not moving on, Concorso a Tema - Maggio 2019

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view post Posted on 6/5/2019, 19:48
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not moving onmEqnjDE

| N°23, Dulwich Village, 6 mesi dopo la morte di Eveline Snow | Ricorrenza.

Tempie strette in una morsa, come se servisse a spegnere il dolore che pulsa sotto pelle e risale il sistema fino a comprometterlo. Uno squarcio all’altezza del cuore, comparso a spegnere la luce di un giorno. Sono tutti riuniti perché credono di fare del bene, credono che lui sia pronto a condividere i ricordi... a condividere "lei". Non lo è minimamente, vorrebbe solo stringerla a sé fino a perdersi nel dolce aroma di fiori d'arancio; i suoi preferiti. Ma non può, ovviamente. E' da mesi che non può. Gliel'hanno portata via e non riesce a darsi pace, continua a dirsi che qualcuno avrebbe dovuto fare di più. E quel qualcuno non può che essere lui. Così, mentre il vociare mesto dilaga nel salottino, e qualcuno - rigorosamente vestito di nero - addenta un pasticcino, John si distrae ed il pensiero va esattamente lì dove non dovrebbe. Gli hanno chiesto di andare avanti, di ricucire la ferita. Ma come si fa?

Ma io sto andando avanti... mi alzo, lavoro, che altro devo fare?


Ultimi mesi ad hogwarts
«Non ci credo nemmeno se lo vedo!» la risata cristallina di Eveline sale al punto che la stessa ragazza è costretta e portare una mano alle labbra, per non svegliare metà dei quadri del corridoio del secondo piano. Divertito quanto lei, il giovane rampollo degli Hydra le sorride di rimando. Non riesce più a mascherare quanto lo attragga quel viso raggiante. Sono seduti sulle scale, di ronda assieme per una delle ultime volte; la scuola sta per finire, ed i M.A.G.O. sono alle porte, così come la partita di Quidditch più importante della stagione. Tassorosso contro Serpeverde, chi vince porta a casa la coppa senza riserve. «Ah, davvero?» scaltro, addenta un bastoncino di liquirizia, prima di cingerle le spalle con le braccia e avvicinarla a sé. Non si stanca mai di tenerla vicina, ed ogni momento è buono per affondare le mani nei capelli biondi e setosi; una droga. «Vedi di non perdermi di vista domani, allora, ed avrai le tue prove, Miss "non ci credo nemmeno se lo vedo"» ridono, ancora, stavolta senza rimorsi, fermandosi solo quando le scale si spostano e richiedono un appiglio più serio al corrimano. Aspettano quello, in verità; il movimento spontaneo e non programmato delle scale di Hogwarts è quanto di più magico esista per loro due. Fingono di poterlo prevedere, ma non ci riescono mai. Al ritmo di "al mio dieci si spostano di sicuro" e "spero proprio non lo facciano... adesso!", possono andare avanti ore intere. Qualche altro minuto a chiedersi come mai Thomas abbia messo John in porta e non come al solito a fare il battitore, ed il ragazzo si fa più serio. «Sai...» abbozza, richiamando totalmente l'attenzione di Eveline. «...mh?», ha sempre avuto il coraggio di dirle tutto, ma quelle due parole si incastrano in gola come le pozioni più fastidiose e grattano la superficie delle corde vocali, minacciando di stracciarle prima ancora che possa esprimersi. Non la guarda negli occhi, anche se sente che lei lo sta facendo. Così forse può farcela: in fondo, non sta mentendo.«Eve, io ti...»



Occhi chiusi per qualche secondo di troppo, incapaci di arrestare lo scorrere frenetico dei ricordi che sfumano come volute di dolore. Ovunque si giri, c'è lo spettro argenteo dei momenti vissuti con lei. E loro, che adesso riempiono il salottino e rubano i suoi respiri - già affannati - non si rendono conto di peggiorare la situazione. Vuole stare solo, è un male così grande?! E' una richiesta tanto impossibile da accordare? Perché non lo lasciano in pace? Possono dire quello che vogliono, esprimere tutto il loro cordoglio o la loro vicinanza, ma non li sente, non li vuole sentire. Le voci si accumulano, si sormontano... una sull’altra, insensibili alla battaglia che agita il petto di un uomo distrutto. Sussurrano, le più sensibili, e si insinuano sotto la corteccia di spessa indifferenza. "Non sta bene, guardalo" dicono alcune. "Forse dovremmo andarcene", intuiscono altre. Poco gli importa che siano lì per lui o per Amber. L’unica persona che vuole con stringere fino allo sfinimento, non c’è. La sua Eve, la ragazza che inspiegabilmente aveva vinto su qualsiasi altra al mondo, e che era diventata una donna splendida, quella con cui non aveva alcun dubbio che avrebbe passato l'intera vita. Già, proprio lei che ora riposava sei piedi sotto terra, con un piccolo obelisco come lapide. Sogni, progetti, un VITA da scoprire assieme, un cammino da affrontare in due, in tre, in quattro... perfino in cinque se solo il Cielo avesse voluto. Ringhiando al fato meschino, John sposta lo sguardo, e quello cade sul tavolino in legno, in disparte accanto al divano.

