Two Worlds, Privata

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view post Posted on 8/8/2019, 19:49
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Thalia J. Moran ⚜ 18 Anni

Prefetto ⚜ Tassorosso



*Oh, ma c’eri eccome.* e Nieve avrebbe detto lo stesso, se solo fosse stata in grado di esprimerlo a parole. Per il suo carattere spesso avventato, la Rigos era portata ad affacciarsi alla vita con un fervore che Thalia le invidiava. Non era raro assistere ai suoi eccessi in ogni senso possibile e per questo lei le era estremamente affezionata: Nieve amava e odiava con la stessa intensità, come se nulla al mondo avesse più importanza del superamento di ogni confine, dell'esagerazione in ogni sua forma. Ed era questa differenza a renderle uniche e speciali: non perché fossero esseri particolarmente talentuosi o perfetti, ma per la diversità che le contraddistingueva e, immancabilmente, le univa anziché dividerle. Nieve non riusciva a cogliere la gradazione tra il bianco e il nero, finendo così per inserire un oggetto, una persona o persino un concetto nell’una o nell’altra categoria. Così, Aiden era passato dalla parte del nero, mentre lei - Thalia - era rimasta nel bianco. «Forse potresti tornarci.» mormorò «Se le lasciassi del tempo per riflettere.»
L'afflizione di Aiden per quanto accaduto la colpì profondamente, forse perché in cuor proprio Thalia sapeva di averne preso parte. Non c'era stato verso di mitigare le reazioni di Nieve, nemmeno dopo il chiarimento di quella sera stessa. Il suo orgoglio ferito era un torto troppo grande per lei e la Grifondoro se n'era fatta carico come se l'onta subita fosse stata la sua. Era evidente, almeno per lei, che la rabbia e il rancore della Rigos non sarebbero mai svaniti. C'era della tenacia in quella ferma convinzione, una caparbietà che mal si assortiva col suo carattere più diplomatico. Se ci pensava, anche quell'aspetto le aveva unite ancor prima di dividerle e cercò di ricordare perché fosse lì, in un boschetto dimenticato di Hogsmeade, invece di condividere un tè freddo con lei a Londra. *Per lei.*

«Se fossi meno impulsivo...» - di nuovo Thalia s'interruppe, memore delle esperienze passate «Forse ti risparmieresti molte seccature. Ma lo capisco... capisco perché vuoi che tutto torni com'era.» e si morse la lingua, pensando di avergli dato l'ennesima quanto vana speranza. Nieve detestava i soprusi poiché lei stessa ne era stata vittima e vedere la sua più cara amica struggersi per una ripicca mascherata in un bacio rubato l'aveva colta del tutto impreparata. Senza difficoltà, Thalia richiamò alla mente il momento in cui la verità era sopraggiunta in un tremor di labbra; lo sguardo dell'amica si era fatto vacuo, perso tra i pensieri e le implicazioni di un incontro forzato dalle circostanze e dal suo riconoscere Aiden tra la folla riunita in Sala Grande. Se solo avesse agito diversamente - magari arrivando in ritardo all'appuntamento nel Bagno dei Prefetti - o perdendosi a chiacchierare con Mike, immaginando di danzare attorno alla pira centrale, forse le cose sarebbero andate diversamente. Tutti quei se non fecero altro che annebbiarle la vista, mutando i ricordi in speranze disattese. Non aveva senso alcuno soffermarsi sull'ipotetico decorso di una tragedia annunciata e, ancora, Thalia si maledì per la sua stupidità. «E' colpa tua tanto quanto mia.» sospirò e nel farlo trovò conforto in quel peso farsi più leggero, pur sapendo quanto effimero si sarebbe rivelato quel benessere «Sono responsabile quanto te. Tu hai solo cominciato, ma io... » - s'interruppe, cercando le parole più semplici per esprimersi e mai, mai in vita sua era stato tanto difficile «...io ho scritto la fine.»
Avrebbe cercato di contraddirla, lo sentiva nell'aria tesa tra loro, e fu per quel motivo che lo sguardo della strega s'indurì. Non sopportava di essere sottomessa, ma non gradiva che le fossero fatti sconti di alcun genere ed Aiden avrebbe dovuto impararlo. Così, certa che il suo sguardo avrebbe sortito l'effetto sperato nell'Auror, proseguì. «Abbiamo deciso che non ne avremmo più parlato. Per questo non lo porto.» e così dicendo sollevò il braccio sinistro, mostrando il polso delicato, l'azzurrino delle vene in netto contrasto con l'incarnato chiaro «Se portassi qualcosa di tuo impazzirebbe.» *E non solo lei.* Citare Mike in quel contesto non le era sembrato saggio poco prima e giudicò sensato ometterne la presenza anche allora, anche quando sarebbe stato necessario ricordargli perché la felicità di Thalia fosse tanto importante per Nieve. Il silenzio che seguì fu solo una parte delle conseguenze di quella rivelazione e per poco, riflettendoci, Thalia non perse di vista la vera ragione del loro colloquio. Infilando una tasca nei jeans, vi trovò il biglietto; lo strinse con forza, appigliandosi a quel sottile strato di carta per trovare la convinzione necessaria a compiere il passo successivo. Non era entusiasta di intrufolarsi nell'abitazione di quell'uomo, ma Nieve vi era stata invitata in più occasioni e, forse, entrarvi a propria volta avrebbe facilitato il processo di comprensione circa le ragioni per cui aveva scelto di rinnegare la loro amicizia.

L'istinto di ribattere con un "Lo so benissimo, l'ho studiato." fu trattenuto a stento, per amore di quella poca decenza che le era rimasta. Non le piaceva essere etichettata come la secchiona del suo anno, preferendo la patina di strega promettente che sua madre rinnovava ogni volta che qualcuno fosse disposto ad ascoltarla. «Non oso immaginare.» commentò allora, con la giusta diplomazia che si conveniva alla figlia di qualcuno che dell'uso delle parole aveva fatto il proprio mestiere. Leanne non si sarebbe limitata a quella sciocca constatazione, ma Thalia non voleva parlare di Animagus e trasfigurazione umana. Non era per questo che aveva fatto tanta strada dopo essere arrivata nel caminetto della sala da tè di Madama Piediburro. «Certo, il dolore. Calza perfettamente!» brontolò, l'espressione corrucciata e il palmo arrossato dal contatto inaspettato con un'ortica. La tentazione di grattarsi era così forte da lasciarle la mente sfinita a quel pensiero e solo quando presero un sentiero invisibile - ma che Aiden sembrava conoscere bene - smise di lamentarsi del fastidio. Quando si voltò per l'ultima volta, la ragazza nascose la mano dietro la schiena: dubitava che in quei jeans fosse rimasta traccia di una fortuita boccetta di Dittamo o di qualche altro strano intruglio, ma non aveva intenzione di avvicinarsi a lui più del necessario. Non aveva ancora superato l'imbarazzo nel vederlo a torso nudo, né lo sconcerto per quei tatuaggi era diminuito d'intensità ora che l'unica parte visibile del suo corpo era la schiena. Così, nel trovarselo di fronte, rabbrividì ancora e sperò che Aiden non si facesse l'idea sbagliata su quel brivido pronto ad incresparle la pelle delle braccia nude. «Oh... beh...» biascicò, concentrandosi su un punto al di là delle sue spalle «S-sono abbastanza sicura che tu abbia già fatto abbastanza, in passato, non ti pare?» e con qualche secondo di ritardo Thalia riuscì persino a curvare le labbra in un sorrisino appena accennato, tale da far sorgere un'espressione benevola sul volto di lui. «Credo sia impossibile superare... quello.» e il capo indicò un punto imprecisato alle sue spalle, là dove riteneva si trovasse il sentiero del loro ultimo incontro. Stemperare il momento sarebbe stato difficile persino per Eloise Lynch - pensò, stranita dal fatto che il volto lentigginoso della compagna le tornasse alla mente proprio in quell'istante -, dunque si limitò a cercare una distrazione altrove, mirando alla foresta in apparenza senza fine, ad eccezione di una radura non troppo ampia, con tronchi accatastati qua e là senza un ordine preciso. Annuì alle parole di Weiss e cercò nelle tasche il biglietto. La mano le prudeva molto, ma finse di non curarsene: aperto il messaggio, si stupì di quella frase. «Di solito si usano parole strane. Corte. Talmente strane e corte da essere semplici da ricordare.» puntualizzò, il tono saccente riemerso senza indugio nel rivolgergli uno sguardo poco accondiscendente. «Comunque... se mi stai prendendo in giro ti trasformo in un furetto. Non ti conviene sfidarmi.» *E non scherzo.* - si schiarì la voce, pronta a dar vita a quel piccolo rituale. Si augurò che fosse davvero quella la parola d'ordine e, senza indugio, cominciò: «Sotto un cielo stellato mi celo... sotto un cielo splendente mi rivelo. L'amico entra... il nemico resta!»

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view post Posted on 14/8/2019, 21:32
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Aiden Weiss
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«Pensi davvero che non abbia considerato la cosa?» rispose con semplice naturalezza, guidato da una sorprendente calma, evitando così di apparire scorbutico agli occhi della Tassorosso. Se c’era una cosa che Thalia doveva ancora apprendere di lui, era che - quando voleva ed era consapevole di non avere altra scelta - si prendeva tutto il tempo necessario per studiare ad hoc la situazione e ribaltarla a proprio vantaggio, oltre a non essere uno sprovveduto. Non sarebbe servito a nulla prevalere ad ogni costo su Nieve e il suo carattere indomito, ma quanto meno aveva imparato a conoscerla quel tanto da decretare una tempistica d’attesa affinché la Grinfondoro potesse ammorbidirsi a sufficienza per un colloquio più civile. Temporeggiare per far calmare le acque era una strategia che non gli era affatto sconosciuta, ma non si mostrò offeso dinanzi alle parole della Moran, conscio che l’avesse fatto semplicemente per consigliarlo piuttosto che per apostrofarlo. «Secondo te perché ho atteso così tanto anche solo per parlarti di lei a riguardo?» E lasciò cadere la domanda, senza aggiungere altro, dando così modo alla ragazza di formulare una possibile risposta da sé. «Una volta che ci saremo accomodati in casa, ti assicuro che ti dirò tutto.» la rassicurò, ma facendo aleggiare nell’aria la promessa di essere aggiornata su qualcosa ben lontano dall’essere confortante.

Com’era prima? Ma era davvero possibile? Volevano illudersi che - nonostante tutto - fosse ancora realizzabile? O la trasformazione che aveva intravisto in Nieve avrebbe compromesso ogni sforzo compiuto?
Aiden sospirò profondamente, ascoltando in remoto silenzio le parole di Thalia. Voleva poterle credere, ma dopo l’attacco subito quel giorno ad Hogsmeade aveva iniziato a dubitare di tutto. Non era più una semplice questione di impulsività, ma piuttosto una questione di ignoranza. Quanto poteva considerarsi informato sulla vita passata di Nieve e dei suoi attuali trascorsi? Quanto la conosceva davvero? Forse erano sempre rimasti come due estranei, rimasti legati da una sorta di simpatia reciproca per alcuni lati frizzanti dei loro rispettivi caratteri, con lei totalmente incapace di aprirsi a lui e diversamente dalla prospettiva dell’Auror. Già quel semplice fatto gli causava una fitta dolorosa, come se tra loro vi fosse sempre stato una sorta di equilibrio precario, pronto ad infrangersi alla prima e lieve oscillazione sbagliata. Aiden le aveva concesso il suo affetto e fiducia, ma senza venire ricambiato: questa era stata la verità che si era ripetuto più volte da quando si era ritrovato pietrificato e completamente alla mercè del Tormentam.
Thalia provò a convincerlo della sua complicità nella rottura dei rapporti tra l’uomo e Nieve, ma non osò ribattere, perché - infondo - sapeva che un fondo di verità c’era, oltre allo sguardo duro che la ragazza gli scoccò per guadagnarsi il suo indiscusso silenzio a riguardo. Non aveva idea di cosa si fossero dette le due amiche per scatenere l’ira della Grinfondoro, se fosse stato intenzionale o frutto di una incomprensione forgiata da cose non dette nell’interezza. Si era chiesto infatti se la rossa avesse raccontato tutto a Nieve, per filo e per segno, persino la ragione di quello strano legame che gli aveva spinti più volte ad incrociare le loro vite.
«Se sapesse che mi sono fatto beffe delle sue minacce impazzirebbe...» esclamò, facendo eco alle parole della Moran quando gli spiegò il motivo dell’assenza del suo dono. Non l’aveva fatto per offenderlo, semmai per scongiurare le ire della Rigos e non darle alcun dispiacere; ma quel dispiacere era invece destinato a lui, la persona che contava di meno tra loro tre, sentendosi come il più indesiderato dei terzi incomodi, specialmente se poi doveva considerare persino il ragazzo di Thalia.
A pezzi, Weiss incassò in silenzio quell'ennesima stoccata alla sua persona, mentre la sensazione di avere un mucchio di cenere in bocca crebbe a dismisura, impastandogli le fauci. Era stato uno stupido ad averle fatto un dono, così come tutte le volte che aveva osato fare un regalo ad una donna: nessuna manifestazione di averlo gradito, nessun ringraziamento per quel gentile pensiero. E per quanto Thalia avesse deciso di non indossare il bracciale che le aveva donato per non infastidire ben due persone, aveva finito con l’infastidire lui, pentito di aver assecondato quei sentimenti mitigati dalla sua innata cordialità. Non lo diede a vedere, ovviamente, mantenendo un’espressione neutra e priva di qualsiasi emozione che non fosse rivolta alla frustrazione della perdita di Nieve. Thalia, infondo, aveva stabilito le sue priorità e al fulvo non restava altro che accettarle senza discutere.
«Non c’è mai fine al peggio e credo che questo tu lo sappia… Ma sì, sicuramente non riuscirei a fare altro che possa superare quello.» mormorò. Si ritrovò a ricambiare il sorriso di lei, per quanto fosse amareggiato che lei reputasse un bacio rubato grave più di qualsiasi altra cosa; a conti fatti, se solo Weiss fosse stato un altro tipo d’uomo, probabilmente avrebbe potuto fare di peggio, ma grazie al cielo non lo era.
Emise una piccola risata divertita dopo essere tornato a fissare la radura davanti a sé, per poi respirare a pieni polmoni quella che per lui era aria di casa. «Non sono mai stato semplice. Non in tutto almeno.» confessò, il sorriso furbo sulle sue labbra sempre più evidente. Ormai Thalia avrebbe dovuto capirlo che non era un caso se si poteva trasformare in una volpe, ma che vi fosse una perfetta correlazione con la famosa indole della creatura. «Io, i furetti, me li mangio a colazione!» aggiunse poi, tornando a ridacchiare da sotto i baffi. «E poi… Non oserei mai mettermi contro di te o dovrò dire addio a quei deliziosi biscotti allo zenzero.» Tentò di scherzare con lei per allentare ulteriormente la tensione sempre presente tra loro, nella remota speranza di riportare il loro rapporto allo stesso livello di quando si erano incontrati sul fiume Shannon, a Limerick. Desiderava ardentemente recuperare almeno con lei, benché ambisse a ben altro; ma se l’amicizia della Moran era l’unica cosa a cui poteva aspirare, allora avrebbe dovuto imparare a farsela bastare.

