Via!, [Quest]

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view post Posted on 28/5/2019, 22:17
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Auuuu

Lo sguardo assonnato di Camillo rimbalzava un po’ in ogni dove, andando a sfiorare i vivaci dettagli del villaggio in cui aveva deciso di trascorrere il suo sabato libero. Lo studente non aveva molte alternative per impiegare il proprio tempo, ma la prospettiva di spenderne altro rinchiuso tra le mura del Castello - ancora peggio, barricato nella sala comune della sua casata - era stata presto ignorata. Non esisteva una valida ragione per farlo. Al contrario, da che l’olandese aveva memoria, Hogsmeade riusciva a regalargli pomeriggi gradevoli anche quando si ritrovava in balia della nullafacenza più contemplativa. Tranquillo ed allo stesso modo animato, monotono, ma ancora in grado di stupire, era perfetto per staccare un po’ la spina. Così il tassorosso si era lasciato Hogwarts alle spalle per qualche ora, provando l’ebbrezza di un'emancipazione illusoria, dono del fatto che potesse avventurarsi in autonomia al di fuori dei suoi confini. In quel frangente non si identificava più come un alunno, ma come semplice visitatore.
Seduto su un muretto di cinta, con le gambe a dondolare nel vuoto ed i gomiti pigramente appoggiati sulle ginocchia, Breendbergh studiava le fattezze di chi percorreva le stradine del villaggio. Come lui, altri studenti avevano approfittato dei permessi, che l'istituto concedeva nel fine settimana, per farsi una passeggiata da quelle parti e magari anche una breve sosta nei pub o nei negozietti di zona. Chi da solo e chi in compagnia. Di loro l'ozioso turista poco si curava. Alcune facce note avevano catturato la sua attenzione per qualche istante, ma l'interesse era presto scemato, virando altrove. Si soffermava più volentieri su figure sconosciute, perlopiù adulti, gente che con lezioni e casate ben poco aveva a che fare. Uomini e donne con addosso indumenti tipici del mondo magico, che se ne andavano a spasso ornati con accessori vistosi, stravaganti, mai troppo per i suoi gusti. Un'anziana signora, avvolta fino al collo come una mummia in tessuti dai colori primaverili, riuscì a strappargli un sorriso sincero. Nei suoi abiti primeggiavano il verde chiaro e celeste, con delle punte di lillà, che si affacciavano al pari fiori curiosi in una distesa di fili d'erba sul ciglio di un corso d'acqua. Camillo la osservava darsi stabilità con il bastone, fantasticando sul suo passato, presente e futuro, mentre pian piano scompariva in uno dei locali del villaggio. Del resto lo aveva fatto per chiunque prima di lei.

