassorosso aveva le informazioni che gli servivano. Ma lo avrebbe aiutato se solo glielo avesse chiesto?
Solo io potevo complicarmi la vita così... pensò con amarezza, alzando gli occhi al cielo.
Aiden, però, ne era certo e ci avrebbe scommesso tutti i suoi risparmi alla Gringott: Thalia Moran non lo avrebbe mai aiutato, non se c’era il rischio che Nieve le si rivoltasse contro, non per chi aveva causato quel disastro, non per lui. Avrebbe, tuttavia, tentato lo stesso e se per convincerla avrebbe dovuto attraversare mari e monti… avrebbe attraversato mari e monti! Insomma, una soluzione l’avrebbe trovata comunque oppure non sarebbe più stato Aiden Weiss.

Gli occhi dell’uomo intercettarono nuovamente quelli di Nieve: ma piuttosto che allarmarsi dal gesto di lei, il rosso non si scompose ma continuò ad essere rilassato. Alzò appena un sopracciglio a seguito della frase di lei e per un secondo - solo per un misero secondo! - fu tentato di riderle in faccia, ma i propri muscoli facciali non risposero a quel preciso impulso; piuttosto si incurvarono in una smorfia amara.
«Non ho alcuna intenzione di levare la bacchetta con te, Nieve. Né ora né mai.» mormorò caustico. Le intenzioni di lei lo avevano infastidito, probabilmente mosso dal fatto che ancora nutriva speranza in lei, oltre a genuino affetto. Era certo, tra l’altro, che non si sarebbe dato per vinto con la Grifondoro, anche se dovesse dimostrarsi incline a colpirlo per davvero. Aveva fallito con Richard, suo fratello di sangue, ma non avrebbe commesso lo stesso sbaglio con lei, non con Nieve. «Se lo facessi dimostrerei che hai ragione tu, che sono una bestia. La verità è che sono un uomo che ti vuole bene, che non ti farebbe mai del male e che si prenderebbe sempre cura di te.» Mosse appena un passo verso di lei, le mani ben lontane dall’impugnatura della bacchetta, come a volerne palesare la resa. Era innocuo, disarmato, praticamente inerme e alla mercé della stessa ragazza. A lui non gliene importava se agli occhi di Nieve era come un’offerta sacrificale o un oggetto sul quale riversare tutte le proprie rimostranze e vendette. Voleva solo che lei iniziasse a vederlo per quello che era e stava facendo di tutto per dimostrarglielo, nel modo più giusto possibile.
«Mi sono preso cura di te una volta tornati da Gerusalemme. Sono stato al tuo capezzale tutto il tempo, non ti ho lasciata nemmeno per un secondo nonostante l’infermiera mi avesse ripreso più volte. E ti ho cantato una canzone, la stessa che cantava mia madre a me. E questo perché… Is breá liom tú![1]»
Nessuna emozione, nemmeno l’ombra di un sorriso o si sarebbe tradito da solo. Aiden aveva piantato un semino con quella frase in gaelico irlandese e che, forse, avrebbe potuto germogliare e aiutato Nieve a comprenderlo. Era perfettamente consapevole che ella non conoscesse quella lingua, ma Thalia la conosceva eccome, poiché scorreva nelle sue vene proprio come la Terra in cui era nata. Se Nieve si fosse dimostrata incuriosita, avrebbe potuto chiedere a Thalia di tradurre per lei quella frase. Questo era il piano del rosso, questo era il primo passo che aveva deciso di muovere ad insaputa di Nieve affinché potesse indurla ad un riavvicinamento. Ora poteva solo sperare che funzionasse semmai la ragazza si fosse decisa a colpirlo sul serio.
La guardò intensamente negli occhi, le mani rivolte verso di lei per palesare le proprie intenzioni a non volersi difendere in alcun modo. Uno Scudo, però, lo aveva eccome ed era la Fiducia.



[1] Traduzione: Ti voglio bene!

Come già ti dissi privatamente, eccotelo in versione "bersaglio facile" :ihih: Però sono stata subdollina :secret: Spero mi perdonerai e apprezzerai, ma infondo te l'ho servito su un piatto d'argento :secret:
Ovviamente la scelta è tua se far fallire l'intento di Aiden oppure no.

PS: Con il benestare della Moran :zalve:
 
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view post Posted on 28/5/2019, 15:37
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entropia.

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Nieve Rigos

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U
na manciata di istanti, una rapida frustata verso l’alto, poi l’assalto al nemico… l’ultimo di una lista così lunga da provocare l’emicrania.
Ma non in quel momento, non più.

«Petrìficus Totàhlus!»