La formula che teneva la propria dimora lontana da sguardi indiscreti venne pronunciata e da lì a pochi secondi l’aria prese a vibrare, ondeggiando come delle piccole onde traslucide, fatte di specchi, andando infine a rivelare la Tana della Volpe. Aiden aveva detto il vero per lettera: “Solo perché non vedi una cosa, non vuol dire che questa non ci sia”.
Nella piccola radura, dotata di pochi alberi sparsi qua e là, sorgeva una villetta in pietra, ricoperta da una parete di edera in svariati punti, rendendo così meno appariscente la struttura. Il giardino posto sul retro non era visibile da quel punto, ma lo spazio a disposizione era tanto e diverso legname era accatastato vicino alle scale che conducevano al portico d’ingresso. Verso il lato Ovest della casa vi erano diversi fili su cui giaceva il bucato fresco di giornata e diverse buche ai piedi di qualche albero e una piuttosto grande vicino alla parete dell’abitazione: la volpe si era divertita a scavare delle gallerie in quella sua ampia tana proprio sotto le fondamenta stesse della villetta.
L’ululato di Lancillotto irruppe da dentro casa, accogliendo sia il padrone che l’ospite. Aiden si domandò se il suo cane - in presenza di Thalia - si sarebbe dimostrato più tollerante nei suoi confronti da quando il suo odore era cambiato.
«Vieni...» mormorò, facendole strada verso la porta d’ingresso. Una volta percorsa tutta la piccola rampa di scale, l’Auror aprì la porta in legno e la spalancò, per poi farsi da parte e permetterle di entrare per prima.
Gli interni erano quasi interamente in legno, ad eccezione di alcune parti in cemento e del camino in pietra, rivelando un immenso soggiorno e la cucina comunicante con uno stile prettamente rustico e antico, oltre ad una rampa di scale che conduceva al piano superiore e a due porte che collegavano altre due stanze comunicanti. Il lampadario era fatto con corna di cervo e i divani erano completamente in pelle, in uno dei quali era seduto un cane scodinzolante pronto ad accoglierli. Della gatta, invece, non vi era nessuna traccia, ma non era da escludere che fosse nascosta da qualche parte, pronta ad attuare uno dei suoi classici attentati e lui era addirittura a piedi scalzi.
«Fa pure come se fossi a casa tua...» la invitò, chiudendosi la porta alle spalle. «Salgo un secondo a cambiarmi, non ci metterò molto. Fa attenzione alla gatta, è nascosta da qualche parte e ama affettare le caviglie altrui.» Si sentì in dovere di avvisarla su quello che era il coinquilino più pericoloso. Poi indicò il cane. «Lui è Lancillotto...» Non la avvisò dell’animo giocherellone del suo amico peloso, dato che non era scattato come una molla per travolgerla in cerca di coccole; forse non aveva molta voglia di fare le feste a qualcuno, ma si stava limitando a guardarla e mulinare la coda con entusiasmo.
Si mosse dunque per andare al piano di sopra per indossare qualcosa di più consono ed integro, mentre la coda della felina maculata di bianco e arancione faceva capolino da sotto al divano.

 
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view post Posted on 23/8/2019, 22:47
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Thalia J. Moran ⚜ 18 Anni

Prefetto ⚜ Tassorosso



Preda dei suoi timori, attese con trepidazione che la casa di Aiden Weiss si mostrasse, finalmente, ai suoi occhi. Non ascoltò la sua ironia, lasciandola cadere nel vuoto, troppo concentrata su ciò che la magia aveva celato alla sua vista in modo tanto abile. Era inutile: per quanto avesse cercato di non pensarci, Thalia aveva provato ad immaginare come dovesse essere davvero la casa di Aiden e ogni volta che il pensiero le aveva sfiorato la mente, questa non era riuscita a realizzare un’immagine precisa dell’aspetto esteriore o dell’arredo interno. Così, la sua espressione fu di pura sorpresa nel constatare quanto - in realtà - quella costruzione si adattasse bene al contesto nel quale si trovavano. Per certi versi, le ricordava il Blueberry Cottage, quello che ancora - dopo due anni - riusciva a stento a definire “casa”. Non di mattoni e soprattutto non imbiancata a calce in alcuni punti, l’abitazione di Aiden le appariva più simile ad una piccola baita, fatta di legno e pietra, con un caminetto che già la ragazza immaginava acceso nelle fredde notti invernali, col fumo grigio in sottili volute ad uscire dal comignolo. Era bella a vedersi, non poté negarlo. C’era qualcosa di lui in quella casa, nel suo aspetto rustico e in quello che facilmente definì “disordine”; benché le cataste di legna fossero ammassate ordinatamente, Thalia trovava che non vi fosse una vera e propria organizzazione degli spazi esterni, ma non se ne preoccupò. Aiden sapeva esser preciso quando voleva - o almeno lei se ne era convinta dopo tutti quei mesi passati a conoscerlo, volente o nolente -, ma quella visione le dava proprio l’impressione che in lui vivessero due nature: quella umana organizzata e quella animale, dedita a scavare cunicoli sotterranei per tutta l’ampiezza del giardino. L'ululato interruppe quel flusso di pensieri e quasi rimase indietro, mentre Aiden si avvicinava all’ingresso della propria dimora, coprendo la distanza a grandi falcate.

*Dimmi che non si è portato a casa qualche cucciolo di lupo o roba simile.*
Dopo i corvi tatuati sul petto, non avrebbe sopportato di veder comparire il secondo simbolo della sua sventura. Se così fosse stato, avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andata, l’aveva deciso muovendo il primo passo incerto verso la villetta. Aiden l’aspettava sulla soglia, tenendo la porta aperta da buon padrone di casa qual era. Le cedette il passo senza dire una parola, forse per lasciarle il tempo di mettere a fuoco gli interni e trovarsi un posto che fosse comodo e fuori dai piedi. Del resto, Thalia apprezzò più di quanto avesse creduto possibile l’assenza di frecciatine o battute di cattivo gusto. Non che fossero tipiche, ma i loro trascorsi non le permettevano sempre di aver chiari i contorni delle loro interazioni. Non ebbe tempo, tuttavia, di curarsene. Di nuovo, rimase affascinata dall’arredamento e dal modo in cui, senza fatica, poteva immaginare l’Auror al suo interno. Già lo vedeva, di ritorno dal Ministero, a ritrovare la serenità proprio su quel divano - dopo un turno di pattugliamento - in compagnia di quel cane che ora la scrutava con occhi curiosi, mulinando la coda e aspettando il permesso, probabilmente, di travolgerla con le proprie attenzioni. La sola idea la fece inorridire, pietrificandola sul posto: il suo rapporto con gli animali comuni era praticamente inesistente; gatti e cani non erano la sua passione, i primi meno ancora dei secondi, e il fatto che Aiden li possedesse entrambi non la sorprese più del necessario. Aveva sempre avuto l’impressione che, pur avendo una numerosa famiglia alle spalle, si sentisse terribilmente solo e che quel vuoto, ora che ne vedeva il nascondiglio per la prima volta, era stato riempito con creature incapaci di proferire parola, ma in grado di dimostrare affetto ed apprezzamento in modo molto più spontaneo e genuino. Dal canto suo, a quella visione, Thalia ebbe la riprova di quanto fossero diversi, di quanto poco fosse probabile che - come sosteneva lui - il Destino li avesse uniti per una ragione. Ben decisa a seppellire qualsiasi tentativo della mente, quella di Aiden e anche la sua, di divagare in direzioni affatto consone, Thalia si concentrò sul silenzio lasciato dall'uomo e dalla figura che, ancora, la osservava senza pudore.

Rimasta sola col cane, di cui aveva già dimenticato il nome, Thalia si limitò a ricambiarne lo sguardo, mostrandogli un indice intimidatorio che voleva dire “Guai a te se osi avvicinarti.”; temeva fin dal proprio ingresso in casa il momento in cui quella bestia le si sarebbe avventata contro per esprimere gioia ed affetto, curiosità e invadenza. E se si era dimostrata lieta di non vedere un vero e proprio lupo accucciato sul tappeto del soggiorno, la ragazza non poté fare a meno di sentirsi sotto pressione. Ringraziò il cielo per la propria civetta e pensò a lei con più affetto di quanto avrebbero espresso molti suoi coetanei. Clio era un animale di compagnia, nonostante fosse lontana per la maggior parte del suo tempo, ma quando erano insieme la strega sapeva bene di poter contare su una forma di affiatamento unica. Cani e gatti avevano un indole diversa, che mal si assortiva con la sua e Felix - il gatto di Fiona - ne era l’esempio lampante: piccole cicatrici sottili le percorrevano le mani piccole e affusolate, un tenero ricordo di un felino evidentemente dispotico e aggressivo senza ragione, fastidioso per natura e poco incline all’ordine, proprio come la sua padrona, imprevedibile e frizzante.
Quando fu certa che l’unico animale visibile fosse abbastanza intelligente da non coprire la distanza che li separava, istintivamente Thalia si mosse per curiosare. Percepiva i passi dell’Auror al piano superiore: si spostava con calma, senza fretta, probabilmente intento a togliersi di dosso i segni lasciati dallo scontro con l’albero e per constatare se, dopotutto, la Tassorosso avesse fatto davvero un buon lavoro col suo naso. Gli occhi rivolti al soffitto seguirono i suoi spostamenti, chiedendosi quanto avrebbe impiegato prima di scendere e dare inizio a ciò per cui entrambi si trovavano lì. Di nuovo, l'istinto di ficcare il naso dove non avrebbe dovuto si affacciò prepotente, così alla portata da non poter fare a meno di assecondare quel desiderio. Si guardò intorno curiosa, alla ricerca di fotografie e cimeli di famiglia, aspetti che la incuriosivano sempre troppo quando entrava nell’abitazione di qualcuno. Si era fatta l’idea che una casa senza foto degli affetti più cari fosse in realtà un luogo spoglio, freddo e invivibile. Per lei sarebbe stato impossibile abitare in una casa senza portar con sé i volti e i ricordi della propria famiglia. C'era un'immagine, tra le altre, che Thalia avrebbe voluto vedere: quel padre assente, non per sua volontà, da cui Aiden sembrava aver preso così tanta ispirazione. Era curiosa di riconoscere i tratti di quell'uomo e ricalcarli sul viso dell'Auror, in un gioco di incastri che avrebbe rivelato quanta parte di lui vivesse attraverso Aiden.
Passò dunque davanti al divano, incurante della creatura celata al di sotto di esso; si spaventò a morte quando, pochi istanti dopo, percepì una forza sconosciuta artigliarsi alla sua caviglia e, abbassando lo sguardo preoccupata, un’espressione affatto compiaciuta si dipinse sul volto altrimenti sorpreso. «Ma tu guarda se devo litigare pure con te.» sussurrò, tentando gentilmente di riappropriarsi della libertà; per tutta risposta, la micia rinsaldò la presa, affondando gli artigli nel jeans e sfiorando la pelle sotto di essi. «Dannata bestiaccia.» la insultò a denti stretti, tentando con maggior vigore di separarsi da lei. Il suono di uno strappo del tessuto la fece rabbrividire e, solo quando ebbe coraggio di guardarsi le caviglie, scoprì che il felino aveva deciso di battere dignitosamente in ritirata. Svelta si dileguò, spostandosi vicino alla finestra che dava sull’ingresso, proprio di fronte alle scale che conducevano al piano superiore. Studiò con cura i resti dei propri pantaloni, tastandosi la caviglia e cercando ferite superficiali. Non voleva saperne di altri animali, decise: voleva solo capire perché fosse stata convocata con tanta serietà.

