| ATENA MCLINDER ~ CAPOCASA TASSOROSSO Lo sguardo seguì l'indice della Tassorosso, puntato dritto verso il soffitto; le stelle, in quel momento, erano tutte al loro posto, e lo erano anche le due Lune. «Dipende da cosa si intende esattamente per “reale”, e a quale tipo di “realtà” si è soliti fare riferimento.» abbastanza logico, no? Le labbra si inclinarono appena da un lato in quello che sembrava l’accenno di un sorriso. Poi scosse la testa in segno di diniego - le punte dei capelli ondeggiarono lievemente nel movimento. «No, è un incanto molto più semplice e basilare di quello della Sala Grande, a ben pensarci ha poco a che vedere con quel tipo di magia.» non disse altro, ritenendo superfluo aggiungere ogni ulteriore informazione circa la natura e i significati di quel cielo. Tuttavia, non v’era alcun segno di fastidio o rimprovero nei suoi lineamenti, quanto piuttosto una punta di divertimento.
Attese senza fretta che la ragazza si accomodasse; aveva il fisico asciutto, gli occhi grandi, del colore dei laghi d’estate, e i capelli le ricadevano in morbide onde sulle spalle; nelle sue movenze e nel modo in cui si guardava intorno le parve di percepire una lieve esitazione, ma non disse né fece nulla per sottolinearlo o per cercare conferma alla propria supposizione. Lasciò che prendesse confidenza con l’ambiente, approfittando di quel momento per raccogliere i pensieri. Alle narici le giungeva il profumo della miscela che si spandeva quieto dalla teiera, poco distante da lei. Era una fragranza che le ricordava le sere d’autunno, quando la pioggia batte sui vetri delle finestre e le foglie secche vengono spazzate dal vento. Le sovvenne quella particolare sera d’autunno in cui tutto aveva avuto inizio, quando Horus – in quello stesso studio – le aveva consegnato la spilla da Caposcuola e una serie di delicate incombenze erano ricadute sulle sue spalle, a poche ore dalla sua nomina. Erano cambiate molte cose, da allora. Sempre più spesso, ultimamente, aveva l’impressione di sentirsi stiracchiata tra due parti opposte, come sospesa nel limbo di un eterno crepuscolo. Certo, non si poteva lamentare del cammino intrapreso da Tassorosso, anzi ne andava indubbiamente fiera. Ciò nonostante, non poteva nemmeno negare che più di una volta il tentativo di entrare in sintonia con lo spirito della Casata, o anche solo di comprenderne le reali esigenze e necessità, le fosse costato un’enorme fatica. Forse, da qualche parte dentro di lei, albergava ancora la bambina che il giorno dello Smistamento aveva sperato con tutta se stessa di non essere assegnata alla casata giallo-nera, la Casata di suo padre; quella bambina che sin da allora sapeva bene ciò che voleva e che negli anni aveva lottato per dare prova di meritare di essere una Corvonero – un compito che non le era costato poi molta fatica. O forse quegli stessi anni l’avevano segnata più di quanto non avesse immaginato. Ogni volta che ci ripensava, le veniva da sorridere. Strano, il destino. E poi, c’erano state le vicissitudini che avevano interessato il corpo Docenti: due di loro avevano lasciato Hogwarts e il numero dei Capocasa si era dimezzato nel giro di poco tempo. Cambiamenti che lasciavano un retrogusto amaro intorno alle fatiche e alle speranze. Ciò nonostante, Atena non si era sorpresa nello scoprirsi per certi versi estranea a tali eventi. Era abituata a contare solo ed esclusivamente su se stessa; negli anni aveva costruito un involucro attorno a sé, unica parete ed unico appiglio al quale si era permessa di appoggiarsi. Eppure… a volte, nelle sere più silenziose aveva la sensazione che qualcosa, in quell’involucro, iniziasse a crepitare. Stava cambiando, e non riusciva a capire in quale direzione. Pensieri che fino ad allora aveva tenuto lontano dalla sua mente, fluttuavano pigri intorno a lei assumendo una forma sempre più densa. Anche il Passato tornava a bussare, ma in un modo diverso, prendendo le sembianza di volti e voci e risate che fino ad allora si era rifiutata di considerare. Fece un respiro più profondo, abbassando le sguardo e mascherando abilmente quei pensieri, e tutti gli altri che come una catena sarebbero succeduti di lì a poco, se non li avesse prontamente troncati. La voce cristallina della Tassorosso le permise di mantenere quella nube ben lontana da sé.«Del the, le farebbe piacere?» riprese, scandendo le parole. L’immagine della ragazza conquistò nuovamente l’intero spazio della sua attenzione. «E’ una miscela molto part…» alzò un sopracciglio, sbattendo un paio di volte le palpebre, sorpresa per la curiosa ed imprevista esclamazione della studentessa. Scosse una mano come per minimizzare l’accaduto, seguendo con lo sguardo le sue dita correre a sistemare una ciocca dorata. Sorrise. «Mio dovere. Mi fa piacere avere la possibilità di parlare con lei.» disse pacata, accingendosi a versare la bevanda. Con un gorgoglio, l'aroma si diffuse apertamente nella stanza. «Nel caso cambiasse idea.» puntualizzò, abbassando appena il tono della voce, mentre allungava una tazza nella sua direzione. Versò poi mezzo cucchiaino di zucchero nella propria, come di consueto, ma attese a mescolare. «Dunque, è qui per il Colloquio di Orientamento…» proseguì, avvicinando a sé un foglio di pergamena; il tono assunse una nota più risoluta: terminati i convenevoli, era giunto il momento di affrontare di petto la motivazione del loro incontro - un ticchettio flebile, da qualche parte alle loro spalle, sembrò approvare la scelta, un arruffamento di piume parve convenire. «...Una tappa fondamentale per gli Studenti del quinto anno.» non accennò apertamente ai GUFO, ma quella parola aleggiò per un attimo tra loro, trasparente, come un fantasma o un eco lontano. «Mi dica, ha già un’idea sulla strada che le piacerebbe intraprendere, una volta terminati gli studi? O, al contrario, quale non le piacerebbe e che esclude a priori?» Una domanda fondamentale, che apriva la strada a centinaia di possibilità; un primo passo, cauto, per iniziare a sondare la direzione più consona da seguire.
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