Nieve teneva ancora la mano sinistra appuntata alla cintola e la bacchetta stretta in pugno nell'altra, quando lo spruzzo di magia scaturì dall’estremità acuminata di tiglio argentato e si abbatté sulla figura inerme di Aiden. Gli sorrise — l’ombra di chi era stata, il giustiziere che era appena diventata.
La decisione era sopraggiunta alla mente della Rigos nelle forme della più acre battaglia contro sé stessa e ciò in cui più credeva. Aveva desiderato castigare l'Auror con una ferocia a stento contenibile; abbattere su di lui tutta la virulenza che sapeva di possedere, la stessa che desiderava rilasciare per sentirsi finalmente libera. La lingua, così, aveva sfiorato il palato, suggerendole il solo incantesimo che potesse darle ciò che bramava. Lo avrebbe schiantato. Lo avrebbe travolto. Lo avrebbe umiliato, ferito, danneggiato, punito. Dopodiché, lo avrebbe lasciato lì e se ne sarebbe dimenticata con la semplicità con cui gli altri riuscivano a dimenticarsi di lei — come se non ci fosse mai stata.
Una vocina, travestendosi da disagio, l’aveva indirizzata altrove proprio all'ultimo momento. L’immagine di una sé stessa minuscola, fragile, stretta tra le braccia di un ragazzetto in preda al riso, le aveva quasi tolto il respiro mentre il viso del panettiere tornava a ricordarle cos’avesse subito. Non poteva — non lei, per favore — diventare il carnefice di qualcun altro e brandire l'arma che le aveva inferto le medesime ferite. Non sarebbe sopravvissuta al gesto, alla deformazione auto-indotta, all’intrinseca violenza che si era sempre negata di abbracciare perfino quando chiunque si sarebbe aspettato un atto di vendetta da parte sua.
C'era ancora tempo, le aveva suggerito quella stessa vocina, timida al limite dell'inudibile, spinta a parlare dalla disperazione. C'è ancora speranza.
Perché, allora, non la sentiva?

Raggiunse Aiden, osservandone il viso di pietra. «Che ti serva da lezione,» gli disse, mortalmente seria, inquietantemente altro da Nieve. «Adesso, saprai cosa si prova quando sei costretto a subire qualcosa che non vuoi senza poter fare nulla per ribellarti.»

I suoi occhi scorsero la figura dell’uomo che un tempo, pur brevissimamente, aveva pensato di poter chiamare amico. Adesso che lo sondava con lo sguardo del disprezzo, i ricordi che aveva costruito con lui apparivano torbidi sotto il velo dell’ennesimo inganno: le scuse quasi cantate, il tè alla Tana, gli sporadici pomeriggi ai Tre Manici, la festa di Beltane… Non era che l’ennesimo impostore, l’ennesima dimostrazione della vita di quanto fosse semplice prendersi gioco di lei.
Nieve non era ancora riuscita a comprendere le ragioni di Aiden, invero. Delle molte che aveva individuato, quella che le metteva più orrore — perfino più di saperlo un adescatore di ragazzine — era l’idea che si fosse avvicinato a lei proprio per arrivare a Thalia. Dunque, si diceva in quelle occasioni con l’egocentrismo frustrato dell’adolescente che era, non aveva rappresentato che uno strumento per Aiden; un mezzo per uno scopo più alto. Il viso dell’amica, rigato delle lacrime che aveva pianto al Ballo delle Ceneri, tornò a stagliarsi davanti ai suoi occhi, mentre compiva alcuni passi indietro e levava ancora la bacchetta.

«Sta’ lontano da me e sta’ lontano da Thalia,» lo ammonì, il tono piatto. Una sferzata col braccio da destra verso sinistra. Infine, un ringhio a stento udibile, che incupì il verde dei suoi occhi: «Tormentaaam.»

Aveva già preso le distanze da Aiden, quando l'istinto le suggerì di voltarsi e godere dello spettacolo che aveva generato. Tristemente, a dispetto della voce crudele che la fomentava a bearsi del risultato, Nieve si accorse di scorgere nella condizione in cui versava l'uomo la metafora della propria: come lui, si sentiva impantanata in uno stato che le precludeva ogni via di fuga, mentre la tempesta delle sue emozioni le toglieva il respiro — e solo in quel momento, per paradosso, si sentì vicina alla persona che aveva appena attaccato in spregio agli anni che li separavano e alla carica che sapeva appartenergli. Come lui aveva ignorato che Thalia fosse una minorenne e non volesse i suoi sporchi baci, la istigò un sussurro lontano.
S’incamminò in direzione di Hogsmeade, inconsapevole di aver mutato la propria meta rispetto agli esordi della sua uscita; perseguitata da un pensiero che, nelle sfumature d'orrore che sapeva suscitarle, proprio non le riusciva di scacciare.
Se non c’era pace per lei, non l’avrebbero avuta neppure gli altri.