Tra tutti, a farlo scendere dal muretto su cui si era appollaiato, fu un tizio che la magia sembrava averla vista solo in foto. Lo studente non riuscì a comprendere il perché di quella sua immediata reazione, almeno non subito. Provò dapprima il senso di smarrimento più totale, poi l'impulso di pedinarlo, prima che anche quest'ultimo svanisse dal suo campo visivo. Il tonfo delle scarpe contro il suolo fu chiassoso, ma i passi che seguirono discretamente furtivi. Cercava di stargli dietro, ad un'abbondante distanza così che non potesse accorgersi di essere seguito. L'uomo, sulla trentina a colpo d'occhio, indossava un paio di jeans, una camicia scura come il carbone e portava con sé una borsa da viaggio in pelle nera, su cui la luce del sole si rifletteva creando delle sfumature color petrolio. Percorreva la via principale di Hogsmeade con un'andatura spedita, tanto che il marmocchio faticava a stargli dietro senza dover correre. L'unica meta plausibile, ci ragionò, doveva essere la stazione dei treni. Quando Camillo arrivò all'ovvia conclusione - gli indizi parlavano chiaro - iniziò a comprendere perché la fretta dell'uomo lo avesse contagiato, perché la passione per le sue vicende avesse divorato la noia in un unico boccone e perché fosse tanto desideroso di conoscere i suoi progetti a breve termine: lui se ne stava andando. Scappare, abbandonare tutto e tutti senza dire una parola, viaggiare per esplorare una nuova destinazione. La prospettiva lo allettava più di quanto la ragione fosse in grado di analizzare. Un po' tentava di ritrovarsi in quel viaggiatore che toglieva le tende, lasciandosi il villaggio alle spalle, ma tutto ciò che gli restava in mano era l'invidia. A lui quel lusso non era concesso. Nonostante lo sguardo scoraggiato, stanco e incorniciato dalle leggere occhiaie, fisso sulle immagini della folta chioma di capelli corvini mossa dalla frenesia della camminata, il tassorosso bruciava di un rinnovato entusiasmo. Si domandava come avesse fatto ad essere così cieco per tutto quel tempo. I mezzi di trasporto non mancavano, andavano e venivano sull'infinita distesa di rotaie da sempre e non solo per scarrozzare gli studenti. Possibile che ci fossero altre tratte, oltre a quella in collegamento diretto con King's Cross? C'erano altri villaggi di maghi in quello spicchio di Gran Bretagna?
Lo studente raggiunse la stazione, dimenticandosi completamente del signore con la borsa da viaggio. Non vi era più alcun interesse per ciò che lo riguardava. Tutta la passione del tassorosso era stata finalmente cucita addosso all'idea che la sua breve apparizione aveva trasmesso. La possibilità di salire sul primo vagone con le porte aperte, alla volta dell'ignoto, era qualcosa di reale. Uno schiaffo alla noia. Un gesto di ribellione proibito, ma allo stesso tempo concreto, fattibile. Inevitabile, forse. Ci aveva ragionato quel tanto che bastava per convincersene: prima o poi anche lui si sarebbe concesso una marachella, più avanti avrebbe scelto di correre il rischio di perdere qualche punto, di incappare nelle ire dei suoi docenti, pur di non perdere la ghiotta occasione di vivere un momento di vera libertà. Anche se quel momento non era ancora giunto, informarsi non gli sarebbe certo costato una punizione.
Breendbergh fissò per qualche istante il binario vuoto, correndo con la mente sul filo delle proprie fantasie. Il primo pensiero andò a Casey, che Storia della Magia quel pomeriggio gli aveva sottratto. Gli sarebbe piaciuto prendere la sua donna per mano, dirle che quel giorno non ci sarebbero stati per nessuno, se non per loro stessi, e portarla con sé chissadove, alla scoperta di una località mai visitata prima di allora. Una passeggiata a braccetto tra viette mai percorse, un tour in tutti i parchi e le piazzette, i negozi di articoli magici e non, un salto in questo e quell'altro pub, poi dal piadinaro, kebabbaro o ristorante chic che fosse. Avrebbe amato tutto ciò e ci avrebbe scommesso la chiappa che sarebbe stato così anche per lei.
Chiunque avrebbe scoperto che c'era molto di più, se solo avesse alzato il mento oltre la siepe. Si era sempre chiuso nella convinzione di essere intrappolato, ma gli era bastato sbirciare all'orizzonte per incassare quella botta di energia che da tempo non provava, per sentirsi rivitalizzato. Quasi stentava a crederci.
Hogwarts aveva iniziato a stargli stretta, così anche Hogsmeade. Amava il Castello, amava il Villaggio, ma ora che le prospettive si erano ampliate sentiva la necessità di abbandonare la sua routine, di porre dei sottili intervalli tra un ciclo di lezioni e l'altro. Non perse tempo, staccò gli occhi dal nulla e si mosse all'interno della struttura in cerca di qualcosa. L'ideale sarebbe stata una biglietteria, un capotreno o un capostazione, qualunque persona avesse potuto dargli indicazioni precise. Doveva assolutamente scoprire se l'unico viaggio che il fato avesse voluto concedergli fosse stato quello mentale che si era appena fatto. Era tutto così ovvio che temeva una delusione. La ragione gli suggeriva che fosse solo un citrullo.





