What kind of man do you think I am?
«
Pensi davvero che non abbia considerato la cosa?» rispose con semplice naturalezza, guidato da una sorprendente calma, evitando così di apparire scorbutico agli occhi della Tassorosso. Se c’era una cosa che Thalia doveva ancora apprendere di lui, era che - quando voleva ed era consapevole di non avere altra scelta - si prendeva tutto il tempo necessario per studiare ad hoc la situazione e ribaltarla a proprio vantaggio, oltre a non essere uno sprovveduto. Non sarebbe servito a nulla prevalere ad ogni costo su Nieve e il suo carattere indomito, ma quanto meno aveva imparato a conoscerla quel tanto da decretare una tempistica d’attesa affinché la Grinfondoro potesse ammorbidirsi a sufficienza per un colloquio più civile. Temporeggiare per far calmare le acque era una strategia che non gli era affatto sconosciuta, ma non si mostrò offeso dinanzi alle parole della Moran, conscio che l’avesse fatto semplicemente per consigliarlo piuttosto che per apostrofarlo. «
Secondo te perché ho atteso così tanto anche solo per parlarti di lei a riguardo?» E lasciò cadere la domanda, senza aggiungere altro, dando così modo alla ragazza di formulare una possibile risposta da sé. «
Una volta che ci saremo accomodati in casa, ti assicuro che ti dirò tutto.» la rassicurò, ma facendo aleggiare nell’aria la promessa di essere aggiornata su qualcosa ben lontano dall’essere confortante.
Com’era prima? Ma era davvero possibile? Volevano illudersi che - nonostante tutto - fosse ancora realizzabile? O la trasformazione che aveva intravisto in Nieve avrebbe compromesso ogni sforzo compiuto?
Aiden sospirò profondamente, ascoltando in remoto silenzio le parole di Thalia. Voleva poterle credere, ma dopo l’attacco subito quel giorno ad Hogsmeade aveva iniziato a dubitare di tutto. Non era più una semplice questione di impulsività, ma piuttosto una questione di ignoranza. Quanto poteva considerarsi informato sulla vita passata di Nieve e dei suoi attuali trascorsi? Quanto la conosceva davvero? Forse erano sempre rimasti come due estranei, rimasti legati da una sorta di simpatia reciproca per alcuni lati frizzanti dei loro rispettivi caratteri, con lei totalmente incapace di aprirsi a lui e diversamente dalla prospettiva dell’Auror. Già quel semplice fatto gli causava una fitta dolorosa, come se tra loro vi fosse sempre stato una sorta di equilibrio precario, pronto ad infrangersi alla prima e lieve oscillazione sbagliata. Aiden le aveva concesso il suo affetto e fiducia, ma senza venire ricambiato: questa era stata la verità che si era ripetuto più volte da quando si era ritrovato pietrificato e completamente alla mercè del
Tormentam.
Thalia provò a convincerlo della sua complicità nella rottura dei rapporti tra l’uomo e Nieve, ma non osò ribattere, perché - infondo - sapeva che un fondo di verità c’era, oltre allo sguardo duro che la ragazza gli scoccò per guadagnarsi il suo indiscusso silenzio a riguardo. Non aveva idea di cosa si fossero dette le due amiche per scatenere l’ira della Grinfondoro, se fosse stato intenzionale o frutto di una incomprensione forgiata da cose non dette nell’interezza. Si era chiesto infatti se la rossa avesse raccontato
tutto a Nieve, per filo e per segno, persino la ragione di quello strano legame che gli aveva spinti più volte ad incrociare le loro vite.
«
Se sapesse che mi sono fatto beffe delle sue minacce impazzirebbe...» esclamò, facendo eco alle parole della Moran quando gli spiegò il motivo dell’assenza del suo dono. Non l’aveva fatto per offenderlo, semmai per scongiurare le ire della Rigos e non darle alcun dispiacere; ma quel dispiacere era invece destinato a lui, la persona che contava di meno tra loro tre, sentendosi come il più indesiderato dei terzi incomodi, specialmente se poi doveva considerare persino il ragazzo di Thalia.
A pezzi, Weiss incassò in silenzio quell'ennesima stoccata alla sua persona, mentre la sensazione di avere un mucchio di cenere in bocca crebbe a dismisura, impastandogli le fauci. Era stato uno stupido ad averle fatto un dono, così come tutte le volte che aveva osato fare un regalo ad una donna: nessuna manifestazione di averlo gradito, nessun ringraziamento per quel gentile pensiero. E per quanto Thalia avesse deciso di non indossare il bracciale che le aveva donato per non infastidire ben due persone, aveva finito con l’infastidire lui, pentito di aver assecondato quei sentimenti mitigati dalla sua innata cordialità. Non lo diede a vedere, ovviamente, mantenendo un’espressione neutra e priva di qualsiasi emozione che non fosse rivolta alla frustrazione della perdita di Nieve. Thalia, infondo, aveva stabilito le sue priorità e al fulvo non restava altro che accettarle senza discutere.