Quando Aiden discese al pianterreno, Thalia si era arresa alla noia, giocherellando con la bacchetta di salice in equilibrio sull’indice teso. Non era avvezza a mostrarsi in quel modo, ma i tempi lunghi trascorsi da sola in casa d’altri non le erano mai andati particolarmente a genio, così come non condivideva la formula usata dall'Auror al momento dell'arrivo. Che cosa voleva dire "Fai come se fossi a casa tua"? Era un concetto così assurdo che si sarebbe limitata a guardarsi attorno con aria curiosa, ma composta, senza sollevare i coperchi di qualche cofanetto o aprire qualche cassetto. No, Thalia non sarebbe mai stata quel tipo di persona, non se un minimo di rispetto forse corso tra lei e l'ospite, cosa che, di fatto e inspiegabilmente, c'era. Quando si accorse di lui, per poco non le venne un principio d'infarto. Da quanto era lì e come aveva potuto non accorgersi di lui?
«A-allora? Mi spieghi cosa faccio qui?» disse, riponendo svelta la bacchetta con un velo d’imbarazzo calato improvvisamente su di sé. Aveva sempre l’impressione che lui la guardasse cercando di vedere qualcos’altro, qualcosa che andasse oltre la persona fisica, fatta di carne ed ossa. Forse era solamente suggestione, ma non riusciva a togliersi di dosso l’idea che - per certi versi - Aiden non avesse atteso altro che vederla in quegli spazi privati. Ebbe il terrore, allora, di avergli lasciato una forma di controllo troppo grande, decisamente lontana da quella che avrebbe voluto. E d’altro canto, non poteva esimersi dal pensare che - in fondo - era stato lui a convocarla e, dunque, a stabilire il luogo e, soprattutto, le nuove regole del gioco. Non poteva più tirarsi indietro, il tempo per cambiare idea era finito da un pezzo. «Nieve… ricordi?» suggerì incerta, incrociandone lo sguardo con meno convinzione di quanta ne sarebbe servita per arrivare al punto. «Si può sapere cos'è successo?» - si morse la lingua, consapevole di aver appena usato un tono accusatorio che, forse, Aiden Weiss non sperava di sentirle adoperare.

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view post Posted on 2/9/2019, 19:25
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Aiden Weiss
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La prima cosa che fece, una volta giunto al piano superiore, fu quello di recarsi in bagno per ripulirsi la faccia dal sangue in eccesso dopo il violento scontro con l’albero, oltre che per controllare l’operazione di riassestamento che la Moran aveva svolto sul suo naso rotto. Si appoggiò dunque al lavandino e scrutò il proprio riflesso allo specchio, studiandosi il profilo del naso, tastandolo in cerca di imperfezioni, per poi dedicarsi alla pulizia del viso. Dovette ammettere che Thalia aveva fatto un ottimo lavoro nonostante vi fosse ancora una certa tensione tra loro: certo, ella avrebbe anche potuto sfruttare la situazione per vendicarsi di lui, facendo in modo che il naso non tornasse esattamente come prima, eppure non lo aveva fatto. Le sue preoccupazioni iniziali crollarono come un castello di sabbia, scoprendo di aver dubitato di lei e delle sue intenzioni con falsi timori: Thalia Moran era davvero, in tutti i sensi, una vera sorpresa. Aiden aveva quindi appena scoperto - con immenso piacere - che anche lei era estranea alla vendetta, che non si sarebbe mai lasciata influenzare da una simile forza negativa; ma se non era così, a Weiss piaceva comunque pensarla in quel modo, piuttosto che reputare il gesto della Tassorosso come una sorta di compassione nei suoi confronti.
Una volta terminata quel processo di pulizia, Aiden andò in camera sua e prese a vestirsi con calma, cambiando i pantaloni stracciati con dei jeans integri e coprendo il proprio petto nudo con una semplice canottiera nera, abbinata ad una camicia smanicata a quadri neri e blu che tenne aperta pur di non soffrire la calura di quella giornata. Poi, prima che potesse scendere di sotto, il suo sguardo cadde su una delle numerose fotografie che custodiva gelosamente in camera sua; non amava infatti mettere in mostra quel genere di cose alla vista di tutti, riservato com’era, specialmente se riguardavano la sua famiglia. Ecco perché non aveva adornato il soggiorno con simili preziosi ricordi degli anni passati, oltre ad evitare che i propri amici animali ne facessero una devastazione. Gli occhi blu si incontrarono con quelli del padre, il quale parve sorridergli e sollevare un boccale di birra nella sua direzione, come se lo stesse incitando. Quella foto magica era stata scattata appositamente per lui, una volta superati i M.A.G.O. a pieni voti, così che il ricordo di quanto avesse reso orgoglioso suo padre rimanesse impresso per sempre.
«Ti sarebbe piaciuta.» mormorò, ricambiando il sorriso, per poi dirigersi verso le scale.
Sì, ne era sicuro, Thalia sarebbe sicuramente piaciuta a suo padre se solo fosse ancora in vita da poterla conoscere.

Con i piedi ancora scalzi, scese lentamente le scale, fissando dapprima la gatta - che si era presa la briga di uscire allo scoperto e lo stava attendendo sul fondo della rampa, leccandosi gli artigli con aria distratta - per poi volgere lo sguardo verso Thalia. La osservò in silenzio per qualche istante, finché non fu lei ad accorgersi della presenza dell'uomo. L’Auror finse di non essersi accorto del velo di imbarazzo che l’aveva attraversata una volta resasi conto che era tornato, preferendo invece dirigersi nella cucina che comunicava apertamente con il salotto.
«Mi servono risposte e sei l’unica che può darmele.» sentenziò a seguito della domanda di lei, in tono del tutto tranquillo, mentre si accingeva ad agitare la bacchetta e far levitare due bicchieri di vetro sul ripiano rialzato che fungeva anche da tavola, seguiti a ruota da una caraffa piena di thé freddo che aveva provveduto lui stesso a preparare diverse ore prima. La invitò ad accomodarsi su uno degli sgabelli con un’occhiata piuttosto eloquente, alzando infine un sopracciglio a seguito del tono che ella usò nel ricordargli di Nieve e domandando cosa fosse successo.
«Ricordo tutto...» asserì in tono grave, chinandosi a raccogliere la gatta che si era avvicinata a lui e aveva preso a miagolare con fare insistente. Dopodiché si accomodò a sua volta, grattando distrattamente la testolina pelosa della felina accoccolata tra le sue braccia, ma tenendo lo sguardo fisso su Thalia e concedendosi un sospiro profondo. «Partiamo dall'inizio, ti va?» propose, colpendo la caraffa con l’ennesimo colpo di bacchetta, e facendo in modo che il liquido al suo interno andasse a riversarsi nei bicchieri davanti a loro. «Al Ballo delle Ceneri, dopo che siete uscite dalla Sala Grande, Nieve è tornata diversi minuti dopo e mi ha trascinato di fuori, intimandomi di starvi alla larga e minacciandomi di farmi del male semmai ti avessi toccata di nuovo. Ora, tralasciando il fatto che me ne sono infischiato delle sue intimidazioni e che ti ho cercata in ogni caso per scusarmi, c’è una cosa che voglio chiederti e gradirei una risposta sincera, perché solo così riuscirò a spiegarti il seguito.» Serio, l’uomo cercò di mostrarsi risoluto, oltre che conciso, affinché Thalia potesse già iniziare a capire della gravità della situazione e si dimostrasse collaborativa fin dove si sarebbe sentita di arrivare. «Voglio che rispondi assolutamente a questa domanda, mentre quelle che seguiranno non ti forzerò se non vorrai farlo. Ma questa sì, Thalia, per favore.» Seguì una brevissima pausa, finché Aiden non si decise a parlare ancora, benché avesse già iniziato ad arrossire come un pomodoro. «Cosa le hai detto nello specifico? Che c’è stato più di un bacio? Ho bisogno di capire, Thalia, tutto qui. Non è che non mi fido di te, ma io temo che lei creda sia successo altro.»
Non sapeva come affrontare quel contesto con lei, poiché non l’aveva mai fatto prima di allora in vita sua, ma non dubitava affatto che Thalia fosse talmente sprovveduta e ingenua da non capire dove lui volesse andare a parare. Conoscevano entrambi la verità di quanto era successo, di come lui non fosse andato oltre ad un semplice bacio, anche se per lei un gesto simile poteva equivalere ad una violazione della propria intimità tanto da fuorviare il giudizio di Nieve.
La serietà che portava in volto venne momentaneamente mascherata da uno sguardo carico di supplica, una disperazione che chiedeva la massima chiarezza ed onestà da parte della ragazza.

 
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Il suo sguardo lo seguì, mentre in silenzio inanellava un passo dopo l'altro in direzione della cucina. Ripulito delle tracce di sangue e vestito comodamente, Aiden Weiss dava l'impressione di essere una persona normale, con una vita scandita da abitudini ancor più ordinarie; era difficile credere che fosse lo stesso uomo che, quasi sei mesi prima, l'aveva - in un certo senso - aggredita. Faticava ancora, nonostante il perdono promesso, a fidarsi totalmente di lui. Glielo si leggeva nell'espressione seria del viso, nelle labbra stirate in una smorfia quasi imbronciata e negli occhi grigi fissi su di lui. All'apparenza le sembrava la persona più quieta del mondo, specialmente ora che lo poteva osservare nella tranquillità della sua dimora. Quella specie di baita lo cambiava, poteva percepirlo ad un livello profondo: era come se, in quell'angolo di bosco e protetto dai suoi incantesimi, Aiden potesse essere davvero se stesso, privo della corazza indossata ogni giorno prima di varcare la soglia di casa. Mentre il tè veniva versato delicatamente nei due bicchieri sul bancone, Thalia ascoltava in silenzio le elucubrazioni dell'Auror, cercando di concentrarsi sul gatto tra le braccia del suo padrone. Poteva sentire le fusa dell'animale, compiaciuto fino allo spasimo dalle coccole dell'uomo, e si convinse che quest'ultimo avesse maggior affinità con gli animali; trattare con gli esseri umani richiedeva una certa dose di pazienza e spirito di adattamento che Aiden non possedeva affatto. Forse, dopotutto, il fatto che fosse un Animagus aveva molto a che vedere con quell'innata capacità di entrare in sintonia con gli animali.

«Ho forse scelta?» chiese, la smorfia ironica dipinta sul viso accaldato. Si sporse per prendere un bicchiere e il gatto ne seguì le movenze con tutta l'intenzione di fare a fettine le sue mani coi propri artigli. Tenendo d'occhio quella bestiaccia, si affrettò a mettere una certa distanza tra loro, accomodandosi su uno sgabello e sorseggiando lentamente il tè. Era insopportabilmente dolce, salvo aggiungere una nota lievemente aspra sul finale. Non aveva idea di che cosa usasse Weiss, ma se quello fosse stato un paragone per quell'incontro, allora sarebbe stato azzeccato. Non c'era modo di prevedere il decorso della conversazione e il fatto di non saperlo la gettava nello sconforto più totale. «Di nuovo?»
Non aveva idea che Nieve avesse cercato Aiden per chiarire ancora una volta i limiti che gli aveva imposto e la bevanda le andò quasi di traverso quando giunsero al nocciolo della questione. Portò svelta una mano al viso, tappandosi naso e bocca, e strabuzzando gli occhi chiari. Diceva di fidarsi di lei, eppure aveva appena insinuato di aver ingigantito la cosa solamente per aizzare Nieve contro di lui. A che pro scegliere una via tanto meschina per vendicarsi? Non aveva imparato nulla sul suo conto in tutti quei mesi? Possibile che dubitasse ancora? Per certi versi, avrebbe dovuto aspettarsi una domanda simile, giacché quell'argomento era diventato il fulcro di ogni loro assurda conversazione. Di Nieve, del resto, apprezzava la coerenza e la lealtà: avevano deciso di non parlarne più e così avevano fatto. Ben presto anche Aiden avrebbe capito quanto questi valori fossero importanti per lei e si augurava che la questione si sarebbe chiusa molto presto. Eppure, lasciando da parte ogni speranza, Thalia sapeva che la questione fosse ben lungi dall'essere completamente risolta: non si sarebbero trovati insieme in quella cucina, altrimenti.

