What kind of man do you think I am?
La testolina della volpe si inclinò leggermente di lato quando dalla bocca della strana creatura di sesso femminile uscirono degli strani versi, agitando le proprie “zampe” affusolate verso la sua direzione, in un linguaggio che a stento capiva; certo, la sua parte umana provò a suggerirgli qualcosa come “
equivale ad un vattene”, ma la controparte animale sembrò sorda sia alla razionalità sia alla richiesta del
Gigante femmina. Anche se il suono prodotto da quest’ultima fu di una tonalità alquanto fastidiosa e acuta, la volpe - testarda com’era, nonché un riflesso della propria versione umana - non si mosse, ma si limitò a sbadigliare sonoramente.
Yawnnnn.La fissò mentre produceva altri suoni, finché non decise di indietreggiare e allora associò i versi della
Straniera come un modo per comunicarle la propria resa, abbandonando quel territorio ormai conquistato. Gli occhi blu della creaturina dal manto rossiccio si fecero più attenti quando vide l'essere agitare qualcosa che aveva stretto in una zampa, risvegliando la propria parte umana che le inviò un impulso chiaro e conciso:
Inseguire. La volpe, stranamente, sembrò dello stesso avviso e si rialzò una volta che la
Straniera fu scomparsa dalla propria visuale, ma ancora udibile e facilmente rintracciabile attraverso l’olfatto.
Era la prima volta, la prima presa di controllo, che Aiden era riuscito a stabilire da quando era diventato Animagus. Un piccolo passo, ma pur sempre un traguardo, che prima o poi lo avrebbe condotto ad instaurare una maggior presa di posizione su quel corpo e su quell’istinto animale che - al momento - non voleva saperne di essere domato.
Le zampe della volpe, esili ma agili, trotterellarono in silenzio tra la fitta vegetazione, sebbene a volte calpestasse diversi rametti secchi e smuovesse diversi cespugli. Anche se fosse stato percepito dalla strana creatura continuò a mantenere una certa distanza di sicurezza tra loro, senza palesarsi alla vista, dato che ancora non aveva la certezza se potesse trattarsi di una minaccia o meno; tale divario era tenuto sotto stretto controllo dall'olfatto, mentre i propri passi erano direttamente proporzionali a quelli della
Straniera. Quando poi si fermò, anche la volpe arrestò la propria marcia, nascosta dietro un basso cespuglio di rovi. Alzò la coda verso l’alto, come una sorta di antenna, agitandola nervosamente di tanto in tanto, frustando l’aria con indecisione; nel mentre abbassò appena il busto per poterla osservare meglio attraverso le fessure del cespuglio e le narici percepirono l’aroma dello zenzero.
Sniff sniff. Annusò dunque con più insistenza, passandosi la lingua sul muso, provando un forte senso di fame: aveva già l'acquolina in bocca al solo pensiero di avere quel fantastico biscotto speziato allo zenzero.
Cibo! Mio! Una semplice constatazione, una reazione fisica e spontanea che indussero la bestiolina a rivelarsi alla
Straniera; sgusciò quindi dal proprio riparo sicuro, lentamente, con passi misurati e guardinghi, le narici che si dilatarono ritmicamente verso il punto in cui aveva percepito l’odore. Indugiò diversi istanti, inquadrando la figura grigia del
Gigante che si era come accovacciata, riducendo le proprie dimensioni e inducendo la volpe a provare meno soggezione, percependo molti altri odori oltre allo zenzero. La scia floreale che aveva percepito diversi minuti prima nella strana creatura si era fatta più marcata e intensa, permettendo all’animale dal pelo rossiccio di associare quel profumo a quello di un giglio. Era strano, ma non percepì più la traccia di paura che aveva avvertito nella
Straniera in precedenza, e a cui non aveva dato molto peso, trovandola più sicura di sé e in un atteggiamento amichevole. Aveva infatti proteso un pezzo di quella delizia verso la volpe dopo averla addentata lei stessa, e questo strappò al piccolo animale un verso sommesso che avrebbe potuto equivalere al disappunto, come se volesse dirle: “
Ehi, ti stai mangiando il mio cibo?”. Anche se quello della
Straniera era un gesto di pace, offrendosi di condividere il proprio cibo, per la volpe quel biscotto era già come suo e ben presto se lo sarebbe preso, sfilandolo dalla zampa tesa dell’altra.