«
Non c’è mai fine al peggio e credo che questo tu lo sappia… Ma sì, sicuramente non riuscirei a fare altro che possa superare quello.» mormorò. Si ritrovò a ricambiare il sorriso di lei, per quanto fosse amareggiato che lei reputasse un bacio rubato grave più di qualsiasi altra cosa; a conti fatti, se solo Weiss fosse stato un altro tipo d’uomo, probabilmente avrebbe potuto fare di peggio, ma grazie al cielo non lo era.
Emise una piccola risata divertita dopo essere tornato a fissare la radura davanti a sé, per poi respirare a pieni polmoni quella che per lui era
aria di casa. «
Non sono mai stato semplice. Non in tutto almeno.» confessò, il sorriso furbo sulle sue labbra sempre più evidente. Ormai Thalia avrebbe dovuto capirlo che non era un caso se si poteva trasformare in una volpe, ma che vi fosse una perfetta correlazione con la famosa indole della creatura. «
Io, i furetti, me li mangio a colazione!» aggiunse poi, tornando a ridacchiare da sotto i baffi. «
E poi… Non oserei mai mettermi contro di te o dovrò dire addio a quei deliziosi biscotti allo zenzero.» Tentò di scherzare con lei per allentare ulteriormente la tensione sempre presente tra loro, nella remota speranza di riportare il loro rapporto allo stesso livello di quando si erano incontrati sul fiume Shannon, a Limerick. Desiderava ardentemente recuperare almeno con lei, benché ambisse a ben altro; ma se l’amicizia della Moran era l’unica cosa a cui poteva aspirare, allora avrebbe dovuto imparare a farsela bastare.
La formula che teneva la propria dimora lontana da sguardi indiscreti venne pronunciata e da lì a pochi secondi l’aria prese a vibrare, ondeggiando come delle piccole onde traslucide, fatte di specchi, andando infine a rivelare la Tana della Volpe. Aiden aveva detto il vero per lettera: “
Solo perché non vedi una cosa, non vuol dire che questa non ci sia”.
Nella piccola radura, dotata di pochi alberi sparsi qua e là, sorgeva una villetta in pietra, ricoperta da una parete di edera in svariati punti, rendendo così meno appariscente la struttura. Il giardino posto sul retro non era visibile da quel punto, ma lo spazio a disposizione era tanto e diverso legname era accatastato vicino alle scale che conducevano al portico d’ingresso. Verso il lato Ovest della casa vi erano diversi fili su cui giaceva il bucato fresco di giornata e diverse buche ai piedi di qualche albero e una piuttosto grande vicino alla parete dell’abitazione: la volpe si era divertita a scavare delle gallerie in quella sua ampia tana proprio sotto le fondamenta stesse della villetta.
L’ululato di Lancillotto irruppe da dentro casa, accogliendo sia il padrone che l’ospite. Aiden si domandò se il suo cane - in presenza di Thalia - si sarebbe dimostrato più tollerante nei suoi confronti da quando il suo odore era cambiato.
«
Vieni...» mormorò, facendole strada verso la porta d’ingresso. Una volta percorsa tutta la piccola rampa di scale, l’Auror aprì la porta in legno e la spalancò, per poi farsi da parte e permetterle di entrare per prima.
Gli interni erano quasi interamente in legno, ad eccezione di alcune parti in cemento e del camino in pietra, rivelando un immenso soggiorno e la cucina comunicante con uno stile prettamente rustico e antico, oltre ad una rampa di scale che conduceva al piano superiore e a due porte che collegavano altre due stanze comunicanti. Il lampadario era fatto con corna di cervo e i divani erano completamente in pelle, in uno dei quali era seduto un cane scodinzolante pronto ad accoglierli. Della gatta, invece, non vi era nessuna traccia, ma non era da escludere che fosse nascosta da qualche parte, pronta ad attuare uno dei suoi classici attentati e lui era addirittura a piedi scalzi.
«
Fa pure come se fossi a casa tua...» la invitò, chiudendosi la porta alle spalle. «
Salgo un secondo a cambiarmi, non ci metterò molto. Fa attenzione alla gatta, è nascosta da qualche parte e ama affettare le caviglie altrui.» Si sentì in dovere di avvisarla su quello che era il coinquilino più pericoloso. Poi indicò il cane. «
Lui è Lancillotto...» Non la avvisò dell’animo giocherellone del suo amico peloso, dato che non era scattato come una molla per travolgerla in cerca di coccole; forse non aveva molta voglia di fare le feste a qualcuno, ma si stava limitando a guardarla e mulinare la coda con entusiasmo.
Si mosse dunque per andare al piano di sopra per indossare qualcosa di più consono ed integro, mentre la coda della felina maculata di bianco e arancione faceva capolino da sotto al divano.