«Pensi davvero...» si schiarì la voce arrochita, provando a trovare una serenità che quella domanda aveva brutalmente cancellato «Nieve è impetuosa, lo sai.» ricominciò, raddrizzando le spalle e disfandosi del bicchiere abbandonandolo sul bancone «E prende molto seriamente quello che succede a chi le sta intorno.»
Aiden conosceva Nieve, sapeva già tutte quelle cose. Era proprio per quella ragione che, in fondo, quei due si somigliavano e benché la bionda ostentasse un'aria offesa ogni volta che glielo diceva, Thalia sapeva quanto quella fosse la verità dei fatti. Avrebbe voluto dirlo anche a lui, ne sentiva il bisogno impellente, ma in qualche modo sapeva che quelle parole non avrebbero giovato a lui o alla causa. «Non ho mai finito di raccontarle quello che è successo. Le ho detto solamente la verità, ma lei non mi ha lasciato finire. Era così sconvolta... così sconvolta che non ha potuto fare a meno di riversare su di te tutta la sua rabbia.»
Se chiudeva gli occhi, Thalia vedeva chiaramente la testolina bionda, con una treccia laterale ormai sciolta, farsi strada in direzione di un uomo alto dai capelli rossi. L'aveva vista strattonarlo per il braccio, conducendolo in disparte riversandogli addosso il suo veleno, le guance rosse d'ira e il petto scosso da fremiti di rabbia. E non aveva potuto far nulla, immobile lì dove lei l'aveva lasciata, chiedendosi se non sarebbe stato il caso di fermarla, di spiegarle meglio l'accaduto. A posteriori le sembrava tutto più facile, più veloce e più logico, ma, all'epoca, Thalia provava solamente imbarazzo e timore. Se le avesse mentito, raccontando più di quanto la verità dei fatti non le avesse consentito, che cosa sarebbe accaduto?
«Ne abbiamo già parlato. Non ho mentito, Aiden. Non ho esagerato un bel niente. Sa solamente quello che sappiamo noi. Ed è abbastanza, non ti pare?» L'acredine nella sua voce si spense con quelle parole, mentre un altro sorso di tè le bagnava la gola. Era stanca di girare intorno alla questione, voleva sapere di più. «Che cos'ha fatto? Che cosa ti ha detto?» e, al pari di una madre apprensiva, Thalia si rese conto di aver sviluppato quel sesto senso tanto utile da captare le marachelle di un figlio, prima ancora che la confessione giungesse alle sue orecchie. Nieve doveva aver detto o fatto qualcosa per turbare Aiden in quei giorni; nulla l'avrebbe indotto a sottoporsi a quella conversazione se non ne fosse stato davvero costretto. Si chiese come, dopo tutto quel tempo trascorso insieme a lei per la preparazione al Barnabus, non avesse capito che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Possibile che Nieve fosse stata tanto abile da nascondere qualcosa di così importante alla sua migliore amica?
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Ginga si lasciò andare nell’abbraccio del rosso con pacata accondiscenza, approfittando della propria vicinanza al viso dell’uomo per poter allungare entrambe le zampe ed affondare ritmicamente gli artigli nella barba rossiccia; giocherellò con essa mentre si godeva le coccole con tanto di sommesse fusa, lanciando occhiate furtive in direzione di Thalia, sentendosi studiata e anche per mostrare all’ospite chi fosse la Regina all’interno di quelle quattro mura. Gli occhi smeraldini della felina indugiarono pochi istanti in quelle ardesia della ragazza, per poi rivolgerle un placido miagolio.
L’Auror, invece, ringraziò il ripiano rialzato che lo divideva dalla Tassorosso, poiché sentiva di dover tenere una certa distanza tra loro, specialmente se si trovavano sotto lo stesso tetto, a casa sua, a discutere su quanto era successo al Ballo delle Ceneri e sull’episodio con Nieve. Anche lui si concesse un sorso di thé fresco, idratandosi la gola secca e sempre più succube del groppone che aveva iniziato ad avvertire dal momento che si erano accomodati l’uno di fronte all’altra. Sarebbe stato arduo ottenere l’aiuto della Moran, ma per lo meno poteva contare sul suo ascolto: questo fu quantomeno ciò che si augurò di ricevere, presumendo che fosse il minimo dato che l’aveva convocata lui. Si godette quelle prime note dolci che la bevanda fu in grado di trasmettergli, ma rimase schifato quando avvertì un accenno di asprezza verso la fine.
«Io non penso. Io temo.» La corresse con una certa amarezza, fissandola con aria grave. Non voleva che lei fraintendesse le sue parole, per questo puntualizzò quando fosse più un suo timore piuttosto che un vero e proprio pensiero; era necessario che Thalia capisse la sua necessità nell’affrontare nuovamente l’argomento, senza mettere in discussione la fiducia di entrambi. «Ma sì, lo so com’è fatta, per quel poco che sono riuscito a conoscere di lei. Prende sempre le cose troppo di petto.»
Sospirò profondamente, scuotendo appena la testa con una certa aria sconsolata. Nieve non si era mai aperta totalmente a lui e Aiden non aveva mai saputo spiegarsi il perché, sebbene si fosse sempre mostrato piuttosto paziente a riguardo, fiducioso che un giorno sarebbe stato in grado di avere una maggiore confidenza con la Grifondoro. Quel poco che aveva imparato a conoscere era stato garantito da quei loro brevi incontri in cui si erano concessi qualche chiacchiera tra svariate risate, ma Nieve non gli aveva mai concesso alcuna informazione sul suo passato o su cosa facesse al dì fuori di Hogwarts; anzi, di lei non si parlava mai, anche perché Aiden non aveva mai dimenticato della reazione della ragazza al solo udire il nome di Midnight. Da allora non aveva mai osato chiederle direttamente nulla su cosa facesse, come se avesse sempre saputo di non meritare la sua fiducia.
Proprio mentre si passava una mano sulla faccia stanca e provata, nonché addolorata da quell’argomento appena iniziato, Ginga cercò di scostare l’arto del padrone affinché potesse continuare a giocare con la sua barba in totale libertà. Aiden però rizzò la schiena sullo sgabello, sollevando lo sguardo su Thalia e i suoi occhi brillarono di una luce colma di comprensione, come se avesse finalmente scovato la verità dietro le parole della rossa. «Ah ha! Eccola lì la risposta che volevo: lei non ti ha fatto finire! Ora si spiegano molte cose...» asserì con un certa durezza nel tono che usò. Weiss non ebbe più dubbi a riguardo: era chiaro che l’animo impetuoso della Rigos l’avesse indotta a interrompere il resoconto della Moran, capendo quanto la sua mente aveva cercato di trasmetterle, avvalorando così una falsa realtà dei fatti avvenuti. Non soltanto aveva capito male, ma aveva addirittura dipinto Aiden come il tipo d’uomo che non era e che mai sarebbe stato.
«Per noi è sufficiente, ma non per lei...» commentò con una smorfia di disappunto, tornando a sorseggiare il proprio thé, per poi levare la bacchetta verso la credenza in cui aveva messo una classica torta di mele e cannella al riparo dalle grinfie dei suoi animali, ben conservata dentro una campana di vetro. La fece levitare fino a quando non la depose sul ripiano, per poi pensare ad Appellare due piattini e le forchette da dessert, oltre che a qualche tovagliolo. Il tutto venne eseguito in assoluto silenzio, facendo calare una gravosa attesa tra loro a seguito delle ultime domande di lei: Thalia doveva aver tirato le ultime somme per essere arrivata a quel punto; ma lui non voleva correre e nemmeno temporeggiare più del dovuto necessario, solo organizzare bene il discorso affinché la ragazza comprendesse la gravità della situazione.
«Stavo passeggiando con mia madre al villaggio e non appena l’ho vista ho evitato qualsiasi contatto con lei. Non uno sguardo di troppo, non una parola: volevo proseguire per la mia strada e assecondare quella minaccia che lei mi fece al Ballo. Sapevo che era troppo presto per tentare un approccio, ma l’impetuosità di Nieve - come l’hai chiamata tu - ha dato inizio ad una spiacevole conversazione.» Prese a parlare con calma, senza fretta, non volendole risparmiare di dettagli. Al posto della smorfia le labbra si distesero in una linea sottile, affilata come un coltello, mentre i muscoli del viso parvero irrigidirsi come un pezzo di granito. Freddo, Aiden rimase composto sullo sgabello, sebbene iniziasse a percepire un’irrefrenabile voglia di urlare al mondo la propria frustrazione, di liberarla in tutta la sua potenza con Thalia, affinché capisse quanto lo stesse profondamente distruggendo; e invece si contenne e continuò a raccontare con quella calma quasi irreale. «Mi ha accusato di approfittarmene delle ragazzine, di ripararmi dietro al mio Distintivo così da passare impunito, e mi ha chiesto se volevo abusare anche di lei già che c’ero. Le ho risposto che non ho mai fatto niente del genere, che mai mi sognerei di fare una cosa simile a chi vedo come una sorellina minore o… come quel tipo di figlia che vorrei tanto avere...» Quell’ultima confessione strappò all’Auror un piccolo singhiozzo, stroncato sul nascere da una sonora deglutizione: non voleva mostrarsi fragile dinanzi a Thalia o non sarebbe più stato in grado di compiere quanto andava fatto, né avrebbe sopportato l’idea di un suo sguardo colmo di pietà nel vedere un uomo fatto e finito frignare come una ragazzina. «In realtà non farei niente del genere con nessuno, non sono quel tipo d’uomo!» aggiunse con un certo impeto, come a voler sfidare perfino Thalia a mettere in discussione il suo onore. Infine, con una certa decisione e sicurezza, fissò i propri occhi blu in quelli grigi di lei. «E mi ha dato la possibilità di difendermi, perché aveva intenzione di attaccarmi senza alcuna esitazione o pietà. Io non ho reagito, nemmeno ho sfoderato la bacchetta, ma le ho permesso di ottenere quella che per lei era giustizia. Giustizia! Ma io non ho visto niente di tutto ciò, Thalia, ho visto solo la vendetta. Ti ha vendicata, sulla base di una bugia che lei stessa si è creata. E ora dimmi: è la stessa Nieve di sempre o ti pare cambiata?»
La bomba era stata sganciata, ora non si tornava più indietro e lo sapevano entrambi.



Edited by Aiden Weiss - 18/9/2019, 19:35
 
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Trovarsi in quella situazione era totalmente assurdo e la colpa, se mai ve ne fosse stata davvero una, era la sua. Non poteva certo prendersi il merito di averlo conosciuto, ma tutto il resto era chiaramente frutto di una serie di scelte sbagliate, dettate dall’impeto e dall’urgenza di avere risposte che - a ben pensarci - Aiden Weiss non poteva avere. Eppure, ascoltandolo confessare i suoi più intimi segreti come se si trattasse di argomenti comuni, Thalia si era convinta che lui fosse davvero la persona giusta con cui affrontare lo spinoso argomento che da anni non riusciva a farla stare bene. Si era costruita un’illusione, insomma, supportata dalla fantasticheria che un uomo, un Auror per di più, potesse darle le soluzioni di cui aveva disperatamente bisogno; e quella necessità, alla fine, li aveva condotti su un sentiero - reale e metaforico insieme - pericoloso, le cui conseguenze avevano preso piede come un incendio incontrollato. Non sarebbe bastata della semplice acqua per spazzare via i loro trascorsi e nulla avrebbe spento l’ira di Nieve. Aiden doveva averlo capito per conto suo e la sua convocazione in tutta segretezza in quella specie di baita nascosta agli occhi del mondo non era altro che il tentativo di trovare conforto, una ragione vera, al comportamento della Rigos. Thalia sentiva di non potergli mentire, non dopo quanto accaduto al Ballo delle Ceneri: gli aveva chiesto chiarezza, non soltanto onestà nelle sue intenzioni, ma una trasparenza che andasse oltre i semplici fatti; sentiva, insomma, di dovergli riservare la stessa cortesia. E benché la sua educazione le imponesse di trattare l’argomento con garbo, dalle sue labbra non sarebbero uscite paroline dolci o pacate, né una spiegazione che si confacesse ai suoi desideri. Vedere Aiden così pensieroso e turbato la lasciava interdetta, naturalmente, ma non si sarebbe fatta scrupoli a dirgli ciò che avrebbe dovuto. Nel bene e nel male, si trovavano in quella cucina proprio per questo. «Comunque siano andate le cose, lei non ti perdonerà.»

Soffocò la schiettezza nel bicchiere di tè e vi riemerse solamente quando una seconda fetta di torta planò con dolcezza sul piattino che lui le aveva riservato senza chiederle se ne volesse un po’. Nonostante non avesse appetito - e quella conversazione non aveva fatto altro che riannodarle lo stomaco - accettò l’offerta e, indecisa su come proseguire, si servì della forchetta da dessert per il primo silenzioso boccone. «Non lo farà subito, almeno. Si è fatta l’idea che io sia fatta di solida roccia, che niente possa spezzarmi. Il fatto che tu ci sia riuscito… l’ha resa meno comprensiva... Qualunque fosse il motivo del tuo gesto.»
Il bicchiere di tè corse in suo aiuto, mentre la gatta le scoccava l’ennesimo sguardo indispettito, e si convinse che quello fosse l’ennesimo segno di una resa impossibile, che quel rapporto non dovesse essere nulla più di una mera conoscenza superficiale. In altre circostanze, Thalia se ne sarebbe dispiaciuta, ma in quel caso provò un moto di sollievo che difficilmente sarebbe riuscita a spiegare a parole. Forse, dopotutto, quell’incontro avrebbe davvero sancito la separazione tra lei e Weiss, due strade diverse destinate a non incrociarsi mai più. Nieve ne sarebbe stata lieta ed aveva motivo di credere che non sarebbe stata l'unica.
«Ha avuto un’infanzia difficile.» si schiarì la voce e distolse lo sguardo, concentrandosi sul paesaggio visibile da una finestra, cercando il coraggio di dire ciò che a parole non era mai riuscita ad esprimere «Lei non mi ha mai detto nulla, ma certe cose non bisogna dirle per forza. Le puoi vedere lo stesso, senza trucchi e senza inganni... ne puoi vedere i segni.»
Pensava che la Rigos avesse un rapporto stretto con lui, che tra loro vi fosse quel tipo di confidenza che si avrebbe con un fratello maggiore o con un amico molto caro. Era evidente che, dalla sua posizione privilegiata nel cuore di Nieve, Thalia non avesse capito quanto fosse speciale e, al contrario, quanto Aiden fosse l’immagine dell’ordinarietà. «Per quanto cerchi di fingere di non sapere che qualcosa di brutto le è accaduto, so da come si comporta che non sta bene. I G.U.F.O. di Swan e tutta questa storia del Barnabus l'hanno messa a dura prova. E vedermi soffrire ha risvegliato qualcosa dentro di lei. Per quanto le voglia bene e per quanto possa immaginare la ragione che deve averla spinta a comportarsi così… non posso dire di approvare le sue azioni.»
Sospirò e l’ultima domanda di Weiss la costrinse a riflettere a fondo sull’amica a cui teneva di più al mondo. «Nieve è come una pietra preziosa: puoi darle il taglio che più ti piace e potresti osservarla per ore senza stancarti mai di scoprire quanti meravigliosi giochi di luce la facciano brillare.» tagliò corto, infilzando un altro pezzetto di torta con tono grave ed aria in parvenza distratta. «Ma lo sai, no? Dove c’è luce c’è anche ombra e credimi se ti dico che per una volta hai visto tutte le ombre di quel passato che si ostina tanto a nascondere.» e, in un baleno, anche i suoi occhi si velarono di una strana oscurità. Nieve non era la sola a nascondere il proprio passato, le paure e l'ansia per un futuro incerto. Forse, dopotutto, lei e la Rigos erano amiche proprio in virtù di quei timori così simili e al contempo così diversi, perché solo l'una poteva cogliere i dettagli e comprendere le vicende della vita dell'altra pienamente.

