Si distaccò ufficialmente da Camillo vacillando come una foglia rinsecchita esposta al vento invernale, e gli voltò le spalle prendendo uno slancio così poco equilibrato da rischiare di compiere un'intera piroetta. Ma nonostante l'ilarità della scena, l'urgenza di lasciare la mischia per dirigersi verso un luogo meno caotico le rendeva ancor più pressanti i pensieri e confusi i movimenti.
Muoversi. Muoversi fu parecchio difficile lì in mezzo, e non solo per la folla e gli spintoni. I suoi piedi tentarono di portarla avanti in linea retta con scarso successo. Per aiutarsi mantenne la testa china e gli occhi fissi sui suoi passi, per quanto i ciuffi di capelli sudaticci le ostacolassero la vista. Non che questa fosse di suo nitidissima, fra la miopia lasciata a se stessa e l'incapacità mentale di concretizzare che se effettivamente un corpo si frapponeva a lei e la sua meta era realmente tangibile. Andò a sbattere più e più volte contro delle persone, rivolgendo una smorfia sorridente nascosta dai capelli qui e un mugugno là. Si sentiva la testa come avvolta in un panno umido che filtrava tutto ciò che proveniva dall'esterno, come era già accaduto con le parole di Camillo.
Le luci al neon che indicavano l'entrata del bagno furono distinte a fatica dal resto delle illuminazioni stroboscopiche che navigavano sui muri e sulle teste della gente. Al passaggio di Casey, così piccola e minuta dentro i suoi shorts e impasticciata di trucco che colava dai bordi degli occhi per il sudore, i presenti si scambiarono certi sguardi divertiti, che volevano dirsi qualcosa come: "ecco un altro teenager che ci ha dato troppo dentro con la sambuca".
Aprì una porticina scura che a stento si distingueva dal muro per tutti i graffiti che vi erano stati disegnati sopra, e respirò una zaffata di odori pungenti che le fece percepire un conato. Ci si intrufolò dentro nonostante tutto. La luce gialla delle lampadine del bagno le colpì le pupille senza alcuna pietà, che si restrinsero doloranti fra un capogiro e un altro. La testa ciondolava sballottando da un lato a un altro, mentre l'idea salvifica di poggiarsi a una parete o a una qualsiasi superficie sfumava sempre più, assieme a tutto il resto.
«Stai bene?»La sua testa si alzò solo dopo una decina di secondi dal momento in cui captò la domanda, arco di tempo in cui le fu necessario elaborare che si trattasse di una frase di senso compiuto diretta proprio a lei. Quando lo fece, vide davanti a sé due ragazze sulla ventina con dei bastoncini dalla punta rossa in bocca, appollaiate sul lavandino per dirigire più facilmente delle strane nebbioline grigiastre verso la finestrella sulla strada.
«Sono in bagno?»Il dubbio fuoriuscì dalla sua bocca con innocenza. La coppia di ragazze non riuscì a trattenere lo scoppio di risa rispondendole di sì, cosa che l'avrebbe parecchio infastidita se non fosse stata immersa fino alla punta dei capelli nell'angoscia. Gli occhi, schiacciati dentro due palpebre gonfie, vacillarono sul pavimento e lo percorsero, rivelandole la presenza di un cesso e di alcune pozze di quella che nel caso più fortunato era acqua del sifone. Sì, era in bagno.
Casa Breendbergh, qualche settimana primaErano le sette di sera quando arrivarono a casa Breendbergh - libera dalla presenza di genitori e simili - da King's Cross. Non si erano detti una parola per tutto il tragitto confessando così, a suon di silenzio, quanto avessero da dirsi. Fare finta di nulla a volte può apparire la soluzione migliore per evitare di distruggere tutto.
Come da accordo si erano messi a guardare l'ultima stagione del Trono di Spade, dal primo episodio all'ultimo, e non mancarono momenti di distensione. Il desiderio di poter condividere qualcosa con l'altro a tratti sembrava più forte di quello di tenersi il broncio, e così ci passarono sopra senza alcuna esitazione già a metà del terzo episodio.
La nottata dunque - era stata una maratona ben poco indulgente - trascorse sempre più serena, finché KC non si ritrovò a sonnecchiare fra le braccia del suo fidanzato, mentre questo le faceva i grattini sulla nuca per ricordarle di restare sveglia.
Alla fine di tutti gli episodi proprio quando la stanchezza avrebbe dovuto farli crollare in un sonno profondo, erano ritti sullo schermo del televisore, con gli occhi arrossati e spalancati, e balbettavano frasi senza alcun senso, sconvolti dal finale.
«Ma allora… ma perché… no, dai, sto male… Morgana putt-»Ormai l'eccitazione della battaglia finale e degli stravolgimenti di trama le aveva infuso nel corpo la forza di rimanere sveglia per altre ventiquattro ore. Stava girando per la stanzetta di Camillo in maniera confusa, finché, allo scontro mentale con l'ennesimo buco di trama non si gettò a peso morto sul letto, imprecando sul nome di Jon Snow.
Al di là del Trono di Spade e della sua storia crocifissa dai fandom, la maggioranza dei pensieri sembrava essersi dissolta. Era stato un po' come se distraendosi con la serie avessero lasciato scivolare quel grosso grumo di polvere sotto un enorme tappeto, per guardarsi tranquilli la tv, ma dopo esserci rimasti seduti per così tanto tempo la superficie bitorzoluta prima o poi avrebbe cominciato a fargli dolere il sedere.
Casey non aveva dimestichezza con queste cose. Cercava di non pensare al fatto di sentirsi come in una specie di trappola, le cui sbarre erano composte dal senso di colpa per quel ballo e l'orgoglio. Il disagio provato alla festa in effetti non l'aveva provato solo nei confronti di Camillo, ma anche in quelli di tutti gli amici che le aveva presentato, solo che col fatto che non li avrebbe più incrociati fino al primo di settembre quel problema non si era posto nell'mmediato, andando a finire nella zona più fitta sotto il tappeto. Con Millo si era sempre trovata a suo agio, ragion per cui la giornata era trascorsa più tranquilla, e i suoi pensieri avevano smesso di accavallarsi fra loro con l'avvicinarsi della stanchezza.
Avevano un ottimo rapporto loro due, ne era consapevole. Lo era di meno delle ragioni per cui era così, e del motivo per cui provava sempre l'irrefrenabile desiderio di stargli addosso beccandosi i suoi baci. Spesso si era ritrovata a riflettere su quanto fosse accaduto velocemente fra loro, spinti l'uno all'altra con la stessa violenza con cui un bolide si abbatte sui cacciatori delle squadre di Quidditch. Era bastato un ballo, il trovarsi carini vicendevolmente, l'offesa scatenata da un leggero inganno, e ogni emozione si era moltiplicata all'infinito rendendo tutto così unico e bello da condensare le giornate dei primi mesi attorno al pensiero di lui. Ovviamente non era solo quello: si divertivano un mondo insieme, sia quando stavano attaccati come una cozza al suo scoglio che non. Fra tutti - e soprattutto fra tutte le assenze che il periodo le aveva affibbiato, da Caleb a Drinky - lui era la migliore ancora di salvezza per i suoi momenti più grigi. Ragion per cui, nonostante l'orgoglio, era andata da lui senza ribatter nulla della precedente discussione, e si era lasciata sprofondare nel suo abbraccio durante la visione della serie.
«Spero sul serio che non faranno uno spin-off su Arya. Credo che farei saltare in aria la sede dell'HBO.»