Come? Come si va avanti?


l'inizio della convivenza
Camminare per i mercatini babbani di fine stagione è l'ultima cosa che John pensava di fare, soprattutto dal momento che avevano appena preso casa in un quartiere magico. Eppure eccoli lì, a passeggiare tenendosi stretti di tanto in tanto. Eveline, con un brillio affascinato negli occhi e John che ancora fatica a credere che abbia scelto lui, tra tutti. La guarda di sottecchi ogni volta che può, sperando di non essere visto, non vuole che lei pensi che sia così arrendevole. Ma lo è, non riesce proprio a resistere alle grandi iridi azzurre screziate d'oro che sempre più spesso cercano una conferma sull'ennesimo soprammobile da acquistare. Deve metterle un freno, ma come si fa? «Feeeerma qui!» le ordina, giocosamente perentorio, abbracciandole le spalle e trascinandola lontano da una bancarella di addobbi puramente floreali. Lei protesta, ma non appena si volta per fronteggiarlo si ritrova ad un soffio dalle sue labbra, e come una sciocca innamorata, ammutolisce. «Non credi di star esagerando? Come le portiamo a casa tutte queste cose?» prosegue lui, riprendendola con dolcezza. Ma lei non è una sprovveduta in balia del fascino del proprio fidanzato, e con piglio autoritario, si divincola dall'abbraccio con una semplice mossa - guadagnandosi uno sguardo obliquo - e incrocia le braccia al petto. «Guarda, Mister Hydra, che una casa non si arreda da sola.» sottolinea, nascondendo a fatica un sorriso raggiante. Perfino lei non riesce a credere di aver affrontato la guerra fredda di Constantine ed aver vinto. Il padre di John si era imposto oltre ogni limite per far sì che i due vivessero i primi anni in Villa, con la convinzione che non se ne sarebbero più andati. Ma a lei lo sfarzo non interessava, ed il ragazzo avrebbe seguito Eve in capo al mondo, quindi poco gli importava dove avrebbero vissuto in futuro. L'unica cosa essenziale, era che lei fosse lì, sempre e comunque. «Non mi stai convincendo...» risponde il mago, assottigliando lo sguardo, per poi lasciarsi convincere per un ultimo giro. Nemmeno il tempo di due passi e, come un segugio a caccia, la bionda punta una bancarella di oggetti in legno, intagliati al momento. Il faro del suo sguardo illumina un tavolino scoordinato e bruttino - a detta di John - , tutto pieno di nodi. In alcuni punti il legno sembra marcio. «Quello. Quello deve stare vicino al divano! Dai John, possiamo costruirla come vogliamo! »



Quanto poteva dirsi disperato, se dopo anni di sciocco astio, aveva iniziato ad apprezzare quel tavolino? Forse doveva ascoltare i consigli di sua madre, e trasferirsi davvero alla Villa, per non vedere in ogni angolo il tocco di Eveline. Con la sua morte, la strega aveva raccolto il calore del numero ventitré e l'aveva portato via. La luce che filtra dalle vetrate non brilla più, non illumina, è spenta come i sentimenti che nega con tutto se stesso. Il tamburo cardiaco perde altri battiti. La mano sinistra sale fino al petto e stringe convulsamente la camicia scura. L'anello dorato non ne vuole sapere di lasciare l'anulare, in un costante moto di negazione. Lo sa che agli occhi dei presenti non sfugge nulla, sono tutti lì come avvoltoi; li vede accanirsi sulla carcassa lasciata da un vuoto incolmabile, e non saziarsi mai. Non li ha invitati, non sa nemmeno con quale forza sia riuscito a tornare a casa e aprire la porta a tutta quella gente. Gente che cerca la sua attenzione, ma ogni voce è distante, ovattata... inutile. «Ehi, tutto bene, stai...male?» chiede William. Silenzio.

Perché, c'è anche una ragione per star bene?