Aiden non doveva pensare che quelle parole fossero un conforto per la sua disavventura: si era limitata a lanciargli contro un paio di orecchini, dopotutto, ma non poteva sperare che Nieve sarebbe stata delicata. Era un aggettivo che non si addiceva al suo spirito turbolento e Thalia, purtroppo, lo sapeva fin troppo bene.
«Non posso impedirle di cercare di vendicarmi. Anche se non credo che lo faccia totalmente per me.» Le parole di Nieve le rimbombavano nella testa come un’eco lontana, una memoria ripescata dai meandri della mente in cui la sera del Ballo delle Ceneri era stata sepolta. Un nome, più di altri, riecheggiava nel silenzio calato tra loro e la reazione di quella persona in un'altra occasione la indusse a proseguire. «Niahndra Alistine.» disse infine, curiosa e solenne insieme, sollevando gli occhi grigi su di lui «Secondo Nieve, hai cominciato con lei.»
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Aiden Weiss
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Quando la propria fetta di dolce toccò il piattino davanti a lui, il rosso si sentì stranamente contorcere le budella. Benché fosse un golosone senza precedenti, le emozioni che avevano preso piede con il progredire della conversazione parevano aver chiuso a riccio il suo intero organismo. Si sforzò, tuttavia, di afferrarne un pezzetto con la forchetta da dessert, per poi portarselo alla bocca e masticare lentamente; era una magra consolazione percepire il sapore della mela mischiato alla cannella in quell’impasto che, tutto sommato, non era eccessivamente dolce. In un certo senso, infatti, la dolcezza di quella leccornia si bilanciava perfettamente con l’amarezza dei propri sentimenti generati da quella situazione.
Poi, quando Thalia disse che Nieve non l’avrebbe perdonato, indipendentemente da come si fossero svolti i fatti tra di loro, gli occhi di Aiden scintillarono all’improvviso di puro fastidio; era come se la Tassorosso l’avesse infilzato con uno spillo nella pianta del piede e lui, semplicemente, aveva reagito di conseguenza e come chiunque si sarebbe aspettato. Le narici vibrarono, come a voler preannunciare l’ennesimo scatto collerico, e gli occhi blu si fecero più scuri, come l’Abisso più profondo e oscuro, ma trasmisero ugualmente un messaggio ben diverso rispetto a quello che il resto del corpo sembrava voler comunicare. Devo quindi gettare la spugna senza aver davvero tentato di riprendermela? Mi stai dicendo che ho perso in partenza? Perché io mi rifiuto di accettarlo, mi rifiuto di farmi da parte. Non prima di aver tentato...

Sembrò rilassarsi solamente quando Thalia specificò che - probabilmente - Nieve non lo avrebbe perdonato subito. Perciò, se fino a pochi istanti prima il proprio corpo era stato in tensione, ora Weiss si era lasciato andare ad un sospiro di sollievo.
«Forse su questo non ci ha visto poi così tanto sbagliato...» mormorò, riferendosi al modo con cui la Rigos vedeva la Moran, abbozzando un piccolo e imbarazzato sorriso. «Quello che voglio dire è che probabilmente l’idea di Nieve sul tuo essere roccia non è poi così sbagliata, no? Insomma, voi due avete avuto più tempo per conoscervi, mentre io l’ho sempre vista di rado. E' come se l’avessi trascurata…» Cercò di mostrarsi comprensivo, oltre che consapevole di aver sbagliato lui stesso con Nieve, di non essere stato un amico presente come magari lei avrebbe voluto; eppure la colpa non era da implicare ad Aiden in sé, ma al lavoro che svolgeva e degli stessi impegni della Grifondoro come studentessa. Era stato quel divario tra loro a tenerli sempre divisi, ad impedire l’instaurarsi di un rapporto più solido e sano. «E io non credo di averti spezzata, Thalia, ma se l’ho fatto allora ti chiedo nuovamente scusa.» Però sei stata tu a spezzare me... aggiunse, mentalmente.
La gatta emise uno sbadiglio annoiato, per poi balzare sul ripiano e fissare Thalia con un piccolo ondeggiamento della coda, accettando e ricambiando quella che doveva essere vera antipatia. Ginga emise un flebile soffio, come un avvertimento a non commettere passi falsi, finché non balzò giù dal ripiano e andò a sistemarsi su una delle poltrone libere. Il tutto avvenne sotto lo sguardo confuso dell’Auror, il quale era alle prese con una silenziosa masticazione dell’ennesimo boccone di torta.
Benché Aiden fosse sul punto di smarrirsi nel disperato tentativo di capire il comportamento di Ginga nei confronti di Thalia, le parole della rossa ripristinarono l’attenzione totale dell’uomo, il quale tornò a fissarla con intensità. Rimase sconvolto nell’apprendere quanto fosse riservata Nieve, talmente distaccata dal non voler parlare con nessuno del proprio passato. E allora si domandò cosa le fosse successo per spingerla ad adottare simili comportamenti con chi le era affezionato. Paura? Vergogna? Rabbia? Cosa le era successo?
«Nemmeno con me ha mai parlato. Anzi, ad essere onesti chiedeva di me, ma non ricambiava mai la cosa e io me la sono fatta andar bene, non volevo costringerla. E mi sono accorto che non gradiva domande su di lei, quando le chiesi come andava a scuola, se si trovava bene con Midnight visto che, beh, è un mio collega fino a prova contraria. Non appena l’ho nominato si è come trasformata e da allora non ho più osato farle domande. Quindi parlavamo del più e del meno quando ci vedevamo per un thé...» spiegò con semplicità, con un’alzata di spalle. Si rigirò la forchetta tra le mani, sospirando profondamente, per poi concedersi un lungo sorso di thé freddo. Rifletté su tutte quelle nuove rivelazioni che Thalia gli stava fornendo: i G.U.F.O. di Swan e il Barnabus. Aiden però non aveva scordato la spedizione a Gerusalemme, non aveva dimenticato lo stato di shock dipinto sul volto di Nieve, perciò fu lecito domandarsi se vi fosse dell’altro.
Emise un grugnito, lasciando la forchetta con un piccolo tintinnio, per poi abbandonarsi nella preoccupazione più estrema. Nieve poteva anche essere come una pietra che riluceva di mille luci, ma era la parte fatta di ombre ad avere tutta la sua attenzione, consapevole che Bene e Male non erano mai perfettamente bilanciati e che ogni essere vivente nutriva un lato a seconda delle proprie scelte. Se la Rigos si fosse gettata a capofitto nell’Oscurità, allora - a malincuore - non avrebbe potuto seguirla su quello stesso sentiero, ma se vi fosse stata una remota speranza di salvarla in tempo, tanto valeva tentare.
Si passò dunque una mano sul volto stanco, addolorato, sospirando per l’ennesima volta e allungando istintivamente la mano verso quella di Thalia. La posò sulla superficie legnosa, la punta delle dita che andavano a sfiorare quelle di lei, non volendo osare nuovamente troppo, non più dello stretto necessario. «Luce e Ombra sono in ognuno di noi, certo. Ma fidati se ti dico che sono preoccupato per lei proprio per questo. Fino a prova contraria ha attaccato un Auror, un’autorità. Cosa ti fa pensare che non lo rifarà ancora? Io non ho reagito perché se lo avessi fatto sarei passato dalla parte del torto, le avrei dato ragione e fornito un pretesto per scrivere a Rhaegar. Io le voglio molto bene, Thalia, e non ho mancato di dirglielo, ma se non faccio qualcosa potrebbe imboccare un sentiero pericoloso. E su quel sentiero io non posso seguirla…» Fece una piccola pausa: non aveva alcuna intenzione di parlarle della propria sospensione, di come si era messo nei guai per un proprio sconsiderato errore, e non l’avrebbe fatto a cuor leggero; ci voleva una maggiore fiducia tra loro, una confidenza più netta, e considerando che quel loro incontro era il primo dopo il chiarimento al Ballo delle Ceneri, non era il caso di creare l’ennesima falla in quel loro strano rapporto.
Ad irriderlo, però, fu il Fato stesso, che guidò la bocca di Thalia proprio verso quell’argomento, anche se lei non ne era a conoscenza. Il nome di Niahndra cadde tra loro come un macigno e a quel punto lo sguardo di Weiss si indurì come l’acciaio appena temprato. «Pensavo dovessimo parlare di Nieve, non di Niahndra! E non ho forse detto che non sono quel genere di uomo?» tagliò corto, seccato.
Possibile che dubitasse ancora di lui? Che lo ritenesse un violento proprio come Nieve? In cuor proprio Aiden si sentì fortemente amareggiato e si domandò quando Thalia si sarebbe decisa a vederlo per quello che era realmente, sotto gli influssi della Luce e non delle Ombre. Desiderava solamente questo: rivelarsi a lei senza filtri e senza modificazioni di alcun genere, nella remota speranza di venire apprezzato e - forse - ottenendo la sua intera fiducia e rispetto.

 
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Thalia J. Moran ⚜ 18 Anni

Prefetto ⚜ Tassorosso



C’era stato un tempo in cui i segreti non esistevano: tutto si dimostrava chiaramente, nella sua interezza, senza indugio o inganno alcuno. Era il tempo felice della sua infanzia, in cui ogni cosa trovava libera espressione, da un’azione dipendeva una reazione e tutto si svolgeva secondo ritmi prestabiliti, conoscendo già - almeno in parte - l’esito che ciascuna di esse avrebbe avuto. Era stato facile crescere e pensare di poter vivere così per sempre, affermando senza pudore o preoccupazione tutto ciò che la mente fosse in grado di suggerire. Eppure, crescendo, Thalia aveva imparato a proprie spese quanto fosse difficile muoversi in quel mondo, di quanto i segreti fossero celati ad ogni angolo e di quante cose, in fin dei conti, dovevano e potevano essere omesse per la salvaguardia propria e altrui. Si era svelata ad Aiden con una spontaneità di cui si era pentita, per la quale aveva odiato se stessa al punto da non poter sopportare la vista dell’Auror senza arrivare a pensare di essere stata debole, di aver ceduto a quel sentimentalismo e a quella sincerità che tanta parte e merito avevano avuto durante la sua infanzia. Sì, crescendo Thalia aveva imparato che c’erano segreti che dovevano rimanere tali e che spesso i rapporti si basavano proprio su quel principio di fiducia che era diventato il cardine della sua amicizia con Nieve. Tra loro vigeva rispetto e nessuna paura del giudizio altrui: se fosse stato necessario, la Tassorosso avrebbe potuto rimproverare la Grifondoro nel modo più brutale possibile e lei, di rimando, avrebbe accettato la sua opinione senza batter ciglio. In virtù di quel rapporto e di quei valori, Thalia non poteva e non avrebbe mai voluto infrangere le promesse implicite fatte alla Rigos. Aiden non faceva parte di quello schema, ne era estraneo quanto lo era Thalia in quella casa e ben presto - dalle risposte e dalle espressioni della strega - l’Auror l’avrebbe finalmente compreso. Per quanto volesse credere nel suo buon cuore e nella purezza delle sue intenzioni, c’erano ancora troppi punti oscuri a minare la chiarezza del loro rapporto. Se Nieve costituiva un punto fermo del quale non si sarebbe fatta scherno dando adito a inutili pettegolezzi e congetture, Niahndra era quella variabile difficile da collocare. Era un’ottima compagna, un membro di Casata ammirabile e il rispetto che sentiva di provare nei suoi confronti le avrebbe impedito in ogni caso di dar seguito alle sue stesse domande. La sua, del resto, era stata una provocazione bella e buona, una di quelle che col senno di poi si sarebbe risparmiata volentieri. Niahndra Alistine era capace di difendersi da sola: l’aveva capito in Messico e lo aveva sperimentato a Cadair. Non c’era motivo di credere che le congetture di Nieve avessero a che vedere con quanto accaduto a lei, ma la reazione della Tassorosso dai capelli corvini durante la Festa di Fine Anno nell’estate precedente non lasciava spazio a dubbi: qualcosa era accaduto, tanto grave da spingere la Alistine a trascinarla lontano da lui. E se c’era una persona in tutta Tassorosso che avrebbe seguito senza far domande, quella era proprio Niahndra. Thalia era combattuta, insomma, tra la curiosità di scoprire un mistero e la consapevolezza che entrambi si trovassero in quel preciso luogo e momento per parlare d’altro. Eppure, Niahndra era un tassello di quel puzzle che Nieve aveva cominciato a comporre nella sua testa, arrovellandosi come mai le era riuscito di fare prima di allora. Dopo più di sei mesi, la situazione non si era sbloccata, il problema non si era risolto e, anzi, il suo status era addirittura peggiorato. L’ostinazione di Aiden la indusse a credere che potesse essere un amante delle cause perse, uno di quei soggetti capaci di sbattere la testa al muro mille volte e mille ancora, finché quello non fosse crollato sotto il peso dei colpi continui e decisi. Dal canto suo, se Nieve non gli aveva concesso di vedere altro oltre la superficie una ragione doveva esserci. Possibile che l’uomo non avesse mai notato le cicatrici sulle mani scarne della Rigos? Come aveva potuto farsi sfuggire la sua tendenza ad evitare qualsiasi tipo di contatto fisico che non fosse partito da lei?
«Tu non la conosci come la conosco io.» sentenziò infine, e quelle parole bruciarono come fiamma viva sulla carne morbida «Se non conosci il suo passato, se non riconosci i segni di quello che ha vissuto… non è perché non te ne ha parlato, ma perché non li hai visti. O forse non hai voluto vederli.»