Si avvicinò sempre di più, diffidente, e quando fu a pochi passi dalla strana creatura, la volpe arcuò la schiena verso il basso e fece risalire gradualmente il muso verso l’arto teso della
Straniera, sfiorandone la pelle con il naso umido e registrandone gli odori. Non era ostile, non era una nemica, non voleva nuocerle in alcun modo. Agitò appena la coda, per poi rilassare la propria postura e risalire con il muso verso il lato della zampa in cui giaceva il tanto agognato cibo dalla quantità molto più consistente delle briciole sul terreno. Istintivamente portò una zampa su quella dell’altra, come per impedirle di ritrarsi e negarle così il cibo; la lingua ruvida guizzò e attirò il pezzo di biscotto, per poi masticarlo con pura soddisfazione. Emise alcuni versi acuti e gioiosi, agitando la coda con più energia, quando prese a leccare l’arto della sua novella amica.
[1]Non c’era più la stessa diffidenza di prima, non si sentiva più così impaurito da lei, ma ora vigeva una strana sorta di attrazione, quella di due mondi che si incontravano e stabilivano un legame che pochi avrebbero compreso. C’era pace tra loro.
La volpe fu sul punto di bramare una maggiore dose di attenzioni da parte dell’umana - mettendosi a pancia all’aria -, oltre che di cibo dopo aver leccato via le briciole presenti sul terreno; ma le improvvise parole che la ragazza proferì furono dette con un tono fin troppo elevato per le orecchie della bestiolina, che la fece scattare sull'attenti. Udire quel nome riportò la mente umana di Aiden a galla e la paura di veder cessare la magia che lo teneva coeso al proprio aspetto animale proprio davanti a lei fu troppa, tanto quanto lo spavento che la volpe si prese per quei suoni che erano giunti alle sue orecchie con innata prepotenza.
Corse via ad una velocità sorprendente, sparendo tra i cespugli di rovi in pochi istanti, e cercando un rifugio sicuro, mentre Aiden spariva nuovamente sotto il peso della mente animale. Durò poco,
pochissimo, che la fuga venne brutalmente interrotta a seguito di una violenta collisione contro un pino: la volpe picchiò il muso e al posto del consueto guaito di dolore, un lamento umano si levò oltre quel groviglio secco e colmo di spine appuntite. Gli effetti del
Mutas erano cessati e la pelle della volpe era scomparsa, riportando Aiden al suo aspetto originario con tanto del consueto dolore da trasformazione, seppure in modo lieve rispetto al passaggio da umano a animale. Si ritrovò con la faccia premuta contro il tronco dell’albero, la bacchetta ancora serrata nella mano destra, i rovi che si erano avvinghiati dolorosamente attorno alle sue braccia e busto, mentre il naso pulsava dolorosamente per la botta subita, rotto e sanguinante.
«
Maledizione!» sbottò quando cercò di liberarsi dalle spine che stavano incidendo sulla sua pelle graffi di lieve o media profondità. Puntò la bacchetta contro il groviglio di rovi e sibilò diversi
Diffindo prima di liberarsi del tutto. Quando riuscì ad alzarsi in piedi, constatò anche di non avere più le scarpe e che i jeans a vita bassa che aveva indosso presentavano diverse lacerazioni dalle ginocchia in giù.
Si voltò lentamente e procedette con cautela in modo tale da poter uscire definitivamente da quella zona ed evitare di ferirsi anche i piedi con le spine, finché il suo sguardo incrociò quello incredulo della Tassorosso. «
Thalia...» mormorò con voce nasale, mentre il sangue si perdeva nella barba rossiccia. Il petto si abbassava e alzava ritmicamente, facendo risaltare maggiormente il proprio fisico muscoloso e tempestato da svariati tatuaggi, oltre ad un corto e rado strato di peluria. Un pendente d’argento brillò a contatto con i raggi solari che filtrarono dalle fronde degli alberi, rivelando la testa di volpe.
Aiden Weiss era stato chiamato e il suo Dio, probabilmente, aveva fatto in modo che potesse rispondere al richiamo della ragazza. Era in piedi davanti a lei, fissandola con lo stesso sguardo terrorizzato della volpe, incapace di dire altro.