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Ora, intendo la disperazione dei genitori di figli adolescenti. :fix:


Edited by ~ Nieve Rigos - 14/6/2019, 16:59
 
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view post Posted on 4/6/2019, 15:42
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Aiden Weiss
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[...] Si era scagliata su di lui per proteggere Thalia e tenerlo alla larga dall'amica. Una mossa degna di rispetto, ma che aveva lasciato l'amaro in bocca a Weiss, facendolo sentire marcio dentro oltre che tradito. Non si sarebbe mai aspettato un simile gesto da lei, decidendo di schierarsi dalla parte dell’una o dell’altro, piuttosto che farsi da parte e lasciare che i due rossi risolvessero da soli i loro attriti.
Il Sapore della Cenere


Un raggio azzurro come il ghiaccio guizzò nella sua direzione e a quel punto Weiss capì quanto Nieve si fosse spinta oltre le sue aspettative, fatte di speranza e fiducia, e che ora andavano a frantumarsi in mille pezzi. Nel momento in cui venne investito dall’incantesimo, relegandolo ad una prigionia che sapeva di meritare e che aveva accolto senza alcuna protesta, un pensiero preciso e certo attraversò la sua mente come un fulmine: Ti salverò. Lotterò per te. Una nuova missione dunque, sancita da una promessa che non ebbe modo di esprimere a voce, pietrificato sul posto in una posa del tutto rilassata ed indifesa.
Tuttavia poteva ancora sentire tutto ciò che avveniva attorno a sé e vedere quanto aveva davanti, ovvero una ragazzina che lui percepiva come sperduta, vittima della stessa identica rabbia che aveva infuocato la sua anima in passato. In Nieve poteva vedere una parte del proprio riflesso, consapevole che ella avesse una storia diversa dalla propria, ma che - nonostante tutto - la rendeva in minima parte molto simile a lui. Aiden aveva imparato ad instaurare un certo controllo di sé, ammesso e concesso che non vi fossero altri stimoli in gioco tanto da indurlo a cedere ai suoi peggiori istinti, ma lei - al contrario - pareva errare come un’animale a briglia sciolta. Sarebbe da sciocchi e ipocriti negare di essere diverso da lei sotto quell’aspetto, specialmente se la custode di una simile verità era proprio colei che faceva da ponte tra loro: Thalia.
Alle parole della Grifondoro, se solo avesse potuto, le avrebbe davvero riso in faccia - questa volta senza trattenersi -, ma il Pietrifius Totalus glielo stava impedendo. Non era propriamente vero che era stato costretto a subire qualcosa che non voleva, semplicemente glielo aveva permesso, immolandosi per una causa di cui lei non voleva saperne o non era riuscita a comprendere; e non si era ribellato per sua stessa scelta, non perché non avesse avuto modo di farlo. Questa era la vera differenza e di cui Nieve ne era all’oscuro, assieme a molte altre cose, delle verità che gli era impossibile rivelare.
Vorrei ma non posso, provo qualcosa per lei. Qualcosa che non riesco a distruggere, a mollare, a lasciarmi dietro alle spalle. Non l’ho mai voluto, eppure c’è. Vorrei solo che tu capissi... Era questo ciò che avrebbe voluto risponderle, ma che invece rimase solo nella sua mente. Non poteva stare lontano da Thalia: non perché non volesse, ma perché non ci riusciva; era più forte di lui e la cosa lo struggeva in maniera indescrivibile.
Nieve non avrebbe mai capito quei suoi sentimenti per la Moran, non poteva perché era troppo animata dal disprezzo nei suoi confronti e dal fatto che lui era un uomo adulto. Come poteva uno come lui amare una ragazza appena sfociata nell’età adulta e che frequentava ancora la scuola?
Aiden perdonò ogni gesto compiuto ai suoi danni dalla Rigos, anche quando lo lasciò da solo nel bel mezzo di una tempesta di sabbia; le perdonò pure le parole sprezzanti e gli sguardi rancorosi. Se lo aveva fatto per vendicare Thalia non aveva alcuna ragione per covare per lei alcuna rimostranza, se non la speranza che riuscisse - un giorno, da sola - a ravvedersi. Nonostante tutto, Aiden Weiss aveva già perdonato la Grifondoro.

Rimase diversi minuti in quelle condizioni di impotenza assoluta, vittima degli effetti della tormenta di sabbia che irritò la pelle e le mucose dell’Auror, infilandosi in ogni spazio disponibile e rendendogli arduo respirare e vedere. Per un attimo temette di soffocare, mentre gli occhi chiedevano pietà e bruciavano come l’Inferno, finché non avvertì più gli effetti di entrambi gli incantesimi su di sé, solo due forti braccia che lo strinsero in un gesto protettivo.
Tossì con prepotenza, espellendo ogni grumo di sabbia che gli era finito nelle vie respiratorie, mentre le mani tentarono di lenire invano il bruciore agli occhi.
«Se fossi rimasta tutto questo non sarebbe avvenuto!» La voce di sua madre lo raggiunse dopo che ella fece in modo di lavargli il viso con un getto d’acqua; un po’ spartano ma che comunque alleviò - in parte - le sofferenze dell’uomo.
Aiden sorrise con amarezza: doveva essere tornata indietro dopo aver notato che ci stava mettendo troppo e le fu grato di averlo fatto o - forse - sarebbe soffocato.
«Non ha importanza, ormai è andata così...»
«Non ha importanza? Aiden…!»
«Gliel’ho permesso io. Perciò va bene così, non discutiamone più del dovuto necessario.»
«Spero tu sappia ciò che fai!» Il tono serio di sua madre fu l’ultima cosa che udì, per poi lasciarsi condurre a casa.

Aiden Weiss sapeva esattamente cosa andava fatto, dove solo pazientare.



Chiuda pure, fringuella mia :flower: Riceverai il mio feedback in separata sede :gelato:
 
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