Il passato teneva in ostaggio Aiden e Thalia, ma soprattutto Nieve, allo stesso modo - seppur con peso e variabili differenti. Il primo cercava risposte sulla morte del padre - Thalia se ne era convinta nei pochi frangenti in cui i due avevano parlato dell’Auror scomparso - e si prodigava per far sì che una Profezia non si avverasse cambiando il suo futuro. Dal canto suo, Thalia combatteva con un fantasma senza volto, una donna e una madre, ma anche una strega, di cui lei non sapeva assolutamente nulla; e quello, come se non fosse stato sufficiente, era solo uno degli angoli ciechi di un Passato sfuggente. La terza, ovvero l’oggetto di quell’incontro, temeva il ricordo stesso della sua infanzia. Le vessazioni dei bambini, la fame, la vergogna. Erano tutte cose di cui avevano parlato sommariamente, ma Thalia non aveva avuto bisogno di indagare a fondo per capire che tutte quelle cose insieme avessero segnato Nieve ad un livello profondo, aprendo una ferita difficile da rimarginare. «Non ti biasimo se non hai voluto spingerti oltre con lei. Lo so che non è facile buttare giù i suoi muri.»
A quel punto, la mano tesa sul bancone si ritrasse, prima che a lui potesse venire in mente di prenderla nella propria. Ci erano già passati ed era per quella ragione se si trovavano lì. Non gli avrebbe permesso di vanificare i suoi sforzi per restare impassibile e non gli avrebbe concesso il beneficio del dubbio. Non era semplicemente pronta a farlo ed era lì non per se stessa, ma solo e soltanto per Nieve. Ritrasse la mano, dunque, che cinse l’altra in grembo. Lo sguardo basso, l’aria pensierosa e quella posizione delle braccia come a voler chiudere Aiden fuori dalle proprie riflessioni, la indussero invece a proseguire. Se non poteva toccarla, lei non avrebbe perso il filo logico di quanto avrebbe voluto dire. «A lei non importa che tu sia o meno quel genere d’uomo. Ha deciso che lo sei e basta.»
Lo sguardo dell’Auror si sarebbe incupito a breve, se non all’istante, e prima ch’egli potesse interromperla ancora, riprese: «Per Nieve non esiste assoluzione. E’ giudice, giuria e boia. Credo che quanto è accaduto ad Hogsmeade sia solo un avvertimento. Non ti vuole nella sua vita. E non credere che se dovesse cedere all’Oscurità che si porta dentro sarebbe per causa tua. Le sto accanto ogni giorno, ogni ora, e so che non farebbe mai nulla del genere a nessun altro.»
S’interruppe, cogliendo intimamente il peso di quelle parole. Nieve Rigos viveva di assoluti, di bianco e nero, senza sfumature, senza eccezioni. La regola era regola se era lei a dettarla. «Nieve non è un cucciolo da viziare, ma la si deve amare con onestà e si deve farlo di riflesso con tutto ciò che lei stessa ama. Inclusa me.» fece una pausa, scendendo dallo sgabello e guardandosi attorno innervosita improvvisamente «Insomma, Aiden. Ha soltanto me qui. E tu mi hai ferita. Quindi ha fatto solamente ciò che avrei dovuto fare io!» sbottò, ignorando il gatto sulla poltrona poco lontano, che sollevò la testolina a quel cambio di tonalità. «Lascia a me il compito di calmare Nieve. Io posso farlo. Tu no.»
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Le parole di Thalia apparvero come un fiamma viva, pericolosa e letale, pronta ad entrare a contatto con la miccia che avrebbe messo in moto l’ordigno esplosivo e, a quel punto, niente e nessuno avrebbe potuto arrestarne la detonazione. Aiden era come una mina vagante e Thalia l’incauta fiammella che rischiava, passo dopo passo, di farlo esplodere.
Il fulvo si sentì preso in giro da lei, dalle sue parole che suonavano come una via di mezzo tra una canzonatura e un rimprovero, dandogli implicitamente del cieco e del menefreghista. Ma se per la ragazza lui era stato incapace di vedere, allora lei era sorda, perché a modo suo Weiss aveva cercato di spiegarle che non aveva mai potuto godere della stessa quantità tempo che invece lei aveva per conoscere meglio Nieve. Era palese dunque che Thalia conoscesse meglio la Grifondoro, era scontato che non fosse riuscito ad accorgersi di nulla a causa delle barriere sempre presenti tra lui e la Rigos. Perché, semplicemente, non riusciva a capirlo?
«Ma mi ascolti quando parlo?» sbottò a sua volta di rimando. «Stiamo dicendo la stessa cosa, ma in termini totalmente diversi. E’ ovvio che tu la conosca meglio di me, è chiaro che io non sia riuscito ad accorgermi di nulla e sai perché? Perché non ho mai avuto abbastanza tempo, perché io sono un Auror e lei una studentessa, perché da un lato lei era schiva con me e io sono stato troppo paziente! Te l’ho già detto: è come se l’avessi trascurata e di certo non è una cosa di cui vado fiero!» Parlò in tono ferito, offeso, ma mantenendosi ancora piuttosto controllato, evitando così di cedere del tutto al proprio furore. Rigido e composto, l’Auror non si mosse di un millimetro dal proprio sgabello e non osò alzare la voce con lei, deciso più che mai a non commettere più lo stesso errore. Ingoiò dunque il nodo che gli si era formato in gola, aiutandosi con una poderosa sorsata di thé, ma lanciando a Thalia un’occhiataccia piuttosto eloquente: Stai per oltrepassare il limite. Ferma il cavallo.

L’uomo sentì chiaramente il proprio cuore lacerarsi in più punti, mentre osservava in un silenzio tombale come la mano di Thalia si stesse allontanando dalla sua; non che l’avesse sfiorata in maniera così netta, ma si era limitato a non oltrepassare il confine dello stretto necessario, purché gli fosse possibile percepire una sorta di vicinanza a lei. Lo aveva fatto perché aveva bisogno di lei, di un briciolo di conforto, per non sentirsi totalmente solo in quella sua battaglia nel cercare di riavere Nieve; invece la Tassorosso si era liberata di lui come di un fastidioso granello di sabbia nella scarpa, lasciandolo più solo che mai. E allora si sentì tradito da lei, completamente privato di quel supporto che aveva ricercato nella ragazza. Era stato sciocco da parte sua pretendere che Thalia ricambiasse quanto lui aveva cercato di darle quando lo aveva convocato per parlare della Profezia che la tormentava, ma era stato ancora più stupido pensare che la rossa potesse fidarsi di lui o anche solo rispettarlo, non dopo averla ferita. Benché si fossero chiariti al Ballo delle Ceneri, Weiss iniziò a pensare che le cose non fossero mai cambiate e mai lo sarebbero state.
A fare eco a quella sua presa di coscienza furono le successive parole della Tassorosso: per Nieve non esisteva il perdono, per Nieve lui era marcio e basta, per Nieve tutto era bianco o nero, per Nieve c’era Thalia e basta. «Si fotta la sua opinione!» sibilò a denti stretti, il volto sempre più livido di rabbia, gli occhi sempre più induriti ma lucidi dal dolore. Serrò i pugni sul ripiano e una minuscola dose di buonsenso e lucidità gli suggerì di trarre in salvo la porcellana di cui erano fatti i piattini e di prendere a sua volta le distanze dalla rossa. Ma riuscì soltanto a sgusciare via dallo sgabello e ad arretrare verso il lato opposto della cucina, tenendosi in piedi grazie al bordo del lavello. «Può credere a quel cavolo che vuole, ma io so chi sono e cosa sono!»
Più Thalia parlava, però, più le sue parole calavano su di lui come molteplici pugnalate. Se da un lato Aiden Weiss aveva imparato la lezione, a sforzarsi di non cedere completamente agli istinti che lo caratterizzavano, Thalia non sembrava aver imparato a non stuzzicarlo più del dovuto. A rendere la situazione ancora più incontrollabile, fu la vista della ragazza che scendeva a sua volta dallo sgabello e pareva essersi innervosita all’improvviso. Non che avesse corretto il thé con droghe o altre sostanze che andassero ad incidere sull’umore, ma doveva esserci dell’altro. Intravide in lei il ruolo dell’adulto che rimprovera o educa il figlio su come deve comportarsi con gli altri, mentre lui appariva come il bambino in questione. Era troppo per lui, era una veste che gli bruciava e gli stava stretta, era l’unica cosa che non voleva da lei e che gli fece salire il sangue al cervello.
«Se pensi che il mio amore sia fasullo allora sei fuori strada, ragazzina!» La miccia era accesa, ma ancora non aveva raggiunto l’ordigno vero e proprio. C’era ancora tempo per rimediare, per fermarsi, per interrompere quell’irrefrenabile incedere verso l’ennesimo litigio tra loro e proseguire con più calma e lucidità. Aiden aveva parlato a denti stretti, sempre intenzionato a mantenere il controllo, ma forse aveva segnato il Destino di quel loro incontro dai contorni clandestini nel momento stesso in cui l'aveva chiamata “ragazzina”. Fino a quel momento l’aveva sempre mantenuta al suo stesso livello, reputandola una donna ormai, ma il messaggio che aveva dedotto dalle parole di Thalia avevano l’insano retrogusto del vetriolo e, per quanto potessero contenere un fondo di verità, non stava a lei dirgli come doveva amare una persona o che doveva farsi da parte. «Ti ho chiesto di aiutarmi, di rispondere alle mie domande perché vorrei capire cosa fare. Ma no, io sono solo un stupido uomo che deve farsi da parte, giusto? Ma com’è possibile che io abbia imparato la lezione e tu no?» Frustrato, Aiden si tenne al ripiano, alzando un poco la voce, che si rivelò sufficiente affinché spingesse Lancillotto e Ginga a darsela a gambe al piano superiore in fretta e furia, tra guaiti sommessi e acuti miagolii. «Se non l’amassi abbastanza, pensi davvero che ti avrei cercata per lei? Pensi che il mio amore sia inferiore al tuo solo perché sono un uomo? Ebbene, se non fosse per amore, perché ho temporeggiato se non per trovare un modo per riconquistare la sua fiducia? Se non fosse per amore perché non ho smesso di lottare per lei e mi sono lasciato colpire? Perché ti ho chiesto di venire? L’ho trascurata, non lo nego, ma non l'abbandonerò mai. E’ come una sorella per me!» Poi scoppiò a ridere. Fu una risata nervosa, isterica, piena di sofferenza e frustrazione, ma nemmeno si rese pienamente conto che tutta la rabbia che aveva covato fino a quel momento si era riversata sotto forma di lacrime silenziose.
Si sentiva come un relitto che nessuno voleva o capiva, incapace di farsi amare o anche solo apprezzare. Era un solitario che bramava soltanto una minuscola briciola di affetto e comprensione. Voleva fare la cosa giusta, ma finiva sempre con l’essere messo da parte o sentirsi dire che era uno stupido. Ma la verità gliela aveva detta Sam tempo addietro: era troppo buono.
«Perché dobbiamo sempre litigare?»
La sua bontà e Thalia lo stavano lentamente uccidendo.