Statistiche:
- PS 220
- PC 161
- PM 199
- PE 19

Inventario:
- Bacchetta
- Ciondolo della Fenice
- Collana con Medaglione
- Anello Difensivo
- Anello dei Gemelli (in comunicazione con Casey)
- Zaino con all’interno qualche snack, una bibita, un quaderno, l’astuccio portapenne ed una sacchetta contenente una manciata di galeoni
 
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view post Posted on 1/6/2019, 07:09
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Il Fato

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Oltre l’est l’alba, oltre l’ovest il mare, e tra l’est e l’ovest la sete del Viaggiatore

lMxom9U
Soltanto un'ora prima di un giorno così estivo, la pioggia aveva trascinato con sé ogni felice aspettativa: un momento ininterrotto, al principio di ogni migliore proposito, di passeggiate in riva al lago o di acquisti allo sbaraglio, di caffè condivisi alla buonora e di torte glassate sui tavolini in legno all'esterno delle più rinomate pasticcerie. Il cielo si era trapunto di nuvole, prima lentamente e poi con maggiore insistenza, fino ad espandersi in una tavolozza di tempre scure, grigie, buie, che già allontanavano a malincuore la folla gremita lì al Villaggio. Ombrelli all'occorrenza, incantesimi sussurrati a fior di labbra, infine la frenetica corsa verso un riparo più concreto: nulla si poteva contro gli scherzi del meteo. Ma proprio quando il temporale sembrava imperversare, il sole - curioso, in un raggio appena accennato, così solitario - aveva sorriso ai buon fedeli: prima timido, poi sempre più sicuro, era spuntato tra gli sprazzi di un azzurro chiaro, etereo, tanto limpido da divenire un tremolio tra le restanti nuvole. Più in fretta di quanto si potesse immaginare, era tornato il bel tempo e anzi, vinto dall'improvvisa scarica d'acqua piovana, impazziva di colori e di piacevoli richiami tra le strade acciottolate del sobborgo di Hogsmeade. I primi ad uscire allo scoperto furono i bambini, sulla scia di una promessa rinnovata di giocare, di divertirsi, di stare semplicemente in compagnia; seguirono gli adulti, tra genitori e altri passanti, tra giovani e studenti allo sbaraglio, e così via in una fiumana consapevole, come se la pioggia fosse stata soltanto una prova. Le serrande dei negozi più vulnerabili alle intemperie si sollevarono leste, lasciando così scivolare via le ultime goccioline fin sull'asfalto bagnato; a colpi di bacchetta, le caffetterie aprivano ancora una volta i battenti, le sedie in legno ripristinavano il loro ordine, infine coppiette e turisti già si avvicinavano alla conferma di una bevanda in comune. Andava bene così, andava bene così per tutti loro. Il Villaggio si riprendeva come se nulla fosse accaduto, e in quella frenetica constatazione si inseriva una routine che già annunciava bellezza. Un bambino dai riccioli più lucenti dell'oro passò correndo verso il negozietto di dolci più ambito del luogo, trascinandosi dietro una donna di mezza età - l'aria stanca, e tuttavia lo sguardo vivace come quello del piccoletto -, gridando ai quattro venti «Cioccorane, Cioccorane», al principio di un acquisto così delizioso. L'aria profumava di fiori e di pioggia, di terriccio e di asfalto, in una mistura che richiamava il prologo di una frizzante stagione ormai in arrivo. Più si procedeva, più le sfumature del Villaggio si accentuavano, ed era così piacevole passeggiare per i suo vicoli - ora che l'aria si era rinfrescata a dovere. Un gruppetto di ragazzine passò accanto ad un altro studente, lì alla ricerca di un'avventura. La pioggia non lo aveva sorpreso in negativo, lo accoglieva anzi con tutte le promesse del caso. Alla guida di un senso di curiosa aspettativa, il Tassino si incamminava a passo rapido così verso chissà dove: ovunque, quella la direzione; per sempre, quello l'incanto più odierno. Si stagliava nitida una frenetica consapevolezza, per lui e per chi lo circondava, e più si dissolvevano i profumi di dolci e caffè alle sue spalle, più si percepiva piacevolmente un gusto molto più arcigno, molto più vivo. Ad un soffio di vento più freddo, le studentesse lì nei dintorni si strinsero improvvisamente nelle divise indossate, finché ridacchiando imboccarono una stradina laterale. L'uomo adocchiato dal Tassino, al contrario, continuava diretto, di fronte, verso la principale stazione dei treni.