L'ultimo giorno con lei
«Sei sicura che non vuoi che venga con te?» chiede, apprensivo, mentre la osserva danzare per casa nel tentativo di prepararsi ad uscire. Oggi ha l'incontro con l'editore per parlare del sequel del suo libro, è un giorno importante e lui vuole starle vicino. Anche se il primo racconto non ha avuto un grande successo, John è fiero della sicurezza e della verve con cui Eveline affronta ogni avventura; non si ferma mai. La ama perché in ogni cosa trova il lato positivo e, se riesce, anche più d'uno. Ancora si chiede come sia riuscita a convincerlo a prendere quel terribile tavolino in salotto, che lui cerca di coprire riempiendolo di libri e scartoffie pur di non vederne i nodi esposti malamente. «So che vuoi esserci, ma non è niente di importante... è solo il primo colloquio e se va bene possiamo festeggiare stasera, ok?» Gli si avvicina e gli stampa un bacio sulle labbra, ma lui ne approfitta e la intrappola in un abbraccio che non ammette repliche. Le mani esperte corrono sui fianchi magri di Eveline, mentre l'avidità del bacio aumenta i battiti di entrambi gli attori in scena. Dolcemente, ma con una solidità invidiabile, John trascina Eve di qualche passo verso un appoggio sicuro, e quando le spalle toccano il muro della cucina, apre gli occhi. Lo fa solo perché cerca in lei la complicità di un "non mi basta un solo assaggio" e, per un attimo la vede. Incerta, la strega tiene a freno il desiderio di dimenticarsi ogni impegno per passare ancora più tempo tra le braccia del marito... ma sa che non può disertare. Con l'evidente malincuore che strappa un sorriso obliquo al mago, la donna scioglie l'abbraccio e si libera. «Porto Amber con me..» afferma. La bimba, ignara di quell'intimo momento, è seduta - è sprofondata, in verità - sulla poltrona del salotto, intenta a leggere una fiaba; ha già sette anni! «Va bene... ma vedete di tornare per cena, ragazze!» ammonisce, divertito, per poi avvicinarsi all'orecchio delicato di Eveline e sussurrare un : «... perché vorrei riprendere il discorso, più tardi.». Non aspetta una risposta, basta lo sguardo intenso di lei per capire che è tutto assolutamente reciproco. «Andiamo Amber, oggi ti faccio vedere dove lavoro! Prendi il cappottino.».....


Non ne può più, e nel momento in cui gli occhi gelidi incontrano la pietà e la compassione, le dita affondano nei braccioli della poltrona. È stanco perfino di sentirsi amato. La voce di May lo riporta alla realtà, ma quest’ultima fa così male che il trauma si ripercuote dalla ferita aperta. Il cuore singhiozza, ed un respiro mozzato riecheggia nel silenzio dell’attenzione che ora tutti gli rivolgono. «Andatevene» roca e spenta, la voce del padrone di casa prova a farsi sentire. C’è suo fratello, in piedi con la schiena appoggiata al muretto che separa la cucina dal salotto. Mayline, la sorella di Eveline, è invece seduta sulla seconda poltrona e cerca di allungare una mano verso John. Tutti gli altri; amici, colleghi... parenti alla lontana, si smaterializzano all’istante. Oh, non senza lanciargli sguardi a metà tra l’apprensione e la pena che provano per lui. Non li guarda nemmeno. «Sono passati quasi sette mesi, Johnny, devi andare avanti..» È William che riprende la parola, si nota benissimo il tono cauto che usa, conoscendo il fratellino sa che c’è bisogno di un approccio differente. Come un domatore, prova ad avvicinarsi con cautela, ma Mayiline rovina tutto, intromettendosi. «Lo stiamo facendo tutti, non sei so-» «IO STO ANDANDO AVANTI, VA BENE?» Negazione totale. Il ruggito è puro dolore, è uno di quelli che fanno tremare le ossa dalle fondamenta. E' sbagliato, stona da morire. Il silenzio che piomba dopo, allarma tutti e tre. Frustrato e stanco, John non si premura di scusarsi. “Capiranno”, si dice, mentre non trova il coraggio di guardarli negli occhi. Ma un moto di rabbia bagna le iridi azzurre di May, Che ora ce l’ha anche con lui, ed a bassa voce rincara la dose sibilando: «... non l’hai persa solo tu!» Ed è quello il momento, quando i due ingranaggi distrutti si fronteggiano, che William interviene, raggiunge rapido il fratello e lo trascina vicino ai fornelli. La donna, a pochi metri, volta loro le spalle, chiudendosi in un dolore differente, quello di una sorella che ha perso la compagna di una vita, quella a cui aveva giurato di poter badare per sempre. Nessuno di loro, però, si accorge della biondina che si stropiccia gli occhi appena all’inizio delle scale che vanno al piano di sopra. Amber è stata svegliata dal tono più alto ed allarmato del papà, e quando lo zio la fissa, anche l’uomo finalmente si accorge di lei. Sembra un piccolo fantasma che si regge a stento nella camiciola color pesca. Pallida, con i capelli biondi che scendono lunghi e arruffati, gli occhi rossi di chi sa di avere più di un motivo per per piangere ma non sa quale scegliere. Addolcito, John spegne ogni istinto e ricaccia indietro ogni parola di vetro, per correre ad abbracciare la bimba e stringerla a sè. La piccola non dice nulla, si aggrappa a lui e basta. Dagli occhi chiusi di entrambi scende una lacrima. Mayline si avvicina in silenzio, accarezza la testolina della nipote, e poi svanisce in uno schiocco dolce. William, invece, appoggia una mano sulla spalla del fratello minore. Non c’è bisogno che si guardino per sapere qual è l’espressione di ognuno.«Fallo per lei, se ancora non riesci a farlo per te. Non le hai perse entrambe, ok? Vai avanti per Amber».

Devo andare avanti per te, mi dicono... ma come faccio?



Edited by ˜Serenitÿ - 6/5/2019, 21:26
 
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