Mi esprimerò solo tramite gif :meh:

giphy

Comprendi? (Jack Sparrow)

 
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Potevano, forse, essere più diversi di quanto non fossero in quel momento? Nell’udire le sue parole sul tempo mancato ad ascoltare Nieve avvolta nei suoi silenzi, Thalia fu presa da un moto di nervosismo che nulla aveva a che vedere con l’argomento in questione. Per sua sfortuna, Aiden aveva appena sfiorato un tasto dolente nella vita della Tassorosso, un altro per così dire, che non le avrebbe permesso di tacere a lungo sulle scuse e le giustificazioni che gli adulti attorno a lei sembravano trovare con estrema facilità per nascondere le proprie orrende lacune.
Il pensiero corse immediatamente a Leanne, la donna che l’aveva messa al mondo e per la quale non sapeva più quali sentimenti provare. Affetto, commiserazione e rabbia si mescolavano di continuo nei confronti della strega che le aveva insegnato ad essere ciò che era, ma che - al contempo - l’aveva lasciata sola e abbandonata a se stessa più di quanto non avesse voluto o dovuto. Leanne non c’era - forse non per sua colpa - ma Thalia questo non l’avrebbe mai capito davvero fino in fondo. Ciò che sapeva, però, era che l’assenza di quella figura aveva provocato in lei un risentimento difficile da esacerbare, persino dopo anni di tentativi da parte della donna di instaurare un rapporto con lei. I suoi ricordi felici erano legati Seamus, suo padre, ai nonni paterni e all'esuberanza di Martha - la strega giornalista che sola sapeva mitigare gli effetti dei comportamenti della propria figlia. Ciò che faceva soffrire di più Thalia era, poi, che Leanne non si accorgesse del trattamento rivolto alle figlie minori, così diverso e inspiegabilmente più razionale e logico di quanto ella stessa non volesse ammettere. Si sentiva diversa, a tratti dimenticata, e per tale ragione sentiva di poter capire Nieve, i suoi silenzi e il suo isolamento dal resto mondo. Comprendeva persino la sua ferocia nel difendere ciò che le stava più a cuore e non accettava che qualcuno, nemmeno Aiden, non avesse tempo per lei.
Tutti quei pensieri si sarebbero letti a chiare lettere sul suo viso, l’espressione furente degli occhi, la linea dura delle labbra strette, rese sottili dalla rabbia e dal silenzio autoimposto. Le braccia avvolte attorno al corpo, sintomo di vera chiusura verso l’esterno, nascondevano la tortura inflitta ai palmi dalle unghie. Più lo osservava e più la sua rabbia aumentava, incapace di credere alle proprie orecchie: la stava sfidando apertamente e senza ritegno, con quel suo sguardo così chiaramente furioso da incendiar ancor di più il suo. A quel punto, il tè rimasto nei bicchieri cominciò a bollire autonomamente, dapprima con poche e sporadiche bollicine e, via via, con maggior intensità. Quando se ne accorse, tentò di rilassarsi all’istante: la linea della fronte di distese, smise di mordersi il labbro e volse lo sguardo altrove. Non poteva accettare di sentirgli dire quelle cose, non sul tempo che lui non era riuscito a trovare per Nieve, ma non poteva reagire a quel modo.
«Sono solo scuse, Aiden.» mormorò «Siamo entrambe Prefetti, abbiamo una vita scolastica che ci impedisce di respirare. Eppure abbiamo un lavoro e delle relazioni. Dubito che ogni sera torni qui senza passare da un pub o in qualunque altro posto.» *Il tempo si trova, Aiden Weiss. Me l’hai insegnato tu.*

Concentrandosi sulle assi del pavimento, come se in quel punto potesse trovare la forza di sottostare alla decenza ormai persa da entrambi in quella discussione già da qualche minuto, Thalia non poté isolarsi totalmente escludendo la voce dell'Auror, fingendo di non sentirlo. La sua apologia aveva perso di significato da parecchio tempo, eppure continuava imperterrito a non capire, forse non volendolo, quanto non le interessasse sapere la sua opinione. O meglio, le sarebbe interessato di più se, dopotutto, Aiden non avesse messo al centro della situazione - per l'ennesima volta - se stesso. «Ti interessa sempre e soltanto di te. Del tuo pensiero. Di quello che fai secondo la tua coscienza. Non ti metti mai nei panni altrui? Hai pensato a Nieve? A cos'abbia provato per tutto il tempo?»
Una smorfia carica di amarezza condì quelle parole, pronunciate altrettanto malinconicamente. Non poteva fare a meno di chiedersi dove fosse finito l'uomo con cui aveva parlato la prima volta o se, qualora non fosse esistito, come avesse potuto commettere un errore di giudizio tanto imperdonabile. A quel "ragazzina", Thalia non percepì assolutamente nulla. Non rabbia né offesa alcuna. La mente le suggeriva risposte al vetriolo ben peggiori, parole capaci di ferirlo come sapeva bene di poter fare. Eppure, arrivati a quel punto, Thalia non nutriva alcun desiderio di far del male. Aveva cominciato a superare la linea di confine tra le proprie sensazioni e la reazione tangibile. Il suo Elemento aveva risposto, l'aveva percepito nettamente, avvertendola di quella sottile linea di demarcazione che separava la salvezza dalla perdizione. E a nulla sarebbe servito rispondere a tono a quella provocazione: aggredire era tutto ciò che ad Aiden Weiss riusciva meglio e lei non voleva somigliargli. Tacque, sapendo quanto quel silenzio fosse esplicativo e dannoso per lui, conoscendo fin troppo bene quanto tenesse alla sua opinione. Il muro che avevano quasi abbattuto alla Festa di Fine Anno stava cominciando a ricomporsi e stabilire chi dei due dovesse averne la paternità era per lei impossibile. Quando parlò lo fece voltandogli le spalle e cercando un modo per lasciare quella casa senza sbattere la porta. Sentiva crescere dentro di sé la frustrazione di una situazione giunta al limite, eppure le sue gambe non si muovevano. «Perché io sono solo una ragazzina e tu un uomo ostinato.»
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view post Posted on 22/10/2019, 17:26
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Aiden Weiss
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Nonostante fossero entrambi furiosi l’uno con l’altra, in una remota parte di sé Aiden non poté fare a meno di ammettere che vederla così arrabbiata lo faceva letteralmente impazzire. La trovava ancora più bella, più dura della roccia come Nieve aveva deciso di definire la rossa di Cork. Thalia Moran era decisamente un pezzo d’acciaio che non voleva assolutamente piegarsi, nemmeno a lui, ma che piuttosto avrebbe lottato fino alla morte pur di mantenere la propria posizione e ragione.
Anche se apparentemente appariva ancora infuriato, dentro si sentì sciogliere come il burro, incantato sempre di più da quella straordinaria bellezza che la figura della Tassorosso emanava da tutti i pori, fisicamente e caratterialmente. Ma se lui stava iniziando ad apprezzare quel lato di lei, non poteva dirsi lo stesso della Moran, la quale non fece altro che rispondere a tono alle sue recriminazioni. Aveva imparato a ferirlo a dovere e l’Auror non si premurò nemmeno di nasconderlo, rilassando i lineamenti facciali ed incupendosi nel giro di un soffio di Eolo. Fu a quel punto che si rese addirittura conto di come il the rimasto nei bicchieri avesse iniziato a bollire in maniera del tutto misteriosa e si domandò chi dei due ne fosse l’autore. Confuso, quindi, oltre che moralmente distrutto, Aiden si costrinse a raggiungere nuovamente il proprio sgabello, onde evitare di crollare a terra in ginocchio; sentiva di non potersi mostrare debole fino a quel punto, non dinanzi a lei, e di non farle capire più dello stretto necessario quanto potere esercitasse su di lui. Per Aiden era troppo da ammettere, ma allo stesso tempo era affascinato dalla scoperta: una giovane donna che aveva una simile presa su di lui rasentava l'incredibile.
«Saranno anche scuse, Thalia, ma io vorrei davvero che tu capissi che vorrei rimediare.» La voce era roca, incrinata da un dispiacere che non aveva limiti; talmente tangibile che se solo lei l’avesse voluto avrebbe potuto toccarlo. L’uomo affondò le dita tra i capelli rossicci, enfatizzando ancor di più la propria resa. Lei aveva vinto e non glielo nascose. «Se fossi egoista come dici tu, miss Moran, allora credimi sulla parola se ti dico che non saresti qui in questo momento. Se mi importasse solo del mio pensiero, non ti avrei chiesto aiuto, ma me la sarei cavata da solo. E sì, mi sono chiesto tante volte cose le sia successo ed è per questo che ti ho fatta venire qui.» Prese un profondo respiro, poi riprese. «Riconosco, però, che su una cosa hai ragione: solo tu puoi calmarla. Tuttavia non voglio che mi tagli fuori, non del tutto per lo meno. Devo lottare per lei, glielo devo. Così come lotterei per te...»
Nella propria disperazione, Aiden Weiss capì di aver commesso degli sbagli tanto quanto Thalia. Se da un lato aveva reagito in maniera offesa per essere stato messo da parte, dall’altra lei lo aveva accusato ingiustamente. Non era mai stato egoista e il fatto che l’avesse cercata avrebbe dovuto farglielo capire, eppure sentiva che non sarebbero bastate quelle semplici parole, ma che ci voleva qualcosa di più per ristabilire l'equilibrio precario tra loro.
«Non è vero...» mormorò, levando lo sguardo su di lei, ora voltata di spalle, a seguito delle ultime parole di lei. «Non sei una ragazzina, io… ho torto!» aggiunse, infine, mordendosi un labbro dal disagio. Lentamente, forse per evitare che lei lo udisse e se ne andasse, si alzò dallo sgabello e, con il proprio passo silenzioso, si avvicinò alla Tassorosso. «Ricordi quel giorno a Limerick? Al tempo era tutto più semplice, anche se eravamo estranei. Ma come ti ho già detto, non ho mai mancato di onestà con te. Ricordi cosa ti dissi quando mi hai fatto notare del disagio che stavo causando con la bicicletta?»
Cercò sporgersi oltre alla sua spalla, senza toccarla, sforzandosi di sorriderle con dolcezza. Volava disperatamente riparare al proprio errore e appianare quella loro ennesima divergenza, cercando soltanto un punto d’incontro, proprio come quella volta sul fiume Shannon. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vederla ricambiare il suo sorriso, in un chiaro segno di pace, ma aveva come il timore che lei non lo avrebbe mai più guardato allo stesso modo.


Buon compleanno, compagna di disagi! :flower:


Edited by Aiden Weiss - 22/10/2019, 19:29
 
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Le prese in giro e le reprimende inutili non le erano mai andate a genio, benché fosse proprio lei la prima a farne uso qualora la situazione lo richiedesse. Secondo la sua logica, un leggero rimbrotto canzonatorio avrebbe potuto e dovuto sistemare facilmente un disguido o un’incomprensione meglio di quanto avrebbe potuto fare una vera e propria rappresaglia in termini fisici o verbali. In quella stanza si riverberava l’eco di quel difficile rapporto che sembrava non voler trovare affatto un compromesso per poterne prolungare l’esistenza. L’uso di quel “Miss”, poi, non fece altro che punzecchiarla ancor di più: come se il diminutivo usato in precedenza non fosse bastato a sminuire la sua figura, ora Thalia doveva fare i conti con un titolo che non faceva altro che sottolineare l’idea che Aiden si era fatto di lei da un anno a quella parte: miss perfettina, miss pignola, miss viziata. Lui non aveva osato di certo pronunciare nessuna di quelle parole, eppure dal canto suo Thalia le aveva udite distintamente. Era certa di non avergli usato la violenza della Legilimanzia, ma nonostante la sua fermezza non poté essere sicura di aver immaginato le sfumature di una canzonatura tanto evidente. Forse, se proprio avesse dovuto trovare un'attenuante a quell'espressione, Thalia si sarebbe detta suggestionata dalla propria ira, senza riuscire a controllarla, manifestata dal suo elemento.
«Scegli sempre di lottare per le cose sbagliate, a quanto pare.» mugugnò, quasi incomprensibile. Avrebbe voluto dirgli di scegliere meglio le cause per cui farsi in quattro, di decidere con maggior cognizione se un gioco valesse la candela e se, dopotutto, avesse scelto il metodo giusto per riuscire trionfante in una data situazione. La storia di Nieve era soltanto sua e benché Thalia fosse stata insignita del privilegio di gettarvi uno sguardo a volo d’uccello - non troppo nel dettaglio, ma con la calma necessaria ad individuarne i punti salienti - la Tassorosso non aveva e non avrebbe mai avuto l’intenzione di rivelarne i segreti. Era una tacita promessa e lei l'avrebbe mantenuta ad ogni costo e con ogni mezzo a propria disposizione.
In seguito se ne sarebbe sicuramente pentita, ma in quegli istanti trascorsi a inspirare profondamente per ritrovare un briciolo di pace, complice l’assenza della figura maschile dinanzi a lei, Thalia aveva deciso di accettare la richiesta di Aiden Weiss. L’avrebbe aiutato, ne era convinta, ma soltanto perché Nieve doveva cominciare a credere che le persone potessero cambiare. Lei stessa doveva convincersi a credere che il mutamento fosse possibile, che Aiden e chiunque altro, avrebbe potuto essere diverso per amor di qualcun altro. E se era vero che l’Auror provava un sincero affetto per Nieve, allora avrebbe dovuto darle ascolto, aspettare e far tesoro di ciò che lei avrebbe potuto scoprire. Non si trattava più di punizioni, di silenzi e rappresaglie, ma di pura e semplice attesa. Sarebbe stato difficile accettare di restare in disparte, specialmente per lui: già in quella cucina il suo corpo teso premeva per gettarsi nell’azione, per elaborare un piano che gli permettesse di riacquisire la fiducia della Rigos in primis e, magari, il suo affetto.
«E’ cominciato tutto con me, Aiden. Questa cosa non mi piace, ma devo essere io a sistemarla, anche se hai iniziato tu. Nieve ha perso fiducia in te e stava per allontanarsi anche da me, ma io non glielo permetterò. Se vuoi essere aiutato, stanne fuori.» sospirò e aggiunse in fretta «A Limerick si trattava di una bicicletta, Aiden. Qui si parla di persone. Nessuno ti permette mai di commettere due volte lo stesso errore… e Nieve è bravissima in questo.» Sì, a Limerick era stato tutto diverso. All’epoca le cose importanti erano in realtà sciocchezze ed ora tutto aveva assunto forme indistinte e confuse, troppo semplici per essere categorizzate seriamente. In quel cottage nel folto della foresta di Hogsmeade ogni cosa aveva cominciato a prendere una forma diversa, persino il tono col quale Thalia aveva deciso di infierire su di lui: non valeva a nulla la promessa di non commettere un errore se poi, alla fine, si sbagliava comunque. Avrebbe potuto spiegargli in modi diversi e sempre nuovi che le persone meritassero la versione migliore di loro stessi, che nessuno avrebbe mai dovuto ferire l’altro e che l’errore era contemplato solo in casi estremamente eccezionali. Aiden agiva d’istinto, si spingeva al limite nonostante s’imponesse di non farlo. Ed era questo, molto più di tanto altro, a trarlo in inganno e a farlo scivolare nello sbaglio più colossale. «Cerca di cambiare per lei. Di pensare di più a quello che gli altri si aspettano da te. A quello che lei si aspetta da te.»
Nieve avrebbe desiderato solamente che lui le lasciasse in pace e forse avrebbe dovuto mantenere un distacco tale per cui Aiden non avesse occasione né modo per porre rimedio alle proprie azioni. C’era nel suo modo di essere, però, quella consapevolezza di non poter essere giudice, giuria e boia allo stesso tempo e di dover scegliere per sé il ruolo che più si sarebbe accostato al suo modo di vivere. Avrebbe scelto sempre la razionalità ai sentimenti, di questo era convinta, e anche in quel caso - se il giudice era Nieve - Thalia sarebbe rimasta nel centro esatto della situazione: il movente era incarnato dalla sua persona ed era, al contempo, l’unico alibi a disposizione di Aiden. Avrebbe scelto per sé il ruolo della giuria se, dopotutto, la sentenza non avesse escluso a priori la sua opinione. Sollevò allora lo sguardo sul volto di Aiden, cercando in sé la forza di spiegargli ciò che doveva essere fatto e di ciò che, probabilmente, sarebbe accaduto comunque.
«Posso tentare di placarla. Posso provarci, Aiden, ma non è detto che ci riesca.» si bloccò, a quel punto, mordicchiandosi il labbro indecisa «E se non dovessi riuscire… non credo ci sarebbe molto altro di cui parlare.»
The real voyage of discovery consists not in seeing new sights, but in looking with new eyes.