ETluuhx
Una schiera di valigie - rosse, nere, alcune così variopinte - accolse i nuovi viaggiatori in quell'angolo ancor più trafficato del Villaggio. I rumori si accentuarono, il trambusto pure, sulla scia di treni già in partenza, di locomotive in revisione, di squilli e campanelle al richiamo dei vari passeggeri. Il vapore sostituiva l'aroma candido del miele del centro del sobborgo, il carbone rimpiazzava gli effluvi delle caramelle più eccentriche, finché la stazione si rivelò in tutto il suo caotico bagliore. Il centro delle partenze e degli arrivi era gremito come non mai: coppie che si abbracciavano, amici che si ritrovavano, bambini che restavano stretti stretti ai genitori, e così via. Un ragazzo si strinse al corpo del vicino e quando si sciolse dalla presa dell'altro, il volto tentò di mostrarsi invano impassibile: non si volse più indietro, non una volta, portando con sé una borsa a tracolla e lo sguardo di un affetto reciso. Un giovane sognatore, lì sui gradini di un vagone dalla porta ancora spalancata, sembrava prendere appunti, sulle ginocchia aveva un taccuino e si passava tra le mani una piuma carica d'inchiostro; le voci, prima ancora dei suoni e dei colori, risaltavano all'attenzione in un cicaleccio indistinto, e più si tentava di prestare ascolto, più le lingue impattavano alla ribalta di una visione multiculturale, dinamica, così intensa. L'uomo adocchiato dal Tassino aveva smesso di correre, ormai sembrava aver raggiunto la postazione di arrivo: vestito in modo casuale e tuttavia impeccabile, estrasse dal taschino interno della camicia scura una cartellina color ocra e la porse al botteghino cui si era fermato. Mormorò qualcosa allo sportello di fronte e l'attimo dopo ottenne in cambio un biglietto bianco, che parve brillare al metallo del treno alle sue spalle. Qualcuno suggeriva di affrettarsi, lì nei dintorni. «Ultimi posti per Tiade, ultimi posti!» si sentiva vicino e a quell'ordine diversi passeggeri strinsero le proprie valigie e corsero via, di fretta. Lo stesso giovane scribacchino si alzò dai gradini del vagone, a riprova del fatto che il treno - quel treno - fosse in partenza.
«Cinque Galeoni per Tiade, dieci per Londra, tre per Hortimes.»
«Tiade in festa, Mellior in fiore.» «Da questa parte, Ser.»
«Carrozza numero sette.»

Si alternavano in toni gentili, pacati, tuttavia diretti. Non c'era più tempo, le partenze del giorno si avvicendavano con tutte le promesse del caso, ma il botteghino era ancora aperto - il più prossimo, ce n'erano però altri, la stazione era piuttosto grande - e la fila si era ormai quasi del tutto assottigliata. Il treno più vicino indicava Tiade con un cartello svolazzante, a mezz'aria, dalle lettere cubitali e in bella mostra. Alla carrozza numero sette, accanto al Tassino, l'uomo con la valigetta scura si inerpicò sui gradini per salire e trovare il proprio posto, ma per un fallo del piede, scivolò all'imboccatura del vagone e la sua borsa capitombolò all'indietro. Si riprese subito, ma i lacci della valigetta al contrario si erano aperti e lasciavano libere, come furfantelle, tre sfere perfettamente circolari, trapunte di un nero più scuro della pece. La prima rotolò via più delle altre, arrivando ai piedi di Camillo. Quando l'uomo si volse indietro, rimettendosi in piedi, recuperò la borsa e imprecando silenziosamente, senza accorgersi della propria perdita salì verso il vagone. Al Tassino restavano le Sfere del Drago, il biglietto per la Terra Promessa, il Botteghino dei Sogni. Tiade, poteva interessare quel nome casuale? La scelta era stata condizionata, sicuramente, ma quelle sfere erano vicine, recuperarle e portarle alla carrozza non sarebbe stato difficile. C'era tutto un nuovo mondo da esplorare ancora dal vivo, così di persona. La caotica vibrante stazione attendeva un solo comando da parte di un altro suo Viaggiatore.
 
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