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view post Posted on 13/11/2019, 22:10
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
‹ Auror ‹ Ex Grifondoro ‹ 27 anni ‹ Irlandese


R0XNYoR
What kind of man do you think I am?

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Era chiaro che entrambi ne avessero le tasche piene di tutta quella situazione spinosa, di quel loro continuo battibeccare per vedere chi tra i due l’avrebbe avuta vinta, prevalendo sull’altro come in una qualunque guerra per il dominio. Ma la verità era che i ruoli del vincitore e del vinto passavano da una figura all’altra con la stessa velocità della luce, mettendo così in risalto quanto uno avesse ragione su determinate cose mentre l’altro aveva torto marcio. Ora, in virtù delle ultime stoccate, era Weiss a dover indossare la veste del vinto, schiacciato come uno scarafaggio sotto il tallone esile della Moran. E lo sapevano perfino gli stolti che la storia veniva scritta dai vincitori e non da chi veniva annientato.
Tuttavia, in un impeto di protesta, a difendere quel poco che era rimasto difendibile, Aiden si ritrovò a sospirare un esasperato «Non è vero!» all’eco delle parole appena percettibili della Tassorosso. Avrebbe voluto darle della bugiarda, giacché ella non fosse ancora del tutto a conoscenza delle sfumature dell’animo dell’Auror, in perenne conflitto, diviso in due da un carattere talmente complesso che lui stesso faticava a domare. Aiden, però, riconobbe che in parte era vero: in alcuni casi si ritrovava a combattere per delle cause perse e, solamente dopo averci sbattuto il naso contro per svariate volte, si rendeva conto di aver perso soltanto del tempo e a quel punto gettava la spugna, ritirandosi in silenzio a leccarsi le ferite. Tuttavia era quel “sempre” a rendere quella verità più stonante e scomoda di quanto in realtà apparisse, tant'è che l'uomo osò tirare fuori le unghie nonostante l'amaro retrogusto della sconfitta.
Il resto del discorso di Thalia lo passò in un ostinato quanto rassegnato silenzio, a riflettere sul messaggio che la ragazza stava cercando di comunicargli. Tentò di capire il punto di vista della Tassorosso, di come ella ragionasse e da cosa fosse spinta nel vederla in quel determinato modo; Aiden dunque cercò disperatamente di empatizzare con la ragazza per la quale sentiva di provare qualcosa, così che potesse dimostrarle quanto avesse torto sul suo conto, perché - a conti fatti - con Thalia Moran le parole erano solo parole, non erano prove consistenti, non avevano la stessa validità dei fatti messi sotto la luce del sole. E lui voleva darle proprio ciò: una dimostrazione, talmente tangibile e netta, che ella non avrebbe potuto contestare in alcun modo, ma che sarebbe stata costretta a riconoscere come la pura e semplice verità.
Per una frazione di secondo ebbe come l’insano sentore che quella richiesta di cambiare per Nieve fosse più una pretesa che una vera e propria domanda, tanto da fissarla con il capo appena reclinato, come se lei avesse detto una cosa talmente bislacca ed incomprensibile da meritarsi solamente la sua confusione; ma Weiss si ritrovò, infine, a sospirare pesantemente, immaginando che la richiesta di Thalia fosse per lo più quella di smussare gli spigoli del proprio carattere, poiché iniziò a comprendere che solo alcune cose di lui erano sbagliate, scomode, e che andavano definite in maniera positiva. Dopotutto, come poteva considerarsi completamente sbagliato se più volte Sam lo aveva definito come un uomo troppo buono?
Annuì lentamente. «Ci proverò.» sentenziò con serietà, mentre prese ad avanzare a piccoli e cauti passi verso di lei. «Ma ad una condizione.» aggiunse, infine, quando le fu davanti. La guardò direttamente negli occhi senza vacillare per un secondo: quegli occhi grigi avevano il potere di farlo sentire inadeguato e determinato al tempo stesso, ma in quel preciso istante si sentì colmare solamente dal puro fuoco del coraggio, tanto da indurlo ad osare senza provare alcun tipo di timore. «Un sorriso. Voglio un sorriso in cambio della mia totale resa alla tua richiesta.» Nessuna deglutizione forzata, nessuna goccia di sudore ad imperlargli il viso per l’imbarazzo, nessuna incrinazione o tentennamento nella propria voce quando disse il proprio prezzo per quella sottomissione. Voleva un sorriso, una richiesta all’apparenza insignificante e di poco conto, ma che per lui voleva più di mille tesori. Non poteva chiederle un bacio poiché aveva promesso di non farlo più, ma si sarebbe fatto bastare di un semplice sorriso, qualcosa che sapeva di poter conservare nei meandri della propria memoria semmai il Fato fosse stato così tanto crudele da separare le loro strada per sempre. Se doveva dirle addio proprio in quella sua casetta di legno nel cuore pulsante del bosco, tanto valeva farlo con un sorriso che con un viso imbronciato.
«Se non dovessimo più vederci preferirei che ci salutassimo in modo pacifico. Non penso di chiedere tanto, o sì?»
Vederla mordersi le labbra qualche attimo prima di avvicinarsi, in cui Thalia aveva lasciato intendere ad una loro separazione definitiva, lo aveva quasi fatto vacillare e spinto ad appropriarsi di quelle morbide e piene labbra ancora una volta, ma con più dolcezza e passione. Era quasi riuscita a fargli perdere la testa, ma Aiden aveva saputo resistere alla vista di quel gesto solo in nome della promessa fatta, spinto tuttavia a chiederle un sorriso per suggellare quel patto che per lui sapeva di cenere.
Lo faccio per te… e per lei. Ma più che altro per te. pensò, attendendo la sua risposta.
Cercò di non pensare più alle labbra di Thalia, a quel gesto che - forse - era stato dettato dall'imbarazzo, ma si ritrovò ad analizzare su un aspetto della rossa che, in un certo senso, la rendeva simile a lui. La Tassorosso si era fatta carico di quella missione che l'Auror stesso si era imposto di provare a compiere - almeno in principio - in solitario, senza coinvolgere altre persone; ora, però, il passaggio di testimone era stato quasi categorico, un po' per la testardaggine di lei e un po' per la remissività di lui, e quindi toccava a Thalia condurre quella crociata solitaria per entrambi. C'era una forma di riscatto che sentivano di volersi conquistare da soli, ma l'imposizione della Tassorosso avevano fatto sì che Aiden si sedesse in panchina a assistere il corso dell'intera partita con una certa amarezza. E se aveva accettato quella condizione era soltanto perché amava e rispettava Thalia come non avrebbe mai immaginato di fare.


 
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view post Posted on 24/11/2019, 14:46
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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Thalia J. Moran ⚜ 18 Anni

Prefetto ⚜ Tassorosso



Il ricatto era, per la sua stessa definizione, il modo più infimo per trattare con una persona e se a sua volta Thalia aveva osato servirsene in passato, per ottenere favori e sconti di qualche tipo, se ne era subito pentita e rammaricata. Il compromesso era la chiave di volta per accedere al suo benestare e quel sorriso, un atto che di per sé nulla aveva a che vedere con le sfumature negative che quella richiesta comportava, aveva assunto un valore sbagliato ed era divenuta una concessione che di certo gli avrebbe negato. Non era arrivata fino a lì per compiacere un uomo incapace di relazionarsi col prossimo a meno di prevaricarlo con la propria forza d’animo e prestanza fisica. Ci era riuscito con lei soltanto una volta e Thalia aveva giurato a se stessa che non avrebbe ceduto mai più. Per Nieve, poi, la Tassorosso era disposta a tutto - tutto tranne il patteggiamento in termini tanto subdoli ed Aiden, quando la richiesta era stata annunciata, doveva saperlo.
«Un sorriso.» un’affermazione semplice, resa più tagliente dal tono fintamente sorpreso e certamente divertito. Le era chiaro, ormai, che quel sorriso fosse merce di scambio preziosa - un modo come un altro per avvicinarsi a lei in un tentativo maldestro di creare un legame. Lo sguardo penetrante, il mezzo sorriso accennato da quelle labbra che avevano saputo arrivare là dov’ella non avrebbe mai pensato potessero spingersi e il tono quieto, ma timoroso - benché lui volesse nasconderglielo con ogni sforzo -, tutto le suggeriva di essere giunta ad un bivio con una scelta obbligata che, stavolta, avrebbe dovuto affrontare. Non si scappa da Aiden Weiss: lo si può ammutolire e immobilizzare per un istante, ma ad ogni boccata d’ossigeno concessa, lui torna alla carica come un incendio divampante. Ironico, si disse, che lei fosse legata profondamente al suo elemento contrario, che scorresse in lei come linfa vitale, e avrebbe fatto di tutto per estinguerlo.
«La mia non è una richiesta. E’ un consiglio ed è quello per cui sono venuta.» rispose. Credeva forse di potersi prendere gioco di lei con sentimentalismi sciocchi e melensi? Un suo sorriso non avrebbe riportato Nieve da lui, anzi, e la offendeva non poco il fatto che pensasse che non sarebbe riuscita a farla ragionare almeno un poco. All’improvviso, l’idea di non rivedere più Aiden la investì in pieno e cominciò un processo di riflessione profonda che soltanto a posteriori Thalia sarebbe riuscita ad analizzare pienamente. Parte del suo recente passato era legato a quell’uomo, a tratti rude e gentile al medesimo tempo, e non rivederlo avrebbe significato archiviare totalmente quella parentesi da cui aveva tratto insegnamenti importanti. L'aveva messa alla prova in modi in cui, fino ad un anno prima, non aveva potuto ritenere possibili; aveva messo in dubbio i suoi modi di rapportarsi alle persone, scardinando le sue certezze come se si fosse trattato di un infisso cedevole. Gli aveva permesso di corrompere la purezza del suo rapporto con Mike, mai vacillato in tutti quegli anni in cui, insieme, i due Prefetti avevano condiviso gioie e dolori. Dopo quasi sei mesi dal loro ultimo confronto, Thalia non era ancora riuscita a svelare a Mike la ragione della sua scomparsa dal Ballo delle Ceneri. E tutto questo era soltanto merito di Weiss. Era davvero soltanto colpa sua?
Era disposta a lasciare nel dimenticatoio tutto il complicato vissuto condiviso?
In quel momento la risposta le sfuggiva e lasciarsela scivolare tra le dita fu la decisione migliore. Non aveva senso soffermarsi sull’argomento, non quando il focus di entrambi verteva, almeno in teoria, in tutt’altra direzione.
«Avrai il tuo sorriso quando dimostrerai di essere quello di cui Nieve ha bisogno.» sospirò, sollevando gli occhi al soffitto di travi e cercando le parole migliori per far trasparire, ancora una volta, il vero e fondamentale messaggio di cui si era fatta portavoce «Ha bisogno di fatti. E anche io.»
The real voyage of discovery consists not in seeing new sights, but in looking with new eyes.

© Thalia | harrypotter.it



E con ciò, mi congedo.
Au revoir :zalve:
 
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